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1. Normativa e linee guida per la progettazione dei rilevati arginali

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1. Normativa e linee guida per la progettazione dei

rilevati arginali

1.1 Introduzione

Attualmente, la progettazione delle opere di arginatura dei corsi d’acqua, si attiene a numerose leggi emanate nell’arco di tempo che va dalla fine del 1800 e giunge sino ai giorni nostri.

In aggiunta, tali norme a cui si fa riferimento, sono relative a periodi nettamente differenti fra loro e distanti nel tempo.

La legislazione, nel corso degli anni, ha seguito sostanzialmente le emergenze prodottesi al seguito di eventi di piena particolarmente disastrosi e riguardanti il fiume Po ed i suoi affluenti.

L’intento che si è voluto perseguire con questo capitolo è duplice.

Il primo è stato quello di fare un excursus normativo per ripercorrere l’evoluzione legislativa in materia di attività connesse alle arginature fluviali.

La seconda intenzione invece, è stata quella di riportare le leggi fondamentali e alcune linee guida a cui attenersi nelle attività di progettazione e costruzione delle opere arginali in terra.

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1.2 Circolare n° 3651/2200 del 12 Febbraio 1873

Nel 1873 venne emanata la “Circolare 12 Febbraio 1873 n° 3651/2200” a firma del Ministro De Vincenzi, giusto il voto del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici emesso nell’Assemblea Generale dell’8 febbraio 1873, dopo la piena dell’ottobre del 1872 ed aggiornata nel luglio del 1952 dal Circolo Superiore d’Ispezione per il Po (Ispett. ing. Giulio Chiodarelli), subito dopo l’evento alluvionale del novembre del 1951.

Con questo intervento vennero date indicazioni e valori minimi da rispettare negli interventi di ristrutturazione e progettazione arginale:

- Altezza argine:

L’altezza di progetto delle arginature era quella raggiunta dalla massima piena conosciuta, aumentata del franco (60÷100 cm).

- Larghezza di coronamento:

Pari ad almeno 10 m di fronte ai centri abitati e in particolare alle città. - Pendenza delle scarpate:

Paramento a fiume: 3:2 fuori acqua e 2:1 in acqua; paramento a campagna: 2:1. - Banche:

Poste a 3 m dal coronamento o l’una dall’altra, dello sviluppo da 6 a 10 m e della pendenza del 5%, in particolare di fronte ai froldi.

- Piste di servizio:

Poste a 3 m dal coronamento dell’arginatura, con base in sabbia e ghiaia e freccia 1/20. - Froldi:

Difesi con fascioni e buzzoni al piede con sovrastante berma in burghe e successivo rivestimento in pietrame dello spessore medio di 1 m.

Il peso medio dei massi doveva essere di 20 kg circa con un 25% di pietrame di pezzatura inferiore ma ≥ 8 kg per l’intaso dei vuoti (fig. 1.2.1).

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In fine, per quanto riguarda il materiale da costruzione da impiegare nella realizzazione o ripristino arginale, la presente circolare non fornisce indicazioni; tali disposizioni in materia sono sempre lontane nel tempo e verranno negli anni a seguire.

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1.3 R.D. n° 523 del 25 Luglio 1904 - Testo Unico delle disposizioni di

legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie

Al 1904 risale il Regio Decreto n°523 del 1904 che introdusse il “Testo unico delle disposizioni di legge intorno alle opere idrauliche delle diverse categorie” tutt’oggi vigente.

Vennero definite cinque categorie di opere idrauliche, distinte in base “all’interesse al quale provvedono” e al governo venne affidata la tutela delle acque pubbliche e l’ispezione sui lavori.

Furono definiti i lavori e gli atti vietati “in modo assoluto” sulle acque pubbliche, sui loro alvei, sulle sponde e difese, tra cui le piantagioni all’interno degli alvei, sul piano e sulle scarpe degli argini, sulle banche e sottobanche, lo sradicamento dei ceppi degli alberi che sostengono le ripe dei fiumi e le opere in grado di alterare le forma, la resistenza e le dimensioni degli argini.

Venivano dunque disciplinate le distanze da rispettare per detti lavori nonché per lo smovimento di terreno e per gli scavi.

Alcune categorie di opere vennero invece sottoposte al parere del prefetto, come la formazione di pennelli e opere simili e le piantagioni delle alluvioni a qualsiasi distanza nel caso in cui si trovassero di fronte ad un abitato minacciato da corrosione oppure in caso di terreni esposti al pericolo di disalveamenti e l’estrazione di inerti dal letto dei fiumi (fig. 1.3.1).

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Tale decreto, al capo I, divide le opere idrauliche in cinque categorie: - Opere idrauliche della prima categoria:

Appartengono alla prima categoria le opere che hanno per unico oggetto la conservazione dell'alveo dei fiumi di confine.

Esse si eseguiscono e si mantengono a cura ed a spese dello Stato. - Opere idrauliche della seconda categoria:

Appartengono alla seconda categoria:

a) le opere lungo i fiumi arginati e loro confluenti parimente arginati dal punto in cui le acque cominciano a correre dentro argini o difese continue; e quando tali opere provvedono ad un grande interesse di una provincia;

b) le nuove inalveazioni, rettificazioni ed opere annesse che si fanno al fine di regolare i medesimi fiumi.

Esse si eseguiscono e si mantengono a cura dello Stato, salvo il riparto delle relative spese, le quali vanno ripartite, detratta la rendita netta patrimoniale dei consorzi, per una metà a carico dello Stato, l'altra metà per un quarto a carico della provincia o delle province interessate, e per il restante a carico degli altri interessati.

Tali spese sono obbligatorie, e nel loro riparto si includono le spese di manutenzione, quelle di sorveglianza dei lavori e quelle di guardia delle arginature.

- Opere idrauliche della terza categoria:

Appartengono alla terza categoria le opere da costruirsi ai corsi d'acqua non comprese fra quelle di prima e seconda categoria e che, insieme alla sistemazione di detti corsi, abbiano uno dei seguenti scopi:

a) difendere ferrovie, strade ed altre opere di grande interesse pubblico, nonché beni demaniali dello Stato, delle province e di comuni;

b) migliorare il regime di un corso d'acqua che abbia opere classificate in prima o seconda categoria;

c) impedire inondazioni, straripamenti, corrosioni, invasioni di ghiaie od altro materiale di alluvione, che possano recare rilevante danno al territorio o

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all'abitato di uno o più comuni, o producendo impaludamenti possano recar danno all'igiene od all'agricoltura.

Le opere di cui al precedente articolo, sono eseguite a cura dello Stato entro i limiti delle somme autorizzate per legge.

Le spese occorrenti vanno ripartite:

a) nella misura del 50 per cento a carico dello Stato;

b) nella misura del 10 per cento a carico della provincia o delle province interessate;

c) nella misura del 10 per cento a carico del comune o dei comuni interessati; d) nella misura del 30 per cento a carico del consorzio degli interessati .

Le spese di cui alle lettere b), c) e d) sono rispettivamente obbligatorie per le province, i comuni ed i proprietari e possessori interessati.  

La manutenzione successiva è a cura del consorzio degli interessati e ad esclusivo suo carico sono le spese relative.

- Opere idrauliche della quarta categoria:

Appartengono alla quarta categoria le opere non comprese nelle precedenti e concernenti la sistemazione dell'alveo ed il contenimento delle acque:

a) dei fiumi e torrenti;

b) dei grandi colatori ed importanti corsi d'acqua.

Esse si eseguiscono e si mantengono dal consorzio degli interessati.

Le spese concernenti le opere di quarta categoria possono essere dichiarate obbligatorie con decreto ministeriale su domanda di tutti o di parte dei proprietari o possessori interessati, quando ad esclusivo giudizio dell'amministrazione si tratti di prevenire danni gravi ed estesi.

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- Opere idrauliche della quinta categoria:

Appartengono alla quinta categoria le opere che provvedono specialmente alla difesa dell'abitato di città, di villaggi e di borgate contro le corrosioni di un corso d'acqua e contro le frane.

Esse si eseguiscono e si mantengono a cura del comune, col concorso nella spesa e in ragione del rispettivo vantaggio da parte dei proprietari e possessori interessati secondo un ruolo di riparto da approvarsi e rendersi esecutivo dal prefetto e da porsi in riscossione con i privilegi fiscali.

Al capo IV, il presente R.D. tratta de “gli argini ed altre opere che riguardano il regime delle acque pubbliche” e recita come segue:

Art 57.

I progetti per modificazione di argini e per costruzione e modificazione di altre opere di qualsiasi genere, che possano direttamente o indirettamente influire sul regime dei corsi d'acqua, quantunque di interesse puramente consorziale o privato, non potranno eseguirsi senza la previa omologazione del prefetto.

I progetti saranno sottoposti all'approvazione del Ministero dei lavori pubblici, quando si tratti di opera che interessi notevolmente il regime del corso d'acqua; quando si tratti di costruire nuovi argini; e infine quando concorrano nella spesa lo Stato o le province. Art 58.

Sono eccettuati i provvedimenti temporanei di urgenza, per i quali si procederà in conformità di speciali disposizioni regolamentari a questi casi relative.

Sono eccettuate altresì le opere eseguite dai privati per semplice difesa aderente alle sponde dei loro beni, che non alterino in alcun modo il regime dell'alveo.

Le questioni tecniche che insorgessero circa la esecuzione di queste opere saranno decise in via amministrativa dal prefetto, con riserva alle parti, che si credessero lese dalla esecuzione di tali opere, di ricorrere ai tribunali ordinari per esperire le loro ragioni.

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Art 59.

Trattandosi di argini pubblici, i quali possono rendersi praticabili per strade pubbliche e private sulla domanda che venisse fatta dalle amministrazioni o da particolari interessati, potrà loro concedersene l'uso sotto le condizioni che per la perfetta conservazione di essi argini saranno prescritte dal prefetto, e potrà richiedersi alle dette amministrazioni o ai particolari un concorso nelle spese di ordinaria riparazione e manutenzione. Allorché le amministrazioni o i privati si rifiutassero di assumere la manutenzione delle sommità arginali ad uso strada, o non la eseguissero dopo averla assunta, i corrispondenti tratti d'argine verranno interclusi con proibizione del transito. Art 60.

Le rettilineazioni e nuove inalveazioni di fiumi e torrenti di cui all'art. 4 edil chiudimento dei loro bracci, non possono in alcun caso eseguirsi senza che siano autorizzati per legge speciale, o per decreto ministeriale, in esecuzione della legge del bilancio annuo: per i fiumi e torrenti, di cui agli artt. 7 e 9, l'autorizzazione sarà data con decreto reale, sentiti previamente gli interessati. Per decreto reale saranno permesse le nuove inalveazioni e rettificazioni di rivi e scolatori pubblici, quando occorra procedere alla espropriazione di proprietà private, ferme le cautele e disposizioni stabilite dalla legge di espropriazione per utilità pubblica.

Art 61.

Il Governo del Re stabilisce le norme da osservarsi nella custodia degli argini dei fiumi o torrenti, nell'eseguimento dei lavori, così di loro manutenzione, come di riparazione o nuova costruzione; e così pure stabilisce le norme per il servizio della guardia, da praticarsi in tempo di piena, lungo le arginature, che sono mantenute a cura o col concorso dello Stato.

Art 62.

In caso di piena o di pericolo di inondazione, di rotte di argini, di disalveamenti od altri simili disastri, chiunque, sull'invito dell'autorità governativa o comunale, è tenuto ad accorrere alla difesa, somministrando tutto quanto è necessario e di cui può disporre, salvo il diritto ad una giusta retribuzione contro coloro cui incombe la spesa, o di coloro a cui vantaggio torna la difesa.

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In qualunque caso di urgenza, i comuni interessati, e come tali designati o dai vigenti regolamenti o dall'autorità governativa provinciale, sono tenuti a fornire, salvo sempre l'anzidetto diritto, quel numero di operai, carri e bestie che verrà loro richiesto.

Dal momento che l'ufficio competente del genio civile avrà stabilito servizio di guardia o di difesa sopra un corso d'acqua, nessuna autorità, corporazione o persona estranea al Ministero dei Lavori Pubblici potrà, senza essere chiamata o incaricata dal genio civile, prendere ingerenza nel servizio, né eseguire o far eseguire lavori, né intralciare o rendere difficile in qualsiasi modo l'opera degli agenti governativi. Per l'ordine pubblico è sempre riservata l'azione dell'autorità politica.

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1.4 Istruzioni Generali del Circolo Superiore di Ispezione per il Po

dell’Aprile 1929 e successiva emanazione della Circolare del 25

Luglio 1952. 

Nelle Istruzioni Generali dell’allora Circolo Superiore di Ispezione per il Po, del 1929, e nella successiva circolare del 1937, venivano indicate alcune tipologie di sezioni e in particolare il profilo a campagna veniva disposto in modo tale da coprire una ipotetica linea di infiltrazione, detta anche di imbibizione o saturazione, disposta con pendenze variabili da 1:4 a 1:6, passando dal tratto a monte a quello a valle del fiume (fig. 1.4.1).

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La circolare per la sistemazione delle arginature di Po e dei suoi affluenti emanata dal Circolo Superiore di Ispezione del Po il 25 Luglio 1952, dopo la grande piena del 1951, ha portato inoltre a definire la sezione attuale dell’arginatura maestra del medio e basso Po.

Tale sezione ricopre la linea ipotetica di imbibizione di 1:6, con scarpate con pendenza 1:1.5 verso fiume e 1:2 verso campagna e banche di larghezze variabili da 6 a 10 m (fig. 1.4.2)

Figura 1.4.2 - Sezioni arginature (Circolo Superiore di Ispezione per il Po, 1952)

Altre disposizioni specificavano quanto segue: in corrispondenza dei centri abitati il franco doveva essere di almeno 20 cm superiore a quello ordinario, i

 

ringrossi arginali dovevano eseguirsi, di regola, a campagna, le ristrutturazioni delle arginature dovevano avvenire conservando i fabbricati esistenti a distanza ≥ di 30 m dal piede dell’argine, quelli a distanza inferiore dovevano essere demoliti mentre la costruzione di nuovi fabbricati sarebbe dovuta avvenire a distanza ≥ 50 m, i pozzi aperti o fresati dovevano trovarsi ad una distanza ≥ 70 m, eccezionalmente solo per quelli ad uso potabile, in presenza di centri abitati, 50 m.

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1.5 D. M. 24 Marzo 1982 - Norme tecniche per la progettazione e la

costruzione delle dighe di sbarramento 

Nel 1982 fu emanato dal Ministero dei Lavori Pubblici il D.M. 24 Marzo 1982 “Norme tecniche per la progettazione e la costruzione delle dighe di sbarramento”.

Tale decreto sostituisce la seconda parte del regolamento D.P.R. 1 Novembre 1959 n°1363 “Regolamento per la compilazione dei progetti, la costruzione e l’esercizio delle dighe di ritenuta”.

All’interno del presente provvedimento si evidenzia la classificazione e la definizione dei diversi sbarramenti trattati:

A. Dighe murarie:

a. a gravità;

b. a volta;

c. a volta o solette, sostenute da contrafforti. B. Dighe di materiali sciolti:

a. di terre omogenee;

b. di terra e/o pietrame, zonate, con nucleo di terra per la tenuta;

c. di terra permeabile o pietrame, con manto o diaframma di tenuta di

materiali artificiali. C. Sbarramenti di tipo vario; D. Traverse fluviali.

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Nel citato D.M., dove si tratta degli “sbarramenti di tipi vari”, viene detto che “si intendono di tipo vario tutte le strutture di sbarramento diverse da quelle definite in quanto precede. I progetti di tali strutture ed i criteri di esecuzione devono essere in armonia con quanto indicato nelle presenti norme per i tipi strutturali assimilabili.” Dato che un argine è assimilabile a una diga di materiale sciolto, per ricavare indicazioni necessarie per la realizzazione di tali opere si fa riferimento alla sezione H “Dighe di materiali sciolti”.

H. DIGHE DI MATERIALI SCIOLTI.

H. 1. - Caratteristiche generali e suddivisione.

Le dighe in oggetto sono costituite di un rilevato formato con materiali litici sciolti micro e/o macroclastici. Il dispositivo di tenuta potrà essere formato con materiali litici appropriati ovvero con materiali artificiali. I materiali di formazione del rilevato possono essere approvvigionati direttamente per cavatura (terre) o ricavati per abbattimento di rocce (pietrame).

Si distinguono strutture:

a) di terra omogenee: costituite totalmente di terre di permeabilità uniforme di misura atta da sola a realizzare la tenuta;

b) di solo terra o di terra e pietrame, zonale: costituite solo di materiali naturali, di specie diverse, disposti in diverse parti della sezione, differentemente ma pur sempre ampiamente permeabili e di una zona di terra di bassa permeabilità (nucleo) con funzione di tenuta;

c) di terra o pietrame o terra e pietrame con dispositivo di tenuta di materiali artificiali: costituite di materiali naturali di una o più specie, diversamente ma pur sempre ampiamente permeabili, e di dispositivo di tenuta a monte (manto) o interno (diaframma) di materiali artificiali. Il tipo a) non è da adottare per altezze superiori a 30 metri.

H. 2. - Materiali.

La posa in opera dei materiali sciolti costituenti il corpo della struttura avverrà per costipazione in stato di opportuna umidità. E' esclusa la posa in opera con il procedimento idraulico o semi-idraulico. L'idoneità dei materiali di cui è previsto

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l'impiego per il rilevato e, in particolare, le loro proprietà meccaniche e la permeabilità verranno determinate in fase di progettazione esecutiva con prove di laboratorio e, eventualmente con rilevati sperimentali. Nel giudizio di idoneità è da tener conto delle differenze che potranno verificarsi nei risultati per la diversità fra le condizioni di sperimentazione e le condizioni di posa in opera nonché le condizioni in cui i materiali stessi verranno a trovarsi a termine costruzione e durante l'esercizio del serbatoio. E' comunque da escludere l'impiego di materiali friabili, alterabili al contatto dell'acqua e dell'aria e/o contenenti in sensibile misura residui organici o sostanze solubili. Prima dell'inizio della costruzione dell'opera sono da eseguire, con le attrezzature di cantiere, ulteriori rilevati sperimentali al fine di stabilire modalità e parametri della posa in opera e verificare la rispondenza delle proprietà meccaniche e di permeabilità risultanti con quelle di progetto. Prove preliminari specifiche saranno da eseguire anche con le attrezzature di cantiere relativamente ad eventuali trattamenti di miscelazione di materiali tra loro diversi.

H. 3. - Disposizioni strutturali particolari.

Al fine di realizzare la tenuta di fondazione, una congrua parte del rilevato, nel caso di una diga omogenea, o il nucleo di una diga zonata, dovrà essere convenientemente addentrato in una formazione impermeabile, ove questa esiste a limitata profondità. Se formazioni impermeabili sono presenti solo a notevole profondità oppure se risulta difficoltosa 1'adozione della soluzione di cui al comma precedente e, comunque, per le dighe di cui al punto c) dell'art. H - 1, un idoneo dispositivo (muro di taglione, diaframma di calcestruzzo o similari, schermo ottenuto mediante iniezioni) dovrà assicurare la continuità tra il dispositivo di tenuta del rilevato e la formazione impermeabile di fondazione. Qualora la tenuta di fondazione non sia realizzabile con i provvedimenti di cui al primo e secondo comma precedenti, sono da adottare dispositivi atti a ridurre i gradienti delle pressioni idriche sotterranee lungo la fondazione nella misura tale che siano sicuramente evitate erosioni interne del terreno. Opportuni dispositivi (filtri) nel corpo della struttura e in fondazione dovranno evitare che si verifichino effetti erosivi interni a seguito di filtrazione, in particolare nelle zone di contatto tra materiali di granulometrie diverse. Condotte di qualunque specie (di scarico, di derivazione ed altro) non dovranno traversare il corpo di rilevato. Condotte del genere potranno essere ammesse solo in fondazione a condizione che esse siano completamente incassate entro trincee in roccia lapidea in posto ed abbiano

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ricoprimento di calcestruzzo di conveniente spessore. Inoltre, nei tratti in cui esse sottopassano le zone della struttura costituite di materiali impermeabili o scarsamente permeabili, dovranno (ove non siano in acciaio) essere dotate di speciale rivestimento interno tale da garantire la tenuta anche in caso di loro fessurazione, escluso che esso consista di semplici verniciature.

H. 4. - Franco. Larghezza di coronamento. Organi di scarico. Il franco netto non deve essere inferiore ai valori seguenti: Altezza della diga: fino a m 15; 30; 45; 60; 75; 90 o più Franco netto: fino a m 1,5 2,5 3,2 3,6 3,9 4,0

Per i valori intermedi dell'altezza, il franco netto è da determinare per interpolazione. Ai valori sopra indicati sono da aggiungere i prevedibili abbassamenti del coronamento successivi al termine della costruzione derivanti dal consolidamento sia del terreno di fondazione che del rilevato. La larghezza di coronamento deve essere stabilita nella misura per cui la posa in opera del materiale possa essere compiuta meccanicamente fino in sommità in maniera del tutto corretta. Comunque, essa non può essere inferiore al doppio del franco netto minimo quale sopra indicato.

H. 5. - Verifiche di sicurezza.

La stabilità della diga dovrà essere verificata relativamente alle seguenti condizioni: - a termine costruzione;

- a serbatoio pieno con il livello al massimo invaso;

- a seguito di rapido vuotamento del serbatoio dal livello massimo al livello di minimo invaso e, ove sia significativo, anche a livelli intermedi.

Saranno di norma omesse le verifiche per la terza condizione per le dighe del tipo c) di cui in H-1 con dispositivo di tenuta a monte (manto). L'analisi statica deve proporsi di individuare, nelle varie condizioni sopra indicate, le superfici di potenziale scorrimento più prossime alla instabilità, sia all'interno del rilevato, sia nell'insieme costituito dal rilevato e dai terreni di fondazione e ciò relativamente alla sezione maestra della struttura e ad altre sezioni trasversali opportunamente scelte. Il rapporto fra le forze (o momenti) reattive capaci di opporsi allo scorrimento lungo le superfici predette, e le

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forze (o momenti) attive che tendono a produrlo, non dovrà essere inferiore a: 1,2 a termine costruzione; 1,4 a serbatoio pieno; 1,2 a seguito di rapido vuotamento. Per le opere di maggior rilievo per caratteristiche della diga e dei terreni di fondazione sono raccomandate verifiche di stabilità con procedimenti di calcolo diversi.

H. 6.- Disposizioni particolari per le opere ubicate in zone ritenute soggette a sismi. La scelta dei materiali per il rilevato ed il grado della loro costipazione nella posa in opera dovranno essere tali da ridurre il più possibile l'abbassamento del coronamento che potrebbe essere prodotto per effetto di assestamento da un sisma. II franco netto di coronamento quale indicato in H - 4 è da aumentare delle quantità seguenti (interpolando per le altezze intermedie):

Altezza della diga: m fino a l5; 30; 45 e oltre aumento del franco: m fino a 0,30 0,70 1,00

La larghezza minima di coronamento indicata in H - 4 è da aumentare del doppio dell'aumento del franco. Il nucleo (di terra) ed i relativi filtri, sia a monte che a valle, dovranno avere spessori convenientemente superiori agli ordinari, tali da proteggere dalla evoluzione in erosione interna di eventuali lesioni del nucleo; assai ampi dovranno essere i relativi dispositivi di raccolta e scarico delle perdite. Pure assai spessi e molto permeabili dovranno essere i drenaggi dietro i manti di tenuta (al paramento) e ancora assai ampi i dispositivi di scarico relativi. Comunque, con l’opportuna ripartizione dei materiali nei riguardi granulometrici, la struttura dovrà essere protetta, a fronte di accidentale rottura del manto, dagli effetti sulla stabilità del materiale del corpo (erosione interna) e sulla stabilità del paramento di valle da eccessi di velocità del flusso delle perdite. Non sono da impiegare tappeti impermeabili quali dispositivi per la riduzione del gradiente di pressione lungo la fondazione. Con riferimento alle situazioni indicate in H - 5 è da eseguire la verifica di stabilità con il criterio pseudo-statico tenendo anche conto delle forze sismiche agenti sulle masse dei materiali e dell'acqua in essi interclusa quali indicate in B - 4, ad eccezione di quelle orizzontali di cui al punto 2 di B - 4 a). L'azione dinamica dell'acqua dell'invaso deve intendersi applicata sul paramento di monte anche se questo è permeabile. Il relativo coefficiente di sicurezza per tutte le situazioni previste in H - 5 non dovrà risultare inferiore a 1,2.

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Per le dighe di particolare importanza per altezza, da costruire in zone di alta sismicità, è opportuna la verifica con metodi di analisi dinamica come pure la prova su modelli.

La capacità degli scarichi di fondo dovrà essere tale da rendere possibile l'abbassamento di cui potrebbe insorgere la necessità in caso di lesioni pericolose del rilevato.

Si fa notare che nell’affrontare le verifiche di sicurezza si indicano i coefficienti di sicurezza minimi da adottare nelle verifiche di stabilità globale allo scivolamento:

- 1.2 a termine costruzione;

- 1.4 in condizioni di massima piena; - 1.2 a seguito di rapido svuotamento ;

- 1.2 per tutte le opere ubicate in zona sismica.

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1.6 Piano S.I.M.P.O. del 1982 dell’Autorità di Bacino del fiume Po 

L’obbiettivo principe del Piano SIMPO (acronimo di Sistemazione Idraulica della Media Padana) era rappresentato dalla difesa idraulica intesa, non come assetto idraulico complessivo di bacino, bensì come insieme di interventi volti da un lato ad evitare le alluvioni prodotte dalle piene nel tratto medio inferiore di Po e, dall’altro, a salvaguardare il Delta dalle mareggiate del mare Adriatico.

Si era ancora sotto l’influsso delle catastrofiche conseguenze dell’alluvione del novembre del 1951 e ciò giustificava sia l’ambito territoriale che la valenza dell’obbiettivo del piano.

Il vero punto di forza del Piano, pur limitato per ambito territoriale, è rappresentato dalla grande attenzione affinché ogni intervento ed azione proposti scaturissero sempre da analisi e valutazioni idrologiche ed idrauliche a scala di bacino.

Un secondo punto qualificante del Piano è quello di aver saputo organizzare con coerenza, in un unico elaborato, le principali necessità finalizzate alla salvaguardia ed allo sviluppo del territorio, avuto riguardo delle prevalenti tendenze ed aspettative espresse nel periodo dagli esperti.

Tra le proposte di maggior significato per conseguire l’obbiettivo della difesa idraulica scaturite dal Piano, vi era quella di completamento degli interventi di rialzo e ringrosso arginale in corso, sulla base dei valori della piena ricostruita e seguendo i criteri della storica circolare del 12 febbraio 1873.

La quota della sommità arginale era stabilita dal livello massimo di piena conosciuto (1951) aumentato del dovuto franco.

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1.7 “Linee guida per l’esecuzione degli interventi di adeguamento

delle arginature del Po in corso di esecuzione e di progettazione”

del Magistrato per il Po del 22 Ottobre 1998 e seguenti

integrazioni del 5 Luglio 1999 

Le “linee guida per l’esecuzione degli interventi di adeguamento delle arginature del Po sia in corso di esecuzione che di progettazione” del Magistrato per il Po del 22/10/1999, dopo la piena del 1994, fanno riferimento a quote di coronamento pari a quelle previste nel profilo di piena SIMPO, alla possibilità di effettuare rialzi e ringrossi a fiume, con un addolcimento della pendenza sino a 1:2 e la eventuale formazione di una banca di 3.5 m a 2÷3 m sul piano della golena e suggeriscono di prevedere una larghezza del coronamento tale da consentire con un semplice incappucciamento il rialzo successivo per l’adeguamento alle quote della piena di riferimento “94 + 51” adottata dall’Autorità di Bacino.

Quasi un anno a seguire, ci fu una Convenzione (5 Luglio 1999) che si tradusse nella necessità di mettere a punto una metodologia progettuale degli argini legata ai problemi di stabilità e sicurezza idraulica, che tenesse conto delle condizioni di carico idraulico variabile a cui è sottoposto un argine e delle caratteristiche di resistenza dei materiali da costruzione in relazione al loro grado di saturazione.

Dalla suddetta Convenzione, si sono originate le “integrazioni alle linnee guida del 1998” che hanno introdotto importanti indicazioni:

1) I rinforzi e rialzi a fiume possono essere eseguiti con materiali poco permeabili tipo A-7 ÷ A-6 (Norme CNR – UNI 10006 – Ed. 2002) con contenuto in sabbia non inferiore al 15%, secondo i criteri indicati dalle linee guida del 1998. Per evitare fenomeni di instabilità del paramento a fiume dopo le piene e per aumentare la capacità di tenuta e ritardare l’avanzamento all’interno del corpo dell’argine della superficie di saturazione progettare le scarpate a fiume con pendenza 1:2 con banche intermedie per altezze del paramento maggiori di 5 m. Il nuovo petto deve essere immorsato al piede dell’argine con un taglione approfondito di 1÷2 m.

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2) I rinforzi a campagna vanno eseguiti con materiali di media permeabilità tipo A-6 ÷ A-4 con contenuto in sabbia non maggiore del 50% e comunque più permeabili di quelli costituenti il corpo arginale esistente.

3) I materiali da utilizzare per i ringrossi e rinforzi possono essere messi in opera con riferimento alla densità Proctor Standard.

4) Qualora non fosse possibile reperire materiali idonei, l’utilizzo di terreni grossolani e permeabili comporta il progetto di interventi di impermeabilizzazione del corpo arginale.

5) Per assicurare l’impermeabilizzazione dei terreni di fondazione, in grado di garantire una effettiva tenuta idraulica contro il pericolo di sifonamento, è necessario costruire diaframmature continue di lunghezza sufficiente ad evitare fenomeni di aggiramento del flusso e tali da intercettare interamente il banco permeabile.

6) È sempre e comunque valido il criterio di progetto di disporre il profilo dell’argine a campagna, tale da ricoprire per almeno 1 m la linea teorica di imbibizione con pendenza di 1:5 e 1:6. In presenza di arginature realizzate con materiali di caratteristiche note, in condizioni geotecniche ben definite e in assenza di pericolo di sifonamento a campagna, si possono progettare sezioni arginali più ridotte rispettivamente con linee teoriche di imbibizione di 1:4.5 ÷ 1:5.5. 

Queste linee guida, in quanto tali, non sono disposizioni di legge ma rivestono un ruolo molto importante per le attività di progettazione di interventi sui rilevati arginali; a maggior ragione, quando il quadro normativo in materia risulta decisamente carente come ad oggi, spesso sono l’unico strumento concreto a disposizione dei progettisti.

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1.8 D.M. 14 Gennaio 2008 - “Norme tecniche per le costruzioni” 

 

Dagli inizi del 2008 sono entrate in vigore le “Nuove norme tecniche per le costruzioni”; questo testo ha introdotto marcati cambiamenti in materia di progettazione strutturale, ad esempio il metodo semiprobabilistico agli stati limite che sostituisce quella che è stata un pietra miliare della progettazione strutturale come il metodo delle tensioni ammissibili.

All’interno del capitolo 6 del D.M., che tratta la “Progettazione Geotecnica”, vi sono, al paragrafo 6.8, le disposizioni per le “Opere di materiali sciolti e fronti di scavo”. Come specificato, tali dettami, si applicano ai manufatti di materiali sciolti, quali rilevati, argini di difesa per fiumi, canali e litorali, rinfianchi, rinterri, terrapieni e colmate.

Le norme si applicano, inoltre, alle opere e alle parti di opere di materiali sciolti con specifiche funzioni di drenaggio, filtro, transizione, fondazione, tenuta, protezione ed altre.

Gli sbarramenti di ritenuta idraulica di materiali sciolti sono oggetto di normativa specifica.

Si riportano a seguire i paragrafi che influenzano la progettazione dei rilevati arginali: 6.8.1 - CRITERI GENERALI DI PROGETTO

Il progetto di un manufatto di materiali sciolti deve tenere conto dei requisiti prestazionali richiesti e delle caratteristiche dei terreni di fondazione. Esso deve comprendere la scelta dei materiali da costruzione e la loro modalità di posa in opera. I criteri per la scelta dei materiali da costruzione devono essere definiti in relazione alle funzioni dell’opera, tenendo presenti i problemi di selezione, coltivazione delle cave, trasporto, trattamento e posa in opera, nel rispetto dei vincoli imposti dalla vigente legislazione. Nel progetto devono essere indicate le prescrizioni relative alla qualificazione dei materiali e alla posa in opera precisando tempi e modalità di costruzione, in particolare lo spessore massimo degli strati in funzione dei materiali. Sono altresì da precisare i controlli da eseguire durante la costruzione e i limiti di

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accettabilità dei materiali, del grado di compattazione da raggiungere e della deformabilità degli strati.

6.8.2 - VERIFICHE DI SICUREZZA (SLU)

Deve risultare rispettata la condizione (6.2.1), verificando che non si raggiunga una condizione di stato limite ultimo con i valori di progetto delle azioni e dei parametri geotecnici.

dove Ed è il valore di progetto dell’azione o dell’effetto dell’azione:

ovvero

con γE = γF, e dove Rd è il valore di progetto della resistenza del sistema geotecnico:

Le verifiche devono essere effettuate secondo l’Approccio 1 nel quale sono previste due diverse combinazioni di gruppi di coefficienti: la prima combinazione è generalmente più severa nei confronti del dimensionamento strutturale delle opere a contatto con il terreno, mentre la seconda combinazione è generalmente più severa nei riguardi del dimensionamento geotecnico.

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- Combinazione 2: (A2+M2+R2)

tenendo conto dei valori dei coefficienti parziali riportati nelle Tabelle 6.2.I, 6.2.II e 6.8.I.

Tabella 6.2.I - Coefficienti parziali per le azioni o per l’effetto delle azioni.

Tabella 6.2.II - Coefficienti parziali per i parametri geotecnici del terreno.

Tabella 6.8.I - Coefficienti parziali per le verifiche di sicurezza di opere di materiali sciolti e di fronti di scavo.

La stabilità globale dell’insieme manufatto-terreno di fondazione deve essere studiata nelle condizioni corrispondenti alle diverse fasi costruttive, al termine della costruzione e in esercizio. Le verifiche locali devono essere estese agli elementi artificiali di rinforzo, eventualmente presenti all’interno ed alla base del manufatto, con riferimento anche ai problemi di durabilità. Nel caso di manufatti su pendii si deve esaminare

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l’influenza dell’opera in terra sulle condizioni generali di sicurezza del pendio, anche in relazione alle variazioni indotte nel regime idraulico del sottosuolo. Se l’opera ha funzioni di ritenuta idraulica, lo stato limite ultimo è da verificarsi con riferimento alla stabilità dei paramenti, in tutte le possibili condizioni di esercizio. Si deve porre particolare attenzione alle problematiche relative al sifonamento ed all’erosione, in relazione alle caratteristiche dei terreni di fondazione dei materiali con i quali è realizzata l’opera, tenendo conto di quanto indicato al § 6.2.3.2. I livelli di sicurezza prescelti devono essere giustificati in relazione alle conseguenze del raggiungimento dello stato limite ultimo.

6.8.3 - VERIFICHE IN CONDIZIONI DI ESERCIZIO (SLE)

Si deve verificare che i cedimenti del manufatto, dovuti alla deformazione dei terreni di fondazione e dell’opera, siano compatibili con la sua funzionalità. Specifiche analisi devono inoltre essere sviluppate per valutare l’influenza del manufatto sulla sicurezza e sulla funzionalità delle costruzioni in adiacenza e per individuare gli eventuali interventi per limitarne gli effetti sfavorevoli.

6.8.4 - ASPETTI COSTRUTTIVI

I materiali costituenti il manufatto devono essere posti in opera in strati con metodologie idonee a garantire il raggiungimento delle proprietà fisiche e meccaniche richieste in progetto. Le caratteristiche dei componenti artificiali, quali i materiali geosintetici, devono essere specificate e certificate in conformità alle relative norme europee armonizzate e verificate sulla base di risultati di prove sperimentali da eseguire nelle fasi di accettazione e di verifica delle prestazioni attese.

6.8.5 - CONTROLLI E MONITORAGGIO

Con il monitoraggio si deve accertare che i valori delle grandezze misurate, quali ad esempio spostamenti e pressioni interstiziali, siano compatibili con i requisiti di sicurezza e funzionalità del manufatto e di quelli contigui. Durante la costruzione devono essere eseguite prove di controllo del grado di addensamento, dell’umidità e della deformabilità degli strati posti in opera. Il tipo ed il numero di controlli devono essere convenientemente fissati in relazione all’importanza dell’opera ed alle caratteristiche geotecniche dell’area, in modo da assicurare un congruo numero di

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misure significative. Per opere di modesta importanza, che non comportino pericoli per le persone o apprezzabili danni alle cose, il monitoraggio può essere ridotto a documentate ispezioni visive.

Come si può notare, anche se i temi riguardanti il progetto, la verifica, gli aspetti costruttivi, i controlli e il monitoraggio vengono affrontati, le indicazioni su come procedere nella pratica sono spesso marginali e non hanno la peculiarità di fornire istruzioni precise; ulteriori considerazioni sono state effettuate nel capitolo 6.

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1.9 I piani di bacino e i piani stralcio delle Autorità di Bacino 

 

Con la legge 183/1989 sulla difesa del suolo si è stabilito che il bacino idrografico debba essere l'ambito fisico di pianificazione, che consente di superare le frammentazioni e le separazioni prodotte dall'adozione di aree di riferimento aventi confini semplicemente amministrativi.

Il bacino idrografico è inteso come "il territorio dal quale le acque pluviali o di fusione delle nevi e dei ghiacciai, defluendo in superficie, si raccolgono in un determinato corso d'acqua direttamente o a mezzo di affluenti, nonché il territorio che può essere allagato dalle acque del medesimo corso d'acqua, ivi compresi i suoi rami terminali con le foci in mare ed il litorale marittimo prospiciente".

L'intero territorio nazionale è pertanto suddiviso in bacini idrografici, che sono classificati di rilievo nazionale (organizzati in n.6 Autorità di Bacino: 1 - Po; 2 - Tevere; 3 - Arno; 4 - Adige; 5 - Volturno, Liri - Garigliano; 6 - Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave, Brenta, Bacchiglione), di rilievo interregionale (in numero di 18: undici per il versante adriatico, due per il versante ionico e cinque per il versante tirrenico dell'Italia) e regionali.

Per ogni bacino idrografico (regionale, interregionale o di interesse nazionale) dovrà essere elaborato un piano di bacino che riguardi la difesa dalle acque, la conservazione, la difesa e la valorizzazione del suolo, la salvaguardia della qualità delle acque superficiali e sotterranee e il loro disinquinamento, la compatibilità ambientale dei sistemi produttivi, la salvaguardia dell'ambiente naturale, l'acquisizione e la diffusione dei dati fino all'informazione della pubblica opinione.

Dopo lo stato di criticità ambientale degli anni '90, la legge, in attesa del piano di bacino, ha permesso di finanziare interventi concreti e mitigatori di situazioni a rischio attraverso piani triennali ("schemi previsionali e programmatici") o anche interventi urgenti.

La legge 183/1989 prevede che il piano di bacino debba essere non un semplice studio corredato da proposte di intervento, ma un aggiornamento continuo delle problematiche e delle soluzioni.

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Esso, tenendo conto dei diversi livelli istituzionali che operano con specifiche competenze di programmazione (Stato, Autorità di Bacino, Regioni, Province), dovrà rappresentare il necessario coordinamento con gli altri strumenti di pianificazione e di programmazione territoriale.

Una volta che il piano di bacino viene elaborato e adottato, infatti, gli strumenti di pianificazione settoriale e territoriale indicati all'art.17, comma 4 della Legge 183/1989 dovranno essere adeguati ad esso.

Il piano dovrà garantire, tra l'altro:

1) la difesa dei centri dal rischio di piena, stabilito un tempo di ritorno adeguato; 2) la protezione dei corpi idrici superficiali e sotterranei dall'inquinamento e dal

depauperamento;

3) la riduzione del dissesto idrogeologico esistente e la non ammissibilità per il futuro di interventi causa di dissesto;

4) il mantenimento di una dinamica dei litorali e degli alvei compatibile con l'evoluzione naturale e con l'attività presente nel bacino;

5) il recupero di equilibri naturali attraverso l'allentamento della pressione antropica, ovvero attraverso il corretto e razionale uso delle risorse.

Considerando che le risorse "suolo e acqua" sono limitate, il piano dovrà permettere di operare scelte tra usi diversi, talora tra loro conflittuali, mediante lo strumento dell'analisi costi - benefici, estesa ai costi sociali e ambientali e ai benefici non quantificabili.

Per quanto riguarda ad esempio l’Autorità di bacino del fiume Serchio, in accordo con quanto previsto dalla normativa vigente, essa ha adottato i seguenti stralci del piano di bacino:

- "Piano stralcio Qualità delle Acque"; - "Piano stralcio Attività Estrattive";

- "Piano Straordinario per la rimozione delle aree a rischio idrogeologico più alto";

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Quest’ultimo documento, di maggior interesse per il presente studio, contiene, oltre alla parte conoscitiva delle problematiche del bacino, il programma degli interventi per la riduzione del rischio idrogeologico a livelli socialmente accettabili ed il relativo piano finanziario con una previsione totale di spesa.

Gli interventi sono suddivisi in tre fasi, rispettivamente di 3 (primo programma triennale), 7 e 5 anni, previsti in un periodo complessivo di 15 anni.

Nel Piano di Bacino Stralcio Assetto Idrogeologico definitivamente adottato nel 2005, sono state individuate e perimetrate, così come previsto dal decreto – legge n° 180/1998 e dalla legge n° 365/2000, le aree a rischio di frana e alluvione presenti nel territorio del bacino stesso, sulle quali, a seconda del grado di pericolosità, sono state adottate apposite norme.

Dalle norme di piano del piano stralcio, si ricavano informazioni riguardanti i tempi di ritorno delle piene, determinanti nella progettazione delle opere di contenimento delle acque fluviali.

Tali dati sono contenuti all’interno del titolo III e suddivisi in relazione alle specifiche condizioni idrauliche e idrogeologiche.

Figura

Figura 1.2.1 - Esempio argini in Froldo e in Golena
Figura 1.3.1 - Prescrizioni del Testo Unico sulle opere idrauliche del 1904
Figura 1.4.1 - Sezioni arginatura maestra (Circolo Superiore di Ispezione per il Po, 1929)
Figura 1.4.2 - Sezioni arginature (Circolo Superiore di Ispezione per il Po, 1952)
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