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Focus: il rischio penale nello svolgimento dell’attività di consulenza fiscale

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Academic year: 2022

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(1)

Focus: il rischio penale nello svolgimento dell’attività di

consulenza fiscale

Deontologia e professione: profili di responsabilità civile e

penale

(2)

I reati tributari:

D.Lgs. 74/2000 e «Decreto fiscale»

(3)

I reati tributari: D.Lgs. 74/2000 e «Decreto fiscale»

Delitti in materia di dichiarazione

Delitti in materia di documenti e pagamento di

imposte I reati

tributari previsti dal D.Lgs.

74/2000

«Decreto fiscale»

D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, convertito con Legge 19 dicembre 2019, n. 157

Inasprimento del trattamento sanzionatorio

Confisca allargata

Nuovi reati presupposto

231/2001

(4)

Il concorso del consulente

nel reato del contribuente

(5)

La responsabilità penale a titolo di concorso

(6)

La responsabilità penale a titolo di concorso

Integrano concorso nel reato proprio:

Questi principi sono frutto di un orientamento consolidato della giurisprudenza e sono stati recentemente confermati da Cass.

Pen., sez. VI, 7 giugno 2019, n. 25390.

Contributo alla realizzazione dell’illecito (concorso materiale

o morale)

Consapevolezza di concorrere nel reato altrui

modo di vedere

Quale applicazione pratica?

(7)

Il concorso nel reato del contribuente

La giurisprudenza in tema di concorso del consulente fiscale non è pacifica. Le questioni controverse:

1

2

Sul piano della condotta, la natura del contributo necessario a configurare il reato. Mera agevolazione (ad es., il solo inoltro di una dichiarazione o

apposizione del visto di conformità) ovvero condotta attiva nell’ispirare la frode? Si tratterà in ogni caso di un contributo atipico, ossia a forma libera.

Sul piano della colpevolezza, la giurisprudenza cerca di individuare gli elementi di fatto da cui possa evincersi la consapevolezza del consulente (NB: il

consulente fiscale può essere riconosciuto colpevole di reati tributari in

(8)

Il concorso nel reato del contribuente

Quando il contributo del consulente fiscale è penalmente rilevante?

1

Il consulente fiscale è riconosciuto colpevole del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8) per aver prestato consulenza a società cartiere.

Elementi che hanno portato all’affermazione di responsabilità nei confronti del consulente: la partecipazione dello stesso nell’amministrazione delle società («concorreva nei reati contestati agli amministratori delle società cartiere […], partecipando attivamente alla gestione di tali società, finalizzate esclusivamente all’emissione di fatture per operazioni inesistenti») e il ritrovamento della fatture emesse dalla società presso il suo studio professionale. Tale ritrovamento, spiega la Suprema Corte, non si spiega «se non nella prospettiva di un’attiva cooperazione nella dinamica illecita

concretizzatasi nell’emissione di fatture per operazioni inesistenti».

La condotta è penalmente rilevante in quanto non si limita alla mera consulenza:

il consulente è riconosciuto come amministratore di fatto della società.

Cass. pen., sez. III, 2 marzo 2018, n. 25606

(9)

Il concorso nel reato del contribuente

1

Qui la Suprema Corte annulla l’ordinanza applicativa di una misura cautelare nei confronti di un consulente fiscale cui veniva contestato il concorso nel reato di dichiarazione infedele (art. 4). Il giudice di merito aveva motivato l’applicazione della misura affermando che la mera continuazione dell’attività professionale costituisse un pericolo di reiterazione del reato.

La Suprema Corte smentisce tale impostazione: «rileva il Collegio come il pericolo di recidiva non possa essere collegato al mero svolgimento dell’attività professionale di dottore commercialista, essendo attività professionale di per sé lecita, in assenza di ulteriore apprezzamento, sulla scorta di elementi obiettivi, della misura in cui la istessa sa stata

«messa al servizio» per il raggiungimetno di fini illeciti».

In altre parole: la mera attività di consulenza fiscale non rileva da sola ai fini del concorso nel reato. È necessario un quid pluris.

Cass. pen., sez. III, 10 ottobre 2018, n. 406

(10)

Il concorso nel reato del contribuente

1

La Suprema Corte conferma la condanna nei confronti di un consulente fiscale per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante fatture per operazioni inesistenti (art. 2).

Infatti «il contributo causale del ricorrente alla commissione dei reati di cui al D.Lgs. n.

74 del 2000, art. 2 è correttamente individuato già nelle azioni costituite dalla

predisposizione e dall’inoltro delle dichiarazioni fiscali contenenti l’indicazione di elementi passivi fittizi supportati da fatture per operazioni inesistenti, trattandosi di condotte di sicura agevolazione materiale».

Sotto il profilo del contributo materiale, dunque è sufficiente la mera

predisposizione e poi inoltro della dichiarazione fraudolenta. Si tratta, infatti, di «condotte di sicura agevolazione materiale» penalmente rilevanti.

Inoltre, nel caso specifico, la Corte ravvisa un’ulteriore condotta agevolativa:

quella di «sistemazione documentale di gravi violazioni contabili».

Cass. pen., sez. III, 27 giugno 2019, n. 28158

(11)

Il concorso nel reato del contribuente

1

In questo caso, la Suprema Corte annulla un provvedimento di sequestro preventivo emesso nei confronti di un consulente fiscale. Non sarebbe stata fornita prova del concorso del commercialista che «richiede un contributo di quest’ultimo che sia concreto, consapevole, seriale e ripetitivo e che il professionista sia stato il consapevole e cosciente ispiratore della frode, anche se di questa ne abbia beneficiato il solo cliente».

Con riguardo al profilo oggettivo, dunque, non è in nessun caso sufficiente il mero svolgimento dell’attività professionale. È necessario un quid pluris che limita la responsabilità penale ai soli casi in cui il consulente sia ispiratore della frode e che il suo contributo sia concreto, seriale e ripetitivo.

Cass. pen., sez. III, 27 agosto 2019, n. 36461

(12)

Il concorso nel reato del contribuente

Quando il contributo del consulente fiscale può considerarsi consapevole? Quali elementi di fatto bisogna considerare?

2

Qui, il consulente fiscale è riconosciuto colpevole del reato dichiarazione fraudolenta (art. 2), per utilizzo di fatture emesse da società «cartiere».

Infatti: «La sussistenza dell’elemento soggettivo dei reati risulta razionalmente dedotta […] dalle circostanze che il P. aveva redatto i bilanci e le dichiarazioni fiscali della cooperativa S. ed era ben consapevole del ruolo di mere «cartiere» svolto dalla emittente E. s.r.l. (la cui sede sociale coincideva con il proprio ufficio) e dalla emittente G. s.r.l. […]. Le fatture, inoltre, già in sé stesse, erano oggettivamente tali da indurre sospetto in un commercialista appena avveduto, poiché in esse le attività fornite, a fronte di importi considerevoli, erano solo genericamente descritte».

In questo caso, dunque, la Corte individua elementi di fatto (redazione di precedenti bilanci, domiciliazione di una delle cartiere presso lo studio professionale…) da cui dedurre la piena consapevolezza del consulente. Tuttavia, afferma, anche la sola lettura di fatture dal contenuto sospetto è elemento sufficiente su cui fondare il dolo eventuale, in caso di successivo utilizzo in sede di dichiarazione.

Cass. pen., sez. III, 16 aprile 2013, n. 39873

(13)

Il concorso nel reato del contribuente

2

Nel caso di specie, il commercialista da tempo offriva la propria attività di consulenza ad una società, poi rivelatasi una «cartiera». Viene considerato responsabile del reato di cui all’art. 8 in concorso con gli amministratori.

La condotta di un «soggetto professionalmente esperto» che prosegue «nella consulenza e nella prestazione dei servizi anche dopo il primo esercizio, pur a fronte di evidenti segnali di irregolarità nelle operazioni svolte e della documentata evasione delle imposte, corrisponde - per i giudici della Corte d’appello - ad una condotta interamente connotata dal dolo generico, sufficiente all’integrazione da parte del ricorrente dei reati oggetto di contestazione».

Interessante notare come, nella decisione in commento, la Corte avvalla la decisione della corte territoriale che fonda la consapevolezza del

professionista, inter alia, sulla circostanza che l’imputato fosse considerato un professionista «esperto», che quindi non poteva non essere al corrente «delle

Cass. pen., sez. III, 11 febbraio 2015, n. 19335

(14)

Il concorso nel reato del contribuente

La Suprema Corte conferma la condanna nei confronti di un consulente fiscale per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante fatture per

operazioni inesistenti in concorso con il legale rappresentante della società (art. 2).

Gli elementi che hanno permesso di dedurre che il consulente fosse a conoscenza delle illiceità dei documenti fiscali sono stati individuati dalla Corte come segue:

• Continue segnalazioni da parte del collegio sindacale inviate al consulente

• Possibilità di accesso al sistema informatico della società per ottenere report contabili periodici

• Conoscenza dei controlli effettuati in passato dalla GdF e di un sequestro avente ad oggetto fatture di acquisto

Cass. pen., sez. III, 27 giugno 2019, n. 28158

2

(15)

Partecipazione del consulente all’associazione a delinquere ex art. 416 c.p.

In giurisprudenza è stato recentemente riconosciuto un caso di partecipazione del consulente fiscale all’attività criminosa del contribuente nelle forme dell’associazione a delinquere:

«Anche la normale attività professionale di commercialista, qualora realizzata, pur nella sua formale aderenza ai canoni della professione, con il conclamato scopo di concorrere alla realizzazione di

un’associazione per delinquere, configura condotta penalmente rilevante per la sussistenza dell'art. 416 c.p., trattandosi di reato che per la sua realizzazione comporta una condotta a forma libera sottoposta alle sole condizioni che l’agente intenda aderire all’accordo associativo e che il suo comportamento sia, anche se parzialmente, funzionale alla realizzazione del progetto criminoso perseguito dai consociati.

Tale condotta, se essenziale per l’organizzazione della struttura associativa, qualifica detta partecipazione come quella di organizzatore dell'organismo criminoso».

Anche in questo caso il contributo del consulente si caratterizza come atipico o a forma

Cass. pen., 4 giugno 2019, n. 24800

Un caso particolare

(16)

Rilascio del visto di conformità

«Il professionista, reo del rilascio di un mendace visto di conformità leggero o pesante ovvero di un’infedele asseverazione dei dati, ai fini degli studi di settore risulta esposto anche a sanzioni penali in ragione dell’espressa previsione di cui al D.Lgs. n. 241 del 1997, art.

39 e del meccanismo del concorso nel reato di cui all’art. 110 c.p., non trovando dunque applicazione il principio di specialità di cui all’art. 15 c.p., incorrendo peraltro nel reato di cui all’art. 3 D.Lgs. 74/2000, dal momento che l’apposizione di un visto mendace

costituisce un mezzo fraudolento idoneo ad ostacolare l’accertamento e ad indurre in errore l’amministrazione finanziaria, indicando in una delle dichiarazioni relative a dette

imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi».

Cass. pen., 8 maggio 2019, n. 19672 e Cass.

pen., 4 giugno 2019, n. 24800

Un caso particolare

(17)

La confisca del profitto

1. Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti previsti dal

presente decreto, è sempreordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto.

2. La confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare

all’erarioanche in presenza di sequestro. Nel caso di mancato versamento la confisca Art. 12-bis

Confisca

In caso di condanna o patteggiamento per un reato tributario, il

D.Lgs. 74/2000 prevede anche l’applicazione della confisca:

(18)

La confisca del profitto

L’art. 12-bis ha trovato applicazione anche nei confronti del consulente fiscale in giurisprudenza

La Suprema Corte conferma l’applicazione del sequestro preventivo alla confisca di cui all’art. 12-bis nei confronti di un commercialista di una società accusato, in concorso con il legale rappresentante, del reato di dichiarazione infedele (art. 4).

Il consulente si difende asserendo di non aver tratto personalmente alcun profitto dall’evasione. La Corte rigettail motivo: «il concorso di persone nel reato implica l’imputazione dell’intera azione delittuosa e dell’effetto conseguente in capo a ciascun concorrente ed il sequestro non è collegato all’arricchimento personale di ciascuno dei correi, bensì alla corresponsabilità di tutti nella

commissione dell’illecito. Dunque la misura reale può incidere contemporaneamente od indifferentemente sui beni di ciascuno dei concorrenti, fermo restando che il valore dei beni sequestrati non può complessivamente eccedere il valore del prezzo o del profitto del reato, in quanto il sequestro preventivo non può avere un ambito più vasto della futura confisca».

È dunque possibile che, per il reato tributario commesso in concorso, il consulente sia destinatario del provvedimento di confisca, sebbene non abbia tratto un vantaggio diretto.

Cass. pen., sez. III, 16 giugno 2015, n. 24967

(19)

La confisca allargata

Il Decreto fiscale ha aggiunto una nuova forma di confisca al D.Lgs. 74/2000: la «confisca allargata».

1.Nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per i delitti di seguito indicati, si applica l’articolo 240-bis del codice penale quando: a) l’ammontare degli elementi passivi fittizi è superiore a euro

duecentomila nel caso del delitto previsto dall’articolo 2; b) l’imposta evasa è superiore a euro centomila nel caso del delitto previsto dall’articolo 3; c) l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti è superiore a euro duecentomila nel caso del delitto previsto dall’articolo 8; d) l’ammontare delle imposte, delle sanzioni e degli interessi è superiore a euro centomila nel caso del delitto previsto dall’articolo 11, comma 1; e) l’ammontare degli elementi attivi inferiori a quelli effettivi o degli elementi passivi fittizi è superiore a euro duecentomila nel caso del delitto previsto dall’articolo 11, comma 2.

Art. 12-ter

“Casi particolari di

confisca”

(20)

La confisca allargata

Questa norma sarà applicabile solamente alle condotte poste in essere dopo la data di entrata in vigore della legge di conversione (25 dicembre 2019), per espressa previsione legislativa.

Non si può escludere una sua applicazione anche al consulente fiscale concorrente nel reato tributario.

Art. 240- bis c.p.

… è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il

condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica. In ogni caso il condannato non può giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell'evasione fiscale, salvo che l'obbligazione tributaria sia stata estinta

mediante adempimento nelle forme di legge.

(21)

L’aggravante di cui all’art. 13- bis , co. 3,

D.Lgs. 74/2000

(22)

L’aggravante dell’elaborazione di modelli seriali

Il D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158 ha inserito una nuova aggravante all’art. 13-bis, co. 3, D.Lgs. 74/2000.

L’aggravante ha trovato scarsa applicazione in giurisprudenza.

Tuttavia la Corte di Cassazione ha avuto modo di precisarne l’ambito applicativo…

Art. 13-bis,

co. 3 Le pene stabilite per i delitti di cui al titolo II [i.e., sono considerati tutti i reati tributari di cui al D.Lgs. 74/2000] sono aumentate della metà se il reato è commesso dal concorrente nell’esercizio dell’attività di consulenza fiscale svolta da un

professionista o da un intermediario finanziario o bancario attraverso l’elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale

(23)

L’aggravante dell’elaborazione di modelli seriali

I consulenti fiscali sono accusati in concorso con i contribuenti del reato di indebita compensazione (artt. 10-quater e 13-bis, co. 3) per aver «ideato e

commercializzato «modelli di evasione fiscale» attraverso cui sarebbero stati commessi più reati di compensazione di crediti tributari inesistenti», «compensazioni che alcuni soggetti (M., sia nella qualità di titolare dell'omonima ditta individuale che quale legale rappresentante della MDC s.r.l. […]) effettuavano mediante la trasmissione telematica di modelli F24, accollandosi il debito tributario riferibile a terzi, in ciò consentendo loro l’apparente regolarizzazione della propria posizione fiscale, il tutto utilizzando crediti fittizi».

La Suprema Corte ha modo di precisare che l’aggravante sussiste al ricorrere di due presupposti:

1. Quello soggettivo del professionista: «la nozione di «professionista» deve essere intesa «in senso sostanziale» e, dunque, comprensiva di chiunque, nell’esercizio della sua professione, svolge attività di consulenza fiscale (commercialisti, consulenti, avvocati e così via). Nessun dubbio, nel caso di specie, dunque, circa la sussistenza di tale primo profilo;

Cass. pen., 14 novembre 2017, n. 1999

(24)

L’aggravante dell’elaborazione di modelli seriali

2. Quello oggettivo della «serialità»: «è richiesta una particolare modalità della condotta, ovverosia la «serialità» che, se pur non prevista espressamente nell'articolo, è desumibile dalla locuzione «...elaborazione o commercializzazione di modelli di evasione...», rappresentativa di una certa abitualità, ripetitività della condotta incriminata; d'altronde nella scarna parte della Relazione Illustrativa dello schema di decreto viene utilizzato l'aggettivo "seriale", a conferma della necessarietà che la condotta in argomento assuma il carattere della riproducibilità in futuro. E anche su tale profilo non v'è alcun dubbio nel caso di specie, atteso che il maccanismo

fraudolento ideato era stato impiegato con modalità "seriali", risultando ben 47 soggetti».

(25)

L’aggravante dell’elaborazione di modelli seriali

In quest’occasione la Corte approfondisce la nozione di modelli seriali:

«M., in qualità di ragioniere commercialista e consulente fiscale, elaborava un modello di evasione fiscale, agendo in concorso con alcuni imprenditori e prestanomi, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di interessi e sanzioni amministrative relative a dette imposte, alienandosimulatamente o comunque trasferendo in modo fraudolento beni propri, in modo da rendere in tutto o in parte inefficaci le

procedure di riscossione coattiva». Tali condotte erano poste in essere in riferimento ad un numero ristretto di clienti (tutti appartenenti allo stesso nucleo familiare).

Qui l’aggravante è contestata in relazione alla sottrazione fraudolente al pagamento delle imposte (art. 11).

La Suprema Corte ha modo di precisare: «L’aggravante, in definitiva, deve ritenersi applicabile non con riferimento alla predisposizione o diffusione di accorgimenti estemporanei volti a realizzare una singola evasione fiscale, ma nel ricorso ad iniziative elusive sistematiche, a modelli evasivi seriali, riproducibili in futuro a beneficio di altri potenziali evasori».

Nel caso di specie, sebbene le condotte fossero state poste in essere nel solo ristretto ambito di

Cass. pen., 19 agosto 2019, n. 36212

(26)

La responsabilità ex D.Lgs. 231/2001

delle associazioni di professionisti

(27)

La responsabilità ex D.Lgs. 231/2001

È una responsabilità propria dell’ente.

È disciplinata dal D.Lgs. 231/2001

PRESUPPOSTO SOGGETTIVO

PRESUPPOSTO OGGETTIVO Che il reato presupposto sia

commesso da un soggetto che riveste funzioni di rappresentanza,

direzione o amministrazione o da un suo sottoposto

Che il reato presupposto sia commesso nell’interesse o a

vantaggio dell’ente

DEVONO COESISTERE ENTRAMBI PERCHÈ L’ENTE

SIA RESPONSABILE

(28)

La responsabilità ex D.Lgs. 231/2001

L’ente può andare esente da responsabilità. La disciplina varia a seconda che il reato sia stato commesso da un:

SOGGETTO APICALE

SOGGETTO SOTTOPOSTO L’ENTE DEVE PROVARE CHE:

a) è stato adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, un modello di organizzazione idoneo a prevenire reati di quella specie

b) il compito di vigilare sul funzionamento e di garantire l’aggiornamento di tali

modelli è stato affidato ad un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo

c) vi è stata elusione fraudolenta del modello di organizzazione

d) non vi è stato omesso o insufficiente controllo da parte dell’organismo di vigilanza

L’ente è responsabile solo se la commissione del reato è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza.

IN OGNI CASO,

l’ ente non è responsabile se ha adottato ed efficacemente attuato un modello di

organizzazione idoneo a prevenire tali reati OPPURE

IN QUESTO CASO, DUNQUE, L’ONERE DELLA PROVA NON RICADE SULL’ENTE,

MA SULLA PUBBLICA ACCUSA!

(29)

Un indirizzo giurisprudenziale riconosce l’associazione

professionale quale ente destinatario delle sanzioni 231/2001

«Con particolare riferimento alla questione della riconducibilità dell’associazione di professionisti al catalogo degli «enti» destinatari di responsabilità amministrativa discendente da reato D.Lgs. n.

231 del 2001, ex art. 1, la prospettazione [favorevole] del pubblico ministero […] trova legittimazione giuridica e riscontro tematico nella giurisprudenza di legittimità.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte lo studio professionale associato, anche se privo di personalità giuridica, rientra infatti a pieno titolo nel novero di quei fenomeni di aggregazione di interessi (quali le società personali, le associazioni non riconosciute, i condomini edilizi, i consorzi con attività esterna e i gruppi europei di interesse economico di cui anche i liberi professionisti possono essere membri) cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomi centri di

imputazione di rapporti giuridici e che sono perciò dotati di capacità di stare in giudizio come tali,

Cass. pen., 14 novembre 2017, n. 1999

La responsabilità ex D.Lgs. 231/2001

(30)

La responsabilità ex D.Lgs. 231/2001

Uno studio professionale associato di avvocati viene sottoposto a procedimento ex D.Lgs. 231/2001: i professionisti sono accusati di aver concorso nel riciclaggio dei clienti.

«Rilevato che per giurisprudenza costante anche le associazioni professionali sono destinatarie della disciplina di cui al D.Lgs. 231/2001 già applicata ad esempio più volte nel caso di associazioni di commercialisti».

Giudice per le indagini preliminari del

Tribunale di Milano, decreto del 20.8.2018

(31)

La responsabilità ex D.Lgs. 231/2001

Il Decreto fiscale è intervenuto ampliando il novero dei reati

presupposto, inserendo alcuni

reati tributari

.

In particolare…

(32)

La responsabilità ex D.Lgs. 231/2001

Art. 25-quinquiesdecies, co. 1 Art. 2, co. 1

(Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti)

→ Sanzione pecuniaria fino a Euro 774.500

Art. 2, co. 2-bis

(Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti per passivi fittizi

inferiori a Euro 100.000)

→ Sanzione pecuniaria fino a Euro 619.600

Art. 3

(Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici) → Sanzione pecuniaria fino a Euro 774.500 Art. 8, co. 1

(Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti)

→ Sanzione pecuniaria fino a Euro 774.500

Art. 8, co. 2-bis

(Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti se l’importo non corrispondente al vero è

inferiore Euro 100.000)

→ Sanzione pencuniaria fino a Euro 619.600

Art. 10

(Occultamento o distruzione di documenti contabili) → Sanzione pecuniaria fino a Euro 619.600 Art. 11

(Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte) → Sanzione pecuniaria fino a Euro 619.600

(33)

La responsabilità ex D.Lgs. 231/2001

Art. 25-quinquiesdecies, co. 2

Se, in seguito alla commissione dei delitti di cui al comma 1, l’ente ha conseguito un profitto di rilevante entità, la sanzione pecuniaria è aumentata di un terzo

Art. 25-quinquiesdecies, co. 3

Sono applicate le sanzioni interdittive di cui all’art. 9, co. 2, lettere c), d) ed e):

- Divieto di contrattare con la PA, salvo che per ottenere prestazioni di un pubblico servizio

- Esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contribute o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi

- Divieto di pubblicizzare beni o servizi

NB: Queste disposizioni sono applicabili alle condotte

(34)

Non solo i reati tributari…

I reati fallimentari

(l.fall n.

267/1942)*

* Riprodotti, senza novità rilevanti, all’interno del nuovo Codice della Crisi (D.Lgs. 14/2019), artt. 322 ss.

Con riferimento ai reati fallimentari, una giurisprudenza consolidata considera penalmente rilevante il contributo del consulente solo quando:

• In caso di concorso morale, sia ideatore e pianificatore dello schema fraudolento (Cass. Pen., Sez. V, 3 febbraio 2010, n. 19545)

• Oppure, in caso di concorso materiale, abbia un ruolo rilevante nella fase esecutiva del reato (Cass. Pen., Sez. V, 6 novembre 2015, n. 8276)

La giurisprudenza è, in questi casi, attenta a distinguere fra attività di mera consulenza, non penalmente rilevante, e concorso nel reato, dovendosi in questo secondo caso riscontrare un contributo ulteriore rispetto alla mera consulenza.

(35)

Non solo i reati tributari…

I reati di riciclaggio e autoriciclaggio (art. 648-bis c.p.

e 648-ter.1 c.p.)

Il professionista risponde di concorso in autoriciclaggio, punito con la reclusione da due a otto anni, ovvero risponde autonomamente del più grave delitto di riciclaggio, punito con la reclusione da quatto a dodici anni?

Secondo la Suprema Corte, il consulente risponde del più grave reato di riciclaggio: sarebbe irragionevole se ricevesse un trattamento sanzionatorio di favore rispetto a chi, ponendo in essere le medesime condotte non

concorresse nell’altrui autoriciclaggio (Cass. pen., sez. III, 17 gennaio 2018, n. 17235).

(36)

Grazie per l’attenzione

[email protected]

Riferimenti

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