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Esito attività ricognitiva in merito all’esistenza di Codici etici degli organi di governo autonomo della magistratura in Europa.

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Fasc. 60/EJ/2017 - Rete Europea dei Consigli di Giustizia ENCJ-RECJ. Attività del C.S.M.:

Lancio della Global Judicial Integrity Network promossa dall'UNODC. Raccolta e pubblicazione dei codici etici e deontologici delle magistrature dei Paesi europei.

(delibera 21 dicembre 2021)

Esito attività ricognitiva in merito all’esistenza di Codici etici degli organi di governo autonomo della magistratura in Europa.

La Commissione ha effettuato una ricognizione dell’esistenza di Codici etici degli organi di governo autonomo della magistratura in Europa.

Il tema è già stato oggetto di approfondimento nel 2016 da parte dell’Ufficio Studi nel parere n. 264/20161,a fronte di una richiesta del Comitato di Presidenza, con la quale veniva richiesto di effettuare una ricognizione a livello europeo circa l’esistenza di codici etico deontologici dei componenti di organi omologhi al Consiglio Superiore della Magistratura, ricognizione cui collaborò l’ENCJ.

Si delineò già allora lo scenario che permane tuttora: in quasi tutti paesi europei i Consigli di giustizia non hanno adottato specifici codici etico-deontologici per i propri membri, ad eccezione del Belgio. In quasi tutti i paesi, invero, valgono per i componenti dei Consigli di giustizia i principi etico-deontologici valevoli per tutti i magistrati2; in qualche caso (per es. in

1Parere 264/2016 dei dott.ri Sessa, Cappuccio, Troncone, Casola, Fiorentino e Corasaniti. Già in precedenza, tuttavia, il parere dell’Ufficio Studi n. 88/2006 rispose alla richiesta della Seconda Commissione di effettuare una ricognizione sull’esistenza di codici deontologici o, più in generale, di norme di condotta e di sanzioni per i componenti degli organi costituzionali, di rilevanza costituzionale o di omologhi consigli superiori nel mondo. In particolare fu segnalato il Codice etico del Consiglio nazionale della magistratura peruviano, il Codice del governo degli Stati Uniti ‘per gli impiegati delle pubbliche amministrazioni e per i rappresentanti elettivi degli organismi di autogoverno’, il Codice dei valori e dell’etica della funzione pubblica della Repubblica canadese ed il Codice etico della funzione pubblica della Repubblica Argentina’.

2In particolare:

-in Francia vige un Compendio degli obblighi deontologici dei magistrati – 2010 - in Inghilterra e Galles vige una Guida di deontologia giudiziaria – 2011

- In Scozia una Dichiarazione dei principi di deontologia giudiziaria della magistratura scozzese – 2016 - in Romania vige un Codice deontologico per i giudici ed i pubblici ministeri

- in Slovacchiaun Codice deontologico della magistratura – 2015 - in Spagna Principi di deontologia giudiziaria – 2016

- in Ungheria un Codice di deontologia giudiziaria – 2015

- in Lettonia, si applica l’art. 89 della normativa sul potere giudiziario;

- in Slovenia, si applica il “Codice Giudiziario di Etica e Integrità”

- in Lituania, si applica il “Codice Etico dei Giudici”;

- nella Slovacchia, si applica il “Codice di Condotta Giudiziario”;

- a Malta, si applicava il “Codice Etico per i Membri della Giurisdizione”;

- in Bulgaria, si applica il “Codice Etico di Condotta di Giudici, Pubblici Ministeri e Investigatori”;

- in Ungheria, si applica il “Codice di Condotta dei Giudici Ungheresi”;

- in Portogallo, si applicano le regole sull’etica contenute nello “Statuto dei Magistrati”;

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Bulgaria) il Codice etico dispone espressamente l’applicazione dello stesso anche ai componenti del Consiglio Superiore della magistratura.

Diversa la situazione del Belgio, ove il Consiglio Superiore siè dotato di una “Guide de dèontologie pour les membres di Conseil Superieur de la Justice”, approvata dall’Assemblea Generale in data 25/06/2014.

Neppure nel nostro paese esiste un Codice etico dei componenti dell’organo di governo autonomo. Sicchè per i componenti di quest’ultimo che appartengono all’ordine giudiziario (c.d. componente togata) vigono le regole stabilite per tutti i magistrati ordinari dal Codice etico redatto ed approvato dall’Associazione Nazionale Magistrati3.

Tuttavia, la delibera consiliare del 20 gennaio 20104, che ha introdotto l’art. 28 bis (oggi art. 41) nel Regolamento Interno del Consiglio, ha anche delineato i doveri dei singoli consiglieri ed i comportamenti che si assumono corretti in quanto conformi al ruolo istituzionale.

In disparte ogni apprezzamento di merito sul contenuto della medesima –nella delibera premesso che Il Consiglio Superiore della Magistratura “si pone come organismo costituzionale che assicura il rispetto del principio di autonomia ed indipendenza dell'Ordine giudiziario” si precisa, anzitutto, che “i temi dell’efficienza e della trasparenza dell’azione consiliare sono essenziali alla credibilità dell’organo e, in ultima analisi, della magistratura stessa nel suo complesso”. E si aggiunge che “la rilevanza ed estrema delicatezza dei compiti assegnati dalla Costituzione al Consiglio comporta di per sé che il suo corretto e tempestivo funzionamento sia assicurato non solo dall'allestimento di adeguate strutture di supporto all'attività ma anche (e soprattutto) dalla piena consapevolezza, da parte di ogni singolo consigliere, della rilevanza della funzione svolta e quindi dall'adozione, da parte sua, di regole di comportamento coerenti col ruolo affidatogli col mandato dai magistrati o dal Parlamento.

E, tuttavia, si afferma anche che “né la legge né il regolamento interno del Consiglio possano contemplare disposizioni relative ai doveri ed agli obblighi di ogni singolo consigliere (essendo previsti dall'art. 33 della legge n. 195 del 1958 solo evidenti aspetti di incompatibilità con l'esercizio di determinate funzioni o professioni) ed ancor meno prevedere strumenti volti a sanzionare condotte deontologicamente censurabili. L'aspetto precettivo e sanzionatorio, infatti, mal si concilia con lo svolgimento di un simile elevato compito istituzionale essendo lecito ritenere che la consapevolezza dei doveri insiti nella funzione sia connaturata al livello etico dei componenti eletti.

“Non si può, peraltro, ignorare - prosegue la delibera- che nella percezione comune dell’opinione pubblica, sia interna all’Ordine giudiziario che generale, sia forte la sensazione che l’azione consiliare non sia sempre adeguata alle necessità e che alcune scelte siano in qualche misura condizionate da logiche diverse(...) Analoghe considerazioni possono essere espresse in relazione a deviazioni che rispondono ad interessi lobbistici, logiche trasversali, rapporti amicali o simpatie e collegamenti politici (…)”.

Ribadito, quindi, che il perseguimento del fine istituzionale “allorchè si opera in un organismo collegiale, viene assicurato dall’apporto di ogni singolo liberamente

- in Irlanda, invece, i componenti del Consiglio Superiore (Courts’ Service), come tutti gli altri magistrati, sono soggetti alle disposizioni degli artt. 34.5.1° e 35.2-5 della Costituzione.

3 Diversamente ha fatto la magistratura amministrativa, il cui Consiglio di Presidenza si è dotato di codice etico dei componenti (Codice etico dei componenti il Consiglio di Presidenza della G.A.) adottato con delibera del C.P.G.A. in data 16 aprile 2010.

4‘Doveri e comportamenti dei singoli consiglieri. Introduzione dell’art. 28 bis nel Regolamento interno del CSM.

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autodeterminatosi”esplicita che non corrisponde al modello comportamentale cui si dovrebbe conformare “un simile elevato compito istituzionale”“il rendersi acritico interprete in sede consiliare di posizioni di gruppi politici o di singoli esponenti politici nonché di gruppi dell'associazionismo giudiziario o di singoli magistrati anche solo per ragioni di appartenenza o di "debito" elettorale.

Ed ancora che “È contrario al principio della libera determinazione il far discendere da accordi tra gruppi o singoli che assumano, al di fuori del lavoro di commissione e della partecipazione di tutti i suoi componenti, pratiche spartitorie tese a preordinare le scelte da operare con particolare riferimento ad uffici direttivi, semidirettivi o comunque di rilievo, ivi compresi gli incarichi attribuiti dal Consiglio per attività di formazione o altro”.

Con riguardo ai componenti c.d. laici, afferma, poi, che “l’indipendenza ed il prestigio del componente di nomina parlamentare in relazione al suo ruolo di provenienza (avvocato o professore universitario) si difende anche evitando di mantenere in essere, di fatto, situazioni che ingenerino incompatibilità e che si assumano formalmente dimesse. La sospensione delle attività professionali durante la consiliatura, quindi deve essere e deve apparire effettiva”

Sottolinea, quindi, che “ogni consigliere deve manifestare piena consapevolezza del ruolo e garantire l’osservanza delle regole etiche e comportamentali ad esso connesse” e che, perciò, è“contrario a tale concezione del ruolo l’utilizzo improprio di regole (quale quella del numero legale) poste a garanzia del funzionamento del Consiglio secondo il dettato costituzionale”e, quindi,la “condotta volta deliberatamente a creare ostacolo alle attività istituzionali col far venir meno il numero legale ed attuata per ragioni personali o politiche”.

Individua, infine, anche regole di laboriosità e diligenza, “necessarie in ragione dell’alta funzione che è chiamato a svolgere”l’organo di governo autonomo:il “rispetto dei programmi di lavoro prefissati negli ordini del giorno dei lavori di commissione e di plenum”;il fatto che l’incarico di presidenza di commissione “non sia concepito come dovuto riconoscimento personale od al gruppo d’appartenenza ma come ulteriore e concreto impegno consiliare che deve essere svolto non con burocratica impostazione ma con attivo e dinamico impulso per contribuire, nel rispetto dell’attività delle altre commissioni, al miglior funzionamento del Consiglio”; nel fatto che il singolo consigliere debba “assicurare la sua stabile presenza ai lavori delle commissioni di cui è componente ovvero la sua stabile presenza in plenum nonché il rispetto dell’orario dei lavori”evitando,in particolare,“richieste di rinvio della trattazione di determinate pratiche allorché l’assenza discenda non da oggettivi impedimenti bensì da scelte discrezionali di priorità operate dal consigliere.

Infine ribadisce che ogni consigliere,in linea con l’obbligo di lealtà comportamentale richiesta dall’alta funzione istituzionale esercitata, è tenuto a “rispettare i doveri di segreto e di riserbo, così come precisati negli articoli 18 e 19 del Regolamento Interno …”e che,“fermo restando il regime sanzionatorio previsto dall’ordinamento per le ipotesi di violazione del segreto di ufficio e della riservatezza da assicurare a protezione dei dati personali” ciò richiede “un qualificato sforzo di autoresponsabilità (…).

Ciascun consigliere, pertanto, deve essere estremamente attento nel valutare se le informazioni di cui disponga possano, o debbano, essere divulgate, o se, invece, sia necessario privilegiare le esigenze di riservatezza”, ed ha il dovere di “astenersi da dichiarazioni pubbliche che anche solo in apparenza possano essere interpretate come interferenze in procedimenti giudiziari in corso”.

La delibera appare tanto più attuale quando, nel ribadire l’esigenza di adottare sempre più modelli “virtuosi”,la concepisce come funzionale a consentire “al Consiglio di superare i momenti di difficoltà e di fornire una risposta in termini adeguati e tempestivi ai

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propri compiti”.Ed è in questa prospettiva che prevede - appunto attraverso l’introduzione dell’art. 28 bis5del Regolamento interno, denominato “Sessione sullo stato delle attività del Consiglio superiore della magistratura” - “una sessione annuale sullo stato delle attività dell’organo di autogoverno, finalizzata ad un esame dell’andamento dei lavori del Consiglio e di tutte le sue articolazioni (…) un momento pubblico di riflessione annuale sulla propria attività, sul modo con il quale è stata condotta l’azione istituzionale, sui risultati conseguiti e sui possibili programmi futuri. E ciò al duplice fine di migliorare la propria azione in termini di funzionalità e nitidezza attraverso il confronto delle opinioni, e di rendere conto di quanto realizzato e del rispetto degli impegni assunti, anche al fine di restituire al Consiglio la credibilità e il prestigio consoni al suo ruolo di organo di rilevanza costituzionale.

In ulteriore parere dell’Ufficio Studi n. 120/2016 sul tema - richiesto dalla Seconda Commissione “in ordine alla definizione, sulla base della vigente disciplina primaria e secondaria, di un elenco dei doveri dei componenti del C.S.M., precisandone la natura e la possibilità di eventuale procedimentalizzazione della verifica, da parte degli organi consiliari, del relativo rispetto” - si osservava che già esistono, in ragione di norme primarie e secondarie, divieti, incompatibilità e doveri in capo ai componenti dell’organo, nonché una procedimentalizzazione della verifica del loro rispetto e dell’applicazione delle eventuali conseguenze (incompatibilità o decadenza6) o sanzioni (ove i comportamenti assumano rilievo disciplinari):

“Ai sensi dell’art. 33 della Legge n. 195 del 1958:

- i componenti del Consiglio Superiore non possono far parte del Parlamento, dei Consigli regionali, provinciali e comunali, della Corte costituzionale e del Governo (comma 1);

- i componenti eletti dal Parlamento, finché sono in carica, non possono essere iscritti negli albi professionali, non possono neanche essere titolari di imprese commerciali, né far parte di Consigli di amministrazione di società commerciali o di organi di gestione di unità sanitarie locali, di comunità montane o di consorzi, nonché di Consigli di amministrazione o di Collegi sindacali di enti pubblici, di società commerciali e di banche (comma 2);

- del Consiglio Superiore non possono far parte parenti o affini entro il quarto grado (comma 3);

- del Consiglio Superiore non possono far parte magistrati addetti al Ministero di grazia e giustizia (comma 4);

- i componenti del Consiglio Superiore non possono svolgere attività proprie degli iscritti ad un partito politico (comma 5);

Specifici divieti a carico dei singoli componenti togati, inoltre, sono posti dagli artt.

34 e 35 della Legge n. 195/58, a mente dei quali:

5 Attualmente disciplinata dall’art. 41 “Sessione sullo stato delle attività del Consiglio Superiore della Magistratura. Relazione annuale”, di contenuto pressoché identico a quello dell’ex art. 28bis introdotto con la delibera.

6 Cfr. la previsione di cui all’art. 29, comma 4, del D.P.R. n. 916/1958, che testualmente recita: “Qualora le cause di incompatibilità si verifichino durante il quadriennio, il componente decade dalla carica”.

Quanto alla procedimentalizzazione della verifica del rispetto dei menzionati doveri, l’art. 29, comma 5, del D.P.R. n. 916/1958 dispone che la decadenza è dichiarata dal Consiglio, mentre l’art. 7, comma 1, del Regolamento Interno del C.S.M. specifica che alla declaratoria di decadenza per il verificarsi di cause sopravvenute di incompatibilità il Plenum provvede su proposta della Commissione di cui all’art. 2 del medesimo regolamento ovvero della Commissione per la verifica dei titoli.

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- i magistrati componenti del Consiglio Superiore non possono partecipare ai concorsi o agli scrutini per la promozione, salvo che non ne facciano più parte da almeno un anno prima della scadenza del termine stabilito per presentare la domanda di partecipazione al concorso o allo scrutinio, ovvero che il Consiglio sia venuto a cessare prima della scadenza anzidetta (art. 34);

- ai magistrati componenti elettivi del Consiglio Superiore non possono essere conferiti gli uffici direttivi di cui all'art. 6, n. 3, della legge 21 maggio 1951, n. 392, salvo che, da almeno un anno, non facciano più parte del Consiglio, o che questo sia venuto a cessare (art. 35).

Ulteriore speciale divieto concernente i componenti laici è posto dall’art. 36 della Legge n. 195 del 1958, secondo cui:

- i componenti del Consiglio Superiore eletti dal Parlamento non possono essere assunti in magistratura per meriti insigni, fin quando sia in carica, il Consiglio al quale appartengono o hanno appartenuto (…).

“Un ulteriore dovere discendente direttamente da norme di rango primario è configurabile a carico dei componenti della Sezione disciplinare…. avanti alla quale, secondo quanto previsto dall’art. 18, comma 4, del D.lgs. n. 109/06, si osservano, in quanto compatibili, le norme del codice di procedura penale sul dibattimento. Ne discende, per il combinato disposto del menzionato art. 18, comma 4 e dell’art. 125 c.p.p, che i componenti della Sezione disciplinare sono tenuti al dovere del segreto sulle deliberazioni in camera di consiglio (costituente una particolare specie di segreto d’ufficio), la cui violazione può dar luogo a forme di responsabilità penale ex art. 326 c.p. (rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio) nonché, per la componente togata, a forme di responsabilità disciplinare funzionale.

La conseguenza di un’eventuale condanna penale o disciplinare (con sanzione più grave dell’ammonimento) correlata alla violazione di quel segreto è, anche in questo caso, la decadenza dalla carica, in forza delle previsioni di cui all’art. 37, comma 4 (I componenti del Consiglio Superiore decadono di diritto dalla carica se sono condannati con sentenza irrevocabile per delitto non colposo) e comma 5 (I magistrati componenti il Consiglio superiore incorrono di diritto nella decadenza dalla carica se riportano una sanzione disciplinare più grave dell'ammonimento) della Legge n. 195/1958.

Sul piano procedimentale, la normativa vigente detta una specifica disciplina, posto che l’art.

7, comma 27, del Regolamento Interno del C.S.M. prevede che, in tali ipotesi, alla declaratoria di decadenza provvede il Consiglio su relazione del Comitato di Presidenza.

Proseguendo l’indagine sull’individuazione dei doveri discendenti esplicitamente da norme di rango primario, con specifico riferimento alla componente togata giova, altresì, menzionare il d.lgs del 23 febbraio 2006 n. 109 (Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicabilità), che accanto alla obbligatorietà dell’azione disciplinare e alla tipizzazione degli illeciti, ha previsto anche comportamenti idonei a costituire ipotesi di illeciti disciplinari relative a condotte con messe fuori dell’esercizio delle funzioni. È oramai pacifico, infatti che in ordine a condotte riscontrate fuori dall’esercizio delle funzioni giudiziarie (cosiddetti illeciti extra funzionali) vi è la possibilità di sottoporre a indagine e relativo procedimento disciplinare anche i magistrati collocati fuori ruolo8.Orapoiché i magistrati eletti al C.S.M., quali rappresentanti togati della magistratura in seno all’organo di governo autonomo sono posti anche loro fuori

7 ora art. 9 comma 2 del Regolamento Interno.

8cfr. Corte Cost.,Sentenza n. 224 del 2009, con riferimento alla contestata violazione degli artt. 1 e 3, comma 1, lettera h), del D.lgs. n. 109 del 2006 da parte di magistrato collocato fuori ruolo

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dal ruolo organico della magistratura, anche essi sono ovviamente tenuti all’osservanza di quei doveri comportamentali tipizzati dall’art. 3 del D.Lgs. n. 109/2006.

Tuttavia,poiché la loro condizione non è paragonabile tout court a quella degli altri magistrati fuori ruolo, in quanto in tal caso il collocamento fuori ruolo è conseguente all’esercizio del mandato rappresentativo costituzionalmente previsto, è chiaro che la violazione di quei doveri e idonea ad integrare un illecito disciplinare extra funzionale a condizione che la condotta posta in essere non sia coperta dall’immunità funzionale di cui all’art 32 bis della L. n. 195 del 1958, nei termini esplicitati dalla Suprema Corte di Cassazione, la quale ha chiarito che la garanzia di non punibilità per i componenti del C.S.M. in relazione alle opinioni espresse nell'esercizio delle loro funzioni ‘si riferisce anche alle opinioni dei consiglieri espresse nel corso di discussioni non aventi ad oggetto la carriera del magistrato’,purché le ‘manifestazioni di pensiero costituiscano espressione delle funzioni ad essi consegnate per Costituzione, risultando strumentalmente necessarie all'esercizio di queste funzioni e obiettivamente collegate con l'oggetto della discussione’ (cfr.

Cass., Sentenza n 4854/2013)(…).

Passando all’esame dei doveri derivanti da previsioni regolamentari, per quanto di interesse si rileva che i componenti del Consiglio per effetto dell’art. 199, primo comma, del Regolamento Interno,‘sono tenuti al segreto su quanto riguarda le sedute del Consiglio per le quali è stata esclusa la pubblicità nonché su quanto concerne i lavori delle Commissioni per i quali sia stata deliberata la segretazione, nei limiti in cui essa è stata disposta. Non sono coperti da segreto, salvo che ricorrano esigenze di sicurezza, le deliberazioni adottate dal Consiglio, i dispositivi delle proposte delle Commissioni, il risultato delle votazioni e il voto espresso da ciascun componente (…).

Dall’assetto regolamentare sulla estensibilità dell’attività amministrativa del Consiglio si evince, quindi, che su tutti i consiglieri del CSM grava un vincolo di segretezza sul contenuto dei lavori del Consiglio su quello delle commissioni ogni qualvolta ne sia stata esplicitamente affermata la segretezza (…)” Peraltro si precisa nella delibera “che tutti i soggetti che operano in Consiglio, ivi compresi i consiglieri, sono comunque tenuti al rispetto delle norme, anche estranee alla materia dell’ordinamento giudiziario, che regolamentino in maniera speciale il regime di conoscibilità o pubblicabilità di atti o documenti particolari”; ed, ancora, che, “ove nell’esercizio delle funzioni i componenti vengano a conoscenza di informazioni sottoposte al segreto dell’indagine penale - si pensi al caso in cui la commissione acquisisca documenti o atti relativi a procedimenti penali in corso di istruttoria - il vincolo di segretezza stabilito dal codice di procedura penale sarà loro esteso.”

Ciò detto quanto a divieti, incompatibilità e doveri in capo ai componenti dell’organo e a procedimentalizzazione della verifica del loro rispetto e dell’applicazione delle eventuali conseguenze da parte del Consiglio, va osservato che i codici etici hanno una dimensione non disciplinare. Sono redatti al fine di esplicitare e fissare regole di comportamento condivise per creare maggiore consapevolezza delle stesse e rafforzare in ciascuno di coloro che ne sono destinatari la responsabilità della loro assunzione come principi di condotta individuale, la cui violazione non comporta “sanzioni”, ma una mera riprovazione etico-morale fondata essenzialmente sulla riprovazione dei componenti del gruppo di riferimento.

All’esito della illustrata attività ricognitiva reputa necessario che la Seconda e la Sesta Commissione referente, ciascuna nell’ambito delle rispettive competenze, valutino

9 Ora art. 34 del Regolamento Interno

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l’opportunità di individuare regole di comportamento dei componenti dell’organo di governo autonomo da “codificare” in un Codice Etico interno al Consiglio Superiore della Magistratura, onde rafforzarne la specifica e consapevole adesione responsabile e favorire, anche così, quei modelli virtuosi di condotta che contribuiscono all’esercizio credibile e autorevole dei compiti istituzionali. Pertanto ed a tal fine dispone la trasmissione della presente delibera al Comitato di Presidenza per quanto di competenza.

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