• Non ci sono risultati.

PREMESSA Nell’ambito della c.d. “semplificazione dell’azione amministrativa” un ruolo cardine e strategico è stato rivestito, sin dalla sua prima versione risalente alla legge n. 241/1990

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "PREMESSA Nell’ambito della c.d. “semplificazione dell’azione amministrativa” un ruolo cardine e strategico è stato rivestito, sin dalla sua prima versione risalente alla legge n. 241/1990"

Copied!
57
0
0

Testo completo

(1)

PREMESSA

Nell’ambito della c.d. “semplificazione dell’azione amministrativa” un ruolo cardine e strategico è stato rivestito, sin dalla sua prima versione risalente alla legge n. 241/19901, dall’istituto della “denuncia di inizio attività” (che successivamente, in seguito all’adozione del decreto legge n. 35/2005, poi convertito con modificazioni nella legge n. 80/2005, assunse la denominazione di “dichiarazione di inizio attività”).

Nonostante l’evoluzione della disciplina in materia che ha modificato nel corso del tempo, attraverso diverse riforme, l’istituto della denuncia di inizio attività (poi denominata, come detto, dichiarazione di inizio attività) e che ha portato al regime attuale, rappresentato dalla segnalazione certificata di inizio attività, è tuttavia possibile affermare che la matrice di fondo non sia, quanto meno sul piano “sostanziale” (fatta salva, ovviamente, la diversa area di applicabilità dell’istituto), cambiata.

Infatti, siamo sempre in presenza di un istituto che consente, in una più generale ottica di semplificazione, che il potere amministrativo non intervenga più anteriormente per autorizzare lo svolgimento di un’attività privata, ma che sia, bensì, esercitato soltanto a posteriori al fine di controllare se l’attività che il denunciante si propone di svolgere sia conforme alle prescrizioni legali e se il privato sia in possesso dei requisiti prescritti per

1 Vedi Legge 7 agosto 1990, n. 241, “Nuove norme in materia di procedimento

amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”, pubblicata

(2)

svolgerla (eventualmente inibendo o conformando le attività poste in essere contrarie alle disposizioni di legge)2.

Possiamo così sinteticamente affermare che la “novità” rappresentata dall’introduzione dell’istituto in esame, ex art. 19, legge n. 241/1990, consisteva nel fatto che ad un soggetto privato era consentito svolgere una determinata attività attraverso la presentazione di una “denuncia”; la particolarità era rappresentata dal fatto che per poter svolgere tale, determinata, attività, il sistema previgente alla legge n. 241/1990, prevedeva, invece, necessariamente il previo rilascio di un’autorizzazione, ovvero di un provvedimento amministrativo in forza del quale la Pubblica Amministrazione, verificata la sussistenza di determinati presupposti, rimuoveva i limiti posti dalla legge all’esercizio di una preesistente situazione di vantaggio3.

Data la delicatezza del tema, il legislatore ha evitato un’applicazione generalizzata ed indiscriminata dell’istituto in esame, ed ha quindi optato per una scelta maggiormente “selettiva”, dato che, come è apparso subito evidente, non tutte le autorizzazioni potevano essere sostituite da una “mera” denuncia o da una semplice dichiarazione dell’interessato; a conferma di tale scelta, è sufficiente pensare, a titolo di esempio, agli atti di assenso che necessitano di un apprezzamento discrezionale da parte della Pubblica Amministrazione4.

2 Vedi G. CIAGLIA, La d.i.a. in campo edilizio dopo la legge n. 80/2005,

commento a TAR Abruzzo, Pescara, 1 settembre 2005, n. 494 e TAR Piemonte, Sez. II, 19 aprile 2006, n. 1885, in Giornale di diritto amministrativo, 2006, pp. 873-880.

3 Vedi A. TRAVI, Commento alla legge 7 agosto 1990 n. 241, in Le nuove leggi

civili commentate, 1995, pp. 106 e ss.

4 Vedi C. MEOLI, Il processo di attuazione della legge n. 241 del 1990 nelle

(3)

In tale ottica si spiega così, nel disegno originario dell’istituto, la previsione di un regolamento governativo in cui indicare i casi in cui la denuncia di inizio attività potesse trovare applicazione.

Un aspetto che ha sempre interessato la dottrina (e soprattutto la giurisprudenza), che si sono divise sul punto in diverse correnti, è quello relativo alla “natura” della dichiarazione di inizio attività.

Sinteticamente, sulla natura giuridica della dichiarazione di inizio attività si sono contrapposte due differenti concezione, una c.d. “pubblicistica” ed una c.d. “privatistica”.

Questa contrapposizione, tra la tesi che vede la dichiarazione di inizio attività come un provvedimento amministrativo e la tesi che considera, invece, la dichiarazione di inizio attività come atto del privato porta inevitabilmente a conclusioni diametralmente opposte per quel che riguarda i rimedi esperibili dal soggetto terzo contro la dichiarazione di inizio attività “illegittima”; infatti, è la qualificazione giuridica dell’istituto a condizionare l’accesso alle tecniche di tutela della posizione del terzo danneggiato5.

Sulla problematica della “tutela del terzo” (ed i possibili rimedi giurisdizionali a suo favore) avverso la dichiarazione di inizio attività è possibile, brevemente, anticipare che sono essenzialmente tre le diverse posizioni che sono emerse: a) la prima, basata sulla natura “provvedimentale” della dichiarazione di inizio attività, prevede l’annullamento del titolo abilitativo “implicito” e si esplica a mezzo di una pronuncia di tipo “demolitorio-annullatorio”; b) la seconda, che considera la dichiarazione di inizio attività come un atto del privato implica, invece, la proposizione di un’azione di

5 Vedi C. LAMBERTI, La DIA approda alla Plenaria, commento a Consiglio di

Stato, sez. IV, ordinanza 5 gennaio 2011, n. 14, in Urbanistica e appalti, 2011, pp. 315-325.

(4)

accertamento autonomo (negativo) della inesistenza dei presupposti per ritenere completata la fattispecie, con effetti conformativi di rimuovere gli eventuali effetti che si sono verificati; c) una terza posizione, infine, impone al soggetto ricorrente che si oppone all’intervento, di presentare istanza formale per l’esercizio del potere inibitorio ed impugnare il successivo rifiuto.

A risolvere le incertezze e le diverse dispute, dottrinarie e giurisprudenziali, emerse nel corso del tempo sul tema accennato della “natura giuridica” della dichiarazione di inizio attività (e sui rimedi esperibili dal terzo) è recentemente intervenuta l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza 29 luglio 2011, n. 15; a puro titolo di premessa, può essere brevemente riportato (rinviando ai capitoli successivi per una più approfondita analisi) che con tale decisione è stato evidenziato che la dichiarazione di inizio attività non costituisce un provvedimento amministrativo a forma tacita, dato che la stessa non pone in essere un titolo costitutivo, poiché rappresenta esclusivamente un “atto privato” diretto a comunicare la volontà di intraprendere un’attività direttamente ammessa dalla legge. A corollario di questo chiarimento emerge così che il successivo silenzio della Pubblica Amministrazione assume rilievo significativo in quanto produce l’effetto giuridico di preclusione per l’amministrazione stessa dell’esercizio del potere inibitorio.

Proprio poco prima dell’intervento citato dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, il quadro normativo della dichiarazione di inizio attività era stato cambiato ancora una volta.

(5)

Si deve, infatti, al decreto legge n. 78/20106 (successivamente convertito con modificazioni, nella legge n. 122/2010)7 la radicale modifica dell’istituto in esame, attraverso l’integrale sostituzione dell’art. 19, legge n. 241/1990.

È anzi, forse, più corretto sostenere, quanto meno dal punto di vista formale, che l’istituto della dichiarazione di inizio attività è stato “eliminato” dal nostro ordinamento ed al suo posto è stato, invece, introdotto il nuovo istituto della “segnalazione certificata di inizio attività”.

Va chiarito che la disposizione di cui all’art. 19, legge n. 241/1990, deve essere coordinata con la disciplina relativa alla dichiarazione di inizio attività c.d. “edilizia”, prevista dagli artt. 22 e ss. del c.d. Testo Unico dell’edilizia (D.P.R. n. 380/2001)8.

Va brevemente anticipato che la disciplina dettata dagli artt. 22 e ss. del Testo Unico dell’edilizia costituisce “lex specialis” rispetto alla disciplina dettata dall’art. 19, legge n. 241/19909; va detto che il Testo Unico dell’edilizia delinea l’ambito della dichiarazione di inizio attività in chiave “residuale”, comprendendo così tutti gli interventi diversi da quelli soggetti a “permesso di costruire” e da quelli c.d. “liberi”10. Costituirà oggetto del presente lavoro l’analisi dell’evoluzione dell’istituto (da “denuncia” a

6 Vedi Decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, “Misure urgenti in materia di

stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 125 del 31 maggio 2010, Supplemento ordinario n. 114.

7 Vedi Legge 30 luglio 2010, n. 122, “Conversione in legge, con modificazioni, del

decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 176 del 30 luglio 2010, Supplemento ordinario n. 174.

8 Vedi Decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, “Testo

unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”, pubblicato

nella Gazzetta Ufficiale n. 245 del 20 ottobre 2001, Supplemento Ordinario n. 239.

9 Vedi S. CASTRO, A. MARI, V. MAZZOTTA, D.I.A. e permesso di costruire,

Giappichelli, Torino, 2009, pag. 19.

10 Vedi R. DE NICTOLIS, Natura giuridica della denuncia di inizio attività in

(6)

“dichiarazione”, fino ad arrivare alla “segnalazione” certificata di inizio attività), soffermandoci, in particolare, sulla fattispecie “edilizia” e sulla delicata problematica della “tutela del terzo”.

(7)

CAPITOLO I

DISCIPLINA, PROFILI PROCEDIMENTALI E NATURA GIURIDICA DELLA DENUNCIA DI INIZIO ATTIVITÀ (D.I.A.). L’EVOLUZIONE DEL SISTEMA E L’INTRODUZIONE NELL’ORDINAMENTO NAZIONALE DELLA SEGNALAZIONE CERTIFICATA DI INIZIO ATTIVITÀ (S.C.I.A.).

1. L’introduzione della denuncia di inizio attività nel sistema italiano; excursus dell’evoluzione della normativa e della disciplina dell’art. 19, legge n. 241/1990 (in particolare, le riforme introdotte con le leggi nn. 80/2005 e 69/2009).

La denuncia di inizio attività (successivamente denominata “dichiarazione”)11, introdotta nell’ordinamento italiano, ex art. 1912, 11 Appare utile precisare, al fine di non ingenerare confusione, che i diversi termini (“denuncia”, “dichiarazione”, e “segnalazione” certificata di inizio attività), saranno utilizzati nella presente trattazione riferendosi al termine “vigente” nel periodo di riferimento della fonte bibliografica utilizzata (che si tratti di fonte normativa, articolo di dottrina o decisione giurisprudenziale).

12 Il testo attualmente vigente (dopo le modifiche apportate dalle leggi nn. 537/1993, 80/2005, 69/2009, 106/2011, 122/2010 e 35/2012) dell’art. 19, legge n. 241/1990, rubricato “Segnalazione certificata di inizio attività – SCIA”, testualmente dispone: “Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli stessi, è sostituito da una segnalazione dell’interessato, con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’asilo, alla cittadinanza, all’amministrazione della giustizia, all’amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, nonché di quelli previsti dalla

(8)

legge n. 241/1990, costituisce uno strumento fondamentale nell’evoluzione, in chiave liberal-democratica, dei rapporti tra la Pubblica Amministrazione ed i cittadini13.

È con la legge n. 241/1990 che cominciano a mutare i tradizionali modelli procedimentali in tema di autorizzazioni, basati sull’emanazione di provvedimenti espressi; questi modelli vengono normativa per le costruzioni in zone sismiche e di quelli imposti dalla normativa comunitaria. La segnalazione è corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorietà per quanto riguarda tutti gli stati, le qualità personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nonché ove espressamente previsto dalla normativa vigente, dalle attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati, ovvero dalle dichiarazioni di conformità da parte dell’Agenzia delle imprese di cui all’articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti di cui al primo periodo; tali attestazioni e asseverazioni sono corredate dagli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza dell’amministrazione. Nei casi in cui la legge prevede l’acquisizione di pareri di organi o enti appositi, ovvero l’esecuzione di verifiche preventive, essi sono comunque sostituiti dalle autocertificazioni, attestazioni e asseverazioni o certificazioni di cui al presente comma, salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti. La segnalazione, corredata delle dichiarazioni, attestazioni e asseverazioni nonché dei relativi elaborati tecnici, può essere presentata a mezzo posta con raccomandata con avviso di ricevimento, ad eccezione dei procedimenti per cui è previsto l’utilizzo esclusivo della modalità telematica; in tal caso la segnalazione si considera presentata al momento della ricezione da parte dell’amministrazione. L’attività oggetto della segnalazione può essere iniziata dalla data della presentazione della segnalazione all’amministrazione competente. L’amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa, salvo che, ove ciò sia possibile, l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall’amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. È fatto comunque salvo il potere dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies. In caso di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci, l’amministrazione, ferma restando l’applicazione delle sanzioni penali di cui al comma 6, nonché di quelle di cui al capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, può sempre e in ogni tempo adottare i provvedimenti di cui al primo periodo. Decorso il termine per l’adozione dei provvedimenti di cui al primo periodo del comma 3, ovvero di cui al comma 6-bis, all’amministrazione è consentito intervenire solo in presenza del pericolo di un danno per il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa

(9)

così sostituiti da nuovi schemi (su tutti, la “denuncia in luogo di autorizzazione” ed il “silenzio-assenso”), ispirati alla liberalizzazione delle attività economiche private14.

Da parte della dottrina è stato rilevato che è la c.d. “autoresponsabilità” del soggetto privato l’elemento che, forse più di altri, caratterizza l’istituto in esame.

Infatti, al privato viene conferita la possibilità di determinare il risultato a cui aspira senza la necessaria intermediazione del potere amministrativo; questa possibilità è ovviamente controbilanciata dal rischio assunto dal privato di subire l’inibizione dello svolgimento

nazionale e previo motivato accertamento dell’impossibilità di tutelare comunque tali interessi mediante conformazione dell’attività dei privati alla normativa vigente. Il presente articolo non si applica alle attività economiche a prevalente carattere finanziario, ivi comprese quelle regolate dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, e dal testo unico in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Ogni controversia relativa all’applicazione del presente articolo è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il relativo ricorso giurisdizionale, esperibile da qualunque interessato nei termini di legge, può riguardare anche gli atti di assenso formati in virtù delle norme sul silenzio assenso previste dall’articolo 20. Ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni che corredano la segnalazione di inizio attività, dichiara o attesta falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al comma 1 è punito con la reclusione da uno a tre anni. Nei casi di Scia in materia edilizia, il termine di sessanta giorni di cui al primo periodo del comma 3 è ridotto a trenta giorni. Fatta salva l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 4 e al comma 6, restano altresì ferme le disposizioni relative alla vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, alle responsabilità e alle sanzioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e dalle leggi regionali. La segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione di cui all’art. 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104”.

13 Vedi F. CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo. Profili sostanziali e

processuali, Tomo II, Giuffrè, Milano, 2011, pag. 1642.

14 Vedi F. PATRONI GRIFFI, Delegificazione e semplificazione dei procedimenti

(10)

dell’attività nelle ipotesi di mancanza dei requisiti e dei presupposti che egli ha attestato come sussistenti con la documentazione15.

Come ha recentemente rilevato l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (con la sentenza 29 luglio 2011, n. 15) la caratteristica principale della dichiarazione di inizio attività risiede nella “sostituzione” dei tradizionali modelli provvedimentali autorizzatori con un nuovo schema ispirato alla liberalizzazione delle attività economiche private consentite dalla legge in presenza dei presupposti fattuali e giuridici normativamente stabiliti; essa non costituisce un provvedimento amministrativo a forma tacita, dato che la stessa non pone in essere un titolo costitutivo, poiché rappresenta esclusivamente un “atto privato” diretto a comunicare la volontà di intraprendere un’attività direttamente ammessa dalla legge.

Nella sua versione originaria, l’art. 19, legge n. 241/1990, ammetteva la denuncia di inizio di attività in casi alquanto circoscritti; a tal proposito, veniva demandata all’emanazione di un successivo regolamento l’indicazione, in forma tassativa, dei casi in cui l’istituto della denuncia di inizio di attività poteva trovare applicazione16.

La regola “generale” prevedeva che qualsiasi autorizzazione o atto di consenso si intendeva sostituito dalla denuncia di inizio di attività, qualora il suo rilascio dipendesse esclusivamente dall’accertamento dei presupposti e dei requisiti di legge, non fossero

15 Vedi R. GIOVAGNOLI, Il silenzio e la nuova SCIA. Obbligo di provvedere,

danno da ritardo e nuove forme di liberalizzazione e semplificazione, Giuffrè,

Milano, 2011, pp. 140 e ss.

16 Vedi G. ACQUARONE, La denuncia di inizio attività - profili teorici, Giuffrè,

(11)

necessarie valutazioni tecniche discrezionali e non fosse previsto alcun limite o contingente complessivo al suo rilascio17.

Come è stato osservato, l’art. 19, legge n. 241/1990, nella parte in cui individua gli atti sostituiti dalla denuncia (o dichiarazione) del privato, non deve essere interpretato guardando al solo nomen juris utilizzato per quello specifico provvedimento quanto, piuttosto, considerando le caratteristiche dell’attività amministrativa in precedenza necessaria per il rilascio del titolo abilitativo18

Successivamente alla legge n. 241/1990, una tappa importante dell’evoluzione della normativa in tema di denuncia di inizio di attività è rappresentata dall’adozione della legge n. 537 del 24 dicembre 199319.

Una novità introdotta dalla legge n. 537/1993 è rappresentata dal fatto che, anziché elencare gli atti assoggettati alla denuncia di inizio di attività, la norma elenca quelli che ne sono sottratti, alcuni enunciandoli (quali le concessioni edilizie e le autorizzazioni paesaggistiche ed ambientali), altri demandandoli ad apposito regolamento20.

17 Vedi C. CACCIAVILLANI LANZIERI, G. GIDONI, Le condizioni di

ammissibilità della denuncia di inizio attività, in Rivista del diritto amministrativo,

1997, pp. 101 e ss.

18Vedi Casetta,Manuale di diritto amministrativo,Giuffrè,Milano,2009,pp498 19 Vedi Legge 24 dicembre 1993, n. 537, “Interventi correttivi di finanza

pubblica”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 303 del 28 dicembre 1993,

Supplemento ordinario n. 121.

20 Per maggiori approfondimenti sul tema vedi A. PAJNO, Gli artt. 19 e 20 della

legge 241 prima e dopo la legge 24 dicembre 1993, n. 537. Intrapresa dell’attività privata e silenzio dell’amministrazione, in Diritto Processuale Amministrativo,

(12)

Aspetto degno di menzione della riforma attuata con la legge n. 537 del 1993, è rappresentato dall’introduzione del termine di sessanta giorni per la verifica di esistenza dei requisiti21.

Con il decreto legge n. 35/200522 (successivamente convertito con modificazioni nella legge n. 80/2005)23 si è assistito, in primo luogo, ad una modifica del nome dell’istituto in esame, che è così passato da “denuncia” a “dichiarazione” di inizio attività24.

Una prima novità introdotta dal decreto legge n. 35/2005 è quella relativa al campo di applicazione dell’istituto, dato che la categoria degli atti di assenso sostituiti viene estesa fino a ricomprendervi le concessioni “non costitutive” e le domande relative ad iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale25.

In senso critico, si registra la posizione di chi ha osservato che il legislatore avrebbe dovuto più correttamente fare riferimento agli atti che dispongono l’iscrizione e non alle domande finalizzate alle iscrizioni medesime, in quanto le dichiarazioni di inizio attività

21 Vedi W. GIULIETTI, Nuove norme in tema di dichiarazione di inizio attività,

ovvero la continuità di un istituto in trasformazione, 2006, in

http://www.giustamm.it

22 Vedi Decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, “Disposizioni urgenti nell’ambito del

Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 62 del 16 marzo 2005.

23 Vedi Legge 14 maggio 2005, n. 80, “Conversione in legge, con modificazioni,

del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 111 del 14 maggio

2005.

24 Vedi W. GIULIETTI, Articolo 19 - Dichiarazione di inizio attività, in N. PAOLANTONIO, A. POLICE, A. ZITO (a cura di), La pubblica amministrazione

e la sua azione. Saggi critici sulla legge n. 241/1990 riformata dalle leggi n. 15/2005 e n. 80/2005, Giappichelli, Torino, 2005, pp. 372 e ss.

25 Vedi A. VENTURI, La denuncia di inizio attività edile fra modello generale e

fattispecie speciali: l’evoluzione di un istituto in continua trasformazione, in Diritto dell’economia, n. 4, 2005, pp. 757-778.

(13)

sostituiscono atti amministrativi, non già altre dichiarazioni e/o domande di provenienza privata26.

Altra novità introdotta è rappresentata dal fatto che viene espressamente previsto che la dichiarazione di inizio attività potesse sostituire il titolo autorizzatorio non soltanto nei casi in cui il rilascio di quest’ultimo dipendesse dall’accertamento di requisiti e presupposti stabiliti dalla legge, ma anche nelle ipotesi in cui questi fossero contenuti in atti amministrativi “a contenuto generale”27.

Vennero, inoltre, meglio delineate e chiarite le ipotesi di esclusione; nello specifico, venivano così esclusi gli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’amministrazione della giustizia, alla amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, alla tutela della salute e della pubblica incolumità, del patrimonio culturale e paesaggistico e dell’ambiente, nonché degli atti imposti dalla normativa comunitaria28.

È stato rilevato che l’esclusione relativa agli “atti imposti dalla normativa comunitaria” attiene ai casi in cui l’ordinamento comunitario sancisce la regola del procedimento e del provvedimento espresso; va poi ricordato che, comunque, il legislatore comunitario è orientato verso una sempre più amplia semplificazione delle procedure amministrative, in un contesto in cui si mira a ridurre il

26 Vedi O. FORLENZA, Troppe esclusioni per la D.I.A. a tutto campo, in Guida al

diritto, n. 13, 2005, pp. 24 e ss.

27 Vedi S. CATTANEO, La dichiarazione di inizio attività ed il rito del silenzio

dopo la l. 80/2005, in Urbanistica e appalti, 2006, pp. 215 e ss.

28 Vedi G. PANASSIDI, La nuova dichiarazione di inizio attività (DIA), 2005, in http://www.lexitalia.it

(14)

ricorso alle autorizzazioni esplicite, a favore di strumenti diversi di controllo pubblico sulle attività private29.

In sede di commento del decreto legge n. 35/2005, la dottrina ha evidenziato che l’ampliamento delle ipotesi di esclusione rispondeva ad una precisa scelta del legislatore, diretta, pertanto, a controbilanciare la sostituibilità con dichiarazione di inizio attività delle autorizzazioni che presuppongono valutazioni tecniche discrezionali30.

Oltre all’ambito di applicazione dell’istituto e al piano, per così dire, “sostanziale”, le novità introdotte hanno riguardato il piano c.d. “procedimentale”31.

Come si è già detto, si deve alla legge n. 537 del 1993 l’introduzione del termine di sessanta giorni per la verifica di esistenza dei requisiti; tuttavia, come è stato rimarcato, la modifica radicale dell’istituto in esame è stata attuata proprio con la legge n. 80/2005, che ha, invece, introdotto l’onere dell’interessato di dare comunicazione all’amministrazione competente dell’inizio dell’attività, una volta scaduto il termine di trenta giorni dalla denuncia32.

Come è stato osservato in dottrina, prima della legge n. 80/2005 la dichiarazione di inizio attività deve essere considerata come un effetto collegato all’inerzia, mentre successivamente, invece, come un effetto sostitutivo del provvedimento che interviene

29 Vedi R. GIOVAGNOLI, Dia e silenzio assenso dopo la legge 80/2005, in

Urbanistica e appalti, 2005, pp. 1001-1011.

30 Vedi I. IMPASTATO, V. SANZO, La natura giuridica della d.i.a. tra tutela del

terzo e potere di autotutela, 2008, in http://www.giustamm.it

31 Vedi P. MARZARO GAMBA, La nuova disciplina della dichiarazione di inizio

attività, 2005, in http://www.giustamm.it

32 Vedi R. PROIETTI, La denuncia di inizio attività alla luce del nuovo art. 19

(15)

al verificarsi del duplice presupposto del comportamento inerte e del decorso del tempo33.

In altre parole, con l’introduzione della legge n. 80/2005, sono due i passaggi logici che vengono in rilievo: a) da un lato, il decorso del termine di trenta giorni dalla presentazione della dichiarazione, necessario per la formazione dell’atto implicito (sostitutivo di quello altrimenti richiesto) che abilita “astrattamente” all’esercizio dell’attività; b) da un altro lato, la comunicazione di avvio dell’attività, necessaria per il decorso degli ulteriori trenta giorni per l’adozione delle eventuali misure (provvedimentali e non) repressive da parte dell’amministrazione, in caso di accertata carenza di condizioni, modalità e fatti legittimanti34.

Come visto, viene così espressamente prevista la possibilità per la Pubblica Amministrazione di esercitare i propri poteri di autotutela e di revoca.

Ulteriore specificazione, diretta ad eliminare eventuali incertezze sul riparto di giurisdizione, è quella relativa all’espressa previsione della “giurisdizione esclusiva” del giudice amministrativo per ogni controversia relativa all’applicazione della normativa in tema di dichiarazione di inizio attività.

Secondo la dottrina la dichiarazione di inizio attività così delineata va definita come “procedimentale” (questo per distinguerla da quella relativa, invece, all’attività edilizia o commerciale)35.

33 Vedi M. FILIPPI, La nuova DIA e gli incerti confini con il silenzio assenso,

2006, in http://www.giustamm.it

34 Vedi A. VACCA , La natura giuridica della d.i.a., con particolare riguardo

alla disciplina introdotta dall’art. 3, comma 1, d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni nella l. 14 maggio 2005, n. 80, in Foro amministrativo - TAR, 2006, pp. 870 e ss.

35 Vedi A. VACCA, L’ontologia della DIA alla luce della disciplina introdotta

dall’art. 3, comma 1, d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni nella l. 14 marzo 2005, n. 80, in Rivista giuridica dell’edilizia, 2006, pp. 646 e ss.

(16)

Ne consegue che il “problema” principale che viene in rilievo è quello relativo all’individuazione delle attività sottoposte a dichiarazione di inizio attività per distinguerle da quelle che, invece, non lo sono36.

Per completezza d’argomento, appare utile citare le prime pronunce giurisprudenziali immediatamente successive all’entrata in vigore della legge n. 80/2005.

La giurisprudenza ha rilevato che l’art. 19, comma 3, legge n. 241/1990, introdotto dall’art. 3 del decreto legge n. 35/2005 (successivamente convertito nella legge n. 80/2005), non sembra mettere in crisi il prevalente orientamento giurisprudenziale secondo il quale la tutela del terzo passa necessariamente attraverso il ricorso avverso il silenzio dell’amministrazione nell’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi; infatti, la reale portata innovativa della disposizione in esame consiste nell’aver attribuito piena rilevanza all’affidamento ingeneratosi nel denunciante per effetto del mancato esercizio del potere inibitorio dell’amministrazione nel termine perentorio previsto dalla legge.

Secondo tale ricostruzione, la dichiarazione di inizio attività non è altro che una comunicazione preventiva del privato che non vale né come provvedimento amministrativo, né come titolo lato

sensu abilitativo, perché la legittimazione ad eseguire l’intervento

edilizio deriva direttamente dalla legge; ne consegue che va considerato inammissibile il ricorso del terzo contro la denuncia di inizio attività presentata da un privato. Il giudice amministrativo, adito con il rito del silenzio, non può conoscere della fondatezza della pretesa qualora si contesti non la difformità delle opere eseguite rispetto a quelle descritte nella denuncia di inizio attività, bensì la

36 Vedi R. GIOVAGNOLI, Dia e silenzio assenso dopo la legge 80/2005, op. cit.,

(17)

possibilità di realizzare in assenza di permesso di costruire un intervento edilizio che determina una trasformazione del territorio di notevole entità, poiché in tale caso non vi è dubbio che vi sia un affidamento da tutelare, derivante dall’incertezza sul regime giuridico dell’intervento edilizio de quo, posto che la necessità o meno del permesso di costruire per la realizzazione dei muri di recinzione, secondo la giurisprudenza, dipende proprio dall’impatto dell’opera sull’assetto urbanistico ed edilizio della zona37.

In altro intervento, è stato evidenziato che la nuova previsione di cui all’art. 19, comma 3, legge n. 241/1990, non appariva necessariamente come un riconoscimento legislativo del valore provvedimentale della dichiarazione di inizio attività; piuttosto, tale disposizione andava semplicemente intesa come un riferimento alla possibilità di adottare poteri di inibizione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti, pur dopo il decorso del termine di trenta giorni, purchè sussistessero i presupposti per il ricorso agli strumenti dell’autotutela, e in particolare quelli di cui all’art. 21-nonies della legge n. 241/1990, ferma restando la possibilità dell’amministrazione di esercitare, anche su sollecitazione del privato, i poteri sanzionatori in caso di difformità della dichiarazione di inizio attività dalle prescrizioni urbanistiche o di difformità dei lavori eseguiti rispetto a quelli oggetto della dichiarazione di inizio attività.

Secondo tale ricostruzione, va considerata inammissibile l’impugnativa della dichiarazione di inizio attività, in quanto non costituisce un provvedimento tacito, né una fattispecie avente valore provvedimentale38.

37 Vedi TAR Campania, Napoli, sez. IV, 22 febbraio 2006, n. 3200, con nota a commento di A. GRAZIANO, La DIA nelle prime pronunce sulla L. 80/2005.

Natura giuridica dell’istituto e tutela giurisdizionale del controinteressato, in Urbanistica e appalti, 2006, pp.1095 e ss.

(18)

In seguito all’adozione del decreto legge n. 35/2005 il legislatore, dapprima con il decreto legge n. 739 del 31 gennaio 2007 (convertito, con modificazioni, nella legge 2 aprile 2007, n. 40)40 e successivamente con il decreto legge n. 11241 del 25 giugno 2008 (convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133)42 ha ulteriormente ampliato le ipotesi di dichiarazione di inizio attività previste dalle discipline relative ai settori del commercio e delle telecomunicazioni.

Con la legge n. 69 del 18 giugno 200943 il legislatore ha proseguito il processo di semplificazione dell’attività amministrativa. Merita di essere ricordata la previsione di una deroga al divieto, introdotto con le modifiche del 2005, secondo cui l’attività oggetto di dichiarazione di inizio attività non poteva essere avviata prima di trenta giorni dalla presentazione della dichiarazione all’autorità competente44.

38 Vedi TAR Campania, Napoli, sez. III, 27 gennaio 2006, n. 1131, in Urbanistica

e appalti, 2006, pp.1101 e ss.

39 Vedi Decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7, “Misure urgenti per la tutela dei

consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 1

febbraio 2007.

40 Vedi Legge 2 aprile 2007, n. 40, “Conversione in legge, con modificazioni, del

decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7, recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 77 del 2

aprile 2007.

41 Vedi Decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, “Disposizioni urgenti per lo

sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale

n. 147 del 25 giugno 2008.

42 Vedi Legge 6 agosto 2008, n. 133, “Conversione in legge, con modificazioni, del

decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 195

del 21 agosto 2008.

43Vedi Legge 18 giugno 2009, n. 69, “Disposizioni per lo sviluppo economico, la

semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile”, pubblicata

(19)

La deroga prevista dalla legge n. 69/2009 ha così stabilito che nel caso in cui la dichiarazione di inizio attività avesse ad oggetto l’esercizio di attività di impianti produttivi di beni e servizi e di prestazione di servizi di cui alla Direttiva 2006/123/CE del Parlamento e del Consiglio del 12 dicembre 200645, l’attività stessa poteva essere iniziata “dalla data di presentazione della dichiarazione all’amministrazione competente”46.

Ulteriori modifiche all’istituto in esame si sono registrate con il decreto legge n. 78/2010 (successivamente convertito, con modificazioni, nella legge n. 122/2010); è stata così attuata una radicale modifica, che ha portato alla sostituzione integrale dell’art. 19, legge n. 241/1990, ed all’introduzione, nel nostro ordinamento, del “nuovo” istituto della “segnalazione certificata di inizio attività” (a cui, per una separata analisi si rinvia al successivo Paragrafo 5).

2. La ratio dell’istituto della denuncia (o dichiarazione) di inizio attività tra esigenze di “semplificazione” e “liberalizzazione”.

Come si è già accennato nel paragrafo precedente, l’introduzione della denuncia (poi “dichiarazione”) di inizio attività nell’ordinamento italiano, è stata attuata dal legislatore nel perseguimento del duplice obiettivo di snellire e semplificare, da un lato, l’azione amministrativa, e da un altro lato, di rimuovere gli ostacoli frapposti all’accesso del privato in determinati settori

44 Vedi F. FIGORILLI, S. FANTINI, Le modifiche alla disciplina generale sul

procedimento amministrativo. Le novità della legge 18 giugno 2009, n.

69, in Urbanistica e appalti, 2009, pp. 916-923.

45 Vedi Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno, pubblicata nella Gazzetta

ufficiale dell’Unione europea, n. L 376, 27 dicembre 2006, pp. 36-68.

46 Vedi S. CRESTA, Il nuovo volto del procedimento amministrativo, in

particolare della Denuncia di inizio attività, alla luce della riforma operata dalla legge n. 69/2009, 31 agosto 2009, in http://www.altalex.it

(20)

economici; si determina così un diverso rapporto tra l’interesse “pubblico” e l’interesse “privato” contraddistinto da un processo di sostanziale “deprovvedimentalizzazione”47, e si conferisce un più elevato grado di autonomia e responsabilità al soggetto privato48.

La lunga serie di riforme che sono intervenute sull’istituto in esame (il cui excursus normativo è stato descritto nel precedente paragrafo), che a partire dalla legge n. 537/1993 sono culminate nella recente legge n. 122/2010 (con cui è stata attuata la sostituzione integrale dell’art. 19, legge n. 241/1990, e l’avvento nell’ordinamento della “segnalazione certificata di inizio attività”), non fanno altro che confermare il ruolo strategico e fondamentale dell’istituto in esame.

Come è stato osservato, non vi è stata, infatti, novella legislativa che non sia intervenuta, sia marginalmente sia in misura più incisiva, sull’argomento, nel perseguimento di un più generale disegno ed obiettivo di semplificazione amministrativa49.

Parte della dottrina si è posta il problema se il tema della dichiarazione di inizio attività debba essere inquadrato nell’area della c.d. “semplificazione” (amministrativa) oppure in quella della c.d. “liberalizzazione”50.

Certamente, il pur nobile e qualificato obiettivo della “semplificazione” si scontra con il quadro reale contraddistinto da relazioni sempre più complesse che caratterizzano il quadro 47 Vedi M.P. CHITI, Atti di consenso, in Diritto amministrativo, 1996, pp. 182 e ss.

48 Vedi G. CORSO, F. TERESI, Procedimento amministrativo e accesso ai

documenti. Commento alla legge 7 agosto 1990, n. 241, Maggioli, Rimini, 1991,

pp. 126 e ss.

49 Vedi R. PROIETTI, La denuncia di inizio attività alla luce del nuovo art. 19

della legge 241/1990, op. cit., pag. 875.

50 Vedi L. CESARINI, I tempi del procedimento e il silenzio, in B. CAVALLO (a

cura di), Il procedimento amministrativo tra semplificazione partecipata e

(21)

economico e sociale, il che dà vita ad un permanente e continuo processo di aggiornamento normativo51.

Viene così a crearsi, malgrado le intenzioni, un quadro contraddistinto da una marcata proliferazione delle fonti del diritto (talvolta non coordinate tra loro), da una sovrapposizione di attribuzioni e competenze tra i diversi livelli di governo, da un numero sempre più elevato di soggetti (sia pubblici, sia privati) preposti alla cura di interessi generali52.

In un quadro, come quello descritto, contraddistinto da relazioni economiche e sociali di tipo “dinamico”, la semplificazione amministrativa va vista nell’ottica della certezza del diritto e dell’accelerazione dei tempi dell’agire amministrativo; in altre parole, essa deve tradursi nel diritto ad una “celere consapevolezza della fondatezza e della misura delle proprie pretese”53.

Ovviamente, il processo di semplificazione amministrativa non deve tradursi soltanto in una semplice accelerazione delle procedure, ma deve invece puntare ad un obiettivo più generale, rappresentato dall’implementazione della razionalità delle procedure stesse in uno schema di incentivazione dell’amministrazione al conseguimento responsabile del risultato giuridico54.

Certamente, la semplificazione amministrativa può essere meglio raggiunta ed attuata se si tiene ben presente il c.d. principio della “pretesa all’unità della Pubblica Amministrazione”; ossia, la

51 Vedi M.R. SPASIANO, La semplificazione amministrativa e la garanzia di

effettività dell’esercizio del potere pubblico, in Rivista giuridica di urbanistica,

2012, pp. 33-44.

52 Vedi S. VILLAMENA, Autonomia locale e semplificazione amministrativa, in

Nuove Autonomie. Rivista di Diritto Pubblico, 2008, pp. 783 e ss.

53 Vedi L. PERFETTI, Il permanere dei paradigmi disciplinari e le difficoltà della

semplificazione, in Nuove Autonomie. Rivista di Diritto Pubblico, 2008, pp. 457 e

ss.

54 Vedi F.G. SCOCA, Accordi e semplificazione, in Nuove Autonomie. Rivista di

(22)

pretesa “ad avere un interlocutore unico, rispettoso dei tempi decisionali, qualunque sia l’articolazione delle varie amministrazioni interessate e il riparto di competenze per esso previsto. (…) Con la ricomposizione del potere esecutivo sembra di necessità semplificarsi anche l’azione della Pubblica Amministrazione”55.

Da quanto brevemente accennato, emerge che la semplificazione amministrativa deve essere considerata non un fine, ma un mezzo, ossia uno strumento attraverso cui garantire una più agevole tutela delle pretese del cittadino (tenendo sempre ovviamente conto del rispetto dell’interesse pubblico generale).

Ritornando all’istituto della dichiarazione di inizio attività vediamo che l’art. 19 è collocato nel Capo IV della legge n. 241/1990, relativo, appunto, alla “semplificazione dell’azione amministrativa”.

Attenta dottrina ha evidenziato che la semplificazione si traduce in relazioni più semplici, chiare e certe tra amministrazioni pubbliche e privati, ed in una diversa struttura e disciplina dei procedimenti in cui si concretizza l’esercizio del potere56.

Nonostante, come detto, la collocazione della disciplina dettata dall’art. 19, legge n. 241/1990, nel Capo IV relativo alla “semplificazione dell’azione amministrativa”, parte della dottrina preferisce ragionare più in termini di “liberalizzazione” anziché, appunto, di “semplificazione”.

55 Così F. MERUSI, La semplificazione: problema legislativo o amministrativo?, in Nuove Autonomie. Rivista di Diritto Pubblico, 2008, pag. 339.

56 Vedi A. TRAVI, La liberalizzazione, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1998, pag. 652.

(23)

Anche se i due termini compaiono spesso insieme, è stato precisato che, in relazione alla dichiarazione di inizio attività, essi assumono, ognuno, una specifica connotazione57.

Con la liberalizzazione si assiste ad un sensibile “arretramento” della sfera pubblica a favore di quella privata; tale fenomeno necessiterebbe, comunque, di due elementi indispensabili, rappresentati dalla “libertà di accesso al mercato” e dal “superamento di un previgente regime amministrativo” (basato sulla necessaria e previa acquisizione di un titolo abilitativo, provvedimento espresso o silenzio-assenso)58.

Per chiudere sull’argomento, è possibile affermare che la semplificazione può essere utile a rafforzare i processi di liberalizzazione, attraverso la predisposizione di regole chiare e certe che possano meglio definire i rapporti tra la Pubblica Amministrazione ed il privato; al tempo stesso, uguale obiettivo non può essere raggiunto con la sola “liberalizzazione”, dato che spesso essa non si traduce in regole certe che consentano la piena operatività delle disposizioni alla quale sia stata affidata59.

3. La natura giuridica della D.I.A.; raffronto tra la concezione “pubblicistica” e la concezione “privatistica”.

Affrontando un’analisi, sia solo sommaria o, invece, più approfondita, sull’istituto della dichiarazione di inizio attività, si nota, con palese evidenza, che almeno la metà delle decisioni 57 Vedi G. CORSO, Attività economica privata e deregulation, in Rivista

trimestrale di diritto pubblico, 1998, pp. 630 e ss.

58 Vedi A. TRAVI, La liberalizzazione, op. cit., pag. 648.

59 Vedi A. GIUSTI, commento sub art. 19, Legge 7 agosto 1990, n. 241, in A.

BARTOLINI, S. FANTINI, G. FERRARI, Codice dell’azione amministrativa e

delle responsabilità annotato con dottrina, giurisprudenza e formule, Nel Diritto

(24)

giurisprudenziali che hanno interessato, nel corso degli anni, l’istituto in esame, attengono all’individuazione e qualificazione della sua natura giuridica.

Le diverse soluzioni accolte dalla giurisprudenza possono essere suddivise in due grandi filoni interpretativi.

Tale suddivisione è caratterizzata e costruita sulla base della diversa ideologia che è sottesa alla concezione del ruolo del potere pubblico, con riferimento particolare al “quantum” di autorità riconosciuto alla Pubblica Amministrazione rispetto alla sfera di libertà del cittadino60.

A grandi linee, le posizioni che si fronteggiano, sul tema in esame, sono riconducibili a due differenti concezioni della dichiarazione di inizio attività, e possono essere denominate, rispettivamente, “pubblicistica” e “privatistica”.

La prima concezione, c.d.“pubblicistica”, interpreta la dichiarazione di inizio attività come un procedimento di semplificazione dell’attività amministrativa.

Con tale concezione, emerge così una idea, per così dire, “classica” di amministrazione, nel senso quindi di un potere che dialoga con il privato attraverso lo strumento del procedimento amministrativo e che, pertanto, si colloca in una posizione di supremazia rispetto al cittadino.

Secondo questa impostazione, il procedimento della dichiarazione di inizio attività dà vita ad un provvedimento tacito che si conclude con un’autorizzazione implicita61.

60 Vedi L. MARTINEZ, La D.I.A. nella giurisprudenza (gennaio 2008 - febbraio

2009), in Foro amministrativo - TAR, 2008, pp. 3525-3526.

61 Vedi M.G. VIVARELLI, Sulla natura della dichiarazione di inizio attività,

commento a Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1474, in Rivista

(25)

La seconda concezione della dichiarazione di inizio attività, c.d. “privatistica”, è, invece, fondata sul principio di liberalizzazione e sull’idea di ritrazione della sfera statale a favore di quella privata, nell’ambito di quelle attività private il cui esercizio è stato tradizionalmente subordinato al previo esercizio di potere amministrativo, ancorchè in sola funzione autorizzatoria.

Per quanto concerne la corrente dottrinaria che sostiene la natura “pubblicistica” della dichiarazione di inizio attività, è stato rilevato che anche se il privato cittadino, presentando la dichiarazione, pone in essere un atto “privato”, successivamente al decorso dei termini di legge, la Pubblica Amministrazione pone in essere, invece, un comportamento giuridicamente rilevante, qualificabile come provvedimento amministrativo “silenzioso”.

Secondo questa impostazione, la Pubblica Amministrazione, successivamente al decorso dei termini di legge, perde il potere di intervenire al di fuori dell’ambito di operatività dell’autotutela62

Per poter meglio inquadrare il tema in esame è utile aprire una breve parentesi e tratteggiare la diversità esistente tra provvedimento “espresso” e provvedimento “silenzioso”; sinteticamente si può affermare che nel provvedimento “espresso” la Pubblica Amministrazione si pronuncia dando una doverosa motivazione al proprio atto, mentre appare ovvio che nel provvedimento “silenzioso” non vi possa essere alcuna motivazione.

Nel provvedimento “espresso” la motivazione consente, a tutti i soggetti del rapporto, di effettuare un’analisi concreta della legittimità del provvedimento nonché una valutazione delle possibilità che, in caso di controversia, si giunga ad un suo annullamento; con il provvedimento “silenzioso”, invece, viene 62 Vedi R.CHIEPPA,V LOPILATO, Studi di diritto amministrativo,

(26)

attuata una vera e propria fictio iuris, giustificata dalla necessità di volere fare come se il provvedimento fosse stato emesso.

Chiusa questa breve parentesi, segue l’impostazione dottrinaria sopra esposta anche quella parte della giurisprudenza che ritiene che una volta perfezionatosi un provvedimento favorevole tacito, con il meccanismo del silenzio-assenso, “la procedura deve intendersi ultimata mediante l’assentimento del titolo richiesto. Con l’ulteriore corollario che, prima dell’adozione dell’eventuale, successivo, provvedimento espresso, sfavorevole al privato, l’amministrazione dovrà pronunciarsi sul silenzio formatosi a favore del privato, rimuovendolo in via d’autotutela e prendendo in considerazione una serie di elementi (motivi di pubblico interesse che impongono l’annullamento del silenzio formatosi, il decorso del tempo che ha creato affidamento nel privato, i presupposti di legittimità, etc.)”63.

È stato rilevato che poiché la dichiarazione di inizio attività non si configura come attività privata ma come titolo abilitativo, che proviene dall’amministrazione, sia pure in forma silenziosa o per inerzia, l’amministrazione stessa conserva il dovere di intervenire, anche dopo lo scadere del termine per l’inizio dell’attività, ove l’attività privata posta in essere con la dichiarazione di inizio attività non sia conforme alla legge o sia contraria ad una statuizione giudiziale64

La dichiarazione di inizio attività è stata anche configurata come una fattispecie a “formazione progressiva”65 che, a condizione 63Così Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia,14 dicembre 2009,n1207,in http://www.giustizia-amministrativa.it

64Vedi Tbr Veneto, 26 febbraio 2007,n 523 in www.giustizia-amministrativa.it 65 Vedi M.G. VIVARELLI, Sulla natura della dichiarazione di inizio attività, op.

(27)

del silenzio della pubblica amministrazione, si perfeziona decorsi trenta giorni dalla sua presentazione66.

In altro intervento, è stato evidenziato che la dichiarazione di inizio attività costituisce un atto abilitativo tacito che si forma a seguito della denuncia del privato e della successiva inerzia dell’amministrazione e su tale provvedimento implicito l’amministrazione può esercitare i propri poteri di autotutela solo ove ricorrano i presupposti di legge (ragioni di interesse pubblico, termine ragionevole, esame degli interessi dell’interessato e del controinteressato); pertanto, la tutela giurisdizionale del terzo va ammessa nelle forme dell’impugnazione di tale atto tacito davanti al giudice amministrativo67.

Tra gli interventi giurisprudenziali che inquadrano la dichiarazione di inizio attività negli schemi tipici ed usuali dell’attività amministrativa si segnala la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 aprile 2007, n. 1550.

In tale intervento, è stato rilevato che la dichiarazione di inizio attività non deve essere considerato uno strumento di liberalizzazione dell’attività, ma bensì una mera semplificazione procedimentale, che consente al privato di conseguire un titolo abilitativo a seguito del decorso di un termine (trenta giorni) dalla presentazione della dichiarazione; la liberalizzazione di determinate attività economiche sarebbe, invece, cosa ben diversa, e presupporrebbe che non sia necessaria la formazione di un titolo abilitativo.

66 Vedi TAR Lombardia, Milano, sez. II, 17 gennaio 2006, n. 72, in http://www.giustizia-amministrativa.it

67 Vedi TAR Abruzzo, Pescara, sez. I, 19 settembre 2005, n. 498, in http://www.giustizia-amministrativa.it

(28)

Secondo tale ricostruzione, con il decorso del termine si forma una autorizzazione implicita di natura provvedimentale, che può essere contestata dal terzo entro il termine ordinario di decadenza di sessanta giorni; il ricorso avverso il titolo abilitativo formatosi a seguito di dichiarazione di inizio attività ha, pertanto, ad oggetto non il mancato esercizio dei poteri sanzionatori o di autotutela dell’amministrazione, ma direttamente l’assentibilità, o meno, dell’intervento68.

Una soluzione pressochè analoga è stata fornita dal TAR dell’Emilia Romagna (sede di Bologna, Sez. I, 2 ottobre 2007, n. 2253) che ha ulteriormente chiarito che un esplicito riconoscimento della natura provvedimentale della dichiarazione di inizio attività è stato fornito dal legislatore, che ha modificato l’art. 19 della legge n. 241/1990 (con l’art. 3 del decreto legge n. 35/2005, successivamente convertito con modificazioni nella legge n. 80/2005), prevedendo in relazione alla dichiarazione di inizio attività il potere dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via

68 Così Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 aprile 2007, n. 1550, con nota a commento di

F. GAFFURI, I ripensamenti giurisprudenziali in merito alla questione relativa

alla natura della denuncia di inizio attività e alla tutela del terzo controinteressato dopo le riforme del 2005 alla l. n. 241/1990, in Diritto processuale amministrativo,

(29)

di autotutela, ai sensi degli artt. 21-quinquies69 e 21-nonies70; una volta così formatosi il titolo edilizio della dichiarazione di inizio attività, l’intervento dell’amministrazione può essere giustificato soltanto nell’ambito di un procedimento di secondo grado di annullamento o revoca d’ufficio, ai sensi degli artt. 21-quinquies e 21-nonies della legge n. 241/1990, previo avviso di avvio di procedimento all’interessato e previa confutazione, ove ne sussistano i presupposti, delle ragioni dallo stesso eventualmente presentate nell’ambito della partecipazione al procedimento71.

Le decisioni sopra citate (Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 aprile 2007, n. 1550, e TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 2 ottobre 2007, n. 2253), hanno in comune il fatto di riferirsi alla dichiarazione di inizio attività c.d. “edilizia”.

Va precisato che la dottrina maggioritaria – ancor prima delle sentenze appena citate - era decisamente orientata a ritenere la 69 L’art. 21-quinquies, legge n. 241/1990, rubricato “revoca del provvedimento”, dispone: “Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere al loro indennizzo. Ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l’indennizzo liquidato dall’amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell’eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell’atto amministrativo oggetto di revoca all’interesse pubblico, sia dell’eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all’erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l’interesse pubblico”.

70 L’art. 21-nonies, legge n. 241/1990, rubricato “annullamento d’ufficio”, dispone: “Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’articolo 21-octies può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. È fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole”.

71 Vedi TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 2 ottobre 2007, n. 2253, in Diritto

(30)

dichiarazione di inizio attività c.d. “edilizia” (ex artt. 22 e ss., D.P.R. n. 380/2001, c.d. Testo Unico dell’edilizia) come un modello autonomo e distinto rispetto al generale modello delineato dall’art. 19 della legge n. 241/1990.

Veniva, infatti, rilevato che la dichiarazione di inizio attività c.d. “edilizia”, a differenza di quella prevista dall’art. 19 della legge n. 241/1990, fosse idonea a trasformarsi in un vero e proprio titolo autorizzatorio; in particolare, tale titolo verrebbe ad esistenza o dal momento della presentazione della dichiarazione o, al più tardi, con la scadenza del termine sospensivo dell’attività72.

Va precisato che le riforme intervenute con il decreto legge n. 35/2005 hanno avvicinato il regime “generale” della dichiarazione di inizio attività allo statuto, per così dire, “speciale” delineato dal Testo Unico dell’edilizia; nello specifico, l’art. 19 della legge n. 241/1990 (così come novellato dal decreto legge n. 35/2005) prevedeva, infatti, che l’amministrazione potesse avvalersi, dopo lo scadere del termine stabilito per il controllo sulla dichiarazione dell’interessato, degli stessi poteri di annullamento d’ufficio previsti dal D.P.R. n. 380/200173.

Secondo la corrente dottrinaria sostenitrice, invece, della concezione c.d. “privatistica”, l’istituto della dichiarazione di inizio attività deve essere considerato come un atto del privato cittadino in quanto la Pubblica Amministrazione non emette alcun provvedimento, neanche tacito74.

72 Vedi A. BIANCHI, La denuncia di inizio attività in materia edilizia. Profili

ricostruttivi dell’istituto con particolare riferimento alla tutela giurisdizionale del terzo, in Rivista giuridica dell’edilizia, 1998, II, pp. 147 e ss.

73 Vedi F. GAFFURI, I ripensamenti giurisprudenziali in merito alla questione

relativa alla natura della denuncia di inizio attività e alla tutela del terzo controinteressato dopo le riforme del 2005 alla l. n. 241/1990, op. cit., pag.

(31)

Ne consegue, pertanto, che non può essere applicata la normativa sul silenzio assenso, a causa della diversità sostanziale tra tale fattispecie e quella della dichiarazione di inizio attività75.

Senza dubbio, prima del già citato intervento “chiarificatore” dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (con la sentenza 29 luglio 2011, n. 15)76, una tappa importante e strategica sulla strada del riconoscimento (o, più correttamente, dell’affermazione) della natura “privatistica” della dichiarazione di inizio attività si è avuta con la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 717.

In tale intervento - tralasciando, per il momento, la soluzione offerta in relazione ai rimedi esperibili dal terzo (che costituiranno oggetto di approfondimento nel quinto Paragrafo del successivo Capitolo III) - è stato ribadito che la dichiarazione di inizio attività è un atto di un “soggetto privato” e non di una Pubblica Amministrazione, che ne è, invece, destinaria, e non costituisce, pertanto, esplicazione di una potestà pubblicistica; l’attività dell’amministrazione sarebbe quindi limitata alla verifica della sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti, e tale verifica, a differenza di quanto accade nel regime a previo atto amministrativo, non è finalizzata all’emanazione dell’atto amministrativo di consenso all’esercizio dell’attività, ma al controllo, privo di discrezionalità, della corrispondenza di quanto dichiarato dall’interessato rispetto ai requisiti stabiliti dalla normativa applicabile77.

74 Vedi M.G. VIVARELLI, Sulla natura della dichiarazione di inizio attività, op.

cit., pag. 75.

75 Vedi A. TRAVI, Silenzio-assenso, denuncia di inizio di attività e tutela dei terzi

controinteressati, in Diritto processuale amministrativo, 2002, pp. 16-28.

76 Vedi supra Premessa, pag. 3.

77 Vedi Consiglio di Stato, sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 717, con nota a commento

(32)

Secondo tale ricostruzione emergerebbe già dalla formulazione “letterale” dell’art. 19, legge n. 241/1990, come la dichiarazione di inizio attività sia stata, per espressa scelta legislativa, nettamente contrapposta al provvedimento amministrativo; è, infatti, prevista proprio la “sostituzione” con una dichiarazione del privato di ogni autorizzazione comunque denominata (il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento dei requisiti o presupposti di legge o di atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione per il rilascio).

Già dal dato normativo emerge, pertanto, che la caratteristica principale (nonché novità vera) dell’istituto in esame è rappresentata dalla sostituzione dei tradizionali modelli procedimentali in tema di autorizzazione con uno schema diverso, ispirato, invece, alla liberalizzazione delle attività economiche private (risultando, così, non più necessaria, per l’esercizio delle stesse, l’emanazione di un titolo provvedimentale di legittimazione).

Con la dichiarazione di inizio attività la legittimazione del privato all’esercizio dell’attività non è più fondata sull’atto di consenso della Pubblica Amministrazione, secondo il consueto schema “norma-potere-effetto”, ma si ha, invece, una legittimazione che avviene ex lege, secondo il diverso schema “norma-fatto-effetto”, in forza del quale il soggetto è abilitato allo svolgimento dell’attività direttamente dalla legge, la quale disciplina l’esercizio del diritto eliminando l’intermediazione del potere autorizzatorio della Pubblica Amministrazione.

In altre parole, con la dichiarazione di inizio attività, al principio autoritativo si sostituisce il principio dell’autoresponsabilità

(33)

dell’amministrato, che è così legittimato ad agire, in via autonoma, valutando l’esistenza dei presupposti richiesti dalla normativa in vigore78.

In un successivo intervento, è stato ribadito che la dichiarazione di inizio attività non ha natura provvedimentale, trattandosi di un atto privato, e non è, pertanto, ad essa pertinente un’azione di annullamento, potendo la stessa semplicemente costituire presupposto per l’attivazione dei poteri inibitori dell’amministrazione, eventualmente stimolati da altri soggetti privati che si ritengano lesi dall’opera denunciata; né può attribuirsi carattere provvedimentale, onde ammettere che essa possa formare oggetto di ricorso giurisdizionale, alla mera inerzia mantenuta dall’amministrazione a seguito del ricevimento della dichiarazione di inizio attività, che rileva quale puro fatto79.

In chiusura di argomento, è possibile notare come una fondamentale differenza tra la concezione “pubblicistica” e la concezione “privatistica” della dichiarazione di inizio attività è rappresentata dal diverso grado di tutela offerto al terzo.

Infatti, per i sostenitori della concezione c.d. “pubblicistica”, si è in presenza di un provvedimento amministrativo, sia pure “silenzioso”, ed al terzo è concesso di tutelarsi impugnando il provvedimento di fronte al TAR.

Per i sostenitori della concezione c.d. “privatistica” della dichiarazione di inizio attività, non è, invece, presente alcun provvedimento amministrativo, ed il terzo, dovendosi tutelare dalle conseguenze derivanti dalla mancata attivazione del potere inibitorio 78 In linea con tale ricostruzione si pongono le seguenti decisioni: TAR Liguria, Sez. II, 9 gennaio 2009, n. 43; TAR Puglia, Lecce, Sez. III, n. 164/2008; TAR Sardegna, Sez. II, 6 ottobre 2008, n. 1822.

79 Vedi TAR Toscana, sez. III, 8 aprile 2011, n. 656, in http://www.giustizia-amministrativa.it

Riferimenti

Documenti correlati

Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste

Le famiglie che mantengono l'anziano, certificato non autosufficiente, nel proprio ambiente e gli garantiscono direttamente o avvalendosi dell'intervento di persone non

adempimenti «digitali» e controlli uniformi basati sulla gestione automatizzata del rischio in ogni punto dell’UE..  Quadro regolamentare CODICE DOGANALE

Personale coinvolto nel rilascio delle autorizzazioni per le attività di impresa e a tutti gli interessati alla tematica trattata. 10:00 - Accoglienza e apertura

17-bis della legge 241/1990 non si applica quando l’atto di assenso sia chiesto da un altro ente non nel proprio interesse ma nell’interesse del privato (destinatario

Le Parti dichiarano di essere munite di idonea polizza assicurativa a copertura, per tutto il periodo del presente Accordo, della responsabilità civile verso terzi ed a copertura

(comma così modificato dall'art. Le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, regolano le materie disciplinate dalla presente legge nel rispetto del

Invece, espandendo la propria vigilanza fino alla verifica dell’efficacia dell’azione intrapresa rispetto all’obiettivo, e, soprattutto, della inesistenza di