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2. UN’EPOCA INQUIETA: PROFILO STORICO-SOCIALE DELL’EUROPA CINQUECENTESCA

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2. UN’EPOCA INQUIETA: PROFILO STORICO-SOCIALE DELL’EUROPA CINQUECENTESCA

L’Europa, nel XVI secolo attraversa un periodo travagliato, ricco di avvenimenti che ne cambiano il volto e l’anima, lasciando segni profondi nelle istituzioni e ridefinendo gli equilibri socio-politici

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. La prima metà del Cinquecento è occupata dalle «guerre d’Italia» fra Francia e Spagna, che insanguinarono il suolo italiano per quasi un sessantennio e che andarono a coinvolgere anche il Sacro Romano Impero. Questa serie di otto conflitti avevano come scopo il possesso dell’Italia (in particolare di Milano) e il predominio in Europa. Le ostilità ebbero inizio nel 1494 quando il sovrano francese Carlo VIII, calò in Italia per rivendicare gli antichi diritti della casa D’Angiò (di cui era erede) sul Regno di Napoli, incoraggiato anche da

1 P. VIOLA, L’Europa moderna, storia di un’identità, Giulio Einaudi Editore, Torino 2004, pp.4-15, 88-98, 111-128,

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Lodovico Sforza di Milano, e terminarono con la pace di Cateau-Cambresis nel 1559.

Il XVI secolo fu caratterizzato anche da un altro avvenimento che andò a modificare sensibilmente e inesorabilmente il destino spirituale e storico dell’Europa e contribuì a creare ulteriore ansia e irrequietezza negli animi già sconfortati da anni di guerre sanguinarie: la Riforma Protestante e la Contro Riforma. Da molto tempo era opinione dei più che la Chiesa fosse andata incontro a uno stato di corruzione devastante

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, e che fosse ben lontana dal rispecchiare gli ideali di purezza e rigore morale che con tanta forza essa continuava a predicare tra i popoli. Oramai sembrava essere giunto il momento di mettere fine agli scandali che avevo travolto il sistema ecclesiastico e persino molti religiosi e intellettuali auspicavano una vera e profonda azione di riforma.

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Questa avvenne, ma in una maniera così

2Tra i mille mali che affliggevano la Chiesa durante il ‘500 e che determinarono uno stato di profonda amarezza e voglia di rinnovamento si può annoverare la possibilità di dispense dagli uffici, per cui a discrezione del Papa, un vescovo poteva essere esentato dall’ufficio, mantenendo lo stesso il suo beneficio, in cambio di un lauto contributo alla Santa Sede. Inoltre la Chiesa non sembrava essere né limpida, né povera e soprattutto non sembrava stare con i poveri ma con i potenti. C’era poi un terzo problema, che riguardava la verità della Fede e per questo ancora più grave, secondo quelli che poi sarebbero divenuti i «protestanti»: Il cattolicesimo romano aveva aggiunto molte cose in cui credere a quelle che Gesù aveva insegnato (il culto della Madonna e dei santi, il purgatorio il ruolo stesso del Papa come vicario di Cristo, il monopolio dogmatico della Chiesa, il ruolo dei preti come intermediari fra l’uomo e Dio, e i sette sacramenti). Ma il caso forse più eclatante di commistione tra interessi personali e sfera del sacro fu quello dell’indulgenza concessa da Leone X, il quale, bisognoso di denaro per la sua politica italiane e per abbellire la città di Roma, concesse l’indulgenza (ovvero una sorta di abbreviazione della condanna del purgatorio per i defunti) «plenaria» a quanti dopo essersi confessati e pentiti, offrissero alla Chiesa un obolo adeguato alle proprie possibilità.

3 Tra coloro che auspicavano questo cambiamento radicale in seno alla Chiesa, non c’erano solo eretici, finiti poi sul rogo, ma anche maestri del pensiero umanistico come Erasmo da Rotterdam e personalità da lui influenzate come, Carlo V e il precettore e consigliere dello stesso Imperatore, per alcuni mesi Papa, Adriano VI (1459-1522-23).

Secondo Paolo Viola, tutte le principali corti europee furono governate da principi erasmiani, i quali però non riuscirono a ottenere la riforma, nella pace e nell’unità.

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dirompente da spaccare il cristianesimo occidentale e condurre interi paesi

«via da Roma».

A dare l’inizio alla stagione più controversa della cristianità fu un frate agostiniano tedesco e professore all’Università di Wittemberg: Martin Lutero (1484-1546). Per lui nessun’opera e soprattutto, nessun prete poteva aiutare l’uomo a salvarsi, la sua condanna era senza speranza. Non c’erano meriti sufficienti e ancor meno monete sonanti sul fondo della scatola, che potessero aprirgli la via al Paradiso. L’unico modo di accedervi era la sola fide. Per Lutero quindi, la Chiesa non aveva nessun ruolo decisivo e non poteva interporsi tra Dio e l’uomo. Quest’ultimo poteva solo ascoltare, traendo quello che lui capiva personalmente dalla sola parola di Dio, la quale non era interpretata dal prete, ma consegnata esclusivamente nelle Sacre Scritture.

La portata delle idee luterane era davvero rivoluzionaria: e infatti rivoluzione fu, quando nel 1517 il professore di Wittemberg fece conoscere il suo pensiero, affiggendo le famose «95 tesi» alla porta della Cattedrale della città. La recente invenzione della stampa favorì la diffusione in larghissima scala delle idee luterane, che si sarebbero rivelate un vero e proprio terremoto per il mondo cattolico romano.

La predicazione di Lutero era caratterizzata da toni accesi e provocatori,

specie nei confronti di quella che egli definiva volgarmente, la «prostituta

di Babilonia» (Roma), e ciò causò la condanna delle sue dottrine da parte

della Chiesa, tramite la Bolla Exurge Domine, che il frate tedesco non esitò

a bruciare in piazza a Wittemberg. Carlo V, impegnato su altri fronti, decise

di convocare Lutero alla Dieta di Worms del 1521, il religioso vi si recò,

ma alla proposta di abiura in alternativa al rogo, egli rifiutò, e grazie a un

salvacondotto, riuscì a ripartire. L’elettore di Sassonia allora, lo fece rapire

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e lo nascose per un anno, durante il quale Lutero scrisse le sue opere più importanti e cominciò la traduzione in volgare della Bibbia

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. Dal suo lavoro sarebbe nata la lingua letteraria tedesca, ma non solo: anche una fede e un’identità tedesche.

Se il potere della Chiesa era illegittimo e diabolico, a maggior ragione lo era quello dei signori, se si voleva un ritorno alla purezza primitiva della fede, a maggior ragione si proponeva anche un equilibrio sociale e un’eguaglianza nella distribuzione delle risorse. Passando dalle parole ai fatti, leghe di contadini e di povera gente, guidate dai pastori «anabattisti»

spazzarono la Germania, il Tirolo, la Svizzera, assaltando i castelli. Lutero, aveva totalmente sconfessato questi suoi discepoli rivoluzionari e intolleranti. Malgrado le speranza della povera gente, il frate stava dalla parte del potere istituito da Dio e non esito e chiedere che i ribelli fossero massacrati

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.

La riforma luterana rifiutava l’eresia radicale, ma preferiva prendere un canale politico, coinvolgendo i principi tedeschi, che cominciarono presto a negoziare e a ottenere dall’Imperatore, i diritti alla libertà religiosa. Quando questi diritti furono minacciati, i principi non esitarono a firmare congiuntamente una protesta, già nel 1529, per questo furono chiamati

«protestanti».

Naturalmente anche in seno al Cattolicesimo emerse una novità altrettanto importante e capace di scuotere le coscienze. Iniziò infatti la

4 Per Lutero era fondamentale che il fedele potesse leggere un testo sacro che fosse in grado di capire, così da poterne trarre un’interpretazione davvero personale, senza dover affidarsi all’intermediazione del prete. Al tempo il Latino era la lingua parlata ufficialmente dalla Chiesa, ma non dalla maggior parte del popolo. Tale condizione poneva quest’ultimo in una condizione di svantaggio, ignoranza e manovrabilità nei confronti del clero, quale detentore e unico interprete della «parola di Dio».

5Lo stesso Müntzer fu catturato, torturato e ucciso. Lutero era convinto che la rivoluzione sociale fosse opera del diavolo, per far fallire la sua riforma la quale doveva riguardare solo il messaggio religioso del cristianesimo.

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predicazione dello spagnolo Ignazio di Loyola (1491-1556) un militare convertitosi alla vita religiosa. Il suo pensiero teologico riservava una parte maggiore alla salvezza, riservata all’azione dell’uomo, rispetto alla stessa teologia cattolica. Il «gesuita» doveva e poteva rendersi padrone di se stesso e degno della grazia divina attraverso la pratica di «esercizi spirituali».

Altro evento destinato a cambiare le sorti spirituali (e non solo) dell’Europa, fu l’istituzione nel 1542, del Tribunale dell’Inquisizione romana, sul modello spagnolo. Il Sant’Uffizio fu la terribile arma della repressione che accese centinaia di roghi, e dalle cui fila sarebbero venuti i più importanti papi della seconda metà del secolo: Paolo IV (1476-1555- 59), Pio V (1504-1566-72) e Sisto V (1521-1585-90). In quello stesso anno, fu indetto il concilio, il quale invece di riconciliare la cristianità, riuscì a provocarne la definitiva frattura. Fu convocato a Trento, città imperiale (come voleva Carlo V). Aperto nel 1545, si concluse, dopo diversi trasferimenti, solo nel 1563. Doveva risolvere le questioni dell’intermediazione della Chiesa fra uomo e Dio, i sacramenti, la giustificazione per fede o per le opere. Altre questioni fondamentali che dovevano essere affrontate nel concilio erano la moralizzazione del clero, la sua formazione, la relazione tra uffici e benefici dei vescovi. Sul primo punto la Chiesa ribadì la dottrina tradizionale (l’uomo è salvato non solo per la sua fede ma anche per le sue opere, solo tramite la chiesa cattoliche e la sua intermediazione).

Anche la questione dell’interpretazione delle Sacre Scritture rimaneva

immutata, ovvero essa rimaneva nella mani della chiesa romana, e i testi

non dovevano essere tradotti in volgare. Qualche concessione fu fatta in

merito ad altre questioni, come ad esempio, fu ribadito il principio del

celibato dei sacerdoti, la loro formazione intellettuale e teologica sarebbe

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stata assicurata da scuole preposte, i «seminari», i vescovi furono obbligati alla residenza. L’impostazione cattolica romana tornava sempre sullo stesso principio, che fra l’uomo e Dio, fra l’uomo e la sua coscienza, i suoi doveri, si interpone sempre e comunque l’autorità della Chiesa, e del suo capo, il vicario di Cristo, il Papa.

Negli stessi decenni in cui in Germania si tentava la pacificazione, in Francia scoppiava la guerra civile. Gli scontri iniziarono nel 1562. Per trent’anni il paese fu coinvolto in massacri e bagni di sangue che arrivarono anche a minacciarne l’unità. In tali scontri fu coinvolta anche la Spagna, a pochi anni dalla pace di Cateau-Cambresis. L’episodio considerato più cruento è il massacro della notte di San Bartolomeo, in cui furono trucidati qualcosa come tremila ugonotti, convenuti a Parigi per festeggiare il matrimonio della sorella del re con il calvinista Enrico di Borbone

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. Alla fine, dopo anni di scontri e massacri in nome di Dio, fu raggiunta la pacificazione con l’editto di Nantes del 1598, che rimase in vigore per decenni.

Come abbiamo avuto modo di verificare in questo excursus, il periodo storico che viene fatto coincidere con l’avvento del Manierismo, è uno dei più tormentati a livello politico-sociale e spirituale. Le guerre, gli scismi religiosi e le conseguenze da essi portate, popolavano la fantasia degli uomini di fantasmi, mostri, spettri, probabili proiezioni di ansie per un futuro davvero buio e incerto. Gli artisti non erano da meno, e la particolare sensibilità li portava a sentire ancora di più il peso di quelle tragedie che

6 L’eccidio di San Bartolomeo, fu ordinato dalla regina Caterina con l’assenso di Carlo IX e on l’approvazione del papa san Pio V. Gli ugonotti furono colti nel sonno e massacrati dal popolo. A seguito di questo sanguinario episodio, la frattura tra cattolici e protestanti divenne ancora più profonda, e la Francia finì per essere lacerata da una guerra civile generalizzata, detta «dei tre Enrichi», Enrico di Borbone a capo degli ugonotti, Enrico di Guisa a capo dei cattolici e il resto del potere statale, intorno alla monarchia.

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sconvolgevano il mondo, e a dare forma alla loro angoscia. Forse, l’attrazione nei confronti dell’occulto, dell’esoterismo, la predilezione per il bizzarro, l’inusuale e il mostruoso, poteva essere letta come una cartina torna sole delle ansie e dell’inquietudine spirituale, vissuta dagli uomini, anche da quelli più potenti

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Giuseppe Arcimboldi, fu l’artista che seppe interpretare abilmente i gusti estrosi di un sovrano altrettanto bizzarro e fuori dal comune. Egli creò opere straordinarie che andavano a sposare perfettamente le aspirazioni di raffinatezza (stilistica) ed eccentricità (tematica) dell’arte cortigiana rodolfina. Ovviamente, dietro le immagini di divinità che sembrano uscir fuori dalle Metamorfosi ovidiane, c’era un preciso progetto allegorico e celebrativo della casa d’Asburgo, ma questa è un’altra storia.

Nel prossimo capitolo di questo studio andrò a delineare un profilo dell’artista Giuseppe Arcimboldo, in quanto uomo e personaggio della corte di Rodolfo II. Cercherò di mettere in evidenza le esperienze da lui vissute nel corso della sua vita, che hanno contribuito a renderlo uno dei protagonisti della stagione manierista.

7 Tra gli estimatori delle scienze occulte vi era anche Rodolfo II, mecenate di Arcimboldo,. Il tema sarà trattato in modo più appropriato nei prossimi capitoli, ma basti dire in questa sede, che il sovrano era da molti considerato una figura misteriosa e dedita all’alchimia e ad altre pratiche occulte. Egli amava circondarsi di personaggi direttamente o indirettamente legati al mondo della magia (astrologi, maghi) e dell’esoterismo, per questa sua particolare propensione egli suscitava curiosità quando non vero e proprio sospetto di essere coinvolto in «diavolerie».

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