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Fondi pensione aperti pronti al decollo

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Fondi pensione aperti pronti al decollo Sole 24 Ore, Il (Del Lunedi) 05/02/2007

Il Sole-24 Ore del lunedì

sezione: TFR FONDI PENSIONE data: 2007-02-05 - pag: 50 autore:

Fondi pensione aperti pronti al decollo

Con l'avvio della riforma secondo gli operatori gli aderenti aumenteranno più che in passato

Lucilla Incorvati

Seppur a passo lento i fondi pensione aperti, arrivati sul mercato ormai da più di sette anni, registrano una certa crescita. Crescita che stando ai pareri degli

operatori sarà decisamente più consistente alla fine di questo anno proprio con l'avvio della riforma sul Tfr. I fondi aperti sono, infatti, una naturale destinazione per quei lavoratori che non hanno un fondo negoziale di riferimento e/o lo

strumento più idoneo per i lavoratori autonomi, fino a oggi categoria d'elezione delle forme assicurative individuali (Pip o Fip).

Va detto che per ilavoratori i fondi negoziali vantano livelli di convenienza che i fondi aperti e i Fip non riescono a battere, per il semplice fatto che questi ultimi devono ricompensare le costose strutture ( sportelli,promotori e agenti) con le quali vengono collocati. Chi aderisce a un fondo negoziale sceglie quindi un prodotto meno oneroso, con rendimenti accettabili ma con una limitata capacità consulenziale; le persone di riferimento per le informazioni sono le rappresentanze sindacali e gli uffici del personale aziendali. E in questi spazi che cercheranno di inserirsi sempre più banche e assicurazioni per conquistare le simpatie e i risparmi dei lavoratori.

Secondo gli ultimi i dati diffusi da Assogestioni, i fondi pensione aperti hanno chiuso il terzo trimestre del 2006 (ultimo dato disponibile) con un attivo

complessivo di oltre 3,2 miliardi di euro, che segna rispetto al trimestre precedente una crescita del 28,1%. Nei fondi pensione aperti continuano ad affluire nuovi aderenti: il dato di chiusura del trimestre infatti evidenzia un numero totale in crescita del 24% rispetto al trimestre precedente pari a oltre 423.611 unità. La raccolta del terzo trimestre è pari a 73,7 milioni di euro.

Tra chi promuove i fondi pensione aperti sono le Sgr a guidare la classifica con 113.295 iscritti. Cifra che corrisponde a un attivo netto che supera il miliardo di euro.

Al secondo posto si collocano le imprese di assicurazione con 107.082

sottoscrittori, ai quali corrisponde un attivo di 922 milioni di euro. Al terzo posto si collocano le Sim con 106.086 iscritti e all'ultimo le banche con 97.148 iscritti.

Dal punto di vista delle categorie scelte, prevale l'orientamento ai bilanciati (oltre 136 mila iscritti e un attivo netto di 985 milioni di euro), seguiti dagli azionari (101 mila iscritti per oltre 904 milioni di euro). I fondi flessibili sono invece in ultima posizione: il numero di iscritti è leggermente al disotto delle 3000 mila unità e l'attivo è di circa 22 milioni di euro. Va detto che, proprio in ottemperanza alla nuove disposizioni, tutti i fondi pensione aperti che non avevano il comparto a

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capitale garantito hanno dovuto adeguarsi. Una scelta in più, voluta dal legislatore e protesa alle adesioni collettive.

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Inps e rendimenti, i temi chiave Sole 24 Ore, Il 06/02/2007

Il Sole-24 Ore

sezione: IN PRIMO PIANO data: 2007-02-06 - pag: 5 autore:

Inps e rendimenti, i temi chiave

No stop al numero verde del Sole24 Ore sul passaggio alla previdenza integrativa

Marco Mobili Marco Peruzzi ROMA

Quasi quattromila risposte telefoniche, oltre 2.500 quesiti ricevuti via Internet, 200 esperti impegnati a spiegare, per telefono o sul web, i meccanismi della

previdenza complementare e le possibilità del Tfr. Sono alcuni dei numeri che riassumono il «Tfr Day», l'iniziativa promossa ieri da «Il Sole24 Ore» e TG1Rai, in collaborazione con il ministero del Lavoro, il Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro,la Covip, il Mefop e l'Inps, per rispondere ai dubbi sulla destinazione del trattamento di fine rapporto e sui fondi pensione.

Dalle 9 fino alle 18 a Milano e Roma una quarantina di esperti — consulenti del lavoro ma anche alcuni avvocati — ha risposto senza interruzione ai quesiti dei lavoratori. E anche alle loro paure.Gli scandali finanziari hanno lasciato il segno anche sul Tfr.

I timori della cattiva gestione

La prudenza è il filo conduttore che ha legato migliaia di cittadini che da ogni parte di Italia hanno fatto appello al numero verde messo a disposizione dal Sole24 Ore.

In molti hanno manifestato posizioni attendiste: spesso si è sentito dire«per ora aspetto».Ricorrente la domanda sui rendimenti dei fondi pensione, così come le garanzie per una buona gestione finanziaria della raccolta.

Numerose le telefonate di padri e madri interessati a conoscere e suggerire la strada migliore per il futuro dei propri figli.

Al ministero si chiede uno sforzo di semplificazione sulla modulistica e sulla possibilitàdi esercizio della scelta. Un capitolo aperto resta quello dei pubblici dipendenti.

Esclusi per ora dalla partita, in molti hanno comunque chiamato per capire cosa potràaccadere da qui a qualche mese. I più interessati gli insegnanti,che hanno giàil fondo Espero.

Il ruolo dell'Inps

Il debutto dell'Inps nella previdenza complementare divide il popolo del Tfr in due categorie: da una parte c'è chi ha il timore di perdere le quote; dall'altra, invece, c'è chi ha grande fiducia nelle capacitàgestionali dell'Istituto e vorrebbe destinare a esso —piuttosto che a un fondo pensione— il trattamento di fine rapporto.

Sono state numerossime, nel corso del Tfr Day, le risposte inviate online dagli esperti del ministero del Lavoro, dell'Inps, della Covip e del Mefop sui due nuovi fondi Inps: quello di Tesoreria che dovràgestire il Tfr che i dipendenti delle aziende

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con almeno 50 dipendenti non vorranno destinare alla previdenza

complementare; e quello residuale, chiamato FondInps, nel quale confluiranno le quote di trattamento di fine rapporto inoptate dai lavoratori dipendenti del settore privato privi di una Cassa integrativa di riferimento.

«Se decido di lasciare il Tfr nella mia azienda, che poi dovràversarlo all'Inps, che cosa succederà? Rischio di perderlo?». Oppure: «Non sono ancora iscritto al fondo pensione della mia categoria. Se decidessi di utilizzare la nuova opportunitàche la legge da quest'anno mi consente, posso scegliere l'Inps?».

Eppure, il trattamento di fine rapporto girato al fondo Inps di Tesoreria non cambierànatura né regole. E così rivalutazioni, anticipazioni e liquidazione finale saranno disciplinate dalle vecchie regole civilistiche e i rapporti — come richieste ed erogazioni — continueranno a essere diretti tra il lavoratore e l'azienda (la quale poi si rivarràin compensazione con gli enti pensionistici). Nel secondo caso, invece, se è vero che la scelta del fondo pensione è libera, tuttavia il fondo

complementare gestito dall'Inps non può essere scelto esplicitamente dal popolo del Tfr ma ha carattere residuale ed entra in gioco,in caso di silenzioassenso, esclusivamente in mancanza di un fondo di categoria o aziendale. Una scelta che potrà essere corretta dopo solo un anno di iscrizione e non due come previsto per tutti gli altri fondi, chiusi, aperti o piani individuali che siano.

Oltre alle conseguenze del debutto dell'Inps nella previdenza complementare,al Tfr Day le domande più gettonate all'indirizzo www. ilsole24ore.com/tfr hanno riguardato anche le incertezze sulle aziende agricole, sulle colf e sul precariato. Agli operai agricoli gli esperti del ministero del Lavoro, dei consulenti del lavoro,

dell'Inps, della Covip e del Mefop hanno confermato l'assoggettamento alla nuove regole. Per i precari, invece, la necessità, per il dirottamento del Tfr, di avere lavorato per almeno tre mesi. Ai datori di lavoro domestico e alle colf, infine, l'esclusione, sebbene a tempo, dalla nuova disciplina.

LA RICERCA DI CERTEZZE

In tanti hanno chiesto indicazioni sulle garanzie per gli equilibri finanziari e sugli investimenti delle quote raccolte

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È donna l'anomalia italiana Corriere della Sera (Abbonati) 07/02/2007

Corriere della Sera - NAZIONALE -

sezione: Opinioni - data: 2007-02-07 num: - pag: 36

autore: di MAURIZIO FERRERA categoria: REDAZIONALE

ETÀ DELLA PENSIONE

È donna l'anomalia italiana

Negli anni Cinquanta una legge introdusse la possibilità per tutte le dipendenti pubbliche coniugate con prole di andare in pensione dopo soli vent'anni di servizio, senza limiti d'età. Nei due decenni successivi si formò un esercito di «baby pensionate», che smettevano di lavorare intorno ai

quarant'anni. Nel settore del lavoro autonomo molte donne furono dal canto loro incentivate a ritirarsi precocemente dal mercato del lavoro (almeno quello ufficiale) manipolando le leve delle pensioni di invalidità. Negli anni Settanta il numero di queste prestazioni giunse a superare quello delle pensioni di vecchiaia e la maggior parte dei beneficiari erano, appunto, donne. La riforma del 1969 confermò poi per tutte le lavoratrici dipendenti private il diritto di ottenere la pensione di vecchiaia a 55 anni: il requisito anagrafico più basso d'Europa.

Perché tutta questa «generosità» previdenziale nei confronti delle donne? Per eccesso di

paternalismo e di familismo. Il welfare italiano è stato costruito su due premesse: la famiglia è il luogo naturale di risposta ai bisogni sociali; la donna è la custode della famiglia, la garante delle sue funzioni riproduttive e «assistenziali ». Giusto dunque farla restare a casa, o farcela «tornare» (come fu detto espressamente in Parlamento durante il dibattito sulle pensioni baby, negli anni Cinquanta) nel caso in cui la donna abbia cominciato a lavorare, con possibile danno per figli, marito e parenti tutti.

Questa impostazione non è stata un' esclusiva dell'Italia ma ha ispirato i vari Paesi dell'Europa

continentale, soprattutto quelli cattolici. Da noi paternalismo e familismo hanno però messo radici più robuste, frenando quella riorganizzazione del mercato occupazionale e del welfare che ha altrove consentito alle donne di ridefinire il proprio ruolo all'interno della famiglia e del mondo del lavoro.

Sul terreno specifico dell'età pensionabile, la stragrande maggioranza dei Paesi Ue non prevede più alcuna differenza fra uomini e donne: si va in pensione dopo aver raggiunto un requisito anagrafico che è lo stesso per entrambi i sessi (perlopiù 65 anni). L'Italia è fra i pochissimi Paesi che ancora prevedono requisiti più bassi per le donne. Questo stato di cose è peraltro in contrasto con il diritto comunitario e le linee guida della agenda di Lisbona.

Comesi è passati in Europa dall'impostazione paternalistica e familistica a quella della parità fra

uomo e donna nel campo della previdenza? Attraverso una strategia di riforme volta ad incidere sulle

sperequazioni di genere laddove esse si formano e si strutturano durante il ciclo di vita. Gli obiettivi

principali di questa strategia sono quattro. Innanzitutto promuovere la partecipazione femminile al

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mercato del lavoro tramite adeguate politiche e servizi che consentano di conciliare vita familiare e vita professionale. Secondo obiettivo: fornire incentivi mirati alla redistribuzione delle responsabilità domestiche fra uomini e donne. Terzo obiettivo: riconoscere ad alcune attività (cura dei figli o degli anziani) un valore «meritevole» ai fini previdenziali, tramite la concessione di bonus o crediti per la maturazione della pensione. Quarto obiettivo: introdurre correttivi transitori per rettificare alcune evidenti penalizzazioni previdenziali oggi sofferte dalle donne a causa di carriere lavorative spezzate o a causa di divorzi e separazioni.

Con la riforma Dini del 1995 anche il nostro Paese aveva imboccato questa strada, seppure definendo requisiti anagrafici minimi più bassi rispetto agli altri Paesi europei (57 anni per uomini e donne). La riforma Maroni ha innalzato i requisiti, ma ha re-introdotto la differenziazione fra donne (60) e

uomini (65) per le pensioni di vecchiaia. Come è noto, la riforma della previdenza (ed in particolare la questione dell'età pensionabile) è di nuovo all'ordine del giorno. La rimodulazione del famoso

«scalone» introdotto da Maroni può essere una buona occasione per tornare sul binario giusto:

riallineare l'età pensionabile fra uomini e donne, con regole eque e flessibili, nel contesto di un più

ampio progetto di ricalibratura del nostro welfare a favore delle donne che lavorano, mentre lavorano.

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Povere pensioni Panorama.it 07/02/2007

+ 4,80 PUNTI IL COSTO DELL'INPS

Parasubordinati, pensioni risibili

di Bruno Benelli 6/2/2007

Riuscirà il forte aumento dei

contributi a far lievitare la misura delle rendite a fine vita lavorativa?

Un pochino sì, ma niente di più » Sportello previdenza

Oggi pensione da fame. Domani pensioni da piccolo spuntino.

Il forte aumento dei contributi (+ 4,80 punti quale percentuale massima) introdotto da gennaio 2007 per i lavoratori parasubordinati

(collaboratori coordinati e continuativi, a progetto, professionisti senza cassa pensionistica, venditori porta a porta, amministratori e sindaci di società, lavoratori online...) è un

"brodino" che permetterà agli interessati di avere pensioni un po' più alte di quelle attuali (come media 1.093 euro nell'anno 2005, pari a 91 euro al mese), ma in misura comunque insufficiente per vivere.

DUE MISURE

Dal 1° gennaio 2007 i contributi, di tre misure fino a dicembre 2006, scendono a due misure:

- 23,50% dei compensi = per i lavoratori che non hanno altre assicurazioni obbligatorie e non hanno una pensione (sono i cosiddetti "puri", che vivono dei soli proventi da co.co.co),

- 16,00% dei compensi = per tutti gli altri lavoratori.

Il contributo del 16% è interamente dedicato alla pensione. Quello del 23,50% si divide in due quote:

- il 23,00% finanzia le pensioni,

- lo 0,50% finanzia l'assicurazione per maternità, per malattia e per assegni familiari.

LA RIPARTIZIONE

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Il contributo si ripartisce per due terzi a carico dei committenti

( rispettivamente 15,67% e 10,67%) e per un terzo a carico dei lavoratori (rispettivamente 7,83% e 5,33%).

DIECI PUNTI IN MENO

Pensioni molto basse perché? Perché per avere pensioni appena

sufficienti per vivere i lavoratori dipendenti "regolarizzati" pagano il 33%

dello stipendio, vale a dire 10 punti netti in più dei parasubordinati. Ciò dimostra senza bisogno di tante spiegazioni il motivo per cui, anche applicando il 23% rispetto al 18,20% del 2006, resta sempre modesta la contribuzione.

UN ESEMPIO

Supponiamo che un dipendente abbia uno stipendio di 2 mila euro al mese: su di esso sono pagati 660 euro al mese di contributi Inps. Con lo stesso stipendio il parasubordinato paga 460 euro. A fine anno la differenza è di 2.400 euro. Dopo 40 anni di versamenti il co.co.co. avrà versato quasi 100 mila euro in meno del dipendente. E fino a pochi anni fa la differenza è stata molto più netta, essendo il contributo solo del 10%.

LAVORI PRECARI

Se poi a questo gap si aggiunge il fatto che quasi sempre il collaboratore ha contratti a termine e non riesce a lavorare l'intero anno, per la precarietà insita nei lavori parasubordinati, si comprende come a fine carriera lavorativa la differenza dei versamenti sarà molto più accentuata.

DUE PROSPETTIVE

Per avere una pensione almeno pari al 60-70% degli ultimi compensi i parasubordinati hanno due prospettive:

1 - aumentare i contributi Inps per raggiungere quanto prima il 33% dei ricavi, mettendosi al passo con i lavoratori dipendenti,2 - o rivolgersi ai fondi pensione per costruirsi una rendita

complementare che riesca a rendere economicamente dignitosa la quiescenza.

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Anticipi a imposte ridotte Sole 24 Ore, Il 07/02/2007

Il Sole-24 Ore

sezione: NORME E TRIBUTI data: 2007-02-07 - pag: 28 autore:

Anticipi a imposte ridotte

Sulle spese sanitarie il prelievo più contenuto: dal 15% al 9%

Benedetto Santacroce

Anticipazioni dei fondi a tassazione contenuta per le spese sanitarie. È quanto è emerso nel corsodel "Tfr Day" riguardo ai meccanismi che disciplinano la

tassazione delle anticipazioni che si possono ottenere dai fondi pensione. Buona parte dei quesiti in materia riguardavano da una parte la natura definitiva o meno della nuova tassazione e dall'altra la cumulabilità tra gli anticipi richiesti in passato al Tfr o a un fondo e quelli che in futuro saranno richiesti in relazione agli

accantonamenti effettuati dal 1Úgennaio 2007.

Le regole sul regime fiscale degli anticipi dal 1Ú gennaio 2007 sono contenute nell'articolo 11, comma 7 del decreto legislativo 252/ 05.Tali regole prevedono la possibilità di ottenere anticipazioni in uno dei seguenti casi: spese sanitarie;

acquisto e ristrutturazione prima casa;altre esigenze.

Spese sanitarie

L'aderente può,in ogni momento, chiedere anticipazioni per sostenere spese sanitarie per situazioni gravissime relative a sé, al coniuge e ai figli per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche. Su queste somme, che non possono mai eccedere il 75%, si applica un'imposta sostitutiva con aliquota base del 15%, ridotta dello 0,30% per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a un fondo pensione.

La riduzione non può,comunque, eccedere i 6 punti percentuali ( dunque la

tassazione minima è al 9 per cento). L'importo da assoggettare a ritenuta riguarda il maturato al netto dei redditi già assoggettati a imposta.

Prima casa

Con una partecipazione minima al fondo di 8 anni, l'iscritto può richiedere, per un importo non superiore al 75% della spesa, un'anticipazione per l'acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli oppure per la realizzazione di interventi edilizi sulla prima casa. Sull'importo erogato, al netto dei redditi già assoggettati a imposta, si applica una ritenuta d'imposta del 23 per cento.

Altre esigenze

Con 8 anni di partecipazione al fondo, l'aderente può richiedere un'anticipazione per ulteriori esigenze (come chiarito durante lo «Speciale Tg1» del 4 febbraio, la norma fa riferimento a qualsiasi tipo di esigenza). L'anticipazione erogata, che non può mai essere superiore al 30%, è assoggettata, al netto dei redditi già tassati, a una ritenuta d'imposta del 23 per cento.

La cumulabilità

Un punto delicato è il rapporto tra tali regole, che riguardano le anticipazioni sugli accantonamenti al fondo pensione dal 1Ú gennaio 2007, e le anticipazioni relative

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al Tfr accantonato presso il datore o le anticipazioni relative al fondo per contributi accantonati fino al 31 dicembre 2006. Se il lavoratore vuole chiedere sia le quote accantonate al Tfr che le quote accumulate nel fondo potrà farlo, ma dovrà tener conto delle diverse regole fiscali che disciplinano le quote interessate. Riguardo gli anticipi relativi al fondo pensione, per le quote accantonate dal 1Ú gennaio 2007 la tassazione viene realizzata con le regole sopra individuate; per gli anticipi relativi al Tfr accantonato presso il datore la tassazione sarà separata, provvisoria e applicata con l'aliquota del Tfr;per gli anticipi accantonati al fondo pensione fino al 31

dicembre 2006 la tassazione sarà provvisoria e applicata, ai sensi dell'articolo 20 del Tuir,con l'aliquota determinata con i criteri applicati per l'aliquota del Tfr.

Riguardo le anticipazioni (anteepost1 Úgennaio2007)all'interno del fondo bisogna tener presente che il limite massimo ottenibile non può, comunque,superare il 75%

delle somme versatee delle eventuali plusvalenze.

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Fisco più leggero sulle forme tipiche Sole 24 Ore, Il 08/02/2007

Il Sole-24 Ore

sezione: NORME E TRIBUTI data: 2007-02-08 - pag: 27 autore:

Le possibilità disciplinate dalla legge

Fisco più leggero sulle forme «tipiche»

Il Fisco premia i riscatti "tipici". Sono infatti fissate aliquote agevolate, dal 15 al 9%, per i casi di riscatto della posizione individuale dell'iscritto al fondo — che non ha ancora maturato il diritto alla prestazione previdenziale — individuati

dall'articolo 14, commi 2 e 3 del decreto legislativo 252/05. E le situazioni tipiche che consentono il riscatto del montante versato sono completate dal caso di premorienza dell'aderente al fondo, con riscatto da parte degli eredi.

Riscatto parziale

Il riscatto nella misura del 50% della posizione individuale maturata è possibile in caso di cessazione dell'attività lavorativa che comporti l'inoccupazione per un periodo superiore a 12 mesi ma inferiore a 48 mesi. In questa ipotesi, il fondo può chiedere che il lavoratore presenti un certificato rilasciato dal centro per l'impiego, che attesta l'iscrizione, e ne indica la decorrenza, alle liste di disoccupazione.

Analogamente, il riscatto parziale può essere ottenuto quando il datore di lavoro ricorre a procedure di mobilitàe di cassa integrazione guadagni ordinaria o

straordinaria. Terminato il periodo di cassa integrazione, è poi possibile riprendere a versare regolarmente i contributi al fondo, così come il Tfr maturato nel periodo presso il datore di lavoro.

Riscatto totale

Il lavoratore può anche riscattare al 100% la posizione individuale accantonata, ma solo nei casi di invalidità permanente che comporta la riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo e di inoccupazione superiore a 48 mesi.

Se si verifica il caso di invalidità permanente, il lavoratore dovrà presentare al fondo un certificato del medico curante e/o della Asl di competenza,che dichiara la riduzione delle capacità di lavoro a meno di un terzo.

Invece, se ricorre lo stato di inoccupazione per più di 48 mesi, per ottenere la liquidazione del maturato l'aderente dovrà presentare al fondo il certificato di iscrizione alle liste di disoccupazione.

Il riscatto totale della posizione, nelle ipotesi considerate, non è però consentito se gli eventi si verificano nei cinque anni che precedono la maturazione dei requisiti di accesso alle prestazioni pensionistiche complementari; tuttavia, in questo caso, l'aderente potrà chiedere l'anticipazione individuata dall'articolo 11,comma 4, del decreto legislativo 252/05, che consente l'accesso alle prestazioni pensionistiche fino a cinque anni prima rispetto alla maturazione dei requisiti se la cessazione dell'attività comporta l'inoccupazione per più di 48 mesi.

Riscatto da parte degli eredi

In caso di morte dell'aderente prima della maturazione del diritto alla prestazione

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pensionistica, l'intera posizione individuale è riscattata dagli eredi o dai diversi beneficiari designati dagli eredi stessi.

Profili impositivi

In tutte le situazioni considerate — quelle "tipiche" —, le somme riscattate sono assoggettate a tassazione con una ritenuta a titolo d'imposta con l'aliquota del 15%, ridotta di 0,3 punti percentuali per ogni anno che eccede il quindicesimo anno di partecipazione alla forma pensionistica complementare.

B.Sa.

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Scelta con periodo mobile Sole 24 Ore, Il 09/02/2007

Il Sole-24 Ore

sezione: NORME E TRIBUTI data: 2007-02-09 - pag: 29 autore:

Scelta con periodo mobile

Calendario da rivedere nel caso di cessazione senza opzione

Aldo Ciccarella Giuseppe Maccarone

Attenzione ai casi particolari. Con la pubblicazione in «Gazzetta»dei decreti ministeriali previsti dal decreto legislativo 252/05 di riforma della previdenza complementare e dei modelli per le opzioni, è possibile delineare alcuni percorsi non da manuale con i quali i datori di lavoro rischiano di doversi confrontare.

Si ipotizzi che il dipendente abbia ricevuto l'informativa da parte del datore il 31 dicembre 2006.Il 31 marzo 2007 il rapporto cessa per dimissioni spontanee. Il datore dovrà adottare comportamenti diversi in funzione della posizione del

lavoratore. Se il dipendente non ha espresso alcuna volontà, il datore gli liquida il Tfr come consuetudine, senza particolarità. Lo stesso lavoratore, con decorrenza 1Úaprile 2007, si rioccupa presso un altro datore che deve acquisire le informazioni relative allo status del lavoratore con riferimento al conferimento del Tfr,chiedendo un'autocertificazione. Si ritiene che, in questo caso, il semestre a disposizione del lavoratore per le scelte si ricostituisca. Pertanto, egli avrà a disposizione l'intero periodo per le opzioni.

Al contrario, se il lavoratore — durante il precedente rapporto di lavoro — ha esercitato l'opzione, va verificata la scelta eseguita, in base alla quale il nuovo datore conformerà il suo operato. Analizziamo le possibili situazioni. Se il

lavoratore, il 1Ú febbraio, ha optato per destinare il suo Tfr maturando al fondo di settore (consegnando al datore il modello Tfr 1 con allegato il modulo di adesione al fondo) il datore, dal mese di luglio versa al fondo il Tfr maturando ( più la rivalutazione) relativo ai mesi di febbraio e marzo e liquida allavoratore quello di gennaio unitamente alla quota accantonata al 31 dicembre 2006.

Dal1Úaprile2007illavoratore viene assunto in un'altra azienda. Il nuovo datore,al momento della costituzione del rapporto di lavoro, deve acquisire notizie

riguardanti la destinazione del Tfr. In questa circostanza il dipendente dichiarerà di aver già aderito (nel precedente rapporto) alla previdenza complementare e il datore gli chiederà copia del modello Tfr 1 e del modulo di adesione al fondo.

Dall'esame della documentazione il nuovo datore di lavoro evince: che il lavoratore si è iscritto al fondo di previdenza del settore in cui opera il precedente datore di lavoro; la data di iscrizione alla previdenza obbligatoria; l'eventuale percentuale di Tfr ceduta al fondo.

Nel caso in cui i settori coincidano, non ci sono particolari problemi,perché il nuovo datore di lavoro convoglia i versamenti allo stesso fondo.

Se, invece, il settore è diverso e c'è un fondo di categoria operante, il lavoratore — che ha diritto al trasferimento della sua posizione — fa domanda di iscrizione al nuovo fondo di categoria e, ragionevolmente, chiede al vecchio fondo di trasferire

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la sua posizione individuale.

Se nel settore dove opera il nuovo datore non esiste un fondo di categoria, il lavoratore può decidere di iscriversi a un fondo aperto o attivare un piano

individuale pensionistico. In caso contrario, il Tfr maturando deve essere versato a Fondinpsdal 1Úlugliocongli arretrati dal 1Úaprile (rivalutati).

C'è però anche la possibilità che il lavoratore, il 1Úfebbraio, abbia dichiarato

(mediante consegna al datore del modello Tfr 1) di voler lasciare il Tfr in azienda (l'impresa occupa 60 dipendenti).

Da marzo 2007,il datoreversa il Tfr maturato a gennaio e febbraio al fondo della tesoreria gestito dall'Inps e liquida al dipendente il Tfr accantonato sino al 31 dicembre 2006 più quello relativo al periodo 1Ú gennaio 200731 marzo 2007.

Il lavoratore si rioccupa dal 1Úaprile2007in un'aziendacon 55 dipendenti. Il nuovo datore chiede al lavoratore copia del modello Tfr 1 e accerta lascelta operata. Dal mese successivo il nuovo datore procede al versamento del Tfr, maturando dalla data di assunzione, alfondo di tesoreria gestito dall'Inps.

Vediamo ora il caso di un lavoratore assunto il 1Ú maggio 2007 a tempo determinato per quattro mesi. Al momento dell'assunzione il datore verifica la posizione del lavoratore rispetto alla previdenza complementare. Se il lavoratore dichiara, con autocertificazione, di non aver mai esercitatoalcuna opzione, il datore gli consegna l'informativa. Il dipendente può utilizzare i quattro mesi di durata del rapporto di lavoro per esercitare la sua scelta.

Pertanto, se destina il Tfr alla previdenza complementare, si deve iscrivere al fondo, deve consegnare al datore di lavoro il modello Tfr 2 e il modulo di adesione al fondo stesso; il datore di lavoro deve procedere al versamento dal 1Ú di luglio con arretrati rivalutati. Se invece decide di lasciare il Tfr in azienda o tace, alla fine del rapporto viene normalmente liquidato dal datore.

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Riforme a misura di babyboomers Sole 24 Ore, Il 12/02/2007

Il Sole-24 Ore

sezione: IN PRIMO PIANO data: 2007-02-11 - pag: 4 autore:

INTERVISTA Schulz e Binstock

Riforme a misura di babyboomers

L'invecchiamento globale incoronerà la lobby degli anziani come un invincibile

titano politico? Negli Stati uniti,il Paese in cui 76 milioni di baby boomers stanno per andare in pensione, il dibattito sulle conseguenze politiche dell'evoluzione

demografica è aperto da almeno 30 anni. Alla domanda, che periodicamente ritorna, rispose già nel ' 74la AAAS,la prestigiosa Associazione americana per

l'avanzamento delle scienze. No — sentenziarono gli scienziati chiamati a convegno sul rischio "gerontocrazia" — nel XXI Secolo la politica americana vedrà solo

modesti cambiamenti a causa del progressivo invecchiamento dei suoi elettori.

Ciononostante,da allora la polemica tra apocalittici ( tra questi il celebre

economista del Mit Lester Thurow) e ottimisti non si è mai interrotta. Due eminenti

"gerontologi politici" che si autoiscrivono allo schieramento intermedio dei realisti, James H. Schulz e Robert H. Binstock, hanno appena pubblicato un saggio, «Aging nation, economia e politica dell'invecchiamento in America »(Praeger).In cui

propongono un approccio sorprendentemente europeo: quello delle riforme, della crescita del Pil e della produttività.

L'ètà media degli elettori aumenta. I baby boomers diventeranno mai maggioranza politica negli Usa?

Gli over 65 sono stati per vari decenni a quota 1516% sul totale degli elettori. Ma nel 2035, quando i baby boomers americani avranno tutti 65 anni o più,

arriveranno a un tetto del 27%. E lì resteranno fino almeno al 2050.Il loro voto potrebbe pesare dal 33 al 41%, a seconda delle stime sull'affluenza alle urne degli anziani.Ma qui le incognite sono molte.

Democratici contro repubblicani. Chi favorirà l'onda lunga dei baby boomers? C'è negli Usa un "partito dei pensionati", come in Italia o in Giappone?

I baby boomers distribuiscono il loro voto tra i partiti nella stessa proporzione degli altri elettori.Il comportamento politico degli americani più anziani è in linea con quello del resto della parte adulta della popolazione. E negli Usa non ci sono "partiti dei pensionati".E diversi studi dimostrano che i tentativi di influenzare gli anziani con promesse di benefici mirati non ha molto impatto sulleloro scelte elettorali. E, specularmente, la rielezione di Reagan nell'84 dimostra che un politico può toccare il filo scoperto della previdenza sociale senza "morire". Alcuni studi dimostrano che lasituazione in Europa è simile. Non esistela "corporazione", o il blocco elettorale degli anziani.

Gli anziani influiscono di più nel processo democratico attraverso i partiti o attraverso le lobby, come la Aarp (American association ofretired persons)?

È proprio questo il punto.Negli Usa le lobby degli anziani sono molto considerate

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dai politici e dai partiti, talvolta anche molto oltrela loro reale rappresentatività. E in questo modo esercitano una forte influenza su alcune scelte politiche. In

particolare la Aarp, che ha 36 milioni di iscritti, è stata decisiva per l'approvazione della riforma Bush del 2003 sulle prescrizioni di farmaci, mentre due anni dopo siè pesantemente schierata contro le proposte di Bush per privatizzare la previdenza sociale.

Il vostro libro invita alle riforme ma critica quelli che chiamate i "mercanti di apocalisse", che vendono scenari disastrosi.

Su quali basi?

È chiaro che,con il progressivo invecchiamento della popolazione e l'approdo alla pensione di un peso massimo demografico come i baby boomers, occorrono riforme. A cominciare dai costi della Sanità, che in America stanno esplodendo. È necessario affrontare il nodo dell'assistenza a lungo termine attraverso una

combinazione di risorse pubbliche e private. Ma il problema di fondo non è come smantellare la previdenza sociale, che tiene fuori dalla povertà 15 milioni di americani, bensì come assicurare un adeguato ritmo di crescita dell'economia americana nei prossimi anni.

F. Car.

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Nesso salvavita tra reddito e salute Sole 24 Ore, Il 12/02/2007

Il Sole-24 Ore

sezione: IN PRIMO PIANO data: 2007-02-11 - pag: 4 autore:

L'indagine Share su 11 Paesi

Nesso «salvavita» tra reddito e salute

di Orazio Carabini

Capire come vivono gli ultracinquantenni: salute, famiglia, relazioni sociali,

situazione economica e, in linea con gli sviluppi più recenti dell'analisi economica, felicità. In un'Europa che presenta situazioni così diverse al suo interno per cultura, tradizioni e anche approccio politico ai problemi. Un'Europa che sta invecchiando velocemente, con una quota di popolazione anziana ampiamente superiore a quella che si registra negli altri continenti.

È questo l'obiettivo di Share (Survey of Health, Ageing and Retirement in Europe), un progetto di ricerca che ha già coinvolto 22mila persone di oltre 50 anni in 11 Paesi. Secondo le più recenti proiezioni dell'Unione europea la popolazione degli ultra65enni, che oggi è pari al 17% del totale, supererà il 29% nel 2050.Ma non tutti i Paesi mostrano tendenze analoghe. In Francia e in Svezia, grazie a un tasso di fertilità ancora alto, le giovani generazioni hanno un peso maggiore che in Italia o in Germania dove sono ormai ridotte alla metà dei baby boomers.

L'Italia ha la percentuale più alta di anziani mentre la Spagna è quella in cui la percentuale cresce più rapidamente. Al contrario alla Danimarca occorreranno 15 anni per raggiungere il livello di oggi dell'Italia.

Anche le differenze nell'aspettativa di vita sono forti.

Una neonata svizzera "dovrebbe" campare quattro anni più di una danese che a sua volta ha quattro anni di vantaggio su una svedese. Perché? È una questione genetica, di stile di vita o di disponibilità di assistenza sanitaria? La risposta è importante anche sottoil profilo economico. Una parte crescente della spesa

pubblica, la cosiddetta spesa sociale,dipende anche dalle tendenze demografiche:

pensioni, sanità, assistenza ai lungodegenti. Anche, ma non solo.Perchè ci sono altri fattori che "spiegano" la dinamica della spesa sociale. La partecipazione al mercato del lavoro, per esempio.Che equivale a dire l'età media a cui i cittadini smettono di lavorare.Un fattore decisivo perché chi lavora paga gran parte delle tasse e dei contributi che vanno a finanziare la spesa sociale. Tra i Paesi

dell'indagine Share solo Svezia, Danimarca, Gran Bretagna e Svizzera superano gli obiettividi occupazione fissati ai vertici di Lisbona e di Stoccolma; Belgio, Francia, Austria e Italia sono ampiamente al di sotto. I motivi non sono così evidenti come potrebbe sembrare.L'età di pensionamento consentita dal sistema dovrebbe essere la spiegazione più immediata, eppure non basta. Molto incidono anche la partecipazione degli anziani al mercato del lavoro,le modalità di pensionamento e la generosità del sistema previdenziale. Basta pensare che mentre in Gran

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Bretagna la spesa per pensioni è parial 5% del Pil in Austria essa raggiunge il 15 per cento.

Visto da un'altra prospettiva il sistema previdenziale serve peraltro anche a garantire standard id vita adeguati alle persone anziane. E in effetti nella gran parte dei Paesi europei la quota di anziani che vivono al di sotto della soglia di povertà è bassa,significativamente più bassa che negli Stati Uniti.Con qualche eccezione anche in Paesi che pure spendono molto per le pensioni come Belgio e Grecia, oltre che nella Gran Bretagna. L'intreccio tra salute dei cittadini e spesa sanitaria non è meno complesso da interpretare.È vero che ci sono significative differenze nella spesa pro capite, pubblica e privata, tra i vari paesi: si passa dai 1.200 euro l'anno in Grecia e Spagna ai quasi 3mila della Danimarca fino ai 4mila della Svizzera. Eppure non emerge alcuna correlazione tra il livello di psesa e quello che potrebbe essere considerato un grossolano output

del servizio sanitario:l'aspettativa di vita alla nascita. Ci sono Paesi in cui si spende relativamente poco per la sanità ma l'aspettativa di vita è alta, come l'Italia e la Spagna. Altri Paesi, tra cui Olanda, Germania e Danimarca, spendono molto ma fanno registr are un'aspettativa di vita bassa.L'invecchiamento produce effetti un po' su tutti i campi di attività delle persone. Il pensionamento cambia il quadro economico e il modo di passare il tempo.Alla salute e alle cure si dedica un sempre maggiore impegno. Il ruolo nella famiglia cambia.L'indagine Share sta cercando di interpretare le relazioni tra questi fenomeni con un approccio interdisciplinare. Per esempio, c'è una correlazione tra benessere economico e salute fisica: le persone agiate vivono più a lungo. Non è chiaro tuttavia quale sia la direzione causa effetto:

le persone ricche possono spendere di più per la salute oppure quelle povere sono state danneggiate nella loro possibilità di fare carriera da una salute malferma?

Un altro esempio rigaurda le relazioni sociali e familiari. Un ambiente sociale

"sano"aiutagli anziani a restare in buona forma fisica e mentale. Invece eventi traumatici,come un ictus,possono provocare un brusco deterioramento delle condizioni di vita come il ricovero in una casa di cura.E allora è necessario capire come cambia il supporto fornito dall'istituzionefamiglia in un mondo che invecchia e in cui il numero di figli si riduce costantemente: quanto crescerà la domanda di assistenza pubblica? C'è tuttavia un altro nesso incerto: quello che lega il reddito all'ambiente sociale. Una rete di assistenza familiare che funziona bene è anche garanzia di benessere economico in quanto fornisce il denaro e il sostegno di cui un anziano meno autosufficiente ha bisogno. Al tempo stesso, però, dal suo reddito e dalla sua ricchezza dipende l'ambiente in cui l'anziano vive. Certo è che la povertà spesso sopraggiunge insieme all'esclusione sociale, rendendo due volte più penoso l'invecchiamento. I programmi di spesa sociale (tutela del reddito, pensioni

d'invalità e vecchiaia, casa) in questi casi possono mitigare gli effetti.

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