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AMOR FATI

Forma Urbis Sagunti

BARILE BEATRICE BERTASINI ARIANNA D’ONOFRIO LAURA 874220 874681 874569 POLITECNICO DI MILANO

SCUOLA DI ARCHITETTURA URBANISTICA E INGEGNERIA DELLE COSTRUZIONI LAUREA MAGISTRALE IN ARCHITETTURA - INTERNI

ANNO ACCADEMICO 2018-19

RELATORE - prof. VALERIO TOLVE

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Indice

Sagunto romana

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CONFRONTO CON ALTRE CITTÀ ROMANE 10

LA VIA AUGUSTA, IL PONTE ROMANO, GLI ACCESSI ALLA CITTÀ 18

L’INFRASTRUTTURA IDRICA 22 LE NECROPOLI 24 I TEMPLI 26 L’ANFITEATRO 30 IL CIRCO 32 IL CASTELLO 34 IL FORO ROMANO 38 IL TEATRO ROMANO 42 GRAU VELL 46

Sagunto contemporanea

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TEATRO ROMANO 50

MUSEO ARCHEOLOGICO E RESTAURO DEL FORO ROMANO 56

ALTRI INTERVENTI 60

Le vite

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Progetto 69

INTERVENTO SULLE ARCHEOLOGIE 70

IL PONTE ABITATO 74

Elaborati

79

BIBLIOGRAFIA 114

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L

a città contemporanea è data da una serie di stratificazioni che rivelano le diverse

identità che essa ha assunto durante i secoli. Queste identità concorrono alla creazione dell’unità contemporanea, come una serie di frammenti che non possono essere letti separatamente gli uni dagli altri. Alcuni frammenti, in particolar modo quelli di più recente costruzione, sono evidenti e di immediata lettura, mentre altri, tra i quali si possono annoverare sia le vestigia archeologiche sia i piani urbani, sono parzialmente celati e rivelati solo dopo un’attenta osservazione. I frammenti non immediati concorrono all’identità urbana tanto quanto quelli più evidenti, la loro azione è però più sileziosa, influenzano forme e tracciati senza manifestare la propria presenza. Di questi l’architetto si deve occupare, deve conoscerli e farli affiorare nuovamente nella sintassi urbana, perchè questi vengano compresi per quanto significano.

Angelo Torricelli, a proposito dell’intervento sul patrimonio archeologico, scrive:

il progetto non si fonda, in definitiva, sull’idea della continuità con la storia come processo

‘naturale’ in svolgimento. Ma, per contro, sull’idea del progetto come sintesi interpretativa di progetti.”1

Il progetto di architettura dunque non può ignorare le stratificazioni, sia fisiche sia logiche, intorno a cui si trova ad operare. I disegni urbani che si sono succeduti definendo l’aspetto della città contemporanea devono essere letti con attenzione e presi come uno dei fondamenti del progetto, non trascurabili in quanto agenti sulla città ad un livello che si potrebbe definire incoscio.

Ci si confronta dunque con quelle che sono forme virtuali, vive solo nella razionalità, denunciandone la perdita senza ripristinarle come forme fisiche. Le tracce rimaste di queste forme devono farsi sufficienti, con l’aiuto del progetto, ad evocare il significato del disegno che le ha generate.

1 Torricelli A., Archeologia, città, museo. Atene come inizio, in Ferro L. (a cura di), Studi e progetti per Atene archeologica, Araba Fenice, Boves, 2006

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7

Aspirare ad una ricostruzione tout court delle forme e dei caratteri architettonici

può apparire come la via più diretta all’evocazione, tale via rischia però di attribuire alle forme significati che non vi appartengono, per l’inevitabile incompletezza dei dati. La rovina rimane unica testimone della verità, mentre il progetto si fa veicolo per una trasmissione più diretta del messaggio di cui essa è portatrice.

Riallacciare il rapporto con l’archeologia significa così, per il progetto di architettura, non

limitarsi a presentare se stesso ma, al contrario, farsi protagonista di un’azione sovversiva. [...] Il progetto è un processo di destabilizzazione: estrae gli oggetti per strati, li decontestualizza per comprenderli e studiarli a fondo e, infine, li restituisce carichi di nuovi significati. Così l’immanenza dell’antico viene incorporata nella realtà del progetto, o meglio in quell’ambito del possibile che il

progetto definisce.”2

Questi sono i principi teorici a mezzo dei quali abbiamo deciso di confrontarci con la complessa stratificiazione della città di Sagunto. Lo studio della città, e delle sue forme virtuali passate, è stato punto di partenza obbligato. L’analisi delle tracce, delle fonti scritte e del lavoro degli archeologi ci ha permesso di comprendere, anche se non nella sua perfezione, il sistema delle configurazioni urbane e delle relazioni tra gli elementi. Tali relazioni sono state assunte come fondamentali, in particolare quella esistente tra il Foro, il Teatro e il Ponte. Quets’ultimo era infatti il principale accesso alla città, chi giungesse da questa direzione non perdeva mai di vista, durante il proprio avvicinamento, la collina del Castello, che all’epoca si caratterizzava per una imponente scenografia, data dal Teatro e dagli edifici del Foro. La collina è dunque il simbolo del potere e del prestigio della città, nucleo della vita pubblica, mentre il Ponte è un artificio, un mezzo per esprimere al massimo queste qualità.

Obiettivo del progetto è dunque quello di far affiorare nuovamente questa monumentale scenografia, attraverso segni precisi e studiati, e di restituire alla città l’infrastruttura del Ponte, concepito come elemento di comunicazione tra due parti e nuova porta di accesso. Si coglie inoltre l’occasione per insediare ambienti a vocazione museale, per la collocazione dei reperti, e altri sostegno dei lavori archeologici.

Il progetto si configura, in sostanza, come l’azione preliminare, e in un certo senso anche necessaria, di un intervento ben più ampio, che vada ad integrare il patrimonio archeologico diffuso della città in un unico sistema, permettendone una lettura integrale e coerente.

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A

partire dai primi insediamenti iberici nella zona, Arse-Sagunto ha potuto beneficiare di una occupazione quasi ininterrotta, grazie alla sua posizione strategica, vicina alla costa e a uno dei maggiori tracciati viari che attraversavano la penisola iberica: la Via Augusta.1 Questo ha però reso difficile la comprensione della struttura della città antica, poiché i resti sono spesso interessati da costruzioni ulteriori, quando non impiegati in costruzioni del tutto diverse.

Infatti, nonostante Sagunto sia stata sottoposta ad un processo di romanizzazione totale dopo la Seconda Guerra Punica, è quasi impossibile ricostruire la Forma Urbis

per il susseguirsi di eventi distruttivi, avvenuti soprattutto nell’età moderna. Ciò che ha più recato danno al patrimonio archeologico, oltre a eventi storici come la guerra o l’intenso sviluppo economico del XIX secolo, è stata la forte speculazione edilizia che ha interessato Sagunto tra il 1960 e il 19802. La scomparsa del Circo, che era stato visibile nella sua quasi totalità fino agli anni ’703, è grande testimonianza di questo processo distruttivo. I resti della costruzione sono stati eliminati per consentire la creazione dell’attuale Avenida del Pais de Valencia. A subire gli effetti di questo ampliamento della città è stata anche la zona della Moreria, dove plausibilmente si trovavano i resti di un anfiteatro andati forse totalmente perduti.

L’insediamento romano originario è quello di età repubblicana, del quale permangono poche tracce, poi modificato nell’ambito del grande rinnovamento di epoca imperiale, sotto Augusto. Il modello urbanistico, ovvero quello a gradoni su un pendio, richiama quello di Tarraco, capitale della provincia4. La città romana si estendeva dall’altura del Castello verso il Rio Plancia, con un’ulteriore articolazione costituita dal porto, nella zona del Grau Vell, una delle maggiori fonti di ricchezza della città.

Il Foro, fulcro delle attività politiche e amministrative delle città romane, è posto nel punto più alto dell’Urbe, ovvero sulla collina del Castello, che già presentava

costruzioni di epoca iberica. Sulla medesima collina si ergeva il Teatro romano, apprezzabile ancora oggi grazie a un intervento di restauro, che completava la suggestiva scenografia monumentale, visibile praticamente da ogni punto della città bassa. Il distretto monumentale che comprendeva il Circo e l’Anfiteatro si estendeva al di fuori delle mura repubblicane ed è stato frutto della riforma urbana di epoca imperiale.

Ciò che resta permette di delineare un’immagine parziale, ma non per questo poco fedele, delle principali infrastrutture della città in epoca romana.

1 Arenegui Gasco C., Sagunto: Oppidum, emporio y municipio romano, Barcelona, Bellaterra, 2004

2 Melchor, J. M., Dos siglos de destrucción de patrimonio histórico de sagunto (1807–2007), in “ARSE”, 2007

3 Aa. Vv., Guía de los monumentos romanos y del castillo de Sagunto, Valencia, Generalitat Valenciana, 1989

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È

forse possibile parlare di ‘modello urbanistico romano’ a partire dall’esperienza

del colonialismo, prima circoscritta alla penisola italica, poi estesa anche al resto del continente europeo e alla penisola iberica.

Paolo Sommella, a tal proposito, scrive “la città come punto focale delle attività politico-amministrative anche di comprensorio, diviene nella fase espansionistica romana un riferimento obbligato: in questa sede si fondono concetti innovativi, portati dai cambiamenti istituzionali e traducibili in modelli progettuali e in forme urbane spesso codificabili perché tipologicamente generalizzate, con situazioni sia insediative che culturali derivanti dalle stratificazioni politiche

ed economiche precedenti la conquista romana.”1

Con la colonizzazione, dunque, il nuovo impianto opera una ‘razionalizzazione formale’ sugli insediamenti esistenti, senza cancellarli. Le forme urbane, poiché ‘tipologicamente generalizzate’ vengono ripetute simili in contesti simili,

permettendo di formulare ipotesi, per comparazione, sulla Forma Urbis di Sagunto.

Sagunto infatti non fu una città di fondazione romana: l’insediamento di epoca iberica non fu distrutto ma, come in altre circostanze, subì un processo di romanizzazione in seguito alla Seconda Guerra Punica.

L’insediamento originario si concentrava ammuragliato, sull’altura, a commento

di tale casistica Sommella scrive che “la codificazione urbana romana si traduce

nell’inglobamento della collina nella sua interezza, non certo per un totale uso abitativo o comunque per un urbanizzazione integrale dell’area intramuranea, ma quasi sempre per ottemperare a criteri di strategia passiva e difendere con l’inclusione delle cime collinari le zone edificabili meno costrette dell’orografia, spesso dislocate nell’area inferiore delle pendici.” In accordo con tali osservazioni

di carattere generale, l’Urbe repubblicana pose il proprio centro nevralgico, il Foro,

in uno dei punti più elevati dell’altura (come esorta anche Vitruvio) protetto da mura, mentre l’edificato si sviluppò tra questa e il Rio Palancia.

La città di Cori, presenta un’orografia simile a quella dell’originario nucleo

1 Sommella P., Urbanistica romana, in Italia Antica, Roma, Jouvence, 1988

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Mediolanum

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ibero-romano di Sagunto. L’altura è protetta dalle cosiddette Mura Ciclopiche, che evidentemente derivano da un “piano regolatore generale, inteso contemporaneamente ai fini della più efficace difesa e della migliore sistemazione edilizia.”2 All’interno delle mura la città si sviluppa su diversi terrazzamenti,

il maggiore per dimensioni di questi doveva ospitare il Foro, oltre al Tempio di Castore e Polluce.

Simile a quello di Sagunto fu il destino del centro gallico di Mediolanium, conquistato

nel 222 a.C. dalle legioni dei consoli Gneo Cornelio Scipione e Marco Claudio Marcello. È probabile che il territorio sia stato organizzato secondo la centuriatio -partizione agraria che, orientata sullo scorrere dei fiumi, topograficamente e socialmente imponeva una regola e una distribuzione. L’impianto più tipico delle città romane è quello a quadrilatero, con i vertici orientati lungo i punti cardinali.

Il nuovo piano regolatore di Mediolanum si giustappose all’impianto precedente,

orientato in senso Nord-Sud, collegandovisi organicamente. Il perimetro della città

è fortemente smussato a occidente, lungo il lato dove scorreva il piccolo Seveso3.

Dagli scavi effettuati poco è possibile dire dell’orientamento della centuriazione di Sagunto. Possiamo supporre che la città bassa fosse organizzata intorno a un asse principale Est-Ovest, coincidente circa con l’attuale Carrer Camì Real, e a più assi Nord-Sud, tra cui la Via Porticata, rinvenuta nella zona della Moreria, e l’attuale Carrer del Remei, che proveniva dal Ponte romano. È possibile dunque supporre che esistessero due maglie accostate, con orientamenti diversi: l’una su cui si innestano il Circo e il vicino edificio monumentale, l’altra che seguiva l’orientamento della Via Porticata.

Dal confronto con Mediolanum emerge inoltre che sia plausibile l’ipotesi che esistesse

un complesso palatino-monumentale nelle vicinanze del Circo, comprensivo del

mausoleo della Gens Sergia. Altre analogie riscontrabili tra Mediolanum e Saguntum

sono la presenza di una Via Porticata che consentiva l’accesso alla città direttamente dalle mura e la possibile presenza di un Anfiteatro.

Un’altra città a cui possiamo fare riferimento per comprendere maggiormente la possibile urbanistica di Sagunto è Costantinopoli. Si tenga presente che il caso di

Costantinopoli presenta degli aspetti unici: essa venne pianificata come Großstadt,

ovvero impostata su una scala vastissima. Ciò nonostante essa, come Sagunto, sorge in punto nodale per le comunicazioni via terra e via mare, strettamente connessa all’infrastruttura portuale del Bosforo. Come sede per la nuova capitale d’Oriente Costantino scelse un sito modellato da un certo numero di colli, che si prestava facilmente alla difesa. Anche a Costantinopoli il Foro occupava la sommità di uno dei colli, era posto ad un’altezza addirittura maggiore del Palazzo. L’accesso al distretto monumentale, che conteneva il palazzo costantiniano, era mediato dalla

Via Regia: una strada porticata a doppio ordine4.

2 Vittucci P., Cori, in Quaderni Ist. Topografia Antica Univ. Roma, Roma, 1966

3 Krautheimer R., Tre capitali cristiane. Topografia e politica, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1987

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Cori

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550 a.c

II secolo d.c

Prima occupazione del Castello di Sagunto

Inizio attività del porto romano di Grau Vell

Costruzione delle mura iberiche

Seconda guerra punica Costruzione del Tempio Capitolino Sagunto diventa civitas foederata Età di Augusto Imperatore. Realizzazione della Via Augusta

Costruzione del Foro Municipale Età di Tiberio.

Costruzione del Teatro Romano

Costruzione del Circo Romano

Espansione monumentale: Strada Est

Via Porticata Anfiteatro di Sagunto Mausoleo deli Sergii

Realizzazione del Tempio e della Domus della Moreria

Strada per Grau V ell Strada per Grau V

ell Via A ugusta Via A ugusta Strada Est 525 - 475 a.c. 375 - 350 a.c. 218 a.c. 200 - 175 a.c. 56 a.c. 27 - 14 a.c. 10 a.c. - 10 d.c. 14 - 37 d.c. 100 - 130 d.c. 150 - 200 d.c. 250 d.c. I secolo d.c I secolo a.c Strada per il F oro

Forma Urbis Sagunti

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550 a.c

II secolo d.c

Prima occupazione del Castello di Sagunto Inizio attività del porto romano di Grau Vell

Costruzione delle mura iberiche

Seconda Guerra Punica Costruzione del Tempio Capitolino Sagunto diventa civitas foederata Età di Augusto Imperatore. Realizzazione della Via Augusta

Costruzione del Foro Municipale Età di Tiberio.

Costruzione del Teatro Romano Costruzione del Circo Romano

Espansione monumentale: Strada Est Via Porticata Anfiteatro di Sagunto Mausoleo deli Sergii

Realizzazione del Tempio e della Domus della Moreria 525 - 475 a.c. 375 - 350 a.c. 218 a.c. 200 - 175 a.c. 56 a.c. 27 - 14 a.c. 10 a.c. - 10 d.c. 14 - 37 d.c. 100 - 130 d.c. 150 - 200 d.c. 250 d.c. I secolo d.c I secolo a.c

Forma Urbis Sagunti

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550 a.c

II secolo d.c

Prima occupazione del Castello di Sagunto

Inizio attività del porto romano di Grau Vell

Costruzione delle mura iberiche

Seconda guerra punica Costruzione del Tempio Capitolino Sagunto diventa civitas foederata Età di Augusto Imperatore. Realizzazione della Via Augusta

Costruzione del Foro Municipale Età di Tiberio.

Costruzione del Teatro Romano

Costruzione del Circo Romano

Espansione monumentale: Strada Est

Via Porticata Anfiteatro di Sagunto Mausoleo deli Sergii

Realizzazione del Tempio e della Domus della Moreria

Strada per Grau V ell Strada per Grau V

ell Via A ugusta Via A ugusta Strada Est 525 - 475 a.c. 375 - 350 a.c. 218 a.c. 200 - 175 a.c. 56 a.c. 27 - 14 a.c. 10 a.c. - 10 d.c. 14 - 37 d.c. 100 - 130 d.c. 150 - 200 d.c. 250 d.c. I secolo d.c I secolo a.c Strada per il F oro

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Forma Urbis Sagunti

Restituzione della Forma Urbis

550 a.c

II secolo d.c

Prima occupazione del Castello di Sagunto

Inizio attività del porto romano di Grau Vell

Costruzione delle mura iberiche

Seconda guerra punica Costruzione del Tempio Capitolino Sagunto diventa civitas foederata Età di Augusto Imperatore. Realizzazione della Via Augusta

Costruzione del Foro Municipale Età di Tiberio.

Costruzione del Teatro Romano

Costruzione del Circo Romano

Espansione monumentale: Strada Est

Via Porticata Anfiteatro di Sagunto Mausoleo deli Sergii

Realizzazione del Tempio e della Domus della Moreria

Strada per Grau V ell Strada per Grau V

ell Via A ugusta Via A ugusta Strada Est 525 - 475 a.c. 375 - 350 a.c. 218 a.c. 200 - 175 a.c. 56 a.c. 27 - 14 a.c. 10 a.c. - 10 d.c. 14 - 37 d.c. 100 - 130 d.c. 150 - 200 d.c. 250 d.c. I secolo d.c I secolo a.c Strada per il F oro

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LA VIA AUGUSTA, IL PONTE ROMANO,

GLI ACCESSI ALLA CITTÀ

L

a Via Augusta rappresentava uno degli assi principali dell’infrastruttura

viabilistica romana in Spagna e collegava Roma con Cadiz. In questo tracciato -che ricalca in gran parte l’attuale strada N34- Sagunto rappresentava un punto importante di collegamento tra il Nord e il Sud della penisola e un’intersezione con la rete marittima.

In prossimità di Sagunto è possibile che la Via Augusta si avvicinasse al tracciato dell’attuale ferrovia, cingendo il fianco orientale della città. L’accesso alla città romana da questo lato doveva avvenire in corrispondenza di Plaza de la Antigua Moreria, dove recenti scavi hanno rivelato la presenza di un arco monumentale -identificabile con l’antica Puerta Ferrisa- e di una Via Porticata1, cardo maximus della

città imperiale, che si sviluppa in direzione N-S. Il tratto ritrovato, largo 5,5 metri e lungo 70 metri, è delimitato su entrambu

i i lati da sedici pilastri che sostenevano un portico. Un simile sistema di accesso

è stato riscontrato a Mediolanum in corrispondenza della Porta Romana, mentre a

Pompeiopolis una strada porticata congiungeva la città con il porto.2 Sagunto, forse solo

durante l’epoca repubblicana, disponeva di un ulteriore accesso in corrispondenza dell’attuale Calle Remedio, collegata alla sponda settentrionale del Rio Palancia da un ponte, di cui oggi rimangono solo alcune tracce di quattro delle pile che lo sorreggevano. Verso la città la costruzione è andata completamente perduta. È ipotizzabile, date le dimensioni dei piloni, che il passaggio non fosse molto ampio: circa 4,1-4,2 metri, a cui vanno sottratti i parapetti e, se presenti, le piattaforme per i pedoni.

Tale accesso, in asse con Carrer Vell del Castell, permetteva a chi stesse

1 Aa. Vv., A new impression of the roman city of Saguntum (Spain), based on recent findings, in “Archeologia Classica Vol. LXIX - n.s. II, 8”, Roma, 2018

2 Krautheimer R., Tre capitali cristiane. Topografia e politica, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1987

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sopraggiungendo alla città di vedere insieme il Teatro e il complesso del Foro,

costruendo un effetto monumentale articolato su diverse terrazze3.

Questo sistema di accesso verrà messo in crisi nel II secolo con la costruzione del Circo. Esso andrà ad interrompere la continuità del percorso, pertanto è possibile che il Ponte, all’epoca, non fosse più utilizzato o già distrutto.

È possibile che il Rio Palancia fosse attraversato da numerosi ponti, tuttavia gli studi svolti in merito sono ancora scarsi. I maggiori dubbi a questo proposito sono destati dal collegamento indiretto con la Via Augusta.

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Vista di Murviedro

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ecenti studi condotti da Manuel Civera1 sulla base degli ultimi scavi, delle

interpretazioni delle fonti scritte antiche (Tito Livio, Escolano, Laborde), ipotizzano l’esistenza a Sagunto di tre diversi acquedotti costruiti in epoche diverse, corrispondenti alle principali fasi di sviluppo della città (repubblicana, augustea e flavio-traianea) e correlabili all’aumento del bisogno d’acqua di una città in continua espansione.

Il primo acquedotto realizzato risale all’epoca iberica (II secolo a.C.), quando l’insediamento era concentrato sul versante Nord dell’altura del Castello.

Non è possibile ricostruire l’intero percorso di questo acquedotto, poiché già nel

1348, durante le Guerras de la Union, esso non era più in funzione.2 L’inutilizzo

di questa infrastruttura ha portato alla sua rapida scomparsa, tanto che ad oggi se ne apprezzano solo brevi tratti. I primi resti si trovano ad Ovest, fuori dai limiti

della città, nelle vicinanze della partida de Figueroles; si tratta di un muro in opus

caementicium lungo circa 50 metri, largo 1,30 e alto 1,90.

Un’altra porzione, un muro in opus caementicium di 30 metri, è visibile ai piedi del versante Nord di una piccola altura che precede la collina del Castello, denominata Altura di Annibale. Altre porzioni di tale costruzione erano visibili nel barrio de Las Balsas o ‘Clot del Moro’. L’acquedotto, secondo quanto riportato dal cronista Escolano nel 1660, proseguiva con un ponticello lungo cento passi, per poi curvare seguendo l’orografia dell’altura e identificarsi col tracciato de la carretera Sagunto-Gilet. Ogni traccia dell’acquedotto all’interno dell’abitato è andata perduta; il cronista Chabret riporta però, nel 1888, che alcuni tratti erano visibili in calle Dos de Mayo e calle Acueducto e sotto la torre delle mura medievali.

Pur non potendo determinare con precisione dove iniziasse e dove finisse l’acquedotto, è possibile affermare con certezza che esso prendesse acqua dal Rio

1 Civera i Gomez M., Els Aqueductes de la ciutat de Saguntum, in “Arse”, n.42

2 D. Pedro IV, in Cronica, riporta che la città all’epoca si riforniva di acqua tramite cisterne.

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Palancia, piuttosto che dal Tuejar, come sostenuto da Beuter. Tale ipotesi infatti comporta che l’acquedotto superasse la cordigliera che separa il Rio de Valencia da quello di Sagunto.

Concluso l’assedio di Cartagine, è possibile che i romani abbiano ricostruito l’acquedotto iberico e abbiano iniziato la costruzione di una seconda linea idrica per servire la parte bassa della città. Alla fine del I secolo d.C., l’aumento demografico

dovuto alla Pax Romana portò alla trasformazione della zona inframuraria da agricola

a urbana. Questo nuovo acquedotto, databile intorno al I secolo d.C., terminava nel castellum aquae identificato nel cosiddetto Muro del Tempio di Diana.

La città si espanse ulteriormente oltre le mura con la realizzazione di un distretto monumentale che comprendeva il Circo, l’Anfiteatro e vari templi, tutti serviti da un terzo acquedotto. Le informazioni archeologiche di questa porzione della città sono scarse ma l’impianto suggerisce, secondo Manuel Civera, la presenza in prossimità dell’acquedotto di un complesso termale completo di palestra e ninfeo.

I percorsi degli acquedotti ad oggi non possono essere ricostruiti con precisione, non è nemmeno possibile datarli con maggiore certezza o determinare quali tratti della costruzione e delle tubature furono reimpiegate nei secoli successivi.

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LE NECROPOLI

L

e necropoli sono di fondamentale importanza per delineare i limiti degli

insediamenti romani, perché la loro posizione era regolamentata dalla legislatura. Molto spesso erano poste nelle vicinanze delle principali vie di comunicazione.

Per esempio, per la fondazione della colonia di Ursone, nel sud della Spagna, nel

44 a.C. venne varata la Lex Ursonenis, la quale prevedeva che non fosse possibile

seppellire cadaveri all’interno del recinto e nemmeno erigere monumenti funerari. Specifica inoltre che i crematori dovessero essere costruiti ad almeno 500 passi dalla città.

A Sagunto i ritrovamenti suggeriscono che la maggiore necropoli si trovasse a est, tra l’attuale stazione ferroviaria e la carrettera Barcelona-Valencia. Essa seguiva la Via Augusta in direzione N-O. Gran parte di quest’area venne distrutta o sotterrata con la costruzione della linea ferrata, per la quale fu permesso dal Ministero della Guerra di utilizzare anche resti archeologici di spoliazione1. Questo ha inevitabilmente

portato alla perdita di inestimabili manufatti. Ciò che sappiamo lo dobbiamo alle cronache di Chabret.

Altri resti funerari furono ritrovati lungo il Camì Real e marcano il limite settentrionale della città romana.

Apparentemente, visti i ritrovamenti, anche la collina del Castello nella porzione orientale era interessata da un’area cimiteriale.

Uno dei più importanti monumenti funerari di cui abbiamo notizia è quello della Gens Sergia, posto davanti alla porta meridionale del circo. Da Mariangelo Accursio, viaggiatore italiano del XVI secolo, sappiamo che era posto sull’asse di simmetria

di una piazza porticata e templiforme2, con dimensioni simili a quelle dell’edificio

1 Melchor, J. M., Dos siglos de destrucción de patrimonio histórico de Sagunto (1807–2007), in “ARSE”, 2007

2 Melchor, J. M., Estructura urbana en el Saguntum imperial: 10 anos de una nueva perspectiva (2004-2014), in “Bracal”, n. 51-52, 2015

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del Foro di Caesaraugusta. L’edificio è stato distrutto fino alle fondamenta in epoca medievale. Questo monumento marcherebbe il limite dello sviluppo urbano alla fine

del I-II secolo d.C3. Data la sua prossimità al Circo è possibile che questo sistema

monumentale abbia fatto parte, almeno per un certo periodo, di un complesso più

ampio, analogo a quello del Palazzo Imperiale di Mediolanum.

3 Melchor, J. M., Benedito Nuez J., El edificio monumental romano del solar de Quevedo, in “Bracal”, n. 31-32, 2005

Mausoleo dei Sergii

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I TEMPLI

R

esti appartenenti con tutta certezza a due templi sono stati ritrovati nella piazza

del Foro e nella zona della Moreria, tuttavia non sono presenti iscrizioni che li colleghino con sufficiente precisione ad una specifica divinità.

Tempio de la Moreria

Non è ancora stato completamente riportato alla luce poiché insistono sull’area

alcuni edifici. Ciò che si può ricavare è che esso fosse posto su un podium e che

la facciata a est misurasse 8,47 metri. I dati non consento la ricostruzione degli alzati. Sotto le fondazioni del tempio sono stati ritrovati monumenti funerari.

Quando l’area nel III secolo d.C. venne interessata dalla costruzione di due insulae,

la necropoli e il tempio vennero distrutti e coperti dal nuovo settore residenziale1.

Tempio del Foro

L’edificio, denominato Tempio, è posto sul lato settentrionale del Foro. La tripartizione interna in stanze e lo spessore delle murature (fino a 1,70 metri) portano a pensare che fosse una costruzione di grande importanza. Antecedente al Foro, fu integrato nella nuova costruzione, il cui asse N-S passa per questo edificio. Si innesta

su un alto podio e presenta un pronao tetrastilo di ordine tuscanico2.

Tempio di Venere

La presenza di un Tempio dedicato a Venere nei pressi della città di Sagunto è riportata da Polibio, che colloca l’accampamento degli Scipioni a 5 miglia da Sagunto nei presi di un Tempio di Venere Afrodite. Alexandre de Laborde, all’inizio del

1 Aa. Vv., Espacios publicos y espacios sacros de la excavacion del solar de la Moreria de Sagunto, in “XVIII CIAC: Centro y periferia en el mundo clásico”, Vol. II, 2014

2 Aranegui Gasco C., Un templo republicano en el centro civico saguntino, in “Templos romanos de Hispania, Cuardernos de arquitectura romana”, Vol. I, 1991

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Tempio della Moreria

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XIX secolo, a proposito dei resti di questo Tempio, scrive: “Attualmente si possono apprezzare chiaramente le fondazioni e i basamenti del colonnato del tempio

menzionato.3” Gli storici che si occuparono della sua localizzazione, come riporta

Chabret4, lo collocarono a Moncofar (Beuter), a Nules (Paelograma Naupolitaneo),

a villa del Puig (Escolano). Le rovine sono poste, secondo quanto riportato da Chabret, su un’altura al termine delle montagne che passano per Almenara, a circa un chilometro dal mare. Le dimensioni del tempio dovrebbero essere circa 60 metri di lunghezza per 40 di larghezza. L’accesso al pronao avveniva tramite una scalinata, all’interno un muro divideva la cella dall’adytum.5.

Tempio di Diana

La presenza di un Tempio dedicato a Diana nella città è confermata da numerosi fonti antiche e dalla scoperta di alcune epigrafi, tuttavia il dibattito sulla sua esatta posizione non ha ancora fornito una risposta certa. È possibile che la fondazione di questo Tempio risalga all’epoca della colonizzazione ellenica delle coste meridionali della Spagna. Plinio il Giovane lo poté vedere durante il suo viaggio nel Mediterraneo e lo indica nella parte bassa della città ‘infra oppidum’. Escolano è convinto che dovesse sorgere al posto del Convento della Trinità, altri storici come Beuter, Diago e il principe Pio lo situano alle spalle della Parroquia de Santa Maria, sulla base delle evidenze archeologiche. Recenti studi archeologici sono però propensi a definire il

muro, costituito da grandi blocchi di pietra, come un castellum aquae della rete idrica

della città6.

3 Laborde A., “Laborde A., Voyage pittoresque et historique de l’Espagne, P. Didot l’aîné, Paris, 1811

4 Chabret A., Sagunto. Su historia y sus monumentos, Barcelona, Tipografia de los sucesores de N. Ramirez Y C., 1888

5 Aa. Vv., Espacios publicos y espacios sacros de la excavacion del solar de la Moreria de Sagunto, op. cit.

6 Aa. Vv., Espacios publicos y espacios sacros de la excavacion del solar de la Moreria de Sagunto, op. cit.

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Tempio di Venere

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L’ANFITEATRO

L

o studio delle fotografie aeree dei bombardamenti del 1938 e le recenti operazioni

di scavo nella zona della Plaza de la Moreria, hanno sollevato l’ipotesi della presenza di un anfiteatro a Sagunto, posto a est del Circo.

La costruzione è citata da Enrique Palos (1804), il quale parla di una strada che passa tra l’Anfiteatro e il Circo. Poiché Chabret non fa riferimento a tale costruzione possiamo supporre che fosse già andata perduta prima del XIX secolo.

Tenendo come riferimento la pianta del 1811 di Laborde, è possibile collocare tale struttura in una porzione all’epoca occupata da orti nei pressi del ponte Ovest. Se queste supposizioni si rivelassero corrette si determinerebbe una zona a forte vocazione monumentale che doveva comprendere, oltre all’Anfiteatro, il Circo, un Tempio, edifici pubblici e quant’altro potrà emergere in seguito a ulteriori scavi archeologici.

Nell’ambito di questo studio, che si prefigge di proporre una logica e plausibile

ricostruzione della Forma Urbis, l’ingombro dell’Anfiteatro viene ipotizzato

procedendo per analogia e comparazione con altri esempi della tipologia, simili a quello di Sagunto per datazione e dimensioni, in particolare quello di Merida.

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Fotografia Aerea

Città di Sagunto, Ufficio Storico dell’Areonautica Italiana, 1937

Piano di Murviedro

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IL CIRCO

I

l Circo romano doveva occupare lo spazio compreso tra la calle de los Huertos e la

avenida de los Santos de Piedra. Della costruzione originaria rimane solo la Puerta Meridional, ma possiamo ipotizzare la sua pianta grazie alle dettagliate descrizioni

di Santiago Bru i Vidal risalenti al 1963. Il Circo, come riporta Olcina1, fino alla fine

degli anni ’70 era conservato nella sua quasi totalità. Questo monumento mancò completamente di tutela ministeriale e fu convertito in suolo edificabile alla fine degli anni ’60, quindi demolito.

Il perimetro era composto da due muri paralleli, distanti tra loro 3,4 metri e collegati da muri perpendicolari, a formare spazi rettangolari. È plausibile che al di sopra di questa struttura fossero poste le gradinate in legno. Nella terminazione semicircolare era situata

la Porta Triumphalias, andata perduta, mentre su uno dei lati lunghi si conserva ancora la

Puerta Meridional. Non abbiamo alcuna testimonianza delle carceres, che dovevano essere situate sul lato occidentale, già scomparse all’epoca di Chabret2.

Le dimensioni totali del Circo, secondo quest’ultimo, erano di 260 metri di lunghezza per 65 di larghezza, senza contare le gradinate. Secondo Bru i Vidal le dimensioni si avvicinerebbero a 340 metri di lunghezza per 73,40 di larghezza; scavi recenti hanno di fatto confermato tale ampiezza.

Si conservano le due metae, poste agli estremi della spina del circo. La spina è stata individuata durante gli scavi che hanno interessato l’area nel 2007 (Flors y Verdasco), insieme a una porzione del muro NO e delle fondazioni di un podio per sculture.

La costruzione del Circo può essere datata intorno alla metà del II secolo d.C., su un’area probabilmente già interessata da una necropoli e per questo al di fuori della città romana. La posizione tuttavia va a rompere lo schema urbanistico della città repubblicana, poiché si pone sull’asse di accesso alla città attraverso la via Augusta e il ponte romano che, con tutta probabilità, doveva già versare in stato di abbandono.

1 Aa. Vv., Guía de los monumentos romanos y del castillo de Sagunto, op. cit. 2 Chabret A., Sagunto. Su historia y sus monumentos, op.cit

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Pianta e sezione del Circo

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IL CASTELLO

L

a collina che segna il limite meridionale di Sagunto è dominata dal Castello:

una costruzione principalmente difensiva, composta attualmente da 8 recinti circondati da mura, che si sviluppa seguendo un asse Est-Ovest per circa 800 metri. L’impianto ha subito diverse modificazioni nel corso dei secoli, soprattutto perché la vocazione difensiva ha fatto sì che spesso le costruzioni venissero demolite e

i materiali reimpiegati per soddisfare le nuove esigenze1. Il ritrovamento di resti

appartenenti all’epoca iberica e romana sui versanti occidentale e meridionale spinge a supporre che i limiti della fortezza, così come ridisegnatati in epoca islamica, abbiano poco a che fare con quelli precedenti.

Il primo insediamento fu quello iberico, del quale permangono tracce sul versante meridionale e occidentale della collina. Secondo la ricostruzione di Carmen

Aranegui2, le mura ciclopiche di epoca iberica (IV a.C.) non seguirebbero lo stesso

tracciato di quelle apprezzabili oggi, ma comprenderebbero al loro interno la Plaza del Dos de Mayo, la Plaza de la Ciudadela, una porzione della Plaza de Estudiantes e della Plaza de San Fernando. Sul versante occidentale le mura seguono l’andamento della curva di livello 130 mslm, verso le Alture di Annibale.

L’urbanizzazione di epoca repubblicana ha comportato un significativo ampliamento delle aree costruite, includendo anche il settore Nord-Est (Tres Castellettes.) L’area urbanizzata raddoppia così da 8 ha a 15 ha, senza contare il porto e le necropoli. La collina era sormontata da due recinti: uno a ovest, dove si

sarebbe concentrato l’oppidum, e uno a est, con i primi edifici ufficiali di tipologia

romana.

Tra le guerre puniche, l’antico oppidum migliorò le sue difese e venne edificato un

ulteriore recinto, 400 metri più a Est del primo.

1 Melchor, J. M., Dos siglos de destrucción de patrimonio histórico de Sagunto (1807–2007), in “ARSE”, 2007

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Castello di Sagunto

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La Seconda Guerra Punica, inoltre, ha favorito l’ampliamento del perimetro della città, con la costruzione di un ulteriore settore nell’attuale Plaza de Armas, che si organizza intorno a un tempio a pianta tripartita. Furono costruiti importanti terrazzamenti, per superare i dislivelli, sui quali sorgevano numerosi edifici pubblici, andati perduti.

Di seguito vengono brevemente descritti i diversi recinti del Castello, soprattutto

in relazione alla presenza di tracce di insediamento iberico e romano.3

Plaza de Almenara

Nella cerchia di questo recinto sono ancora visibili porzioni delle mura medievali, dotate di merli e di cammino di ronda e completate da murature chiaramente moderne. I resti presenti sono scarsi: gli scavi operati intorno al 1920 hanno portato alla luce le fondazioni di alcuni edifici di epoca iberica, una cisterna romana rettangolare e altre costruzioni a pianta rettangolare. La stratificazione inferiore del muro di contenimento, a cui si sono poi aggiunte quella araba e quella moderna, è costruita a secco, con una tecnica tipicamente iberica ma utilizzata anche in epoca romana. Di questo muro sono apprezzabili ancora circa 13 metri. Alcuni locali, attualmente privi di copertura, furono costruiti in epoca moderna sopra la muraglia araba e sopra le fondazioni di quelle che potrebbero essere cisterne romane.

Plaza de Tres Castelletes

Di questo recinto sopravvive solo la muraglia Est, quella settentrionale venne distrutta durante le guerre d’indipendenza. I principali scavi vennero realizzati nel 1935, sotto la direzione di Gozalez Simancas, nell’ambito dei quali vennero scoperti resti di antichi edifici tra cui due cisterne romane. Il recinto inoltre ospita una cisterna di epoca araba.

Plaza San Fernando

Al centro del recinto sono apprezzabili gli scavi - operati intorno al 1920 - di due edifici romani, orientati secondo due diversi assi. Le fondazioni della costruzione orientale rimandano ad un edificio porticato. L’altro edificio presenta due stanze pavimentate. Sulle mura meridionali è presente una torre quadrangolare di epoca romana. Salendo verso la Plaza de la Ciudadela s’incontra una cisterna romana a pianta rettangolare realizzata in opus caementicium.

Plaza de Estudiantes

La scoperta dei resti di costruzioni antiche più importanti si deve agli scavi portati avanti da Pio Beltran nella parte occidentale tra il 1940 e il 1950. Egli scoprì una serie di muri a secco appartenenti a un complesso iberico, poi adibito ad abitazioni in epoca romana. Sono inoltre presenti nel recinto tre cisterne romane.

Plaza de la Ciudadela

La Ciudadela è il recinto più elevato di tutto il Castello, in epoca romana era probabilmente occupato da edifici di carattere monumentale. Sono stati rinvenuti in

3 Per la descrizione dei recinti si è fatto riferimento a:

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quest’area numerosi resti appartenenti a colonne di diametro compreso tra i 29 e i 70 centimetri. È presumibile che materiali provenienti da questo recinto siano stati impiegati per la costruzione delle mura della Plaza de Estudiantes e di Tres Pouets, nelle quali sono visibili rocchi e basamenti di colonna.

Lungo il muro che separa la Ciudadela dalla Plaza de San Fernando si trovano i

resti di due grandi cisterne rettangolari in opus caementicium, che indicano una notevole

operazione architettonica in quest’area.

Le cisterne e i resti rinvenuti, insieme alla modellazione della roccia della collina, fanno presumere che questa fosse un’area importante nella topografia della città antica di Sagunto. A sostegno di tale ipotesi si ricorda che Vitruvio raccomanda l’impianto di luoghi sacri nelle zone più alte delle città.

Tres Pouets

Questa zona è raggiungibile solo dall’esterno del Castello, percorrendo un sentiero che taglia diagonalmente il pendio settentrionale. Intorno al 1975 gli scavi diretti dall’archeologo francese Pierre Rouillard rivelarono alcune porzioni della muraglia iberica, costituiti da grandi blocchi di pietra poligonali, che indicano i limiti occidentali dell’insediamento iberico di Arse. È possibile che una delle porte di accesso fosse ubicata in quest’area, al termine di un percorso proveniente dall’attuale Clot de Moro.

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L

a Plaza de Armas è forse il recinto più interessante del Castello, sia per la sua

storia sia per la quantità di resti di epoca romana che vi sono stati rivenuti. In quest’area sorse infatti il Foro romano di epoca repubblicana: una piazza, spesso porticata, su cui affacciavano i principali edifici giuridici e amministrativi di una città romana e dove si svolgeva il mercato.

La costruzione del Foro a Sagunto è iniziata in seguito alla vittoria della Seconda Guerra Punica (218 - 202 a.C.), quando la città assunse importanza come simbolo della resistenza a Cartagine.

Nonostante, già durante il Medioevo, alcuni edifici di epoca romana siano stati demoliti fino alle fondamenta, queste consentono comunque di delineare una ricostruzione assai plausibile delle dimensioni del Foro e della disposizione degli edifici attorno ad esso.

Per la costruzione del Foro fu necessario ribassare artificialmente l’area e demolire alcuni edifici preesistenti, fu così possibile configurare uno spazio centrale aperto, lungo 54 metri e largo 36 metri1, che rispetta la porporzione di 3:2 indicata da

Vitruvio nel De Architectura, circondato da un ambiente porticato sui quattro lati,

largo circa 4,80 metri.

Sul lato orientale del portico affacciava una serie di ambienti quadrangolari: le tabernae, spazi dedicati ad attività commerciali. Rimane traccia delle fondazioni di sole quattro tabernae, è tuttavia plausibile che queste continuassero per tutta la lunghezza della piazza, interrompendosi solo per permettere il transito dal Foro all’attuale Plaza de Almenara.

Il lato meridionale è chiuso da una cisterna rettangolare lunga più di 60 metri. La presenza di grandi strutture per la raccolta dell’acqua denota spesso le aree nevralgiche della città e conferma l’importanza di questo recinto nell’impianto urbano.

1 Aranegui Gasco C., Saguntum., in “Ciudades Romanas Valencianas”, op. cit.

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Foro romano di Sagunto

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Il più imponente edificio che affacciava sul Foro era certamente la Basilica, che ne delimitava il margine occidentale. Questa era la sede della borsa e del tribunale e serviva come luogo di incontro per i cittadini. Ad oggi di questo complesso sono apprezzabili solo le fondazioni, dalle quali possiamo dedurre l’impianto rettangolare, diviso in tre navate da due file di colonne.

La sostruzione su cui si fonda la Basilica era praticabile nel lato Nord, dove ancora

oggi è apprezzabile la divisione in ambienti rettangolari.2

Nel lato Nord della piazza il portico si impostava su di un basamento alto 95 centimetri e veniva interrotto, all’incirca in mezzeria, da un grande edificio, largo circa 11 metri e lungo 15. L’importanza di questa costruzione è dichiarata dalla sua posizione centrale rispetto all’assetto del Foro. Molto probabilmente si trattava di un tempio anteriore alla costruzione del Foro, poi compreso nel nuovo complesso. Attualmente non rimangono che le sue fondazioni, circa 10 metri sotto al livello della piazza.3

A Est del Tempio, nell’angolo Nordorientale, è posto un altro edificio, anch’esso innalzato su di un basamento, internamente diviso in due ambienti (l’uno 6,85 x 9,85 metri, l’altro 4,5 x 8,5 metri). Si accedeva grazie ad una scala di quattro gradini che portava ad una sorta di pronao antecedente le stanze. È difficile dare una restituzione degli alzati per la scarsità dei dati a dispozione, è tuttavia certo che la stanza maggiore fosse anticipata da un portico di 4 colonne a base attica.

Gli scavi effettuati da Carmen Aranegui, nei pressi delle fondazioni della stanza orientale, consentono di datare l’edificio tra il 10 a.C. e il 10 d.C., alla fine del mandato di Augusto.

È probabile che l’intero sistema del Foro sia stato progettato simultaneamente ma che alcune porzioni, come la Basilica, siano state costruite in un secondo momento.

Il Foro, insieme al Teatro e alle fortificazioni del Castello, era parte di una suggestiva e monumentale scenografia, che non poteva non affascinare chi giungesse alla città da Settentrione.

2 Arenegui Gasco C., Sagunto: Oppidum, emporio y municipio romano, Barcelona, Bellaterra, 2004

3 Aranegui Gasco C., Un templo republicano en el centro civico saguntino, in “Templos romanos de Hispania, Cuardernos de arquitectura romana”, Vol. I, 1991

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Foro romano di Sagunto

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IL TEATRO ROMANO

I

l Teatro romano di Sagunto, che domina la città dall’alto della collina, è il perno

che mette in relazione le diverse parti della città storica. Presenta un impianto particolare poichè, come i teatri di tipologia greca, la cavea poggia sul pendio del rilievo. Questa soluzione facilitò la costruzione della gradonata ma impose di costruire il corpo scenico su di un imponente terrazzamento per vincere il dislivello.

Alla cavea era possibile accedere attraverso tre scalinate radiali che dividevano la cavea in quattro nuclei. L’orchestra semicircolare doveva avere un diametro di 22 metri, includendo le tribune senatorie. Lo scenafronte doveva essere caratterizzato da tre porte e tre esedre semicircolari. Alla fine del XX secolo i resti dello scenafronte erano celati da una costruzione moderna in cemento che aveva la funzione di scena. Realizzata nel 1972, questa struttura non aveva corrispondenze dimensionali con la scena romana.

Il corpo scenico, a pianta rettangolare, chiudeva l’edificio verso la città, in linea teorica la sua quota massima doveva coincidere con la quota massima della cavea, formando così un edificio perfettamente chiuso.

Lo spazio scenico, o proscaenium, dove si svolge l’azione teatrale, era limitato dall’orchestra e doveva impostarsi circa 150 centimetri più in alto di quest’ultima. Alla fine del XX secolo non erano presenti resti sufficienti per ipotizzarne una ricostruzione.

Ai lati della scena erano poste due torri, denominate parascaenia che mettevano in

comunicazione il postscaenium con l’esterno. Per postscaenium si intende quello spazio,

compreso tra le valvae e il muro che chiude il corpo scenico, dedicato a camerini e ambienti di servizio.1

Gli studi tendono a collocare la costruzione del Teatro una volta terminata la costruzione del Foro, considerandoli parte di un complesso progettato unitariamente.

1 Lara Ortega S., El Teatro romano de Sagunto, hipotesi de reconstruccion, Universitat Politècnica de València, Valencia, 1991

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Teatro romano

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Molte parti del teatro sono andate perdute nel corso dei secoli, nel 1811, ad

esempio, vennero distrutte la summa cavea e la sua cripta per agevolare le operazioni

belliche durante le Guerre Napoleoniche, quando le forze difensive avevano il loro centro di comando nel Castello. L’aspetto del teatro fino alla fine del XX secolo è stato quello di una rovina romantica. I restauri infatti si susseguirono praticamente ininterrotti dal 1930 al 1978, furono però scarsamente documentati e seguirono criteri mimentici che infatizzarano il carattere pittoresco delle strutture. Antonio Almagro Gorbea, incaricato nel 1976 di continuare le operazioni di consolidamento e restauro, sulle condizione dell’opera scrisse che per le lacune nella documentazione e poichè, negli interventi precedenti, erano stati impiegati materiali e tecniche della fabbrica antica, risultava assai difficile distinguere le parti

originali da quelle restaurate.2

Nonostante il Teatro sia stato menzionato da numerosi viaggiatori e storici non erano mai stati effettuati prima rilievi sistematici del manufatto, e spesso le descrizioni, pur appartennendo al medesimo periodo storico, differiscono l’un l’altra. Prima del rilievo fotogrammetrico realizzato tra il 1977 e il 1978 da Gorbea, le uniche piante del Teatro romano erano quella di Laborde del 1811 e quella pubblicata da Chabret nel 1888. Tali disegni però non sono rigorosi.

Nel 1952 venne costruito il Museo del Teatro, appoggiato alle murature orientali, che contribuì a celare altre porzioni delle rovine.

2 Almagro Gorbea A., Estudio fotogrametrico del Teatro de Sagunto, Universidad de Valencia, Valencia, 1979

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Teatro romano

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GRAU VELL

S

agunto costituiva insieme al suo porto un sistema duale, come molte altre città

della tradizione classica1, si pensi al sistema formato da Roma e dal porto fluviale

di Tiber o da Atene e dal Pireo.

Il porto fu in epoca romana una grande fonte di ricchezza per la città e la rese uno snodo strategico sia per i commerci che per i collegamenti marittimi.

L’area identificata dagli archeologi si colloca a 6 km da Sagunto ed è collegato alla

città dal Camí Vell de la Mar. È situato presso la Partida de Al Tamarit, delimitata a

nord da una necropoli.

Abbiamo scarse informazioni sugli scavi in questa zona precedenti alla campagna del 1975-76 diretta da Carmen Aranegui, sappiamo che nel 1945 Gonzalez Simancas comunicò l’esistenza di una necropoli romana, da cui provengono due iscrizioni

funerarie attualmente esposte al Museo Arqueologico.

I livelli più antichi corrispondono al IV-V secolo a.C. e sono riferibili al porto dell’antica città iberica di Arse. Vi sono resti di una prima torre (costruita parallelamente al mare e databile intorno al III secolo a.C.) e di una seconda torre, 400 m più a sud, che portano a definire uno schema che porta a pensare ad una struttura portuale formata da due torri gemelle.

In seguito alla Seconda Guerra Punica (218-202 a.C.)da cui Roma uscì vittoriosa, si assiste a un ampliamento delle strutture portuali ad opera di Augusto. Durante la fase basso-imperiale (tra il secondo quarto del secolo IV e il primo del V) le strutture della fase precedente subirono altre importanti trasformazioni.

Il ritrovamento di pitture parietali e oggetti di uso domestico testimonia che il porto non ospitasse solo funzioni commerciali e di stoccaggio ma anche abitazioni. Le indagini subacquee sono state in grado di delimitare un’area di reperti archeologici dell’estensione di circa 2 km, in cui si riconoscono il molo, gli ancoraggi e vari carichi affondati. Nei giacimenti archeologici di Punta Mariano,

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Playa del Ingles e Torrasa, si colloca un elemento architettonico sommerso disposto perpendicolarmente alla spiaggia. I resti si possono ricondurre alle fondamenta di una diga delle dimensioni di 130 m di lunghezza per 15 di larghezza, terminante con una piattaforma del diametro di 25 m sulla quale sarebbe stato alloggiato il faro.

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razie ad un’occupazione praticamente ininterrotta e alla densa stratificazione dei resti, Sagunto è una sorta di museo archeologico diffuso, con potenzialità ancora non pienamente espresse. I resti dell’epoca iberica, romana, visigota, musulmana e medievale coesistono in un area piuttosto concentrata e ricchissima di testimonianze.

Tuttavia in passato la piena leggibilità di queste tracce è stata compromessa, la gran parte dei resti è ad oggi cancellata o celata. Tra gli eventi storici che hanno concorso alla distruzione del patrimonio archeologico di Sagunto si ricordino la costruzione della ferrovia e la grande espansione edilizia che ha avuto luogo tra il 1960 e il 1970 e ha delineato il paesaggio urbano attuale1.

Si rende necessaria un’inversione di tendenza, una serie di interventi mirati e circoscritti, capaci di rendere nuovamente espressive le rimanenze archeologiche.

Gli interventi più recenti fanno riferimento al Plan Director del Patrimonio Historico-Artistico, Arquelogico e Industrial2, che risponde alle richieste dell’Ajuntament de Sagunt di dare una lettura unica, un’interpretazione integrata e una gestione unificata del patrimonio della città. Il documento risulta interessante, ai fini di questo studio, perchè fornisce una catalogazione e un’accurata analisi delle rimanenze archeologiche e del loro stato di valorizzazione.

Brevemente vengono illustrati alcuni esempi di musealizzazione e rinnovo delle costruzioni antiche e dei resti della città romana.

1 Melchor, J. M., Dos siglos de destrucción de patrimonio histórico de Sagunto (1807–2007), op. cit.

2 Plan Director del Patrimonio Historico-Artistico, Arquelogico e Industrial, Ajuntament de Sagunt, 2010

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uando, nel 1930 iniziò una serie di interventi di restauro e consolidamento, il

Teatro era già stato oggetto di spolio e di episodi distruttivi dovuti alla guerra.

Tali interventi furono però condotti con criteri, per lo più, di tipo mimetico per accentuare il carattere pittoresco della rovina. I materiali originali erano in gran

parte coperti e non più chiaramente distinguibili1. Quando Giorgio Grassi e Manuel

Portaceli iniziarono a lavorare a questo progetto il Teatro era ricostruito circa per

l’80%2. Superare il protagonismo assoluto della rovina non era dunque una delle

scelte possibili ma l’unica strategia che potesse restituire integrità al complesso. Gli interventi precedenti si erano tutti concentrati sulla cavea, avvicinando la costruzione più alla tipologia del teatro greco su pendio che a quella del teatro

romano. Grassi e Portaceli, con la ricostruzione del post-frons scaenium, riuscirono a

sanare questo equivoco e oggi il Teatro si presenta ristabilito, con i suoi elementi di nuovo definiti in un unico volume che determina il paesaggio urbano. La parte esteriore, quella che è stata maggiormente oggetto di critica, riesce nuovamente a mostrare la sua relazione con il paesaggio per cui fu progettata e costruita. Come in altri progetti di Grassi, la stratificazione urbana viene riletta in forma analitica e vengono rinsaldate le strutture perdute nell’omologazione progressiva della città

moderna3. A commento del progetto, nel 1994, Kenneth Frampton scrisse: “Grassi

in realtà si è proposto l’obiettivo donchisciottesco di evocare l’architettura collettiva e civile di un altro tempo per una società che non è in grado di sostenere tale forma istituzionale. Così facendo ha perseguito un grado zero dell’architettura che in modo sorprendente non appartiene

1 Giorgio Grassi e Manuel Portaceli, Teatro romano di Sagunto, in “A&V”, n. 45-46, 1994 2 Il dibattimento: Teatro romano di Sagunto E. Marin intervista G. Grassi, M. Alberola intervista M. Portaceli, in “Lotus International” n. 121, 2004 [Progetto / Contesto]

3 Zucchi C., Giorgio Grassi. München, Sagunto, Berlin, in “Lotus international”, n. 83, 1994 [Architettura italiana allo specchio]

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Teatro romano

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ne al passato ne al presente.”4

Tuttavia è innegabile che l’intervento sia riusicto a restituire alla città un teatro all’aperto, perfettamente funzionante in quanto tale. Giorgio Grassi e Manuel Portaceli sono intervenuti sulla rovina riportandola nella sfera dell’uso, non musealizzandola come icona preziosa di un tempo passato, che può solo essere osservato da una certa distanza con nostalgia. Gli spazi del Teatro di Sagunto offrono la possibilità di essere sfruttati seconda l’esatta funzione per cui sono stati progettati in epoca romana.

Il progetto per il restauro del Teatro è una fase di un progetto più ampio, che avrebbe dovuto interessare anche la Plaza de Armas e la Plaza de Almenara, per la costruzione di un museo archeologico nel Castello di Sagunto oltre al restauro del Foro romano.

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Teatro romano

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Plaza de Armas e Teatro romano

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’intervento sul Foro, seconda fase del progetto di Grassi e Portaceli -non

realizzata- aveva gli stessi obiettivi di quello sul Teatro: rendere nuovamente leggibili i caratteri architettonici delle costruzioni e al contempo restituire alla città degli spazi utili.

Il programma si sviluppava tra la Plaza de Armas, attuale accesso al Castello, e la confinante Plaza de Almenara, nella quale venivano insediati nuovi volumi e funzioni. Nella Plaza de Armas l’intento era quello di rendere visibile l’organizzazione spaziale del Forum romano, che era insediato su questa piana, grazie al disegno del parterre e all’estrusione di alcuni muri.

Grassi e Portaceli scelgono di eliminare le stratificazioni posteriori all’epoca romana, come il Museo Historico Militar, che insistono sulla porzione meridionale della Basilica, riportando alla luce le murature che ne definiscono il perimetro e la suddivisione interna, non più apprezzabili dal 1925. L’eliminazione di questi due edifici contribuisce senza dubbio a suggerire in modo più immediato l’originale articolazione della piazza.

La cisterna, che delimitava il margine meridionale del Foro, viene evocata tramite la costruzione di basse murature; tuttavia non è viene evocata la sua articolazione interna, scandita da 23 archi su pilastri, e nemmeno risulta di chiara leggibilità la sua originaria funzione.

La porzione centrale del Foro viene differenziata dal resto grazie ad un cambio nella pavimentazione e a tre gradini, che la pongono a un livello inferiore. Il portico, che si sviluppava intorno, viene evocato mediante la sua traccia a terra. Da questo era possibile accedere alla basilica e alle tabernae poste sul lato orientale e delle quali rimangono alcune tracce di muratura che nell’ambito del progetto vengono completate, ed estruse per dare un’organizzazione coerente agli spazi.

Il lato settentrionale del Foro era invece delimitato da un tempio, precedente

all’epoca romana, dal Capitolium e da quello che si pensa essere un Collegium dedicato

MUSEO ARCHEOLOGICO NEL CASTELLO

E RESTAURO DEL FORO ROMANO

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Foro romano

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al culto di Apollo e Diana. I resti di tali costruzioni vengono mantenuti, in quanto legittimamente parte dell’organizzazione del Foro.

Le funzioni previste dal progetto, ovvero laboratori per archeologi, ristorante e foresteria, vengono insediate nella Plaza de Almenara e ospitate in volumi che altro non sono che un ipotetico sviluppo verticale delle tracce a terra degli edifici preesistenti. Dei sei volumi solo uno sfugge a questa logica.

Chi scrive è pienamente convinto che si tratti di un progetto in grado di rendere nuovamente leggibili le stratificazioni che hanno interessato questa porzione del Castello, tuttavia ritiene che non dialoghi pienamente con le logiche che intervengono nel teatro. Non ricostruire volumetricamente il Foro lascia l’edificio scenico protagonista indiscusso del paesaggio, senza far intuire la monumentalità che caratterizzava questo pendio della collina.

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Foro romano

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ALTRI INTERVENTI

Resti archologici in Avenida del Paìs de Valencia

L’intervento si articola intorno a tre diverse testimonianze archeologiche: un

tratto della Via Augusta, una porzione di un edificio funerario e una domus con

impluvium. I resti, che si trovano ad un livello inferiore rispetto a quello della strada, sono ad oggi contenuti in invasi di cemento armato e protetti da coperture in vetro. Purtroppo non è stato possibile rendere le coperture calpestabili, pertanto i resti sono osservabili solo dal perimetro delle teche, con una visione non ottimale.

Casa dels Peixos1

Si tratta di una domus con impluvium scoperta nel 2002, durante gli scavi per la

realizzazione di un ricovero auto ipogeo. È stata realizzata una passerella in acciaio corten a una quota superiore a quella delle rovine, che risultano apprezzabili da più angolazioni. L’intervento tuttavia non è autonomo in quanto visitabile solo al termine di una visita guidata che inizia nell’ambito della Via dei Portici.

Via dei Portici e Saguntina Civitas

Si tratta di due giacimenti contigui. Nel primo sono presenti i resti di una recinto funerario di epoca repubblicana, un tratto di strada porticata lungo circa 60 metri, un grande edificio di epoca imperiale, identificabile come un tempio, un arco monumentale.

Nel secondo vi sono ampie porzioni di una domus romana di epoca bassoimperiale.

Oltre ad un sistema di passerelle che permette di osservare le rovine, sono stati realizzati alcuni ambienti espositivi, dove il visistatore può comprendere l’evoluzione urbana di Sagunto e in particolare dell’area in cui si trova. L’accesso è consentito unicamente in occasione delle visite guidate che hanno luogo sei volte giorno.

1 Questi, ed altri interventi realizzati o previsti, sono illustrati in:

Plan Director del Patrimonio Historico-Artistico, Arquelogico e Industrial, Ajuntament de Sagunt, 2010

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Puerta Meridional del Circo

Della grande costruzione del Circo ad oggi rimane visibile solo la Porta Meridionale. L’area circostante la rovina è stata delimitata con muri in cemento e rete metallica. La quota della rovina, inferiore a quella della strada, è raggiungibile mediante una scala in acciaio. La porzione di suolo intorno al rudere è stata trattata con della ghiaia di colore bianco.

Monumento funerario della Gens Sergia

Localizzato nel cosiddetto Solar del Quevedo, nelle vicinanze della Porta del Circo, posto a circa 2,50 metri al di sotto della quota della strada, il monumento è ora raggiungibile mediante scale e rampe. La rovina viene resa nuovamente leggibile grazie sia alle ricostruzioni rappresentate sulla segnaletica informativa, sia grazie all’impiego di ghiaie di diversi colori che definiscono gli ambiti di pertinenza della costuzione. Le rovine sono visibili anche dall’alto, da un’apposita passerella.

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La Forma Urbis Sagunti presentata da questa tesi è frutto dell’analisi attenta dei contributi di molti studiosi, che nei secoli hanno descritto e restituito le trasformazioni di Sagunto, immortalandole nei loro scritti e disegni, permettendo oggi di comprendere e ricostruire anche le parti della città antica che sono andate perdute.

In questa sezione si presentano le biografie sintetiche di umanisti, archeologi, storici, pittori, e i loro importanti contributi allo studio della città, dei suoi monumenti e della sua storia.

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M

ariangelo Accursio (L’Aquila, 1489 – L’Aquila, 1546), fu umanista italiano,

rivolse il suo interesse alle antichità occupandosi di archeologia ed epigrafia. Al servizio di due giovani principi tedeschi della casa di Hohenzollern compì alcuni viaggi per l’Europa, tra i quali uno in Spagna, tra il 1525 e il 1529. La preziosa documentazione della sua attività di epigrafista militante è raccolta in due codici conservati all’Ambrosiana (D 420 inf., O 125 sup.) e da questa possiamo trarre importanti notizie di alcune regioni della Spagna, all’epoca praticamente inesplorate. Di grande importanza per noi è il suo disegno del monumento funerario della Gens Sergia.

A

nton Van den Wyngaerde (Anversa 1525 – Madrid 1571), fu cartografo e

disegnatore fiammingo, al servizio del re Filippo II di Spagna. Tra il 1561 e il 1569 viaggiò per il paese realizzando almeno 62 vedute delle principali città. Queste erano bozzetti per la realizzazione di affreschi presso il palazzo reale di Madrid, andati perduti con l’incendio del 1727. Nel 1563 Van den Wyngaerde realizzò una veduta da Nord di Sagunto, fonte di innumerevoli informazioni sull’aspetto della città, all’epoca conosciuta come Murviedro. Allora la muraglia islamica era conservata per intero, dotata di torrioni e porte d’accesso. Il Teatro romano conservava interamente la gradonata ma già mancava della scena.

M

iguel Eugenio Muñoz (Calatayud, 1706 – Valencia, 1773), fu esperto di storia

e genealogia. Nominato nel 1739 accademico della Real Academia de la Historia. Da questa venne inviato a Sagunto nel 1745, quando, durante dei lavori per la modifica del Camì Real che congiunge la città a Valencia, vennero alla luce i resti di un mosaico raffigurante Dioniso infante che cavalca una tigre. Compito di Munoz era quello di realizzare disegni di quanto ritrovato. È possibile considerare Miguel Eugenio Muñoz come il primo archeologo che abbia effettuato scavi a Sagunto.

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