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CAPITOLO 3 Realizzazione del Primo Prototipo del Sistema di Telemetria

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CAPITOLO 3

Realizzazione del Primo Prototipo del Sistema di

Telemetria

3.1 Introduzione al problema

Nei paragrafi precedenti è stata descritta la malattia da reflusso gastro-esofageo e il ruolo che la pH-metria e la manometria hanno nella sua diagnosi; sono stati descritti i dispositivi tradizionali di rilevazione, messi a confronto con uno innovativo come il sistema BravoTM, sottolineando l’importanza dell’eliminazione dei cateteri per migliorare l’attendibilità dei parametri rilevati, in quanto al paziente è permesso di svolgere la normale attività quotidiana, con un disagio minimo rispetto a prima.

A questo punto vale la pena di fare alcune considerazioni sul sistema BravoTM: attualmente esso è progettato per la sola rilevazione del pH; inoltre, anche se viene dichiarata la possibilità di introdurlo in esofago per via nasale, in realtà le sue dimensioni non sono ottimali a questo scopo; infine, se si analizza la modalità di aggancio, che prevede la perforazione della mucosa esofagea, anche questa risulta un punto debole, in quanto viene causato un danno ulteriore alla mucosa di pazienti che, per il tipo di patologia da cui sono affetti, presenta già delle anomalie.

Per quanto riguarda la diagnosi della malattia, la valutazione dei reflussi acidi nell’arco delle 24 ore, in relazione alla contemporanea rilevazione dell’andamento del tono pressorio dello sfintere esofageo inferiore, consentirebbero di studiare il ruolo dei rilasciamenti transitori spontanei dello sfintere nella patogenesi della malattia. Naturalmente un ulteriore vantaggio si riscontrerebbe anche nello studio della motilità esofagea, che verrebbe eseguito consentendo al paziente di mantenere le normali abitudini.

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Lo scopo di questo studio è dunque progettare e mettere a punto il prototipo di un sistema di telemetria miniaturizzato, contenuto all’interno di una capsula impiantabile, per la contemporanea rilevazione del pH e della pressione intra-esofagei, che elimini il sistema di cateteri e non necessiti di complesse procedure manuali di inserimento.

Secondo il parere medico, per ogni indagine clinica di questo tipo, servono cinque capsule da agganciare all’esofago: quattro identiche fra loro per la rilevazione della pressione, una per la contemporanea rilevazione di pressione e pH, posizionata al livello della linea Z (zona di giunzione delle mucose esofagea e gastrica): le altre capsule devono essere poste di seguito a quest’ultima lungo il tratto gastro-esofageo, con una distanza di 5 cm l’una dall’altra.

La possibilità di introdurre le capsule tramite il lume di un gastroscopio è limitata eventualmente dalle dimensioni finali del dispositivo, comprensivo di un packaging biocompatibile adatto all’impianto; la modalità di aggancio delle capsule, come descritto sopra, è un altro aspetto importante da tenere in considerazione: la mucosa infatti non deve essere danneggiata, dato che, nei pazienti soggetti a questi disturbi, essa risulta già parzialmente compromessa dagli acidi gastrici con cui viene a contatto; inoltre la capsula stessa deve essere protetta dal transito di cibo, che potrebbe causarne un distacco prematuro rispetto al tempo necessario per l’esame clinico.

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3.2 Descrizione del primo sistema proposto

Lo scopo della realizzazione di un prototipo funzionante, che in questa prima fase di lavoro sfrutta un sistema di telemetria progettato in un periodo precedente a questo studio [23], è quello di effettuare una serie di test di laboratorio, completati da una prova in-vivo, per verificarne il funzionamento e ottimizzare i parametri circuitali che sono comuni anche al secondo sistema progettato.

Il modulo realizzato per le prime sperimentazioni, adatto alla rilevazione del pH, è alimentato con una cella al litio da 3V del tipo CR1025, con una capacità nominale di 30 mAh e dimensioni pari a 10 mm di diametro e 2.5 mm di spessore; è caratterizzato da una sensibilità (con alimentazione a 3 V) pari a 43.5 mV/dec sull’intero range di pH da 1 a 14; la frequenza di trasmissione con modulazione ASK è pari a 433.92 MHz; la rilevazione e trasmissione dei dati avviene ogni 2.3 s; la potenza media dissipata risulta pari a 1.83 mW, consentendo una durata della batteria di 50 h; le dimensioni del modulo, senza considerare lo spessore dell’embedding in silicone, sono di circa 35 mm x 40 mm; il modulo di ricezione, di dimensioni pari a 30 mm x 40 mm, è interfacciabile con il PC tramite seriale; i dati vengono visualizzati tramite un’apposita interfaccia utente sviluppata in ambiente Labview.

Lo schema elettrico del circuito di acquisizione e trasmissione ASK è riportato in figura 3.1.

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Rb R3 1.5k 8 Sensori 1 2 3 4 5 6 7 8 R2 4.7k Vdd Ra C2 22pF C4 100pF Vdd rfPIC12C509AF 1 2 3 4 6 7 8 9 10 20 19 5 18 17 16 15 14 13 12 11 Vdd GP5/OSC1/CLKIN GP4/OSC2 GP3/MCLR/Vpp RFENin CLKOUT PS/DATAask Vddrf ANT2 Vss GP0 XTAL GP1 GP2/T0CKI FSKout DATAf sk LF NC Vssrf ANT1 Y1 f xtal=13.55MHz C1 0.1uF C3 3.9nF Vdd Antenna Elicoidale AD7888 1 2 3 4 5 6 7 9 8 10 11 12 13 14 15 16 CS

REF IN/REF OUT Vdd AGND AIN1 AIN2 AIN3 AIN5 AIN4 AIN6 AIN7 AIN8 AGNDDIN DOUTSCLK 3V1 Cella al Litio CR1025 2 R1 2.4k

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3.2.1 Componenti elettronici e caratteristiche del sistema di acquisizione e trasmissione

Il sistema di acquisizione è costituito da un convertitore analogico/digitale multicanale accoppiato con il microcontrollore rfPIC12C509AF, di Microchip, che svolge la funzione di processore, modulatore e trasmettitore.

La scelta è caduta su questo tipo di microcontrollore grazie ad alcune sue caratteristiche particolari: per prima cosa la presenza di un trasmettitore integrato, con possibilità di modulare il segnale sia ASK (Amplitude Shift Keyng), che FSK (Frequency Shift Keying); l’uso di un circuito oscillatore interno per fornire il clock al controllore; inoltre la possibilità di portarsi in modalità stand-by.

Per quanto riguarda il tipo di modulazione, è necessario osservare che la ASK presenta alcuni limiti dovuti ad un certo spreco della banda di trasmissione ed all’utilizzo di solo la metà della potenza di picco disponibile: infatti il segnale modulato può essere visto come il prodotto tra la portante ed un’onda rettangolare, che varia tra 0 e 1 in funzione dei bit della trama da trasmettere.

Nonostante questo, la modulazione ASK è stata comunque utilizzata per motivi legati al fatto che, tra il materiale già disponibile all’interno del laboratorio, vi era un ricevitore ASK adatto ad all’accoppiamento con questo sistema; inoltre i risultati raggiunti in questa fase di sperimentazione non sono in realtà influenzati dal tipo di modulazione scelta, senza contare che, se in seguito si volesse utilizzare la modulazione FSK, le modifiche da apportare al sistema di trasmissione sarebbero minime.

In base ad un lavoro precedente svolto [23] ed in relazione ai diversi studi in proposito, è stata scelta una frequenza portante pari a 433 MHz: la banda intorno questo valore appartiene all’intervallo Ultra High Frequency, che viene spesso usata in ambito medico; in Italia è stata in parte affidata al Ministero della Difesa ed in parte al Ministero delle Poste e Telecomunicazioni, che la sfrutta per servizi di varia natura.

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Per quanto riguarda la potenza di trasmissione, trasmettendo ad una frequenza di 433.92 MHz, dalla normativa ICNIRP si ottengono le seguenti limitazioni, espresse in termini di densità superficiale di potenza SEQ:

• per la popolazione esposta per motivi professionali:

2 92 . 433 848 . 10 40 m W f S f EQ = = = ;

• per la popolazione generica: 2

92 . 433 169 . 2 200 m W f S f EQ = = = ;

Per valutare i livelli di energia adatti a tali limitazioni, è stata fatta l’ipotesi che tutta la potenza irradiata dal rfPIC esca da una superficie sferica di diametro pari alla dimensione maggiore del dispositivo: facendo lavorare il dispositivo al massimo della

potenza, pari a WPIC =1.585mW , si ottiene 2

585 . 1 2 8.187 2 4 m W d W S mW W PIC PIC PIC =       = = π ; tale

valore soddisfa il limite per la classe esposta per motivi professionali, ma non quello imposto per la popolazione generica.

Si è scelto comunque un livello di potenza di trasmissione massimo, per ottenere durante la sperimentazione una migliore trasmissione dei dati; non si deve neanche trascurare il fatto che il paziente sottoposto all’esame clinico può essere considerato come appartenente alla classe di popolazione consapevole dei rischi derivanti dall’esposizione ai campi elettromagnetici.

Per quanto riguarda il tipo di antenna utilizzato, sono state effettuate molte prove con due diversi tipi di antenna, che rispondessero all’esigenza di ridotte dimensioni del sistema.

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In un primo momento è stata utilizzata una loop antenna, caratterizzata, per la frequenza di trasmissione scelta, da una superficie del loop di 600 mm2, una larghezza del tracciato pari ad 1 mm ed un valore della capacità di tuning variabile da 1.7 pF a 3 pF; con questi parametri è stata fatta una stima delle resistenza di perdita RLOSS e di radiazione RRAD e della induttanza L della loop antenna, ottenendo i seguenti risultati: RLOSS=274 mΩ e RRAD=49 mΩ; L=68 nH; tramite L è stato inoltre calcolato il valore

della capacità di tuning pF

L

C= 12 =1.9

ω ; per adattare l’impedenza dell’antenna

all’impedenza di uscita del trasmettitore ROUT=1 kΩ, è stata utilizzata la tecnica tapped inductor [14]: tale tecnica consiste nell’aggiungere un secondo loop all’antenna, come mostrato in figura 3.5.

Fig. 3.2 Tecnica tapped-inductor.

L’accoppiamento magnetico tra questi due loop ha come risultato un effetto trasformatore, in cui il loop più piccolo svolge il ruolo di primario; quest’ultimo è stato dimensionato in altezza e larghezza, ottenendo i seguenti valori (fig.3.6): lA=15 mm, lB=2 mm (con spessore della traccia w=1 mm).

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In questo modo l’impedenza relativa all’antenna, di valore inferiore a 1 kΩ, viene adattata a ROUT, in modo da ottenere il massimo trasferimento di potenza.

In seguito è risultato più funzionale utilizzare un’antenna elicoidale, in quanto è risultata molto più semplice da posizionare nel modulo, oltre a garantire prestazioni migliori rispetto alla loop. Per una descrizione dettagliata dei criteri di progettazione dell’antenna a elica si rimanda al Capitolo5.

Il convertitore analogico-digitale utilizzato, a 12 bit, di tipo SAR (Successive Approximation Register), è l’AD7888 di Analog Device: le caratteristiche per cui è stato scelto sono, oltre alle dimensioni, la possibilità anche per questo integrato di portarsi in modalità a basso consumo e la comunicazione seriale con il microcontrollore; ciò è risultato particolarmente utile dato che il numero di piedini del rfPIC da utilizzare per pilotare sia il trasmettitore che il convertitore è solo pari a 6.

I parametri di accuratezza e di comportamento dinamico del convertitore risultano più che adeguati per l’utilizzo richiesto; il segnale arriva all’AD7888 dal controllore e viene utilizzato sia per la conversione che per la comunicazione seriale: il throughput e l’intervallo di tempo per la comunicazione seriale risultano entrambi pari a 16 cicli di clock.

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3.2.2 Modalità di funzionamento del sistema

Il clock fornito all’AD7888 è pari a 166.7 KHz: la scelta deriva dal numero di istruzioni che il rfPIC deve eseguire all’interno di un ciclo per garantire una corretta comunicazione; i 12 bit inviati dal convertitore vengono messi in due registri e passati alla subroutine SERWRITE, che li inserisce in una trama con un bit di start ed un bit di stop, con cui viene pilotata la trasmissione.

La successione di bit che si ottiene può essere acquisita da un PC, tramite l’interfaccia seriale. La subroutine SERWRITE provvede anche a dare una corretta temporizzazione alla trama dei bit, in modo da ottenere un bit-rate compatibile con lo standard EIA RS232C. 0 MSB Riposo (Marking) 0 1 0 0 0 Attivo (Space) t 1 Tbit LSB 1 Start

Caratt ere (8 bit )

Stop

T ram a (10 bit )

Fig. 3.4 Trama scelta per la comunicazione seriale asincrona.

Per ottenere un sistema con bassi consumi, è stato scelto di attivare il sistema ogni 2.3 s, utilizzando il modulo watchdog del microcontrollore: con questa scelta si ottiene una potenza media dissipata dal sistema pari a 2.1 mW.

Tramite l’interfaccia utente, progettata con Labview (vedi Cap.5), vengono settati alcuni parametri: si imposta la porta seriale dalla quale acquisire i dati, il baude-rate dell’acquisizione, il numero di byte da acquisire.

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3.2.3 Descrizione del circuito per la rilevazione del pH

Per effettuare la misura di pH è stato utilizzato il sensore in Silicio MO-PISO1 di Micropto: si tratta di un ISFET a canale n in dice montato su un circuito stampato di dimensioni 110 mm x 6 mm x 1 mm (fig.3.7).

Fig. 3.5 Sensore MO-PISO1 di micropto.

Finestra sensibile per la rilevazione del pH

Questo sensore necessita di un elettrodo di riferimento esterno e contiene incorporato un sensore di temperatura.

Le dimensioni del chip sono di 1.5mm x 4mm e combinano perfettamente con le specifiche dimensionali del sistema; il sensore è caratterizzato da una sensibilità di 53 mV/dec e copre l’intero range di pH da 1 a 14.

Prima di essere montato sul prototipo definitivo, il circuito per la rilevazione del pH (fig.3.6) [15] è stato testato in modo indipendente dal resto del sistema;

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Questo circuito consente di polarizzare l’ISFET con una corrente di drain costante e di collegare l’elettrodo di riferimento, che chiude il circuito, a massa: in questo modo la

tensione che si misura sul source è pari a –VGS e corrisponde alla tensione di segnale proporzionale al valore di pH rilevato; i parametri del circuito sono stati dimensionati in modo da ottenere una corrente di drain IDS=100 µA ed una tensione VDS=0.5 V; IC1 è un diodo Zener con tensione inversa pari a 1.8 V; IC2 è l’amplificatore operazionale OP290 di Analog Device; come si vede dallo schema riportato, applicando il metodo del cortocircuito virtuale per risolvere la rete, si ricava:

Fig. 3.6 Circuito per la rilevazione di pH.

3 2 2 1 4 3 2 3 1 ; 1 R R R V V R R R R V IDS IC DS IC + = + = , con R1=50 kΩ, R2=385 kΩ, R3=1 MΩ,

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È stato necessario anche effettuare una calibrazione del sensore, utilizzando quattro soluzioni tampone a pH 1, pH 4, pH 7, pH 10, caratterizzati da una precisione pari a ±0.3%, per disporre di una curva a quattro punti (fig.3.7): la pendenza della retta interpolante fornisce un valore di sensibilità pari a 43.5 mV/dec con uno scarto quadratico medio R2=0.9767.

Il datasheet a disposizione del sensore è risultato pesantemente incompleto, causando diverse difficoltà: in particolare il costruttore non ha fornito alcuna informazione a proposito della linearità.

Curva di Calibrazione Sensore pH MO-PISO1

178 336 408 589 y = 43,5x + 138,5 R2 = 0,9767 0 100 200 300 400 500 600 700 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 Vgs ( m V)

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3.3 Descrizione e realizzazione del circuito di ricezione

Per la realizzazione del circuito di ricezione è stato utilizzato il ricevitore AC-RX di Aurel [: si tratta di un ricevitore con bobina variabile a basso assorbimento, caratterizzato da una frequenza di ricezione di 433.92 MHz, banda passante a –3 dB pari a ±2 MHz e alimentato a 5 V; questo modulo, di dimensioni 38 mm x 12 mm x 5.5 mm è stato montato su basetta SMD standard e collegato all’adattatore di livelli logici MAX233 di Maxim, utile all’interfacciamento con il PC tramite la porta seriale.

Il flusso di dati in uscita dal ricevitore viene così convertito nello standard RS-232 e l’uscita del driver di linea viene connessa ad un connettore al quale viene poi collegato il cavo per la comunicazione con il PC.

Per quanto riguarda l’antenna, non avendo in questo caso problemi di dimensioni, si è scelto di utilizzare una antenna a

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λ

di lunghezza 17.25 cm alla frequenza di ricezione scelta. In figura 3.8 viene riportato il modulo realizzato:

Fig. 3.8 Modulo di ricezione.

MAX233

Ricevitore AC-RX Connettore cavo

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3.4 Descrizione dei circuiti elettronici di trasmissione realizzati e

delle prove effettuate

In questa prima fase, sono stati realizzati in totale 5 prototipi per il circuito di acquisizione e trasmissione: ognuno è stato testato in laboratorio e di volta in volta sono stati modificati apportando diversi miglioramenti.

• Il layout del primo prototipo (riportato in figura 3.9) è stato progettato con il software ORCAD LAYOUT, strumento standard per il disegno di circuiti elettronici (cfr. Cap.5), e realizzato sfruttando la fresa presente presso il CRIM.

Questa macchina crea i collegamenti tra i componenti del circuito, isolando le piste di rame dal resto della superficie della basetta; i contorni delle piste vengono incisi con punte di diverse dimensioni, proporzionate a quelle delle piste che si vogliono ottenere.

Questo meccanismo di incisione si è rivelato poco funzionale: infatti, per minimizzare le dimensioni del circuito, è stato necessario minimizzare la larghezza delle piste, che, in pochissimo tempo, si sono deteriorate, scollegando il circuito in diversi punti.

Per questo motivo si è preferito costruire i quattro prototipi successivi “a mano”, anche per poter apportare immediate modifiche in caso di bisogno;

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Fig. 3.9 Prototipo realizzato con la fresa presente nel laboratorio CRIM.

• per la realizzazione del secondo prototipo (riportato in figura 3.10) si è scelto un supporto prestampato e pin di collegamento con passo di 0.65 mm, che facilitasse il fissaggio degli integrati tramite saldatura dei piedini.

I collegamenti tra i componenti sono però risultati troppo lunghi ed hanno formato dei loop intorno ai componenti a radio frequenza: il segnale trasmesso è risultato per questo motivo molto sporco;

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• a questo punto si è preferito lavorare su schede millefori, in modo che i collegamenti fossero di adeguata lunghezza. Inoltre sono state apportate le seguenti modifiche:

o è stato aggiunto un piano di massa per eliminare le frequenze spurie; o per aumentare la potenza di trasmissione, è stato necessario

modificare la parte di circuito utile al pull-up dell’uscita open-collector degli amplificatori che pilotano l’antenna; perciò sono state effettuate diverse prove di trasmissione variando i parametri di resistenze e induttanze per ottenere il corretto dimensionamento;

• per effettuare questi test velocemente è stata prima usata una millefori standard: poiché i risultati sono stati soddisfacenti, lo stesso circuito è stato poi saldato su una millefori di tipo SMD per scalarne le dimensioni. La basetta SMD è mostrata in figura 3.11.

Fig. 3.11 Prototipo realizzato su basetta SMD.

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• contemporaneamente al circuito precedente descritto, è stato costruito un altro prototipo di dimensioni maggiori, contenente anche il circuito con sensore di pH.

Nell’assemblare il sistema per la rilevazione del pH e quello per la trasmissione, sono stati sfruttati alcuni accorgimenti: i due circuiti sono alimentati a tensioni diverse, che sono state adattate ai valori di 3V per il circuito di telemetria e di ±1.5 V per quello del sensore, in modo da riuscire a limitare il numero di batterie a due da 1.5 V; con opportune osservazioni sulla differenza di tensione esistente tra i nodi di massa dei due circuiti, è stato possibile evitare l’aggiunta di altri componenti per adattare l’output del sensore al convertitore AD7888: è stato sufficiente trasmettere anche la tensione del nodo di massa del circuito per la rilevazione di pH; tale valore è stato poi utilizzato in fase di elaborazione dei dati acquisiti, sottraendolo ai valori di tensione in uscita dal sensore.

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3.4.1 Considerazioni sulle scelte progettuali adottate.

Nella realizzazione dei vari prototipi, si è prestata attenzione alle seguenti problematiche:

• la minimizzazione delle emissioni spurie rispetto a quella di trasmissione; • il corretto dimensionamento della potenza di trasmissione;

• la robustezza rispetto ad interferenze presenti nell’ambiente esterno; • il corretto accoppiamento tra trasmettitore e ricevitore.

La scelta di una antenna ad elica in trasmissione non solo ha risolto problemi di dimensione, ma ha anche migliorato le caratteristiche di trasmissione: infatti nella loop-antenna, il secondo loop che viene aggiunto per ottenere un corretto adattamento di impedenza, può essere una sorgente di armoniche di disturbo.

Un altro passaggio critico è stata la scelta dei componenti per effettuare il pull-up degli amplificatori che pilotano l’antenna: per portare la tensione sui corrispondenti piedini a quella di alimentazione, sono state utilizzati due induttanze; in questo modo si ottiene maggiore potenza dall’amplificatore perché l’energia immagazzinata nelle induttanze viene rilasciata quando il transistore open-collector smette di condurre; il valore ideale dei componenti risulta in gran parte influenzato dalla capacità associata alla traccia dell’antenna verso il piano di massa: l’induttanza deve risuonare con questa capacità parassita in modo da ottenere una maggiore potenza di trasmissione con il minimo contenuto di armoniche spurie.

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Un impatto significativo sulle prestazioni del circuito di trasmissione hanno anche alcune scelte di layout: appena la frequenza aumenta, le tracce delle piste diventano dei dipoli in grado di irradiare campi elettromagnetici; questo è ciò che si vuole per quanto riguarda l’antenna: l’effetto collaterale è che tutte le piste possono comportarsi da antenne, in grado di trasmettere e ricevere, in virtù del teorema di reciprocità.

Il risultato è che ogni pista è in grado di ricevere e irradiare rumore più facilmente, alle alte frequenze.

Inoltre ad ogni pista si può associare una induttanza parassita che influisce significativamente sul circuito: per questi motivi è necessario che le piste di collegamento siano le più corte possibili; anche la presenza di un piano di massa contribuisce notevolmente alla minimizzazione delle frequenze spurie causate da fenomeni di intermodulazione; le eventuali capacità di by-pass devono essere poste vicino ai pin di alimentazione; i pin di collegamento al nodo di terra devono essere collegati al piano di massa con piste separate, che non devono essere utilizzate, per quanto possibile, per effettuare altri collegamenti a terra.

Utilizzando questi accorgimenti si è effettivamente ottenuto un miglioramento della trasmissione.

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3.4.2 Embedding del primo prototipo per il test in-vivo.

Per quanto riguarda la fase di embedding dei due prototipi, come prima prova si è scelto di incapsularli nel silicone GI 1110 di Silicones Inc. per avere un packaging biocompatibile, adatto al test in-vivo.

Il prototipo SMD si è purtroppo danneggiato a seguito dell’incapsulamento: si è staccato qualche collegamento nel momento in cui è stato colato sopra il silicone liquido.

Il risultato dell’embedding del prototipo più grande è mostrato in figura 3.12.

Fig. 3.12 Prototipo incapsulato con silicone.

Sensore di pH Elettrodo di riferimento Interruttore

Anche se le dimensioni sono molto lontane da quelle necessarie, il modulo realizzato è stato sufficiente allo scopo di effettuare il primo test, per verificare il funzionamento del sistema completo di sensore, trasmettitore e ricevitore.

Figura

Fig. 3.1 Circuito di acquisizione e trasmissione ASK con antenna elicoidale.
Fig. 3.4 Trama scelta per la comunicazione seriale asincrona.
Fig. 3.5 Sensore MO-PISO1 di micropto.
Fig. 3.6 Circuito per la rilevazione di pH.
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