• Non ci sono risultati.

1.3. LA SEMIPERIFERIA BRASILE

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "1.3. LA SEMIPERIFERIA BRASILE"

Copied!
13
0
0

Testo completo

(1)

27

1.3. LA SEMIPERIFERIA BRASILE

Nei capitoli precedenti abbiamo tentato di spiegare il concetto di semiperiferia, analizzando alcuni tratti del pensiero di Boaventura Sousa Santos in relazione al Portogallo. Abbiamo poi allargato lo sguardo per vedere in che misura la semiperifericità dello stato portoghese produca una semiperifericità dell’Impero portoghese. A questo punto possiamo riprendere quanto detto finora e capire in che modo il concetto può essere usato per comprendere alcuni tratti della realtà brasiliana, per poi, nella parte testuale, andare ad analizzare come Grande sertão:

veredas traduca tutto ciò in un geniale e sofisticatissimo sistema di

rappresentazioni.

Abbiamo già accennato al fatto che, nei momenti di peggiore crisi del Portogallo, il Brasile ha funzionato come luogo in cui era possibile reimmaginare la grandezza dell’Impero portoghese. Aggiungiamo ora che il Brasile stesso si è nel tempo autorappresentato (e continua a farlo) come l’erede legittimo del sogno coloniale del Portogallo; vale a dire come il Paese in grado di rappresentare per il mondo contemporaneo quella frontiera per eccellenza, cerniera tra mondi che il Portogallo è stato nel suo periodo d’oro, appropiandosi in questo modo dell’immaginario transculturale e globalizzante che ha sostenuto le iniziative coloniali portoghesi.

Il Brasile, infatti, è il prodotto più emblematico del colonialismo semiperiferico del Portogallo. È il luogo dove il meticciato ha assunto le sue dimensioni più eccezionali, la cafrizzazione è giunta quasi al punto di un colonialismo inverso (col Brasile come nuovo centro della cultura lusofona)1, dove, infine, l’autogestione coloniale ha prodotto una società in cui ordinamento giuridico e

1 Nel 1961, sotto la presidenza di Jânio Quadros, Agostinho da Silva, portoghese di nascita ma

allora ministro degli esteri brasiliano, avanzò l’idea della costruzione di una grande comunità lusofona (lo stesso anno in cui Salazar ordinava “Para Angola, rapidamente e em força”). Sulla scorta delle idee di da Silva, nascerà, nel 1996, la Comunidades dos Países de Língua Portuguesa (CPLP).

(2)

28

pratiche sociali reali si sono sempre mosse su piani molto divaricati. Prendiamo separatamente in analisi queste tre caratteristiche.

Per quanto riguarda il meticciato, in Brasile si è prodotta e continua a prodursi una fusione di razze che non ha pari nel mondo e che che fa dei brasiliani un popolo dotato di un patrimonio genetico eccezionalmente diversificato. Ciò ha le sue radici nella diffusione, fin dal primo secolo di colonizzazione, dell’economia zuccheriera, e delle pratiche sociali da essa generate: vale a dire il sistema di relazioni ruotante attorno al nucleo delle casas grandes (di fatto veri e propri centri di potere politico in territori vastissimi, amministrati in forme feudali e sulla base di relazioni di tipo patriarcale), affiancate dalle rispettive senzalas.

Il merito di aver descritto nel dettaglio questo sistema così fondamentale nella formazione della nazione brasiliana, va naturalmente a Gilberto Freyre e al suo

Casa grande & senzale. Formação da família brasileira sob o regime da economia patriarcal. Pubblicato nel 1933, questo testo segna un punto di non

ritorno nelle riflessioni sul Brasile e, per un ampliamento della visuale non sempre pertinente, sul sistema coloniale portoghese tout court. L’importanza di Casa

grande & senzala risiede nel fatto che quest’opera muta totalmente di segno la

questione della miscigenação, facendo, come si suol dire, ‘delle stigmate un emblema’. Il metticciato è, infatti, da sempre considerato una delle caratteristiche fondanti della società brasiliana, ma prima dell’uscita di questo testo capitale, era visto in chiave perlopiù negativa.

Solo cinque anni prima, in uno dei testi fondativi della riflessione sull’identità brasiliana, Paulo Prado ne parlava in termini ancora stigmatizzanti, identificandolo come causa di vizio e malattie, nonché come uno dei fattori produttivi di quell’indolenza generalizzata che fa del brasiliano medio un individuo ‘sem nenhum caráter’, dominato dai tre vizi della lussuria, dell’avarizia e della tristezza. La mestiçagem, frutto diretto di relazioni sessuali di “concubinaggio”, vale a dire unioni nate dalla lussuria, è vista da Prado come il meccanismo di unione dei vizi delle tre razze che compongono quella brasiliana, o meglio di quelle tipologie umane marginali (portoghesi esiliati, indios denaturati,

(3)

29

neri schiavizzati) che si erano staccate dai propri ceppi originari (non necessariamente negativi in sè) e si erano incontrate nelle case padronali brasiliane, a condurre una vita improduttiva, malsana e peccaminosa. Il ritratto del Brasile che ne emerge è il seguente:

População sem nome, exausta pela verminose, pelo impaludismo e pela sífilis, tocando dois ou três quilômetros quadrados a cada indivíduo, sem nenhum ou pouco apego ao solo nutridor; país pobre sem o auxílio humano, ou arruinado pela exploração apressada, tumultuária e incompetente de suas riquezas minerais; cultura agrícola e pastoril limitada e atrasada, não suspeitando das formidáveis possibilidades das suas águas, das suas matas, dos seus campos e praias; povoadores mestiçados, sumindo-se o índio diante do europeu e do negro, para a tirania nos centros litorâneos do mulato e da mulata; clima amolecedor de energias, próprio para a “vida de balanço”; hipertrofia do patriotismo indolente que se contentava em admirar as belezas naturais, “as mais extraordinárias do mundo”, como se fossem obras do homem; ao lado de um entusiasmo fácil, denegrimento desanimado e estéril: [...] indigência intelectual e artística completa, em atraso secular, reflexo apagado da decadência da mãe-pátria; facilidade de decorar e loquacidade derramada, simulando cultura; vida social nula porque não havia sociedade, com as mulheres reclusas como mouras ou turcas; vida monótona e submissa, sem os encantos que a poetizam, no pavor constante dos recrutamentos forçados: esforço individual logo exausto pela ausência ou pela morte e, como observa Capistrano, manifestações coletivas sempre passageiras, certamente pela falta de cooperação tão própria do antepassado indígena2.

La mancanza di identità della popolazione brasiliana («população sem nome»), strettamente connessa alla mistura originaria da cui discende, è vista come una tara etnica ed è ben lungi dal potersi considerare una straordianaria potenzialità creativa (come sarà da Gilberto Freyre in avanti).

2 P

AULO PRADO, Retrato do Brasil. Ensaio sobre a tristeza brasileira, São Paulo, Oficinas Gráficas Duprat-Mayença, 1928. Si è consultato il testo nella versione digitalizzata nel 2006 e disponibile su ebookbrasil.org; le pagine non sono numerate.

(4)

30

Va detto che in quel tempo il Brasile partecipava di un clima internazionale razzista, che avrebbe di lì a poco condotto agli orrori della Seconda Guerra Mondiale. È in questo clima in cui, nel 1929, è organizzato il Primeiro

Congresso Brasileiro de Eugenia (presieduto da Edgar Roquette Pinto e

segretariato da Ferraz Kehl), come palco di discussione per un Movimento

Eugenico che da anni in Brasile si interrogava sulla necessità di trovare

soluzioni all’anarchia di unioni sessuali perpetuata nel Paese, e sviluppare soluzioni volte a favorire un intervento più mirato sulla formazione del patrimonio genetico delle popolazioni successive. Una di queste soluzioni, di cui si discuteva già dalla fine del secolo precedente, era la cosiddetta teoria del

branqueamento, così sintetizzata da João Baptista de Lacerda, direttore del

Museu Nacional e unico sudamericano a presentare una relazione al I Congresso Universale delle Razze, tenuto a Londra nel 1911:

noBrasil já se viram filhos de métis apresentarem, na terceira geração, todos os caracteres físicos da raça branca [...]. Alguns retêm uns poucos traços da sua ascendência negra por influência do atavismo […] mas a influência da seleção sexual […] tende a neutralizar a do atavismo, e remover dos descendentes dos métis todos os traços da raça negra […] Em virtude desse processo de redução étnica, é lógico esperar que no curso de mais um século os métis tenham desaparecido do Brasil. Isso coincidirá com a extinção paralela da raça negra em nosso meio3.

In questo contesto, il libro di Gilberto Freyre si inserisce come una bomba atomica. Esso, come si accennava, non solo toglie al meticcaito le stigmate della negatività, ma addirittura lo eleva a emblema e punto di forza della cultura brasiliana, che, parafrasando Oswald de Andrade, ha ingurgitato le culture che l’hanno originata, per rimasticarle in una forma più “completa”. Nel corso del suo libro, Freyre prende in esame le tre razze che hanno formato il popolo brasiliano e una a una le salva dalle stigmatizzazioni di cui erano state oggetto, sottolinenadone invece le caratteristiche positive: dell’indio la generosità, la

2 Apud T

HOMAS ELLIOT SKIDMORE, O preto no branco. Raça e nacionalidade no pensamento

(5)

31

semplicità priva di malizia, la capacità di vivere in armonia con la natura e con la comunità; del portoghese la flessibilità, la tolleranza e la straordianaria capacità di adattamento; dell’africano la tenacia nel mantenere e trasmettere il proprio patrimonio culturale e la straordinaria attitudine al lavoro. Freyre smentisce le teorie eugenetiche che attribuivano al meticciato le tare etniche dei brasiliani, imputandole semmai, qualora esistano, a fattori più contingenti quali la cattiva alimentazione e la diffusione della sifilide, importata dall’Europa. La sua posizione, che agli occhi moderni appare comunque marcata da forti stereotipi razzisti (in particolare riguardo al nero, fisicamente prestante e adatto lavoro duro, che canta dalla mattina alla sera, etc.), era rivoluzionaria per il tempo, in quanto per la prima volta si diceva con tanta forza che il meticciato non era stato una mancanza dei colonizzatori portoghesi, ma la loro arma vincente. Solo così essi avevano, infatti, potuto governare e mantenere unificato un popolo sparso per un territorio vastissimo, che non poteva riconoscersi se non sotto un concetto di nazionalità capace di oltrepassare le differenze enormi tra gli individui, attraverso la produzione di un sentimento generale di familiarità (anche fisica), che nella

casa grande aveva il suo maggiore laboratorio. In questo senso la sessualità,

anche quando anarchica e sfrenata, è elevata a forza propulsiva eccezionale, capace di isituire un laccio fortissimo tra individui altrimenti atomizzati. Solo questo uso politico della sessulità ha permesso al Portogallo di portare avanti la sua iniziativa coloniale in un territorio infinitamente più grande rispetto alla madrepatria e che l’intera popolazione portoghese, se anche si fosse trasferita nella sua totalità nel nuovo mondo, non sarebbe bastata a riempire. A questo ruolo politico della sessualità, il sociologo fa esplicitamente riferimento in passi come il seguente:

Quanto à miscibilidade, nenhum povo colonizador, dos modernos, excedeu ou sequer igualou nesse ponto os portuguêses. Foi misturando-se gostosamente com mulheres de côr logo ao primeiro contato e multiplicando-se em filhos mestiços que uns milhares apenas de machos atrevidos conseguiram firmar-se na posse de terras vastíssimas e competir com povos grandes e numerosos na extensão de domínio colonial e na eficácia de ação colonizadora. A miscibilidade, mais do que a mobilidade, foi o processo pelo qual os portugueses compensaram-se da

(6)

32

deficiência em massa ou volume humano para a colonização em larga escala sobre áreas extensíssimas4.

In realtà, quella massa di muleques, caboclos, cafusus, etc. che popolarono il Brasile e lo costruirono non erano portoghesi: erano già meticci, quindi già brasiliani. Ma il Portogallo, alla luce del particolare progetto coloniale di cui si parlava al capitolo precedente, poteva come nessun altro colonizzatore europeo considerare una vittoria il proprio scioglimento all’interno di una nazione che fosse sua erede ma non sua copia, fino al paradosso di sopportare uno spostamento della corte (il centro fiscico dell’Impero) e, in seguito, permettere che una sua ex colonia gli contendesse il ruolo di centro dell’Impero africano5.

La valorizzazione del ruolo svolto dalla sessualità nelle formazione del popolo brasiliano è tale da spingere Gilberto Freyre al punto di considerare in chiave positiva persino il non rispetto del celibato da parte dei religiosi:

Não insistimos neste ponto com o fim de acentuar a fraca vocação para o ascetismo do clero colonial ˗ deficiência que, no caso das ligações de párocos com comadres, foi compensada pelas virtudes patriarcais que souberam desenvolver e cultivar. Nossa insistência visa outro fim: acentuar que à formação brasileira não faltou o concurso genético de um elemento superior, recrutado dentre as melhores famílias e capaz de transmitir à prole as maiores vantagens do ponto de vista eugênico e de herança social6.

Per quanto riguarda la seconda caratteristica che abbiamo individuato nel capitolo precedente come propria del colonialismo semiperiferico del Portogallo, ovvero la cafrizzazione, il processo di formazione del Brasile fin qui delineato è destinato ad andare ben oltre l’assimilazione da parte dei portoghesi di alcuni tratti

4

GILBERTO FREYRE, Casa grande & senzala, cit., p. 12.

5

Il Brasile svolse un ruolo di “colonia colonizzatrice”, inviando forti contingenti di immigrati bianchi in Angola. Nel 1781, il primo ministro portoghese Martinho de Melo e Castro manifestava la sua preoccupazione per l’esito della missione coloniale portoghese in quelle zone «dal momento che ciò che i brasiliani non controllano è in mano agli stranieri». Queste informazioni si ricavano da BOAVENTURA SANTOS, Tra Propero e Calibano, cit., p. 76.

6 G

(7)

33

delle culture indigene e ha prodotto, in tempi recenti, un ribaltamento totale dei rapporti di forza all’intero dell’ex Impero: col ruolo sempre più egemone del Brasile all’interno della Comunidade dos Países de Língua Portuguesa e con la sua lingua (il portoghese del Brasile) che diventa sempre più il portoghese più familiare all’estero e arriva addirittura al punto di modificare fortemente lo stesso

português padrão, se è vero che l’ultimo accordo ortografico (del 1990) è stato in

gran parte modellato sulla base dell’ortografia brasiliana7.

Anche la terza caratteristica che abbiamo individuato come propria del colonialismo semiperiferico, l’autogestione coloniale, trova in Brasile il suo esempio più perfetto. Formato a partire dall’iniziativa personale di avventurieri che avevano a che fare solo liminalmente col governo di Lisbona, il Brasile nasce come un insieme di capitanias, ovvero di territori retti da un sistema praticamente feudale di organizzazazione del potere. I grandi proprietari terrieri erano a tutti gli effetti dei signori assoluti, che gestivano in forme proprietarie territori più vasti della stessa madrepatria, che alla loro morte passavano ereditariamente ai propri discendenti8. È evidente che questi signori non si sentivano in dovere di rendere conto a nessuna autorità superiore e che l’istituzione coloniale vera e propria, quel Governo Geral do Brasil istituito a partire dal 1549, era praticamente un potere tra i tanti, costretto a continue

7 L’adozione della nuova ortografia, in conformità con l’Annesso II dell’Accordo Ortografco del

1990 (Nota Explicativa do Acordo Ortográfico da Língua Portuguesa de 1990), che si basa su una lista di 110000 lemmi dell’Academia das Ciências de Lisboa, porta alterazioni nella grafia di circa l’1,6% del totale di lemmi nella norma in vigore in Portogallo, PALOP, Timor-Leste e nella Regione a statuto speciale di Macau, e nella grafia di circa lo 0,5% del totale di lemmi in quella brasiliana. Invece, in accordo con il vocabolario elaborato nel 2008 dall’Instituto de Linguística Teórica e Computacional di Lisbona a partire dalla base di dati linguistici MorDebe (135000 lemmi), la percentuale di lemmi coinvolti sale a quasi il 4% nella norma europea. Queste informazioni si ricavano dal sito Portal da língua portuguesa .

8 Il sistema delle capitanie ereditarie fu formalmente abolito dal marquese di Pombal nel 1759. Ma

i suoi strascichi si perpetuarono a lungo e informarono profondamente lo sviluppo della società brasiliana.

(8)

34

negoziazioni, non sempre pacifiche9, con i cosiddetti poteri particolari. Dalle radici di questo sistema si svilupperà più avanti, al tempo della República

Velha, il coronelismo e, strettamente connesso a quest’ultimo, il cosiddetto sistema jagunço, così ben delineato nel libro di Guimarães Rosa.

È chiaro che, in questo contesto, quella discrepanza tra quadro giuridico-istituzionale e pratiche sociali effettive che Boaventura ha individuato nella realtà portoghese, è in Brasile ancora più marcata. Su di essa si è discusso tantissimo e si continua a discutere, tanto da farne una caratteristica emblematica di quella che Jõao de Castro Rocha definisce come ‘archeologia dell’assenza’, ovvero di un’approccio che consiste in «an appraisal of cultural productions based upon the identification of the absence of this or that element, instead of focusing on the elements that truly define the cultural product under scrutiny»10. Questa discrepanza, che in una prospettiva storicista appare come pre-moderna, si traduce più che altro in un’oscillazione continua tra il mondo delle leggi cosiddette universali e l’universo delle relazioni personali, diretta conseguenza di un contrasto tra l’impersonalità di un potere centrale da sempre in bilico e la forza della casa (quella padronale in primo luogo) come universo autoconcluso in cui vigono leggi assolute, e le gerarchie politiche si intrecciano con i legami di intimità tra i membi della comunità, organizzata in forma patriarcale. In una delle più celebri autonarrazioni del moderno Brasile,

Carnavais, malandros e heróis. Para uma sociologia do dilema brasileiro

(1979), Roberto DaMatta individua in questo aspetto quello che definisce come il ‘dilemma brasiliano’.

9

Il primo governatore generale, Tomé de Sousa fu inviato in Brasile con il compito di fondare una città che rappresentasse un avamposto del potere coloniale. Egli lo fece nella Bahia de Todos os Santos, dove fondò São Salvador da Bahia. Per assumere il controllo effettivo sulla regione, il re dovette, però, riappropriarsi della capitania lì installata, espropriandola al suo donatario Pereira Coutinho.

10 J

OÃO CEZAR DE CASTRO ROCHA, The ‘Dialectic of Marginality’: Preliminary Notes on Brazilian

Contemporary Culture, Working Paper Number CBS-62-05, Centre for Brazilian Studies, University of Oxford, 2004, p. 6, nota 12.

(9)

35

de um lado, existe o conjunto de relaçoes pessoais estruturais, sem as quais ninguém pode existir come ser humano completo; de outro, há um sistema legal, moderno, individualista (ou melhor: fundado no individuo), modelado e inspirado na ideologia liberal e burguesa [...] A consequencia disso é [...] uma estrutura dual, que tende a autoalimentar-se na dialética da lei draconiana e impessoal e o sistema de relaçoes pessoais que permite, por causa disso mesmo, saltar a regra e o decreto. Daí a profunda verdade sociologica do ditado: “Aos inimigos, a lei; aos amigos, tudo!”11

Questa continua tensione di piani tra pubblico e privato, tra interessi nazionali e legami di tipo familistico è poi anche il nucleo portante dell’homem cordial descritto da Sérgio Buarque de Hollanda come il prototipo della brasilidade. Questi si caratterizza per un terrore di ritrovarsi faccia a faccia con se stesso che lo porta a cercare continuamente il convivio con altre persone e a dare un’importanza assoluta alla vita sociale; per una tendenza a sostituire a relazioni di reverenza e rispetto verso l’autorità la ricerca continua di un’intimità di rapporti; per un’emotività esacerbata e un vero e proprio orrore per le distanze interpersonali. Il quadro sociopolitico che ne risulta è, dunque, il seguente:

O quadro familiar torna-se tão poderoso que a sua sombra persegue os indivíduos mesmo fora do recinto doméstico. A entidade privada precede sempre, neles, a entidade pública. A nostalgia dessa organização compacta, única e intransferível, onde prevalecem as preferências fundadas em laços afetivos, não podia deixar de marcar nossa sociedade, nossa vida pública, todas as nossas atividades. A família colonial fornecia a idéia mais normal do poder, da respeitabilidade, da obediência e da coesão entre os homens. O resultado era predominarem, em toda a vida social, sentimentos próprios à comunidade doméstica, naturalmente particularista e antipolítica, uma invasão do público pelo privado, do Estado pela família12.

Questa preminenza della famiglia sullo Stato, dei poteri particolari (basati su vincoli affettivi e di gratitudine e omaggio) su quelli centrali è strettamente

11 R

OBERTO DAMATTA, Carnavais, malandros e heróis. Para uma sociologia do dilema

brasileiro, Rio de Janeiro, Rocco, 1997 (6a ed.), pp. 22-23.

12 S

ÉRGIO BUARQUE DE HOLLANDA, Raízes do Brasil, São Paulo, Companhia das Letras, 2004 (26a ed.), p. 82.

(10)

36

connessa all’ereditarietà rurale del Brasile, al suo essersi sviluppato fuori dai centri urbani. Ancora Sérgio Buarque de Hollanda ci dice:

No Brasil colonial, as terras dedicadas à lavoura eram a morada habitual dos grandes. Só afluíam eles aos centros urbanos a fim de assistirem aos festejos e solenidades. Nas cidades apenas residiam alguns funcionários da administração, oficiais mecânicos e mercadores em geral. Sucedia assim que, os proprietários se descuidavam de suas habitações urbanas, dedicando todo o zelo à moradia rural, onde estava o principal de seus haveres e onde podiam receber aos hóspedes e visitantes13.

La città è, infatti, il luogo in cui si concretizzano le emanzioni del potere centrale: è la sede delle istituzioni politiche, dei tribunali, della burocrazia, delle banche, di tutto ciò che garantisce l’ordine e l’uniformità di uno stato moderno. La città è anche il palco privilegiato della modernizzazione. Gli olandesi, colonizzatori molto più metodici dei portoghesi, quando, a partire dal 1630, conquistarono una parte della colonia portoghese del Brasile, installarono nella regione del Pernambuco quella che oggi è la città di Recife, e lì praticamente si fermarono. Il governatore Maurizio di Nassau invitò in città artisti e scienziati per promuovere le terre conquistate come meta per i coloni. Ma questa colonizzazione urbana e centralizzata era destinata a a soccombere nel Nordest dei grandi

engenhos. I proprietari, tutti di origine portoghese – in quanto non si ebbe mai un

traferimento di massa di olandesi in Brasile –, si ribellarono e, con l’aiuto degli spagnoli, cacciarono gli olandesi da tutti i loro centri minori e, finalmente, nel 1654, da Recife. Con questo atto il Brasile dimostrava, fin dal primo secolo di colonizzazione, di mal sopportare una trasposizione nelle sue terre di valori propri degli stati moderni occidentali, sentiti come un corpo estraneo e inconciliabile con la realtà sociale lì impiantata. Va detto, inoltre che l’ideologia borghese, improntata sull’etica del lavoro, non poteva attecchire in una società che letteralmente si reggeva sul sistema schiavile; lungi dal costituire un mezzo di ascesa sociale, il lavoro (demandato agli schiavi e, più tardi, alla massa di marginali provenienti dalle zone più economicamente depresse del paese, che

(11)

37

servivano da vere e proprie riserve di manodopera a basso costo)14 era piuttosto uno stigma da cui tentare di liberarsi, anche attraverso pratiche come il

jaguncismo e il cangaço.

Questo è, molto in sintesi, il Brasile in cui vennero a impiantarsi quegli ideali positivisti e razionalisti che improntarono le opere di modernizzazione della

República Velha (alla fine della quale è ambientato il nostro romanzo). Questo

rimane, se pur con declinazioni in parte diverse, il contesto in cui nel 1956 (anno in cui è pubblicato Grande sertão: veredas), il presidente Jucelino Kubitschek (passato alla storia come leader della cosiddetta fase del Nacional-

desenvolvimentismo), ordina la costruzione di un città fatta a tavolino, sulla base

delle teorie di Le Corbusier, sull’altipiano del Goías, in pieno sertão. Questa città è Brasilia e sarà la nuova e definitiva capitale, il simbolo della vittoria dell’Ordem

e Progresso sul disordine e l’arretratezza; del Brasile “civilizzato”, urbano,

europeizzato, sul Brasile selvaggio, rurale, sudamericano. Una vittoria, però, mai definitiva e che oggi ci consegna un paese contradditorio e attraversato da enormi conflitti sociali.

Roberto Vecchi ed Ettore Finazzi Agrò hanno recentemente avanzato l’ipotesi di utilizzare la categoria del ‘tragico’ per dare conto della complessa realtà brasiliana (letteraria e non solo), intendendo la tragicità in senso goetheiano come conflitto inconciliabile, e che tale deve rimanere, pena l’annullamento dell’effetto di tragicità15. In questo senso il tragico si oppone al dialettico, che indica un conflitto finalmente ricomposto in una sintesi. Nell’introduzione alla raccolta di saggi sul tema, da loro curata, i due critici propongono di:

refletir sobre a literatura brasileira como lugar marginal de questionamento do trágico, também no sentido de configurar, a partir da sua falta, uma visão do mundo que não só represente, mas também problematize os conflitos e a

14 Principalmente il sertão, come vedremo più da vicino nella sezione successiva del presente

lavoro.

15 Goethe ne parla in una lettera al cancelliere von Müller del 1824, trascritta in A

LBIN LESKI, Che

cos’è la tragedia?, in CHARLES ROWAN BEYE (org.), La tragedia greca. Guida storica e critca, Bari, Laterza, 1974, p. 19

(12)

38

negatividade. Uma abordagem nesses termos talvez transforme o trágico dentro de uma modernidade complexa como a brasileira – no seu desajuste (também ele tragico) com a modernização – em um território cultural onde é possível repensar nas ambivalências próprias da periferia e do periférico16.

La modernità brasiliana è una modernità complessa, il cui «desajuste com a modernização» fa parte anche’esso di una condizione più generale di ambivalenza costitutiva. La categoria di ‘tragico’, così come la intendono Vecchi e Finazzi Agrò, ci sarà utile in seguito per abbordare la questione del rapporto in Grande

sertão: veredas, tra l’ideologia progressista e razionalista incarnata dal

fantomatico interlocutore di Riobaldo e l’orizzonte mentale di quest’ultimo: antilineare e contraddittorio, caratterizzato da spinte contrapposte e sospeso tra una ricerca disperata di ordine e la percezione che l’ordine non basti, perché la realtà con cui si ha che fare è troppo complessa e scivola attraverso le maglie in cui si cerca di ingabbiarla. È il Brasile che ricerca spasmodicamente la razionalizzazione di una modernizzazione forzata, ma altrettanto spasmodicamente vi resiste. È un Brasile che è uno e divsio al tempo stesso, prototipo perfetto di quella dissami-nation di cui parla Homi Bhabha in quanto realtà costitutiva della nazione moderna, «as a knowledge disjunct between political rationality and its impass, between the shreds and patches of cultural signification and the certainties of a nacionalist pedagogy»17.

Di questo Brasile, si può dire – come lo abbiamo detto per il Portogallo – che sia particolarmente caratterizzato dal fenomeno della ‘contemporaneità del non contemporaneo’. È un Brasile internamente attraversato da temporalità disgiunte, in bilico tra la modernità più frenetica di metropoli che conoscono una rapidità di trasformazioni urbane inimmaginabile per noi che viviamo nella vecchia Europa, e il tempo ciclico, ripetitivo, stagionale, di regioni in cui la natura la fa ancora da

16 E

TTORE FINAZZI AGRÒ-ROBERTO VECCHI (orgg.), Introdução, in Formas e mediaçoes do

trágico moderno. Uma leitura do Brasil, São Paulo, Unimarco, 2004, pp. 5-10, p. 7

17 H

OMI BHABHA, DissemiNation. Time, narrative and the margins of the modern nation, in HOMI BHABHA (org.), Nation and Narration,London/New York, Routledge, 2000 (5th ed), pp. 291-322, p. 294.

(13)

39

padrona nel determinare i tempi di vita delle persone. È un Brasile in cui coesistono forme di misticismo che risalgono al medioevo d’Europa18 e innovazioni tecnologiche che ne hanno fatto, dal 2012, la settima economia mondiale. È un Brasile in cui l’antico orixá della guerra, del fuoco e dei metalli si presta senza problemi a diventare il patrono dell’innovazione tecnologica. È un Brasile, infine, drammaticamente sospeso tra opulenza e marginalità, in cui può capitare di ammirare un grattacielo elegantissimo, fianco a fianco a una qualche baracca di lamiera.

Questo paese così complesso, multisfaccettato, tragico, «mestiço na cara e no espírito, como tal herdeiro de todas as taras e talentos da humanidade»19, questa nazione peculiare nella sua non peculiarità, ovvero per la propria maniera di inglobare in sé le differenze più lampanti e misturarle in qualcosa di al tempo stesso molteplice e uno, è l’erede più perfetto del sogno coloniale portoghese. Come il meticcio, non è più nessuna delle razze che lo compongono e al tempo stesso le è tutte, il Brasile può raccontarsi come il Paese che ha compreso prima di tutti gli altri che non avere un’identità precisa può significare aspirare ad avere tutte le identità del mondo, che non avere un passato troppo forte e cristallizzato in una tradizione chiara e stabila può significare avere più spazio per proiettarsi verso il futuro. Un paese, insomma, che può dire di se stesso, nelle parole di Darcy Ribeiro:

Surgimos da confluência do entrechoque e do caldeamento do invasor português com índios silvículas e negros africanos. Somos um povo novo, uma cultura sincrética, que apesar de fruto de matrizes diferenciadas, se comporta como uma só gente sem se apegar a nenhum passado. Estamos abertos é para o futuro20.

18 Vedremo che ciò è particolarmente vero per le forme di religione diffuse nel sertão.

19 Citiamo dal documentario diretto da Isa Grinspum Ferraz e prodotto dalla Fundação Darcy

Ribeiro, TV Cultura e GNT, a partire dall’opera di Darcy Ribeiro O povo brasileiro. A formação e

o sentido do Brasil, del 1995 (1 h 19 min. circa). Il documentario è visionabile integralmente su

Youtube.

Riferimenti

Documenti correlati

O interesse que Guimarães tinha pelas línguas nota-se quer no facto de ele preferir, em muitas ocasiões, as palavras estrangeiras aos respetivos termos portugueses, 8 quer no

After pointing out the different debates and political measures concerning immigration and diversity in Germany over the past thirty years, this report sheds light on

High and Mightie Prince Henry, Eldest Sonne to Our Soveraigne, Prince of Wales, Duke of Cornwall, Earl of Chester, &c., as It Was Celebrated in the Parliament House, on Munday

In particular, in the limit in which the range of the hard-core short-distance repulsion is small compared to the characteristic length of the dipolar interaction, the system

In particolare per quanto concerne i processi di scambio cationico menzionati, i materiali zeolitizzati sono stati trattati con soluzioni sature di bario e potassio per

to strengthen the links between the environmental and physical/organoleptic attributes of the product, and/or to incorporate territorial and environmental specificities

Em segundo lugar, o desejo de aproximar o mais possível a língua literária da língua falada; não somente naquelas formas que reproduzem a expressão oral, como o diálogo,

Mesmo não tendo um formato tradicional de curso preparatório para exame de proficiência, composto de explanação sobre o exame e simulados, os cursos do Celin passam a