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L’interrogativo di fondo è verificare se il testo dell’accordo firmato nel 1968 sia ancora oggi adeguato alle reali sfide post Guerra Fredda

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Academic year: 2021

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INTRODUZIONE

L’idea centrale del presente lavoro, prende le mosse dalle considerevoli difficoltà cui è stato sottoposto in tempi recenti il Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP), entrato in vigore nel 1970, e sottoposto nell’ultimo decennio, ormai tramontate le paure derivanti da una deriva nucleare della Guerra Fredda, ad una considerevole serie di tensioni che ne hanno fortemente messo in dubbio la sua solidità. Pur essendo sostanzialmente universalizzata la sua azione, che coinvolge oggi 189 Paesi, contro i 46 che ne erano membri al momento della sua entrata in vigore, a partire dal 1998 il sistema internazionale della non proliferazione è stato profondamente scosso dagli esperimenti condotti in quell’anno da India e Pakistan, ed in seguito dalle prove emerse a proposito del piano di riarmo nucleare della Corea del Nord, dal fallimento della Conferenza di Revisione del 2005, ed infine dall’ancora irrisolta vertenza circa il programma nucleare iraniano, ancorché questa si sia stata per ora gestita interamente all’interno delle disposizioni giuridiche del Trattato.

L’interrogativo di fondo è verificare se il testo dell’accordo firmato nel 1968 sia ancora oggi adeguato alle reali sfide post Guerra Fredda. Infatti, il Trattato poggiava le proprie basi nel “great game” dello scontro bipolare, ma oggi pare essere inadeguato. Si prenda ad esempio il caso della Corea del Nord, anch’essa paese firmatario del trattato, ma con antiche aspirazioni di potenza. In tempi recenti Pyongyang, è arrivata alla denuncia dell’accordo, in base all’articolo 10 che ne regola le modalità, sicché oggi un suo programma nucleare sia civile che militare non prefigura più una violazione del diritto internazionale. Proprio l’equilibrio fra i due blocchi fungeva quindi da elemento di stabilizzazione, venuto a mancare il quale i piccoli Stati che venivano “usati” come pedine su una scacchiera, oggi detengono una nuova forza e libertà politica.

In pratica il lavoro intende ripercorrere i vari accadimenti che hanno portato Stati Uniti ed Unione Sovietica ad accordarsi per la stipula del Trattato per la Non proliferazione Nucleare, ma soprattutto quella che è stata l’evoluzione della disciplina del Trattato sia in relazione ai principali eventi storici (scoppio della Bomba Indiana nel 1974, caduta dell’URSS…), sia analizzando la sua evoluzione politica e giuridica nelle sette Conferenze di Revisione succedutesi dal 1970 ad oggi.

L’idea di fondo sarebbe quella di dimostrare come il Trattato fosse un tassello di quel periodo che prese il nome di “grande distensione” fra i due blocchi, come ne sia stata in un certo modo l’espressione massima. Di conseguenza si intenderebbe evidenziare come al di fuori delle categorie politiche e di pensiero della Guerra Fredda, il trattato mal si applicasse

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fin dalle sue origini, stante l’assenza fra i firmatari di due potenze nucleari come Francia e Cina, come anche di Stati che sfidavano la bipolarizzazione del mondo da una posizione terza rispetto ai due blocchi, come l’India o importanti paesi sudamericani.

Paradossalmente la fine della Guerra Fredda, pur avendo fatto presagire la fine della necessità degli arsenali nucleari, ed avendo visto l’adesione al TNP della quasi totalità degli stati del mondo, nonché la sua estensione a tempo indeterminato (1995), ha visto al contempo l’interesse di parecchi stati a dotarsi di ordigni nucleari (Pakistan, Corea del Nord…) o a implementare i loro programmi nucleari civili, sviluppando il settore delle tecnologie c.d. dual use (Iran, Brasile, India…). Per avvalorare quest’ultimo discorso un’ultima parte della ricerca

sarà dedicata ad analizzare come case study la particolare posizione assunta dalla Repubblica Islamica d’Iran nei confronti del TNP: essa, infatti, a partire dal 2002 ha fortemente messo in crisi i sistemi di garanzia previsti dal Trattato.

Anche dal punto di vista tecnologico il trattato fatica ad essere realmente efficace: ad esempio le attuali tecnologie di arricchimento dell’uranio tramite centrifughe a gas non erano né potevano essere previste negli anni sessanta, e di qui nasce l’esigenza di stipulare degli Additional Protocol, che negli ultimi tempi si sono fatti sempre più frequenti. Ma anche più

problematici, essendo venuta a mancare quella stabilità internazionale che la Guerra Fredda ha garantito.

Il caso iraniano può essere emblematico per analizzare le aporie e contraddizioni del Trattato a quasi quarant’anni dalla sua stipula: infatti, è un paese che ha aspirazioni nucleari ufficialmente civili, insieme ad altri importanti paesi come il Brasile che, però, a differenza di quest’ultimo viene guardato con enorme sospetto dalla comunità internazionale. Ed allo stesso tempo non ha però manifestato una seria intenzione di denunciare il Trattato, diversamente da quanto operato dalla Corea del Nord.

Il primo Capitolo ripercorre gli eventi storici dall’inizio dell’epoca nucleare fino alla fine degli anni Cinquanta, ossia la fase di culmine della Guerra Fredda. Si è ritenuto di dover partire così addietro rispetto all’oggetto della Tesi, per poter ripercorrere soprattutto l’evoluzione degli aspetti giuridici relativi al nucleare ed alla sua proliferazione, poiché il Trattato è una fonte del Diritto Internazionale. In questo Capitolo si è pertanto cercato di associare al dato storico anche i tentativi di normare la questione nucleare, e l’evoluzione della giurisprudenza in materia.

Il secondo Capitolo si prefigge di analizzare soprattutto gli anni della Grande Distensione, da cui il TNP è stato generato, con una particolare attenzione ai primi approcci

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pattizi alla questione. Altrettanta importanza è stata attribuita ai contemporanei tentativi di rinuncia o limitazione parziale della corsa alle armi nucleari, primo fra tutti il Limited Test Ban Treaty, ma anche le dichiarazioni più o meno spontanee di rinuncia alle armi nucleari,

culminando con l’Istituzione di una regione militarmente denuclearizzata in America Latina (Trattato di Tlatelolco), primo e più autorevole accordo multilaterale di rinuncia alle applicazioni militari dell’energia atomica.

Il terzo Capitolo, brevemente, percorrerà quelli che sono gli aspetti tecnici del ciclo nucleare, non tanto al fine di una profonda comprensione fisico-tecnica, impossibile oltre che fuorviante in questa sede, quanto per poter comprendere e sottolineare la rilevanza giuridica di questi aspetti.

Il quarto Capitolo procede parimenti ad un’analisi approfondita del Trattato di non Proliferazione come fonte del diritto internazionale, cercando di sottoporre ad un’attenta lettura il dettato degli articoli e lo spirito generale del Patto, onde poter in seguito comprendere gli argomenti oggetto di dibattito.

Qualche breve pagina verrà dedicata al dibattito avvenuto in Italia circa la ratifica del TNP. Non si tratta tanto di una parentesi “nazionale” all’interno del presente elaborato, quanto piuttosto un tentativo di ripercorrere, seguendo le dinamiche politiche interne al nostro Paese, l’interpretazione pratica del nascente regime di non proliferazione, dimostrando quanto esso fosse ancorato alla realtà dello scontro bipolare. L’Italia può essere considerata un caso esemplare in tal senso, poiché era un membro dell’alleanza atlantica, vivendo al contempo le forti contraddizioni interne dovute alla presenza di uno dei principali partiti comunisti dell’Europa occidentale. Secondo tale logica sarebbe potuto essere di estremo interesse il caso francese, eccetto il fatto che la Francia non solo era una potenza nucleare, ma soprattutto aderì al Trattato circa un ventennio più tardi.

A questo punto, nel corso di quattro distinti Capitoli, verranno analizzate le sette Conferenze di Revisione del Trattato succedutesi finora. La trattazione di tali vertici è stata effettuata partendo da una vasta documentazione selezionata durante un periodo di ricerca presso l’archivio dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, a Vienna. Attraverso l’analisi e la comparazione delle filze NPT/CONF e dei moltissimi draft, tra loro e con le versioni finali, si è cercato di comprendere in profondità la posizione dei vari Paesi, il peso politico delle decisioni effettivamente prese, e l’evoluzione degli equilibri internazionali. Si è cercato inoltre, tramite l’alternarsi di alcuni brevi paragrafi di inquadramento del contesto storico-politico, di fornire una lettura in prospettiva storica delle varie Conferenze, cercando di ancorarla anche a quegli avvenimenti della storia del disarmo nucleare che spesso sono

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oggi presentati in una posizione di secondo piano, come ad esempio lo scoppio del primo ordigno nucleare indiano nel 1974.

Si è scelto volutamente di interrompere l’analisi alla settima conferenza, svoltasi nel 2005, senza prendere in considerazione la ricca documentazione prodotta finora dai Preparatory Committee della Conferenza prevista per il 2010, né la vasta pubblicistica che da

essi si è sviluppata. Nel 1995 venne approvato il rafforzamento delle procedure di revisione del Trattato, con l’istituzione di tre PrepCom dotati di notevoli poteri di indirizzo, ma nonostante ciò le successive due Conferenze disattesero fortemente quello che era stato il lavoro preparatorio. Mancando ancora più di un anno alla convocazione del vertice, e dovendosi ancora riunite la commissione preparatoria del 2009, si è ritenuto che avventurarsi nelle aspettative circa un avvenimento ancora lontano dal suo svolgersi non fosse corrispondente agli obbiettivi della presente ricerca.

Infine, nella seconda parte dell’elaborato, si ripercorrerà la storia del programma nucleare iraniano, con una particolare attenzione alle dinamiche instaurate a partire dal 2002, quando venne rivelata per la prima volta la presenza di una deriva a scopi militari di tale programma. Si è cercato di mantenersi il più possibile aderenti, nella ricostruzione dei fatti storici, ai documenti ufficiali emessi dalle Nazioni Unite e dall’AIEA, essendo tali avvenimenti ancora lontani dal concludersi, e pertanto soggetti alle interpretazioni personali ed alle pregiudiziali politiche dei differenti autori. Si è cercato di attingere cum grano salis e con estrema parsimonia alle fonti giornalistiche, pur non nascondendosi di fronte al fatto che in più di un’occasione siano state proprio le divulgazioni sui mezzi di informazione a suscitare azioni e reazioni da parte degli attori coinvolti.

Accade sempre più spesso che i quotidiani, le televisioni, ed internet travalichino la loro natura di mezzi di informazione e comunicazione, divenendo le fonti primarie della ricerca storica. Sotto questo aspetto, la maggiore difficoltà si è rivelata essere la verifica dei numerosi documenti reperibili sulla rete internet, data la difficoltà di risalire alle fonti originarie, di sondare l’autorevolezza dell’autore – alle volte di stabilire l’autore stesso – e via dicendo. Per tali motivi si è scelto aprioristicamente di eliminare dalle fonti l’enorme nebulosa di forum, blog, pagine d’opinione ed altri siti che non offrissero la garanzia di un autore, una data, e della permanenza in linea dei documenti.

Differente è stato chiaramente l’approccio alle riviste scientifiche, da cui comunque spesso è balzato agli occhi il rapporto fra la nazionalità dell’autore e le considerazioni svolte. Difficilmente le posizioni espresse possono essere definite ideologiche, tendenziose o di parte, ma capita che tradiscano quantomeno la formazione culturale

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dell’autore: per fare un esempio, gli autori di origine iraniana fuoriusciti dal loro paese per motivi politici, che sono generalmente tra i più interessanti e meglio informati, anche in virtù della migliore comprensione della lingua persiana, sono al contempo i principali avversatori dell’operato del loro Governo.

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