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SENSIBILITÀ AL CLIMA DELL’ABETE BIANCO E DEL FAGGIO IN BOSCHI MISTI DELL’APPENNINO MERIDIONALE

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– L’Italia Forestale e Montana / Italian Journal of Forest and Mountain Environments 69 (2): 95-101, 2014 © 2014 Accademia Italiana di Scienze Forestali doi: 10.4129/ifm.2014.2.04

ANGELO RITA (*)

SENSIBILITÀ AL CLIMA DELL’ABETE BIANCO E DEL FAGGIO IN BOSCHI MISTI DELL’APPENNINO MERIDIONALE

(*) Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari ed Ambientali, Università degli Studi della Basilicata, Viale dell’Ateneo Lucano 10, 85100 Potenza; angelo.rita@unibas.it

P remessa

I boschi della regione mediterranea sono molto sensibili agli impatti del riscaldamento globale (S carascia m ugnozza et al., 2000;

A llen , 2003), soprattutto in relazione alla possibilità che si acuiscano gli effetti dello stress idrico in seguito all’allungamento e alla maggior frequenza dei periodi di sicci- tà, con forti ripercussioni negative sia sulla crescita sia sulla vitalità stessa degli alberi (m acias et al., 2006; B runetti et al., 2012;

A nderegg et al., 2012). Molti studi mostra- no chiaramente che l’influenza climatica è una variabile decisiva per spiegare le modi- ficazioni che si stanno osservando in termini di crescita e di mortalità degli alberi (B oden

et al., 2010). Fra l’altro, nella regione me- diterranea, non raramente le popolazioni forestali mostrano una distribuzione geogra- fica discontinua, a nuclei isolati, in cui alla vulnerabilità climatica si aggiungono anche

criticità sul piano dei processi demografici e genetici.

In rapporto a ciò, appare sicuramente di grande importanza la comprensione dei mec- canismi di risposta delle specie al cambiamento climatico, soprattutto nel caso di quelle specie che coesistono nel formare ecosistemi di grande rilevanza e che mostrano strategie differenziali di risposta ai fattori ambientali. Tale compren- sione può rappresentare un’informazione cri- tica anche per modulare la gestione forestale e gli interventi colturali, attraverso i quali si pos- sono determinare condizioni micro-ambientali che possono favorire l’acclimatazione di questa o quella specie.

Le abetine pure o miste con il faggio dell’Ap- pennino meridionale hanno subito nel tempo radicali trasformazioni in relazione alla rarefa- zione se non alla scomparsa dell’abete bianco (c iancio et al., 1985). In molti casi l’obbiettivo di “rivitalizzare” la presenza dell’abete bianco è quindi un obbiettivo gestionale di grande ri-

Un recente studio, condotto attraverso misure dendro-ecologiche, su faggio e abete bianco in boschi misti di due località dell’Appennino meridionale, ha evidenziato differenti strategie di risposta al clima delle due specie. In particolare, è stato evidenziato il forte peso rappresentato dai regimi di precipitazione e dalla disponibilità idrica, con particolare riferimento allo stress idrico estivo, nei confronti del quale l’abe- te bianco manifesta una certa capacità di evasione. Lo studio, di cui si riassumono qui i principali risultati, offre un utile supporto alla definizione di modelli logici sulle strategie di risposta a livello di ecosistema forestale, e suggerisce spunti interessanti per ampliare la ricerca sugli effetti dei cambiamenti climatici sui boschi della regione mediterranea.

Parole chiave: anelli di crescita; dendro-ecologia; boschi misti; Fagus sylvatica; Abies alba.

Key words: tree rings; dendro-ecology; climate; mixed forests; Fagus sylvatica; Abies alba.

Citazione - r ita a., 2014 – Sensibilità al clima dell’abete bianco e del faggio in boschi misti dell’Appennino

meridionale. L’Italia Forestale e Montana, 69 (2): 95-101. http://dx.doi.org/10.4129/ifm.2014.2.04

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levanza, soprattutto nel caso di boschi che ri- cadano all’interno di aree protette, come nel caso del Parco Nazionale del Pollino.

Studi specifici condotti in aree mediterra- nee hanno dimostrato un calo della vitalità del faggio (P iovesan et al., 2008), indotto dall’aumento di fenomeni di stress da siccità che ne riducono la crescita (g essler et al., 2007). Parallelamente, sono state segnalate ri- duzioni di crescita dell’abete bianco ai limiti della sua distribuzione geografica (P eguero -

Pina et al., 2007; c ailleret e d avi , 2010), confermando la sensibilità della specie ad una minore disponibilità idrica (a ussenac , 2002).

Sotto quest’aspetto, l’analisi delle relazioni clima-accrescimento con metodologie den- droecologiche, estese a lunghi intervalli di tempo, offre un’ottima opportunità per in- dagare le risposte degli alberi alla variabilità climatica. In particolare, nel caso delle abeti- ne miste dell’Appennino meridionale, appare certamente rilevante l’obbiettivo di studiare, attraverso un’analisi dendroecologica com- parata, le relazioni clima-crescita per l’abete bianco e il faggio, al fine definire profili diffe- renziali di risposta che, nelle prospettive cli- matiche future (c hristensen , 2007), possono portare a modificazioni compositive, a favore di una specie piuttosto che dell’altra (a llen e B reshears , 1998).

i l caso di studio

Sul tema, riteniamo che siano meritevoli di breve esposizione i risultati ottenuti nel corso di un nostro recente studio, in corso di pub- blicazione (r ita et al., 2014), che contribuisce a mettere a fuoco le strategie differenziali di risposta al clima di faggio e abete bianco. Lo studio originale, cui si rimanda per gli aspetti metodologici, è stato condotto con tecniche dendroecologiche in faggete a partecipazione di abete bianco dell’Appennino meridionale, in Molise e in Basilicata (Fig. 1).

La prima area di studio è situata in locali- tà Bosco Pantano (1500 m s.l.m., comune di Terranova del Pollino) (Fig. 1) all’interno del Parco Nazionale del Pollino (Basilicata, PZ).

Il secondo sito di studio, località Abeti Soprani (1490 m s.l.m.), è compreso nel comune di Pe- scopennataro (Molise, IS). Entrambe le loca- lità sono incluse nella rete Natura 2000, dove l’abete bianco, incluso in un habitat priorita- rio (codice 9220*), è classificato come specie a rischio (Commissione Europea, 2003).

P rinciPali risultati

Confrontando le curve di crescita del fag- gio nelle due località si può notare notevole sincronia, indice di un comune pattern di ri- sposta al clima da parte di questa specie lungo l’Appennino centro-meridionale (P iovesan

et al., 2003); diversamente, le cronologie di abete bianco nelle due località mostrano inve- ce pattern differenti (Fig. 2).

Uno dei risultati più chiari dello studio è rappresentato da un’accentuata sensibilità del faggio allo stress idrico, evidenziato dalla relazione positiva della crescita con le preci- pitazioni estive. Per quanto riguarda l’abete bianco, le temperature invernali miti hanno favorito particolarmente la crescita radiale nel sito lucano (Fig. 3A). Diverse ricerche den- droecologiche (d esPlanque , 1997; K ern e P oPa , 2007) hanno dimostrato l’effetto positi- vo di temperature invernali superiori alla me- dia per la crescita dell’abete bianco. L’effetto di inverni miti può essere duplice, sia limitan- do i danni da gelo invernale (d esPlanque et al., 1999), sia influenzando positivamente la capacità fotosintetica della pianta (a ussenac , 2002).

Coerentemente con quanto dimostrato da r omagnoli e s chirone (1992), i nostri ri- sultati mostrano che l’abete bianco molisano (Fig. 3B) è più suscettibile, rispetto a quello lucano, a stress indotto da siccità durante la stagione di crescita attuale, come indicato dal- le relazioni positive con le precipitazioni di giugno luglio e agosto, e le relazioni negative con le temperature minime di luglio e agosto.

Uno dei risultati più interessanti è rappre-

sentato dall’effetto sulla crescita dell’anno da

parte delle precipitazioni verificatesi durante

l’estate precedente, osservato per l’abete bian-

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co nel sito lucano. L’assenza di una relazione con le precipitazioni estive dell’anno in corso può essere invece interpretato come il risulta- to di una strategia di evasione dalla siccità da parte dell’abete (a ussenac , 2002; P allardy , 2007; c arrer et al., 2010).

Analizzando le relazioni clima-crescita nel corso del tempo, si nota comunque notevole variabilità. Ad esempio, si è osservato che l’ef- fetto del clima di giugno mostra una singolare inversione di tendenza: le precipitazioni, che

hanno influenzato positivamente la crescita della specie durante prima metà del secolo, non sono state più un fattore limitante nella seconda metà, al contrario delle temperature, che mostrano un andamento inverso. A que- sto fatto è associata la graduale diminuzione dell’influenza delle precipitazioni nei mesi di luglio e agosto dell’anno in corso, contrappo- sta all’aumento dell’effetto di quella di set- tembre della precedente stagione di crescita.

Si tratta, a nostro avviso, di aspetti rilevanti,

Figura 1 – Mappa dei siti di studio e i rispettivi diagrammi di Walter e Leith. Le tabelle riportano rispettivamente le ca- ratteristiche principali dei siti di studio (le temperature e le precipitazioni riportate rappresentano la media nel periodo 1925-2010).

– Study sites map e their respective Walter e Leith diagram. The tables show, respectively, the main characteristics

of the study sites (temperatures and precipitation are the average over the period 1925-2010).

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possibile indizio di un cambiamento del mo- dello di crescita, e quindi di un processo di acclimatazione alle condizioni climatiche (v.

r ita et al., 2014 per approfondimenti).

Da questi risultati si evince che l’aumento delle temperature, previsto dai modelli clima- tici, potrebbe sicuramente svolgere un ruolo importante in futuro, incrementando lo stress idrico o portando a variazioni nella lunghezza della stagione vegetativa; effetti di questo tipo sono stati recentemente dimostrati sia per l’a- bete bianco (v itasse et al., 2009) che per l’a- bete di Spagna (A. pinsapo Boiss.) (l inares et al., 2012).

Altre indicazioni interessanti sono scaturi-

te dall’analisi degli anelli caratteristici (anel- li di spessore anomalo, molto larghi o molto stretti). Questi anelli sono, come dimostrato da s chweingruBer et al. (1990), strettamente dipendenti da eventi climatici estremi; nel no- stro caso, gli anelli caratteristici sono risultati più frequenti nel faggio che nell’abete bianco, in entrambe le località. Forti riduzioni di cre- scita sono coincise con alcune delle stagioni estive più secche nella regione mediterranea (es. 1931, 1939, 1946 e 1988). Anche in que- sto caso si tratta di un forte indizio circa il pesante effetto che il cambiamento climatico potrà avere sulla crescita di queste specie nella foresta mediterranea.

Figura 2 – Cronologie medie delle specie studiate; con linea continua sono raffigurate le specie lucane, con linea tratteggiata le specie molisane. La linea grigia rappresenta la numerosità campionaria.

– Tree ring chronologies of the species: solid and dashed lines represent, respectively, the species from Basilicata

and Molise sites. Grey lines are the samples depth.

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Figura 3 – Relazioni clima-crescita tra le cronologie e variabili climatiche mensili per i siti (A) Basilicata e (B) Molise.

Le barre (rispettivamente chiare e scure per Temperatura e Precipitazione) indicano il risultato del test statistico; la significatività (p<0.05) delle correlazioni è indicata dall’asterisco.

– Climate-growth relationships between tree-ring chronologies and monthly climate variables for (A) Basilicata

and (B) Molise sites. Bars (white and dark respectively for Temperatures and Precipitation) indicate the statistical test

results and the significant (p<0.05) correlations are highlighted by asterisks.

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c onsiderazioni finali e direzioni Per la ricerca

La nostra ricerca ha rivelato differenti rela- zioni clima-crescita fra faggio e abete bianco, e anche una variabilità di questa risposta in funzione delle caratteristiche climatiche sta- zionali. Coerentemente con il quadro di co- noscenze che si sta delineando per le foreste della regione mediterranea, è stato messo in evidenza il forte peso rappresentato dai regi- mi di precipitazione e dalla disponibilità idri- ca e, in particolare, dello stress idrico estivo, che appare come rilevante fattore limitante, nei confronti del quale l’abete bianco mani- festa comunque una certa capacità di evasio- ne. Evidenza importante è inoltre quella del

“trascinamento” degli effetti, nel senso che la crescita dell’anno appare influenzata dalle condizioni climatiche della precedente stagio- ne di crescita, suggerendo un effetto legato all’investimento di sostanze di riserva. In ge- nerale, i risultati evidenziano che cambiamen- ti nel regime delle precipitazioni potrebbero avere un impatto significativo sulla crescita e la composizione dei boschi misti di questa re- gione e offrono un supporto al modello logi- co presentato da g entilesca (2014), in cui il fattore rappresentato dalla disponibilità idrica assume un ruolo centrale nel dinamismo della comunità forestale a partecipazione di abete bianco, e appare aspetto critico di cui tener conto per modulare gli interventi colturali nel quadro della gestione forestale sostenibile.

Infine, lo studio svolto offre spunti interessan- ti per indirizzare e ampliare la ricerca futura.

Una prospettiva assai interessante, in partico- lare per il prosieguo della ricerca del “labo- ratorio naturale permanente” nel Parco Na- zionale del Pollino, appare ad esempio quella di costituire un ampio data base di cronologie legnose, estese a più specie arboree, da abbi- nare a record climatici. Questo consentirebbe di apprezzare risposte di tipo “convergente”, indizio della prevalenza di effetti macroclima- tici, oppure risposte “divergenti” fra le specie, che suggerirebbero invece la prevalenza di ef- fetti microclimatici e di differenze inter-speci- fiche. Se prevalesse la prima dinamica si po-

trebbe pensare a un effetto “omogeneo” del cambiamento climatico su queste formazioni oro-mediterraneo, se prevalesse la seconda di- namica si dovrebbe invece pensare a un effetto differenziato, pilotato da diversità micro-am- bientali e di composizione specifica. In ogni caso, i risultati risulterebbero preziosi per in- dirizzare le scelte legate alla gestione forestale.

r ingraziamenti

Lavoro svolto nell’ambito della ricerca “Un laboratorio naturale permanente nel Parco Na- zionale del Pollino” del Parco Nazionale del Pollino, Rotonda, Italia, nonché del Dottorato Internazionale “BioEcoSistemi e BioTecnolo- gie” dell’Univerità di Basilicata. Si ringraziano sentitamente R. Tognetti (Università del Mo- lise) e G. Milanese (Comunità Montana Alto Molise) per il supporto tecnico nelle fasi di campionamento in Molise, e A. Lapolla per la preziosa e continua collaborazione tecnica.

SUMMARY

Climate sensitivity of silver fir and common beech mixed forests in the Southern Apennines

A recent dendroecological study, carried out on silver- fir and beech mixed forests at two sites in Southern Apennines (Italy), showed interesting differential species-specific responses to climate. In particular, a strong influence on tree radial growth was exerted by the precipitation: summer drought stress was the main limiting factor for both species, however silver fir seems less vulnerable, possibly due to more effective drought avoidance mechanisms. These results might help defining conceptual models for ecosystem’s response strategy at changing environmental conditions, and suggesting directions for further research on the effects of climate change on mountain forests in the Mediterranean region.

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