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Il restyling delle false comunicazioni sociali nella legge sul risparmio. [aprile 2006]

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Luiss

Libera Università Internazionale degli Studi Sociali

Guido Carli

CERADI

Centro di ricerca per il diritto d’impresa

Il restyling delle false comunicazioni sociali nella legge sul risparmio

Marco Naddeo

[aprile 2006]

© Luiss Guido Carli. La riproduzione è autorizzata con indicazione della fonte o come altrimenti specificato. Qualora sia richiesta un’autorizzazione preliminare per la riproduzione o l’impiego di informazioni testuali e multimediali, tale autorizzazione annulla e sostituisce quella generale di cui sopra, indicando esplicitamente ogni altra restrizione

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A meno di un lustro dalla riforma degli illeciti penali ed amministrativi riguardanti le società commerciali, il legislatore pone nuovamente mano alla disciplina delle false comunicazioni sociali con un intervento capace di riaccendere un dibattito dai toni fortemente polemici. A rinvigorire le critiche di una presa di interesse privato del legislatore, l’assenza, questa volta, di quell’angusto spazio di manovra che aveva praticamente costretto i compilatori della riforma ad un assorbimento passivo del dettagliato testo contenuto nella legge delega n.

366, del 3 ottobre 2001. Le modifiche agli articoli 2621 e 2622 del codice civile, infatti, sono state introdotte dall’art. 30 della legge n. 262, del 28 dicembre 2005, una norma sulla quale la querelle parlamentare si è chiusa lasciando che a prevalere fosse proprio il segno su di essa impresso da un emendamento presentato dal Governo.

In tal modo, le aspettative alimentate dall’approvazione del disegno di legge sulla tutela del risparmio e sulla disciplina dei mercati finanziari nel testo del Senato1, venivano profondamente deluse dalla successiva attività della Camera.

Anche dopo il recente intervento legislativo, infatti, le false comunicazioni sociali si presentano quale fattispecie complessa, strutturata, a livello contravvenzionale, come reato di pericolo, a livello delittuoso, come reato di danno, ma sempre dominate, nella valutazione della punibilità, dalla vistosa presenza di quelle soglie, cui è rimesso il difficile compito di tracciare il confine della rilevanza penale.

La progressione criminosa esistente nelle due norme che inaugurano il titolo XI, Libro V, del codice civile, viene conservata quindi anche nella nuova

1 Nello scorso ottobre, il Senato aveva approvato il disegno di legge sul risparmio, licenziando un testo che, ricalcando le previsioni proposte dal progetto “Mirone”, inaspriva la disciplina delle false comunicazioni sociali, non soltanto attraverso l’innalzamento dei massimi edittali di pena, ma, più significativamente, eliminando il requisito del danno ai soci o creditori e la previsione delle discusse ‘soglie di punibilità’ (veniva conservato solo il limite della

“alterazione sensibile” della situazione economica) in una formulazione che, nella sostanza, restaurava un’ipotesi di falso in bilancio (rectius: di false comunicazioni sociali) disegnata come reato di pericolo.

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versione della fattispecie di false comunicazioni sociali. D’altra parte, a ben vedere, non poteva essere altrimenti; proprio in questa distinzione, infatti, il legislatore della riforma aveva confidato per porre rimedio alla pericolosa deriva della plurioffensività. La proliferante molteplicità delle oggettività giuridiche riconducibili al delitto di false comunicazioni sociali ne aveva irrimediabilmente compromesso la certezza applicativa e, di conseguenza, diluito la capacità preventiva. Quindi, pur considerando che da tale politica criminale possa derivare il rischio di “un messaggio di bagattellizzazione del falso”2, è difficile non condividere che soltanto grazie alla riorganizzazione del fatto tipico nelle due diverse ipotesi di reato è stato possibile enucleare il bene giuridico protetto in un’accezione monoffensiva, restituendo vigore alla portata preventiva, oltrechè applicativa, delle false comunicazioni sociali.

L’art. 2621 c.c., quindi, scevro dalle influenze derivanti dal processo di patrimonializzazione, che riguarda la norma successiva, rimane volto alla tutela della trasparenza delle informazioni dirette ai soci o al pubblico attraverso i bilanci, le relazioni o le altre comunicazioni sociali. A conferma della natura pubblicistica del bene giuridico protetto dalla norma depone, oltre che il dettato normativo3, la previsione del regime di procedibilità – d’ufficio – rimasto inalterato.

Quanto al profilo soggettivo, il legislatore si è limitato ad aggiornare il catalogo degli artt. 2621 e 2622 del codice civile, seguendo il trend comune ai reati di Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità (2635) e Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza (2638), avallato dall’integrazione dell’aggravante di cui al comma 2 dell’art. 622 c.p. e dall’estensione degli artt.

32 bis e 35 bis del codice penale.

L’art. 30 della legge 262/05, infatti, ha incluso tra i soggetti attivi del reato, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai quali saranno

2 In tal senso D. PULITANÒ, Falso in bilancio: arretrare sui principi non contribuisce al libero mercato, Guida dir., 2001, 2.

3 Il precetto contenuto nell’art. 2621 cod. civ. veste del crisma della rilevanza penale anche le condotte di false comunicazioni sociali che non producono un danno patrimoniale a soci o pubblico.

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equiparati, per gli effetti dell’art. 2639 c.c., anche coloro che siano tenuti a svolgere la stessa funzione, diversamente qualificata, e coloro che, pur essendo sforniti di una formale investitura, esercitino in modo continuativo e significativo i poteri tipici, inerenti alla suddetta qualifica o funzione. È chiaro come pure in questa ipotesi, più che la stretta qualificazione giuridica, rilevino i poteri ad essa riconducibili; particolare importanza, quindi, assume l’art. 14 della legge, che tipizza la figura in esame mediante l’inserimento dell’art. 154 bis4 nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria. È proprio tale norma a rendere operativo l’art. 2639 c.c. e, per suo tramite, l’estensione soggettiva della fattispecie delle false comunicazioni sociali; tuttavia, alcuni dubbi circa la precisa delimitazione della funzione in esame potrebbero derivare dalla mancanza di un’espressa omogeneizzazione di quanto previsto (concernente le società quotate nei mercati regolamentati) per le società non quotate.

Passando al profilo sanzionatorio, è opportuno procedere ad un’analisi separata delle norme che compongono le false comunicazioni sociali, così da evidenziarne le analogie e le peculiarità.

4 «Art. 154-bis. - (Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari).

1. Lo statuto prevede le modalità di nomina di un dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, previo parere obbligatorio dell’organo di controllo.

2. Gli atti e le comunicazioni della società previste dalla legge o diffuse al mercato, contenenti informazioni e dati sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della stessa società, sono accompagnati da una dichiarazione scritta del direttore generale e del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, che ne attestano la corrispondenza al vero.

3. Il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari predispone adeguate procedure amministrative e contabili per la predisposizione del bilancio di esercizio e, ove previsto, del bilancio consolidato nonché di ogni altra comunicazione di carattere finanziario.

4. Al dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari devono essere conferiti adeguati poteri e mezzi per l’esercizio dei compiti attribuiti ai sensi del presente articolo.

5. Gli organi amministrativi delegati e il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari attestano con apposita relazione, allegata al bilancio di esercizio e, ove previsto, al bilancio consolidato, l’adeguatezza e l’effettiva applicazione delle procedure di cui al comma 3 nel corso dell’esercizio cui si riferisce il bilancio, nonché la corrispondenza del bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili. L’attestazione è resa secondo il modello stabilito con regolamento dalla CONSOB.

6. Le disposizioni che regolano la responsabilità degli amministratori si applicano anche ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, in relazione ai compiti loro spettanti, salve le azioni esercitabili in base al rapporto di lavoro con la società».

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Quanto alla disposizione contravvenzionale, si assiste ad un ritocco in aumento della pena edittale che passa da un anno e sei mesi all’ attuale arresto fino a due anni, lasciando pertanto inalterati i termini di prescrizione5. Più incisiva, invece, la previsione inserita nell’ultimo comma dell’art. 2621 c.c., attraverso la quale il legislatore collega alle condotte di falsificazione rimaste al di sotto delle soglie di punibilità (descritte ai commi terzo e quarto) sanzioni pecuniarie ed interdittive specifiche. Infatti, per questo illecito amministrativo vengono previste, oltre alla sanzione pecuniaria da dieci a cento quote, l’«interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a tre anni, dall’esercizio dell’ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché da ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell’impresa», per una durata non prevista. Nonostante la previsione indicata rappresenti la novità di maggior rilievo dell’art. 2621 c.c., non mancano seri dubbi in ordine al procedimento applicativo che, non disciplinato ad hoc, dovrebbe ricadere sotto la vigenza delle regole contenute nella legge n. 689 del 24 novembre 1981, con la conseguente diversificazione di competenza giurisdizionale tra falso ‘oltre soglia’ e falso ‘sotto soglia’. Non meno oscura la sanzione di natura pecuniaria, che significherebbe davvero poco se non chiarita dalla disciplina della responsabilità amministrativa dell’ente da reato; il riferimento è in particolare agli artt. 10 e 11 del d.lgs. 231 dell’ 8 giugno 2001, ed è appunto il richiamo a tale normativa che consente di comprendere il significato di quota, prima, il sistema bifasico di commisurazione e fissazione dell’importo della stessa, poi.

Fatta eccezione per l’aumento della misura edittale della pena, gli stessi interventi modificativi sono stati apportati ai delitti di danno previsti dall’art.

2622 c.c.. In questo caso, legittimata a proporre querela sarà anche la società eventualmente danneggiata; è quanto previsto dall’art. 2622 c.c. che include la società tra i soggetti passivi della condotta, evidenziandone l’inserimento

5 L’indicatore del termine prescrizionale resta fermo sui quattro anni che, in presenza di atti interruttivi, passano a cinque, per effetto della ben nota riforma di cui alla c.d. Legge ex Cirielli (L. 5 dicembre 2005, n. 251).

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mediante l’ampliamento della stessa rubrica. Fa da contraltare alla previsione dell’art. 2622 c.c., l’art. 25-ter del d.lgs. 231/20016, nel quale la società viene presa in considerazione come soggetto attivo del reato societario in esame;

questa volta, però, le sanzioni pecuniarie da irrogare alla persona giuridica varieranno a seconda che il delitto di false comunicazioni sociali sia perpetrato a danno dei soci o dei creditori di società non quotate (300-660 quote), ovvero dei soci o dei creditori di società quotate in borsa (400-800 quote).

Rimanendo in tema di sanzioni, inoltre, comune ad entrambe le disposizioni (artt. 2621 e 2622 c.c.) è la norma dell’art. 40 che detta principi e criteri direttivi sulla scorta dei quali la l. 262/2005 delega il Governo a predisporre, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge in esame, le sanzioni accessorie alle sanzioni penali ed amministrative, applicate anche ai sensi degli artt. 2621 e seguenti del codice civile.

Particolare interesse suscita infine l’ipotesi in cui le condotte di false comunicazioni sociali, perpetrate a danno di soci o creditori di società quotate in mercati regolamentati, abbiano determinato un grave nocumento ai risparmiatori. In tali casi, ai sensi della nuova normativa, scatta la circostanza aggravante prevista dal quarto comma dell’art. 2622 del codice civile. Nato come fattispecie astratta di reato, quindi, il grave nocumento al risparmio si trasforma in una circostanza indipendente che introduce un range sanzionatorio oscillante da due a sei anni di reclusione. La gravità del nocumento è ancorata, dal V comma dell’art. 2622 cod. civ., a due parametri oggettivi autonomi, rappresentati: dal numero di risparmiatori coinvolti7, che, per consentire l’applicazione dell’aggravante, dev’essere superiore allo 0,1 per mille della popolazione risultante dall’ultimo censimento ISTAT8; ovvero dal valore dei

6 Le sanzioni pecuniarie previste dall’art. 25 ter del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 sono state raddoppiate dalla previsione del comma 5 dell’art. 39 della legge 262/2005.

7 Nel computo andranno incluse tutte le tipologie di risparmiatori che abbiano sofferto un danno eziologicamente riconducibile al comportamento sanzionato dall’art. 2622 cod.civ.;

non solo, quindi, gli investitori privati che operano a titolo personale, ma anche quelli, qualificati e non, che operano a fini speculativi o professionali.

8 Traducendola in numeri, la soglia in questione scatterebbe una volta superati i 57.000 risparmiatori, ovvero quando il valore «distrutto o ridotto» sia pari a circa 130 milioni di

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titoli andati distrutti o ridotti in entità complessiva superiore allo 0,1 per mille del prodotto interno lordo9.

Sebbene astrattamente preciso, il riferimento alternativo alla popolazione o al PIL si rivela terreno ricco di insidie nella fase probatoria, dove sconta le incertezze che, originate dalle difficoltà di individuazione dell’esatta dimensione del buco finanziario, vengono amplificate dalle naturali oscillazioni cui le grandezze di riferimento sono soggette. “[…] se peraltro la gravità è definita, incertezze interpretative si addensano anche in relazione al concetto di nocumento: atteso infatti che la gravità è ancorata al mero dato statistico, il nocumento (= il danno?) come potrà mai provarsi per un numero così grande di risparmiatori?” 10.

Anche questa apparente nota di inasprimento della sanzione, pertanto, risulta ‘geneticamente viziata’, finendo per avvalorare la natura di aggravante di facciata11, suggerita da chi pone in evidenza come essa, paradossalmente, sortisca l’effetto di limitare l’applicabilità dell’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità (art. 61 n. 7 c.p.); una circostanza comune dai minori oneri probatori che avrebbe elevato la punibilità di simili condotte a sei anni ed otto mesi di reclusione.

euro. Si tratta di cifre rilevanti, che tuttavia i recenti dissesti finanziari italiani hanno ampiamente superato. Va rimarcato al riguardo che il crack Cirio ha danneggiato circa 85.000 risparmiatori, la cifra sale a circa 450.000 se ci si riferisce alla vicenda Parmalat.

9 Sembra il caso di evidenziare come l’atteggiamento del Governo, sebbene anche in questo caso in controtendenza rispetto alle previsioni del testo approvato dal Senato, si sia dimostrato orientato ad una maggiore stigmatizzazione della condotta incriminata, abbassando dallo 0,5 per mille della popolazione o del PIL, previsto dal Senato, all’attuale parametro dello 0,1 per mille la soglia limite che consente l’applicazione dell’aggravante.

10 In questi termini, nelle prime riflessioni critiche al disegno di legge di riforma del sistema di tutela del risparmio, approvato dal consiglio dei ministri il 03.02.2004 CASTALDO, “La nuova fattispecie di reato di nocumento al risparmio”, Diritto e Pratica delle Società, n. 5/2004, p. 6. L’A.

evidenzia limpidamente la pericolosa conseguenza di natura induttiva secondo la quale all’accertamento del numero corrisponderà la sussistenza del danno; in altri termini, “il danno consisterà nella mera propagazione degli effetti del crac a una molteplicità di persone o al buco finanziario”.

Dello stesso avviso CLEMENTE, “Stretta sulle sanzioni penali per gli illeciti nelle attività economiche e finanziarie”, in Guida Normativa, 11 febbraio 2006, n. 5, 28.

11 In questi termini LUNGHINI, Falso in bilancio, aggravante di facciata, nell’inserto speciale: La disciplina penale, la tutela del risparmio, Il Sole 24 Ore, 12 gennaio 2006, 14.

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Con il restyling condotto in materia di false comunicazioni sociali dalla l.

262/2005, è stata istituita una Commissione specifica12. Un organo collegiale, alle dirette dipendenze funzionali del Presidente del Consiglio dei ministri, con compiti di monitoraggio ed informazione all’autorità giudiziaria, definiti in base ad un regolamento, che – ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni – viene adottato dal Governo, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze.

Numerose sono state le critiche, che hanno posto in evidenza un ‘falso in bilancio’ fermo al 2002 o più leggero rispetto all’inasprimento introdotto dal Senato e cancellato dal governo nella versione definitiva, ricalcante quella già proposta e approvata dalla Camera in prima lettura.

Tuttavia, nonostante alcune critiche possano essere condivise, deve prendersi in considerazione il fatto che – se il testo attuale delle false comunicazioni sociali può considerarsi sotto certi aspetti la rappresentazione dell’immobilismo del legislatore, rispetto alle scelte adottate nella riforma del 2002 – il testo approvato dal Senato avrebbe segnato un ritorno al passato, ripristinando una formulazione della fattispecie precedente il d.lgs. 61/2002 con tutta la carica simbolistica, che di consueto pervade le riforme successive ai grandi scandali, ed i connessi problemi evidenziati.

Insomma, l’abbandono delle soglie di rilevanza introdotte dal legislatore del 2002, la ricostruzione delle false comunicazioni sociali esclusivamente in termini di reato di pericolo13 e l’eventuale dietro front rispetto alla politica di patrimonializzazione introdotta nel 2002, avrebbero segnato il

12 La Commissione è composta da un presidente e due commissari, nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, secondo i requisiti previsti dal regolamento che il Governo adotta su proposta del Presidente del Consiglio, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze.

13 Al riguardo, BRICCHETTI, Falso in bilancio: nel nuovo disegno di legge torna ad essere reato di pericolo, in Diritto e Pratica delle Società, n. 21, novembre 2005, 6.

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ripristino di quel perenne stato di incertezza applicativa, in cui la fattispecie in esame era costretta.

D’altra parte, il legislatore non è rimasto del tutto sordo alle indicazioni sviluppatesi nella dottrina negli anni di vigenza della tormentata riforma. Basta guardare all’introduzione della società tra i soggetti il cui danno patrimoniale trova tutela nell’art. 2622 c.c., e che risolve un grave squilibrio normativo o, ancora, alla riduzione del pericoloso scarto tra tipicità ed offensività segnato dalle preservate soglie di punibilità, attraverso l’introduzione delle menzionate sanzioni amministrative per i falsi rimasti sotto soglia.

Sennonché, l’importanza di tali innovazioni giuridiche viene drasticamente ridimensionata dalle permanenti incertezze normative, che il nuovo testo degli artt. 2621-2622 cod. civ. non ha contribuito a dipanare.

Sebbene possa escludersene de plano l’inquadramento tra le giustificanti14 o tra le cause di esclusione della colpevolezza, resta aperta, ad esempio, la natura delle soglie di punibilità15.

Anche la nuova formulazione, infatti, conserva l’espressione “la punibilità è esclusa se […]”, dalla quale traggono linfa differenti inquadramenti dogmatici. Così, se le coordinate offerte dalla teoria generale del reato lasciano propendere per una collocazione delle stesse tra gli elementi della tipicità, alcuni dubbi possono rimetterne in discussione la sistemazione giuridica; tra gli altri, la riconducibilità delle soglie all’istituto delle cause di non punibilità in senso stretto nelle ipotesi in cui il mancato superamento delle stesse, pur riguardando condotte che ad una valutazione prognostica (ex ante) si rivelino

14 La previsione di specifiche sanzioni nell’ambito delle stesse norme di cui agli artt. 2621-2622 cod. civ. avalla, con maggiore fermezza, la insostenibilità scientifica delle posizioni dottrinali nelle quali le soglie limite vengono considerate quali cause speciali di esclusione dell’antigiuridicità del fatto.

15 La notevole importanza dell’inquadramento dogmatico delle soglie di punibilità appare evidente se solo si pensi che la eventuale configurazione delle stesse come elementi del fatto tipico porterebbe alla ‘deresponsabilizzazione’ dei soggetti che non se ne fossero rappresentato il superamento anche per errore dipendente da colpa. Contra, nel senso della esclusione della necessità del dolo rispetto alle soglie quantitative, è orientato SEMINARA, False comunicazioni sociali, falso in prospetto e nella revisione contabile e ostacolo alle funzioni delle autorità di vigilanza, in Dir.

pen. proc., 6, 2002, 680.

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potenzialmente lesive, è frutto di fattori sopravvenuti, individuabili attraverso un accertamento ex post16. Al di là da problemi relativi alla qualificazione giuridica, poi, le soglie di punibilità continuano a mantenere in vita un conflitto interpretativo interno che rende difficile la convivenza tra soglie economiche e limite patrimoniale della sensibile alterazione17.

Una netta presa di posizione del legislatore avrebbe potuto definire sul piano normativo i termini della convivenza tra i due parametri, legittimando l’interpretazione attualmente dominante o intendendo il limite della sensibile alterazione quale paradigma non residuale, ma cumulativo alle soglie numeriche; in tal caso, la soglia generica si sarebbe tradotta in un ulteriore e concreto accertamento in grado di operare non soltanto verso l’alto, ma anche verso il basso delle soglie quantitative specifiche, con una sicura ricaduta in termini di ridimensionamento del dissenso espresso da parte della letteratura penalistica18.

In ogni caso, vale la pena ricordare che – se anche l’unica interpretazione in grado di consentire all’operatore giuridico di districarsi nel ginepraio di incertezze fosse quella di tradurre il parametro elastico in una vera e propria clausola generale, capace di operare tanto ‘verso l’alto’ quanto ‘verso il basso’ – risulterebbe in ogni caso essenziale procedere alla quantificazione, non approssimativa, della pretesa alterazione, rifuggendo da imputazioni di responsabilità sulla base dell’apodittico assunto dell’«alterazione sensibile»19.

16 Interessanti in tal senso le considerazioni di DONINI, Abolitio criminis e nuovo falso in bilancio.

Struttura ed offensività delle false comunicazioni sociali (artt. 2621 e 2622 c.c.) dopo il d.lgs. 11 aprile 2002, n. 61, Cass. Pen., 2002, 1244; nella stessa prospettiva v. FOFFANI, La nuova disciplina delle false comunicazioni sociali (artt. 2621 e 2622 c.c.), in AA.VV., 2001, 292.

17 La conflittuale sovrapposizione tra soglie numeriche e limite generale della sensibile alterazione perde gran parte della sua rilevanza interpretativa nelle parole di quegli Autori che, sostenendo l’operatività della soglia elastica in via soltanto residuale (ove, cioè, non utilizzabili le soglie quantitative percentuali), mettono in risalto l’inesistenza di comunicazioni sociali di contenuto economico o finanziario che non si traducono in dati numerici, finendo con l’escludere di fatto la valenza applicativa della clausola generale. In tal senso CARACCIOLI, Le nuove norme sui conti alterati limitano i comportamenti punibili, in Il Sole 24 Ore, 29 marzo 2002.

18 Così MUSCO , I nuovi reati societari, 2004, 13.

19 Cfr. al riguardo: DONINI, Abolitio criminis e nuovo falso in bilancio, cit. 1248, CRESPI,Falsa comunicazione sociale e annuncio di progetto industriale non veritiero, in Rivista delle Società, 2004, fasc.

2-3, 501 ss.

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Le incertezze, tuttavia, non riguardano soltanto le soglie di punibilità, ma indeboliscono anche altri elementi essenziali della struttura del reato in questione. Sotto il profilo soggettivo, infatti, la fattispecie delle false comunicazioni sociali presenta notevoli vulnera. Per quanto riguarda l’ipotesi contravvenzionale, va ricordato come la previsione di un dolo dai contorni precisi ceda il passo all’indifferenza dell’elemento psicologico in materia contravvenzionale, comportando notevoli distorsioni in fase applicativa. Se ci si confronta con la prassi giurisprudenziale, infatti, risulta chiaro come l’iter logico deduttivo, posto a base delle argomentazioni del giudicante, fin troppo spesso racchiuda una trasfigurazione dell’elemento colposo – che nella fattispecie concreta connota la condotta dell’amministratore, piuttosto che del sindaco negligente nella sua attività di controllo – in un’ipotesi di dolo eventuale, per giunta dedotto dalla circostanza fattuale (c.d. dolus in re ipsa)20. In una prospettiva de lege ferenda, si sarebbe, quindi, potuto prendere in considerazione l’idea di una fattispecie tipica colposa, più adeguata alla prassi criminosa del settore, oltre che maggiormente stigmatizzante rispetto al reato contravvenzionale a dolo specifico, astrattamente configurato dall’art. 2621 c.c..

Non meno problematica si presenta, infine, la selettività connaturata alla particolare figura del doppio dolo propria delle fattispecie delittuose di danno previste all’art. 2622 c.c.; anche qui, infatti, il rischio di una vera e propria paralisi applicativa viene arginato dalla giurisprudenza mediante il frequente utilizzo di un’imputazione soggettiva a titolo di dolo eventuale.

In sintesi, il legislatore continua una politica di razionalizzazione del sistema penale societario, ma finisce spesso con il ridimensionarne la portata o addirittura con il fallire nel suo intento per scarsa determinazione nella formulazione della norma. La conservazione delle soglie di punibilità ne rappresenta un’importante esemplificazione, in quanto essa non coglie

20 Cfr. al riguardo, Cass. pen. sez. V, 275, 96, e nella stessa prospettiva Trib. Milano, Sez. II, 24 novembre 1989.

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l’occasione per renderne chiari alcuni importanti profili dogmatici prima ancora che i relativi meccanismi operativi. Ne consegue il permanere di una difficile lettura razionale delle soglie nel suo complesso, una scarsa chiarezza normativa, che rappresenta di frequente il preludio di interpretazioni spregiudicatamente disinvolte nella fase applicativa.

Nell’embrionale processo di avvicinamento tra etica e profit21 indispensabili si rivelano la determinatezza della fattispecie e la trasparenza dei meccanismi applicativi, indissolubilmente legati alla univocità della fonte normativa. L’etica interconnessa al diritto, infatti, prescinde dalla sua accezione soggettivistica – quell’autoregolamentazione che, portata alle estreme conseguenze da Kant, si traduce nell’ ‘imperativo categorico’ – e si concentra nella regola di comportamento, nella procedura operativa volta alla composizione d’interessi; così intesa, anche l’etica non può prescindere dalla chiarezza e non può prescinderne – prima ancora che nella sua fase integrativa o in quella della legalità sostanziale dell’ordinamento – già nella fase primaria della formazione della regola. In altri termini, le argomentazioni etiche presentano importanti rilievi, anche di carattere metodologico, certo non di facile attuazione, ma di notevole portata in termini di arricchimento sostanziale dei diritti che, da “entità puramente legali suscettibili di un impiego strumentale”22, acquisirebbero valore intrinseco.

D’altro canto, è solo favorendo tale orientamento, che la nave engischiana del diritto penale societario vedrà fortificato il suo scafo e, una volta lontana dal porto dei suoi autori, potrà superare indenne le insidie interpretative23.

21 Su questo tema in particolare v.: A.K.SEN, Money and value : on the ethics and economics of finance - Amartya K. Sen, Roma, 1991;J.R.BOATRIGHT, Ethics in finance - John R. Boatright , Malden – Mass, series: Foundations of business ethics. Gli AA. dimostrano come il distacco dell’economia dall’etica abbia finito con l’impoverire l’economia del benessere, indebolendo di conseguenza il fondamento di gran parte dell’economia descrittiva e predittiva.

22 Si tratta della visione dei ‘diritti’ nell’analisi economica moderna, messa in luce da A.K.SEN, cit., 90.

23 L’espressione originale è di MUSCO: “Adesso il diritto penale societario ha lasciato il porto dei suoi autori: e come la nave engischiana, una volta in alto mare sarà nel pieno dominio degli interpreti”.

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