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Capitolo quarto: IL PROFILO SANZIONATORIO

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Capitolo quarto:

IL PROFILO SANZIONATORIO

1. L’art. 110: contenuto della norma e innovazioni rispetto alla disciplina previgente.

2. Le sanzioni civili: la sospensione del diritto di voto e l’obbligo di alienazione. 3. L’impugnazione delle delibera da parte della Consob.

4. Le sanzioni amministrative.

5. La tutela delle minoranze in giurisprudenza. 6. Le proposte della dottrina.

1. L’art. 110: contenuto della norma e innovazioni rispetto

alla disciplina previgente.

L’art 110 del TUF, rubricato “Sospensione del diritto di voto”, indica quali sono le sanzioni conseguenti ad una eventuale violazione delle disposizioni in materia di Opa obbligatoria, contenute nella Sezione II del testo unico. In primo luogo, si dispone la sospensione del diritto di voto per l’intera partecipazione detenuta dal soggetto che ha violato le norme in materia di Opa obbligatoria.

Tale previsione rappresenta una novità rispetto alla legge n. 149/19921, la quale si limitava a vietare l’esercizio del diritto di voto inerente alle sole azioni acquisite in violazione2 alle norme sull’Opa obbligatoria.

1 L’art. 10 com ma 11 L. 149/92 disponeva che ”La violazione delle disposizioni di cui al com ma 1 è

punita con la sanzione am mi nistrativa del pagamento di una som ma da un ventesimo ad un decimo del valore dei titoli per i quali deve essere promossa un’offerta pubblica di acquisto”. In

considerazione del fatto che nel sistema della L. 149/92 l’OPA preventiva (art. 10 com ma 1 L. 149/92) si configurava come mero onere e non come obbligo, si riteneva che l’applicazione della sanzione suddetta fosse in realtà ricollegata alla violazione dell’obbligo di OPA successiva (art. 10 comm a 8 L. 149/92). Non risultavano invece sanzionate né le violazioni dell’obbligo di OPA incrementale (art. 10 comm a 7 L. 149/92), né le violazioni dell’obbligo di OPA di maggioranza relativa (art. 10 com ma 3 L. 149/92).

2 Il comma 10 dell’art. 10 L. 149/92 vietava l’esercizio del diritto di voto inerente alle azioni

acquisite in violazione delle disposizioni di cui ai commi 1, 7 e 8 dello stesso art. 10; mentre ai sensi dell’art. 10 comma 11 L. 149/92 la partecipazione acquisita in violazione dei com mi 1, 3, 7 e 8 del medesimo art. 10 doveva essere alienata entro 12 mesi.

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I principali benefici derivanti da tale mutamen to sono due: da un lato, aumenta l’effetto deterrente di questa norma, dall’altro la si rende efficace anche nelle ipotesi in cui lo scalatore, indipendent e m e n te dalle azioni illegittimam ente acquistate, riesca comunq ue a dominare l’assemblea, come può accadere nelle società ad azionariato molto diffuso o in caso di Opa di consolidamento.

A carico del medesimo soggetto grava, inoltre, l’obbligo di dismettere, entro il termine di dodici mesi, le azioni acquisite in eccedenza rispetto alle percentuali, pari al 30 per cento e al 90 per cento, stabilite dagli artt. 106 e 108 rispettivamente in tema di Opa totalitaria e di Opa residuale, a pena di reclusione e di multa per gli amministratori che omettono di farlo (art. 173 TUF)3. Qualora il diritto di voto venga esercitato il TUF contem pla due forme di reazione: la prima consiste, stante il rinvio operato dall’art. 110 TUF all’art. 14 commi 5 e 6 TUF, nella possibilità di richiedere l’annullamento della delibera assembleare4 se, senza il voto di chi avrebbe dovuto astenersi, non si sarebbe raggiunta la necessaria maggioranza5 (c. d. “prova di resistenza”)6; la seconda consiste nell’ulteriore sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’art. 192 comma 2 lett. b), TUF. Un’ulteriore novità rispetto alla disciplina precedente7 è rappresentata dall’assenza della previsione di tale sanzione pecuniaria nel medesimo

3 F. SGUBBI, Le sanzioni,, in La riforma delle società quotate, Quaderni di giurisprudenza

commerciale n. 187, Milano, 1998, pag. 300 e ss..

4 In ogni caso, le azioni per le quali non può essere esercitato il voto, che sono tutte quelle

detenute dal soggetto, sono computate ai fini della regolare costituzione dell’assemblea (art. 14,com ma 5).

5 A tal proposito altra rilevante novità introdotta dal legislatore riguarda i soggetti legittimati ad

azionare l’impugnativa della delibera. Difatti, oltre ai soggetti di cui all’art. 2377, comma secondo, c.c., l’impugnazione può essere proposta anche dalla Consob entro sei mesi dalla deliberazione o, se soggetta a iscrizione nel registro delle imprese , entro sei mesi dall’iscrizione. Pertanto, il rinvio all’art. 14, comma sesto, si limita, di fatto, al semplice richiamo del termine per l’impugnazione che risulta allungato rispetto a quello ordinario di tre mesi stabilito dal codice civile.

6 Così P. BELVEDERE, Il sistema sanzionatorio, in Le offerte pubbliche di acquisto, La nuova

disciplina delle OPA nel Testo Unico della Finanza, Il Sole 24 Ore, Roma,2000, p. 180.

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Nella legge 149/1992 la sanzione amministrativa pecuniaria era contenu ta nell’art. 10, comma decimo. Tale provvedimento era analogo a quello previsto attualmente dall’art. 192 del Testo Unico. L’unica differenza si percepisce per quel concerne i limiti edittali disposti dalla norma.

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testo normativo dell’art. 110. Tale eliminazione non ha implicato l’abrogazione della suddetta previsione ma discende esclusivamente da esigenze sistematiche del legislatore delegato che ha ritenuto più opportuno raccogliere tutte le sanzioni amministrative previste dal testo unico della finanza nel Titolo II della parte V, dedicata appunto alle sanzioni.

2. Le sanzioni civili: la sospensione del diritto di voto e

l’obbligo di alienazione.

L’art. 110 del TUF prevede due sanzioni civili “indirette” poste dal legislatore in caso di violazione delle disposizioni normative in tema di Opa obbligatoria8: la sospensione del diritto di voto inerente l’intera partecipazione detenuta (c.d. “sterilizzazione del diritto di voto”)9 e l’obbligo di alienazione delle partecipazioni eccedenti i limiti percentuali definiti agli articoli 106 e 108 del TUF.

Con specifico riferimento alla sospensione del diritto di voto, si può ritenere che essa costituisca un effettivo divieto di esercitare tale diritto per colui che si trovi nella situazione prospettata dall’art. 110. Da ciò discende che il presidente dell’assemblea avrà il potere di escludere dalla votazione le azioni per le quali il voto risulti sospeso, sebbene le stesse siano calcolate ai fini della regolamentare formazione dell’assemblea.

8 La dottrina ha sempre riconosciuto unanime m e nt e , con riferimento sia all’obbligo di astensione

dal voto sia all’obbligo di ritrasferimento delle partecipazioni eccedenti i limiti percentuali legali, il carattere sanzionatorio di queste prescrizioni qualificandole come “sanzioni civili indirette o

punitive ”: “civili ”, in quanto colpiscono nel patrimo nio il soggetto; “indirette” perché fanno

riferimento a misure che della sanzione hanno solo la funzione. Esse mirano a garantire l’effettività dell’ordinamen to giuridico e a prevenire la trasgressione di precetti posti a salvaguardia di interessi generali.

9 È questa la terminologia usata nella Relazione Ministeriale al TUF, che dedica alla norma in

esame un succinto articolo (art. 132) che si limita a ribadire , peraltro in forma ancora più sintetica rispetto al testo di legge , la sanzione della sospensione del diritto di voto dell’intera partecipazione e l’obbligo di alienazione delle azioni eccedenti entro dodici mesi.

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Tale sanzione pone alcuni problemi con riguardo agli effetti che la stessa esplica sugli altri diritti del socio.

In proposito, la più recente dottrina ritiene che il socio conservi il diritto di partecipazione e di intervento in assemblea, configurando quest’ultimo come diritto autonom o rispetto al diritto di voto.

Pertanto al socio che ha acquistato illecitamente sono comun que riconosciuti i diritti patrimoniali quali il diritto agli utili e il diritto d’opzione.

Per quanto concerne invece, la sanzione riguardante l’obbligo di alienazione delle partecipazioni eccedenti le percentuali previste dagli artt. 106 e 108, qualche problema sorge in merito agli acquisti effettuati senza ricorrere ad un’offerta pubblica totalitaria o residuale. Dalla lettura della norma contenuta nell’art. 110 e dal complessivo sistema giuridico orientato a salvare i contratti su strumenti finanziari per proteggere il funzionamen to complessivo del mercato10, si può desumere che siffatti acquisti rimangono comunq ue validi.

Inoltre un altro aspetto da chiarire sempre in merito a tale sanzione, riguarda l’individuazione del momento del giorno a partire dal quale decorrono i dodici mesi utili per attuare il ritrasferimento dei titoli. In realtà manca una precisa disposizione in tal senso , pertanto sembra ragionevole far decorrere il termine dal momento in cui sussistono le condizioni di legge per l’insorgenza dell’obbligo di Opa. L’importanza dell’individuazione corretta di detto termine deriva dall’applicazione , nel caso di omessa alienazione di tale partecipazione nel termine legale , della sanzione penale prevista dall’art. 173 del TUF a carico degli amministratori inadempienti.

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Così art. 2357, quarto com ma, c. c., relativo all’illecito acquisto di azioni proprie ; art. 2359-ter, primo comma, c.c. relativo all’acquisto illecito di azioni della società controllante.

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Infine, occorre precisare che qualora il socio tenuto all’alienazione sia rappresentato da una società, il relativo obbligo di alienazione graverà sui suoi amministratori, senza necessità di una delibera assembleare.

3. L’impugnazione delle delibera da parte della Consob.

L’esercizio del diritto di voto con le azioni per le quali è disposta la sospensione rende la deliberazione affetta da vizio, qualificabile come annullabilità e, dunque, impugnabile ai sensi dell’art. 2377 c. c. , legittimata inoltre all’impugnazione è anche la Consob11.

Tuttavia, il dato testuale della norma non obbliga esplicitamente la Commissione ad esercitare il potere di impugnativa. A quest’ultima ,difatti, viene riconosciuto un potere discrezionale circa la decisione se impugnare o meno la deliberazione viziata.

L’esercizio di tale facoltà implica, inoltre , una valutazione discrezionale di tipo tecnico, per cui la Consob dispone, in qualità di autorità amministrativa, di un certo margine di apprezzamento che comunq ue deve essere esercitato conforme me n te ai poteri di vigilanza indicati all’art. 5 del Testo Unico. Alla Consob è consentito di rinunciare all’azione di impugnativa già promossa, mediante la revoca della relativa delibera12. Il provvedimento di revoca deve implicare, però, una nuova valutazione circa l’opportunità del permanere degli effetti della precedente deliberazione, alla luce di una modificazione oggettiva della situazione di fatto esistente al momento dell’emanazione dell’atto.

Infine, per quanto concerne la motivazione dell’attribuzione dell’impugnativa in capo alla Consob, essa deriva dalla presenza di un interesse pubblico all’osservanza della sospensione del diritto di voto.

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Tale riserva di impugnativa a favore della Consob rappresenta una importante novità rispetto all’art. 10 della legge 149/1992.

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L’interesse pubblico salvaguardato dalla Commissione nel caso di specie è quello della lesione degli interessi degli azionisti di minoranza tutelati dalle disposizioni in materia di offerte pubbliche di acquisto obbligatorie.

Tale interesse pubblico prevale nei confronti dell’interesse sociale; infatti l’impugnazione della delibera non viene subordinata alla potenzialità del danno che quest’ultima presenta per la società, potendo l’impugnazione porsi anche in contrasto con l’interesse sociale.

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4. Le sanzioni amministrative.

Il sistema sanzionatorio predisposto dal testo unico si fonda essenzialmente su sanzioni di tipo amministrativo, riservando lo strumento penale a poche circostanze caratterizzate dalla presenza di una grave minaccia al corretto funzioname nt o dei mercati.

Nell’ambito delle offerte pubbliche di acquisto, in seguito al decreto legislativo del 24 Febbraio 1998 e fino al 2002 , avevano rilievo due fattispecie di tipo penale: l’art. 173 e l’art. 174 del TUF.

Le disposizioni legislative contenute nell’art. 174 (False comunicazioni e ostacolo alle funzioni della Consob), attualmente non hanno più valore in quanto sono state abrogate13, pertanto l’unica fattispecie di rilievo penale risulta essere quella prevista dall’art. 173 del TUF.

Accanto a questi pochi provvedimenti penali si pongono numerose sanzioni amministrative.

L’art. 192 del TUF14 prevede una serie diversificata di fattispecie di illecito amministrativo soggette a una uniforme sanzione amministrativa pecuniaria.

Il criterio di determinazione del quantu m di tale sanzione, infatti, diversamente dal previgente regime, basato sull’applicazione di criteri percentuali rispetto al valore complessivo dell’operazione, varia da un tetto

13 Articolo abrogato dall'art. 8 del d. lgs. n. 61 dell'11.4.2002 (pubblicato nella G.U. n. 88 del

15.4.2002). Il reato di “False comunicazioni e ostacolo alle funzioni della Consob” è attualmente previsto e punito dall'art. 2638 del codice civile, così come sostituito dall'art. 1 del d. lgs. n. 61/2002.

14 Tale articolo, a seguito della modifica operata dall’art. 39, com ma 3, della l. n. 262 del

28.12.2005, dispone che “1. Chiunque viola l'obbligo di promuovere un'offerta pubblica di acquisto

o di scambio ovvero effettua un'offerta pubblica di acquisto o di scambio in violazione delle disposizioni dell'articolo 102, comma 1 e 3, è punito con la sanzione ammi nistrativa pecuniaria da euro venticinque milaottocentoventicinque a euro cinquecentosedicimilaquattrocentocinquantacinque . 2. La sanzione indicata nel comma 1 si applica a chi:a) non rispetta le indicazioni fornite dalla Consob ai sensi dell'articolo 102, comma 2, ovvero viola le disposizioni dei regolamenti emanati a norma dell'articolo 103, commi 4 e 5;b) esercita il diritto di voto in violazione delle disposizioni dell'articolo 110. 3. Gli am mi nistratori di società con azioni quotate in mercati regolamentati italiani che eseguono operazioni in violazione dell'obbligo di astensione previsto dall'articolo 104, com ma 1, sono puniti con la sanzione am mi nistrativa pecuniaria da circa euro cinquemila a euro centomila.”.

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minimo (circa venticinque mila euro) ad un tetto massimo (circa cinquecento mila euro).

La soluzione legislativa adottata deriva dall’opinione che il livello di offensività delle diverse ipotesi sanzionate definite nell’art. 192 è pressoché uniforme ed è, inoltre, conforme alla prescrizione contenuta nell’art. 21 della legge delega (legge n. 52/96) che stabilisce un tetto massimo per tutte le sanzioni amministrative pecuniarie. La riproposizione del criterio di commisurazione della sanzione al valore dell’operazione avrebbe impedito di rispettare tale tetto.

Infine, le situazioni sanzionate dall’articolo suddetto sono le seguenti: • Violazione dell’obbligo di promuovere un’Opa;

• Svolgimento dell’offerta in assenza di comunicazione preventiva alla Consob ovvero in presenza di un provvedimento della medesima Autorità di Vigilanza di sospensione o decadenza dell’operazione stessa;

• Svolgimento dell’offerta in violazione delle specifiche prescrizioni disposte dalla Consob circa le informazioni integrative da fornire e le modalità di pubblicazione del documen to d’offerta, nonché le particolari garanzie da prestare;

• Svolgimento dell’offerta in violazione delle prescrizioni Consob di carattere generale in materia di:

- contenuto del documento da pubblicare;

- modalità per la pubblicazione del documento stesso e svolgimento dell’offerta;

- correttezza e trasparenza delle operazioni sui prodotti finanziari oggetto dell’offerta;

- offerte in aumento e concorrenti15.

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Tali disposizioni inerenti lo svolgimento dell’offerta pubblica di acquisto e di scambio sono state definite dalla com missione , esercitando il potere regolamentare ad essa conferito dai commi 4 e 5 dell’art. 104, con Delibera del 14 Maggio 1999, n. 11971.

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• Violazione di alcuni obblighi informativi da parte dei soggetti coinvolti nell’operazione diversi dall’emittente i titoli oggetto di Opa; • Violazione dell’obbligo di astensione del diritto di voto, a sua volta

sospeso in conseguenza dell’avvenuta violazione dell’obbligo di Opa; • Violazione da parte degli amministratori della società target dell’obbligo di astenersi, in assenza di una specifica autorizzazione assembleare, dal porre in essere operazioni che possano contrastare l’Opa16.

5. La tutela delle minoranze in giurisprudenza.

Recentemente le sanzioni previste in caso di mancato rispetto dell'obbligo di effettuazione dell'Opa obbligatoria sono state oggetto di ampie discussioni sia da parte della dottrina che da parte della giurisprudenza. Nota è, infatti, la recente17 sentenza del Tribunale di Milano in relazione all'assunto Fondiaria- Sai18, che ha introdotto nuove forme di tutela per i soci di minoranza, seguendo la ratio del legislatore, e rafforzando, così, l'impatto della sezione dedicata all'offerta pubblica obbligatoria, dato che è risultata facilmente eludibile.

La sentenza difatti è relativa al ricorso mosso da un socio di minoranza che chiedeva il risarcimento dei danni derivanti dal mancato lancio dell'offerta pubblica d'acquisto da parte di due società concertiste. Il Tribunale ha ritenuto legittima la richiesta di risarcimento ed ha obbligato, sul piano

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Inoltre, a seguito della l. n. 262 del 28.12.2005 è stato inserito l’art. 192-bis che statuisce quanto segue: “Salvo che il fatto costituisca reato, gli am mi nistratori, i componenti degli organi di

controllo e i direttori generali di società quotate nei mercati regolamentati i quali omettono le comunicazioni prescritte dall'articolo 124-bis ovvero, nelle stesse o in altre comunicazioni rivolte al pubblico, divulgano o lasciano divulgare false informazioni relativamente all'adesione delle stesse società a codici di comporta mento redatti da società di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria degli operatori, ovvero all'applicazione dei medesimi, sono puniti con la sanzione am ministrativa pecuniaria da diecimila a trecentomila euro. Il provvedimento

sanzionatorio è pubblicato, a spese degli stessi, su almeno due quotidiani, di cui uno economico, aventi diffusione nazionale”.

17 Cfr. Sentenza N. 6688/05 del 9 giugno 2005, Tribunale di Milano.

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economico, i concertisti ad una sorta di Opa “retroattiva”, poichè il danno cagionato stava effettivamente permane n d o, e visto che le società coalizzate avevano agito in maniera tale da eludere l'obbligo di Opa.

La decisione si fonda su molteplici argomenti: in primis , viene conferito rilievi al principio di parità di trattamento fra tutti i portatori di strumenti finanziari che si trovano in identiche condizioni19, attribuen do, in tal modo, un ruolo rilevante ai diritti dei singoli investitori i quali, “come tali, devono essere protetti mediante il rispetto delle regole primarie e secondarie im messe nell’ordinamento per regolamentare il mercato”.

Si ritiene, in particolare, che l'autotutela di chi vanti una posizione giuridicamente rilevante non possa esaurirsi mediante i provvedimenti di tipo civilistico dell'art. 110 Tuf (sospensione dei diritti di voto) e di tipo amministrativo dell'art. 192 Tuf (sanzione pecuniaria), poiché si configurerebbe una mortificazione e una banalizzazione delle peculiarità innovative della nuova disciplina, oltre ad essere contraria ai principi della carta costituzionale20.

Il legislatore, d'altronde, “contemperando diversi interessi, invece di obbligare l'inadempiente all'acquisto forzoso, ha scelto la via di riequilibrare la posizione di eguaglianza tra i soci imponendo la vendita del pacchetto che ha consentito di superare la soglia del 30% e la sterilizzazione dei voti, sul presupposto che tali sanzioni siano sufficienti a scoraggiare violazioni o a riportare la situazione nel pristino stato”. Dunque, se a seguito di un puntuale intervento della vigilanza è neutralizzato il comportame nto offensivo e venisse ripristinato lo stato originale, il socio di minoranza non potrebbe lamentare la lesione della sua posizione soggettiva nei confronti

19 V. art. 92 Tuf, anche se secondo parte della dottrina non sarebbe corretto il riferimento a questo

articolo, visto che questo obbligo ricade sull'emittente, ovverosia sulla società bersaglio, e non sull'acquirente. È comunq ue pacifico che la disciplina dei mercati finanziari mira all'abbattimento dell' insider trading e degli squilibri informativi; a riguardo, vedasi WEIGMANN R., Tribunale di

Milano, 9 giugno 2005, in Diritto Commerciale, 2005, pag. 1645 1652.

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dello scalatore e della pubblica amministrazione, posto che la legge ha preposto meccanismi di tutela in grado di azzerare il vantaggio ottenuto da chi ha violato la normativa di riferimento21.

Invece, nel caso in cui il danno ingiusto permanga, nonostante siano state comminate sanzioni e queste siano state ottemperate, la responsabilità civile del mancato offerente nei confronti degli azionisti che risultino privati della possibilità di aderire all’offerta, si dovrebbe qualificare quale responsabilità contrattuale e, come tale, regolata dall’art. 1218 c.c.22.

Nella suddetta sentenza è, difatti, confutata la tesi secondo la quale “quand'anche si affermasse che l'illecito com messo abbia natura extra-contrattuale, esso non potrebbe comunq ue essere compensato con un risarcimento com misurato all'aspettativa di profitto delusa (il lucro cessante) rientrando tale concetto nella categoria del danno da inadempi mento contrattuale” mentre è stato ritenuto che “l’obbligo di lanciare l’Opa si configura, nel sistema, come un obbligo contrattuale che ope legis si inserisce nel contratto sociale sotteso allo strumento finanziario, l’adesione al quale si determina con il semplice acquisto delle azioni diffuse sul mercato regolamentato”.

È assiomatico che la responsabilità civile nei confronti degli azionisti di società quotate coinvolge non solo l'azionista inadem piente, ma eventualmente anche gli amministratori della società bersaglio che ne appoggiano e sostengono l'operato23.

È da notare come il TUF, da un lato, venga ad imporre “una vera e propria obbligazione di promuovere l’OPA, e non un semplice onere”, dall’altro

21 Nel caso specifico, l'azionista scalatore non ha ottemperato all'obbligo di rivendere il pacchetto

di controllo, bensì ha consolidato nei fatti il dominio della società, pur vendendo successivamente la quota del pacchetto di controllo eccedente la soglia, aggirando l'obbligo di Opa con altre manovre successive.

22 Così la definita il Tribunale di Milano nella sentenza oggetto di studio in seguito nella presente

tesi.

23 Nel caso Fondiaria- Sai, gli amministratori di Fondiaria sono stati ritenuti esenti da colpe,

poiché, quantun q ue abbiano appoggiato il progetto di fusione, si sono osteggiati al mancato lancio dell'offerta pubblica.

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prescriva, seppur attraverso una interpretazione in via analogica delle sue norme, che i creditori della relativa prestazione siano tutti gli altri azionisti titolari di un vero e proprio diritto incorporato nel titolo che acquistano. L'Opa obbligatoria, dichiara il Tribunale, va a configurare in capo all’azionista che lamentasse la pretermissione dal relativo obbligo, una volta superate le soglie prescritte, “un diritto soggettivo, perfetto e determinato nei suoi elementi, alla stipula di un atto negoziale di trasferimento dei titoli, cui il superamento della soglia si riferisce”.

La suddetta tesi dottrinale si concilia perfettamente con l'evoluzione che ha subito la norma dalla L. n. 149/1992 al Tuf.

In primis, nel legge vigente viene svolta una netta distinzione tra Opa volontaria e Opa obbligatoria e le norme contenute nella seconda sezione devono essere considerate disciplina dei comportam e nti che i soci devono assumere in caso di mutame nto degli assetti proprietari.

Inoltre, dall'art. 103, è sancito il principio di irrevocabilità il quale risulta essere in deroga rispetto al principio del modello privatistico, il quale, consente all'offerente la revoca dell'offerta “fino al mo mento della conclusione del contratto”.

Per di più, il carattere fortemente precettivo del comportame n to posto a carico del soggetto obbligato, fondandosi sull’indicativo “promuove”, non lascerebbe invero spazio alcuno se non per una qualificazione in termini di obbligo giuridico; non risulta accettabile una interpretazione della norma come volta a prescrivere un onere, ovverosia le modalità attraverso cui un soggetto deve comportarsi.

Come ulteriore elemento viene evidenziato l’oggetto della possibile offerta, quest’ultimo costituito dalla “totalità delle azioni ordinarie” e che, per contro, nella cornice della previgente disciplina, era costituito da un “quantitativo di titoli non inferiore a quello acquistato”.

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Logica conseguenza di tutte queste considerazioni è la specifica tutela di cui viene a godere l’azionista di minoranza, costituita senz’altro dall’azione risarcitoria, sulla base di una responsabilità contrattuale del soggetto obbligato, visto e considerato che uno degli scopo dell'Opa obbligatoria è compensare il rischio di deprezzamento del valore dei titoli nel caso in cui avvenga un avvicendam e nto nel controllo societario, offrendo agli azionisti una comoda via d’uscita dalla compagine sociale (diritto di exit ).

Viceversa è difficilmente sostenibile24 la tesi secondo la quale è ravvisato in capo all'azionista obbligato al lancio offerta pubblica d'acquisto un mero onere, ovverosia una necessità di conformare la propria condotta a quanto previsto dalla normativa.

Una tale aspettativa verrebbe tutelata, una volta avveratosi il presupposto dell’Opa obbligatoria con la sanzione amministrativa comminata dall’art. 192 TUF oltre che dalla specifica prescrizione della “sterilizzazione” di cui all’art. 110 TUF medesimo, mentre non sono considerabili forme ancora più intense di tutela dell’azionista pretermesso, quali potrebbero essere quelle dell’esecuzione in forma specifica (ex art. 2932, c.c.), visto e considerato che il principio di parità di trattamento sarebbe riconosciuto quale paradigma che connota il canone generale di buona fede che trova suo compiuto riflesso nella disciplina dei mercati dei capitali.

Il supporto di una tale tesi, alla luce dell'impronta data dalla giurisprudenza meneghina, potrebbe avere effetti negativi, essendo, oltretutto, disincentivante nei confronti l'investimento di capitali nel mercato mobiliare.

Di contro, sarebbe auspicabile che questa sentenza fosse da esempio per l'inserimento di una norma che tuteli le minoranze non solo in forma specifica, bensì anche in forma generica, dato che oramai è pacifico il

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riconoscimento di un diritto soggettivo perfetto in capo all'azionista di minoranza.

6. Le proposte della dottrina.

Come abbiamo potuto notare, la tutela delle minoranze può avvenire secondo metodologie differenti, e l’importanza di attribuire agli azionisti le armi per difendere il proprio status, evitando allo stesso tempo che questi ne abusino, è di indubbia rilevanza.

Il Tribunale di Milano ha sottolineato come sussitano obblighi “contrattuali” aggiuntivi, che sono impliciti all’acquisto di azioni, in capo a coloro che superano la quota del 30% prevista dal Testo Unico Finanziario; il superamento di questa quota include, dunque, il cambiame nto dello status del socio, che diviene socio di controllo.

È, quindi, senza dubbio prefigurabile un generale dovere di correttezza a carico del socio di maggioranza qualora, per esempio, intedesse trasferire il controllo, o, in altre parole vendere lo status di socio di controllo.

Non solo il socio (ovvero il gruppo di soci) scalatore, dunque, dovrebbe adem piere ai determinati obblighi esposti precedente m e nt e, ma anche il socio detentore del controllo che abdica dovrebbe garantire “fedeltà” a quei soci che occupano una posizione differenziata da esso all’interno della compagine sociale.

Difatti, il nostro sistema non è privo di indizi atti a suggerire che il socio in posizione di controllo assuma una posizione “differenziata”; basti pensare all’introduzione dei “protocolli di autono mia”, che obbligavano il socio controllante a mantenere una condotta indipende nte e retta nei confronti della società, agli obblighi pubblicitari e di trasparenza cui devono adem piere i soci detentori di partecipazioni “rilevanti”, e soprattutto

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all’obbligo di effettuazione dell’offerta pubblica d’acquisto in caso di acquisizione del controllo.

A corroborare questa tesi entra in gioco il cosiddetto “affectio societatis”, quel particolare vincolo che caratterizza i contratti associativi25, tramite i quali prendono vita situazioni in cui manca un conflitto d'interessi, mentre invece si crea un particolare clima di collaborazione e di reciproca intesa, dato che per tutti i soci esistono interessi identici e preordinati ad un medesimo fine.

Secondo i giuristi più “romantici” la società non avrebbe ragione di esistere se priva di affectio societatis, ed è per questo che il socio di maggior forza dovrebbe essere spinto a difendere e proteggere i soci che dipendon o dalle sue scelte.

È comunq ue doveroso puntualizzare che questo aspetto del contratto associativo perde forza col crescere della compagine sociale e della diffusione dei titoli tra il pubblico: è dunque evidente che abbia più rilevanza, ad esempio, in una società a responsabilità limitata, ove l’elemento personalistico ha elevato valore, piuttosto che in una società per azioni quotata in borsa, ove la vocazione circolatoria funge da fattore determinante e fondame nt ale26. Ad aiutare nella quantificazione dell’importanza del suddetto principio può correre in aiuto l’atto costitutivo, grazie al quale è possibile desumere se il modello organizzativo prescelto sia più personalistico ovvero capitalistico, o se siano previsti limiti alla circolazione delle azioni, presuppo ne n d o, in tal caso, una maggiore “chiusura” rispetto all’esterno della società.

In sostanza, questi doveri aggiuntivi a carico del socio controllante, potrebbero concretizzarsi nel coinvolgimento dei consoci nelle operazioni rilevanti della vita societaria, con particolare riferimento al trasferimento

25art. 2247 c.c.

26

STELLA RICHTER M., Trasferimento del controllo e rapporti tra soci, Giuffrè, Milano, 1996, pag. 231-256.

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della partecipazione di controllo: il socio di controllo dovrebbe indagare sull’aspirante acquirente per accertarsi dell’integrità dei suoi obiettivi, preferendo dunque “eredi” che puntino ad una continuazione della società rispetto a, per esempio, concorrenti che intendano disfare la società per guadagnare quote di mercato, oppure “predatori” con l’intenzione di agire illecitamente a danno della società, saccheggiando ne il patrimo nio.

Per analogia, inoltre, è possibile che si costituisca una situazione del tutto similare alla sopra descritta nel caso in cui la società vada in liquidazione. È, al tempo stesso, necessario distinguere tra consoci, ovverosia soggetti interessati alla vita societaria, e meri azionisti , che hanno intenzioni puramente lucrative: difatti, questi ultimi non avrebbero particolari diritti di informazione e coinvolgimento da vantare rispetto al socio di controllo. Da queste osservazioni è possibile notare come l’istituto dell’offerta pubblica obbligatoria non sia sufficiente a tutelare le minoranze, visto che libera di qualsiasi responsabilità il socio di maggioranza uscente, il quale, oltretutto, ha la possibilità di vendere la sua partecipazione ad un prezzo superiore al prezzo di mercato, mentre le minoranze, nel caso lo scalatore sia obbligato all’effettuazione dell’offerta pubblica d’acquisto, venderanno le proprie partecipazioni ad un “prezzo non inferiore alla media aritmetica fra il prezzo medio ponderato di mercato degli ultimi dodici mesi e quello più elevato pattuito nello stesso periodo dall'offerente per acquisti di azioni ordinarie ”27, e dunque, matematicamente inferiore al prezzo delle azioni del socio di controllo.

Risulta, dunque, che il Testo Unico Finanziario preveda un certo tipo di tutela per le minoranze, ma che ci sia ragione di supporre che questa sia ampliabile da parte della giurisprudenza per vie pratiche, e da parte della dottrina per vie teoriche, nella speranza che queste teorie diventino prassi comune nell’applicazione della relativa normativa.

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