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Ipoglicemizzanti orali in gravidanza:qualcosa sta cambiando?

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Academic year: 2021

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Ipoglicemizzanti orali in gravidanza:

qualcosa sta cambiando?

Trattamento con metformina in pazienti con diabete di tipo 2 in gravidanza: uno studio controllato, randomizzato, in aperto, a gruppi paralleli J Diabetes Res

2015;2015:325851 Ainuddin JA

1

, Karim N

2

, Zaheer S

3

, Ali SS

4

, Hasan AA

5

1

Department of Obstetrics and Gynecology, Dow University of Health Sciences;

2

Department of Pharmacology, Medical and Dental College, Bahria University;

3

School of Public Health, Dow University of Health Sciences;

4

Department of

Scopi. Valutare l’effetto della metformina in pazienti con diabete di tipo 2 in gravi- danza, e confrontarla con la terapia insulinica, in termini di esiti perinatali, complicazioni materne, necessità di insulina aggiuntiva e accettazione del trattamento.

Metodi. In questo studio randomizzato, in aperto, sono state selezionate 206 pazienti ambulatoriali con diabete di tipo 2 in gravidanza, che soddisfacevano i criteri di eligi- bilità. L’insulina è stata aggiunta al trattamento con metformina quando necessario per mantenere il target di controllo glicemico. Le pazienti sono state seguite fino al parto, con registrazione degli esiti materni e perinatali, e delle caratteristiche della te- rapia farmacologica.

Risultati. Le caratteristiche materne erano paragonabili nei due gruppi di trattamento con metformina e insulina. Nell’84,9% delle pazienti in metformina si è resa necessa- ria l’aggiunta della terapia insulinica, alla settimana gestazionale 26,58 ± 3,85. Il gruppo in metformina ha fatto registrare un minore aumento ponderale materno (p < 0,001) e una minore frequenza di ipertensione indotta dalla gravidanza (p = 0,02). Sempre nel gruppo in metformina si è avuto un numero maggiore di neonati piccoli per l’età gestazionale (p < 0,01), ma una frequenza significativamente minore di ipoglicemia Premessa. Due ipoglicemizzanti orali, metformina e glibenclamide, sono stati con- frontati con l’insulina in diversi studi randomizzati controllati su casistiche estese, ri- sultando altrettanto efficaci dell’insulina nel trattamento del diabete gestazionale.

Tuttavia, pochi studi hanno messo direttamente a confronto metformina e glibencla- mide.

Materiale e metodi. Una popolazione di 159 donne dell’India meridionale, nelle quali malgrado un adeguato periodo di terapia medica nutrizionale la glicemia risultava 5,5- 7,2 mmol/mol (99-130 mg/dl) a digiuno e 6,7-13,9 mmol/mol (122-250 mg/dl) 2 ore dopo i pasti, è stata assegnata in modo random a trattamento con glibenclamide (n = 80) o metformina (n = 79), dopo ottenimento di consenso informato. Gli esiti neo- natali sono stati valutati da specialisti neonatologi non a conoscenza della partecipa- zione delle donne allo studio, e successivamente registrati da ricercatori non informati sul farmaco effettivamente utilizzato in gravidanza. L’outcome primario era costituito da un insieme composto di esiti neonatali: macrosomia, ipoglicemia, necessità di fo- toterapia, distress respiratorio, morte endouterina fetale o morte neonatale, e trauma da parto. Gli outcome secondari sono stati il peso alla nascita, i dati di controllo gli- cemico materno, l’ipertensione indotta dalla gravidanza, la prematurità, la necessità di induzione del travaglio, le modalità e le complicazioni del parto.

Risultati. Le caratteristiche cliniche di base erano simili nei due gruppi, se non per li- velli più elevati di trigliceridi nelle donne trattate con metformina. L’outcome primario è occorso nel 35% del gruppo in glibenclamide, nel 18,9% di quelle in metformina (p = 0,02). Questa differenza era attribuibile a una frequenza maggiore di ipoglicemia neonatale nel gruppo in glibenclamide (12,5% vs 0 nel gruppo in metformina, p = 0,001). L’occorrenza di outcome secondari è risultata simile nei due gruppi.

Conclusioni. In una popolazione di donne dell’India meridionale affette da GDM, la metformina è risultata associata a esiti della gravidanza più favorevoli che non la gli- benclamide.

Confronto degli esiti neonatali in donne con diabete

gestazionale con iperglicemia moderata, trattate con metformina o glibenclamide.

Uno studio randomizzato controllato

Aust N Z J Obstet Gynaecol 2015;55:47-52

George A, Mathews JE, Sam D, Beck M, Benjamin SJ, Abraham A, Antonisamy B, Jana AK,

Thomas N

Department of Obstetrics

and Gynaecology, Christian

Medical College, Vellore, India

(2)

Considerazioni sulla sicurezza dei trattamenti farmacologici per il diabete mellito

gestazionale

Drug Saf 2015;38:65-78 Simmons D

Wolfson Diabetes and Endocrinology Clinic, Institute of Metabolic Science, Cambridge University Hospitals NHS Foundation Trust, Addenbrookes Hospital, Cambridge, CB2 2QQ, UK [email protected]

Il numero di donne con diabete gestazionale (GDM: diabete diagnosticato per la prima volta in gravidanza) è in continuo aumento, insieme ai rischi, a esso associati, di com- plicazioni pre- e postnatali, e alla possibilità di sviluppare in futuro diabete e obesità, sia per la madre sia per la prole. Recenti studi controllati randomizzati hanno dimostrato evidenti benefici derivanti da una gestione intensificata del GDM basata sulla modifi- cazione dello stile di vita, sull’autocontrollo domiciliare della glicemia, su una stretta supervisione clinica e, nei casi dove la glicemia rimanga controllata in modo inade- guato, sulla terapia insulinica. Più recentemente, è stato dimostrato che metformina e glibenclamide sono in grado di ridurre adeguatamente l’iperglicemia, come componenti di un approccio graduale alla gestione del GDM, che preveda un passaggio alla tera- pia insulinica quando necessario. Non ci sono altri farmaci ipoglicemizzanti orali che siano stati dimostrati sicuri per l’uso in gravidanza.

Il trattamento con insulina umana è sicuro, con i limiti dell’ipoglicemia e dell’aumento ponderale. Anche la maggior parte degli analoghi dell’insulina è ormai considerata si- cura per l’uso in gravidanza (insulina lispro, aspart e detemir).

La metformina è assunta per via orale, e pertanto preferita all’insulina, ma si associa con più frequenti effetti avversi di tipo gastroenterico, anche se non con ipoglicemia o eccessivo aumento ponderale. Al contrario, la glibenclamide è anch’essa una terapia orale, ma si associa con ipoglicemia e aumento ponderale. D’altro canto, la metformina passa il filtro placentare, mentre tuttora rimane non chiaro se questo avvenga per la glibenclamide: rischi a lungo termine non sono stati dimostrati, e si pensa che siano minimi, ma ulteriori studi su questo aspetto sono necessari.

La metformina è considerata da alcuni come il trattamento di scelta, quando l’aumento di peso rappresenta un problema, una volta che sia stata affrontata la questione an- cora irrisolta della sicurezza a lungo termine degli agenti orali.

Community Health Sciences, United Medical and Dental College;

5

Department of Obstetrics and Gynecology, Hamdard University Hospital, Karachi, Pakistan

neonatale e di casi di permanenza in NICU (neonatal intensive-care unit) per più di 24 ore (p < 0,01). Infine, nelle donne che assumevano metformina si è verificata una si- gnificativa riduzione nel costo del trattamento.

Conclusione. La metformina, sola o con aggiunta di insulina, è un’opzione terapeu- tica efficace ed economica per le pazienti con diabete di tipo 2 in gravidanza.

Il grado di esposizione fetale alla metformina non influisce sull’outcome neonatale nel diabete mellito gestazionale Acta Diabetol 2014;51:731-8 Tertti K, Laine K, Ekblad U, Rinne V, Rönnemaa T Department of Obstetrics and Gynecology, University of Turku and Turku University Hospital, Turku, Finlandia

[email protected]

Scopo. Esaminare il passaggio transplacentare in vivo della metformina, la sua asso- ciazione con l’outcome neonatale nelle pazienti con diabete gestazionale (gestational diabetes mellitus, GDM) trattate con metformina, e l’influenza dell’esposizione alla met- formina sul controllo glicemico e sull’incremento ponderale materno.

Metodi. Un totale di 217 pazienti con GDM è stato randomizzato a trattamento con metformina o con insulina, presso l’Ospedale Universitario di Turku, Finlandia. Le con- centrazioni di metformina sono state determinate con la spettrometria di massa sul siero materno alla 36

a

settimana di gestazione e alla nascita, sul sangue del cordone ombelicale. Gli outcome principali considerati sono stati il peso alla nascita, la setti- mana gestazionale alla nascita, il pH dell’arteria ombelicale e l’ipoglicemia neonatale, l’incremento ponderale materno, le concentrazioni di HbA

1c

e fruttosamine.

Risultati. Il rapporto fra concentrazioni di metformina nel sangue del cordone ombe- licale e nel siero materno è risultato 0,73. Non c’erano differenze nel peso alla nascita misurato in grammi o in unità SD (p = 0,49), e nella settimana gestazionale alla nascita (p ancora = 0,49) fra i pazienti trattati con insulina o con metformina, stratificati per ter- zili di concentrazione di metformina misurata alla 36

a

settimana gestazionale. Il controllo glicemico materno era simile nei terzili di concentrazione di metformina alla 36

a

setti- mana. L’incremento ponderale materno è stato maggiore di 223 g per settimana (p = 0,038) nel terzile inferiore di metformina, in confronto con gli altri terzili combinati.

L’esposizione alla metformina è stata simile nella madre e nel feto.

Conclusioni. Le concentrazioni materne o fetali di metformina non sono predittive

del controllo glicemico materno o dell’outcome neonatale, ma una bassa esposizione

materna può portare a un maggiore incremento ponderale materno.

(3)

Glibenclamide, metformina e insulina per il trattamento del diabete gestazionale: revisione sistematica e metanalisi BMJ 2015;350:h102

Balsells M

1

, Garcia-Patterson A

2

, Solà I

3

, Roqué M

3

, Gich I

4

, Corcoy R

5

1

Department of Endocrinology and Nutrition, Hospital Universitari Mútua de Terrassa, Terrassa 8821, Spagna;

2

Department of

Endocrinology and Nutrition, Hospital de la Santa Creu i Sant Pau, Barcelona 08025, Spagna;

3

Iberoamerican Cochrane Centre, Hospital de la Santa Creu i Sant Pau, Barcelona Institute of Biomedical Research (IIB Sant Pau), Hospital de la Santa Creu i Sant Pau Barcelona CIBER Epidemiología y Salud Pública (CIBERESP), Instituto de Salud Carlos III, Madrid 28029, Spagna;

4

CIBER Epidemiología y Salud Pública (CIBERESP), Instituto de Salud Carlos III, Madrid 28029, Spain Department of

Epidemiology, Hospital de la Santa Creu i Sant Pau, Barcelona Department of Clinical

Pharmacology and Therapeutics, Universitat Autònoma de Barcelona, Bellaterra 08193 (Cerdanyola del Vallès), Spagna;

5

Department of Endocrinology and Nutrition, Hospital de la Santa Creu i Sant Pau, Barcelona 08025, Spain CIBER Bioengineering, Biomaterials and Nanotechnology (CIBER-BBN), Instituto de Salud Carlos III, Madrid Department of Medicine, Universitat Autònoma de Barcelona, Bellaterra, Spagna [email protected]

Scopo. Esaminare gli outcome a breve termine riportati negli studi randomizzati con- trollati che hanno messo a confronto il trattamento con glibenclamide o metformina con la terapia insulinica, nelle donne con GDM per le quali si rendeva necessario un trat- tamento farmacologico.

Disegno. Revisione sistematica e metanalisi.

Criteri di inclusione nella selezione degli studi. Studi randomizzati controllati che soddisfacevano i punti seguenti:

1) pubblicazione come “full text”;

2) casistica di donne con GDM richiedente un trattamento farmacologico;

3) trattamenti messi a confronto: glibenclamide vs insulina, metformina vs insulina, metformina vs glibenclamide;

4) disponibilità di informazioni sugli “outcome” materni o fetali.

Origine dei dati. Sono stati esaminati Medline, CENTRAL ed Embase, fino alla data del 20 maggio 2014.

Outcome. Sono stati presi in considerazione 14 outcome primari (6 materni e 8 fetali) e 16 outcome secondari (5 materni e 11 fetali).

Risultati. Sono stati analizzati 15 articoli, comprendenti 2509 donne. Relativamente agli outcome primari, si sono rilevate differenze significative fra glibenclamide e insu- lina per quanto riguarda peso alla nascita (differenza media 109 g [intervallo di confi- denza, IC al 95% 35,9-181]), incidenza di macrosomia (RR 2,62 [1,35-5,08]) e di ipoglicemia neonatale (RR 2,04 [1,30-3,20]). Confrontando metformina e insulina, è stata raggiunta la significatività per aumento ponderale materno (differenza media – 1,14 kg [(da 2,22 a −0,06]), età gestazionale al parto (differenza media –0,16 setti- mane [(da −0,30 a −0,02]) e prematurità (RR 1,50 [1,04-2,16]), con una tendenza per ipoglicemia neonatale (RR 0,78 [0,60-1,01]). Infine, confrontando metformina e gli- benclamide, si è raggiunta la significatività per aumento ponderale materno (differenza media –2,06 kg [da −3,98 a −0,14]), peso alla nascita (differenza media –209 g [da

−314 a −104]), macrosomia (RR 0,33 [0,13-0,81]), neonati grandi per l’età gestazio- nale (RR 0,44 [0,21-0,92]). Quattro degli outcome secondari sono risultati migliori per metformina in confronto con insulina, uno peggiore rispetto a glibenclamide. La fre- quenza di fallimenti terapeutici è stata più elevata con metformina che con glibencla- mide.

Conclusioni. Nel breve termine, in donne con GDM richiedente trattamento farma-

cologico, glibenclamide è chiaramente inferiore rispetto sia a metformina sia a insulina,

mentre con metformina (associata a insulina quando necessario) si ottengono risultati

lievemente migliori che con la sola insulina. Sula base di questi dati, glibenclamide non

dovrebbe essere utilizzata nel GDM, quando siano disponibili insulina o metformina.

(4)

Commento alla rassegna “Ipoglicemizzanti orali in gravidanza:

qualcosa sta cambiando?”

M. Bonomo

SSD Diabetologia, AO “Ospedale Niguarda Ca’ Granda”, Milano

Da sempre l’insulina è stata considerata l’unica opzione terapeutica possibile in corso di gravidanza, in caso di insuccesso di un intervento basato sulla sola modificazione dello stile di vita. Anche in condizioni come il diabete gestazionale o il diabete pre- gestazionale di tipo 2, tipicamente caratterizzate da un prevalente stato di insulino-resistenza, l’uso di farmaci ipoglicemizzanti orali, compresi insulino-sensibilizzanti come la metformina, tradizionalmente non ha trovato indicazione, quanto meno a livello ufficiale. I punti più discussi riguardano il passaggio trans-placentare (accertato per metformina, controverso per glibencla- mide), gli effetti sul controllo glicemico materno, le possibili conseguenze perinatali.

La situazione si è però modificata negli ultimi anni, con una serie di studi che hanno portato dati a favore sia della sicurezza sia dell’efficacia clinica in gravidanza di farmaci precedentemente esclusi. Sulla glibenclamide il primo studio di rilievo è un RCT del 2000, pubblicato sul NEJM dal gruppo di Oded Langer, al quale hanno fatto seguito numerosi lavori osservazionali e sperimentali, tutti sostanzialmente positivi in termini di efficacia clinica, se pure con qualche riserva sugli effetti collaterali. È invece del 2008, ancora sul NEJM, la pubblicazione del trial “MIG” (metformin in gestational diabetes), che riportava ottimi risultati sull’uso di met- formina, comparabili a quelli ottenuti con insulina, ma con minore frequenza di ipoglicemia. Anche in questo caso, il dato è stato confermato in studi successivi.

Sulla base dei risultati positivi ottenuti, mentre in Italia persiste un atteggiamento di chiusura (l’edizione 2014 degli “Standard di Cura” AMD-SID riporta infatti che «Gli antidiabetici orali non sono attualmente raccomandati in gravidanza, in quanto non sono disponibili dati sufficienti sulla loro sicurezza sul feto»), a livello internazionale la posizione tradizionale è in corso di rivalutazione, tanto che alcune autorevoli linee guida hanno parzialmente “aperto” alla terapia orale, determinando una situazione eteroge- nea in diversi Paesi:

– Negli Stati Uniti gli “Standards” ADA 2015 sottolineano efficacia e sicurezza a breve termine della gliburide (Cat. B) e della metformina (Cat. B). Il documento sottolinea, tuttavia, il passaggio transplacentare di ambedue gli agenti, e la carenza di dati disponibili sulla loro sicurezza a lungo termine.

– Una posizione analoga, di disponibilità verso glibenclamide e metformina come possibili alternative alla terapia insulinica, comunque considerata come prima scelta, è stata assunta nel 2013 anche dalle linee guida canadesi. I due antidiabetici orali vengono quindi ammessi per le gestanti poco “aderenti” o che rifiutano l’insulina, sempre però come prescrizione “off label”, da discutere preventivamente con la paziente.

– Al contrario, simile all’attuale posizione italiana è quella adottata in Francia dalla SFD (Société francophone du diabète): in un documento di consenso del 2010, i dati pubblicati su glibenclamide e metformina non sono considerati sufficienti per raccomandarne l’uso in gravidanza. Questo documento è inoltre l’unico a prendere in considerazione altri farmaci non in- sulinici, come acarbose e rosiglitazone, comunque non raccomandati.

– Infine, decisamente positiva verso la metformina è la recentissima pubblicazione del NICE, in GB, che modifica sensibilmente quanto scritto nelle edizioni precedenti. Si raccomanda infatti di iniziare la terapia farmacologica, quando necessario, con metformina, proponendo l’insulina solo in caso di controindicazioni al farmaco, o di impossibilità a raggiungere i target me- tabolici. L’indicazione a iniziare direttamente insulina (associata o meno a metformina) è invece riservata ai soli casi con gli- cemia a digiuno superiore a 7 mmol/mol, o compresa fra 6,0 e 6,9 mmol/mol in presenza di macrosomia o polidramnios.

Nel GDM è inoltre accettata anche la glibenclamide (a differenza che per il diabete pre-gestazionale), per le gestanti non com- pensate con sola metformina che rifiutano la terapia insulinica o che non tollerano la metformina.

Queste premesse vanno tenute presenti nella valutazione degli abstract qui riportati, che si riferiscono agli articoli di più recente pubblicazione sull’argomento.

Un lavoro di grande interesse, per l’estensione della casistica esaminata “in vivo”, e per i risultati ottenuti, per molti versi inno- vativi, è quello del gruppo finlandese di Tertti, sul passaggio trans-placentare della metformina, sull’esposizione materna e fe- tale al farmaco, e sulla sua relazione con gli esiti della gravidanza. Il passaggio trans-placentare è confermato, in misura ancora maggiore di quella segnalata in studi precedenti, senza, tuttavia, conseguenze sull’outcome correlate al grado di esposizione, dato che conferma la sostanziale sicurezza del farmaco in gravidanza, quanto meno nel breve periodo.

Un ampio spazio è riservato a metformina, così come a glibenclamide, all’interno di una rassegna più ampia sulla sicurezza dei

farmaci in gravidanza, pubblicata da David Simmons su Drug Safety: oltre a confermare i positivi effetti sul controllo glicemico

per ambedue i farmaci, l’autore ricorda i vantaggi di una terapia orale in termini di accettabilità e di aderenza terapeutica, esa-

minando poi gli effetti collaterali: ben noti quelli gastroenterici della metformina, che però, a differenza della glibenclamide, non

presenta aumento di rischi di ipoglicemia o di eccessivo aumento ponderale. Cautela viene però ancora raccomandata sulle

conseguenze a lungo termine, in considerazione del superamento del filtro placentare.

(5)

I due studi di George e di Ainuddin sono, in ordine di tempo, i più recenti RCT pubblicati sull’uso di metformina in gravidanza, confrontata nel primo caso direttamente con glibenclamide in donne con GDM, nel secondo con terapia insulinica in pazienti con diabete pre-gestazionale di tipo 2. I risultati sono favorevoli alla metformina, sia sul versante materno sia su quello fetale/neonatale (se non per una maggiore frequenza di neonati piccoli per l’età gestazionale nel confronto con insulina). È tut- tavia da segnalare che nel trial di Ainuddin, per raggiungere i “target” terapeutici, in un’elevata percentuale di casi la terapia con metformina ha dovuto essere associata a insulina.

Il lavoro di George appena citato non era ancora inserito nella metanalisi di Balssels sul BMJ, al momento da considerare la più recente e completa, relativamente al solo GDM. Le conclusioni hanno mostrato un’evidente superiorità di metformina, netta nei confronti di glibenclamide, più sfumata vs insulina (rispetto alla quale risulta però una maggiore frequenza di prematurità). Anche in questo caso viene poi segnalata una discreta percentuale di fallimenti terapeutici (38%), che ha reso necessaria l’associa- zione con insulina.

In conclusione, anche da questo rapido aggiornamento della letteratura, la discussione sull’uso degli ipoglicemizzanti orali in gravidanza pare ancora non risolta, ma probabilmente vicina a un punto di svolta. Del resto, al di là delle discussioni teoriche, non si può ignorare che questi farmaci sono ormai largamente utilizzati in alcuni Paesi: negli USA il 75% delle donne con GDM trattato farmacologicamente usa oggi glibenclamide; il dato è meno eclatante altrove, ma comunque l’IADPSG (International Association of Diabetes and Pregnancy Study Groups) nel 2010 ne stimava la frequenza al 35%, al di fuori degli USA. In Italia mancano al momento statistiche attendibili; tuttavia, malgrado la negatività delle posizioni ufficiali, l’uso “off label” di ipoglice- mizzanti orali, in particolare di metformina, è certamente non trascurabile, soprattutto in ambito ginecologico.

È probabile che, nei prossimi anni, l’attenzione si rivolga prevalentemente proprio sulla metformina, o su altri farmaci insulino- sensibilizzanti: oltre al minor rischio di ipoglicemia materna, da un punto di vista concettuale pare infatti contradditorio puntare su secretagoghi con probabile passaggio trans-placentare, in una situazione dove le principali complicazioni possono derivare da uno stato di iperinsulinizzazione fetale. Il limite principale alla liberalizzazione dell’uso della metformina nel GDM (dove non si pone il problema di un’eventuale teratogenesi conseguente all’esposizione al farmaco nella fase embrionale) è oggi quello dell’incertezza sulle conseguenze a lungo termine sulla prole: la prossima pubblicazione dei dati di follow-up a 5 anni del “MIG”

(“MiG TOFU”) potrebbero dare un contributo importante alla definizione di un atteggiamento condiviso sulla questione.

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