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Rimborso rate mutuo per fine convivenza

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Rimborso rate mutuo per fine convivenza

Autore: Paolo Remer | 15/07/2021

Per un immobile acquistato in comproprietà, chi ha pagato più dell’altro ha diritto a farsi restituire la differenza? La soluzione della Corte di Cassazione.

Avevi un bel rapporto sentimentale con il tuo partner e avevate fatto grandi

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progetti di vita insieme. Siete andati a convivere e avete acquistato una casa in comproprietà. Poi, dopo qualche anno, tutto è finito e la vostra convivenza è terminata. Ma la casa che avevate comprato insieme resta. Ora, bisogna dividerla e anche fare i conti del rimborso rate mutuo per fine convivenza.

Già, perché non sarebbe giusto che colui che ha pagato più dell’altro debba addossarsi questo costo: anche questa spesa deve essere equamente ripartita, se la convivenza della coppia finisce. Quando si verifica questo problema, l’atto notarile di acquisto non parla da solo, specialmente se l’immobile era stato attribuito in comproprietà ad entrambi i conviventi, per il 50% ciascuno. Bisogna andare a vedere la contabilità bancaria per accertare chi, quando e per quanto, aveva versato le rate periodiche del mutuo. Ebbene, se si verifica che c’è stata una sproporzione, in modo che uno dei due componenti della coppia ha sostenuto un esborso maggiore dell’altro, allora a chi ha pagato di più spetta il rimborso rate mutuo per fine convivenza: l’ex partner gli dovrà versare la differenza, per ripristinare la situazione di parità.

Questo innovativo principio è stato affermato dalla Corte di Cassazione [1], superando il consueto orientamento in base al quale tutte le attribuzioni patrimoniali avvenute all’interno della coppia durante lo svolgimento del rapporto sarebbero dovute a «spirito di liberalità» e, dunque, non potrebbero essere rimborsate, in quanto assimilate ad una donazione spontanea e irreversibile. A ben vedere, però, in questo caso, non si può parlare di liberalità, o di donazione, perché – come sottolineano gli Ermellini – il versamento è stato eseguito alla banca, cioè ad un soggetto estraneo, sia pure per ripagare un debito assunto in comune, come quello dell’acquisto della casa in cui convivere.

Fine convivenza: a chi va la casa?

Quando una convivenza termina, la domanda più frequente è a quale dei due partner va la casa acquistata in comproprietà. Ovviamente, questo problema non si pone se l’abitazione apparteneva esclusivamente ad uno dei due: in tal caso, egli ne è e ne rimane interamente proprietario e l’altro, quando se ne va, dovrà restituirgliela libera dalle sue cose.

Se la coppia ha dei figli in comune, il giudice, analogamente a quanto avviene per le separazioni dei coniugi [2], assegnerà la casa a colui che continua ad abitarvi insieme ai figli minori. È un provvedimento dettato nel precipuo interesse

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dei bambini o ragazzi, per garantire loro stabilità e serenità di crescita nel medesimo ambiente in cui già vivono.

Si tratta, comunque, di un diritto personale di godimento, che non pregiudica le quote di rispettiva proprietà sull’immobile. Quando i figli diventeranno maggiorenni ed economicamente autosufficienti, il diritto di assegnazione della casa cesserà.

Se invece i conviventi non hanno figli (o se essi sono già adulti e non vivono più con i genitori), la casa in comproprietà dovrà essere divisa. In concreto, trattandosi di un bene immobile unico, nella maggior parte dei casi, sarà difficile frazionarla in due porzioni autonome e di valore equivalente.

Perciò, è preferibile ricorrere ad altre soluzioni, che però richiedono l’accordo di entrambi gli ex conviventi. Ad esempio:

uno può concedere all’altro il diritto di uso e di abitazione, gratuitamente o dietro corresponsione di un’indennità (una tantum o periodica);

si può decidere di vendere l’immobile e di spartirsi il ricavato in parti uguali (o secondo le diverse quote di proprietà di ciascuno);

se entrambi i partner hanno le loro rispettive soluzioni abitative, si può dare in locazione la casa mantenendola in proprietà comune e dividendo gli incassi dei canoni (andranno divise anche le spese di gestione dell’immobile).

La divisione giudiziale dell’immobile

Se non si riesce a raggiungere un’intesa, l’unica strada percorribile è quella della divisione giudiziale dell’immobile. La domanda va proposta al giudice del tribunale del luogo in cui si trova l’immobile, senza limiti di tempo e anche da uno solo dei comproprietari. È un caso tipico di scioglimento della comunione [3].

Prima di avviare la causa bisogna esperire la mediazione obbligatoria [4].

Il procedimento di divisione giudiziale dell’immobile si svolge con una stima di valore del bene, che sarà compiuta da un tecnico specializzato, per arrivare ad un progetto di divisione per quote, che saranno attribuite ai condividenti. Se però l’immobile non è «comodamente divisibile» [5] e quindi non può essere utilmente frazionato, dovrà essere venduto all’incanto, cioè all’asta, e il ricavato verrà

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suddiviso tra gli ex conviventi in base alle loro quote di proprietà. Un’alternativa è quella di assegnare interamente l’immobile ad uno dei due originari comproprietari; egli dovrà versare all’altro un conguaglio in denaro per il valore corrispondente alla sua quota.

Rimborso rate mutuo pagate da un convivente

Il caso deciso dalla Cassazione nella sentenza di cui ti abbiamo parlato all’inizio [1]

scaturiva proprio da una divisione immobiliare giudiziale. Era rimasta insoluta la questione del rimborso delle rate di mutuo versate in eccedenza da un convivente rispetto all’altro. La Suprema Corte ha affermato che la convivenza di fatto intercorsa non prova lo «spirito di liberalità» di chi aveva sostenuto i maggiori esborsi per il pagamento del mutuo che aveva finanziato l’acquisto della casa in comune.

Così l’ex compagno ha potuto recuperare la differenza delle quote versate in più rispetto all’altro. Gli Ermellini hanno applicato il principio di «solidarietà passiva» nell’adempimento delle obbligazioni [6], in base al quale il debito «si divide nei rapporti interni tra condebitori in parti eguali; pertanto, il coobbligato che abbia pagato l’intero, è titolare, salvo prova contraria a carico dell’altro condebitore, del diritto di ripetere da quest’ultimo la metà di quanto pagato al comune creditore».

Insomma, se uno dei due ex conviventi aveva pagato con le sue risorse finanziarie alla banca le rate del mutuo per la casa in comproprietà di entrambi, ha diritto di recuperare la differenza versata in più rispetto al compagno, che deve partecipare in misura uguale all’estinzione del mutuo e, dunque, lo deve rimborsare per l’eccedenza. È da segnalare che questa soluzione dei giudici di piazza Cavour è molto diversa da quella adottata per il rimborso delle spese per la casa, che rimangono addossate a chi le aveva sostenute anche quando si tratta di ristrutturazione dell’immobile.

Note

[1] Cass. ord. n. 20062 del 14.07.2021. [2] Art. 337 sexies Cod. civ. [3] Art. 1111 e art. 1116 Cod. civ. [4] Art. 5 D.Lgs. n. 28/2010. [5] Art. 720 Cod. civ. [6] Art.

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1292 Cod. civ.

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