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L’Apprendimento del Cavallo

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Academic year: 2021

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L’APPRENDIMENTO DEL CAVALLO

Introduzione

Il cavallo, per soddisfare le richieste dell’uomo, deve imparare a rapportarsi ad esso in modo opportuno, questo è lo scopo che si prefigge la doma, qualunque sia il metodo utilizzato. La doma può essere spiegata come quel processo che si verifica tramite stimoli-risposte-rinforzi, in cui gli animali sono indotti ad associare avvenimenti, che si manifestano nel loro ambiente, a specifiche risposte comportamentali e alle relative conseguenze.

Sono stati studiati numerosi tipi di apprendimento in molte specie animali, ma finora è stato dedicato poco interesse al cavallo. I vari metodi di apprendimento implicano l’uso di:

 rinforzi positivi, in cui la risposta giusta viene rinforzata con un premio;

 rinforzi positivi secondari, dove un rinforzo primario come, ad esempio, il cibo, è associato ad un rinforzo secondario, come un tono rassicurante della voce o un clicker;

 rinforzi negativi, in cui la corretta risposta è seguita dalla rimozione o diminuzione dell’intensità di uno stimolo sgradevole;

 punizioni, in cui una risposta sbagliata è associata ad una conseguenza indesiderata, ma senza un avvertimento precedente;

 schemi di rinforzo variabili o parziali, in cui una volta appresa la risposta corretta, il rinforzo è presentato con un protocollo intermittente, per aumentare la resistenza all’estinzione, al di fuori della doma.

I cavalli moderni devono apprendere molte nozioni per rispondere alle esigenze dell’uomo. La domesticazione ha selezionato soggetti più docili, forti o più veloci, ma i cavalli non nascono già preparati a soddisfare le richieste dell’uomo. L’addestramento prevede la soppressione di comportamenti innati e la loro sostituzione con altri che vengono insegnati abbinando i principi di base dell’apprendimento agli istinti naturali di apprendimento. Anche se non è necessario comprendere appieno tutte le sottigliezze che vengono utilizzate per la doma, alcune osservazioni possono rivelarsi utili per rendere più facile il rapporto tra uomo e cavallo. Durante la doma possono essere utilizzate diverse tecniche, come la

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desensibilizzazione, i rinforzi primari positivi e negativi, le punizioni, i condizionamenti operanti secondari, gli stimoli predittivi ed i rinforzi. Le proprietà di rinforzo di una situazione dipendono, non solo dalla combinazione temporale tra stimolo e risposta, ma anche dal temperamento del soggetto, dalla sua capacità di apprendimento, dallo stato motivazionale e dal contesto ambientale. Esistono evidenti differenze individuali di apprendimento, che sembrano essere correlate anche alla razza, al sesso, all’età e ad esperienze pregresse (Mal e al., 1994; Wolff e Hausberger, 1996; Sappington e al., 1997). Molti cavalli ritengono gradevole un premio in cibo, ma il valore di questo come premio dipende dal loro stato fisiologico, ad esempio soggetti sazi saranno poco interessati a questo tipo di premio, rispetto ad altri affamati (Cooper, 1998).

Definizione di apprendimento

L’apprendimento può essere definito come un cambiamento dell’organizzazione comportamentale di un soggetto che dipende dalle proprietà di rinforzo dell’ambiente in cui si trova (Domjan e Burkhard, 1986). Questa definizione implica che:

1- l’apprendimento è un concetto che può essere dedotto solo dall’osservazione dei cambiamenti di comportamento o fisiologici;

2- i cambiamenti del comportamento possono essere attribuiti a cambiamenti interni, fisici, dell’organizzazione neuronale dell’animale (Young, 1987; Dudai, 1989; Morris, 1994);

3- la probabilità dell’acquisizione e perseveranza di una risposta del repertorio comportamentale di un soggetto, dipende dalle proprietà di rinforzo e dalle sue conseguenze.

I comportamenti appresi non sono necessariamente permanenti, perché la risposta ad una determinata situazione può essere rovesciata o raffinata ulteriormente, se le proprietà di rinforzo di un ambiente cambiano. La capacità di apprendimento di un soggetto è influenzata da fattori genetici e dalle componenti ambientali che affronta durante la sua crescita (Cooper, 1998).

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Tipi di apprendimento

L’apprendimento, durante il processo di doma, può essere così diviso, secondo le modalità con cui si realizza.

Apprendimento non associativo

In questo tipo di apprendimento viene utilizzato l’aumento o la diminuzione di risposta usando esposizioni ripetute ad un singolo evento.

Nel cavallo, una risposta comune a situazioni non familiari o temute, è l’allontanamento dal potenziale pericolo o addirittura la fuga. Ripetendo le esposizioni al supposto pericolo, il cavallo, se non riceve danno dallo stimolo, si abitua e reagisce sempre meno a quella situazione che prima considerava dannosa, che diventa, invece, innocua e familiare. Questo processo di desensibilizzazione è il risultato di cambiamenti specifici neuronali che controllano il meccanismo comportamentale (Dudai, 1989) e non il risultato di un adattamento sensoriale, in cui l’animale diviene meno sensibile all’ambiente, ad esempio per la fatica muscolare (Cooper, 1998).

Apprendimento associativo

Questo tipo di apprendimento è detto anche condizionante. Presuppone una modificazione di comportamento che dipende dalla relazione tra due eventi (Dickenson, 1980), avviene cioè un’associazione tra stimoli. Alla comparsa di uno stimolo, si attivano alcuni neuroni in una ben determinata area cerebrale, ad esempio, il cibo attiva una parte del cervello, che, a sua volta, innesca una serie di meccanismi che facilitano la digestione (tra cui la salivazione). Pavlov introdusse un nuovo concetto: se due centri cerebrali vengono attivati contemporaneamente, si rafforza la connessione tra questi due centri. La Risposta Incondizionata (RI) è quella risposta il cui espletamento non richiede nessuna forma di addestramento. La Risposta Condizionata (RC) appare in conseguenza di un apprendimento. Lo Stimolo Incondizionato (SI) è uno stimolo che causa una risposta senza bisogno di addestramento, lo Stimolo Condizionato (SC) è uno stimolo che causa una risposta solo dopo che si è stabilito un apprendimento.

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La tipica procedura del condizionamento classico è: SC (suono) → SI (cibo) → RI (salivazione). Il risultato è: SC (suono) → RC (salivazione).

Il condizionamento classico implica l’associazione tra stimoli, cioè appare uno Stimolo Condizionato ed uno Stimolo Incondizionato causa l’apparizione di una Risposta Condizionata. Studi condotti su invertebrati e su sezioni di cervello di mammiferi, hanno dimostrato che, alle modificazioni comportamentali, corrispondono cambi nella struttura delle sinapsi coinvolte nel processo stimolo-risposta.

Gli animali possiedono molti comportamenti innati, che consentono loro di rispondere velocemente in alcune situazioni importanti per la loro sopravvivenza. In queste situazioni l’apprendere che ciò che è di vitale importanza si verifica insieme ad altri stimoli che di per sé non sono importanti, favorisce la sopravvivenza, perché consente all’animale di controllare e prevedere meglio ciò che sta succedendo o succederà. Quando l’avvento di uno Stimolo Condizionato non è più seguito dallo Stimolo Incondizionato, accade che la Risposta Condizionata scompare gradualmente, questo fenomeno si chiama “Estinzione”. Secondo Pavlov le connessioni inibitorie si sviluppano in questo modo: alla fine del processo di condizionamento si è stabilita una connessione eccitatoria Stimolo Condizionato-Stimolo Incondizionato. La presenza dello Stimolo Condizionato senza Stimolo Incondizionato produce una nuova connessione inibitoria e, ripetute presentazioni dello Stimolo Condizionato senza Stimolo Incondizionato, determinano il rafforzamento della connessione inibitoria.

Pavlov scoprì che una Risposta Condizionata non si manifesta solo in presenza di un determinato Stimolo Condizionato, ma anche in presenza di stimoli simili allo Stimolo Condizionato stesso. Questo fenomeno è detto “Generalizzazione” e, secondo lui, aveva un grande significato adattativo: raramente in natura si incontrano due stimoli esattamente identici e quindi apprendere associazioni simili tra stimoli è un vantaggio.

Il principio fondamentale del condizionamento classico è la contiguità tra due stimoli, cioè il fatto che due stimoli vengano presentati insieme, è il presupposto fondamentale per l’instaurarsi dell’apprendimento associativo. Ci sono quattro modi differenti nei quali lo Stimolo Condizionato e lo Stimolo Incondizionato possono essere contigui:

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1- Condizionamento ritardato. Lo Stimolo Condizionato permane, mentre compare lo Stimolo Incondizionato. Questo tipo di contiguità dà luogo alle associazioni più efficaci.

2- Condizionamento a traccia. Lo Stimolo Incondizionato compare quando lo Stimolo Condizionato è già scomparso. Condizionamento efficace.

3- Condizionamento simultaneo. I due stimoli vengono presentati insieme. Il condizionamento è molto meno efficace.

4- Condizionamento retrogrado. Lo Stimolo Condizionato viene presentato dopo lo Stimolo Incondizionato. Il condizionamento non è efficace.

In conclusione, secondo Pavlov e la sua teoria delle associazioni tra stimoli, lo Stimolo Condizionato diventa un vero e proprio sostituto dello Stimolo Incondizionato. Secondo Tolman, lo Stimolo Condizionato è un segnale che consente all’animale di predire l’arrivo dello Stimolo Incondizionato. Il condizionamento classico probabilmente coinvolge due sistemi di apprendimento: associativo e cognitivo. L’apprendimento associativo è un tipo di apprendimento che si è evoluto in maniera più primitiva e stimola la messa in atto di risposte automatiche. L’apprendimento cognitivo implica un’aspettativa che guida la messa in atto di una risposta.

Nel condizionamento operante o strumentale, in una determinata situazione, un comportamento dell’animale comporta una conseguenza. Il condizionamento operante si basa su un principio semplice: ogni comportamento che viene premiato, tende a ripresentarsi con sempre maggiore frequenza ed intensità.

La differenza tra condizionamento classico e operante risiede nel fatto che il primo implica una risposta involontaria del soggetto, mentre il secondo volontaria (O’Farrell, 1992).

Apprendimento osservazionale o per imitazione

L’apprendimento sociale ed osservazionale sono due tipi di apprendimento che dipendono dalla specie. Sono particolarmente importanti negli animali sociali, in cui le informazioni dell’ambiente (cosa mangiare, cosa è pericoloso…) vengono acquisite dall’osservazione dei conspecifici, cosa molto meno rischiosa del fare tentativi.

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Il cavallo è un animale sociale, per questo è predisposto ad apprendere risposte adattative dai compagni. L’apprendimento osservazionale sembra non essere molto importante nella decisione definitiva del comportamento di un cavallo, ma può determinare la sua velocità di risposta.

Talvolta con questo metodo vengono appresi anche comportamenti indesiderati, come il ticchio aerofagico e d’appoggio (Cooper, 1998).

Shaping

Negli ultimi anni si è sviluppato un metodo detto “modellaggio per approssimazioni successive” (shaping), che consente di plasmare il comportamento del soggetto nel modo desiderato. La differenza tra questo tipo di apprendimento graduale ed il condizionamento strumentale, è che nel modellaggio il cavallo può esprimere una serie variabile di risposte non predeterminate dallo sperimentatore e non legate al rinforzo da nessuna relazione preesistente. L’unico intervento mediante il quale il comportamento dell’animale viene modificato è il rinforzo differenziale di una sola delle varie risposte casualmente emesse nella situazione sperimentale. Si otterrà, quindi, apprendimento dalle conseguenze del comportamento attraverso il rinforzo positivo prescelto dall’addestratore. Ignorare la risposta non desiderata, per un animale sociale come il cavallo, equivale ad una punizione, intesa come rifiuto d’interazione gratificante (Panzera, 2005).

Secondo Voith (1986), con questa tecnica il cavallo viene premiato per la risposta che somiglia a quella definitiva voluta dall’addestratore, cioè viene rinforzato ogni comportamento che più si avvicina a quello desiderato, fin quando questo non viene manifestato in modo corretto.

Le esperienze, anche non legate all’addestramento, prima o poi si riflettono sul comportamento. In genere, tante più situazioni ha sperimentato un soggetto, tanto minore è la sua reattività ed eccitabilità e maggiore è la sua capacità di affrontare in modo adeguato altre esperienze. Questo non è un segno di maggior intelligenza, ma una capacità di miglior adattamento a determinate situazioni.

Gli effetti di esperienze precoci non sembrerebbero necessariamente permanenti, infatti, possono essere modificati da esposizioni sufficienti in condizioni adeguate. Per questo

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motivo, situazioni negative vissute in età giovanile, non determinano incondizionatamente problemi irrisolvibili in un soggetto adulto.

Desensibilizzazione con controcondizionamento

La desensibilizzazione con controcondizionamento consiste nel mettere il soggetto in contatto con lo stimolo che teme, in modo graduale e progressivo, presentando contemporaneamente uno stimolo gradito. Con questo metodo il rischio di sensibilizzazione è basso, così come quello di indurre altri tipi di associazioni e quindi peggiorare il quadro comportamentale. Inoltre esiste la possibilità di monitorare la situazione e modificare il programma in base alle risposte del soggetto (O’Farrell, 1992).

I cavalli temono le cose nuove e tendono ad evitare situazioni non familiari o che incutono loro paura, ma sono in grado di abituarsi a stimoli ambientali, dapprima temuti e che, sperimentati frequentemente, si dimostrano innocui. L’associazione con l’uomo presuppone inevitabilmente un processo di desensibilizzazione, che può essere accelerato da esposizioni ripetute ad un contatto frequente e precoce (Heird e al., 1986), soprattutto durante il periodo neonatale e della crescita, in cui il cavallo è più sensibile agli stimoli esterni. Questo tipo di approccio non è però senza rischi, infatti, se l’esperienza precoce con l’uomo è negativa, condizionerà l’atteggiamento di ostilità del puledro verso di lui.

La desensibilizzazione si ottiene applicando ripetutamente uno stimolo fino ad eliminarne la risposta. Uno stimolo è qualsiasi cosa che fa pressione sul cavallo e non deve essere necessariamente fisico. Un cavallo può rispondere ad uno stimolo anche senza mai venirne a contatto, infatti, può essere costituito anche da un segnale visivo, come la posizione del corpo (Waran & Casey, 2005).

I Rinforzi

Primo e fondamentale passo per usare un rinforzo in modo efficace è essere in grado di identificare quali possono essere i rinforzi.

I rinforzi primari possono essere definiti come quegli stimoli che non richiedono un apprendimento particolare per essere efficaci. Tutti gli stimoli fondamentali per la

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sopravvivenza sono rinforzi primari. Anche altri rinforzi costituiti da particolari stimolazioni sensoriali (rinforzi sensoriali) possono essere definiti rinforzi primari.

Il cibo è un buon esempio di rinforzo naturale e primario che i cavalli associano al comportamento manifestato ed è quello più usato negli esperimenti che valutano le capacità di apprendimento.

I rinforzi secondari o rinforzi condizionati hanno acquisito la loro qualità di rinforzi attraverso l’esperienza. Il fatto che i rinforzi secondari siano diventati tali attraverso meccanismi di condizionamento classico, è ancora oggetto di dibattito, ma sembra che questo sia uno dei principali.

Un rinforzo secondario diventa efficace tramite un processo di condizionamento classico precedente. Il cibo, come rinforzo primario, può risultare poco agevole per l’addestratore, quindi vengono usati rinforzi secondari per premiare la risposta appresa e per evitare un possibile ritardo tra risposta e rinforzo primario. Sono rinforzi secondari, ad esempio, il tono calmo e rassicurante della voce, le carezze, il clicker. All’inizio possono deludere l’aspettativa di premio del cavallo, ma se vengono associati al cibo, diventano uno strumento valido che può sostituire il cibo stesso (O’Farrell, 1992). L’uso dei rinforzi secondari ha dato origine al metodo per ammaestrare mammiferi marini, il cosiddetto “Metodo Clicker”, poi adattato ad altre specie, tra cui quella equina. Usando questo approccio un suono nuovo, prodotto da un “clicker” di plastica, viene associato ad un premio, in genere del cibo. Questo tipo di rinforzo, ha dei vantaggi:

- una volta che è avvenuta l’associazione, il suono rappresenta un premio per il cavallo. Questo consente all’addestratore di premiare rapidamente l’allievo dopo la sua prestazione, aumentando la probabilità che associ il premio alla specifica risposta. - L’associazione consente all’addestratore di colmare il lasso di tempo che intercorre da

quando il soggetto esegue la richiesta correttamente a quando viene dato il premio (in genere cibo). Questo consente di dare il premio anche a distanza. Viene inoltre evitato che l’animale si aspetti del cibo prima che venga emesso il suono.

- Alcuni autori ritengono che il rinforzo condizionante faciliti l’apprendimento (Waran & Casey, 2005).

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- All’inizio il rinforzo secondario deve essere sempre seguito dal primario, la presentazione simultanea dei due, invece sembra essere meno efficace, poiché il rinforzo primario sembra bloccare o mascherare il nuovo stimolo. Analogamente la presentazione dello stimolo secondario dopo il primario è inutile, perché, anche se può realizzarsi un’associazione tra i due, l’animale non riuscirà a prevedere l’arrivo del premio. Una volta avvenuta l’associazione, questa può essere mantenuta dando il rinforzo primario ogni tanto (Waran & Casey, 2005).

I rinforzi negativi possono essere usati come potenti strumenti nell’addestramento, senza minare il benessere del cavallo. Prevedono la scomparsa di uno stimolo non gradito al cavallo in seguito alla manifestazione del comportamento corretto. Lo stimolo condizionante precede sia il comportamento desiderato sia il potenziale rinforzo spiacevole ed il cavallo può rispondere in modo da evitarlo. I rinforzi negativi vengono usati quanto quelli positivi, ma rispetto a questi sono stati studiati maggiormente dal punto di vista scientifico (McCall, 1990). Possono essere associati anche ai condizionamenti secondari per dare maggior flessibilità e precisione ai comandi. Il cavallo tende ad evitare gli stimoli spiacevoli quindi, se gli viene dato il giusto avvertimento, si comporterà in modo da non venirne in contatto. Ad esempio, lo schiocco della frusta è un avvertimento per il cavallo che, per evitare il contatto con la frusta stessa, probabilmente assumerà il comportamento adeguato.

Il successo dell’addestramento deve soddisfare due richieste contrastanti che possono coinvolgere processi piuttosto diversi (Wolff & Hausberger 1996). Primo, il cavallo può reagire a comandi specifici con l’adeguata risposta comportamentale. Secondo, il comportamento può resistere all’estinzione in situazioni in cui i comandi sono applicati non costantemente.

È importante che nella fase iniziale dell’addestramento i segnali ed i premi siano ragguardevoli e prevedibili affinché il cavallo li associ alla risposta desiderata. Segnali inappropriati o il contatto con persone inadeguate durante questa fase, possono mettere in confusione il cavallo o addirittura condizionarlo in modo indesiderato. Questo può essere evitato usando giuste dosi di rinforzo come quello continuo, in cui il cavallo viene premiato dopo ogni risposta corretta. Questo metodo consente un rapido apprendimento delle giuste

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risposte, ma dà scarsa resistenza all’estinzione nell’occasionale assenza di premio (Cooper, 1998). La resistenza all’estinzione è la persistenza o tendenza a continuare a dare una risposta senza rinforzo. La potenza del rinforzo originale (positivo o negativo), il numero di volte che le risposte sono state rinforzate, i rinforzi che vengono dati in modo intermittente, sono fattori che aumentano la resistenza all’estinzione.

Gli schemi di rinforzo intermittente prevedono di premiare l’animale, che reagisce correttamente, in modo intermittente, in questo modo il cavallo assumerà quel comportamento più frequentemente senza un rinforzo continuo (Voith, 1986). Per insegnare al cavallo ad apprendere efficacemente nuovi esercizi, ogni volta che risponde correttamente deve essere dato il rinforzo, solo successivamente si passa agli schemi intermittenti.

Le Punizioni

La punizione è un evento spiacevole che segue la manifestazione di un comportamento indesiderato e causa una riduzione della probabilità che la risposta punita si ripresenti (Mills & Nankervis, 2001).

Grisone (2000), consigliava molta cautela nell’uso dei castighi, soprattutto nei cavalli giovani, o timorosi per loro natura, citando le sue parole: ”…sempre ch’egli si spaventi per qualche novità che vede, non dovete batterlo, perché battendolo penserà che quelle botte nascano da quello che mira e ogni fia che vedrà il simile, tanto più si farà vile; ma voi dovete fermare e assicurarlo appresso… vi fermerete un pezzo e in tal tempo che camina, vi ricorderete di accarezzarlo di sopra il collo…”. Nonostante questi consigli, Grisone non risparmia i castighi, anche severi, al cavallo che non è “agli ordini”. Secondo lui il cavallo si può castigare in sette modi: “di voce, di bacchetta, di briglia, di polpe di gambe, di staffa, di sprone, di volta…”, deve esser punito solo quando compie degli errori, altrimenti non ci sarà nessun beneficio nell’addestramento, ma, anzi, il cavallo sarà confuso, perché non conoscerà la causa della punizione, spaventandosi poi ogni volta che vedrà ciò che l’ha punito (frusta o altro). Le punizioni devono essere date nel giusto tempo: “quando erra… perché il Cavallo per timor di quello vi risponderà poi molto più che aiutandolo fuora di tempo, dove stordito, senza intendere quel che volete, si confonderebbe. La vera arte è far conoscere al cavallo la causa del castigo e dell’aiuto”.

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Le punizioni, attraverso uno stimolo avverso, servono a ridurre la manifestazione di comportamenti in seguito ai quali vengono inflitte. La differenza tra rinforzo negativo e punizione risiede nel fatto che, con il primo, scompare qualcosa di negativo se il soggetto fa la cosa giusta; nella punizione, invece, compare qualcosa di negativo (stimolo avversativo) se fa la cosa sbagliata (punizione positiva) o scompare qualcosa di positivo (rinforzo) se fa la cosa sbagliata (punizione negativa).

I problemi relativi all’uso della punizione sono molteplici:

- non è un mezzo realmente efficace di insegnamento, perché in realtà non dice al cavallo cosa deve fare, indica solo un’azione sbagliata in un determinato contesto. Poiché sono molti di più i comportamenti sbagliati di quelli giusti, un comportamento errato può essere scambiato per un altro se quello corretto non viene incoraggiato con un rinforzo. Ad esempio mettere la corrente elettrica ad una porta per non far appoggiare il cavallo con ticchio, determinerà solo il cambiamento del punto d’appoggio del cavallo e non la sua stereotipia.

- Può verificarsi una desensibilizzazione alla punizione se inizialmente non viene inflitta con un’intensità sufficiente da influenzare la motivazione che provoca il comportamento. Quando il cavallo manifesta di nuovo l’atteggiamento sbagliato, una punizione ancora più intensa può non essere efficace, l’aumento graduale dell’intensità della punizione riduce l’efficacia di stimoli più intensi.

- Punizioni gravi provocano cambiamenti del comportamento che interferiscono con l’apprendimento e l’attenzione, necessari affinché il cavallo risponda correttamente a ciò che gli viene richiesto. Le modificazioni emotive possono manifestarsi con aggressività o inibizioni del comportamento (spesso confuso con la subordinazione). Queste risposte da parte del cavallo possono creare un circolo vizioso che porta ad un abuso fisico del cavallo, che continua ad esser punito.

- La punizione può essere associata alla persona che la infligge secondo il processo di condizionamento secondario pavloviano (Pavlov, 1927). Questo determina un’impossibilità da parte di questa persona ad addestrare il cavallo.

- Talvolta, quella che viene considerata una punizione, per il cavallo è un premio, ad esempio un soggetto che calcia la porta del box, può ricevere una punizione dall’uomo

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per il suo comportamento, ma per l’animale, aver attirato l’attenzione dell’uomo può rappresentare un premio, per cui in questo modo il comportamento non viene evitato (Cooper, 1998).

Un’alternativa alla punizione per far scomparire un comportamento sgradito è l’estinzione nel condizionamento operante, che consiste nel togliere il rinforzo al comportamento sgradito precedentemente rinforzato, occorre, però, che la fonte del rinforzo sia controllabile (O’Farrell, 1992).

Meccanismi cerebrali di percezione dei premi

Il benessere è definito come l’equilibrio delle esperienze positive (ricompense, soddisfazione) e negative (stress) o stati affettivi. Può spostarsi da positivo a negativo e viceversa. La soddisfazione è come un bersaglio mobile: le ricompense assicurano il necessario feed back positivo per il comportamento desiderato, ma non può essere mantenuto a lungo. Questo sistema di equilibrio si riflette a livello cerebrale con l’azione sinergica del sistema oppiaceo e mesolimbico dopaminergico. Lo stato di questo sistema riflette la capacità del soggetto di affrontare nuove situazioni ed è determinata da esperienze precedenti. In altre parole questo approccio integrativo del comportamento biologico e degli obiettivi neurobiologici aiuta a comprendere come la capacità di affrontare nuove situazioni possa essere influenzata e misurata.

Gli animali hanno un’elevata capacità di sfruttare le risorse ambientali e di evitare situazioni potenzialmente sgradevoli. Questi meccanismi sono specie specifici, evolvono in relazione a determinate condizioni etologiche e le differenze individuali sono determinate geneticamente e da circostanze ontogenetiche. Le differenze individuali sono fondamentali per la selezione naturale (Spruijt et al., 2001).

Sistema motivazionale

Il sistema dei premi e delle punizioni è un meccanismo efficiente di inibizione o motivazione ad assumere un certo atteggiamento. Gli stati emozionali non sono in relazione solo a specifici bisogni. Stati come l’ansia e la soddisfazione possono essere anche il risultato di stimoli

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rilevanti per diversi sistemi motivazionali. Lo stato emozionale ha un effetto organizzativo sulla risposta finale dell’individuo tramite l’integrazione di azioni fisiologiche e comportamentali. Questo implica che uno specifico stato emozionale influenza i centri cognitivi in modo che, le informazioni riguardo ad una data situazione, vengano immagazzinate ed associate ad essa. Questo sta a significare anche che l’apprendimento è strettamente associato allo stato mentale dell’animale (Spruijt et al., 2001).

Attivazione dei sistemi motivazionali

Le descrizioni etologiche dei sistemi motivazionali sembrano presupporre che questi avvengano dopo selezione di varie generazioni. Per definizione, stimoli che permettono di prevedere un determinato comportamento attraverso la loro associazione, possono essere definiti come stimoli “incentivanti” e vengono usati spesso per l’apprendimento degli animali. Il cibo ne è un esempio ed il valore dell’incentivo dipende, non solo dallo stato interiore dell’animale (ad esempio se è più o meno affamato), ma anche dalla precedente esperienza con il cibo come mezzo di rinforzo ed il suo sapore, che diventa indipendente dalla componente appetito.

Gli animali hanno la capacità di stimare in anticipo, non un singolo rapporto costo-beneficio, ma molteplici, in modo da adottare un comportamento piuttosto che un altro.

La dopamina svolge numerose funzioni, una di queste è la regolazione dell’appetito. I recettori dopaminergici subiscono delle modificazioni in previsione di un premio durante l’apprendimento. Questo neurotrasmettitore sembra essere importante per aumentare la voglia dello stimolo incentivante e non tanto per il piacere in se stesso. Gli oppioidi sono coinvolti in molti, se non in tutti, i comportamenti motivati. Ad esempio gli oppioidi-agonisti stimolano l’assunzione del cibo e dell’acqua, ma anche l’aggressività ed il gioco. A differenza della dopamina influiscono, invece, sul piacere intrinseco dello stimolo, come il gusto e non tanto sul desiderio.

I “centri del premio” hanno la funzione di regolare i naturali modelli di comportamento e di rinforzare quelli acquisiti, ma essi controllano e supervisionano anche i sistemi motivazionali e governano e selezionano le risposte individuali ad un più alto livello gerarchico (Spruijt et al., 2001).

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Comportamento di anticipazione

È un’espressione generale delle esigenze del cavallo. Gli oppioidi hanno un ruolo essenziale riguardo alla proprietà del premio, indipendentemente dalla sua natura. La loro produzione può determinare la manifestazione di certi modelli comportamentali, quando questi si manifestano prima che venga dato il premio, questo probabilmente è dovuto al rilascio di endorfine e dopamina. (Spruijt et al., 2001).

Fattori che condizionano l’addestramento

Oltre al tipo di doma che viene effettuata, esistono altri fattori che influenzano il successo o meno dell’addestramento di un cavallo, vale a dire: l’età, il sesso, la razza, le esperienze con l’uomo, la presenza o meno di altri cavalli, precedenti situazioni di gestione, condizioni fisiche, conformazione e personalità individuale.

Età

Nel periodo post-natale la plasticità sinaptica è molto elevata e questo consente agli animali di avere un elevato grado di apprendimento, che può influenzare la successiva fase di addestramento. È stato rilevato, infatti, che i puledri, rispetto alle madri, apprendono molto più rapidamente e per tempi più duraturi, inoltre, rispondono molto più attivamente ai rinforzi durante gli esercizi e imparano maggiormente dagli errori. Con l’avanzare dell’età la capacità di apprendimento diminuisce, a causa delle modificazioni simili a quelle che nell’uomo si manifestano nel morbo di Alzheimer. Per questi motivi, l’addestramento dà i migliori risultati quando viene cominciato in giovane età, l’ideale sarebbe fornire tutti gli insegnamenti di base entro i 5 anni di vita (Waran & Casey, 2005).

Sesso

Esistono differenze significative riguardo le capacità di apprendimento e di memoria, in base al sesso, in particolare per quanto riguarda gli Arena test. Non ci sono differenze tra gli stalloni ed i castroni, anche se per alcune discipline vengono considerati più adeguati gli uni o gli altri (Wolff & Hausberger, 1996).

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Razza

La razza influenza l’addestramento di un cavallo, soprattutto per la reattività, che può influenzare la capacità di apprendimento (Heird et al., 1986).

Esperienze precoci del cavallo

In molte specie domestiche è stato dimostrato che le esperienze precoci possono influenzare il comportamento da adulto. Il cosiddetto periodo di “socializzazione” corrisponde a quella fase in cui la capacità di apprendere dall’ambiente circostante e dai comportamenti sociali, è particolarmente elevata e corrisponde ai primi mesi di vita. Anche nel cavallo esiste questo periodo, esso è particolarmente precoce ed il corrispondente periodo sensibile inizia prima ed è più breve, rispetto al cane e al gatto. Come nelle altre specie, il tempo, il tipo, la frequenza e la quantità di contatti con l’uomo, influenzano i successivi rapporti con questo. L’età a cui viene iniziato l’addestramento, influenza anche la flessibilità a modificare risposte comportamentali in età adulta (Waran & Casey, 2005).

Contesto in cui si svolge l’addestramento

Anche questo fattore influenza il successo della doma. La presenza di elementi di distrazione, ad esempio, di altri cavalli, può influenzare il livello di attenzione verso l’addestratore, così come l’ampiezza dell’area dove si svolge l’addestramento e la disponibilità di una zona di fuga per il cavallo. La somiglianza di luoghi e situazioni a quelle a cui è abituato il soggetto, può influenzare la sua capacità di generalizzare associazioni apprese, ad un determinato contesto (Bayley & Maxwell, 1996).

Gestione del cavallo

L’ambiente in cui si trova il cavallo può influenzare la sua capacità di apprendimento. Ad esempio, un ambiente senza stimoli sensoriali e novità può predisporlo a manifestare stereotipie, o a renderlo eccessivamente eccitato quando viene addestrato o cavalcato. Tuttavia, quando il soggetto viene tenuto in questo tipo di ambiente, è più facile indirizzare le sue motivazioni verso un determinato comportamento e la sua energia fisica in ciò che desidera l’addestratore. Bisogna però considerare anche il benessere dell’animale e quindi

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creare un ambiente che soddisfi le necessità del cavallo in quanto animale sociale, insieme ad un’adeguata tecnica di addestramento (Nicol, 1999).

“Personalità”

Ogni cavallo ha la sua “personalità” o, meglio, “cavallinità” che deriva da fattori genetici, esperienze precoci ed esperienze di vita. Questo fattore deve essere tenuto in considerazione quando un soggetto viene addestrato (Visser, 2002).

Condizione fisica e conformazione

Questi fattori condizionano la capacità di un soggetto di soddisfare le richieste dell’addestratore ed il successo della doma. Ad esempio, la conformazione della schiena allungata, consente al cavallo una certa facilità ad estendersi piuttosto che a raccogliersi nel dressage; la presenza invece di dolore fisico, impedisce l’esecuzione di un esercizio che impegna la parte dolente (Waran & Casey, 2005).

Psicologia dell’addestramento

Il cervello dei mammiferi è strutturato in modo molto semplice. È diviso in tre porzioni: centrale, media ed esterna. La porzione centrale regola le funzioni fisiologiche dell’organismo, quella media i comportamenti istintivi, quella esterna la memoria e la rielaborazione. La memoria del cavallo viene conservata intatta e non è soggetta a corruzione, un ricordo può emergere in seguito ad uno stimolo di qualsiasi natura percettiva. Se il paesaggio cambia, all’inizio il cavallo è sospetto, poi si abitua ed aggiorna la sua memoria. Negli stadi iniziali di formazione della memoria, ricordi o nozioni appresi esistono nel cervello come tracciati semplici e labili. Tante più volte la stessa risposta viene suscitata in relazione allo stesso stimolo, tanto più il ricordo diventa stabile. Le risposte apprese dei mammiferi possono modificare gli istinti e quindi possono sovrapporsi a questi o intensificarne la loro espressione. Ad esempio un cavallo addestrato eseguirà le richieste dell’uomo, invece di manifestare la paura o la fuga che sarebbero istintivi.

Insegnare qualcosa al cavallo significa rendere per lui abituali i nostri segnali. Quando un soggetto ha abitudini più o meno consolidate, possono essere usati strumenti per indurre

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queste abitudini, però le basi devono essere ben consolidate, chiare, prevedibili, costanti e non devono essere mescolati altri segnali, per evitare confusione. Gli esercizi devono essere insegnati uno per volta e la risposta deve essere richiesta finché non diventa relativamente stabile, cioè fino a quando non viene ripetuta almeno dieci volte sempre e comunque con lo stesso risultato. Più un’abitudine diventa consolidata e meno potrà essere sopraffatta dall’istinto (McLean, 2001).

Le motivazioni come parte integrante del metodo d’insegnamento

L’addestramento classico del cavallo prevede l’uso di motivazioni, le più comuni sono: il cibo, il dolore, l’approvazione (lode) e la pressione.

Il cibo è una grande motivazione, è un premio che viene dato in seguito ad un comportamento richiesto e quindi ad una risposta corretta.

Il dolore è la peggiore motivazione che possa essere usata. Può esser provocato con gli speroni, con la frusta o con qualsiasi altro contatto fisico violento. Soggetti che necessitano di punizioni per comportarsi correttamente sono vittime di addestratori che usano il dolore come motivazione e spesso diventano pericolosi per le persone che stanno loro vicino.

L’approvazione, invece, è una buona motivazione, è un premio che viene dato in seguito ad una risposta corretta e può consistere in parole gentili, carezze e grattatine. Purtroppo per il cavallo non è sempre un rinforzo sufficiente per ripetere un’azione, tuttavia, associando altri rinforzi, possono essere ottenuti buoni risultati. Bisogna tener presente che il cavallo adora l’attenzione.

La pressione è un rinforzo negativo, infatti, è un metodo che prevede di applicare un fastidio, come ad esempio spingere la cavezza sul naso, e toglierlo nel momento stesso in cui viene eseguita l’azione corretta. La pressione sembra essere il miglior metodo da usare durante l’addestramento di un cavallo: il premio è sempre utilizzabile (diversamente dal cibo) e non provoca paura o dolore, dà al soggetto un segnale chiaro e positivo quando esegue un’azione corretta, incoraggiandolo ad essere ancora più diligente la volta successiva. Il motivo per cui la pressione è un’utile motivazione è perché può essere usata anche per un tempo prolungato senza nuocere all’animale. Ad esempio, la pressione sul morso con la redine è fastidiosa per l’animale, se quando esegue la richiesta la pressione diminuisce, il soggetto capisce che

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comportandosi in quel modo elimina il fastidio e in questo modo impara più rapidamente. Lo svantaggio di questo metodo è che occorre molta pazienza, concentrazione e costanza, però quando il cavallo comprende il meccanismo, apprenderà più rapidamente e ciò che avrà appreso sarà permanente (McNamee-Sutor, 2001).

Nell’addestramento vengono usate sia la pressione fisica che quella psicologica per modellare il comportamento del cavallo. Ogni attività di addestramento dovrebbe essere svolta con questo metodo, vale a dire con la rimozione della pressione nel momento in cui il cavallo risponde correttamente. La pressione deve essere percepita come un problema risolvibile, qualcosa che scompare quando viene eseguito il giusto comportamento. Quando il cavallo è consapevole della pressione, ma rimane rilassato, è nelle migliori condizioni per apprendere e questa fase dovrebbe essere mantenuta durante qualsiasi insegnamento, indipendentemente dall’energia richiesta e dalla complessità dell’esercizio. Se il cavallo viene mantenuto in questo stato durante tutte le fasi di addestramento, otterremo una performance ottimale (Meredith, 2001).

Conclusioni

Il cavallo modifica il suo comportamento in base alle sue esperienze e questo implica un’associazione tra eventi o stimoli. L’impatto di ogni azione dipende da come viene percepita dall’animale piuttosto che dall’intenzione dell’addestratore. I rinforzi positivi e negativi aumentano la probabilità che venga manifestato un certo comportamento, mentre le punizioni lo evitano, ma senza fornire il possibile comportamento alternativo corretto. L’apprendimento può essere definito come la modificazione del comportamento nello svolgere qualcosa, in seguito ad un’esperienza (Chance, 1993). I metodi di premio e punizione sono eventi che hanno uno specifico effetto, vengono associati a determinate azioni (Dickinson, 1990; Mackintosh, 1983) e suscitano determinate reazioni emotive, come è riassunto in tabella.

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Tipo di rinforzo Evento rinforzante Cambiamenti comportamentali

Impatto emozionale

Positivo Presentazione di uno stimolo

specifico Aumento frequenza e/o ridotta latenza della forza, a rispondere

Aumento del piacere

Negativo Rimozione di uno stimolo

specifico Aumento frequenza e/o ridotta latenza della forza, a rispondere

Sollievo

Avverso-punizione Presentazione di uno stimolo

specifico Riduzione frequenza e/o aumentata della forza, latenza a rispondere

Aumento della paura

Avverso-nessuno Eliminazione di un precoce

rinforzo positivo Intensificazione seguita da estinzione Frustrazione, rabbia o depressione

Tabella 1- Definizione e riassunto dei termini relativi ai rinforzi

I limiti biologici sono determinati da vari elementi durante l’apprendimento condizionato (Roper, 1983). Al fine di far associare una risposta ad uno stimolo specifico in esclusione di altri, un cavallo deve imparare a discriminare tra il prima ed il dopo. La capacità di discriminazione visiva ed uditiva è stata valutata tra razze diverse, dove sono state evidenziate alcune differenze, ed è risultato ad esempio che i Quarter Horse imparano molto più velocemente dei purosangue (Mader e Price, 1980) tuttavia, non è noto se questa differenza sia dovuta a diversità sensoriali o percettive delle due razze. La capacità di apprendimento è influenzata, più che dalla razza, il sesso e l’età, dalla storia pregressa del soggetto.

La differenza tra i rinforzi positivi e negativi può essere considerata relativa, in entrambi i casi viene migliorato il benessere del soggetto, con una maggior probabilità di suscitare il comportamento desiderato, tuttavia diversi stati emotivi (piacere rispetto al sollievo dall’ansia) possono essere associati a questi processi (Walker, 1987; Rolls, 1990).

Affinché due eventi vengano associati tra loro, devono essere molto vicini nel tempo e nello spazio (Lieberman, 1993). Il premio che viene dato subito in modo intermittente determina una risposta più lenta, rispetto a quando viene dato dapprima in modo costante, però i comportamenti appresi con questo metodo si estinguono più difficilmente quando il premio viene rimosso (Skinner, 1969).

Il cavallo può imparare a comportarsi in modo appropriato se vengono osservati questi accorgimenti:

- i rinforzi sono tali per gli effetti che determinano e non per quelli supposti dall’addestratore. Punizioni verbali o fisiche non sono efficaci in risposta ad un

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atteggiamento di richiesta di attenzione. Se un premio non funziona, significa che non viene usato appropriatamente come rinforzo positivo e se una punizione non elimina un comportamento sbagliato significa che non è quella giusta. Inoltre i rinforzi secondari devono diventare condizionanti per risultare utili.

- I rinforzi devono essere adeguati. Il limite biologico dell’apprendimento risiede nel fatto che venga stabilita o meno un’associazione tra un determinato comportamento ed il rinforzo, ma esiste anche una predisposizione naturale (Mackintosh, 1983).

- Soltanto comportamenti ben identificabili dovrebbero essere rinforzati. La specificità aumenta la probabilità che il rinforzo venga applicato correttamente, in modo preciso, costante e con adeguata intensità.

- Le opportunità di rinforzo positivo andrebbero ricercate. Poiché esistono più probabilità che una risposta sia sbagliata piuttosto che giusta, dovrebbe essere incoraggiata l’azione corretta e scoraggiata quella sbagliata.

- Il tempo in cui viene dato il rinforzo è critico, deve essere immediatamente conseguente all’azione del cavallo.

Molti dei comportamenti dell’uomo nei confronti del cavallo hanno l’intenzione di essere efficaci, ma dobbiamo stare attenti a ciò che vogliamo comunicare e ciò che realmente, invece, viene percepito dal cavallo (Mills, 1998).

I comportamenti, in qualsiasi modo siano acquisiti, cessano di manifestarsi se la risposta non viene definitivamente più rinforzata. Le risposte di evitamento o fuga acquisite in seguito a rinforzi negativi in genere sono difficili da estinguere, anche se l’animale ha avuto esperienza dello stimolo negativo una sola volta. Se la risposta del cavallo continua ad essere di fuga ed evitamento, non potrà rendersi conto che lo stimolo avverso non è più presente (Voith, 1986). I cavalli sono in grado di creare associazioni strumentali, per questo studi recenti si sono dedicati a valutare il controllo dello stimolo nell’apprendimento strumentale. La capacità del cavallo di classificare i vari stimoli è controversa ed anche gli esperimenti sull’apprendimento sociale sono scarsi. Sono state osservate poche correlazioni tra la capacità di apprendimento del singolo cavallo su diversi obiettivi (task), suggerendo che non è possibile classificare i cavalli in buoni o cattivi alunni. Una migliore capacità di imparare, rilevata in cavalli più

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calmi, probabilmente è dovuta allo stato di tranquillità durante i processi di apprendimento, quindi corrette manualità possono abbassare il livello di reattività nei cavalli e, di conseguenza, facilitare l’apprendimento (Nicol, 2002).

Figura

Tabella 1- Definizione e riassunto dei termini relativi ai rinforzi

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