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CAPITOLO 4

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 4

ANDATURA SPINALE

La locomozione è una funzione molto complessa che coinvolge l’attivazione sequenziale e bilaterale di muscoli che agiscono su diverse articolazioni, ognuno con una sua determinata forza contrattile e un suo preciso momento di contrazione (S. Rossignol, L. Bouyer, D. Barthélemy, C. Langlet, H. Leblond 2002).

Prima di parlare di locomozione è bene avere chiaro il concetto di motoneurone inferiore (MNI) e superiore (MNS).

Il motoneurone inferiore è così detto in quanto è l’ultima propaggine del sistema nervoso prima degli organi effettori. Il pirenoforo del motoneurone inferiore è contenuto nelle corna ventrali del midollo spinale e crea una sinapsi direttamente con gli organi effettori che possono essere muscoli o ghiandole esocrine. Sul pirenoforo del motoneurone prendono sinapsi altri neuroni che sono responsabili della sua attivazione. Alcuni di questi neuroni provengono dallo stesso arto in cui si dirige il motoneurone. Ad esempio, per evocare il riflesso patellare, si percuote il legamento rotuleo: parte delle fibre ascendenti dal fuso neuromuscolare terminano sul motoneurone, attivando il sistema del MNI e provocando l’estensione della gamba. Altre fibre provengono direttamente o indirettamente dall’arto omologo controlaterale: quando in quest’ultimo sono attivati i muscoli flessori, si originano alcuni stimoli che favoriscono l’estensione dell’arto precedente. Altre informazioni provengono in maniera analoga dagli arti anteriori: per esempio, quando si ha l’estensione di un arto anteriore partono degli stimoli che facilitano l’estensione dell’arto posteriore controlaterale. Questo scambio di informazioni tra i quattro arti è fondamentale per avere

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un’andatura coordinata. Altre fibre che convergono sui motoneuroni provengono dai centri superiori intracranici (MNS).

Il motoneurone superiore è costituito dall’insieme di tutte le fibre motorie in partenza dai centri superiori intracranici, che attraverso il midollo spinale giungono ad influenzare il sistema del MNI. Esso ha il compito di iniziare il movimento volontario, di sorreggere il corpo contro la forza gravitazionale e di regolare la postura. Il sistema del MNS è suddiviso in due parti: sistema piramidale e sistema extrapiramidale. I neuroni che costituiscono il sistema piramidale hanno il pirenoforo situato per lo più nell’area motoria della corteccia cerebrale; il loro assone percorre tutto il tronco cerebrale e un tratto più o meno lungo di midollo spinale prima di prendere sinapsi, a livello delle corna ventrali con il MNI. Il sistema extrapiramidale origina a livello subcorticale, ma esiste un controllo da parte della corteccia cerebrale; gli assoni compiono solo brevi tratti, prima di prendere sinapsi con altri neuroni situati nei vari nuclei presenti a livello sottocorticale o nel tronco cerebrale. Gli assoni emergenti da questi nuclei possono dirigersi verso il midollo spinale o andare a contrarre sinapsi con altri neuroni encefalici. Dopo un numero variabile di questi passaggi, le fibre passano nel midollo spinale dove, analogamente a quelle del sistema piramidale, percorrono un tratto di lunghezza variabile prima di prendere sinapsi con il MNI. Il sistema extrapiramidale è, quindi, una via corticospinale polineuronale e polisinaptica. Il meccanismo con cui il MNS interviene sull’attività del MNI è una regolazione di tipo inibitorio (M.Bernardini 2002).

All’interno del midollo spinale è inoltre collocata una rete di neuroni interconnessi tra loro, che vengono a formare un circuito motorio capace di attivare i motoneuroni in una sequenza appropriata, e regolare l’eccitabilità di altri tipi di motoneuroni coinvolti nella trasmissione di informazioni dalle vie discendenti e dagli afferenti sensoriali, affinché si possano avere attraverso queste vie correzioni delle varie fasi del ciclo motorio.

Si pensa che questi centri motori possano essere attivati attraverso diverse vie discendenti che corrono attraverso le vie ventro-laterali o dorso-laterali, attraverso gli interneuroni propriospinali.

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Gli impulsi afferenti periferici non sembrano essere essenziali per la generazione del ritmo base, anche se sono fondamentali per l’espressione appropriata della locomozione.

Anche se il controllo normale della locomozione rappresenta un equilibrio dinamico tra differenti livelli del sistema nervoso, dopo una lesione completa del midollo spinale molte specie animali possono riesprimere la locomozione del treno posteriore caudalmente alla lesione spinale. (S. Rossignol, L. Bouyer, D. Barthélemy, C. Langlet, H. Leblond 2002)

Stimolando il centro motorio si genera un’alternanza di flessioni ed estensioni degli arti. Queste due fasi dinamiche costituiscono il meccanismo alla base della locomozione. Se un arto si trova inizialmente nella fase propulsiva, il circuito dell’arto controlaterale viene stimolato, attraverso archi riflessi segmentali, in maniera tale da trovarsi in fase di appoggio. La coordinazione fra gli arti anteriori e quelli posteriori viene regolata attraverso i centri motori cervicali e lombari mediante vie afferenti ed efferenti, le vie propriospinali. I centri locomotori spinali sono subordinati al centro locomotorio mesencefalico. Esso è responsabile dell’esecuzione dei movimenti spontanei e si trova, bilaterale e simmetrico, all’altezza del mesencefalo rostrale. I nuclei subtalamici sono responsabili della volontarietà e della finalità dei movimenti; quindi il centro locomotorio mesencefalico è subordinato a questi nuclei. Questo complesso sistema è a sua volta subordinato alla corteccia encefalica, al cervelletto e all’apparato vestibolare. La corteccia celebrale è responsabile dell’intenzionalità e della forza impressa durante il movimento, mentre il cervelletto è determinante per la modulazione dei movimenti e insieme all’apparato vestibolare dell’equilibrio e del mantenimento del tono muscolare. Questa influenza avviene tramite vie discendenti motorie.

La lesione del midollo spinale può essere definita come una sindrome da disconnessione che interrompe le fibre dei motoneuroni discendenti dalla corteccia motoria ai motoneuroni spinali, e le fibre ascendenti somatosensoriali dalla spina dorsale al cervello. La perdita funzionale riscontrata nella lesione del midollo spinale è causata dall’interruzione della conduzione dell’impulso elettrico

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attraverso gli assoni lesionati. I centri motori al di sotto del livello della lesione rimangono intatti ma disconnessi dal controllo discendente della corteccia celebrale. In qualsiasi altro punto del corpo questo blocco della conduzione fisiologica viene affrontato con ricrescita, rigenerazione e a volte da una riconnessione funzionale degli assoni, risultando in vari livelli di recupero funzionale. Al livello del sistema nervoso centrale la ricrescita degli assoni non è possibile in quanto ha dei fattori multipli addizionali che agiscono da barriera contro la rigenerazione assonale creando un ambiente ostile. La lesione primaria a livello del midollo spinale porta a edema localizzato ed emorragia a livello della sostanza grigia insieme a vaso costrizione delle arterie afferenti al midollo. Questo porta a grave ischemia del midollo spinale che provoca un danno secondario causato dal rilascio di vari mediatori infiammatori come i metaboliti acidi arachidonici, radicali liberi e molte altre molecole apoptotiche. Ulteriore danno si ha a causa della scomparsa di omeostasi ionica all’interno delle cellule che causa l’accumulo di ioni calcio intracellulari e di ioni potassio extracellulari. Questo mancato equilibrio ionico associato all’ischemia, all’infiammazione, all’emorragia e alle reazioni biochimiche inducono un retrazione assonale secondaria che contribuisce all’autodistruzione del midollo spinale che porta a una perdita dell’integrità strutturale e a una grave perdita funzionale. ( S. Hamid, R. Hayek, 2008)

La maggior parte di questi danni secondari si hanno nelle 48 ore dopo la lesione.

Il recupero funzionale nel sistema nervoso centrale non si ha grazie alla rigenerazione di tessuto neuronale bensì grazie al tessuto sopravvissuto che acquisisce le funzioni degli assoni che sono stati danneggiati. Le lesioni cosiddette complete che dividono il midollo spinale tendono a causare paralisi permanente mentre se permane del tessuto sano attraverso la lesione, si ha un potenziale ricovero delle funzioni. Questa plasticità funzionale può essere stimolata attuando esercizi riabilitativi appropriati.

La classificazione più utilizzata per determinare la prognosi di lesioni spinali si basa sulla gravità dei deficit presenti ed ha un range da 0 a 5 dove 0 indica il soggetto normale, 1 solo iperestesia, 2

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paraparesi e atassia, 3 paraplegia, 4 paraplegia e incontinenza urinaria, 5 paraplegia e assenza di dolore profondo.

La percezione del dolore profondo si pensa che sia mediata da vie diffuse polisinaptiche nei tratti spinotalamici e propriospinali che si trovano in profondità nella sostanza bianca. Per questo motivo, è necessaria una lesione grave del midollo spinale per poter interrompere la percezione conscia del dolore. Nella lesione acuta del midollo spinale l’assenza di dolore profondo indica dissezione funzionale del midollo spinale ma questo non implica che ci sia anche una dissezione anatomica, e nelle lesioni croniche non indica necessariamente una lesione spinale completa (N.Olby, K.B.Halling, T.R.Glick, 2005).

Il midollo spinale quando viene separato in modo acuto dalle strutture sopraspinali può generare autonomamente un modello locomotorio senza dover “reimprarare” a camminare. Il modello base della locomozione è innato e non necessita di essere imparato per la sua espressione base. Tuttavia, l’allenamento può alterare l’espressione di questo modello e può accelerare il ritmo di recupero locomotorio. Probabilmente il midollo spinale è incapace di imparare un modello motorio completamente nuovo, anche se sembra che il midollo spinale possa, grazie all’allenamento, da solo e isolato dalle vie discendenti, modificare l’espressione del modello locomotorio quando ha a che fare con cambiamenti degli impulsi sensori o dell’apparato neuromuscolare periferico. Questo adattamento della locomozione spianale, indotto da un allenamento ripetitivo, può essere visto come una forma di apprendimento da parte del midollo spinale. (S. Rossignol, L. Bouyer, D. Barthélemy, C. Langlet, H. Leblond 2002)

Un fattore importante nel favorire il recupero della locomozione dopo un danno a livello spinale è il feed back sensoriale proveniente dagli arti in movimento. Segnali fasici afferenti giocano un ruolo maggiore nel favorire il movimento delle zampe posteriori negli animali con lesioni spinali. Nel gatto il feed back afferente regola in modo consistente il ciclo del passo principalmente

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controllando la durata della fase di appoggio e la potenza muscolare erogata durante la fase di appoggio. Le fonti di informazione sensoriale che regolano la durata dell’appoggio sono due: recettori di tensione (stretch sensitive) nel muscolo flessore dell’anca e il ricettore pressorio (load

sensitive) nel muscolo estensore dell’anca. In linea generale, la regolazione afferente della durata

dell’appoggio, si basa sul fatto che per iniziare la fase di levata nel passo, l’arto deve essere disteso e non deve sostenere alcun peso.

I recettori cutanei possono influenzare in modo consistente il ciclo del passo quando vengono stimolati ma non siamo in grado di dimostrare fino a che punto contribuiscano alla produzione dei modelli motori. Studi recenti in gatti sani hanno dimostrato che la rimozione di input cutanei dal palmo della zampa ha una scarsa influenza sul passo e sul modello motorio quando l’animale si trova su di una superficie liscia ed orizzontale. Se però l’animale viene fatto camminare in discesa si ha alterazione del movimento e sono incapaci di appoggiare in modo corretto il palmo dell’arto. Questo porta alla conclusione che i segnali cutanei sono necessari per attività locomotorie più complesse. La rimozione di input cutanei in gatti con lesioni spinali croniche elimina completamente la loro capacità di deambulare con gli arti posteriori su di un treadmill in un modo tale da sostenere adeguatamente il loro peso. Negli animali con un danno cronico al midollo spinale, i segnali sensoriali provenienti dagli arti posteriori, evocati quando il treno posteriore viene trascinato sul terreno dagli arti anteriori, sono sufficienti ad attivare il centro motorio spinale e quindi a produrre un movimento locomotorio ritmico degli arti posteriori, anche in assenza di una connessione di questi centri nervosi con la corteccia cerebrale. Non è stato ancora compreso quali gruppi di nervi afferenti sensori sono necessari per produrre gli effetti dell’allenamento. Anche se gli input cutanei dal palmo sono essenziali per evocare il movimento non è stato stabilito quali di questi input portano ai cambiamenti adattativi associati con l’allenamento. Allo stesso modo gli input dai propriocettori muscolari hanno un ruolo importante nel regolare il modello motorio nei pazienti spinali, ma quali input da questi afferenti sono necessari per indurre cambiamenti adattativi nel midollo spinale durante l’allenamento è ancora sconosciuto. Oltre alla necessità di stabilire

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quale gruppo di afferenti è coinvolto nello stimolare il movimento dobbiamo ancora capire il sito in cui si hanno i cambiamenti adattativi all’interno del midollo spinale e quali sia no questi cambiamenti. Esistono numerose possibilità come ad esempio un aumento del rilascio di neurotrasmettitori da parte degli afferenti primari, modificazione delle trasmissioni sinaptiche tra interneuroni nel centro motorio e cambiamenti nelle proprietà cellulari degli interneuroni e dei motoneuroni.

La modalità fisioterapica più promettente nel trattamento del paziente spinale è l’utilizzo del treadmill per esercitare l’animale a camminare sostenendo parzialmente il proprio peso. L’allenamento consiste nel supportare parzialmente il peso del paziente e nell’assistenza manuale del movimento dell’arto da parte del terapista. Nel procedere dell’allenamento il peso che viene supportato viene ridotto e diminuisce l’assistenza richiesta per iniziare il movimento del passo. Un’altra strategia per migliorare la funzione locomotoria è quella di combinare un allenamento sul treadmill con l’elettro stimolazione dei muscoli o della spina dorsale, anche se non sono stati ancora definiti dei protocolli standard per questo tipo di terapia. (K. Fouad, K. Pearson; 2004)

In conclusione possiamo affermare che il midollo spinale caudale a una lesione completa è capace di generare un modello locomotorio elaborato con appoggio plantare e supporto del proprio peso. La riespressione della locomozione suggerisce dei cambiamenti plastici all’interno del midollo spinale e necessita di cambiamenti neurochimici e di input afferenti di provenienza cutanea. Grazie all’allenamento costante, specialemte con l’utilizzo del treadmill è possibile incentivare l’insorgenza dell’andatura spinale e rendere così l’animale in grado di muoversi autonomamente (S. Rossignol, L. Bouyer, D. Barthélemy, C. Langlet, H. Leblond 2002).

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