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Capitolo II AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (A.I.A).

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Capitolo II

AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (A.I.A).

2.1 INTRODUZIONE.

Il Decreto Legislativo 4 agosto 1999, n. 372 "Attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrata dell'inquinamento", ha disciplinato la prevenzione e la riduzione integrata dell'inquinamento proveniente dalle attività industriali esistenti indicate nell'allegato I.

Queste attività possono essere raggruppati in maniera generica nei seguenti gruppi:

1) Attività energetiche;

2) Produzione e trasformazione dei metalli; 3) Industria dei prodotti minerali;

4) Industria chimica; 5) Gestione dei rifiuti; 6) Altre attività.

L’autorizzazione integrata ambientale è un provvedimento che autorizza il funzionamento di impianti o parte di esse a determinate condizioni, al fine di garantire la conformità ai requisiti del D.lgs. 18/02/2005 n.59. L‘A.I.A. quindi rappresenta il primo passo da svolgere prima di iniziare un processo produttivo. Tale processo ha l’intento di evitare o nel caso non sia possibile di ridurre le emissioni nell’aria, nell’acqua e nel suolo, comprese le misure relative ai rifiuti dirette a conseguire un livello elevato di protezione dell’ambiente. Si richiede infatti ai gestori degli impianti appartenenti alle categorie indicate di effettuare un’analisi completa del consumo e delle emissioni reali e potenziali. Tale decreto inoltre prevede la metodologia di rilascio, rinnovo e riesame dell’autorizzazione integrata ambientale degli impianti.

L’obbiettivo di tale approccio integrato è quello di prevenire l’inquinamento e gli impatti ambientali, impedendo il trasferimento di questi da un elemento naturale

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all’altro; si tende quindi ad abbandonare una visione settoriale dei provvedimenti autorizzativi che operavano per singola matrice ambientale.

Il principio generale su cui si basa tale approccio consiste nell’utilizzo da parte dei gestori d’impianti IPPC delle migliori tecniche disponibili presenti sul mercato (BAT), che permettono di migliorare l’efficienza ambientale nell’ambito del pertinente comparto industriale riducendo le emissioni e l’impatti sull’ambiente nel suo complesso

L’autorità competenti rilasciano l’A.I.A. secondo l’articolo 5, comma 4 del D.Lgs 372/99, nel rispetto delle linee guida di cui all’Art. 3 comma 2 del D.Lgs 372/99 per l’individuazione e l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili per le attività elencate nell’allegato I da emanarsi con Decreto Ministeriale. Il decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio del 31 gennaio 2005, emanava le linee guida per l’individuazione e l’utilizzazione delle migliori tecniche disponibili per le attività elencate nell’allegato I del decreto legislativo 4 agosto 1999, n.372, inoltre sono pubblicate le linee guida generali e le linee guida sul monitoraggio, oltre ad alcune linee guida settoriali relative alle attività di produzione e trasformazione di metalli e produzione di carta.

Con il decreto legislativo del 18 febbraio 2005 n. 59 si arriva all’attuazione integrale della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento.

2.2 ALLEGATO I DEL D. LGS 59/2005.

Questa direttiva porta a degli elementi di novità rispetto alle precedenti normative, prima fra tutto si chiarisce il concetto di impianto nuovo, ossia sono sottoposti a IPPC tutti gli impianti, rientranti nell’allegato I, che sono entrati in funzione successivamente al 10 novembre 1999.

Un vantaggio di tale metodologia rispetto al passato è rappresentato dalla richiesta di un'unica autorizzazione integrata, sia per l’impresa che per la autorità competenti preposte al rilascio di tali provvedimenti autorizzativi.

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Infatti l’impresa vede con la presentazione della domanda l’avviamento del processo che porterà al rilascio dell’autorizzazione che sostituisce e prende il posto di tutte le vecchie autorizzazioni ambientali.

Nell’allegato I vengono indicate tutte quelle categorie che sono soggette a procedure di IPPC.

1. Attività energetiche.

1.1 Impianti di combustione con potenza termica di oltre 50 MW. 1.2. Raffinerie di petrolio e di gas.

1.3. Cokerie.

1.4. Impianti di gassificazione e liquefazione del carbone. 2. Produzione e trasformazione dei metalli

2.1 Impianti di arrostimento o sinterizzazione di minerali metallici compresi i minerali solforati

2.2. Impianti di produzione di ghisa o acciaio (fusione primaria o secondaria), compresa la relativa colata continua di capacità superiore a 2,5 tonnellate all'ora. 2.3. Impianti destinati alla trasformazione di metalli ferrosi mediante:

a) laminazione a caldo con una capacità superiore a 20 tonnellate di acciaio grezzo all'ora;

b) forgiatura con magli la cui energia di impatto supera 50 kJ per maglio e allorché la potenza calorifica e' superiore a 20 MW;

c) applicazione di strati protettivi di metallo fuso con una capacità di trattamento superiore a 2 tonnellate di acciaio grezzo all'ora.

2.4. Fonderie di metalli ferrosi con una capacità di produzione superiore a 20 tonnellate al giorno.

2.5. Impianti:

a) destinati a ricavare metalli grezzi non ferrosi da minerali, nonché concentrati o materie prime secondarie attraverso procedimenti metallurgici, chimici o elettrolitici;

b) di fusione e lega di metalli non ferrosi, compresi i prodotti di recupero (affinazione, formatura in fonderia), con una capacità di fusione superiore

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a 4 tonnellate al giorno per il piombo e il cadmio o a 20 tonnellate al giorno per tutti gli altri metalli.

2.6. Impianti per il trattamento di superficie di metalli e materie plastiche mediante processi elettrolitici o chimici qualora le vasche destinate al trattamento utilizzate abbiano un volume superiore a 30 m3.

3. Industria dei prodotti minerali.

3.1. Impianti destinati alla produzione di clinker (cemento) in forni rotativi la cui capacità di produzione supera 500 tonnellate al giorno oppure di calce viva in forni rotativi la cui capacità di produzione supera 50 tonnellate al giorno, o in altri tipi di forni aventi una capacità di produzione di oltre 50 tonnellate al giorno.

3.2. Impianti destinati alla produzione di amianto e alla fabbricazione di prodotti dell'amianto.

3.3. Impianti per la fabbricazione del vetro compresi quelli destinati alla produzione di fibre di vetro, con capacità di fusione di oltre 20 tonnellate al giorno.

3.4. Impianti per la fusione di sostanze minerali compresi quelli destinati alla produzione di fibre minerali, con una capacità di fusione di oltre 20 tonnellate al giorno.

3.5. Impianti per la fabbricazione di prodotti ceramici mediante cottura, in particolare tegole, mattoni, mattoni refrattari, piastrelle, gres, porcellane, con una capacità di produzione di oltre 75 tonnellate al giorno e/o con una capacità di forno superiore a 4 m3 e con una densità di colata per forno superiore a 300 kg/m3.

4. Industria chimica.

Nell'ambito delle categorie di attività della sezione 4 si intende per produzione la produzione su scala industriale mediante trasformazione chimica delle sostanze o dei gruppi di sostanze di cui ai punti da 4.1 a 4.6.

4.1 Impianti chimici per la fabbricazione di prodotti chimici organici di base come:

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b) idrocarburi ossigenati, segnatamente alcoli, aldeidi, chetoni, acidi carbossilici, esteri, acetati, eteri, perossidi, resine, epossidi;

c) idrocarburi solforati;

d) idrocarburi azotati, segnatamente ammine, amidi, composti nitrosi, nitrati o nitrici, nitrili, cianati, isocianati;

e) idrocarburi fosforosi; f) idrocarburi alogenati; g) composti organometallici;

h) materie plastiche di base (polimeri, fibre sintetiche, fibre a base di cellulosa); i) gomme sintetiche;

j) sostanze coloranti e pigmenti; k) tensioattivi e agenti di superficie.

4.2. Impianti chimici per la fabbricazione di prodotti chimici inorganici di base, quali:

a) gas, quali ammoniaca; cloro o cloruro di idrogeno, fluoro o fluoruro di idrogeno, ossidi di carbonio, composti di zolfo, ossidi di azoto, idrogeno, biossido di zolfo, bicloruro di carbonile;

b) acidi, quali acido cromico, acido fluoridrico, acido fosforico, acido nitrico, acido cloridrico, acido solforico, oleum e acidi solforati;

c) basi, quali idrossido d'ammonio, idrossido di potassio, idrossido di sodio; d) sali, quali cloruro d'ammonio, clorato di potassio, carbonato di potassio, carbonato di sodio, perborato, nitrato d'argento;

e) metalloidi, ossidi metallici o altri composti inorganici, quali carburo di calcio, silicio, carburo di silicio.

4.3. Impianti chimici per la fabbricazione di fertilizzanti a base di fosforo, azoto o potassio (fertilizzanti semplici o composti).

4.4 Impianti chimici per la fabbricazione di prodotti di base fitosanitari e di biocidi.

4.5 Impianti che utilizzano un procedimento chimico o biologico per la fabbricazione di prodotti farmaceutici di base.

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5. Gestione dei rifiuti.

Salvi l'art. 11 della direttiva n. 75/442/CEE e l'art. 3 della direttiva n. 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi. 5.1. Impianti per l'eliminazione o il recupero dei rifiuti pericolosi, della lista di cui all'art. 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CEE quali definiti negli allegati II A e II B della direttiva 75/442/CEE e nella direttiva 75/439/CEE del Consiglio, del 16 giugno 1975, concernente l'eliminazione degli oli usati, con capacità di oltre 10 tonnellate al giorno.

5.2. Impianti di incenerimento dei rifiuti urbani quali definiti nella direttiva 89/369/CEE del Consiglio, dell'8 giugno 1989, concernente la prevenzione dell'inquinamento atmosferico provocato dai nuovi impianti di incenerimento dei rifiuti urbani, e nella direttiva 89/429/CEE del Consiglio, del 21 giugno 1989, concernente la riduzione dell'inquinamento atmosferico provocato dagli impianti di incenerimento dei rifiuti urbani, con una capacità superiore a 3 tonnellate all'ora.

5.3. Impianti per l'eliminazione dei rifiuti non pericolosi quali definiti nell'allegato 11 A della direttiva 75/442/CEE con capacità superiore a 50 tonnellate al giorno.

5.4. Discariche che ricevono più di 10 tonnellate al giorno o con una capacità totale di oltre 25.000 tonnellate, ad esclusione delle discariche per i rifiuti inerti. 6. Altre attività.

6.1. Impianti industriali destinati alla fabbricazione:

a) di pasta per carta a partire dal legno o da altre materie fibrose;

b) di carta e cartoni con capacità di produzione superiore a 20 tonnellate al giorno;

6.2. Impianti per il pretrattamento (operazioni di lavaggio, imbianchimento, mercerizzazione) o la tintura di fibre o di tessili la cui capacità di trattamento supera le 10 tonnellate al giorno.

6.3. Impianti per la concia delle pelli qualora la capacità di trattamento superi le 12 tonnellate al giorno di prodotto finito.

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a) Macelli aventi una capacità di produzione di carcasse di oltre 50 tonnellate al giorno;

b) Trattamento e trasformazione destinati alla fabbricazione di prodotti alimentari a partire da: materie prime animali (diverse dal latte) con una capacità di produzione di prodotti finiti di oltre 75 tonnellate al giorno ovvero materie prime vegetali con una capacità di produzione di prodotti finiti di oltre 300 tonnellate al giorno (valore medio su base trimestrale);

c) Trattamento e trasformazione del latte, con un quantitativo di latte ricevuto di oltre 200 tonnellate al giorno (valore medio su base annua).

6.4. Impianti per l'eliminazione o il recupero di carcasse e di residui di animali con una capacità di trattamento di oltre 10 tonnellate al giorno.

6.5. Impianti per l'allevamento intensivo di pollame o di suini con più di: a) 40.000 posti di pollame;

b) 2.000 posti di suini da produzione (di oltre 30 kg), c) 750 posti di scrofe.

6.6. Impianti per il trattamento di superficie di materie, oggetti o prodotti utilizzando solventi organici, in particolare per apprettare, stampare, spalmare, sgrassare, impermeabilizzare, incollare, verniciare, pulire o impregnare, con una capacità di consumo di solvente superiore a 150 kg all'ora o a 200 tonnellate all'anno.

6.8. Impianti per la fabbricazione di carbonio (carbone duro) o grafite per uso elettrico mediante combustione o grafitizzazione.

2.3 PROCEDURA PER IL RILASCIO DELL’AIA.

La procedura per la domanda e il conseguimento dell’Autorizzazione Integrata Ambientale è costituita da una serie di passi che le andremo a elencare sinteticamente:

1. Presentazione della domanda secondo il calendario delle scadenza fissato dall’Autorità competente. Tale calendario è pubblicato sull’organo

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ufficiale regionale o nel caso d’impianti che cadono nell’ambito di competenza dello Stato nella Gazzetta Ufficiale.

2. Comunicazione da parte dell’Autorità competente della data di avvio del procedimento entro 30 giorni dal ricevimento della domanda o contestualmente all’avvio del procedimento nei casi di riesame ai sensi della Legge 7 agosto 1990, n. 241

3. Entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione il gestore provvede a sua cura e sue spese alla pubblicazione su un quotidiano a diffusione provinciale, o regionale, o nazionale (nel caso di progetti che ricadono nell’ambito della competenza dello Stato), di un annuncio contenente l’indicazione della localizzazione dell’impianto e del nominativo del gestore nonché il luogo individuato ove è possibile prendere visione degli atti e trasmettere le osservazioni. Tali forme di pubblicità tengono in considerazione le comunicazioni di cui agli articoli 7 e 8 della Legge 7 agosto 1990, n.241.

4. Entro trenta giorni dalla pubblicazione, i soggetti interessati possono presentare in forma scritta, all’autorità competente osservazioni sulla domanda.

A questo punto possiamo avere 3 diverse soluzioni:

1. l’Autorità competente può rilasciare, entro 150 giorni ( 300 in caso di stipula di accordi di programma ex Art. 5 comma 20) dalla presentazione della domanda, un’autorizzazione contenente le condizioni che garantiscono la conformità dell’impianto dei requisiti previsti nel presente decreto e la data, comunque non successiva al 30 ottobre 2007, entro la quale le modalità indicate devono essere attuate.

2. L’autorità competente può chiedere un’integrazione alla documentazione, indicando il termine massimo non inferiore a trenta giorni per la presentazione della documentazione integrativa; in tal caso, i termini si intendono sospesi fino alla presentazione della documentazione integrativa

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3. L’autorità competente, infine, può negare il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale in caso di non conformità dell’impianto ai requisiti previsti da nuovo decreto legislativo di recepimento della direttiva IPPC.

2.3.1 PROCEDIMENTO AUTORIZZATORIO IMPIANTI GIA’ ESISTENTI.

Il procedimento autorizzatorio per gli impianti già esistenti prevedeva la presentazione da parte dell’impresa di una domanda di autorizzazione sulla continuazione delle emissioni, unitamente alla descrizione del ciclo produttivo, alle tecnologie adottate per prevenire l’inquinamento, la quantità e la qualità delle emissioni, in caso non fossero conformi agli standard nazionali e regionali (ART.12 D.P.R. n. 203/1988)7.

La normativa prevedeva tempi differenti di adeguamento, inversamente proporzionali alla misura di superamento dei limiti prefissati.

Nel caso in cui la regioni non si pronunciasse sulla domanda dell’interessato, questo potrà continuare l’attività grazie ad una ‘autorizzazione provvisoria per altri 120 giorni, però sarà sempre obbligato a realizzare il progetto di adeguamento ed a rispettare il più elevato livello di valori di emissioni che è stabilito dalle linee guida nazionali.

La regione rilascerà l’autorizzazione definitiva quando accerterà la realizzazione del progetto di adeguamento delle emissioni e il rispetto delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione provvisoria. Nel caso in cui l’impianto abbia usufruito del silenzio assenso, potranno essere imposte delle prescrizioni

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Per gli impianti esistenti deve essere presentata una domanda di autorizzazione alla regione o alla provincia autonoma competente entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, corredata da una relazione tecnica contenente la descrizione del ciclo produttivo, le tecnologie adottate per prevenire l’inquinamento, la quantità e la qualità delle emissioni, nonché un progetto di adeguamento delle emissioni redatto sulla base dei parametri indicati nell’articolo 13, comma 1.

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integrative, al fine di evitare un peggioramento anche temporaneo delle emissioni.

Tale violazione è soggetta a obbligo di sanzione.

Questa autorizzazione ambientale in origine era solo per gli impianti esistenti (D.P.C.M. 21 luglio 1989) e successivamente è stata poi estesa anche agli impianti nuovi (art.5 D.P.R. 25 luglio 1991).

2.3.2 PROCEDIMENTO AUTORIZZAZIONE INPIANTI NUOVI

La costruzione di un nuovo impianto è subordinato al rilascio di un’autorizzazione regionale, subordinato da un accertamento relativo alle misure di prevenzione dell’inquinamento atmosferico, in base alla migliore tecnologia disponibile ed all’osservanza dei limiti di emissione.

L’interessato dovrà presentare la domanda alla regione inviando una copia al Comune dove sarà indicato la localizzazione dell’impianto. Alla domanda va allegata la descrizione del ciclo produttivo, le tecnologie adottate per prevenire l’inquinamento, la quantità e la qualità delle emissioni indicando anche il termine per la messa a regime degli impianti.

La regione sentito il Comune si pronuncia entro 60 giorni, salvo che interrompa il termine per integrazioni della documentazione, in questo caso dovrà decidere entro trenta giorni dall’adempimento effettuato dal richiedente.

Il parere del Comune sarà rilasciato entro 45 giorni dalla richiesta della Regione e non avrà natura vincolante per la determinazione Regionale, le quali possono essere assunte una volta scaduto il termine per il suo rilascio.

Nel caso in cui sia decorso il termine assegnato dalla Regione l’interessato potrà ricorrere al Ministero dell’Ambiente nei successivi 60 giorni, notificando l’istanza anche alla Regione. A sua volta, il Ministero dell’ambiente, di concerto con i Ministeri della salute e delle attività produttive, decide sul ricorso nei successivi 30 giorni.

L’autorizzazione Regionale non può sostituirsi alla concessione edilizia che dovrà essere rilasciata dal comune. Nel caso in cui sia necessario tale

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concessione, questa decisione sarà presa esclusivamente dal comune e non dalla regione, quindi quest’ultima potrà concedere l’autorizzazione, ma sarà a sua volta subordinata dal comune.

Nel caso opposto il comune non potrà concedere una concessione edilizia prima che la regione non si sia pronunciata positivamente sulla domanda dell’impresa, consentendo per quanto di competenza la costruzione dell’impianto.

L’autorizzazione alla costruzione dell’impianto consente all’industria anche la successiva messa in esercizio; dovrà però effettuare una previa comunicazione alla Regione ed al Sindaco del Comune interessato, almeno 15 giorni prima della data di avvio dell’attività. Si avrà quindi una fase di controllo e monitoraggio dell’impianto che prevede almeno 15 giorni prima della sua messa in moto la comunicazione dei dati sulle emissioni per un periodo continuativo di almeno 10 giorni nell’accertamento regionale. Entro 120 giorni dalla messa a regime dell’efficacia delle misure di prevenzione dell’inquinamento e dell’osservanza dei limiti di emissione. In caso sia accertato il superamento di tali limiti, la regione prescrive le misure necessarie per la conformazione.

La regione, nel rilasciare l’autorizzazione regionale, comunica alle autorità competenti ed all’impresa la periodicità e la tipologia dei controlli ritenuti necessari.

2.4 LA FASE PUBBLICISTA, GLI STRUMENTI DI PARTECIPAZIONE E INFORMAZIONE.

Il nuovo decreto rafforza la partecipazione al procedimento amministrativo finalizzato all’autorizzazione integrata ambientale, associando alla conferenza dei servizi la Commissione istruttoria IPPC e gli accordi di armonizzazione. Il comma 7 dell’art. 5 introduce una forma di pubblicità del processo in corso per il rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, che presuppone il coinvolgimento e la comparazione degli interessi privati e pubblici in vista del successivo rilascio del provvedimento autorizzatorio.

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Entro 30 giorni dalla ricezione della domanda, ossia dall’avvio del relativo procedimento, l’autorità competente dovrà comunicare al gestore la data di avvio del procedimento e la sede degli uffici dove sono depositati i documenti e gli atti relativi al procedimento. Il gestore dovrà, nei successivi 15 giorni, pubblicare a proprie spese la notizia su un quotidiano a diffusione provinciale o regionale, che dovrà contenere le informazioni relative al luogo dove si collocherà l’impianto, il nominativo del gestore, ed il luogo dove è possibile visionare tutti gli atti e comunicare le proprie osservazioni.

Nei successivi 30 giorni dalla pubblicazione dell’annuncio, gli interessati avranno la possibilità di comunicare per iscritto alle autorità competenti le osservazioni sulla domanda di richiesta di autorizzazione ambientale.

Al fine di semplificare lo svolgimento dell’attività istruttorie e di consulenze tecniche connesse al rilascio delle autorizzazioni di competenza dello Stato, il nuovo decreto legislativo della direttiva IPPC, prevede l’istituzione di una commissione di tutela del territorio composta da 25 esperti qualificati, i quali dovranno essere nominati da un apposito D.M. (Commissione istruttoria IPPC art. 5 comma 9 ).

Il compito della Commissione istruttoria IPPC è quello di fornire all’autorità competente nel tempo necessario (in tempo utile per il rilascio dell’autorizzazione) un parere conclusivo e pareri intermedi motivati nonché approfondimenti tecnici in merito a ciascuna domanda effettuando anche necessari sopralluoghi.

Prima del rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale, si svolgerà la conferenza dei servizi (art.14 Legge 241/1990), dove parteciperanno le amministrazioni competenti in materia di autorizzazioni ambientali per l’esercizio degli impianti. Nel caso d’impianti di competenza statale dovranno partecipare alla conferenza dei servizi i Ministeri dell’Interno, della salute e dell’attività produttive. Il sindaco potrà emanare all’interno della conferenza dei servizi qualora lo ritenga necessario nell’interesse della salute pubblica, il riesame dell’autorizzazione rilasciata, in presenza di circostanze verificatesi successivamente al rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale.

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Una volta acquisite le valute e le osservazioni degli interessati, l’autorità competente avrà 150 giorni dalla data di presentazione della domanda per decidere se:

1. Rilasciare l’autorizzazione contenente le condizioni che garantiscono la conformità dell’impianto ai requisiti richiesti dal nuovo decreto legislativo di recepimento della direttiva IPPC. 2. Chiedere un’integrazione della documentazione presentata,

fissando un termine massimo entro il quale tale documentazione dovrà essere presentata, prevedendo la sospensione in ultimo caso dei termini per la definizione della procedura.

3. Negare l’autorizzazione in caso di non conformità ai requisiti previsti dal nuovo decreto legislativo di recepimento della direttiva IPPC.

Nel caso di rilascio dell’autorizzazione, quest’ultima dovrà contenere le modalità previste per la protezione dell’ambiente nel suo complesso, l’indicazione delle autorizzazioni sostituite nonché la data entro la quale tali prescrizioni dovranno essere attuate, prefissandosi come termine ultimo il 30 ottobre 2007. Si introduce, alla forma pubblicitaria già precedentemente prevista (ossia la possibilità di ognuno di poter visionare tutti i documenti e aggiornamenti che vengono messi a disposizione presso l’ufficio), la figura degli accordi di programma.

L’art. 5 comma 20, del nuovo decreto legislativo di recepimento della direttiva IPPC, prevede la possibilità di accordarsi, tra gli enti territorialmente interessati (Stato, Regione, Provincie e Comuni) ed i gestori d’impianti soggetti alla direttiva IPPC, su obbiettivi finalizzati a garantire in conformità con gli interessi locali, l’armonizzazione tra lo sviluppo di sistema produttivo nazionale, le politiche del territori e le strategie aziendali, ciò ogni qualvolta venga in rilievo l’impatto ambientale. Sarà compito dell’autorità competente coordinare tra l’attuazione dell’accordo e la procedura di rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale.

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Già con il D.lgs n.372/99 si prevedeva la necessità d’istituire una Commissione con il compito di garantire non solo l’attuazione ma anche il monitoraggio dell’uniformità dell’applicazione medesima in ambito nazionale nonché di fornire il supporto tecnico per la definizione delle linee guida, tale commissione fu istituita con il D.M. 19 novembre 2002. Il legislatore nel 2005 ha integrato i compiti della Commissione introducendo la possibilità di poter emanare attraverso DD.MM. degli indirizzi per garantire l’uniforme applicazione delle disposizioni del nuovo decreto legislativo di recepimento da parte delle autorità competenti, e dall’altro istituendo segnatamente per le finalità specifiche nel nuovo allegato VI un Osservatorio sull’applicazioni Comunitarie, nazionale e regionale della direttiva IPPC e del nuovo decreto legislativo di recepimento della direttiva 96/91/CE.

Dall’istituzione di tale figura discende l’obbligo di comunicare annualmente al Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio, i dati relativi alle domande ricevute, le autorizzazioni concesse, ed i successivi aggiornamenti che un rapporto sulle situazioni di mancato rispetto delle prescrizioni dell’autorizzazione integrata ambientale.

Il nuovo decreto di recepimento della direttiva IPPC valorizza il ruolo dell’Osservatorio, come organo di garanzia della conoscibilità al pubblico dei dati storici e conoscitivi del territorio e dell’ambiente, relativamente agli impianti di competenza statale. Il nuovo decreto IPPC offre quindi la possibilità di rendere disponibili alle autorità competenti in forma riproducibile le informazioni (elenco dei piani, riepilogo dei dati storici e conoscitivi del territorio e dell’ambiente ecc..) senza altri oneri se non quello della copia.

2.4.1 CONFERENZA DEI SERVIZI.

Questo istituto è la conferenza delle pubbliche amministrazioni in un tavolo comune, per poter risolvere i problemi e confrontarsi su tematiche comuni, semplificando e razionalizzando così i procedimenti. L’utilità di una entità organizzativa come la conferenza di servizi assume, quindi, particolare

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importanza sia relativamente alle decisioni che coinvolgono una molteplicità di interessi e dunque una pluralità di organismi amministrativi, ciascuno dei quali ricollegabili anche a distinti centri di potere. La conferenza di servizi è, dunque, uno strumento utile per favorire la contestualità delle decisioni, mediante l’apporto contemporaneo delle singole Amministrazioni, a distinti titoli competenti, senza superare peraltro la distribuzione delle competenze fra le stesse.

La conferenza dei servizi viene originariamente prevista in alcune discipline di settore, trovando poi collocazione con la legge 7 agosto 1990, n.241. Con la conferenza dei servizi si concentrano in un unico contesto logistico e temporale le valutazioni e le posizioni delle singole amministrazioni portatrici degli interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, al fine di consentire il coordinamento tra le amministrazioni coinvolte e di favorirne l’accordo tra le stesse.

Il ruolo svolto da tale istituto è duplice, da un lato si presenta come modulo generale di semplificazione procedimentale, dall’altro come strumento di coordinamento volto alla composizione dei differenti interessi pubblici coinvolti in un dato procedimento e quindi l’individuazione dell’interesse pubblico prevalente.

Con la sentenza del 10 marzo 1996 n. 79 della Corte Costituzionale è stato conferito alla Conferenza dei Servizi un metodo che caratterizza il procedimento di raccolta, di valutazione e di espressione dei diversi interessi anche quando non modifica le competenze in ordine ai singoli atti del procedimento ed al provvedimento finale.

La sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, 7 maggio 2004 n.2874 precisa che la conferenza dei servizi costituisce un originale modulo organizzativo per l’acquisizione d’informazioni, su di un dato provvedimento da adottare; dall’avviso di tutte le amministrazioni preposte alla cura degli interessi coinvolti in quest’ultimo, idoneo a produrre l’accelerazione dei tempi procedurali attraverso un esame contestuale di tutti gli interessi pubblici coinvolti, essa non implica, tuttavia, la creazione di un apposito ufficio speciale della pubblica

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amministrazione separato dai soggetti che vi hanno partecipato, con la conseguenza che l’avviso espresso in conferenza dei servizi dai rappresentanti delle varie amministrazioni partecipanti resta pur sempre imputabile alle sole singole amministrazioni.

La legge 11 febbraio 2005 n.15 ha soppresso la possibilità che la conferenza adotti autonomamente la determinazione conclusiva del procedimento prescindendo dal dissenso di una o più amministrazioni in posizione minoritaria. Il nuovo art. 6 bis della legge n. 241 del 1990 dispone all’amministrazione procedente di adottare la determinazione motivata di conclusione del procedimento, valutate le specifiche risultanze della conferenza tenendo conto delle posizioni prevalenti.

Le modalità di partecipazione alla conferenza sono state precisate in modo da eliminare ogni incertezza, infatti, l’amministrazione convocata partecipa alla conferenza di servizi attraverso un solo rappresentante che deve essere legittimato dall'organo competente, ad esprimere in modo vincolante la volontà dell'amministrazione su tutte le decisioni di competenza della stessa ma si considera acquisito l'assenso dell'amministrazione il cui rappresentante non abbia espresso definitivamente la volontà dell'amministrazione rappresentata e non abbia notificato all'amministrazione procedente, entro il termine di trenta giorni dalla data di ricezione della determinazione di conclusione del procedimento, il proprio motivato dissenso, ovvero nello stesso termine non abbia impugnato la determinazione conclusiva della conferenza di servizi.

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