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CAPITOLO 7 I Metodi Electre

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CAPITOLO 7

I METODI ELECTRE

7.1 INQUADRAMENTO METODOLOGICO

I metodi di aiuto alle decisioni multicriteri denominati ELECTRE (ELimination ET Choix Traduisant la Realitè) comprendono un insieme di tecniche, basate sui sistemi di preferenza relazionali, ideate dal Prof. Bernard Roy dell’Università Dauphine di Parigi, a partire dalla fine degli anni ’60, e sviluppate dalla scuola costruttivista francese con l’obiettivo di mettere a punto un metodo decisionale il più aderente possibile alla realtà (Roy, 1993; Maystre et al., 1994).

Tali metodi nascono, infatti, dall’idea che i rigidi assiomi di tipo matematico siano spesso inadatti a descrivere una realtà complessa come quella dei processi decisionali reali, intrinsecamente ricca di contraddizioni che non possono essere ignorate.

Alla base dei metodi ELECTRE sta l’ipotesi di razionalità imperfetta del decisore che non è sempre in grado di esprimere delle preferenze marcate per ogni coppia di alternative (a, b) comparate: viene assecondata, quindi, l’irrazionalità del decision maker che può esprimere, per ogni coppia di azioni confrontate, non solo la sua preferenza (P) o la sua indifferenza (I), ma anche una preferenza meno marcata definita “debole” (Q).

Gli elementi chiave caratterizzanti i metodi ELECTRE possono essere così sintetizzati: 1. Il decisore è dotato di una capacità di discriminazione limitata. A tal riguardo

viene portato il paradosso dei cucchiaini di caffè (Laniado, 2001), secondo cui si ammette la possibilità, da parte di qualsiasi individuo, di apprezzare in maniera netta la differenza tra un caffè ben zuccherato (due o tre cucchiaini) rispetto ad uno amaro. Tale capacità di discriminazione è, invece, praticamente ridotta a zero quando si voglia cogliere la differenza fra un caffè zuccherato con un cucchiaino di dolcificante ed uno in cui la dose di zucchero sia pari ad un cucchiaino più pochi granelli aggiuntivi di saccarosio. Per questo motivo le procedure ELECTRE introducono i concetti di soglia di preferenza e di indifferenza;

2. È accettata l’ incomparabilità (R) fra le alternative, ossia si assume l’impossibilità di stabilire una relazione di preferenza o di indifferenza qualora vengano messe a confronto due opzioni incomparabili. Nella scelta di un’ autovettura, ad esempio, nessuno sarà indeciso tra una piccola utilitaria ed un’auto di lusso perché la differenza di prezzo è tale da rendere le due azioni non confrontabili;

3. Non sono accettate logiche compensatorie, cioè un cattivo punteggio di un’alternativa rispetto ad un criterio non può essere compensato da un buon punteggio rispetto ad un altro criterio. Nella realtà, infatti, non è sempre verificato il principio di compensazione perché non è detto che una forte insoddisfazione per

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il comportamento di un’alternativa rispetto ad un’altra su un criterio possa essere bilanciata dalla prevalenza della stessa dal punto di vista degli altri (n-1) criteri; 4. Il rifiuto a priori del rigore assiomatico consente che siano tollerate contraddizioni

matematiche, quindi

il sistema delle preferenze non è necessariamente transitivo (non sempre se aPb e bPc ⇒aPc);

il sistema delle preferenze può essere inconsistente (non sempre se a=2b e b=2c ⇒ a=4c);

sono accettati ordinamenti incompleti, cioè alcune alternative possono avere lo stessa posizione nel ranking, altre possono non essere incluse nell’ordinamento finale che ha un significato meramente ordinale.

5. Vengono, in generale, incorporati nel processo decisionale i concetti di incertezza (o fuzziness) e di incompletezza che non possono, il più delle volte, essere eliminati dell’analisi, ma dovrebbero essere consapevolmente messi in evidenza nel tentativo che siano, il più possibile, condivisi dai decision makers (figura 7.1).

Figura 7.1 Passaggio dall’assioma di completezza alla consapevolezza dell’incompletezza del processo decisionale reale (Laniado, 2001)

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7.1.1 Le Quattro Problematiche di Riferimento nell’ Aiuto alle

Decisioni

Dato un’insieme A di azioni potenziali, l’analista deve stabilire in quali termini sia necessario porre il problema, ovvero che tipo di risultati si possano prevedere, verso quale direzione si debbano indirizzare le indagini e soprattutto quale forma di contributo egli voglia dare al processo decisionale: se indicazioni a livello solamente tattico, analizzando le azioni potenziali di A e le loro conseguenze, oppure raccomandazioni di tipo più strategico che mirano ad elaborare una metodologia destinata ad un utilizzo ripetitivo e/o automatico.

Per rispondere a questi interrogativi vengono quindi definite dalla scuola francese quattro generali “problematiche di riferimento” (tabella 7.1):

La prima problematica (P.α, “Choice Problematic”) consiste nel formulare il problema decisionale in termini di scelta della soluzione “migliore”, senza però imporsi di arrivare alla messa in evidenza di una soluzione ottimale (l’ottimizzazione ne è dunque solo un caso particolare). In questo modo, dato un insieme A di azioni potenziali, potrà essere identificato un sottoinsieme A’, quanto più piccolo possibile, di azioni ritenute preferibili (figura 7.2);

Figura 7.2 Rappresentazione del risultato della prima problematica (Roy, 1996) La seconda problematica (P.β, “Sorting Problematic”) corrisponde alla pratica corrente

dell’esame (esami medici, esami scolastici…): essa presenta il problema dell’ attribuzione di ogni azione potenziale a categorie definite a priori ed aventi ciascuna caratteristiche proprie che non si riferiscono a nessun’altra categoria

Figura 7.3 Rappresentazione del risultato della seconda problematica basato su categorie predefinite che segmentano l’insieme A (Roy, 1996)

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La problematica (P.γ, “Ranking Problematic”) procede con un’altra ottica, cioè quella dei concorsi che si concludono con una classificazione non necessariamente completa. Questa problematica presenta il problema decisionale in termini di stabilire un ordinamento (rank) fra le azioni potenziali che costituiscono l’insieme A (o fra un subset di esse A’⊂ A) in modo da determinare quali azioni siano “sufficientemente soddisfacenti” sulla base di uno specifico modello di preferenza (considerando anche che l’insieme A stesso può evolversi). A due azioni potenziali viene attribuito la stessa posizione nell’ordinamento quando i dati e le informazioni a disposizione non consentono una distinzione tra le due alternative decisionali. A differenza di quanto avviene nella problematica P.β, le classi della problematica P.γ non sono definite a priori, ma il significato di ciascuna classe è relativo perché dipende dalla sua posizione nell’ordinamento finale (figura 7.4);

Figura 7.4 Rappresentazione del risultato della terza problematica (Roy, 1996) La problematica (P.δ, “Description Problematic”) presenta il problema decisionale in

termini di descrizione delle azioni potenziali di A e delle loro conseguenze, in modo da rendere più chiara ed esplicita l’informazione relativa a ciascuna azione per aiutare il decision maker a scoprire, comprendere e valutare le alternative di scelta. Anche se la problematica P.δ è inclusa in ciascuna delle tre problematiche precedenti, è comunque utile distinguerla dalle altre in quanto può essere considerata un contributo separato al processo decisionale.

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Tabella 7.1 Le quattro problematiche di riferimento (Roy e Bouyssou, 1993)

PROBLEMATICA OBIETTIVO RISULTATO

(Problematica di scelta)

Identificazione di un insieme quanto più possibilmente

ridotto (eventualmente tendente ad una sola azione) delle “migliori” azioni potenziali (ottimo) o almeno di quelle più

“soddisfacenti”

Scelta o procedura di Selezione

(Problematica di “tri”)

Assegnazione delle azioni potenziali ad un insieme di categorie predefinite sulla base di alcune proprietà (o “norme”) associate a ciascuna categoria.

Procedura di Assegnazione

(Problematica di

classificazione)

Classificazione delle azioni secondo un ordine di preferenza, dalla più alla meno

soddisfacente. Tale ordinamento è ottenuto raggruppando tutte le azioni (o

parte di esse) in classi di equivalenza ordinate, in modo

completo o parziale, conformemente alle preferenze. Procedura di Ordinamento (Problematica di descrizione)

Chiarire la decisione attraverso una descrizione, in un linguaggio “appropriato”, delle

azioni, e delle loro conseguenze (valutazioni rispetto ai criteri di decisione).

Descrizione o Procedura

Cognitiva

7.2 MODELLAZIONE

DELLE

PREFERENZE

7.2.1 Preferenza, Indifferenza ed Incomparabilità (I, P, Q, R)

Il processo di aiuto alle decisioni comporta la necessità di considerare i valori e le preferenze di uno o più attori che prendono parte al processo decisionale.

Dato un’insieme di azioni potenziali A, ciascun attore Z (oppure l’ “homme d’étude” che giudica in nome di Z) che metta a confronto due azioni a ed a’ si verrà a trovare un una delle seguenti quattro situazioni fondamentali:

− Situazione di Indifferenza in cui c’è solo una possibilità : a ed a’ sono di ugual valore;

− Situazione di Preferenza Stretta, in cui ci sono due possibilità: a è strettamente preferita ad a’ oppure a’ è strettamente preferita ad a;

− Situazione di Preferenza Debole, in cui ci sono due possibilità: a è debolmente preferita ad a’ oppure a’ è debolmente preferita ad a;

− Situazione di Incomparabilità, in cui c’è solo una possibilità : a ed à sono incomparabili.

Ciascuna delle suddette situazioni di preferenza viene definita esplicitamente nella tabella 7.2.

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SITUAZIONE DEFINIZIONE RELAZIONE BINARIA Indifferenza

Corrisponde all’esistenza di ragioni chiare e positive che giustificano una equivalenza fra due azioni.

I (relazione simmetrica, riflessiva)* Preferenza Stretta

Corrisponde all’esistenza di ragioni chiare e positive che giustificano una preferenza significativa in favore di una (identificata) delle due azioni.

P (relazione asimmetrica, non riflessiva) * Preferenza Debole

Corrisponde all’esistenza di ragioni chiare e positive che invalidano una preferenza stretta in favore di una (identificata) delle due azioni, ma queste ragioni sono insufficienti per dedurne sia una preferenza stretta in favore dell’altra, sia una indifferenza fra le due azioni (queste ragioni non permettono dunque di individuare alcuna delle due situazioni precedenti come quella più appropriata).

Q (relazione asimmetrica, non

riflessiva) *

Incomparabilità

Corrisponde all’assenza di ragioni chiare e positive giustificanti una delle tre situazioni precedenti.

R (relazione simmetrica, non

riflessiva)* Tabella 7.2 Le quattro fondamentali situazioni di preferenza necessarie per comparare due azioni potenziali (Roy e Bouyssou, 1993)

Le quattro situazioni fondamentali di preferenza, fra loro in conflitto, descritte nella tabella precedente (indifferenza, preferenza stretta, preferenza debole, incomparabilità) sono utili per stabilire una rappresentazione realistica delle preferenze di ciascun attore Z coinvolto nel processo decisionale; qualsiasi siano le azioni esaminate, il punto di vista considerato per compararle ed il dettaglio di informazione disponibile, l’attore Z (o l’analista che giudica in suo nome) può elaborare un modello esauriente capace di descrivere (“document”) o sviluppare (“develop”) le preferenze di Z assegnando, a ciascuna coppia di azioni potenziali, una sola o un gruppo formato da due oppure da tre delle quattro situazioni fondamentali di preferenza (Assioma di limitata comparabilità). L’introduzione da parte della scuola di Roy dell’assioma di limitata comparabilità comporta un profonda evoluzione del sistema di modellazione delle preferenze che diventa più articolato e complesso rispetto a quello espresso dalla teoria delle decisioni classica (Arrow, 1963; Fishburn, 1970; Raiffa, 1970) che, in maniera meno restrittiva, assume solamente due delle situazioni basilari di preferenza, cioè l’indifferenza e la preferenza stretta, assumendo implicitamente che le condizioni di preferenza debole e di

* Sia H una relazione binaria su un insieme B. Tra le proprietà più classiche che H può possedere riportiamo:

1) RIFLESSIVITÀ: ∀ a∈B, aHa;

2) NON RIFLESSIVITÀ: ∀ a∈B, Non[aHa]; 3) SIMMETRIA: ∀ a,b ∈B, aHb ⇒bHa; 4) ASIMMETRIA: ∀ a,b ∈B, aHb ⇒Non[bHa]; 5) TRANSITIVITÀ: ∀ a,b,c ∈B, [aHb e bHc ⇒aHc];

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incomparabilità o non esistano affatto, oppure possano essere incluse nelle situazioni precedenti, ipotesi entrambe assai semplicistiche e comunque alquanto distanti dalla realtà.

A conferma di quanto detto è possibile evidenziare come l’analista che giudica in nome dell’attore Z (o l’attore decisionale Z stesso) possieda numerose ragioni per evitare il “dilemma dell’indifferenza o della stretta preferenza” quando si trovi a comparare due azioni potenziali a ed a’. Ad esempio egli:

a. Non è in grado di prendere una decisione (“not be able to decide”) in quanto i dati a disposizione e le informazioni raccolte possono essere incompleti, insufficienti o poco robusti per effettuare una scelta dicotomica fra la condizione di preferenza stretta e quella di indifferenza;

b. Non sa come prendere una decisione (“not know to decide”) fra le condizioni di indifferenza e di preferenza stretta perché non comprende bene certe attitudini/preferenze dei decisori rispetto ad alcune coppie di azioni potenziali; questo può accadere o perché il decision maker è difficilmente raggiungibile (es. il presidente di una grossa azienda, il capo di uno stato etc), oppure perché si tratta di un’entità vaga (es. opinione pubblica) o di un gruppo di attori (es. un comitato) le cui preferenze sono non ben definite ed a volte addirittura contraddittorie;

c. Non vuole prendere una decisione (“not wish to decide”) fra le sole condizioni di preferenza marcata ed indifferenza, in quanto, nel protrarsi dell’analisi, si rende conto che la richiesta di informazioni e di conoscenza aggiuntiva sul problema decisionale in esame possono essere troppo dispendiose in termini di tempo, di denaro o di entrambi.

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7.2.2 Situazioni Consolidate e Relazioni Binarie Associate

Fra i possibili sistemi di raggruppamenti delle quattro situazioni fondamentali di preferenza riportati in tabella 7.3, è opportuno porre l’attenzione su alcuni che rivestono un particolare interesse.

SITUAZIONE DEFINIZIONE RELAZIONE BINARIA

(PROPRIETÀ)

Non Preferenza

Corrisponde all’assenza di ragioni chiare e positive che giustifichino una preferenza stretta o una preferenza debole in favore di una qualunque delle due azioni e raggruppa, di conseguenza, senza possibilità di differenziarle, le situazioni di indifferenza e di incomparabilità.

a ∼ a’ ⇔ (aIa’ o aRa’)

Preferenza (in senso largo)

Corrisponde all’esistenza di ragioni chiare e positive che giustifichino una preferenza stretta o una preferenza debole in favore di una (identificata) delle due azioni e raggruppa, di conseguenza, senza possibilità di differenziarle, le situazioni di preferenza stretta e di preferenza debole.

a ≻ a’ ⇔ (aPa’ o aQa’)

J-preferenza (presunzione di

preferenza)

Corrisponde all’esistenza di ragioni chiare e positive che giustificano la preferenza debole, non importa quanto debole essa sia, in favore di una (identificata) delle due azioni o al limite l’indifferenza fra esse, ma senza che alcuna separazione significativa sia stabilita fra la situazione di preferenza debole e l’indifferenza.

J

a J a’ ⇒ (aQa’ o aIa’)

K-preferenza

Corrisponde all’esistenza di ragioni chiare e positive che giustificano sia la preferenza stretta in favore di una (identificata) delle due azioni, sia l’incomparabilità fra di esse, ma senza che alcuna separazione significativa sia stabilita fra le situazioni di preferenza stretta ed incomparabilità

K

a K a’ ⇒ (aPa’ o aRa’)

Surclassamento

Corrisponde all’esistenza di ragioni chiare e positive che giustificano sia una preferenza, sia una presunzione di preferenza (J preferenza) in favore di una (identificata) delle due azioni, ma senza che alcuna separazione significativa sia stabilita fra le situazioni di preferenza stretta, preferenza debole ed indifferenza

S

a S a’ ⇒ (aPa’ o aQa’ o aIa’)

Tabella 7.3 Situazioni consolidate e relazioni raggruppate per la modellazione delle preferenze relative a due azioni potenziali a ed a’ (Roy e Bouyssou, 1993)

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È possibile rappresentare il sistema delle preferenze descritto in tabella 7.3 attraverso dei grafi orientati. Sia infatti H una relazione binaria (I, P, S, ≻ etc ) definita su un insieme finito di azioni A. È sempre possibile rappresentare H attraverso un diagramma, che consiste di punti e di linee, detto grafo. I punti, chiamati vertici del grafo, identificano gli elementi di A, mentre le linee connettono ciascuna coppia di vertici (elementi) per cui la relazione H è vera. Più specificatamente, se H è una relazione simmetrica, le linee chiamate “lati non direzionali” (“undirected edge”), connettono due vertici a ed a’ se e solo se aHa’ è vera, mentre, se H è una relazione asimmetrica, le linee di connessione terminano con delle frecce e sono chiamate “archi direzionali” (“directed arcs”). Esiste, pertanto, un arco orientato da a ad à se e solo se aHa’ è vera, mentre, quando sono vere entrambe le relazioni (aHa’ ed a’Ha) il grafo presenta due archi orientati, il primo da a ad a’ ed il secondo da a’ ad a. La rappresentazione grafica delle relazioni di preferenza viene riportata in figura 7.5.

Figura 7.5 Rappresentazione del sistema delle preferenze attraverso i grafi (Roy, 1996)

Dato un sistema di nove relazioni binarie I, R, ∼., P, Q, ≻, J, K, S definite su un’insieme A di azioni potenziali, diremo che esse costituiscono un Sistema Relazionale di Preferenze (SRP) di un attore Z su A se:

1. in accordo con le definizioni e le proprietà delle tabelle 7.2 e 7.3 esse possono essere prese come rappresentazione delle preferenze di Z rispetto alle azioni potenziali dell’insieme A;

2. sono esaustive cioè se, considerata una coppia qualsiasi di azioni, una almeno di tali relazioni sia verificata;

3. sono mutuamente esclusive, cioè se, considerata una coppia qualsiasi di azioni potenziali, due relazioni distinte non sono mai verificate.

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7.3 SURCLASSAMENTO, CONCORDANZA E DISCORDANZA

Nei metodi ELECTRE si ipotizza che non esista alcuno schema predefinito di preferenze nella mente del decisore prima che il processo di decisione abbia inizio.

Il fulcro della procedura valutativa è quindi basato sul confronto tra due azioni/alternative (a,b∈ A) che procede attraverso la definizione, la costruzione e l’esplicitazione formale di una relazione di surclassamento:

“Una relazione di Surclassamento è una relazione binaria S tale che aSb se, essendo note le preferenze del decisore, nota la qualità delle valutazioni delle azioni e la natura del problema, ci sono sufficienti argomenti per ammettere che a è almeno altrettanto buona quanto b, senza che ci sia una ragione importante per rifiutare questa affermazione” (Roy, 1985).

In base alla definizione della relazione binaria di surclassamento riportata nell’ultima riga della tabella 7.3 è possibile affermare che:

aSb e bSa ⇒ aIb [7.1]

aSb e non bSa ⇒ aPb [7.2]

oppure aQb oppure aIb

Ogni coppia di azioni a e b viene quindi confrontata, rispetto al set dei criteri di riferimento, al fine di stabilire se l’affermazione aSb risulti vera oppure no: questo confronto dà luogo ad una delle seguenti possibili situazioni (figura 7.6):

aSb e non bSa non aSb e bSa [7.3]

aSb e bSa non aSb e non bSa [7.4]

a

b

(aSb) e Non(bSa)

a

b

Non(aSb) e(bSa)

a

b

(aSb) e (bSa)

a

b

Non(aSb) e Non(bSa)

Figura 7.6 Configurazioni possibili di un sistema S.R.P.

Risulta chiaro come la terza e la quarta situazione riportate in figura 7.6 corrispondano, rispettivamente, alla condizione di indifferenza e di incomparabilità.

Dato un insieme finito A di azioni ak (k=1,2….m), la rappresentazione della relazione di surclassamento fra ciascuna coppia di alternative decisionali viene rappresentata attraverso un grafo che può essere orientato oppure no. Nel primo caso i vertici del grafo

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(le azioni) sono connesse da archi orientati, nel secondo caso, invece, le linee di connessione fra gli elementi non presentano una freccia che ne indica il verso.

Consideriamo, ad esempio la rappresentazione, attraverso un grafo orientato, che esprime le relazioni di surclassamento fra ciascuna coppia di azioni appartenenti all’insieme finito A = {a1, a2, a3, a4, a5} (figura 7.7).

Figura 7.7 Rappresentazione grafica di una relazione di surclassamento fra cinque azioni che costituiscono l’insieme A (l’assenza di un arco fra i vertici a2 ed a3 corrisponde alle relazioni not a2Sa3 e not a3Sa2) (Roy, 1996)

La verifica dell’ipotesi di surclassamento (aSb) si basa su due condizioni che devono essere rispettate simultaneamente:

1. condizione di concordanza (“esistono sufficienti ragioni per ammettere che”): la maggioranza dei criteri deve essere a favore dell’azione a (principio di maggioranza);

condizione di non discordanza (“non esiste una ragione importante per rigettare l’ipotesi”): nessun criterio, all’interno della minoranza di quelli che non supportano l’asserzione aSb, deve essere nettamente a favore dell’azione b (principio di rispetto delle minoranze). “Un’alternativa a è, nel complesso, preferibile rispetto ad

un’alternativa b se è preferita per la maggior parte dei criteri di valutazione e se non esiste alcun criterio per cui b è strettamente preferita ad a. Se la precedente affermazione è vera si dice che a surclassa b.” (Roy e Bouyssou, 1993)

Il grado di credibilità del surclassamento di un’azione a rispetto b è ottenuto, quindi, attraverso il calcolo di due indici ispirati alle procedure di voto, rispettivamente all’idea della maggioranza richiesta e dell’assenza di veto. Tali indici consentono, infatti, la verifica di entrambe le condizioni di surclassamento suddette e sono denominati indici di

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concordanza e di discordanza: essi vengono calcolati confrontando le alternative a coppie, criterio per criterio.

Di dice infatti che :

“Un criterio i è concordante con l’affermazione a surclassa b se, comparando i valori gi(a) e gi(b), si giustifica l’affermazione (aSib).

Un criterio i è discordante con l’affermazione a surclassa b se non è concordante con tale proposizione” (Roy, 1996).

Il subset dell’insieme F dei criteri che sono concordanti con l’affermazione aSb viene detto C(a,b), mentre quello costituito dai criteri discordanti con l’affermazione aSb viene indicato con C(b, a).

E’ chiaro che se un’alternativa ha delle prestazioni migliori su tutti i criteri, allora è certamente preferita alle altre (alternativa dominante), l’opposto avviene, invece, se ha delle prestazioni peggiori su tutti i criteri (alternativa dominata).

Nei casi intermedi occorre definire una regola che fissa i limiti di accettabilità dell’ipotesi di surclassamento. Tale regola dipende dalla versione del modello ELECTRE (I,II, III, IV, TRI).

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7.4 CRITERI,

PSEUDOCRITERI, SOGLIE e PESI

Nei metodi ELECTRE viene effettuata una distinzione tra i criteri “true”, cioè veri, e gli “pseudo-criteri”, cioè criteri misurati su scale approssimate.

Nei primi (criteri true) una piccola differenza di punteggio, a favore di una alternativa, determina una preferenza stretta a favore di questa stessa alternativa: ad esempio, confrontando due progetti alternativi rispetto al criterio “ricavi”, la differenza di un solo euro sarà sufficiente per far preferire nettamente (strettamente) uno di essi. In questo modo la preferenza viene attribuita sulla base di una regola rigida: si parla di potere assoluto di discriminazione del criterio vero (Roy, 1996).

Con gli pseudo-criteri è possibile, invece, modulare (“a nonabsolute or a nuanced discriminated power”, Roy, 1996) la regola di preferenza delle alternative rispetto al set dei criteri in esame, attribuendo, per ciascun criterio, delle soglie di indifferenza (q), di preferenza (p) e di veto (v).

La soglia di indifferenza (q) misura il valore oltre il quale due alternative non possono essere considerate indifferenti sotto quel particolare criterio; la soglia di preferenza stretta (p) misura il valore oltre il quale un’alternativa è strettamente preferibile ad un’altra sotto quel particolare criterio; la soglia di veto (v) misura il valore oltre il quale un’alternativa è preferibile rispetto ad un’altra, globalmente sotto tutti i criteri (incomparabilità).

Nella modellazione delle preferenze di tipo classico, infatti, per ogni coppia di azioni potenziali a e b definite su A , si suppone che:

[7.5] aPkb ⇔ gk(a)> gk(b) e

aIkb ⇔ gk(a)= gk(b)

dove Pk ed Ik rappresentano, rispettivamente, le relazioni binarie di preferenza stretta e di indifferenza rispetto al generico criterio k. Si parla in questo caso di criterio vero (“vrai-critère”) assumendo, in tale modello, che ogni preferenza, per quanto debole essa sia, risulti rivelatrice di una situazione di preferenza stretta. Per questo motivo il modello del criterio-vero può talvolta condurre a situazioni preferenziali poco affidabili.

È spesso ragionevole ammettere che scarti [gk(a)-gk(b)] di modesta entità traducano ugualmente una situazione di indifferenza fra a e b e pertanto, in un sistema di modellazione delle preferenze che accetti questa ipotesi, la relazione gk(a)≥ gk(b) è tale che :

[7.6] aPkb ⇔ gk(a)- gk(b) > qk e

aIkb ⇔ gk(a) - gk(b) ≤ qk

in cui qk è detta soglia di indifferenza associata al criterio k e rappresenta il più grande scarto [gk(a)-gk(b)] compatibile con una situazione di indifferenza fra le azioni potenziali

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a e b. Tale funzione-soglia qk può essere indipendente da gk(a), oppure può crescere o decrescere proporzionalmente a gk(a), rispettando però la condizione che una funzione [gk(a)+qk] sia monotona non decrescente di gk(a).

Sulla base di quanto detto sopra è possibile definire matematicamente la soglia di indifferenza qk affermando quanto segue:

∀ a, b ∈ A, 0 ≤ gk(a) - gk(b) ≤ qk ⇒ aIkb e [7.7] gk(a) - gk(b) > qk ⇒ a≻kb

dove:

gk(a), gk(b) = valore del criterio k sulle azioni potenziali a e b; k= indice del criterio, k:1,2, n (k∈F);

qk= soglia di indifferenza relativa al criterio k;

Ik= relazione binaria di indifferenza fra a e b, relativamente al criterio k; ≻k =relazione binaria di preferenza fra a e b, relativamente al criterio k.

In questo sistema di modellazione delle preferenze si parla allora di “quasi-criterio” (“quasi-critère”) ed il sistema S.R.P. (Ik, Pk) è detto un “quasi-ordine”. La zona di indifferenza, rispetto al generico criterio k, fra una coppia qualsiasi di azioni potenziali a e b, può essere così rappresentata (figura 7.8).

K-crit

-q

k

q

k

a I

k

b

b I

k

a

gk(a)- gk(b) ≤qk gk(a)- gk(b) ≥-qk

K-crit

-q

k

q

k

a I

k

b

b I

k

a

gk(a)- gk(b) ≤qk gk(a)- gk(b) ≥-qk

Figura 7.8 Rappresentazione della zona di indifferenza fra due azioni potenziali a e b rispetto a criterio k.

Nel modello del quasi criterio ogni scarto leggermente superiore alla soglia di indifferenza (qk) è rivelatore di una situazione di preferenza stretta, cosa che può sembrare discutibile in alcune situazioni decisionali reali. Per evitare un tale passaggio brusco dalla situazione di indifferenza a quella di preferenza stretta, è necessario introdurre un modello a due soglie, lasciando spazio ad una zona di preferenza debole (Qk) che traduce una condizione di esitazione fra l’indifferenza (Ik) e la preferenza stretta (Pk): questo è il modello dello “pseudo-criterio” (“pseudo-critère”) nel quale la relazione gk(a) ≥ gk(b) implica che : [7.8] 253 aPkb ⇔ gk(a) - gk(b) > pk , aQkb ⇔ qk < gk(a) - gk(b) ≤ pk , aIkb ⇔ gk(a) - gk(b) ≤ qk

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in cui pk è detta la soglia di preferenza rispetto al criterio k ed esprime la differenza minima tra i valori assoluti assunti dal criterio k, sulla coppia di azioni in esame, cui il decisore attribuisce significato in termini di preferenza stretta. Anche in questo caso la funzione soglia di preferenza (pk) può essere indipendente da gk(a), oppure può crescere o decrescere proporzionalmente a gk(a), rispettando però la condizione che una funzione [gk(a)+pk] sia monotona non decrescente di gk(a).

Sulla base di quanto affermato è possibile definire matematicamente la soglia di preferenza pk secondo quanto segue:

∀ a, b ∈ A, gk(a) - gk(b) > pk ⇒ aPkb e [7.9] 0 ≤ gk(a) - gk(b) ≤ pk ⇒ aJkb

dove:

gk(a), gk(b) = valore del criterio k sulle azioni potenziali a e b; k= indice del criterio, k:1,2, n (k∈F);

pk= soglia di preferenza relativa al criterio k.

Pk= relazione binaria di preferenza stretta fra a e b relativamente al criterio k

Jk =relazione binaria di J-preferenza (presunzione di preferenza) relativa al criterio k. L’ area di preferenza debole fra due alternative decisionali (a e b), relativamente al criterio k, è individuata dalla zona compresa tra la soglia di preferenza pk e quella di indifferenza qk.

Con il modello delle preferenze dello pseudo-criterio il sistema S.R.P (Ik, Qk, Pk) è detto uno “pseudo-ordine” e le zone di indifferenza, preferenza debole e preferenza stretta fra due azioni potenziali qualsiasi a e b, rispetto al generico criterio k, possono essere così rappresentate (figura 7.9). K-crit

-q

k

q

k

-p

k

p

k

b P

k

a

gk(a)- gk(b) < -pk

b Q

k

a

-pk<gk(a)- gk(b)≤- qk

a P

k

b

a Q

k

b

qk<gk(a)- gk(b)≤ pk gk(a)- gk(b) > pk a Ikb b Ika |gk(a)-gk(b)|≤qk K-crit

-q

k

q

k

-p

k

p

k

b P

k

a

gk(a)- gk(b) < -pk

b Q

k

a

-pk<gk(a)- gk(b)≤- qk

a P

k

b

a Q

k

b

qk<gk(a)- gk(b)≤ pk gk(a)- gk(b) > pk a Ikb b Ika |gk(a)-gk(b)|≤qk

Figura 7.9 Rappresentazione delle zone di indifferenza, preferenza debole e preferenza stretta fra due azioni potenziali a e b rispetto a criterio k.

Oltre alle suddette soglie di indifferenza e preferenza i modelli ELECTRE introducono il concetto di soglia di veto rispetto al criterio k la cui assunzione, nel sistema di modellazione delle preferenze, risulta di fondamentale importanza quando, date due azioni potenziali a e b, si vogliono analizzare le ragioni che si oppongono all’affermazione di surclassamento aSb. Come detto in precedenza, i criteri che si oppongono a tale affermazione costituiscono il subset C(b,a). Se si vuole affermare che “a è almeno altrettanto buona di b”, cioè che aSb, sulla base dell’argomentazione secondo cui C(a,b) contiene i criteri di maggiore importanza/peso rispetto a quelli contenuti in C(b,a), si ignora il fatto che l’azione b potrebbe essere “infinitamente migliore” di a rispetto ad uno

(16)

dei criteri che fanno parte di C(b,a): è proprio tale criterio discordante che evoca l’immagine della “minoranza oppressa”. In questo caso è, quindi, necessario investigare l’intensità di tale discordanza per comprendere se la forza con cui ci si oppone all’asserzione aSb è sufficiente per respingere l’ affermazione stessa. Questo ragionamento conduce all’idea di poter assegnare, per alcuni o per tutti i criteri di valutazione, una soglia di veto. Tale soglia indica, quindi, un limite oltre il quale la discordanza non può andare, altrimenti l’ipotesi di surclassamento, fra la coppia di azioni potenziali considerate, non viene più ammessa. Su queste basi l’effetto del veto può essere caratterizzato come segue:

gk(a)+vk < gk(b) ⇒ Non (aSb) [7.10]

sotto l’ipotesi che l’affermazione aSb sia supportata dall’importanza della coalizione dei criteri concordanti C(a,b). Di conseguenza vk è definita come soglia di veto su un criterio k discordante con l’affermazione aSb (con k ∈ C(b,a)): essa rappresenta la minima differenza [gk(a)-gk(b)] oltre la quale viene interdetta l’accettabilità del surclassamento aSb.

In conclusione, mettendo a confronto tutte le soglie, possiamo convenire che:

se la differenza tra le prestazioni di due alternative è minore della soglia di indifferenza allora esse saranno considerate equivalenti;

se è superiore della soglia di preferenza allora una delle due sarà strettamente preferita all’altra;

nella situazione intermedia, la preferenza sarà considerata debole e talora poco significativa per esprimere un giudizio;

se la differenza tra le prestazioni di due alternative è superiore alla soglia di veto, esse saranno considerati incomparabili perché troppo dissimili tra loro.

Una rappresentazione complessiva delle diverse zone di preferenza individuate dalle soglie qk, pk e vk viene riportata in figura 7.10.

K-crit

-q

k

q

k

-p

k

p

k

-v

k

v

k

b P

k

a

gk(a)- gk(b) < -pk

b Q

k

a

-pk<gk(a)- gk(b)≤- qk

a P

k

b

a Q

k

b

qk<gk(a)- gk(b)≤ pk gk(a)- gk(b) > pk

a I

k

b

b I

k

a

|gk(a)-gk(b)|≤qk

b R

k

a

a R

k

b

K-crit

-q

k

q

k

-p

k

p

k

-v

k

v

k

b P

k

a

gk(a)- gk(b) < -pk

b Q

k

a

-pk<gk(a)- gk(b)≤- qk

a P

k

b

a Q

k

b

qk<gk(a)- gk(b)≤ pk gk(a)- gk(b) > pk

a I

k

b

b I

k

a

|gk(a)-gk(b)|≤qk

b R

k

a

a R

k

b

Figura 7.10 Rappresentazione delle zone di indifferenza, preferenza debole, preferenza stretta e veto fra due azioni potenziali a e b rispetto a criterio k

Una volta stabilite le soglie di indifferenza, preferenza stretta e veto, ad ogni criterio viene attribuito un coefficiente di importanza relativa, il peso: questa attribuzione è una delle parti più “delicate” dei metodi ELECTRE ed in generale di tutte le tecniche di analisi a criteri multipli, in quanto è l’espressione più diretta ed esplicita delle preferenze dei 255

(17)

decision makers in rapporto alle azioni alternative da valutare, dato che ne in influenza, in maniera decisiva, i risultati finali.

Nei successivi paragrafi (7.7) verrà affrontata in maggiore dettaglio la procedura che consente di attribuire i pesi ai criteri in modo conforme alla filosofia dei metodi ELECTRE: tale procedura, per la prima volta implementata da Simos (1990), è stata poi riveduta e corretta dallo stesso Roy (Roy e Figueira 1998, 2002).

Per la determinazione delle soglie, invece, anche se l’analista vorrebbe spesso far ricorso ad una rigorosa formulazione matematica, in molti casi decisionali reali, tuttavia, questa ipotesi risulta di difficile applicazione.

Il modello stesso dello pseudo-criterio, cui fanno riferimento i metodi ELECTRE, è progettato per incorporare nel modello decisionale il concetto di incertezza (fuzziness) che deriva dall’arbitrarietà legata alla scelta dei criteri e dall’imprecisione connessa alla formulazione delle performances delle alternative.

Le difficoltà aumentano soprattutto quando non sia possibile esprimere i punteggi delle j alternative [gk(aj), con k=1,2….n e j=1,2….m ] rispetto a ciascun criterio k attraverso una funzione di utilità o di probabilità matematicamente definita, come spesso accade nei problemi decisionali che riguardano la pianificazione territoriale.

Ovviamente queste difficoltà non possono esimere l’analista dal ricercare valori, il più possibile appropriati, delle soglie in relazione allo specifico problema decisionale che ha di fronte: un po’ di buon senso, una effettiva comprensione dell’ordine di grandezza entro cui variano i valori gk(aj) ed alcuni tentativi per prove ed errori (“trial and error”) sono molto spesso utili per pervenire, anche attraverso iterazioni successive, ad un risultato adeguato (Roy, 1996).

In alcuni casi è sufficiente considerare queste soglie come costanti, oppure come funzioni proporzionali ai valori di gk(aj): ciò accade, ad esempio, nei criteri di costo.

In altri casi, soprattutto quando si fa ricorso alle procedure ELECTRE III e IV, è preferibile calcolare, per ogni criterio, i valori delle soglie come percentuali della performances più alta o più bassa, a seconda che il criterio sia da massimizzare o da minimizzare, oppure come percentuale del range fra la il valore massimo e minimo, assunti dal set di alternative sul criterio in esame (Zoppi e Farci, 2005; Rogers, 1998).

In generale, non esiste una regola fissa ed applicabile in maniera standardizzata ai diversi casi di studio, ma al contrario la modalità di computazione delle soglie dipende dalla capacità, dalla sensibilità e dall’esperienza dell’analista stesso.

CONFRONTO FRA METODI ELECTRE

Tutti i metodi ELECTRE si basano sulla costruzione di una relazione di surclassamento fra ciascuna coppia delle alternative decisionali in esame. Per l’esistenza di una relazione di surclassamento aSb devono essere esaminate sia le ragioni che giocano a favore, o che almeno non si oppongono (concordanza), le quali devono essere sufficientemente forti affinché l’area di non conflitto sia elevata, sia le ragioni contro tale assunzione

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(discordanza) che devono essere sufficientemente deboli affinché il rammarico dovuto all’eventuale eliminazione di b da parte di a sia limitato. Per calcolare la concordanza e la discordanza è necessario disporre di una matrice di valutazione monotona, di un vettore dei pesi che esprime l’importanza relativa dei criteri di valutazione considerati, e, per ciascun criterio, di tre distinte soglie (indifferenza, preferenza, veto). Le modalità con cui vengono calcolati ed integrati tra loro gli indici di concordanza e discordanza dipendono dal tipo di versione del modello ELECTRE (I, II, III, IV, TRI) che si differenziano anche in base al risultato che si vuole ottenere dell’analisi. Per tutti i metodi l’indice di concordanza è comunque un indicatore rappresentativo dell’insieme dei punti di vista che non si oppongono al surclassamento, mentre la discordanza è legata alla massima differenza di prestazioni che gioca contro il surclassamento.

Parametri METODO Problematica Soglie

(Indiff.

Pref.) Pesi criteri Veto

Caratteristiche tecniche del

SRP

ELECTRE I α No Si Si

Una relazione netta di surclassamento con livello di concordanza. ELECTRE TRI β Si Si Si Una relazione netta di surclassamento

+ dei profili limitati.

ELECTRE II γ No Si Si Due relazioni connesse (“emboîtées”) di surclassamento con livelli di concordanza. ELECTRE III γ Si Si Si Una relazione fluida (“floue”) di

surclassamento. ELECTRE IV γ Si No Si Da due a cinque relazioni connesse (“emboîtées”) di surclassamento.

Tabella 7.4 Caratteristiche dei principali metodi di tipo ELECTRE (Roy e Bouyssou, 1993)

ELECTRE I

Il metodo ELECTRE I si basa sulla definizione di due soglie, una di concordanza ed una di discordanza, che rappresentano, rispettivamente, il valore minimo dell’insieme dei pesi dei criteri che non si oppongono al surclassamento (della generica alternativa a su b) ed il valore massimo di rammarico che il decisore può tollerare.

In generale un’alternativa a surclassa un’altra b soltanto se la concordanza è maggiore della soglia c e se la discordanza è minore della soglia d.

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La matrice dei surclassamenti può essere, quindi, rappresentata su un grafo in cui i nodi rappresentano le alternative decisionali e gli archi le relazioni di surclassamento.

Poiché non sempre, data una coppia di alternative, esiste una relazione di surclassamento, ELECTRE I genera un grafo dei surclassamenti non completo; questo aspetto, unito alla proprietà di intransitività del sistema di preferenze, comporta l’ impossibilità di ricavare un ordinamento delle alternative a partire dal grafo dei surclassamenti.

È tuttavia possibile ricavare il “nucleo”, cioè l’insieme delle alternative, fra loro incomparabili, frutto della eliminazione delle alternative surclassate e tra le quali il/i decisore/i dovranno effettuare una scelta.

Infatti le alternative che fanno parte del nucleo non si possono scartare perché non surclassate da nessun’altra alternativa del nucleo stesso, mentre quelle che non appartengono al nucleo sono surclassate da almeno una di quelle del nucleo.

In ELECRE I non è possibile, quindi, parlare di alternative “migliori”, cioè preferibili per lo specifico problema decisionale, ma di alternative che si possono scartare e di alternative che sono invece candidate alla scelta.

ELECTRE II

Questo metodo risulta essere un’evoluzione di ELECTRE I ed è stata ideata dalla scuola francese allo scopo di generare un ordinamento fra le alternative decisionali analizzate. Vengono fissate, a tal scopo, due coppie di soglie di concordanza e discordanza: una “forte” ed una “debole”. Vengono così creati anche due distinte relazioni di surclassamento e conseguentemente due distinti grafi di surclassamento: grafo debole e grafo forte.

Possedere due differenti grafi di surclassamento non è infatti contraddittorio perché ognuno di essi esprime un diverso livello di informazione in relazione al surclassamento esistente (Laniado, 2001).

Il grafo forte ha pochi surclassamenti (ma molto significativi) e molte incomparabilità, mentre il grafo debole ha un maggior numero di surclassamenti (con significatività anche molto differenti fra loro) e poche incomparabilità.

Se per generare l’ordinamento si utilizzasse solo il grafo forte, avendo pochi surclassamenti, le alternative risulterebbero fra loro quasi tutte incomparabili; se al contrario si utilizzasse il solo grafo debole, avendo molte relazioni di surclassamento, si genererebbero situazioni difficili da gestire in un processo decisionale multi-attore (es. cicli del tipo aSb, bSc, cSa).

L’ordinamento si ricava perciò in due tempi: dal grafo forte si ricava un primo ordinamento che comprende gruppi di alternative tra loro incomparabili, quindi dal grafo debole si ricavano ulteriori informazioni che consentono di discriminare all’interno dei gruppi precedentemente creati.

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L’utilizzo integrato dei due grafi aumenta il livello di informazione disponibile ed aiuta ad effettuare scelte più ponderate.

A causa dell’incompletezza dei grafi, l’ordinamento calcolato con un algoritmo discendente (le alternative vanno dalla migliore alla peggiore) può essere diverso da quello calcolato con un algoritmo ascendente (le alternative vanno dalla peggiore alla migliore).

La proposta di ELECTRE II è quella di calcolare entrambi gli ordinamenti (ascendente e discendente) e di costruire un ordinamento finale come intersezione dei due. L’ordinamento risultante può essere comunque un ordinamento parziale: questo accade quando i grafi sono incompleti e/o intransitivi a causa delle proprietà di incomparabilità fra le azioni potenziali analizzate.

ELECTRE II propone anche un ordinamento finale medio in cui ogni alternativa occupa una posizione che è la media aritmetica delle posizioni occupate negli ordinamenti ascendente e discendente.

Quest’ultima è, tuttavia, spesso ritenuta una soluzione poco soddisfacente perché comporta una perdita di informazione rispetto agli ordinamenti distinti, non è basata su alcun fondamento teorico robusto e non risulta adeguata per comprendere il reale svolgersi del processo decisionale.

ELECTRE III

ELECTRE III rappresenta un’ulteriore evoluzione del precedenti metodi elaborati dalla scuola francese di Roy in particolare per quanto riguarda la determinazione delle soglie che in ELECTRE I e II, pur influenzando in modo significativo il risultato, vengono computate in modo piuttosto arbitrario oltre ad avere un significato spesso non completamente trasparente e comprensibile.

Gli esponenti della scuola parigina di Roy comprendono la necessità di introdurre soglie di significato più intuitivo legate ai singoli criteri: per ogni criterio di valutazione vengono, infatti, individuate una soglia di indifferenza, una di preferenza ed una di veto che stimano l’importanza di una differenza di prestazione tra due alternative rispetto al criterio considerato.

In Electre III le soglie non sono più legate ai valori che l’ alternativa i-esima assume rispetto al criterio k-esimo, ma piuttosto alle differenze dei valori stessi assunti da due azioni rispetto a tal criterio k.

Da questo presupposto, attribuendo dei pesi di importanza ai singoli criteri, viene calcolata una matrice di credibilità all’ipotesi di surclassamento (fra ciascuna coppia di alternative in esame) da cui, tramite un processo detto di “distillazione”, si ottengono i due ordinamenti ascendente e discendente, così come avveniva in ELECTRE II.

Il metodo ELECTRE III rappresenta quindi un affinamento dei precedenti ELECTRE I e II.

(21)

ELECTRE IV

ELECTRE IV si articola secondo lo stesso schema di ELECTRE III e tenta di evitare le difficoltà che i decision makers (o l’analista che ne fa le veci) può incontrare nel momento di assegnare un ordine di preferenze ai diversi criteri di valutazione.

Per questo motivo in ELECTRE IV si assume che i criteri (e gli attributi) abbiano più o meno la stessa importanza, ossia che i pesi siano sostanzialmente tutti uguali fra loro. Questo fa sì che tale metodo risulti inadatto nei problemi decisionali in cui criteri ed attributi siano numerosi, articolati e conflittuali, come spesso accade nelle problematiche di valutazione territoriale ed ambientale.

Una sintesi delle principali caratteristiche dei metodi Electre viene riportata in figura 7.10.

(22)

7.6 METODO ELECTRE III/IV

In questa sede viene effettuato uno studio più approfondito dei metodi Electre III/IV (il secondo si differenzia dal primo solamente nella determinazione dei pesi che vengono considerati tutti uguali), successivamente implementati nei casi di studio proposti.

Il metodo Electre III presuppone una tassonomia dei pesi dei criteri e fa riferimento alla tipologia di criteri sopra definiti pseudocriteri.

Il metodo prevede, infatti, la scelta dei criteri, l’attribuzione di un peso a ciascun di essi e la valutazione delle performances di ciascuna azione (alternativa) rispetto ad ogni criterio.

Il metodo Electre III affronta in maniera più approfondita, rispetto alle precedenti versioni di Electre, quelle problematiche legate all’incomparabilità o all’impossibilità di confrontare le diverse alternative, attraverso l’introduzione di un set di soglie per ciascun criterio.

In realtà anche i precedenti metodi Electre utilizzavano delle soglie di concordanza e di discordanza per decidere se tra una coppia di alternative decisionali la relazione di surclassamento fosse valida: in tali casi era necessario, innanzitutto, analizzare la performance di ogni alternativa su tutti i criteri, quindi riassumere in un indice sintetico tutte le informazioni contenute nei criteri stessi ed, infine, valutare, sulla base di questo indice, se la relazione di surclassamento potesse essere accettata o meno. Le soglie di concordanza e di discordanza servivano ad esprimere le capacità, di ciascun decision maker, di prendere posizione nelle situazioni conflittuali.

Nel metodo Electre III, invece, le soglie di indifferenza, preferenza stretta e veto, non sono legate ai valori che l’alternativa i-esima assume nei confronti del criterio k-esimo, ma alle differenze dei valori delle alternative confrontate a coppie rispetto a ciascun criterio.

In relazione ad ogni criterio k si definiscono quindi: una soglia di preferenza per criterio (pk) che serve a distinguere tra una situazione di preferenza in senso stretto (P) ed una di preferenza debole (Q), una soglia di indifferenza (qk) che caratterizza, appunto, le situazioni di indifferenza (I) in cui non è possibile definire una preferenza, se pur debole, tra le performance delle azioni alternative ed, infine, una soglia di veto (vk) oltre la quale le azioni sono considerate incomparabili (R) perché troppo dissimili fra loro (figura 7.12).

Indifferenza

Pref. Debole

Pref. Stretta

Veto

K-crit

q

k

p

k

v

k

P

Q

I

R

Figura 7.12 Sistema delle preferenze e soglie nel metodo Electre III

(23)

Pertanto, dall’aggregazione delle prestazioni di ciascuna azione, possono scaturire degli ordinamenti incompleti (alcune alternative possono anche non essere incluse nell’ordinamento) che hanno un significato meramente ordinale (conta solo la posizione in graduatoria) secondo un approccio molto più vicino al reale modello comportamentale del decisore.

Per utilizzare, nella valutazione, il modello Electre III, l’analista deve disporre sia dei dati di base del problema decisionale (criteri, alternative e rispettivi punteggi), che delle preferenze di ciascun decisore.

Tali preferenze si sostanziano nel peso e nei tre valori delle soglie sopra descritti (indifferenza, preferenza stretta e veto) per ogni criterio.

I pesi e le soglie sono necessari per calcolare le matrici di concordanza e discordanza per criterio e sull’insieme dei criteri. Da tali matrici, previo il calcolo di una matrice di credibilità dei surclassamenti, si individuano i surclassamenti che portano, attraverso una procedura di distillazione, all’ordinamento delle alternative.

La procedura si sviluppa, quindi, in fasi successive: calcolo degli indici di concordanza e discordanza, calcolo del grado di credibilità all’ipotesi di surclassamento fra ciascuna coppia di alternative e costruzione degli ordinamenti di classificazione.

7.6.1 Indice di Concordanza per criterio e sull’insieme dei criteri:

Matrice di Concordanza

Date due alternative decisionali a e b, appartenenti alla famiglia F delle azioni da comparare ed ordinare tramite la procedura ELECTRE III, il primo passo per analizzare la condizione di surclassamento fra le azioni in esame è il calcolo dell’indice di concordanza ck(a,b) per ciascun criterio k considerato nella valutazione.

Tale indice ck(a,b) misura le ragioni che non si oppongono all’ipotesi che afferma il surclassamento dell’alternativa a sull’alternativa b (aSb) rispetto a k e viene matematicamente espresso tramite la relazione di seguito riportata

⎪ ⎪ ⎪ ⎩ ⎪⎪ ⎪ ⎨ ⎧ − + ≥ − ≤ − = altrimenti q p p (b) g -(a) g p ) a ( g ) b ( g se 0 q ) a ( g ) b ( g se 1 ) b , a ( c k k k k k k k k k k k k [7.11] dove:

ck(a,b) = indice di concordanza all’ipotesi di surclassamento dell’alternativa a sull’alternativa b rispetto al criterio k;

gk(a), gk(b) = valore del criterio k sulle alternative a e b; k = indice del criterio considerato, k:1,2,n;

pk = soglia di preferenza stretta relativa al criterio k; qk = soglia di indifferenza relativa al criterio k.

(24)

La relazione [7.11] indica che, se la differenza fra i valori delle performances dell’alternativa b e dell’ alternativa a, rispetto al criterio k, è minore o uguale alla soglia di indifferenza qk, cioè se le due azioni sono legate da una condizione di indifferenza Ik, allora l’indice di concordanza per quel criterio assume valore massimo pari ad 1.

Se invece tale differenza [gk(b) – gk(a)] risulta maggiore o uguale al valore della soglia di preferenza stretta pk, cioè è possibile affermare che b è strettamente preferita ad a in riferimento al criterio k, allora il valore dell’indice di concordanza di a su b è minimo, cioè pari a 0.

Infine, nelle condizioni intermedie, per cui la differenza fra le performances della azioni b ed a, rispetto al criterio k, risulta essere compresa fra le due soglie di indifferenza e di preferenza stretta, cioè se le alternative decisionali sono legate da una condizione di preferenza debole, allora l’indice di concordanza varia in maniera decrescente nell’intervallo chiuso [0,1].

La figura 7.13 mostra l’andamento dell’indice di concordanza per criterio k al variare della differenza di prestazione tra le alternative b ed a (Laniado, 2002).

Figura 7.13 Andamento dell’indice di concordanza ck(a,b) al variare della differenza delle performances delle azioni b ed a rispetto al criterio k

Gli indici di concordanza (all’ipotesi del surclassamento) dell’alternativa a sull’alternativa b, rispetto a ciascun criterio k (k:1,2…n), vengono fra loro successivamente sommati, effettuando una somma pesata in base all’importanza del criterio, in modo da stabilire un indice di concordanza complessiva su tutti i criteri, C (a,b), dell’azione a su b

1 = ∗ 1 = n k k k c (a,b) w W ) b , a ( C [7.12] dove:

C(a,b) = indice di concordanza complessiva all’ipotesi di surclassamento dell’alternativa a sull’alternativa b, rispetto a tutti i criteri;

ck(a,b) = indice di concordanza all’ipotesi di surclassamento dell’alternativa a sull’alternativa b, rispetto al criterio k;

(25)

k = indice del criterio, k:1,2…n; wk = peso del k-esimo criterio;

W =

= somma dei pesi dei criteri di valutazione considerati. 1 = n k k w

In definitiva, l’indice di concordanza sull’insieme dei criteri è una misura di quanto l’alternativa a si candida a surclassare l’alternativa b.

Il calcolo dell’indice di concordanza sull’insieme dei criteri viene ripetuto per tutte le alternative decisionali in esame che vengono confrontate a coppie.

In generale, data la “matrice delle performances”, relativa al problema decisionale in esame, in cui vengono riportati i punteggi delle m alternative A1, A2, Am rispetto agli n criteri di valutazione Cr1, Cr2, Crn, ed identificati i vettori dei pesi dei criteri w, delle soglie di indifferenza q, di preferenza stretta p e di veto v, gli indici di concordanza complessiva C(Ai,Aj) costituiscono gli elementi di una matrice detta Matrice di Concordanza complessiva che ha ordine m e diagonale unitaria (figura 7.14).

wn w3 w2 w1 Pesi Criteri vn v3 v2 v1 Soglia di Veto pn p3 p2 p1 Soglia Pref. Str. qn q3 q2 q1 Soglia Indiff gn(Am) g3(Am) g2(Am) g1(Am) Am gn(A3) g3(A3) g2(A3) g1(A3) A3 gn(A2) g3(A2) g2(A2) g1(A2) A2 gn(A1) g3(A1) g2(A1) g1(A1) A1 ALTERNA-TIVE Crn Cr3 Cr2 Cr1 CRITERI (Attributi) Matrice delle “Performances” wn w3 w2 w1 Pesi Criteri vn v3 v2 v1 Soglia di Veto pn p3 p2 p1 Soglia Pref. Str. qn q3 q2 q1 Soglia Indiff gn(Am) g3(Am) g2(Am) g1(Am) Am gn(A3) g3(A3) g2(A3) g1(A3) A3 gn(A2) g3(A2) g2(A2) g1(A2) A2 gn(A1) g3(A1) g2(A1) g1(A1) A1 ALTERNA-TIVE Crn Cr3 Cr2 Cr1 CRITERI (Attributi) Matrice delle “Performances” 1 C(Am, A3) C(Am, A2) C(Am, A1) Am C(A3, Am) 1 C(A3, A2) C(A3, A1) A3 C(A2, Am) C(A2, A1)

Figura 7.14 Matrice delle performances, pesi, soglie e matrice di concordanza

1 C(A2, A1) A2 C(A1, Am) C(A1, A3) C(A1, A2) 1 A1 Am A3 A2 A1 Matrice di Concordanza 1 C(Am, A3) C(Am, A2) C(Am, A1) Am C(A3, Am) 1 C(A3, A2) C(A3, A1) A3 C(A2, Am) C(A2, A1) 1 C(A2, A1) A2 C(A1, Am) C(A1, A3) C(A1, A2) 1 A1 Am A3 A2 A1 Matrice di Concordanza

c1(A2, A1)w1+ c2(A2, A1)w2+ ... cn(A2, A1)wn (w1+ w2+ ... wn)

c1(A2, A1)w1+ c2(A2, A1)w2+ ... cn(A2, A1)wn (w1+ w2+ ... wn)

c1(A1, A2)w1+ c2(A1, A2)w2+ ... cn(A1, A2)wn

(w1+ w2+ ... wn)

c1(A1, A2)w1+ c2(A1, A2)w2+ ... cn(A1, A2)wn

(26)

7.6.2 Indice di Discordanza per criterio : Matrici Di Discordanza

Date due alternative decisionali a e b, appartenenti alla famiglia F delle azioni da comparare ed ordinare tramite la procedura ELECTRE III, l’indice di discordanza dk(a,b), per ciascun criterio k, misura le ragioni che si oppongono all’ipotesi che afferma il surclassamento dell’alternativa a sull’alternativa b (aSb).

La formalizzazione matematicamente di tale indice viene di seguito riportata

⎪ ⎪ ⎪ ⎩ ⎪⎪ ⎪ ⎨ ⎧ − − ≥ − ≤ − = altrimenti p v p (a) g -(b) g v ) a ( g ) b ( g se 1 p ) a ( g ) b ( g se 0 ) b , a ( d k k k k k k k k k k k k [7.13] dove:

dk(a,b) = indice di discordanza all’ipotesi di surclassamento dell’alternativa a sull’alternativa b rispetto al criterio k;

gk(a), gk(b) = valore del criterio k sulle alternative a e b; k = indice del criterio, k:1,2,n;

pk = soglia di preferenza stretta relativa al criterio k; vk = soglia di veto relativa al criterio k.

La relazione [7.13] indica che, se la differenza fra i valori delle performances dell’alternativa b e dell’ alternativa a, rispetto al criterio k, è minore o uguale alla soglia di preferenza stretta pk, cioè se le due azioni comparate sono legate o da una condizione di preferenza debole (Qk), oppure da una condizione di indifferenza (Ik), allora l’indice di discordanza è minimo ed assume valore nullo. In tal caso il criterio k non è discordante all’ipotesi di surclassamento di a su b (k∉ C(aPb)).

Se invece la differenza [gk(b) – gk(a)] risulta maggiore o uguale al valore della soglia di veto vk, cioè la distanza fra i punteggi delle due azioni è talmente alta da superare addirittura la soglia di veto che ne rappresenta il limite di incomparabilità, allora il valore dell’indice di concordanza, rispetto a k, sarà massimo, cioè pari ad 1. Questo significa che il criterio k mette il suo veto all’ipotesi di surclassamento di a su b.

Infine, nelle condizioni intermedie, per cui la differenza fra le performances della azioni b ed a, rispetto al criterio k, risulta essere compresa fra le due soglie di preferenza stretta e di veto, cioè se le due alternative decisionali sono legate da una condizione di preferenza stretta (Pk), allora l’indice di concordanza varia proporzionalmente in modo crescente nell’intervallo chiuso [0,1]. Questo è il caso in cui il criterio k, pur essendo discordante con l’ipotesi di surclassamento di a su b, non mette il suo veto al surclassamento. La figura 7.15 mostra l’andamento comparato degli indici di concordanza e di discordanza all’ipotesi aSb, rispetto al criterio k, al variare della differenza di prestazione tra le alternative b ed a.

(27)

Figura 7.15 Andamento comparato degli indici di concordanza ck(a,b) e dk(a,b) al variare della differenza delle performances delle azioni b ed a rispetto al criterio k

Il calcolo dell’indice di discordanza per criterio viene ripetuto per tutte le alternative decisionali in esame che vengono confrontate a coppie in base alle loro performances sul criterio in esame.

Anche gli indici di concordanza costituiscono gli elementi di una matrice detta Matrice di Discordanza per Criterio che ha ordine m e diagonale con elementi nulli (figura 7.16).

wn w3 w2 w1 Pesi Criteri vn v3 v2 v1 Soglia di Veto pn p3 p2 p1 Soglia Pref. Str. qn q3 q2 q1 Soglia Indiff gn(Am) g3(Am) g2(Am) g1(Am) Am gn(A3) g3(A3) g2(A3) g1(A3) A3 gn(A2) g3(A2) g2(A2) g1(A2) A2 gn(A1) g3(A1) g2(A1) g1(A1) A1 ALTERNA-TIVE Crn Cr3 Cr2 Cr1 CRITERI (Attributi) Matrice delle “Performances” wn w3 w2 w1 Pesi Criteri vn v3 v2 v1 Soglia di Veto pn p3 p2 p1 Soglia Pref. Str. qn q3 q2 q1 Soglia Indiff gn(Am) g3(Am) g2(Am) g1(Am) Am gn(A3) g3(A3) g2(A3) g1(A3) A3 gn(A2) g3(A2) g2(A2) g1(A2) A2 gn(A1) g3(A1) g2(A1) g1(A1) A1 ALTERNA-TIVE Crn Cr3 Cr2 Cr1 CRITERI (Attributi) Matrice delle “Performances” 0 d1(Am, A3) d1(Am, A2) d1(Am, A1) Am d1(A3, Am) 0 d1(A3, A2) d1(A3, A1) A3 d1(A2, Am) d1(A2, A1) 0 d1(A2, A1) A2 d1(A1, Am) d1(A1, A3) d1(A1, A2) 0 A1 Am A3 A2 A1 CRITERIO 1 Matrice di Discordanza 0 d1(Am, A3) d1(Am, A2) d1(Am, A1) Am d1(A3, Am) 0 d1(A3, A2) d1(A3, A1) A3 d1(A2, Am) d1(A2, A1) 0 d1(A2, A1) A2 d1(A1, Am) d1(A1, A3) d1(A1, A2) 0 A1 Am A3 A2 A1 CRITERIO 1 Matrice di Discordanza 0 d1(Am, A3) d1(Am, A2) d1(Am, A1) Am d1(A3, Am) 0 d1(A3, A2) d1(A3, A1) A3 d1(A2, Am) d1(A2, A1) 0 d1(A2, A1) A2 d1(A1, Am) d1(A1, A3) d1(A1, A2) 0 A1 Am A3 A2 A1 CRITERIO 1 Matrice di Discordanza 0 d1(Am, A3) d1(Am, A2) d1(Am, A1) Am d1(A3, Am) 0 d1(A3, A2) d1(A3, A1) A3 d1(A2, Am) d1(A2, A1) 0 d1(A2, A1) A2 d1(A1, Am) d1(A1, A3) d1(A1, A2) 0 A1 Am A3 A2 A1 CRITERIO 1 Matrice di Discordanza CRITERIO 2 M atrice di Discordanza A1 A2 A3 Am

A1 0 d2(A1, A2) d2(A1, A3) d2(A1 , Am)

A2 d2(A2, A1) 0 d2(A2, A1) d2(A2 , Am)

A3 d2(A3, A1) d2(A3, A2) 0 d2(A3 , Am)

Am d2 (Am, A1) d2 (Am, A2) d2 (Am, A3) 0 CRITERIO 2

M atrice di Discordanza

A1 A2 A3 Am

A1 0 d2(A1, A2) d2(A1, A3) d2(A1 , Am)

A2 d2(A2, A1) 0 d2(A2, A1) d2(A2 , Am)

A3 d2(A3, A1) d2(A3, A2) 0 d2(A3 , Am)

Am d2 (Am, A1) d2 (Am, A2) d2 (Am, A3) 0

CRITERIO n

M atrice di Discordanza

A1 A2 A3 Am

A1 0 dn(A1, A2) dn(A1, A3) dn(A1, Am)

A2 dn(A2, A1) 0 dn(A2, A1) dn(A2, Am)

A3 dn(A3, A1) dn(A3, A2) 0 dn(A3, Am)

Am dn(Am, A1) dn(Am, A2) dn(Am, A3) 0

CRITERIO n

M atrice di Discordanza

A1 A2 A3 Am

A1 0 dn(A1, A2) dn(A1, A3) dn(A1, Am)

A2 dn(A2, A1) 0 dn(A2, A1) dn(A2, Am)

A3 dn(A3, A1) dn(A3, A2) 0 dn(A3, Am)

Am dn(Am, A1) dn(Am, A2) dn(Am, A3) 0

Figura

Figura 7.1  Passaggio dall’assioma di completezza alla consapevolezza  dell’incompletezza del processo decisionale reale (Laniado, 2001)
Figura 7.2  Rappresentazione del risultato della prima problematica (Roy, 1996)   La seconda problematica (P.β, “Sorting Problematic”) corrisponde alla pratica corrente
Figura 7.4  Rappresentazione del risultato della terza problematica (Roy, 1996)   La problematica (P.δ, “Description Problematic”) presenta il problema decisionale in
Tabella 7.1  Le quattro problematiche di riferimento (Roy e Bouyssou, 1993)
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Riferimenti

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