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Trasferta del lavoratore: quali sono le regole?

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Trasferta del lavoratore: quali sono le regole?

Autore: Maura Corrado | 10/06/2016

La trasferta del lavoratore non va confusa con il trasferimento. Ciò che la caratterizza è la temporaneità. Vediamo cosa significa e qual è la disciplina di riferimento.

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Trasferta di lavoro: cos’è?

Si parla di trasferte di lavoro in presenza di un cambiamento provvisorio, rispetto a quanto scritto nel contratto, del luogo in cui il lavoratore svolge le sue mansioni.

Si tratta, quindi, di uno strumento con cui il datore di lavoro fa fronte ad esigenze lavorative di carattere transitorio, trasferendo provvisoriamente uno o più lavoratori che rientreranno al termine nella sede abituale (stabilita nel contratto di lavoro) di impiego.

Trasferta e trasferimento del lavoratore.

Occhio a non confondere le trasferte lavoro con il trasferimento del lavoratore:

in quest’ultimo, infatti, lo spostamento è definitivo e non provvisorio. La temporaneità è, pertanto, la caratteristica indispensabile che differenzia i due istituti [1].

Trasferta di lavoro: come viene pagata?

Da un punto di vista economico, le trasferte di lavoro sono disciplinate diversamente rispetto alle normali ore lavorative svolte nella sede abituale.

Al lavoratore in trasferta è, infatti, riconosciuta un’indennità di trasferta (detta anche diaria) e/o il rimborso delle spese da lui sostenute per lo spostamento.L’indennità di trasferta è differente dal punto di vista economico a seconda che si tratti di:

indennità di trasferta fuori dal comune della sede di lavoro;

indennità di trasferta entro il comune della sede lavorativa.

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Le modalità per rimborsare questa spesa da parte del datore di lavoro sono diverse: in modo analitico, forfettario oppure misto. In ogni caso, al rientro, il dipendente dovrà presentare all’azienda la documentazione relativa alle spese, la quale deve essere precisa e dettagliata e riepilogare i dati della trasferta (data, descrizione), i costi sostenuti (documenti di viaggio, fatture hotel) oltre ad essere firmata dal collaboratore in trasferta.

L’indennità di trasferta deve essere riconosciuta al collaboratore anche per i giorni festivi o di sabato e domenica qualora tali giornate rientrino nel relativo periodo.

Proprio in ragione di ciò si devono considerare, ai fini del calcolo definitivo, tutte le giornate del viaggio, senza escluderne alcuna [3].

Rimborso forfettario

E’ questa l’indennità di trasferta riconosciuta in maniera fissa al dipendente/collaboratore per ogni giorno di lavoro – in trasferta – fuori dal comune dove ha sede l’azienda o dove è stata definita la sede contrattuale. La cifra prestabilita, che prescinde dalle spese effettivamente sostenute dal dipendente, risulta

esente fino a 46,48 euro al giorno, per trasferte all’interno del territorio nazionale,

esente fino a 77,46 euro giornaliere, per le trasferte estero.

Concorrono invece a formare base imponibile ai fini previdenziali e fiscali gli importi erogati che eccedono i tetti citati.

Il rimborso è determinato al netto delle spese di viaggio e di trasporto che sono state sostenute dal dipendente e per le quali, presentata idonea documentazione giustificativa, il lavoratore ha diritto al riconoscimento del rimborso.

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Rimborso misto

Al dipendente/collaboratore può alternativamente esser dato un rimborso con metodo misto: viene riconosciuto un rimborso spese a piè di lista per il vitto e l’alloggio (significa che il lavoratore, per ottenere il rimborso, deve predisporre, alla fine della trasferta, una distinta analitica delle spese sostenute come le spese di viaggio, di trasporto, di vitto e alloggio, a cui allegherà tutti i giustificativi di spesa necessari per il rimborso), oltre ad una indennità di trasferta ridotta.

Nel dettaglio:

in caso di rimborso delle spese di alloggio, o di quelle di vitto o di alloggio o di vitto fornito gratuitamente, il limite è ridotto di un terzo;

il limite è ridotto di due terzi in caso di rimborso sia delle spese di alloggio che di quelle di vitto.

Ne consegue che si possono distinguere tali tipologie di esenzione:

esenzione fino al limite di 30,98 euro giornalieri (riduzione di un terzo), elevato a 51,64 euro per le trasferte estero, nel caso di riconoscimento al dipendente dell’indennità di trasferta più il rimborso spese per il vitto oppure per l’alloggio;

esenzione fino al limite di 15,49 euro giornalieri (riduzione di due terzi), elevato a 25,82 euro per le trasferte estero, nel caso di riconoscimento al dipendente dell’indennità di trasferta più il rimborso spese sia per il vitto che per l’alloggio.

Le spese di viaggio e di trasporto sono rimborsate a parte.

Rimborso analitico

L’applicazione di tale sistema prevede l’esposizione dettagliata ed analitica di tutte le spese sostenute dal dipendente/collaboratore nello svolgimento della propria

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prestazione lavorativa, nel luogo in cui è stato inviato in trasferta: l’azienda provvede al totale rimborso delle spese sostenute sulla base della nota spesa presentata dal dipendente, completa di tutti i documenti giustificativi.

Ai fini fiscali, per la prova delle spese sostenute, il dipendente deve presentare al datore di lavoro:

la nota spese (riepilogo di tutte le spese sostenute), accompagnata da ricevute, scontrini fiscali e biglietti di trasporto;

le fatture;

gli scontrini fiscali, a patto che contengano però la specificazione degli elementi attinenti la natura, la qualità e la quantità dell’operazione e l’indicazione del numero di codice fiscale dell’acquirente;

le ricevute fiscali con i dati identificativi del cliente;

la documentazione relativa al costo per la carta di credito professionale.

Relativamente ad altre spese, diverse da quelle sostenute per vitto, alloggio, viaggio e trasporto, la normativa fiscale stabilisce che non concorrono a formare il reddito del dipendente, fino all’importo massimo giornaliero di euro 15,49, elevate ad euro 25,82 per le trasferte all’estero. Si pensi ad esempio a spese telefoniche, spese di parcheggio, mance.

Lavoratore in trasferta: da non confondere col trasfertista.

Sono trasfertisti quei lavoratori che non sono inviati dall’azienda in trasferta, ma che sono tenuti per contratto allo svolgimento della propria attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi. In questo caso non vi è il carattere della temporaneità tipico della trasferta, con il momentaneo cambiamento della sede di

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lavoro causa invio presso una sede lavorativa ubicata in un altro comune.

Ciò che fa la differenza, quindi, sono i seguenti elementi, che devono sussistere contestualmente:

– la mancata indicazione nel contratto e/o lettera di assunzione della sede di lavoro, intendendosi per tale il luogo di svolgimento dell’attività lavorativa e non quello di assunzione (quest’ultimo, infatti, può non coincidere con quello di svolgimento del lavoro);

– lo svolgimento di un’attività lavorativa che richiede la continua mobilità del dipendente (ossia lo spostamento costituisce contenuto ordinario della prestazione di lavoro);

– la corresponsione al dipendente, in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di una indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, vale a dire non strettamente legata alla trasferta, poiché attribuita senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove si è svolta la trasferta.

Note

[1] Cass., ord. n. 12301, del 21.08.2003. [2] Cass., sent. n. 818, del 28.01.1987.

[3] Cass., Sez. Lav., n. 12895 del 05.09.2002. Autore immagine: Pixabay.com

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