• Non ci sono risultati.

Quesito in ordine al trattamento dei dati da parte degli uffici giudiziari.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Quesito in ordine al trattamento dei dati da parte degli uffici giudiziari."

Copied!
3
0
0

Testo completo

(1)

Quesito in ordine al trattamento dei dati da parte degli uffici giudiziari.

(Risposta a quesito del 16 luglio 2003)

Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 16 luglio 2003, ha adottato la seguente delibera:

“- vista la nota n. 1486 in data 26 agosto 2002 con cui il Presidente del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Rieti trasmette l'ordine del giorno votato dall'Assemblea degli Avvocati tenutosi il 9 luglio 2002 con riferimento alle norme poste a garanzia del trattamento dei dati da parte degli uffici giudiziari;

- visto il parere dell'Ufficio Studi n. 185/03 in data 20 maggio 2003, che si allega (Allegato );

d e l i b e r a di rispondere come da allegato parere dell'Ufficio Studi.”

ALLEGATO

Parere n. 185/03 dell’Ufficio Studi e Documentazione

I. - La richiesta.

Nella seduta del 14 novembre 2002, la Settima Commissione consiliare ha deliberato di richiedere un parere a questo Ufficio Studi sulle vicende segnalate dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Rieti descritte nell’ordine del giorno votato all’unanimità dall’assemblea degli iscritti tenutasi in Rieti il 9 luglio 2002, con riferimento alle norme poste a garanzia del trattamento dei dati personali da parte degli uffici giudiziari, previa eventuale consultazione con l’Autorità del Garante istituito ai sensi della legge n. 675 del 1996.

Per inquadrare e delimitare l’ambito della presente relazione, appare opportuno individuare i passaggi essenziali del deliberato assembleare dell’organismo rappresentativo degli Avvocati di Rieti che la Commissione richiedente ha ritenuto meritevoli di approfondimento in quanto suscettibili di interferenze con la disciplina legislativa sopra richiamata. Tra le numerose “rivendicazioni irrinunciabili” formulate nel corso della predetta assemblea, sembra di dover restringere il campo di intervento della presente relazione ad alcune questioni soltanto che, in via generale ed astratta, appaiono porsi in possibile contrasto con la normativa volta a garantire la privacy delle persone nell’ambito della partecipazione delle stesse ad un’attività lato sensu giudiziaria.

Le questioni da approfondire, alla luce di quanto già evidenziato, appaiono sostanzialmente le seguenti.

In primo luogo, con riferimento alla trattazione delle controversie civili, si sottolinea la necessità che

“le prove per testi siano assunte dai magistrati, garantendo al massimo grado la privacy, specialmente nelle cause di separazione personale e divorzio”.

In relazione alla stessa tipologia di controversie, si richiede, in secondo luogo, che i relativi ruoli affissi sulla porta della sala di udienza contengano “l’indicazione del (solo) numero di registro generale e dell’ora di trattazione della medesima”.

Tutte le rimanenti richieste - vuoi perché volte al potenziamento o, viceversa, alla ipotizzata soppressione di alcune articolazioni organizzative esistenti nell’ambito del circondario del Tribunale di Rieti, vuoi perché manifestamente incidenti sul potere direttivo organizzatorio dell’ufficio, in rapporto con l’efficienza del servizio da assicurare alla utenza, gravante sul Presidente del Tribunale ed, in parte, sui singoli magistrati dell’ufficio - non sembrano in alcun modo riguardare profili di applicazione della legge n.

675 del 1996 e non saranno, oggetto, pertanto, della presente relazione.

II. - Osservazioni dell’Ufficio Studi.

Qualche brevissima considerazione introduttiva in tema di applicabilità del complesso delle dispos izioni contenute nella legge n. 675 del 1996 all’attività giudiziaria, può facilitare la risoluzione delle questioni poste alla attenzione dell’Ufficio. E’ noto, invero, come la legge 31 dicembre 1996, n. 675, sulla

(2)

tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali, preveda, con riguardo ad alcuni particolari trattamenti di dati in ambito pubblico, una limitata applicabilità del suddetto impianto normativo. Tra gli altri casi di parziale deroga alle disposizioni generali, elencati nell’articolo 4 comma 1 delle citata legge, risultano annoverati i trattamenti effettuati in attuazione dell’articolo 371 bis comma 3 c.p.p. “o, per ragioni di giustizia, nell’ambito di uffici giudiziari”.

Nel tentativo di dare un corretto contenuto a tale espressione, si sono confrontate due distinti orientamenti interpretativi.

Secondo una prima tesi - che ha messo in guardia l’interprete sui pericoli che una funzione di controllo sull’attività giudiziaria da parte di un’autorità amministrativa potrebbe rappresentare per il principio costituzionale di garanzia della indipendenza della magistratura - si è sostenuto che nella espressione “ragioni di giustizia” non potesse ricomprendersi anche l’attività processuale svolta dal magistrato, anche in ragione dell’assenza di specifici obblighi internazionali in tal senso, dovendo, viceversa, ricollegarsi a quelle attività amministrative o burocratiche che, per essere strettamente connesse alla funzione giudiziaria, presentano un nucleo caratteristico differenziato rispetto ai trattamenti propriamente amministrativi.

Un’altra tesi ha, invece, affermato che il riferimento alle ragioni di giustizia nell’ambito di uffici giudiziari non possa non aver riguardo anche ai trattamenti effettuati dalla magistratura nell’esercizio della funzione giudiziaria e, quindi, a tutta l’attività svolta nel corso dei procedimenti civili o penali. Tale ultima opinione risulta accolta dall’Ufficio del Garante per la protezione dei dati personali che, con un provvedimento del 2 dicembre 1998, ha accertato la violazione dell’art. 9 della legge n. 675 del 1996 da parte di un magistrato del pubblico ministero in relazione ad un’indagine preliminare conclusa con il deposito di prospetti riepilogativi di situazioni personali, quali riscontri telefonici e presenze alberghiere.

E, tuttavia, alcuni principi della normativa di tutela appaiono difficilmente compatibili con lo svolgimento dell’attività giudiziaria. Si pensi al divieto di trattamento dei dati sensibili di cui agli articoli 22 e 24 della legge n. 675 del 1996 ed alla difficile estensione dello stesso all’attività giudiziaria che, sia nel settore penale, sia nel settore civile (ad es. nei procedimenti per separazione personale dei coniugi), ha assai di frequente per oggetto la raccolta di tali dati. In tal senso risulta essersi pronunciata anche la Suprema Corte incaricata di verificare la legittimità di un sequestro probatorio penale ovvero di una mera acquisizione in copia di cartelle cliniche di una struttura ospedaliera. La sentenza citata (Cassazione, sez. II, 23 marzo 1999, Ferrari) ha osservato come nessun rilievo possa assumere la circostanza che le cartelle cliniche contengano dati personali idonei a rivelare lo stato di salute di un soggetto, dal momento che la limitazione prevista dall’art. 23 della legge “non si pone per l’autorità giudiziaria che indaga in ordine a fatti penalmente rilevanti, come si desume … dai principi generali del diritto processuale penale”.

Si può, dunque, affermare che il legislatore, intervenendo sulla materia in relazione a specifiche situazioni, abbia previsto nell’ambito delle norme processuali una serie di disposizioni idonee a stabilire, a tutela della riservatezza, obblighi e doveri da parte del magistrato procedente nel giudizio, avuto riguardo ai diritti dei singoli ed al bilanciamento complessivo degli interessi individuali con quelli collettivi.

La distinzione tra atti amministrativi emessi da un ufficio giudiziario ed attività giudiziaria vera e propria risulta, del resto, presente anche nei provvedimenti del Garante (cfr. provvedimento del 27 ottobre 1999) che ha ricordato come il rilascio di copie di atti giudiziari ovvero “la consultazione dei registri relativi ai procedimenti giudiziari” integrino certamente un’attività svolta per ragioni di giustizia e, quindi, soggetta solo ad alcune delle disposizioni della legge n. 675 del 1996.

La necessaria premessa consente di inquadrare correttamente le questioni sollevate dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Rieti.

Quanto al primo quesito, deve osservarsi come la tutela della riservatezza delle persone chiamate a rendere testimonianza in una controversia civile, anche se particolarmente delicata come quella che abbia per oggetto una separazione personale tra coniugi, appare integralmente garantita e tutelata dalla norma processuale che stabilisce un regime di non pubblicità per le udienze del giudice istruttore (art. 84 disp. att.

c.p.c.). La necessità che la prova per testi venga assunta personalmente dal giudice istruttore incaricato della trattazione della controversia, evidenziata nel documento in esame che implicitamente stigmatizza la prassi contraria che demanda tale assunzione ai difensori delle parti, discende anch’essa da una scrupolosa osservanza delle norme processuali il cui mancato rispetto può costituire per il magistrato violazione di una regola deontologica valutabile anche in sede disciplinare (art. 253 c.p.c.: “il giudice istruttore interroga il testimone sui fatti intorno ai quali è chiamato a deporre…..E’ vietato alle parti e al pubblico ministero di interrogare direttamente i testimoni”). E, tuttavia, la tutela della privacy delle persone chiamate a testimoniare non sembra ricollegabile tanto al rispetto da parte del giudice delle norme processuali da ultimo

(3)

citate, quanto dal regime di non pubblicità dell’udienza istruttoria alla quale anche (e soltanto) le parti possono assistere personalmente (art. 206 c.p.c.).

Il secondo argomento, in ordine al quale il documento degli Avvocati di Rieti formula rilievi, concerne l’affissione del ruolo di udienza contenente i nominativi delle parti in causa che potrebbero subire, in conseguenza, soprattutto laddove venga indicato anche l’oggetto della controversia, una lesione del diritto alla loro riservatezza non dettata da prevalenti esigenze della giurisdizione. Si auspica, pertanto, che i predetti ruoli vengano affissi sulla porta della sala di udienza con la sola indicazione del numero di registro generale e dell’ora di trattazione della controversia corrispondente.

Un breve riferimento alle disposizioni in vigore può servire a semplificare la questione posta. Ed, invero, l’art. 83 disp. att. c.p.c. stabilisce che “il giudice istruttore fissa l’ordine di trattazione delle cause, dando la precedenza a quelle per le quali sono stati abbreviati i termini e a quelle rinviate a norma degli articoli precedenti”. Non si fa, quindi, alcun riferimento, nella fase istruttoria, alla affissione del ruolo sulla porta della sala dell’udienza, spesso coincidente in tale fase con l’uffic io del giudice istruttore incaricato della causa. Una regola in parte diversa è prevista, invece, per la fase della decisione della causa. Dispone, invero, l’art. 116 disp. att. c.p.c. che “l’ordine di discussione delle cause per ciascuna udienza è fissato dal presidente ed è affisso il giorno precedente l’udienza alla porta della sala a questa destinata. Le cause sono chiamate dall’ufficiale giudiziario di servizio secondo l’ordine stabilito, salvo che il presidente disponga altrimenti per ragioni di opportunità”.

Sembra, dunque, profilarsi un quadro di riferimenti che, limitatamente alla cause da trattare alla udienza di discussione, prevede l’affissione del ruolo sulla porta della sala destinata alla pubblica udienza (art. 128 c.p.c.) che, a parere di questo Ufficio, non deve necessariamente contenere i nomi delle parti e, tanto meno, l’oggetto delle specifiche controversie alle quali le stesse sono singolarmente interessate. Risulta evidente, tuttavia, come la stessa pubblicità dell’udienza di discussione potrà arrecare pregiudizio al diritto alla riservatezza delle parti coinvolte nella controversia, soprattutto laddove si discuta di diritti personalissimi.

Facendo applicazione del principio di proporzionalità nel trattamento dei dati personali, che si sostanzia anche nei criteri di adeguatezza, pertinenza e non eccedenza del dato rispetto alle finalità (richiamato dalle direttive europee in materia), sembra di poter affermare, in definitiva, che la richiesta formulata dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Rieti sul punto meriti attenta considerazione.

Si potrebbe suggerire, in primo luogo, attesa la non pubblicità delle udienze istruttorie, di non rendere disponibile per il pubblico, evitandone, quindi, l’affissione, il ruolo delle cause chiamate davanti al giudice istruttore. Per le controversie da discutere in udienza pubblica, si può trovare, invece, un punto di equilibrio tra diritto alla riservatezza delle parti e principio della pubblicità e della trasparenza dell’attività giurisdizionale evitando che sul ruolo affisso sulla porta della sala dell’udienza siano riportati i nomi delle parti e l’oggetto della causa, potendo essere sufficiente la mera indicazione del numero di registro generale della controversia.

III. - Conclusioni.

Sulla base delle considerazioni che precedono ed avuto riguardo al quadro normativo vigente ed alla specificità dei rilievi formulati nel documento del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Rieti, limitatamente ai quesiti che hanno per oggetto alcuni profili di applicazione della legge n. 675 del 1996 all’attività giudiziaria, possono formularsi le seguenti conclusioni.

La tutela della riservatezza delle persone chiamate a rendere testimonianza in una controversia civile, anche se particolarmente delicata come quella che abbia per oggetto una separazione personale tra coniugi, appare integralmente garantita e tutelata dalla norma processuale che stabilisce un regime di non pubblicità per le udienze del giudice istruttore.

Sul secondo quesito, può ritenersi che, attesa la non pubblicità delle udienze istruttorie, non sia consentito rendere disponibile per il pubblico il ruolo delle cause chiamate davanti al giudice istruttore. Per le controversie da discutere in udienza pubblica, viceversa, può ritenersi sufficiente l’indicazione, sul ruolo affisso sulla porta della sala dell’udienza, del solo numero del registro generale della controversia, con esclusione di ulteriori riferimenti ai nomi delle parti ed all’oggetto della causa.

Riferimenti

Documenti correlati

1) In un piano verticale, un’asta omogenea OA di massa m e lunghezza ` `e libera di ruotare attorno al suo estremo fisso O, origine di un riferimento cartesiano ortogonale Oxy..

Tutto il sistema ` e soggetto alla forza di gravit` a e sul vertice A della lamina agisce una forza elastica di coefficiente k > 0 e polo il punto O.. trovare le posizioni

1 L’articolo 20 - Principi applicabili al trattamento di dati sensibili – reca il seguente testo “1. Il trattamento dei dati sensibili da parte di soggetti pubblici è

Conclusioni: lo studio ha evidenziato che le calze a compressione graduata a bassa pressione al ginocchio (gruppo I) sono efficaci nella profilassi della TVP postoperatoria e che

Conclusioni: I risultati espressi da questo studio, che ha visto un team multidisciplinare (chirurghi, infermieri, terarapisti respiratori, fisioterapisti e

Conclusioni: i dati suggeriscono che i pazienti affetti da LCHAD o TFP debbano seguire una dieta che fornisca proteine adeguate all'età, una limitata assunzione di LCFA (10%

Nella specie, inoltre, i fenomeni di criminalita organizzata presenti nella area di Tivoli si prestano ad essere meglio affrontati nell'ambito di una visione

[r]