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Benedetto XVI in missione Basilica di san Paolo, fuori le mura

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Academic year: 2022

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mondo. Giovanni Paolo II ha contribuito a far cadere la cor- tina di ferro che divideva l’Eu- ropa. Forse il nuovo pontifica- to servirà a consolidare le ra- dici cristiane di questo nostro continente, inquieto e incerto sull’eredità avuta dalla storia.

Questo obiettivo è già abba- stanza chiaro nei primi discorsi e omelie del nuovo Papa.

Ma a noi piace notare che papa Benedetto ha già aperto l’orizzonte universale e cattolico della chiesa, riprendendo la con- segna lasciata da papa Wojtyla alla fine del giubileo dell’anno 2000: “Duc in altum - Prendete il largo!”.

Continuare la missione Il 25 aprile scorso, il giorno dopo la solenne inaugurazione del pontificato nei pressi della tomba dell’apostolo Pietro, Be- nedetto XVI si è recato nella ba- silica di san Paolo fuori le mura

“per ravvivare nella fede - come egli ha detto - la grazia dell’apo- stolato”. Il Papa, sentendo come san Paolo la sollecitudine di tut- te le chiese e ricordando i viaggi missionari di papa Wojtyla, si è recato sulla tomba dell’apostolo delle genti per alimentare quel- l’amore di Cristo che ha trasfor- mato l’esistenza di Paolo di Tar- so, il quale affermava, “è l’amo- re di Cristo che ci spinge”.

Nella breve omelia che ha te- nuto in quell’occasione, Bene- detto XVI ha ricordato che la chiesa è per sua natura missiona- ria e che il suo primo impegno è l’evangelizzazione. Ha anche af- fermato che il suo compito, come successore di Pietro e di Paolo, è quello di dare continuità alla mis- sione tra le genti, “affinché la pa- rola di Dio corra e sia glorificata e il regno di Dio sia annunciato e stabilito su tutta la terra”.

Benedetto XVI ha poi ricor- dato una verità che è tradiziona- le e consueta, ma che a noi mis- sionari fa piacere sentire sulla bocca di colui che spesso è stato descritto solo come il difensore della fede, e che invece è il no- stro pastore nella fede. Ecco al- cune sue parole.

Annunciare Cristo a tutti

“All’inizio del terzo millen- nio, la chiesa sente con rinnova- ta vivezza che il mandato mis- sionario di Cristo è più che mai attuale. Il grande giubileo del duemila l’ha condotta a «ripar- tire da Cristo», contemplato nel- la preghiera, perché la luce del- la sua verità sia irradiata a tutti gli uomini, anzitutto con la testi- monianza della santità. Mi è ca- ro qui ricordare il motto che san Benedetto pose nella sua regola, esortando i suoi monaci a «nul- la assolutamente anteporre al- l’amore di Cristo».

In effetti, la vocazione sulla via di Damasco portò Paolo proprio a questo: a fare di Cristo il centro della sua vita, lasciando tutto per

la sublimità della conoscenza di lui e del suo mistero d’amore, e impegnandosi poi ad annunciarlo a tutti, specialmente ai pagani, «a gloria del suo nome». La passio- ne per Cristo lo portò a predicare il vangelo non solo con la parola, ma con la stessa vita, sempre più conformata al suo Signore. Alla fine, Paolo annunciò Cristo con il martirio e il suo sangue, insie- me a quello di Pietro e di tanti altri testimoni del vangelo, irri- gò questa terra e rese feconda la chiesa di Roma, che presiede alla comunione universale della carità”.

Grazie per la conferma Benedetto XVI ha anche ri- cordato che il secolo ventesimo è stato un tempo di martirio. E se è vera l’affermazione di Ter- tulliano che il sangue dei marti- ri è seme di nuovi cristiani, allo- ra è lecito attendersi, dice il Pa- pa, “una rinnovata fioritura del- la chiesa”, specialmente là dove essa ha maggiormente sofferto per la fede e per la testimonian- za del vangelo.

Grazie, santo padre, di averci con- fermati subito nella nostra vocazio- ne e nella nostra missione! ■

stimoli proposte per gli amici dei missionari

MOZAMBICO SIERRA LEONE BANGLADESH FILIPPINE GIAPPONE INDONESIA TAIWAN

AMAZZONIA BRASILE COLOMBIA MESSICO

CSAMCentro Saveriano Animazione Missionaria Via Piamarta, 9 - 25121 Brescia Tel. 030.3772780 – Fax 030.3772781 E-mail: giornale@saveriani.bs.it

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detentore conto per la restituzione al mittente, che si impegna a pagare la relativa tariffa

2005 giugno n.

ANNO 58°

6

Benedetto XVI in missione

Basilica di san Paolo, fuori le mura

p. GABRIELE FERRARI, sx

2005 GIUGNO n. 6

Eucaristia e missione 6 - fraternità.

La missione ha questo obiettivo: in- coraggiare gli uomini e le donne di tutti i popoli a vivere come fratelli e sorelle, nell’amore di Cristo. L’Euca- ristia è il sacramento di questa fra- ternità. Nella foto, Giovanni Paolo II abbraccia una ragazza bisognosa di conforto durante uno dei suoi viag- gi nel continente africano.

uando riceverete questo giornale, avrete già vo- tato sì - no - scheda bianca, o avrete praticato l’astensione.

Per obbedienza o per motivo di coscienza, o perché non ci ave- te capito un granché, o sempli- cemente per non premiare chi fa uso dei referendum per farsi finanziare “la spesa”.

Voto o astensione? Voto sì o voto no? Quanti sì e quan- ti no? E dopo, cosa succederà?

Ma in fondo, su cosa si vota? E poi, ha ancora valore il parere di noi cittadini? E perché non ce l’hanno chiesto il parere, prima della legge 40/2004?...

Le domande sono tante e re- steranno tali.

Noi missionari viviamo un’esperienza diversa. In Afri- ca, in America latina, in Asia i genitori procreano con natu- ralezza (anche troppo?). De- siderano i figli e li amano, co- me facevano i nostri genito- ri... di “vecchio stampo”. Noi ci preoccupiamo di come sta l’umanità. E pensiamo che i ve- ri problemi siano di altro tipo.

Miliardi di persone non posso- no acquistare le medicine bre- vettate e impacchettate ad al- to costo. Non hanno medici né ospedali a portata di ma- no. Muoiono di malnutrizio- ne e per malattie curabili, in un mondo in cui gli sprechi di

alimenti e di medicine sono di- ventati un problema. Impazzi- scono per traumi di guerra e per paura, fuggendo da un po- sto all’altro. Muoiono di debiti che non hanno contratto...

Di questi problemi della maggioranza dell’umanità si parla poco, su giornali e Tv;

alle Camere e nei Senati. Se ne parla poco anche in chiesa e nelle assemblee dei teologi e dei vescovi. Sui veri proble- mi del mondo non ci chiedo- no referendum. Se fanno leg- gi e firmano trattati, si tratta di buone intenzioni e di bel- le parole. Restano tali, nel 99 per cento dei casi. Perché poi, tutto dipende dalle strategie politiche e “dal tesoro”, che va dove lo spende... il cuore (cf Matteo 6,21).

Gli slogan echeggiati nel corso del dibattito di questi mesi hanno ben contribuito a confondere le idee e, for- se, anche le coscienze. La pro- creazione di chi? E “l’etero- loga” cosa c’entra? E l’amo- re coniugale dove va a finire?

Ma è davvero una questione di ricerca scientifica per il be- ne comune? Si parla addirittu- ra di “accanimento” per ave- re un figlio. Ma cosa vuoi ac- canirti? Non sai che il mistero della vita è ben più grande di me, di te, di tutti noi?

Conosciamo le sofferenze di tante coppie, che si sottopon- gono all’assistenza per la fe- condazione. Quanti pensieri e preghiere; quante speranze e attese; quante spese e delusio- ni... Alla fine, scelgono di amare e crescere un bambino che al- tre madri hanno abbandonato.

Per loro, tutta la comprensione e l’affetto. Ma quante volte, in- vece, è il sesso facile a rendere la fecondazione difficile?

Cosa ne dice il vangelo?

Che bello assistere alla nascita di una nuova vita! “Viene al- la luce” un figlio, un fratello, una sorella. Accogliere la sor- presa del dono e amarlo pri- ma ancora di aprire il pacco, di conoscerne il contenuto. E quant’è bella la chiesa quan- do spiega le questioni moder- ne alla luce del vangelo e invi- ta a seguire il Cristo, maestro di vita e di felicità; ...e ci lascia liberi di votare, da adulti, se- condo coscienza.

Siamo tutti stati embrioni;

ora siamo figli dell’umanità e, almeno in embrione, figli di Dio. Ma non possiamo restare congelati né diventare mac- chine per produrre embrioni da congelare per i supermer- cati della scienza. Dobbiamo affrettarci a rinascere nello Spirito e venire alla luce (cf Giovanni 3, 1-21).

Q

e n e d e t t o XVI - il no- me del nuovo Papa

ci ricorda il santo protettore dell’Eu-

ropa e possiamo essere d’accordo con un’osserva- zione che abbia- mo letto in una ri- vista italiana: che

cioè con questo Papa, la divina Provvidenza ha offerto all’Eu-

ropa un tem- po ulterio- re per la sua mis- sione sto- rica nel

p. MARCELLO STORGATO, sx

Eucaristia e missione 6 - fraterni

SIAMO O NON SIAMO EMBRIONI?

A referendum i veri problemi del mondo

Il segreto della pace

Le corse tormentate di Giuda

La missione, dono di Dio

Gita di Pasquetta di papa Benedetto

Tre pionieri saveriani

Ballarin Lino, Medici Luigi, Munari Tiberio

Per non oscurare i problemi

Martini: impariamo a vivere insieme

2 3 4/5 6

B

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Bisogna ora vincere la pace, assicurandone la stabilità in modo che mai più abbia ad essere turbata. Nessun augurio potrebbe essere più bello di questo. Ma non si dimentichi che esso resterà sempre inefficace, se nella sua attuazione non si avrà cura di por- re a base del nuovo assetto che si vuol dare alla società la carità e la giustizia, proclamate dal vangelo.

beato Guido Conforti l beato Guido crede profondamente che Gesù Cristo, con il suo messaggio e il suo progetto di vita, è capace di trasfor- mare le persone, le famiglie, la società. Terminata la prima guer- ra mondiale, il Conforti non si esalta per una vittoria ottenuta a costo di tante sofferenze, distruzioni e morti. Scrive: “Bisogna ora vincere la pace”. Fondamento sicuro e “base del nuovo asset- to” è Cristo. Cristo presente nell’Eucaristia sembra essere, per lui, l’unica via della pace; l’unica via per raggiungere la giustizia e la

fraternità.

“L’Eucaristia è il sacramento dell’amo- re, poiché in essa Cristo ha dato fondo a tutti i tesori della sua carità infinita. Dal santo tabernacolo, egli continua a ripete- re le soavi parole: questo è il mio precetto, che vi abbiate ad amare scambievolmen- te, come io ho amato voi. E noi faremo ri- suonare la sublime lezione che ha cambia- to faccia al mondo. E come potremo non amare i fratelli dopo di esserci assisi alla stessa mensa, dopo di esserci cibati dello stesso pane di vita, dopo di esserci acco- stati agli ardori della stessa fiamma di ca- rità? Sì, noi ci confermeremo sempre più nell’amore dei fratelli e ci proporremo di diffondere ovunque questa santa fiamma, questo lievito divino, destinato a far fermentare tutta la massa sociale. Noi spargeremo ovunque questo cemento indispensabile per tenere unita insie- me la compagine sociale, che minaccia di rovinare per mancanza di coesione”.

La pace deve partire dal cuore: “Abbiate la pace con voi stessi.

Al cuore deve sorridere l’iride della pace”. Dal cuore al volto; dal volto alla famiglia; dalla famiglia alla città... Un’esplosione d’amo- re, a catena!

“La vita cristiana, nutrita e corroborata dall’Eucaristia, è irra- diazione. Ma quell’irradiazione non deve rimanere circoscritta al ristretto ambiente della famiglia. È una forza irrompente che ha bisogno di un campo più vasto: dalla famiglia deve estendersi al- la società, per affermarvisi, per conquistarla, per santificarla. L’ora che viviamo, succeduta ad uno dei più grandi cataclismi che regi- stri la storia, non è lieta, non è del tutto rassicurante. Ma noi non dobbiamo temere. Noi abbiamo il segreto della vita e della risur- rezione. Noi abbiamo una forza e una sorgente soprannaturale di vita”. L’Eucaristia! E con l’Eucaristia, tutte “le pagine del vangelo, in cui Cristo vive, contengono il segreto della pace individuale e sociale, il segreto della vera felicità presente e futura”.

2

on sappiamo dove ti tro- vò nostro Signore. Certo ti aveva scelto. Per lui, come gli altri apostoli, avevi lasciato tutto. Che cosa t’aveva incanta- to nel Galileo? Che sogno aveva acceso in te, che poi ti aveva de- luso? Forse sentivi un desiderio enorme di riscatto.

Ti avevano affidato i soldi.

Non era cosa da poco procura- re il necessario e darne anche ai poveri. Raccontano che fossi la- dro. Chissà se era vero. Quando uno sbaglia gli aggiungono altri mali, come ai santi aggiungono miracoli mai fatti. Che però ti piacesse il denaro, sembra fosse vero; non foss’altro che per fa- re del bene, come quando avevi criticato lo spreco del profumo versato.

Consegnasti Gesù per dena- ro? Forse. Ma qualcos’altro era da tempo franato in te. Non riu-

offertorio: un rito rapido e scarno, ridotto quasi a nulla nelle nostre chiese. Richia- ma l’attenzione solo quando lo si arricchisce con un po’ di co- reografia: ceste di frutta portate all’altare o lampade accese che brillano nelle mani di composte danzatrici…

Ma c’è un mistero che attra- versa l’offertorio. Può l’uomo offrire a Dio qualcosa che già non gli appartenga? E allora per- ché questa pantomima di pane e vino, questa finzione di poche, piccole monete che neanche si avvicinano al valore dei due spiccioli che la povera vedova gettava nel tesoro del tempio, dando con essi veramente “tutto quanto aveva per vivere”?

L’unica nostra offerta. Quel- lo che davvero dovremmo met- tere sull’altare è un cuore pen- tito; un cuore pronto a diventare fraterno e a condividere. Un cuore che si fa attraversare da quell’amore per tutti, anche per i nemici, che si esprime nel sa- crificio di Gesù sulla croce.

Gesù dice: “Se presenti la tua offerta all’altare e ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa con- tro di te, lascia lì il tuo dono e va’ prima a riconciliarti con tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono” (Mt 5,23-24). Sono paro- le pungenti. Eppure sembra che non ci riguardino affatto. Siamo tutti persone perbene. Nessuno ha nemici. Ci teniamo tanto alla propria tranquillità!

Se ti ricordi che un tuo fra- boccone, senza guardarlo negli occhi. Bisognava decidersi. Non diceva lui stesso di fare presto?

Una lunga corsa nella notte, per le strade deserte. Notte tremen- da, notte con il cuore stregato da qualcosa che quasi s’imponeva.

Trenta monete ti accordaro- no. Poi il viaggio verso l’orto degli ulivi, l’incontro, il saluto, il bacio. Una lezione - continua- vi a dirti - lo farà rinsavire. Il suo arresto solleverà il popolo e si farà finalmente la rivoluzione.

E del resto, lui che ha risuscitato i morti, saprà liberarsi dalle loro mani...

L’arresto, invece, si era tramu- tato in condanna a morte. Il po- tere non fu scosso e il popolo era pronto a servirlo. Gesù si lascia- va impotente in balia loro. Fu l’angoscia. E il ritorno al tempio fu una corsa verso l’impossibile.

Non sapevi che il potere è cinico e ha spento per sempre i senti- menti. Eri stato una pedina e il tuo momento era passato. Hai gettato loro quel denaro e sei an- dato a impiccarti. Sei morto lo stesso giorno del Maestro. Il tuo

tormento era amore, amore tardi- vo. Non credesti che il suo amo- re per te era ancora più grande.

Non trovasti per via i compagni di un tempo. Forse non ti cerca- rono, né tu andasti a cercarli.

Giuda, tu c’insegni che il male è una cosa seria e che tutto comincia da una fede negata, da un cuore compresso, da progetti alternativi in cui gioca il denaro e che, coltivati, diventano inarre- stabili. I nostri progetti alternati- vi, più saggi del vangelo, sono la tua storia che si ripete. E c’è sempre qualcuno che per essi fi- nisce in croce.

Con la tua storia sotto gli oc- chi, possiamo capire che è ades- scivi a seguirlo. Non riuscivi a

credergli quando diceva di dare la vita come un pane da man- giare. E non si decideva mai a cominciare la rivoluzione dei poveracci. Non si può andare avanti a sentimenti - ti eri detto.

Quella sera avevi preso da lui il

Ecco, ancora, milioni e milioni di oppressi che hanno qualche cosa contro di noi, perché fi- nanziamo armi ed eserciti con versamenti in banca basati solo sul “rendimento di interessi” e privi di ogni preoccupazione eti- ca. Ecco, infine, la massa degli alienati della nostra società, che hanno qualche cosa contro di noi, perché non facciamo nulla per un’informazione e una for- mazione che contrasti la diffusa menzogna di chi ha in mano i mezzi di comunicazione e per- segue solo profitto e potere.

Noi non abbiamo nemici, ma siamo nemici di molti. La- sciamo allora la nostra offerta davanti all’altare e andiamo prima a riconciliarci con que- sta larga parte di umanità a cui togliamo la dignità e la gioia di vivere. Riconciliamoci con loro, conducendo una vita più sobria e solidale: meno sprechi e meno bisogni artificiali; consumi più consapevoli; risparmi depositati in banca etica; informazione più intelligente e critica… Program- miamo davanti all’altare bilanci familiari compatibili con quanto spetta a ogni essere umano sulla faccia della terra!

Se c’è questo atteggiamento, almeno nel cuore, allora ripren- diamo le offerte nelle nostre mani e posiamole sull’altare. Dio non vuole quelle cose lì. Vuole che chi le offre manifesti la disponibilità ad associarsi al sacrificio di Cri- sto. Egli glorifica il Padre liberan- do dal male e dalla morte tutti i fratelli e le sorelle della terra. ■ tello... Ma qui Gesù non parla

di nemici. Dice: “Se ti ricordi che tuo fratello ha qualche co- sa contro di te…”. Ecco, allora, che mentre la processione delle offerte si snoda, compaiono da- vanti a noi milioni e milioni di poveri, nostri fratelli, che hanno qualche cosa contro di noi. Con i nostri consumi smoderati e i nostri sprechi, abbiamo contri- buito a ridurli alla miseria. Ecco milioni e milioni di bambini e di giovani, che hanno qualche cosa contro di noi, perché quotidia- namente rubiamo il loro futuro, distruggendo l’ambiente e dissi- pando le risorse vitali della terra.

MISSIONE E SPIRITO

L’ICONA DELLA MISSIONE

IL SEGRETO DELLA PACE

EUCARISTIA È MISSIONE

”Se presenti la tua offerta”

FRANCESCO GRASSELLI

CHIAMATI ALLA MISSIONE

INTENZIONE MISSIONARIA E PREGHIERA DEL MESE

LA PAROLA

Prima della festa di Pasqua, mentre erano a mensa, Gesù si com- mosse profondamente e dichiarò: “In verità vi dico: uno di voi mi tradirà”. I discepoli si guardarono gli uni gli altri, non sapendo di chi parlasse. Uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavo- la al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece un cenno e gli disse: “Di’, chi è colui a cui si riferisce?”. Ed egli reclinandosi sul petto di Gesù, gli disse: “Signore, chi è?”. Rispose allora Gesù: “È colui per il quale intingerò un boccone e glielo darò”. E intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda Iscariota. E allora, dopo quel boccone, satana entrò in lui. Gesù quindi gli disse: “Quello che devi fare, fallo al più pre- sto”. Nessuno dei commensali capì perché gli aveva detto questo; al- cuni infatti pensavano che, tenendo Giuda la cassa, Gesù gli avesse detto: “Compra quello che ci occorre per la festa”, oppure che do- vesse dare qualche cosa ai poveri. Preso il boccone, egli subito uscì.

Ed era notte. Giovanni 13,21-30 so il tempo di credere. È adesso il tempo di arrestare il crescere in noi di progetti malsani, prima che il giusto sia ancora condan- nato.

Chissà da che parte sei e se hai trovato pace. Che la tua storia sia diventata Parola, vuol già dire che il male è stato vinto. Tu hai permesso al Figlio di Dio di amar- ci fino alla fine. Vogliamo crede- re che nessuno può farci davvero del male e che anche i Giuda del nostro cammino sono opportuni- tà offerte a noi per amare fino alla fine. Osiamo credere che Cristo, a vicenda finita, t’avrà ridato il ba- cio, e che tu stia ancor oggi pian- gendo di gioia. ■

Il sacramento dell’Eucaristia sia sempre più avvertito co- me il cuore pulsante della vi- ta della chiesa.

La nostra società vada in- contro, con gesti concreti di amore cristiano e fraterno, ai milioni di rifugiati che si tro- vano in condizioni di estrema

povertà e abbandono.

Le corse tormentate di Giuda

I nostri progetti alternativi al vangelo

TERESINA CAFFI, mM

L' N

Giotto: Scrovegni, Padova

p. ALFIERO CERESOLI, sx

I

Santuario Conforti, Parma Olio di Di Casola

(3)

Padre Mauro è un giovane sa- veriano bresciano, da cinque anni missionario in Colombia.

Fa un bilancio della sua espe- rienza.

embra ieri quando l’aereo atterrava a Bogotá, dopo dieci ore di viaggio. Ma cinque anni sono passati in fretta. Man- dandomi in Colombia, i supe- riori mi avevano scritto: “Ricevi questa missione come un dono che Dio ti fa”. Ho cercato di vi- vere con quest’ottica: la Colom- bia è un regalo che mi è stato fat- to. Quando si riceve un regalo, il primo sentimento è di gratitudi- ne. E io sono davvero contento di questo dono.

Colombia in bianco e nero In questi anni ho cercato di ambientarmi, di conoscere la gente e la loro cultura. Non è stato difficile. Aiutato dagli altri saveriani, sono riuscito a immer- germi in questa nuova realtà.

La Colombia è famosa per la droga, i sequestri, la guerriglia.

Non posso negare che questi sia- no problemi reali e seri. C’è però anche un’altra faccia della Co-

3

PADRE NICOLIELLO IN CIELO La sera del 15 maggio, do- menica di Pentecoste, è morto a Parma padre Domenico Ni- coliello. Era nato a Pellare di Moio della Civitella, in provin- cia di Salerno e aveva 84 anni.

Sofferente per tumore osseo, aveva dovuto lasciare la Sierra Leone, dove aveva lavorato per 36 anni. Ma è stato superiore e formatore anche in Gran Bre- tagna e in Italia. Una delle sue soddisfazioni più grandi è stata la costruzione della chiesa de- dicata al beato Conforti, nella città di Makeni, alla cui realiz- zazione hanno generosamente contribuito i lettori di “Missio- nari Saveriani”.

Padre Domenico aveva pub- blicato anche diversi libri per le comunità cristiane della Sierra Leone. L’ultima sua pubblica- zione, Una storia della diocesi di Makeni, corredato da nume- rose fotografie, l’aveva dedi- cato a Radio Maria di Makeni, dove collaborava con frequen- ti interventi, apprezzati da tut- ti gli ascoltatori. Il vescovo sa- veriano mons. Biguzzi gli ave- va affidato la nuova edizione

del libro dei canti e preghiere per la diocesi di Makeni; vi sta- va lavorando in queste ultime settimane.

Dopo i funerali, celebrati nel santuario Conforti di Parma, la salma ha proseguito per Vallo della Lucania, dove è stata tu- mulata. Padre Domenico Mila- ni, suo compagno di sacerdo- zio, al termine della Messa, lo ha salutato così: “Caro padre Nico, eravamo dodici sacerdo- ti nella nostra classe. Siamo ri- masti in tre: p. Bruno Cisco, p.

Ildo Chiari e io. Il quarto eri tu, che te ne sei andato, chiamato da Dio”. All’omelia, padre Fili- berto ha detto: “In Sierra Leo- ne siamo stati insieme per tan- ti anni. Una cosa è certa: padre Domenico era risoluto, ma non si è mai arrabbiato; mai, con nessu- no”. La mitezza è una beatitudi- ne del regno dei cieli. ■

LA GITA DI PASQUETTA DI PAPA BENEDETTO A Fiumicino non c’è solo l’ae- roporto romano Leonardo Da Vinci. Ci sono anche interessan- ti siti archeologici, tra cui i por- ti imperiali di Claudio e Traia- no, immersi nel verde della ve- getazione sulle foci del Tevere.

Bene. Chi avrebbe pensato che il giorno di Pasquetta - lunedì 28 marzo 2005 - a fare la “gi- ta fuori porta” ci sarebbe sta- to anche il cardinale Joseph Ra- tzinger? Eppure, tra gli illustri visitatori c’era proprio lui. Nel- la foto, in un momento di pau- sa, con Ezio Pietrini e Rosalba Mengoni. L’altra sorpresa sta nel fatto che Rosalba è nipote di padre Franco Lizzit, saveria- nimento vocazionale.

Non è un compito facile. A volte i giovani non sono spin- ti da motivazioni di fede. La vi- ta missionaria può diventare un rifugio per uscire da una situa- zione familiare difficile, dove manca il lavoro, dove soldi per studiare non ci sono... La sfida è aiutare i giovani a fare un cam- mino serio per scoprire ciò che Dio vuole per ciascuno di loro.

Che sofferenza dover dire a un ragazzo che la vita missionaria non è la sua vocazione!

Momenti belli e difficili Tante persone vengono a par- larmi della loro vita, della loro sofferenza e delle loro gioie. Al- lora sento che vale la pena esse- re qui; la mia presenza acquista valore. Quanti incontri in questi anni!

L’altra sera è venuto a cercar- mi Edwin, un giovane di 18 anni.

Non lo vedevo da quando aveva ricevuto la cresima. Mi racconta che non sa più cosa fare con sua madre. Tutti i sabati torna a casa ubriaca. Il padrastro è stanco di questa situazione e vuole lasciar- lombia di cui si parla poco. È la

Colombia della gente semplice e umile, che lavora come matti dalla mattina alla sera, per tro- varsi a fine mese con un salario da fame. C’è la Colombia delle persone che prendono sul serio il messaggio del vangelo. Con loro cerchiamo di camminare, come compagni di viaggio, seguendo il Maestro. Che bello celebrare l’Eucaristia con la chiesa piena di gente giovane che cerca di se- guire il Cristo vivo e presente. Ti coinvolgono con il loro calore ed entusiasmo. Ti senti - e loro stes- si ti fanno sentire - uno di loro.

Lavoro con i giovani Il mio arrivo in Colombia è coinciso con un momento di cambiamento interno. Nei primi 25 anni, i saveriani hanno cerca- to soprattutto di costruire e ani- mare le comunità parrocchiali.

Ora dedichiamo le nostre ener- gie soprattutto all’animazione missionaria e vocazionale. Que- sta è stata la mia attività. Visito le scuole e i gruppi parrocchiali per proporre ai giovani la nostra vocazione missionaria. Faccio con loro un cammino di discer-

La missione, dono di Dio

Racconto dell'esperienza in Colombia

p. MAURO LODA, sx

la. Lui vuole aiutarla, ma non sa cosa fare. Mi chiede se sono di- sposto a parlare con lei. Gli dico di sì. Dopo mezz’ora arriva tutta la famiglia: la mamma, Edwin e July, l’altra figlia minore. È stato un momento pieno di emozione.

Da una parte i figli che piangen- do chiedevano alla mamma di smetterla di bere, che a trent’an- ni sembrava una donna di qua- ranta... E la mamma in lacrime, che chiedeva scusa ai figli e pro- metteva di lasciare questo vizio.

Incontri come questi lasciano un segno nell’animo.

Non mancano le difficoltà. A volte è difficile capire il modo di pensare della gente. Un esem- pio. L’anno scorso, avevo orga- nizzato un torneo di calcio, ma non ho potuto terminarlo. Si so-

no picchiati e presi a pugni. E l’arbitro - un giovane della par- rocchia - si è appiccicato a me, chiedendomi che non lo lascias- si solo, altrimenti l’avrebbero ammazzato. Sono rimasto senza parole nel vedere tanta violenza.

Ho dovuto chiamare la polizia.

Non organizzerò più un campio- nato di calcio!

Ringrazio Dio per il dono Ecco un po’ della mia vita in questo paese, così contradditto- rio. E io continuo a ringraziare Dio per il dono che mi ha fat- to di questa gente. La realtà è complessa e difficile. Ma non mi stancherò mai di dire che gli aspetti positivi sono molto più grandi. So di poter contare sulle vostre preghiere. ■

APPUNTI DI SPIRITUALITÀ MISSIONARIA /5 Cominciamo: ”dov'è tuo fratello?”

Dio ci domanda: “Dove sei?”. Immaginiamo di rispondere bene: “Ecco, sono pronto a fare quello che tu vuoi; non con le mie forze o per il piacere personale, ma con le tue forze e per la tua gioia”. Dio sarebbe contento di sentirsi dire così.

E allora ecco la prima lezione, che è un’altra domanda: “Do- v’è tuo fratello?”.

Sappiamo da quale storia viene questa domanda; sappia- mo quello che è avvenuto prima e il dialogo che è seguito.

A noi importa la domanda. È una domanda importante. La fa un personaggio che più grande non si può. E non si può scappare dalla risposta, anche perché lui la sa già...

Questa domanda ci mette in crisi. Pensavamo di avere solo alcuni fratelli e sorelle, e che altri non lo fossero. Ma Dio è implacabile. Fa una domanda quasi senza limiti. Ci costringe ad andare a cercare il fratello e la sorella, altrimenti non pos- siamo rispondere, non possiamo presentarci a lui.

Pensa, questa domanda è scritta sulla porta della chiesa!

Se non porti il fratello o la sorella, non entri. È terribile. Dio perfino si adira con noi! Sembrava così semplice entrare in chiesa, trovarmi finalmente in pace, nella quiete della mia amicizia con il Padre... Adesso scopro che se non sono insie- me con i miei fratelli e sorelle, non mi conosce, mi chiude in faccia la porta di casa.

Questa domanda ci fa entrare nel cuore di Dio, che ha me per prendersi cura dei suoi figli e figlie, che sono i miei fra- telli e sorelle. È la domanda di un padre preoccupato. Sem- bra dirci: vi avevo mandati a giocare insieme e adesso torni solo tu? Dov’è tuo fratello?

Questa domanda ci fa entrare in noi stessi. Ci fa scoprire la nostra identità, che non è completa senza il mio fratello. Se torno solo davanti a Dio, non sono più io. Lui mi vede solo insieme. Il mio fratello è parte di me e io sono parte di lui.

Che fare? Devo scoprire chi è, dove sta il mio fratello. In particolare, il non-ancora cristiano, lo straniero, chi non sa che Dio lo ama. Devo tenerlo d’occhio, non perderlo di vi- sta. Se no, sono perduto anch’io. E quando mi presento a Dio, devo essere in grado di dargli la risposta che si atten- de: “Papà, ecco il mio fratello. È qui, nel mio cuore. So chi è, l’ho trovato. Adesso è un po’ perso, ma vedrai che viene a casa subito. Ti prego per lui, ogni giorno. Cosa potrei fare ancora per lui?”.

Questa prima lezione è... un compito per casa; anzi, per poter andare a casa. Ascoltare nel cuore la domanda che Dio mi fa e dargli la risposta che si attende: presentargli i fratelli e le sorelle che abbiamo scoperto sono nostri, affidati a noi perché li portiamo a lui. Parlargliene ogni giorno nella pre- ghiera e chiedergli cosa ci suggerisce di fare più concreta- mente per loro. Certo, la spiegazione della domanda non è mai forte come la domanda stessa: “Dov’è tuo fratello?”.

SCUOLA DI MISSIONE

S

no friulano. Rosalba ha “guida- to” il cardinale nella visita agli scavi: “Sono rimasta impressio- nata ed entusiasta per la sua semplicità e dolcezza. Alla fine della visita, salutando tutti e ringraziando, ci ha chiesto una preghiera”. ■

ANIMATORI IN AFRICA I saveriani e le saveriane che lavorano in Africa come anima- tori vocazionali si sono riuniti a convegno dal 18 al 23 aprile, nella casa saveriana di Bujum- bura, in Burundi. Vi hanno par- tecipato 18 missionari dal Bu- rundi, Camerun e Ciad, Congo e Sierra Leone. Ha guidato il convegno il consigliere genera- le p. Romano Vidal. È stato con- fermato l’impegno di fare ani- mazione vocazionale in Africa, dove i saveriani hanno annun- ciato il vangelo, formato comu- nità cristiane e dato la vita, an- che fino al martirio. I saveriani in Africa hanno la comunità del noviziato a Kinshasa nel Congo e la comunità della teologia a Yaoundé in Camerun. ■

p. FABRIZIO TOSOLINI, sx

Padre Domenico Nicoliello

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tasca! Aveva solo 15 cruzeiros e al taxista dovette darne 11; gliene restavano anco- ra quattro per fondare la succursale dello Csam a San Paolo.

Brasile, in cerca di un piede a terra

Doveva imparare la lingua. Una bella impresa, a contatto con quei missionari che parlavano mettendo insieme dialetto veneto e parole portoghesi storpiate. Dopo un anno, con il suo poco brasiliano, si recò a San Paolo e chiese al vescovo che gli desse una parrocchia in città, nella quale fare da coadiu- tore, tanto per avere un piede a terra. Arrivato in parrocchia, il prete non lo fece nemmeno entrare in casa perché, disse,

“qui ci sono 45mila ucraini e voglio un prete che sappia la loro lingua”. Padre Luigi tornò al centro città quando era già l’imbrunire. La curia era chiusa; i soldi che aveva in tasca se ne erano andati quasi tutti in corriere e trenino…

Capitò davanti a una chiesa dei cappuccini. Chiese ospi- talità, ma avevano solo bugigattoli per i barboni: una lurida stanza e il tormento delle zanzare fu la prima accoglienza.

Dopo otto giorni gli venne indicata un’altra parrocchia, dove finalmente poté posare il piede e il capo: una casetta povera, con le stanze aperte a tutti i venti; mancava il soffitto e il tetto era semplicemente posato sui muri. Anche il cibo era scarso;

sempre riso e fagioli e un po’ di carne, solo la domenica. In compenso, c’era molto da fare. La parrocchia aveva 40.000 abitanti e il vecchio parroco non faceva granché.

Dopo questo noviziato, durato circa un anno, p. Luigi si diede dattorno a cercare una parrocchia indipendente, do- ve si potesse fondare la famosa succursale dello Csam. A settembre 1955, riuscì ad acquistare una vecchia casa alla periferia di San Paolo, Villa Mariana, e dare inizio alle sue attività. C’era con lui, a dargli una mano, il fratel Angelo Dalla Valle.

Padre Luigi fece arrivare dall’Italia 20.000 rosari missiona- ri. Erano molto richiesti e furono una risorsa per vivere. Fece arrivare gli stampi per fabbricare statuette di plastica di vari santi. Anche questa fu un’attività positiva, e diede occasione a fondare il primo nucleo di una scuola professionale. Iniziò anche una rivistina missionaria, in collaborazione con gli altri istituti. Ma non ebbe successo, perché allora, nel 1955-60, il 75 per cento della popolazione non sapeva leggere. Ma già le cose andavano meglio...

I primi seminari saveriani in Brasile

Quando l’attività parve ben avviata, dallo Csam di Parma gli fu mandato un saveriano a sostituirlo, e padre Luigi tornò in Italia. Ma il superiore del Brasile, p. Giulio Barsotti, insistette per averlo con sé, per fondare il primo seminario saveriano a Curitiba, per accogliere ragazzi delle ultime classi elementari e prepararli alle scuole medie.

Il seminario, aperto nel 1959 presso la casa parrocchiale, ebbe subito 24 alunni. Padre Luigi instaurò un clima di fami-

glia che restò il modello per le realiz- zazioni successive. Anche queste toc- carono a lui. Fondò un pre-seminario a Laranjeras e un altro a Norte Velho:

uno al sud e l’altro al nord dello stato del Paranà. Naturalmente padre Lui- gi continuava anche a fare il parroco missionario. Ed era la cosa che più gli piaceva.

In archivio, con il cuore a rischio La storia dovrebbe continuare con le vicende della sua vita apostolica. Lo spazio non me lo consente. Lascio ad altri l’interessante racconto. Ricordo solo che, alcuni anni fa, padre Luigi dovette sottomettersi all’operazione di by-pass alle coronarie, e che, in se- guito, fu consigliato di venire in Ita- lia per una seconda operazione. Ma i dottori la ritennero troppo rischiosa e si accontentarono di una coronografia angioplastica, cioè di una specie di pulitura delle vene per mezzo di un catetere.

A ottant’anni passati, pur sapendo di essere sempre a rischio, p. Luigi chiese di ripartire per la missione e di render- si utile, riordinando l’archivio dei pri- mi 50 anni di presenza saveriana nel Brasile meridionale, di cui egli è stato testimone e protagonista. ■ uigi Medici è entrato nell’istituto saveriano il 28 agosto

1941. Veniva dal seminario di Marola, Reggio Emilia.

Studiava già teologia, quando sentì il richiamo delle missioni.

Ne parlò al suo vescovo, mons. Bretoni, e questi, pur pro- vando dispiacere di perderlo, sentendo che voleva entrare tra i saveriani, disse semplicemente: “Se lo vuole il mio amico Conforti, non posso certo dirgli di no”. Mons. Conforti era morto nove anni prima, il 5 novembre 1931; ma la stima e l’amicizia del vescovo Bretoni non si erano spente.

Luigi era nato il 13 gennaio 1920 a Sassuolo, provincia di Modena, ma diocesi di Reggio. Quando entrò nell’istituto aveva 21 anni. Fu consacrato sacerdote il 29 giugno 1945, sessant’anni fa.

L’unico saveriano con la “partita doppia”

Sessant’anni colmi di attività, a gloria di Dio e per il bene del prossimo. Quest’anno ricorre anche il suo cinquantunesi- mo anno di presenza in Brasile. Ma procediamo con ordine.

Divenuto prete fu incaricato di amministrare l’ufficio stam- pe dei saveriani. Gli venne buono il corso di ragioneria, com- putisteria e pratica commerciale che aveva frequentato prima di entrare in seminario. Tra l’altro, era l’unico a sapere che cosa fosse la “partita doppia” in amministrazione. Padre Lui- gi non si accontentò di fare i conti, ma creò anche la prima organizzazione per la schedatura degli abbonati e la spedizio- ne delle riviste.

Viste le sue doti organizzative, il p. Callisto Vanzin, allora direttore dello Csam, centro saveriano di animazione missio- naria, gli chiese di andare in Brasile a fondarvi una succursale.

Partì il 21 novembre 1954. Fece il viaggio in aereo, su un quadrimotore a elica. Impiegò 13 ore ad arrivare in Brasile e poi altre 33 ore su un vecchio DC 3 per arrivare a Curitiba, nello Stato di Paranà, dove i saveriani si trovavano da un anno e mezzo. Dall’aeroporto alla casa dei saveriani fu necessario prendere un taxi: chissà se gli basteranno i soldi che aveva in

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er la mia vocazione sono debitore a mia madre. Credo che molti missionari e sacerdoti possano confermare questa semplice verità. Mia madre andava a Messa e faceva la comunione tutti i giorni. Tutti i giorni pregava Dio affinché almeno uno dei suoi figli diventasse sacerdote. Difficile che una preghiera così non venisse ascoltata. La “sorpresa” sta solo in questo: non il più buono, ma il più biricchino ha potuto realizzare questo desiderio di madre.

La formazione centrata sull’Eucaristia

Sono debitore anche ai formatori della scuola apostolica di Vicenza. Hanno sempre dato molta importanza all’Eucari-

stia, testimo- niandone la priorità e la centralità nel- la nostra for- mazione. Na- turalmente, l’ispirazione veniva dalla casa madre di Parma, dal nostro Fon- datore, dal- l’esempio dei nostri missio- nari in Cina.

La Messa era alle 6,30 del mattino.

Abitualmen- te la celebra- va il servo di Dio padre Pietro Uccelli, che era il nostro rettore. Il Fondatore racco- mandava sempre ai suoi missionari: “Celebrino con cura ogni giorno la santa Messa... il pane dei forti e l’alimento della vita apostolica”. I missionari della Cina ci raccontavano dei grandi sacrifici che dovevano compiere per mantenersi fedeli alla Messa quotidiana. A volte dovevano celebrare alle 4 del mattino, prima di mettersi in viaggio per visitare le comunità

GRAN TIFOSO DELLA MARANELLO

Pedrengo (BG) 1945. Mi appare la figura di un giovane mis- sionario, con un gran barbone, che subito scambio per un san Paolo redivivo, soprattutto quando in inverno si avvolgeva in quel grande mantello nero per difendersi dal freddo. Una voce baritonale valida, tanto da far fronte nel coro a una ventina di voci bianche che cantavano la missa cum jubilo di Vittadini.

C’era da rimanerne ammirati e da farti sognare: anch’io, un giorno, sarò come lui... Come padre Luigi Medici.

Le sfide apostoliche cominciano presto per p. Luigi, in Italia e soprattutto in Brasile.

Ma la sfida più difficile della sua vita missionaria, sempre vissuta da pioniere, è stata quella del cuore, che pareva non voler reggere a tanta fatica. Invece, anche quella è stata costantemente tenuta sotto controllo. Ma a una condizione pesante: l’obbligo di rinunciare per sempre a guidare la macchina, lui così appassionato e tifoso della rossa di Maranello. Così, tra i missionari, sono finite le sfide a chi raggiungeva le località più distanti in meno tempo! Sconfitto, questa volta?

No, padre Luigi non cede. Si siede al volante del computer, con i suoi quasi ottant'an- ni. Frequenta i corsi per diventare “esperto” nell’uso di questo strumento che lo vede impegnato a tutt’oggi. Sta mettendo in piedi un archivio bene organizzato di tutta la storia della presenza saveriana in Brasile, da fare invidia. Lavoro minuzioso, nascosto e fedele, anche quando scopre qualche critica alla sua attività giovanile in Brasile. Mi dice:

“Vedi Lao, per quanto tu abbia cercato sempre di aver fatto del tuo meglio, qualcuno avrà sempre da ridire”.

E allora l’unica vera ricompensa alla tua vita religiosa e missionaria, anche tu, come quel santo apostolo Paolo, aspettala solo da colui che ti ha chiamato e che tu hai cercato di servire, come sacerdote e missionario, fedelmente per sessant’anni.

SEMPRE IN PRIMA LINEA, SENZA SOLDI

Un saveriano pioniere, messo in archivio

p. AUGUSTO LUCA, sx

LO DEVO A MIA MADRE

Pregava ogni giorno affinché…

P

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MEDICI P. LUIGI, MODENESE

SESSANT'ANNI E SONO ANCORA CON NOI

A MESSA TUTTI I GIORNI

Ero il quinto di sette fratelli. Dalle seconde nozze di mio padre, abbiamo avuto altri quattro fratelli. Sono entrato nella scuola apostolica dei saveriani di Vicenza nel 1931. Era rettore il servo di Dio p. Pietro Uccelli.

Nel 1943, due anni prima di essere ordinato sacer- dote, ricordo di aver scritto alle mie due zie, sorelle di mamma, perché mi raccontassero qualcosa della vita giovanile di mia madre. Io non avevo potuto conoscer- la bene, perché era morta giovane.

Mi hanno assicurato che mamma era un’eccellente catechista nella scuola parrocchiale di San Pietro in Gù (Padova), sotto la guida di don Beniamino Socche, fu- turo vescovo di Reggio Emilia. La domenica faceva ca- techismo alle bambine della parrocchia. Era stata no- minata ministro del terzo ordine francescano. Tutte le mattine faceva tre chilometri di strada per andare fi- no alla chiesa parrocchiale per partecipare alla Messa, unendosi ad altre sue compagne per fare la strada as- sieme. Anche dopo il matrimonio, non lasciò mai que- sta buona abitudine.

Nonostante il tanto lavoro che aveva all'ufficio po- stale di cui era responsabile, per la presenza di migliaia di soldati che andavano e venivano dal fronte, e no- nostante avesse una famiglia numerosa e il marito im- pegnato al fronte, la Messa del mattino e la visita al Santissimo la sera, dopo le ore di lavoro in ufficio, fu- rono per lei l’alimento, la forza e la consolazione quo- tidiane.

Il 15 luglio 1943, festa della Madonna del Carme- lo, ho celebrato la prima Messa in paese, accolto dalla gente, orgogliosa del suo primo missionario nella sto- ria della parrocchia. Nel pomeriggio, dopo il canto del vespro, siamo andati al cimitero per portare i fiori sul- la tomba di mia madre, alla quale io devo tutto il mio sacerdozio.

TRE PIONIERI DELLA MISSIONE SAVERIANA

pagina a cura di p. MARCELLO STORGATO, sx

aro padre Lino, il giorno in cui scriverò un libro su di te, lo intitolerò L’elogio della penombra. Sì, perché me- riti ampiamente che si scriva un libro su di te, e non solo un articolo come questo. E al pittore che volesse dipingere un quadro su di te, suggerirei questa composizione: di ritrarti in piedi, con un libro in mano, all’ombra di una antica quercia, gli occhi rivolti verso un lontano paesaggio che si apre all’in- finito davanti a te.

Non ho molti ricordi di te, prima di averti incontrato sulle montagne del Kivu, in Congo. Tentavamo, assieme, di muo- vere i primi passi per impadronirci della lingua e della storia della gente alla quale eravamo stati inviati come missionari.

Avevi fatto studi seri all’ università Gregoriana di Roma dove, nel 1961, hai conseguito una brillante laurea in storia ecclesia- stica e avevi insegnato storia nella nostra scuola teologica. Gli studenti ricordano di te la chiarezza nell’esporre la materia, condita dal tuo tipico sorriso, che hai bellissimo, e che rende- va il tuo insegnamento gradevole.

I ricordi: un cavallo, le angurie, i genitori Prima, però, di passare a ricordare la tua attività come mis- sionario e come conservatore del museo saveriano di Parma, lascia che io rievochi alcune scene alle quali hai assistito, da ragazzo, e che sono rimaste impresse nella tua mente di ve- gliardo smemorato, per un loro antico sapore di casa tua.

Ti ricordi Lino? Quel cavallo imbizzarrito aveva lasciato la stalla e correva all’impazzata lungo le vie del paese e il suo padrone lo rincorreva, brandendo una fetta di polenta: fu solo quest’esca a frenarne la corsa, fra le grida di tripudio tue e della gente. O quando, nel campo delle angurie mature, assieme a tuo cugino, facevate i custodi di queste preziose cu- curbitacee e scoppiò quell’infernale uragano che vi costrinse a ripararvi nel “casotto” e a impedire che fosse divelto dalla furia della tempesta, aggrappandovi ai due pali che lo soste- nevano. Fu così che tuo padre, arrivato in bicicletta, appena cessato l’uragano, vi ritrovò sani e salvi.

Ma il ricordo, sul quale ritorni tante volte, è quello dell’im- patto che hanno avuto i tuoi genitori nella tua inclinazione alla letteratura e alla storia. Ricordi la “passione” di tua mamma (morta a 92 anni!) per la lettura dei romanzi alla quale si dava fin da ragazza, al lume di candela, di notte, quando era a ser- vizio. E poi le serate d’inverno, attorno al fuoco, e ti incantavi ascoltando le gesta eroiche che tuo padre ti leggeva, mentre la mamma faceva la calza!

E poi? E poi, quante cose! Il tuo arrivo nella casa apostolica di Vicenza (il 26 novembre 1931), i tuoi studi brillanti, e le altre tappe della vita, fino alla data del tuo sacerdozio, il 29 giugno 1945, sessant’anni fa.

Grande esperto del popolo “lega”

“La nave sospirata”! Beh, non era proprio una nave, ma un grosso mercantile che faceva rotta verso l’Africa, partendo da Genova. Era il 28 novembre 1961. Fratel Guglielmo Saderi era tuo compagno di viaggio. Costeggiando l’Africa, passan- do per il canale di Suez, avete avuto l’occasione di fare vari scali che vi hanno dato modo di “assaggiare” un po’ d’Africa.

Come quando, entrando in una chiesa, ti sei accorto, con stu- pore, che il sagrestano passeggiava nel sacro edificio a piedi nudi! Ma, caro Lino, chi era, a quell’epoca, l’africano che non viaggiasse scalzo? Tra i compagni di viaggio, c’era un illustre entomologo tedesco che, ad ogni scalo, scendeva a terra e an- dava a caccia di farfalle che poi infilava nel suo raccoglitore.

Sai, Lino: viaggia chi può e cerca quello che vuole.

L'ELOGIO DELLA PENOMBRA

Lettera aperta a p. Lino Ballarin

C

cristiane lontane.

L’altro impegno sacro, intoccabile e infallibile era l’ora di adorazione del giovedì. Il Fondatore era inflessibile e seve- ro su questo. Non ha mai permesso che si accorciasse o si omettesse, neppure nei mesi più caldi dell’estate. Era sempre un’ora intera, di sessanta minuti, anche per noi ragazzi. Se- guiva sempre la stessa struttura, con la recita delle quattro preghiere missionarie: per i saveriani, per le vocazioni mis- sionarie, per il dono della perseveranza, per la famiglia mis- sionaria dei benefattori.

A luglio, terminato l’anno scolastico, si celebrava la “festa eucaristica”: una giornata dedicata all’Eucaristia, che termi- nava con la processione, portando il Santissimo in ogni luo- go della casa: le porte d’ingresso, le varie stanze, le aule di scuola e il cortile. Per noi studenti era una cosa che ci faceva emozionare. Tutto questo è continuato per tutti gli anni della nostra formazione saveriana, durante il noviziato a San Pietro in Vincoli, durante gli studi di filosofia e di teologia a Parma.

Ricordiamo tutti le belle riflessioni eucaristiche fatte dal com- pianto p. Callisto Vanzin.

Quello che abbiamo imparato da giovani…

I quattro anni di studi teologici furono quattro anni di guer- ra. Erano più le ore di scuola che perdevamo a causa dei bom- bardamenti di quelle che frequentavamo. Nel 1944, mentre eravamo nella casa di Capriglio, sugli Appennini, la notte del 2 luglio noi teologi siamo stati catturati dai tedeschi che ci avevano presi per partigiani. Fortunatamente, siamo sta- ti liberati per l’intervento del vescovo di Parma e dei nostri superiori.

Nella primavera del 1944, il vescovo di Parma mons. Evasio Colli, ordinò sacerdoti i saveriani del quarto anno, nella chiesa del seminario. Nel pieno della cerimonia, suonarono le sirene;

sulla città piombarono i cacciabombardieri nordamericani. Il vescovo non si lasciò intimidire, ma disse: “Prego Dio che casomai cadano delle bombe qui, in questo momento, piut- tosto che voi siate infedeli al vostro sacerdozio!”. Degli otto che furono ordinati, di cui quattro sono già morti, tutti sono rimasti fedeli al loro impegno.

L’anno seguente, nel 1945, fu ordinato in cattedrale il nostro gruppo di nove saveriani. Era al mattino presto. Siamo andati e tornati, come se fosse stato un qualsiasi giorno di scuola. Quasi nessun familiare era lì per accompagnarci. Dei miei, che erano lontani, nessuno. Per di più, la maggior parte delle ferrovie erano fuori uso per la guerra che stava per terminare.

Quello che abbiamo imparato da giovani è stato molto im- portante per noi. Poi, siamo quasi vissuti di rendita. Grazie a Dio e a questa formazione, sono ancora qui a celebrare l’Euca- ristia, “il sacramento più salutare di tutti”. ■ MUNARI P. TIBERIO, PADOVANO

BALLARIN P. LINO, VERONESE

p. TIBERIO MUNARI, sx

re saveriani pionieri, ognuno a modo suo: il mantovano padre Luigi Medici, il veronese padre Lino Ballarin, il padovano padre Tiberio Munari (nelle foto).

Perché dedicare a loro due pagine del giornale? Perché è bello ricordare quello che sono stati e sono tutt’ora: una memoria vivente di un bel pezzo di storia e di vita missionaria, laboriosa e genuina, della nostra famiglia saveriana.

Padre Medici è stato pioniere nelle missioni saveriane del Brasile meridionale, specialmente nella pastorale vocaziona- le, per giovani aspiranti alla vita missionaria come saveriani; pioniere anche nella preparazione e diffusione di strumenti adatti per l’animazione missionaria nella chiesa brasiliana.

Padre Ballarin è, in assoluto, il pioniere nell’evangelizzazione del popolo lega, in Congo, di cui ha studiato in profon- dità la cultura e le tradizioni; nel museo saveriano di Parma ha curato soprattutto il meraviglioso reparto etnografico, con oggetti provenienti da tutte le missioni saveriane.

Padre Munari è stato fondatore delle case apostoliche di Udine e di Brescia, iniziatore della presenza saveriana in Spagna, pioniere del centro Xavier di animazione missionaria in Messico e fecondo scrittore di libri e sussidi missionari in lingua messicana.

Ai tre pionieri viventi dedichia- mo queste pagi- ne. Ma rievochia- mo anche gli altri sei “compagni di viaggio”, ordinati sacerdoti il 29 giu- gno 1945. Sono p.

Cannizzaro Aurelio, p. Morandi Giusep- pe, p. Noaro Pietro, p. Sella Guerrino (già passati in cielo), Accarini Lino e Gar- dini Walter. ■

L T

p. LAO PIROLA, sx

Foto archivio Missionari Saveriani

p. TIBERIO MUNARI, sx

Dopo pochi mesi passati nella piana, vicino ad Uvira, sei stato inviato nell’Ure- ga, a 1.400 metri di altitudine. Fu allora che ti incontrai sul suolo benedetto della missione, ove io ero giunto un anno prima di te. Sei stato missionario a Mwenga, Ki- tutu e Shabunda, ma sempre nel territorio abitato dal grande gruppo etnico dei lega.

È una popolazione di ricche tradizioni, con un patrimonio religioso importante, e un carattere aperto.

Tu ne sei diventato un attento studioso e noi conserviamo nel nostro archivio vari manoscritti sui lega, accompagnati da una ricca documentazione fotografica. Non posso dimenticare le due pubblicazioni nella collezione “Favole dall’ Africa” (edi- zioni EMI 1986, 1988) dovute alla tua qualità di favolista e alla ricerca delle fonti, quando hai passato ore ed ore a interrogare i vecchi africani perché ti facessero il “regalo” di una loro fiaba, ricca sempre di profondo contenuto etico.

Assiduo conservatore al museo saveriano Dopo vent’anni in missione (dal 1961 al 1981), sei stato no- minato conservatore presso il museo d’arte cinese ed etnogra- fico dei saveriani di Parma. Hai lavorato con assoluta fedeltà al tuo impegno. Hai accompagnato migliaia di visitatori. Hai compilato il primo inventario del museo, che è servito come base ai tuoi successori per catalogare tutte le opere conservate.

Hai poi curato la collezione degli oggetti africani, che ora è la sezione africana del museo, ricca di otre 4.000 pezzi, inclusi quelli dei tuoi amici lega. Sono stati 14 anni di

lavoro paziente ed oscuro, all’ombra di per- sonaggi più celebrati di te.

L’impegno al museo d’arte non ti ha impedito di proseguire la tua attività di ricercatore e scrittore. Menziono il tuo studio di analisi critica delle Costituzioni saveriane di mons. Conforti, con il testo prezioso Storia di un proget- to (EMI, 1993). Lo spazio non mi permette di citare le tue altre pubblicazioni (una quindicina di titoli) con traduzioni dall’ingle- se e dal francese.

Caro padre Lino, queste quat- tro righe le ho scritte più come amico che come storico. Pen- so a te con gioia perché ho avu- to la fortuna di incontrarti, prima in missione e poi qui a Parma, nel la- voro comune al museo. Ho scoperto che il Signore ti ha dato un cuore pro- fondamente buono. I sessant’anni del tuo sacerdozio sono i testimoni di una lunga e amorosa fedeltà alla tua voca- zione. ■

Padre Tiberio osserva incuriosito un mo- dellino di veliero che gli è stato regalato per il compleanno

Padre Luigi nella parrocchia Santa Marina di San Paolo in Brasile tiene in mano il quadro che gli è stato donato per il 60° di sacerdozio

Padre Lao Pirola

Padre Lino mostra il libro di favole africane che lui stesso ha scritto p. Ballarin Lino

p. Medici Luigi p. Munari Tiberio

p. DOMENICO MILANI, sx

Padre Tiberio, alle prese con la sua vecchia Olivetti, autore di molti libri di animazione missionaria in Messico

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Radio e tv per evangelizzare

Padre Gianni Abeni, neo di- rettore di “radio Terra nuova”

in Ciad, ha recentemente affer- mato: “Ai poveri non basta dare cose. Bisogna dare idee, valori, incoraggiamenti. Attraverso la radio noi aiutiamo la gente a ca- pire, conoscere e crescere come persone responsabili del loro fu- turo. Questa è la “buona notizia”

per i poveri”.

Ecuador: pillole radiofoni- che. Le pontificie opere missio- narie dell’Ecuador hanno prepa- rato brevi messaggi radiofonici d’animazione missionaria per informare, formare e animare il popolo. Queste “pillole” del- la durata di un minuto, conten- gono un messaggio breve e in- cisivo sulle attività missionarie della chiesa, con testimonianze di missionari, riflessioni e pre- ghiere. L’iniziativa, avviata nel 2000, sta avendo successo an- che nelle altre nazioni dell’Ame- rica latina. In Ecuador, 59 radio cattoliche e laiche trasmettono ogni giorno questi brevi mes- saggi missionari.

India: TV cattolica. Si chia- ma “Shalom Television” (Tele- Pace) ed è la nuova televisione cattolica che da tre mesi ha ini- ziato le trasmissioni dal Kerala, stato dell’India meridionale. La Tv trasmette in malayalam, la lingua locale parlata dalla mag- gior parte della popolazione del Kerala. TelePace risponde al de- siderio della popolazione di ave-

Per non oscurare i problemi

che sono venduti come schia- vi per fini sessuali e di persone povere e vulnerabili. Il turismo del sesso si è rilevato la princi- pale forza motrice del traffico di esseri umani, che rende alle reti criminali dai 7 ai 10 miliardi di dollari all’anno.

Anche Benedetto XVI, par- lando ai vescovi dello Sri Lanka in visita, ha detto: “troppo spes- so i bambini sono dimenticati o sfruttati come soldati, lavoratori, o diventano vittime del traffico di esseri umani. Nessuno sfor- zo va risparmiato per spingere le autorità civili e la comunità internazionale a lottare contro questi abusi e ad offrire ai bam- bini la protezione legale che giu- stamente necessitano”. ■ istruzione sostenuti dall’Unicef.

La Spagna ha cancellato il de- bito argentino a patto che Bue- nos Aires investa l’equivalente nell’istruzione. L’Italia, meno generosa, resta a guardare.

Uganda: bambine soldato.

La piaga dei bambini soldato re- sta aperta. Anche le bambine su- biscono la stessa sorte. Vengono rapite a 7-8 anni e sono impiega- te come sguattere, costrette a cu- cinare, a raccogliere legna e ac- qua per i guerriglieri. In genere non subiscono abusi sessuali, ma una volta raggiunta la pubertà, sono costrette a “sposare” uno dei capi della guerriglia. La con- dizione delle “mogli” dei guer- riglieri è triste. Le ragazze che riescono a fuggire e tornano nel loro villaggio sono guardate con

Le vittime più deboli

Dal sud del mondo spesso giungono notizie negative, che rivelano problemi cronici. Ci di- spiace, ma crediamo sia neces- sario parlarne con i nostri lettori perché non è giusto che i fatti di cronaca nera dei nostri TG oscu- rino sempre situazioni e fatti che accadono nel nostro mondo.

Scuola: bambine escluse.

L’ultimo rapporto dell’Unicef rivela forti diseguaglianze nel- l’istruzione. A rimetterci sono le bambine. Carol Bellamy, di- rettore dell’Unicef, ha dichiara- to: “una bambina esclusa dalla scuola è più facile preda dell’Ai- ds e ha meno possibilità di crea- re una famiglia sana”. In Medio Oriente, nord Africa, Africa cen- tro-occidentale e Asia meridio- nale sono poche le bambine che vanno a scuola; la loro istruzione non è considerata importante.

Il 75% dei bambini che non frequentano la scuola primaria nei paesi in via di sviluppo han- no madri che non sono mai an- date a scuola. L’obiettivo di da- re uguale istruzione a bambi- ne e bambini è realizzabile an- che con l’aiuto dei paesi ricchi.

Gran Bretagna, Norvegia, Fin- landia e Irlanda hanno stanziato aiuti specifici per i programmi di

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MESSAGGI DALLE CHIESE

re programmi che diffondano i valori di giustizia, solidarietà, ar- monia e rispetto. Tra le trasmis- sioni sono previsti programmi di spiritualità, d’istruzione, di arte e musica e celebrazioni liturgi- che per una proposta del mes- saggio cristiano.

Isole Salomone: Radio Bo- sco. Le parole del vangelo viag- giano sulle frequenze d’onda fra le isole del Pacifico. Ha iniziato le trasmissioni “Radio Bosco”, nuova emittente radiofonica lan- ciata dai salesiani. È una radio

“comunitaria”, non commercia- le. Si manterrà con offerte e con- tributi di donatori. Fa programmi su istruzione, salute e temi che interessano i giovani e le donne.

Trasmette anche notizie, intratte- nimento, musica, storie di gente comune. Lo studio radiofonico si trova sull’isola di Tetere, in un centro salesiano frequentato da giovani, ragazzi e parrocchiani coinvolti nell’attività pastorale. Il progetto è stato realizzato anche grazie al contributo di ingegneri e tecnici che hanno lavorato gra- tuitamente e hanno provveduto alle attrezzature. ■

Leggi pro e contro

Timor est: accordo raggiun- to. Dopo un’ampia mobilitazio- ne popolare, il governo di Timor Est e la chiesa cattolica hanno raggiunto un accordo sul delica- to tema dell’insegnamento della religione nelle scuole pubbliche.

L’insegnamento delle religio- ne farà parte dell’insegnamento scolastico. Ai genitori degli stu- denti spetta la scelta di usufruir-

ne. La proposta del governo, va- rata nel febbraio scorso, voleva invece rendere opzionale l’inse- gnamento della religione.

La popolazione di Timor Est, 880mila persone, è al 96% cat- tolica. Dopo la separazione dal- l’Indonesia (1999), sull’isola è ancora in corso la ricostruzione delle istituzioni e infrastrutture.

La popolazione timorese è an- cora assediata da problemi di povertà e disoccupazione che creano tensioni sociali.

Sri Lanka: vietate le conver- sioni? Le comunità cristiane e la chiesa cattolica dello Sri Lanka sono preoccupate per il docu- mento anti-conversio-

ni che sarà presto al- l’esame del parlamen- to nazionale. Sono in pericolo la libertà di coscienza, di religio- ne e i diritti umani.

La legge è presentata come provvedimento per difendere la liber- tà religiosa, ma i suoi effetti sarebbero op- posti. La disposizione renderebbe illegale la conversione personale da una religione all’al- tra, in ogni circostan- za, con pene pesanti:

si rischia da una multa di 5mila dollari fino a sette anni di carce- re. Anche l’attività di solidarietà svolta da organizzazioni cristia- ne è spesso sospettata di proseli- tismo. Il provvedimento di legge è stato proposto dai nove mona- ci buddhisti, membri del partito buddhista fondamentalista, eletti in parlamento. ■

Donna missionaria

La volontaria missionaria Chiara Castellani è conosciu- ta dai nostri lettori (vedi “Mis- sionari Saveriani” di settembre 2004 e gennaio 2005). L’8 mar- zo scorso ha ricevuto dal presi- dente Ciampi l’onorificenza di ufficiale “Ordine al merito del- la Repubblica Italiana”. Il rico- noscimento è destinato a chi si è

IMPARIAMO A VIVERE INSIEME

card. CARLO MARIA MARTINI

Dall’omelia in occasione della celebrazione del XXV anniversario di episcopato, domenica 8 maggio.

Si dice giustamente che nel mondo c’è molto relativismo, che tutte le cose sono prese quasi valessero come tutte le altre. C’è però anche un “relativismo cristiano”, cioè leggere tutte le cose in relazione al mo- mento nel quale la storia sarà giudicata. E allora appariranno le opere degli uomini nel loro vero valore, il Signore sarà giudice dei cuori; non saremo più soltanto in ascolto degli applausi e dei fischi, delle appro- vazioni o delle disapprovazioni. Sarà il Signore a darci il criterio ultimo, definitivo delle realtà di questo mondo. Si compirà il giudizio sulla sto- ria, si vedrà chi aveva ragione. Tante cose si chiariranno anche per co- loro che in questa storia ancora soffrono.

Guardando la gente che sfilava davanti alla salma di Giovanni Paolo II, pensavo che a poco varrebbe venerare un padre spirituale dell’uma- nità, se Dio poi non parlasse nell’intimo di ogni cuore, indicando a cia- scuno di noi qual è il nostro compito, ciò che dobbiamo fare, ciò che è chiesto proprio a noi e non ad un altro. Dio stesso vuole entrare in co- munione immediata con ogni creatura umana per guidarla attraverso la scoperta della sua missione e della sua vocazione.

Gesù ha detto: “Quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli, lo avete fatto a me”. Abbiamo tutti un immenso bisogno di imparare a vivere insieme come diversi, rispettandoci, non distruggendoci a vicen- da, non ghettizzandoci, non disprezzandoci e neanche soltanto tolle- randoci, perché sarebbe troppo poco la tolleranza. Nemmeno possiamo tentare subito la conversione, perché questa parola in certe situazioni e popoli suscita muri invalicabili. Piuttosto, “fermentiamoci” a vicenda in maniera che ciascuno sia portato a raggiungere più profondamente la propria autenticità, la propria verità di fronte al mistero di Dio.

MISSIONI NOTIZIE

impegnato in attività sociali, fi- lantropiche e umanitarie. Il capo di Stato le ha espresso la sua sti- ma personale. Responsabile del Progetto Aifo (Associazione Ita- liana Amici di Raoul Follereau) di Kimbau in Congo, Chiara di- rige con energia e testardaggine un ospedale nella foresta congo- lese, che è l’unica struttura per circa 150mila persone. ■

Sogno cinese

Un numero crescente di gio- vani cattolici cinesi desidera par- tecipare alla Giornata mondia- le della gioventù (GMG) che si svolgerà in agosto a Colonia.

Leggendo le informazioni sul si- to cattolico dell’evento, i giova- ni hanno pensato a come fare per recarsi in Germania. Sono dispo- sti a prendere giorni di vacanza e a pagare le spese, pur di non perdere quest’occasione. Un rap- presentante ha detto: “Ci teniamo tanto a partecipare alla GMG, un evento che ci farebbe sentire in comunione con la chiesa”. ■

pagina a cura di DIEGO PIOVANI

compassione e con sospetto, so- prattutto per il rischio di Aids.

L’organizzazione “Save the Children” rileva che dei 300mi- la bambini arruolati dai gruppi armati, circa il 40 per cento è composto da bambine e ragaz- ze. I paesi più colpiti da questo crimine sono Uganda, Congo e Sierra Leone.

Traffico di esseri umani. In un Congresso tenutosi alla fi- ne di aprile a Bangkok si è di- scusso del traffico d’esseri uma- ni. Il problema è diffuso su scala mondiale e deve mobilitare una lotta a livello internazionale. È difficile avere stime precise del fenomeno, ma si pensa che siano almeno 800-900mila le vittime ogni anno. Si tratta, per la mag- gior parte, di donne e bambini

A casa non ha l’elettricità, ma ha vinto il concorso indetto dal- la Nasa, battendo 200mila con- correnti di tutto il mondo. Sau- rab Singh, un giovane di 17 an- ni, vive in un povero villaggio a nord dell’India. Per studiare, de- ve fare 53 chilometri al giorno.

Stava preparando l’esame per entrare all’università, quando ha letto del concorso alla Nasa, di cui non aveva mai sentito par- lare prima. “Sull’annuncio del concorso erano indicate le mate- rie e mi sembravano facili; co- sì ho provato” ha dichiarato il giovane. Si è piazzato tra i pri- mi cento e poi ha sbaragliato tut- ti, ottenendo il massimo dei vo- ti. Per lui si sono aperte le porte dell’agenzia spaziale americana.

“Voglio concentrarmi sulla scien- za e sulla ricerca; tornare in India e lavorare per il mio Paese”. ■

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