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Il contesto storico di Benevento nei secoli X e XI

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Il contesto storico di Benevento nei secoli X e XI

Il X e l’XI secolo segnarono per Benevento un progressivo declino economico e territoriale, che portò l’antica capitale longobarda alla definitiva eclissi politica1. I diversi fattori che concorsero alla

crisi, e che affondavano le proprie radici nel IX secolo, furono di natura amministrativa, oltre che economica, e determinanti furono le continue pressioni esterne, da parte dei bizantini e degli incursori arabi, che stremarono con continue guerre, attacchi, scorrerie, i territori beneventani2. Di

fatto, dalla seconda metà del X secolo la città sembra aver subito piuttosto che partecipato agli avvenimenti coevi.

Benevento conservò sempre una propria indipendenza di azione politica, anche sotto la dominazione capuana, e nel momento di maggiore crisi preferì accettare di diventare un rettorato pontificio, piuttosto che venire assoggettata dai Normanni.

Le fonti documentarie sulla Benevento del X e XI secolo sono scarse, e per lo più indirette, a testimonianza dell’estraniamento e del “ripiegamento su se stessa” dell’antica capitale longobarda3.

1 S. GASPARRI, Il Ducato e il Principato di Benevento, in Storia del Mezzogiorno, a cura di G.

Galasso, vol.II, Napoli 1988, p.83-146.

2 Per una sintesi della storia della Langobardia minor con particolare attenzione a Benevento si

vedano E. PONTIERI, Benevento longobarda e il travaglio politico dell’Italia meridionale nell’Alto

Medioevo, in “Atti del III Congresso internazionale di studi sull’alto medioevo (Benevento,

Montevergine, Salerno, Amalfi, 14-18 ottobre 1956), Spoleto 1959, p.19-34; N. CILENTO, Italia

meridionale longobarda, Napoli 1971;V. VON FALKENHAUSEN, I longobardi meridionali, in Storia

d’Italia, diretta da G. GALASSO, III, Torino 1983, p.251-364; EAD., La Campania tra Goti e bizantini,

in Storia e civiltà della Campania. Il Medioevo, a cura di G. PUGLIESE CARRATELLI, Napoli 1992,

p.7-26; MARC. ROTILI, Una città d’età longobarda: Benevento, in I Longobardi, a cura di G. C. Menis,

Milano 1990, p.131-142; B. FIGLIUOLO, Longobardi e Normanni, in Storia e civiltà della Campania.

Il Medioevo, a cura di G. PUGLIESE CARRATELLI, Napoli 1992, p.42-81; J. M. MARTIN, La Longobardia

meridionale, in Il Regno dei Longobardi in Italia. Archeologia, società e istituzioni, a cura di S.

GASPARRI, Spoleto 2004, p.327-365.

3 Già dalla fine del X sec. le fonti mostrano una perdita di controllo e un “disinteressamento” per i

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La crisi politica e la nascita del principato capuano-beneventano

L’unità politico-territoriale del ducato si era disgregata già nella seconda metà del IX secolo a causa delle spinte autonomistiche dei gastaldi4, che avevano portato alla divisio ducatus dell’849, con la

quale si sancì la secessione del ducato di Salerno dal territorio del principato. La spartizione aveva penalizzato Benevento, costretta a rinunciare alle aree pianeggianti e costiere per conservare la sovranità sulle zone più montagnose, interne e povere; la città, quindi, entrò in una fase di grave crisi politica ed economica da cui non si sarebbe più risollevata, anche perché fu schiacciata dall’emergere di nuovi centri di potere quali Salerno e soprattutto Capua5. Quest’ultima stava

vivendo un momento di forte ascesa, grazie al favore imperiale di cui poteva disporre e ad una politica lungimirante dei suoi signori che, a partire dal vescovo Landolfo II (840-870) mirarono a fare della città il primo centro dell’Italia longobarda, sia politico che ecclesiastico6.

La debolezza politica, le faide di palazzo e lo scontento popolare favorirono l’annessione di Benevento al principato di Capua per opera del conte Atenolfo (gennaio 900); la conquista è ricordata dall’anonimo autore del Chronicon Salernitanum, che tramanda una versione drammatica e romanzata dell’ingresso delle truppe capuane7. Atenolfo si fece proclamare a Benevento principe

di tutti i Longobardi, ma nel contempo promosse Capua al rango di capitale, città che di fatto divenne residenza principesca e centro predominante. L’annessione era stata preceduta da un decennio, l’ultimo del X secolo, particolarmente difficile per Benevento, che aveva dovuto sostenere un’occupazione militare dei Bizantini (891-895)8, sostituiti poi da Guido di Spoleto, che 4VON FALKENHAUSEN, I longobardi cit., p.263.

5 Sulla storia di Capua nel X e XI sec cfr. N. CILENTO, Le origini della signoria capuana nella Longobardia minore, Roma 1966; I. DI RESTA, Il principato di Capua, in Storia del Mezzogiorno, II,

1, p. 159-178; EAD., Capua medievale, Napoli 1983.

6 Landolfo cercò di ottenere per Capua la nomina a sede arcivescovile già nel IX sec.; VON

FALKENHAUSEN, I longobardi cit., p.266-267.

7 Riportato da CILENTO, Italia meridionale cit., p.147.

8 Per un resoconto dei rapporti tra bizantini e longobardi si vedano V. VON FALKENHAUSEN, La dominazione bizantina nell’Italia meridionale dal IX all’XI secolo, Bari 1978; EAD., Magna Grecia

bizantina e tradizione classica. Vicende storiche e situazione politico-sociale, in Magna Grecia bizantina e tradizione classica, Atti del XVII convegno di studi sulla Magna Grecia, Napoli 1978,

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vi aveva dominato per pochi anni (895-899), prima di restituire il governo a Radelchi II, erede di una delle fazioni nobili beneventane; Radelchi era avversato da elementi interni e da aristocratici esiliati, e riuscì a governare solo per pochi mesi prima che, approfittando della sua debolezza politica, il conte capuano Atenolfo facesse ingresso in città.

Da quel momento, il centro degli avvenimenti divenne Capua, e Benevento scivolò in una sostanziale subordinazione politica, espressa anche dalla mancanza di fonti e notizie sulla sua storia interna durante il X secolo. L’unità dei due centri durò fino al 981, ma anche quando ritornarono a formare due distinti organismi politici, Capua e Benevento furono governate da discendenti del ceppo di Atenolfo che, fin dal 901, attraverso il principio associativo della coreggenza mutuato dal costume bizantino, era riuscito a legare il principato alla sua dinastia9.

Durante il regno di Atenolfo (900-910), Benevento fu trascinata nella lotta contro le città costiere bizantine e contro i Saraceni, le cui scorrerie subirono una battuta d’arresto soltanto dopo la distruzione della base situata alla foce del Garigliano (915)10.

La posizione di Benevento durante il regno di Landolfo I (910-943), associato al figlio Atenolfo III (933-943), fu improntata ad una maggiore autonomia, favorita dalla reggenza di fatto di principi associati con sedi distinte; la reggenza “dissociata” è rivelata una prima volta in due diplomi del 943 emessi da Atenolfo III, che aveva scelto di risiedere a Benevento lasciando Capua al fratello Landolfo II11. Atenolfo III attuò una politica indipendente dal principato capuano nei confronti

dell’Impero orientale, scegliendo di attaccare nel 936 Siponto, mentre Capua stava cercando un accordo con Bisanzio12. Atenolfo fu estromesso dal potere dal fratello, nell’ottobre del 943.

9 CILENTO, Le origini cit., p.140-148.

10 La base saracena fu distrutta da una coalizione papale, longobarda e imperiale, promossa da

Atenolfo, che, però, non ne vide il compimento; VON FALKENHAUSEN, I longobardi cit., p.275.

11 L’osservazione è riportata da GASPARRI, Il Ducato e il Principato cit., p.133. 12 Cfr. GASPARRI, Il Ducato e il Principato cit., p.133.

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I rapporti con l’impero costantinopolitano

Pur mantenendo una decisa indipendenza politica, il principato, stretto tra i due temi di Langobardia (Puglia e Lucania) e Sikelìa (frammento di Sicilia e Calabria), ai quali si aggiungevano le città grecizzanti della costa, scelse di riconoscere la sovranità bizantina13. Il rapporto di sudditanza era

più formale che reale, e si esprimeva in modo ufficiale nei diplomi, nell’uso di titoli bizantini da parte dei principi e nella datazione delle carte secondo gli anni di governo degli imperatori; l’influenza bizantina fu, però, più forte e continua a Benevento che a Capua14. Come scrive Gasparri

“gli avvenimenti strettamente beneventani non sono chiarissimi, tuttavia quella parte del principato unificato fu sempre più esposta all’influenza e agli attacchi che venivano da oriente; i confini stessi tra la Langobardia bizantina e Benevento erano poco chiari, e variavano secondo i rapporti di forza”15. I rapporti con Bisanzio furono sempre ambigui, perché il principato longobardo da una

parte cercava di sfruttare la situazione per acquisire maggiore indipendenza e potere all’interno della stessa gerarchia bizantina16, dall’altra attaccava le città costiere nominalmente bizantine, e

continuava perfino ad appoggiare le rivolte pugliesi contro i funzionari greci17. Come reazione alle

invasioni dei principi capuani in Puglia18, i Bizantini occuparono più volte Benevento, sia nel 927

che nel 93819. Queste continue tensioni nascevano dalla sostanziale incapacità dell’Impero

costantinopolitano di essere presente capillarmente sul territorio, ma la sua potenza militare,

13VON FALKENHAUSEN, I longobardi cit., p.273; EAD., La Campania cit., p.23.

14 VON FALKENHAUSEN, La dominazione cit.,p.33-36; EAD., La Campania cit., p.23; J. GAY, L' Italie meridionale et l'empire byzantin depuis l'avenement de Basile 1. jusqu'a la prise de Bari par les Normands (867-1071), New York 1960, p.160-163; GASPARRI, Il Ducato e il Principato cit., p.132.

15 I bizantini rivendicavano l’appartenenza al tema delle terre beneventane nel loro complesso;

GASPARRI, Il Ducato e il Principato cit., p.132.

16 Si veda, ad esempio, il tentativo di Landolfo il quale chiese, senza successo, di essere nominato

stratego di Langobardia (921). Cfr. GASPARRI, Il Ducato e il Principato cit., p.132.

17 Le rivolte erano molto frequenti, e i principi capuano-beneventani cercavano di sfruttare

l’insofferenza della popolazione pugliese per l’amministrazione bizantina per cercare di proporsi come autorità politica alternativa; le rivolte ebbero comunque tutte esito fallimentare; VON

FALKENHAUSEN, I longobardi cit., p.276-277.

18 Landolfo I invase la Puglia una prima volta nel 926, e giunse a controllarla tra il 929 e il 934-35,

ma fu sconfitto entrambe le volte da generali bizantini. Cfr. GASPARRI, Il Ducato e il Principato cit.,

p.133.

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superiore a quella longobarda, bilanciava la situazione creando una condizione di stallo, per cui nessuno dei poteri riusciva a prevalere20.

L’età degli Ottoni nel contesto politico meridionale

Durante l’età degli Ottoni Benevento ebbe un ruolo politico marginale, e fu coinvolta soltanto in quanto parte del principato capuano, e infatti si colloca nella storia di Capua la maggiore personalità politica del tempo, quella di Pandolfo Capodiferro (961-981), che riunificò la Longobardia meridionale attraverso una politica di equilibrio tra le forze imperiali, papali e bizantine.

Pandolfo, in teoria sottoposto a Bisanzio21, riuscì ad acquisire Camerino e Spoleto attraverso il

riconoscimento della sottomissione all’imperatore Ottone I22, mentre il principato di Salerno fu

annesso alla morte del principe Gisulfo I nel 977. Anche questa volta l’unione politica del territorio meridionale fu di breve durata, e entrò in crisi già alla morte del Capodiferro nel marzo del 981; la sua autorità principesca era stata minata dal “rapido declino dei poteri centrali a favore delle dinastie locali di conti e gastaldi, conseguenza politica del fenomeno (sociale, economico, militare) dell’incastellamento, [che] impediva la sopravvivenza di organismi troppo vasti”23.

Nell’ottobre del 981 i Beneventani cacciarono il figlio del Capodiferro, Landolfo IV, riconoscendo come principe il cugino di questi, Pandolfo II (981-1013)24. Sulla base di questo riconoscimento di

sovranità al ramo cadetto della famiglia principesca, Gasparri ipotizza che fin dall’annessione i membri più giovani della dinastia capuana abbiano esercitato una sorta di reggenza a Benevento,

20 Secondo GAY sia i tre principati longobardi che le città costiere della Campania rappresentavano

una zona neutra tra i due poteri imperiali latitanti; cfr. ID. L' Italie meridionale cit., passim.

21 Durante le campagne antibizantine di Ottone in Puglia e Calabria (968-970), Pandolfo fu fatto

prigioniero a Bovino e inviato a Costantinopoli, dove si giunse ad un accordo che stabiliva le diverse sfere di influenza nell’Italia meridionale, e riconosceva al Capodiferro l’aggancio alla sfera occidentale. Il principe capuano fece ritorno nel 970, alla fine delle campagne di Ottone I. Cfr. GASPARRI, Il Ducato e il Principato cit., p.134.

22 La sottomissione ad Ottone I valse a Pandolfo l’investitura a margravio di Camerino e duca di

Spoleto; CILENTO, Le origini cit., p.158; VON FALKENHAUSEN, I longobardi cit., p.277-278.

23 GASPARRI, Il Ducato e il Principato cit., p.134.

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stabilendo in questo modo con la città un legame preferenziale; ciò permise il radicamento dinastico di questo ramo dei Capuanites nell’antica capitale sino alla fine del principato25.

L’età di Pandolfo II fu ancora una volta difficile per Benevento, colpita da un terremoto (990), assediata dai Saraceni (nel 982 e nel 1002), e da Ottone III (999), le cui campagne antibizantine e antisaracene non erano state appoggiate dal principe beneventano, ma la città riuscì comunque a difendersi con successo26.

L’XI secolo e la fine dell’autonomia di Benevento

Allontanatasi definitivamente dall’influenza capuana, la Benevento dell’XI secolo non sembra avere avuto una politica propria, ma appare agli storici rinchiusa in se stessa, senza legami apparenti con il contesto storico contemporaneo; il centro longobardo “viveva una sua vita oscura, fatta di una lenta dissoluzione”27.

I principi beneventani28, abbandonato ogni progetto di espansione del ducato29, avevano

gradualmente perso il controllo anche sul territorio nominalmente dipendente30 e, sul fronte interno,

non riuscivano a frenare le turbolenze provocate dalle fazioni nobiliari, anche provinciali, che aspiravano al potere31. L’antica capitale del principato non aveva più un valore politico-simbolico, e

non rappresentava più un obiettivo di conquista né per i Bizantini, che miravano piuttosto al

25 GASPARRI, Il Ducato e il Principato cit., p.132; cfr. anche VON FALKENHAUSEN, I longobardi cit.,

p.277-279.

26 GASPARRI, Il Ducato e il Principato cit., p.138-140.

27 Il giudizio è di GASPARRI, Il Ducato e il Principato cit., p.139-140.

28 Dopo Pandolfo II Benevento fu governata dal figlio di questi Landolfo V (1013-1038), cui

successero Pandolfo III (1038-1059) e Landolfo VI (1059-1077).

29 Benevento aveva dovuto rinunciare alla conquista della Puglia, tradizionale direttrice della sua

espansione, a causa del rafforzamento della frontiera attraverso la costruzione di una nuova cintura difensiva di castelli; cfr. GASPARRI, Il Ducato e il Principato cit., p.139.

30 Il restringimento delle zone controllate è testimoniato dai diplomi del periodo; cfr. GASPARRI, Il Ducato e il Principato cit., p.139.

31 Nel 1003 una congiura di “alquanti beneventani” portò sul trono per due anni Adelferio conte di

Avellino; il trono fu poi restituito a Pandolfo II; inoltre, dopo la morte di Pandolfo II, nel 1015, le agitazioni interne sfociarono in una fallimentare rivolta nobiliare; cfr GASPARRI, Il Ducato e il

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controllo di Capua e Salerno32, né per l’imperatore Enrico II, che la occupò nel 1022 per farne una

base strategica contro Capua, Montecassino e Salerno33.

Nei confronti dell’Impero occidentale Benevento ebbe un atteggiamento di insofferente subordinazione; Pandolfo III fu costretto a riconoscersi vassallo dell’Impero (1038), ma più volte i dinasti beneventani si rifiutarono di aprire le porte della città ad Enrico III e al suo alleato papa Clemente II, per cui furono costretti a subire un lungo assedio, e a Leone IX, che per questo motivo li scomunicò nel 1050.

L’XI secolo vide l’ascesa di una nuova forza politica, quella dei Normanni, arrivati nell’Italia meridionale come mercenari all’inizio del secolo, e divenuti soggetto politico a partire dal 1039, quando vennero riconosciuti signori della contea di Aversa. I principi beneventani ebbero nei confronti dei Normanni un atteggiamento miope, e, loro alleati contro i Bizantini, non seppero sfruttare il successo ottenuto a Montepeloso (1041)34; dopo la vittoria Atenolfo, con il catepano di

Puglia prigioniero, ritornò a Benevento abbandonando gli alleati che, interessati a proseguire nella loro politica di conquista, si misero sotto l’egida del principe di Salerno Guaimario V35. Nel

tentativo di ridimensionare il potere di Guaimario, Enrico III riconobbe i Normanni come propri vassalli, ma la sua politica fu avversata da Benevento, come già ricordato; l’imperatore, dopo un vano assedio della città longobarda, diede il permesso ai Normanni di saccheggiarne i territori circostanti36. Nella situazione di crisi, vista la sostanziale impotenza dei principi, l’aristocrazia

beneventana approfittò della scomunica di Leone IX per cacciare Pandolfo III dalla città (1050) e

32 Benevento venne trascurata durante le campagne di Basilio Boioannes (1018-1028) che cercò

invece di controllare le altre due capitali longobarde; VON FALKENHAUSEN, I longobardi cit.,

p.281-283.

33 Queste città furono attaccate da Enrico II perché erano diventate filo-bizantine; cfr. GASPARRI, Il Ducato e il Principato cit., p.140.

34 Capo dell’impresa antibizantina fu Atenolfo, figlio di Pandolfo III principe di Benevento

(1038-1059), scelto come duca dai Normanni “per accattivarsi le simpatie delle popolazioni pugliesi che nel potere principesco di Benevento potevano vedere un punto di riferimento tradizionale alternativo a quello bizantino”; dopo la vittoria i Normanni costituirono un dominio territoriale nella Puglia settentrionale. GASPARRI, Il Ducato e il Principato cit., p.141.

35 Guaimario V prese sotto la sua sovranità tutte le loro conquiste a partire dal 1042; cfr. GASPARRI, Il Ducato e il Principato cit., p.141.

36 I Normanni attaccarono più volte Benevento, anche dopo gli accordi di Civitate in base ai quali la

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chiedere la protezione papale; il principe venne definitivamente sconfitto dalle forze papali nel 1051 a Civitate. I Beneventani giurarono allora fedeltà a Leone IX, e la nuova sovranità pontificia sulla città venne riconosciuta dall’imperatore salico con gli accordi di Worms37.

Dopo la sconfitta di Civitate i principi beneventani ritornarono al potere, ma a patto di riconoscere la sottomissione al dominio papale; Pandolfo III abdicò di fatto, scegliendo di farsi monaco in Santa Sofia, mentre il suo successore Landolfo VI (1059-1077) si trovò ad amministrare il progressivo passaggio sotto il diretto controllo pontificio, culminato nel 1073 con il giuramento di fedeltà a Gregorio VII38. Alla morte senza eredi di Landolfo VI, avvenuta il 27 novembre del 1077, il

governo dell’antica capitale longobarda fu assunto da rettori pontifici39, espressione di

quell’aristocrazia cittadina che aveva manovrato per cacciare la dinastia regnante e salvare la città dai Normanni. Benevento era riuscita a sottrarsi ai dominatori stranieri grazie alla protezione papale, ma il suo estraniamento dal nuovo regno in formazione ne determinò anche la definitiva eclissi politica.

Aspetti economici e sociali

Nel X e XI si verificò nei territori del ducato una crescita demografica ed economica che gli storici desumono indirettamente da un’analoga tendenza riscontrabile nel resto dell’Italia meridionale; la mancanza di grandi monasteri ha infatti determinato una sostanziale povertà di materiale archivistico risalente a questo periodo40.

37 In base a quegli accordi, l’imperatore concesse al papa Benevento «vicariationis gratia», ma

l’autorità pontificia non andò mai oltre gli immediati confini della città; GASPARRI, Il Ducato e il

Principato cit., p.141.

38 Il papa concesse ai principi beneventani di mantenere il governo della città, a patto di rispettare i

privilegi dei nobili; cfr. GASPARRI, Il Ducato e il Principato cit., p.141-142.

39 Il governo papale durerà fino al 1860.

40 L’aumento demografico e produttivo non è ben testimoniato nel nucleo delle terre beneventane, a

causa della povertà di materiale archivistico di questo periodo, dovuto alla mancanza di grandi monasteri, e quindi di archivi efficienti; GASPARRI, Il Ducato e il Principato cit., p.135.

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L’area beneventana fu interessata da un significativo fenomeno di incastellamento, connesso all’incremento della popolazione; si riscontra, pertanto, una tendenza all’accentramento degli insediamenti e alla fortificazione di centri vecchi e nuovi41. I siti fortificati non si svilupparono per

esigenze difensive, dal momento che si moltiplicarono soprattutto intorno alla metà del X secolo, quando ormai il pericolo saraceno era stato fugato42; piuttosto, il loro aumento di numero e

dimensioni è da porre in relazione con la generale ristrutturazione delle basi produttive e dei quadri sociali della società medievale campana.

L’incastellamento ebbe come necessaria conseguenza la creazione di autonomie locali del tutto svincolate dal potere centrale capuano-beneventano, che portarono il ducato alla dissoluzione dopo la morte di Pandolfo Capodiferro. Il principe capuano riuscì durante il suo regno a frenare l’autonomia dei conti, controbilanciando le concessioni fatte a laici di diritti pubblici con diritti analoghi ceduti a istituzioni ecclesiastiche; Pandolfo cercò di appoggiarsi a Montecassino e a San Vincenzo al Volturno per arginare la crescita dei poteri signorili concedendo loro lo ius munitionis (967), cioè il diritto di incastellare ovunque43.

La particolare situazione politica fu dunque molto favorevole per i monasteri che poterono acquisire una decisiva importanza patrimoniale, e tra questi va annoverato anche il cenobio beneventano di S. Sofia, nominalmente dipendente da Montecassino, e maggiore istituzione monastica della città.

L’economia di Benevento si fondava soprattutto sull’agricoltura, e fu sicuramente danneggiata dalla

divisio ducatus dell’849, che lasciava sotto la sua sovranità i territori più poveri e montagnosi44.

L’attività agricola era gestita soprattutto dai grandi monasteri, che affidavano la conduzione delle

41 J. M. MARTIN, Éléments préféodaux dans les principautés de Benevent et de Capoue (fin du VIIIe siècle - debout du XIe siècle): modalités et privatisation du pouvoir, in Structures féodales et féodalisme dans l’occident méditerranién, Rome 1980, p.579.

42 C. WICKHAM, L' Italia nel primo Medioevo: potere centrale e società locale, 400-1000 , Milano

1983,passim

[http://archeologiamedievale.unisi.it/NEWPAGES/EDITORIA/Testi/storiamed/wickham/06.pdf].

43 GASPARRI, Il Ducato e il Principato cit., p.136. 44 CILENTO, Italia meridionale cit., p.49-66.

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terre a coloni che avevano l’obbligo di ridurre a coltivazione le terre incolte45; l’incremento

produttivo e l’incerta situazione politica permisero ai contadini di emanciparsi e diventare alloderi46.

L’attività commerciale era presente nel centro longobardo, ma non doveva essere particolarmente sviluppata e rilevante, come si verificava invece nelle città costiere47. Benevento era un punto di

passaggio obbligato sulla via Appia, l’unica strada che allora portava da Roma alla Puglia, e se pure la città longobarda non seppe sfruttare in pieno la sua posizione strategica, fu indubbiamente un centro di traffico48. Secondo Cilento, però, furono principalmente i monasteri a sostenere e

alimentare il commercio, soprattutto quello di manufatti di lusso provenienti dai domini bizantini; i monaci acquistavano stoffe, tappeti, oreficeria e spezie da mercanti greci e arabi, pagati con grano e lana importati dalle signorie fondiarie interne49. Inoltre, sappiamo della presenza nel X secolo di

una colonia di ebrei50.

Centri della vita culturale e religiosa della città furono sicuramente la cattedrale di S. Maria, cresciuta d’importanza dopo la nomina di Benevento a sede arcivescovile (969)51, e il monastero di

S. Sofia52; esistevano, comunque, nei secoli X e XI numerosi cenobi sia in città che extra moenia,

dipendenze cassinesi o volturnesi53. 45 CILENTO, Italia meridionale cit., p.64-66. 46 WICKHAM, L' Italia cit., passim.

47 CILENTO, Italia meridionale cit., p.64

48 MARC. ROTILI, Benevento romana e longobarda: l’immagine urbana, Benevento 1996, p. 49 CILENTO, Italia meridionale cit., p.64-66.

50 CILENTO, Italia meridionale cit., p.64-66.

51 Per una storia della cattedrale si vedano le ricostruzioni di M. ROTILI, La cattedrale di Benevento nell’alto medioevo, in “Bollettino di storia dell’arte del centro studi per i nuclei antichi e documenti

artistici della Campania meridionale, Salerno, Avellino, Benevento”, 1, Salerno 1973, p. 3-14; C. LEPORE, L’église de Bénévent et la puissance publique: relations et conflits (des origines au XIIe

siècle), in La Cathédral de Bénévent, ed.T. F. Kelly, Gand-Amsterdam 1999, p. 378-385.

52 Il monastero di S. Sofia, che fino al 940ca. era stato femminile e alle dipendenze di Montecassino,

si emancipò dall’abbazia di S. Benedetto nella seconda metà del X sec., diventando sostanzialmente autonomo con la trasformazione in monastero maschile; Chronicon Sanctae Sophiae (cod. Vat. Lat.

4959), a cura di J.-M. MARTIN, Roma 2000, p. 45-63; ROTILI, Benevento romana cit., passim.

53 Nel X E XI sec. vennero edificati a Benevento i monasteri di S. Salvatore e S. Maria a Porta

Somma, S. Vittorino e S. Eufemia, Ss. Lupolo e Zosimo (costruito per Roffridum comitem prima del febbraio 949). Fuori città gli edifici religiosi erano ubicati nei pressi di importanti arterie di comunicazione; ad esempio S. Pietro fuori le mura sorgeva lungo l’Appia; per un elenco completo dei monasteri beneventani cfr. ROTILI, Benevento romana cit., p.; e P. F. KEHR, Regesta Pontificum

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Riferimenti

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