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John McGahern è annoverato tra i migliori autori della letteratura irlandese contemporanea ma, nonostante la fama internazionale, la sua maestria non è stata subito unanimamente riconosciuta e tutt’ora rappresenta un curioso caso di

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INTRODUZIONE

John McGahern è annoverato tra i migliori autori della letteratura irlandese contemporanea ma, nonostante la fama internazionale, la sua maestria non è stata subito unanimamente riconosciuta e tutt’ora rappresenta un curioso caso di

“strabismo ricettivo”.

McGahern è nato a Dublino nel 1934, appena un decennio dopo la fine delle sanguinose lotte per l'indipendenza e degli scontri in Irlanda tra il governo britannico e l’Irish Republican Army (IRA), sfociati in una vera e propria guerra civile. Prese parte a tali scontri anche il padre, Francis McGahern, sergente della Garda, che combatté nell’IRA.

La traumatica esperienza della guerra, che portò il padre a vivere in caserme lontano da casa, ebbe ripercussioni anche nella vita familiare del giovane McGahern, incapace di rapportarsi al violento e repressivo autoritarismo paterno.

La distanza della figura paterna non fu solo fisica, ma soprattutto emotiva, e causò profondi turbamenti nell’animo del giovane John, chiaramente riscontrabili nelle sue opere, dove emergono figure maschili violente e determinate a esercitare un dispotico potere di matrice militare anche in ambito domestico.

Ripercorrendo le vicende personali ed esaminando i lavori di McGahern, emerge quanto i genitori, due personalità agli antipodi, rappresentino delle figure chiave nella vita e nella produzione letteraria dello scrittore: all’immagine sfuggente e distaccata del padre si contrappone quella positiva della madre, con la quale John trascorse l’infanzia fino all’età di 9 anni, quando alla donna fu diagnosticato un terribile cancro. Il periodo della malattia mise a dura prova il precario e instabile rapporto con il padre, sempre più assente, nonostante il trasferimento di John e dei suoi sei fratelli nella casa paterna. In quel difficile periodo, le uniche vie di fuga da un mondo cupo e doloroso furono per John lo studio e la religione. L'ammirazione della grande fede con cui la madre riuscì ad affrontare la malattia fece nascere in lui il desiderio di diventar prete.

La morte della madre segnò, di contro, l'inizio della sua brillante carriera,

poiché costituì la spinta a lasciare la casa natia e accostarsi a quella che diventerà

la sua più grande passione, dopo aver abbandonato, con rammarico, la strada

ecclesiastica: l’insegnamento.

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Nel suo percorso formativo, da sempre contrastato dal padre, McGahern deve molto ai Moroney, una famiglia protestante locale che, quando egli aveva solo undici anni, gli concesse libero accesso a una ben fornita biblioteca, permettendo così a McGahern di iniziare una brillante carriera scolastica. Iscrittosi alla scuola cattolica di Carrick-on-Shannon, per la prima volta e con suo gran stupore, le sue doti intellettuali furono particolarmente apprezzate al punto che vinse una borsa di studio. Poté così accostarsi alle opere di grandi autori quali Shakespeare, Wordsworth, Tennyson, Joyce, Yeats, Cechov, Beckett, Dickens, Flaubert e Proust, di cui si trova ampio eco nella sua produzione. Tali influenze gli sono valse l’appellativo di “scrittore eclettico”,

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che egli stesso ha accettato dichiarando il suo debito e ammirazione per scrittori diversi quali Joyce, Flaubert e George Moore.

Analizzando i motivi ricorrenti nei testi di McGahern e ponendoli a confronto con tali autori, è possibile far risalire la cruda analisi della paralisi della società irlandese a Joyce, l’esplorazione del quotidiano e l’abilità “to take the commonplace and, even more, the inconsequential, and make of it something illuminating”

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a Cechov; mentre la rappresentazione delle umili vite in scenari rurali ricorda George Moore; la pessimistica visione dell’insensatezza della vita umana costituisce sicuramente un riflesso dell’esistenzialismo di Beckett;

l’interesse per i meccanismi della memoria e nel recupero del tempo passato costituiscono, invece, un chiaro eco proustiano. Per quanto riguarda lo stile, è infine possibile notare la commistione tra realismo e simbolismo, tipica di Flaubert.

McGahern è stato un appassionato lettore e deve proprio alla lettura di questi, ma anche di altri autori a lui contemporanei, l’inizio della sua attività di scrittore.

Le sue qualità esistenzialiste e simboliste hanno peraltro contribuito a fare di lui

“the best cartographer of the physical and metaphysical landscape our generation”.

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1D. SAMPSON, Outstaring Nature's Eye: The Fiction of John McGahern, Washington D.

C., The Catholic University of America Press, 1993, p. 246.

2Ibidem, p. 163.

3 E. GRENNAN, “Only What Happens’: Mulling Over McGahern”, John McGahern, Irish University Review: A Journal of Irish Studies, XXV, 1, 2005, p. 26.

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La sue doti emersero chiaramente sin dai primi passi accademici: nel 1954, seguendo la strada della madre, si laureò al St. Patrick's Teacher Training College a Drumcondra, diventando insegnante a soli vent'anni. L'anno successivo si trasferì a Dublino, dove iniziò a insegnare nella scuola cattolica di Clontarf (Scoil Eoin Bhaiste). Qui, pochi anni dopo, si accinse a scrivere il suo primo, ma non pubblicato, romanzo: The End and the Beginning of Love (1957).

I primi successi arrivarono con The Barracks (1963), incentrato sulle vicende psicologiche di Elizabeth, donna rinchiusa tra claustrofobiche mura domestiche e intenta a trovare un modo per uscire dalla sua limitatezza. Nel romanzo emerge un’atmosfera di stasi senza speranza, simile a quella di certe opere di Joyce, ma, nonostante il pessimistico nichilismo che esso ritrae, McGahern riesce a focalizzare l’attenzione sulla dignità e qualità della protagonista che, nel tentativo di comprendere e accettare la sua tragica esistenza, riuscirà a trovare quella serenità che la porterà a contemplare la sacralità dell’universo circostante. Con il suo stile ”formal and graceful”

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e con la “scrupulous yet enhancing accuracy”

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di tale romanzo, McGahern “has caught so well the peculiar hopelessness of contemporary Ireland”.

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L’entusiasmo con cui fu subito accolto il romanzo gli valse fra l’altro l'AE Memorial Award (1962) e la prestigiosa Macauley Fellowship (1964).

Come scrisse successivamente Eamon Maher, ”McGahern’s first novel showed many of the talents he was to hone as his career progressed. In spite of the pervading atmosphere of stasis and paralysis in provincial life, there is also the powerful celebration of living with intensity”.

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Nel corso degli anni The Barracks ha ricevuto grande attenzione dalla critica anche in seguito per l’“incantatory quality“

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della scrittura: “so extraordinary, its

4 AN., “Review of The Barracks”, Times Literary Supplement, 22/02/1963, cit., in D.

SAMPSON, Outstaring Nature's Eye: The Fiction of John McGahern, cit., p. 33.

5 D. LODGE,“Review of The Barracks”, Spectator, 08/03/1963, cit. in D. SAMPSON, Outstaring Nature's Eye: The Fiction of John McGahern, cit., p. 34.

6 A. BURGESS, “Review of The Barracks, Observer, 09/03/1963, cit. in D. SAMPSON, Outstaring Nature's Eye: The Fiction of John McGahern, cit., p. 34.

7 E. MAHER, John McGahern: From the Local to the Universal, Dublin, Liffey Press, 2003, p. 20.

8 Ibidem, p. 20.

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tone so distintive, and its poise so remarkable that some feel it is [Mcgahern’s]

best”.

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La notorietà di McGahern non si è limitata solo ai paesi anglofoni, ma si è estesa anche in Francia dove è altrettanto acclamato; la rivista Études Irlandaises definì The Barracks “une œvre singulière et complexe à la fois coup d’essai et coup de maȋtre, atteint une plenitude de conception et une félicité d’expression qu’on ne retrouvera, me semple-t-it, que beaucoup plus tard avec Amongst Women”.

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Grazie alla borsa di studio vinta in seguito alla pubblicazione del libro, McGahern si prese un anno sabbatico che trascorse all'estero, in Spagna, Francia e Germania e prevalentemente a Londra.

L’opera successiva, The Dark, pubblicata nel 1965, non confermò le aspettative alimentate dal libro d’esordio, sebbene il nuovo romanzo ne riprendesse lo scenario domestico, cupo e solitario, e incentrasse anch’esso l’attenzione sul dramma psicologico del protagonista. Entrambi i romanzi, denunciando le condizioni sociali della Repubblica Irlandese, quali la segregazione e sottomissione della donna o dei figli ad opera della violenza patriarcale e a causa dei soprusi della Chiesa, vennero considerati dei libri di protesta. The Dark fu però oggetto di numerose critiche al punto da essere messo subito al bando dalla censura irlandese con l'accusa di oscenità per gli espliciti riferimenti sessuali e la denuncia della violenza celata tra le mura domestiche.

La critica del tempo espresse sentimenti contrastanti nei confronti di quest’opera, tipicamente contemporanea in quanto autobiografica e priva dei tradizionali sviluppi narrativi, tecnica ripresa anche nei romanzi successivi di McGahern. The Dark fu definito “slightly too repetitive about everything”,

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sebbene allo stesso tempo fu riconosciuta l’ineguagliabile capacità di McGahern

9 E. KENNEDY, “The Novels of John McGahern: The Road Away Becomes the Road Back”, cit. in J. D. BROPHY, R. PORTER, eds., Contemporary Irish Writing, Boston, Iona College Press and Twayne, 1983, p. 116.

10 C. FIEROBE, “Avant-Propos: John McGahern: Le fugitif et l’eternel”, Études Irlandaises,October 1994, cit. in D. MALCOM, Understanding John McGahern cit., p.12.

11 AN., ‘Swotting Out Of the Farm’, Times Literary Supplement, 13 May 1965, cit. in D.

MALCOM, Understanding John McGahern, cit., p. 30.

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di dipingere il tetro scenario dell’Irlanda di allora: “No work since Joyce has presented Irish adolescence with such freshness and objectivity”.

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Nonostante tali riconoscimenti, lo scandalo suscitato dalla pubblicazione di The Dark, a cui seguì quello stesso anno la notizia del matrimonio non cattolico con la finlandese Annikki Laasksi, costò a McGahern il posto di insegnante.

In un contesto dominato dalla morale cattolica poco incline ad investigare tematiche delicate come la sessualità, è chiaro che risultava rischioso pubblicare un romanzo che trattava la storia degli abusi subiti da un giovane costretto a soggiacere al padre repressivo e alle strane attenzioni del cugino prete. Va ricordato che la società in cui si è formato McGahern si basava su una morale ancora prevalentemente patriarcale e puritana, sostenuta dall’ingerenza pressoché assoluta della Chiesa e da una politica statale, chiusa e provinciale volta a preservare l'identità culturale e nazionale del paese da pericolose influenze esterne. La Chiesa cattolica costituiva la più influente autorità dopo lo Stato e esercitava il controllo su ogni aspetto della vita individuale e sociale, fino ad assumere una forte ingerenza legislativa, riconosciuta dalla Costituzione del 1937.

Ad aggravare l'isolamento sociale, economico, culturale e psicologico e l’atmosfera di oppressione in cui si trovava l'Irlanda di quegli anni, contribuì l'imposizione nel 1929 di una forte censura, sospesa solo nel 1967, che, a tutela dell'Irishness e della morale cattolica, impedì la libera circolazione delle idee.

Essa colpì, oltre che McGahern, anche molti altri autori irlandesi, tra cui Yeats, Bernard Shaw, Frank O'Connor, Liam O'Flaherty, Sean O’ Faolain, causando spesso l’esilio volontario di coloro che si sentivano minacciati nella loro autonomia intellettuale.

La grave situazione di ristagno economico e sociale trovò riflesso anche nella letteratura dei primi anni cinquanta, il cui sviluppo rimase marginale rispetto al quadro europeo, anche se non mancarono tentativi di apertura culturale e di critica all'oscurantismo di quegli anni. Basti ricordare, infatti, la nascita del Counter Revival, un movimento letterario e culturale in aperta opposizione all'ossessione nazionalistica volta a riscattare l’Irlanda da anni di sottomissione e influenza da

12 V. MERCIER, ‘Growing Up in Ireland’, The New York Times Book Review, 6 March 1966, cit. in D. MALCOM, Understanding John McGahern, cit., p. 30.

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parte dell’imperialismo inglese attraverso la celebrazione e il recupero forzato della lingua, della letteratura e della tradizione gaelica. Grande oppositore degli ideali nazionalistici del Celtic Revival fu Seán O'Faolain, fondatore della rivista The Bell, che accusò tale movimento di aver contribuito a marginalizzare l'Irlanda rispetto al resto dell’Europa.

Questo clima di oppressione e inquietudine ebbe un riflesso diretto in ambito letterario riscontrabile nella diffusa tendenza a confrontare la letteratura irlandese con la ben consolidata tradizione letteraria inglese, modello di superiorità e prestigio. Motivi della presunta inadeguatezza della tradizione irlandese furono individuati nell’instabilità interna alla società stessa, la compresenza di due lingue nazionali e la radicata tradizione orale. Tali caratteristiche, oggi considerate come distintive peculiarità nonché punti di forza dell’ibrida versatilità irlandese, vennero utilizzate dai coloni inglesi come pretesto giustificativo della loro supremazia, legittimata, pertanto, a mettere a tacere la grande civiltà gaelica. Tale subordinazione, estesa a tutti gli ambiti, comportò un’iniziale, seppur difficile, affermazione del romanzo irlandese, soprattutto del filone realista, che, in quanto interprete della cupa e repressiva realtà irlandese, fu soggetto a una dura censura.

Gli artisti, quando tentarono di farsi portavoce di un popolo oppresso, vedero limitate le proprie potenzialità artistiche e letterarie, finendo per cedere a una tendenza all'introversione e alla chiusura interiore. Tale situazione contribuì a diffondere una visione pessimistica e sfiduciata nella nuova Repubblica e molti autori, tra cui James Joyce e Samuel Beckett, non videro altra soluzione se non quella dell'esilio.

Anche McGahern scelse la stessa strada. In seguito allo sgomento successivo allo scandalo di The Dark, rifiutò di prendere parte alla polemica sulla presunta immoralità del libro, e, profondamente deluso dall’ottusità culturale del suo paese, lo abbandonò per molti anni. Durante questo periodo viaggiò molto, andando a insegnare a Londra, all’ università di Reading (1968), a Colgate (New York), a Vittoria (Canada), trascorrendo anche dei periodi in Spagna, Helsinki e Parigi.

Nei suoi numerosi viaggi e soggiorni all’estero rimase, comunque, profondamente

legato alla sua terra, a cui fece continuo ritorno attraverso un’interrotta

rievocazione letteraria e memoriale.

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Nel frattempo l’Irlanda del Nord viveva uno dei periodi più oscuri della sua storia, quello dei cosiddetti Troubles (1970-1998), durante i quali gli scontri feroci tra cattolici (irredentisti) e protestanti (filo britannici) instaurarono un clima di vero terrore. La travagliata storia nazionale, fortemente tesa a ridefinire un’identità messa in discussione da anni di oppressioni e limitazioni da parte dei coloni inglesi, gravò notevolmente sulla generazione degli anni cinquanta e sessanta, incapace di sentire la propria appartenenza ad un contesto sociale e culturale ancora segnato dal peso della violenza.

Attraverso il filtro delle esperienze personali, McGahern rappresentò tale clima repressivo e violento traslandolo nel microcosmo familiare o nell’universo domestico di piccole comunità locali. Tali microcosmi divennero epitome della nazione stessa. Egli riposizionò, così, la dimensione storica e le ripercussioni della politica nazionale entro una prospettiva intima e localistica. Attraverso il susseguirsi di scorci di vita quotidiana e allusioni a eventi traumatici del proprio passato personale e dei suoi personaggi, le opere di McGahern costituiscono una rappresentazione vivida e concreta della società irlandese post-coloniale.

I traumi legati alla violenza storica, sociale e domestica sono stati oggetto di indagine da parte di quasi tutti gli autori irlandesi “postcoloniali”, ma assunsero un ruolo centrale nel tanto discusso The Dark. In esso, infatti, McGahern estrinseca lo stretto legame tra la violenza e la repressione esercitate in ambito familiare e quella attuata dalla politica nazionale.

Altri esempi di tale tendenza sono forniti dalle opere di autori come Edna

O'Brien, che tratta delicati temi quali la violenza, la repressione sessuale, l'aborto,

la condizione delle donne, mettendo a nudo la drammatica situazione della società

irlandese; Jennifer Johnston, la cui attenzione si focalizza sulle vicende

individuali e affronta ampi temi di risonanza politica e sociale quali il declino

della civiltà anglo-irlandese, il conflitto settario del Nord tra cattolici e protestanti,

dando altresì espressione all'identità femminile; John Banville, che, penetrando la

complessità dell'identità individuale, fa luce sulle implicazioni che le vicende

storiche e culturali dell'Irlanda hanno avuto sulla lacerata e complessa percezione

del sé; Dermot Healy, che si sofferma invece sui due volti conflittuali dell'Irlanda

moderna; Desmond Hogan, che indaga il tema dell'emigrazione, o, ancora, Patrick

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McCabe, le cui opere testimoniano la difficile transizione verso la modernità causa di una distruttiva alienazione e marginalizzazione dell'individuo.

Quasi tutti gli scrittori e gli intellettuali del tempo diedero voce a un senso di smarrimento e crisi interiore che, dal singolo individuo, si estese all'intera collettività. Tale disagio è sicuramente riconducibile alla rapida rinascita e trasformazione che attraversò il paese già a partire dagli anni sessanta. In quegli anni, grazie ad una politica di apertura a contesti europei, che culminò, verso la fine degli anni novanta, nel periodo della cosiddetta Celtic Tiger,

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l'Irlanda conobbe un processo di rinnovamento, globalizzazione e boom economico senza precedenti che la portarono in brevissimo tempo allo stesso livello del resto d'Europa.

I mutamenti furono molto radicali e investirono tutti i settori. Dal punto di vista sociale i più salienti furono sicuramente la liberalizzazione dei contraccettivi, la legge sul divorzio, l'accettazione dell'omosessualità, la sempre più evidente emancipazione femminile, la progressiva laicizzazione istituzionale, il crollo del sentimento religioso e la conseguente riduzione dell'opprimente e invadente egemonia della Chiesa. La rapidità di questa transizione, dovuta in primis al processo di industrializzazione e globalizzazione, che ha portato alla diffusione di modelli e tecnologie di massa e all'assimilazione di modelli vicini a quelli europei e degli Stati Uniti, ebbe un forte impatto culturale e sembrò minacciare l'identità locale andando a colpire i cardini della società irlandese.

Va comunque ricordato che, nonostante i recenti cambiamenti, l'Irlanda resta un paese profondamente tradizionalista, da sempre basato sul valore della famiglia, in passato prevalentemente patriarcale, sulla morale cattolica e puritana e, soprattutto, su tradizioni e stile di vita tipicamente rurali.

L'incapacità di riconoscersi in un paese in così rapida evoluzione ha portato molti autori, quali ad esempio Colm Tóibín, William Trevor, Shane Connaughton, Leo Cullen, Brian Leyden, oltre ai già citati Seán O'Flaherty, Edna O'Brien,

13 “In strictly linguistic terms, the Celtic Tiger was born in 1994, when David McWilliams, a young Irish dealer at the Banque Nationale de Paris, used the phrase in a report on the Irish economy”, cit. in D. KIBERD, The Irish Writer and the World, Cambridge, Cambridge University Press, 2005, p. 271.

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Elizabeth Bowen e Patrick Kavanagh, in cerca di un senso di appartenenza capace di determinare la propria identità, a rifugiarsi nella nostalgica Irlanda rurale del passato, della quale si fa insuperato cantore John McGahern.

Il territorio delle campagne di Leitrim diventa il setting prediletto delle opere di McGahern nelle quali egli fornisce un dettagliato ritratto della società irlandese contemporanea attraverso la narrazione di vicende individuali e familiari, l'immediatezza delle scene di vita quotidiana e le coinvolgenti e dettagliate descrizioni dei paesaggi. È proprio la sua capacità di catturare il valore del quotidiano e dell’ordinario a rendere Leitrim un luogo dalla ricchezza e bellezza memorabili.

Tra gli scenari delle opere di McGahern non mancano, però, quelli urbani; la dicotomia cità-campagna, del resto, attraversa gran parte della letteratura irlandese contemporanea, che, incline alla tendenza del Counter-Revival, tende a superare l’ideologia nazionalistica della celebrazione del mito pastorale in quanto espressione di un’identità irlandese autentica. La vita rurale non viene più idealizzata mostrandone solo una fisionomia parziale e poco oggettiva, al contrario, essa viene demistificata. Nonostante l’apparente celebrazione del mondo rurale, anche McGahern non esita, infatti, a denunciarne i vizi, anzitutto l’ipocrisia, fornendo così una rilettura della vita contadina in chiave realistica, proprio come Kavanagh.

Sebbene non prive di sperimentazioni favolistiche, le opere di McGahern sono per molti aspetti avvicinabili al filone realista, che “riconosce ancor oggi in McGahern il suo più autorevole esponente”.

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Allo sviluppo di tale filone diedero un ampio contributo anche altri grandi scrittori contemporanei quali Liam O'Flaherty, Patrick Kavanagh, Sean O'Faolain, Frank O'Connor, Ekizabeth Bowen, Molly Keane, solo per citarne alcuni. Tali autori, preoccupati per lo stagnante moralismo nazionalistico che, con una politica di oscurantismo culturale impediva il pieno sviluppo delle loro libertà artistico- letterarie, si sono sentiti obbligati a rivolgersi all'interiorità o a rifugiarsi nel folklore e nella mitologia gaelica per dar voce alla propria liricità o alla satira. Ciò

14 R. G. WONDRICH, Romanzi contemporanei d'Irlanda. Nazione e narrazioni da McGahern a McCabe, Trieste, Edizioni Parnaso, 2000, p. 241.

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ha rallentato lo sviluppo di un autentica tradizione realistica irlandese. Solo dopo la traumatica esperienza della seconda guerra mondiale, e precisamente intorno agli anni ‘50, nasce il New Novel, particolarmente apprezzato da Samuel Beckett e da coloro che videro una corrispondenza tra lo stile narrativo non lineare di questo nuovo genere e la frammentarietà dell’individuo moderno.

Fu, però, la short-story a prevalere dagli anni trenta agli anni sessanta. Tale genere, risalente all’antica tradizione gaelica in cui venivano celebrati oralmente i miti e le leggende popolari ed eroiche, è cambiato notevolmente nel corso degli anni, fino a diventare l’espressione scritta e concisa della vita dell’uomo comune in ambientazioni locali e quotidiane.

I padri del racconto del Novecento, ossia Seán O'Faolain e Frank O' Connor, chiaramente spiegano: “il racconto è la forma letteraria ideale per una nazione la cui società non si è ancora stabilizzata, mentre il romanzo necessita di una società ben strutturata per svolgere la sua funzione di ‘affresco sociale’”.

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Il racconto divenne, pertanto, il mezzo di espressione più significativo di un periodo di transizione e incertezza caratterizzato da un diffuso senso di oppressione e frustrazione che sembrava schiacciare le libertà dell'individuo. Tale genere ebbe grande fortuna grazie a brillanti autori quali Joyce, George Moore e William Trevor.

La short-story, incentrata sulla vita quotidiana della gente comune, tende a prediligere uno sfondo campestre, del quale, spesso, dipinge un’immagine negativa, di arretratezza, ristagno e atrofia. Entra, così, in contrasto con la propagandata del Revival, basata sull'idealizzazione in chiave sentimentale del modello rurale inteso come depositario di valori e virtù antiche. In opposizione alla visione di Seán Ó Faoláin, che aveva confinato il racconto breve a esclusiva rappresentazione di un mondo interiore individuale, McGahern lo utilizza per rappresentare storie di cupa introspezione, filtrate attraverso una coscienza soggettiva e autobiografica, che, nei riferimenti alla storia contemporanea, assumono confini ben più ampi.

15 R. S. CRIVELLI, La letteratura irlandese contemporanea, Roma, Carocci Editore, 2007, p. 22.

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La reputazione di McGahern non fu smentita dalle sue raccolte di short-stories:

“at their best, these stories deepen, and extend, one’s admiration for this admirable writer”.

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Nonostante la brevità dei racconti, McGahern riesce infatti a penetrare l’anima dei suoi personaggi, le cui vicende individuali diventano allegorie di quelle nazionali.

Alla luce di una complessiva coerenza, nella varietà di situazioni, tematiche e personaggi presenti nei racconti di McGahern, emerge il motivo tradizionale dell'attaccamento alla propria terra d'origine e alla famiglia, ancora una volta rappresentata da difficili e squallide dinamiche affettive, l’ipocrisia nascosta dietro la libertà sessuale contrastata dall’opprimente morale cattolica, l'esilio, il viaggio e la generale solitudine umana. Come i suoi romanzi, anche la maggior parte dei racconti ha luogo in setting rurali scanditi dal duro lavoro nei campi e dalle dignitose e semplici vite quotidiane dei loro abitanti. Non mancano, tuttavia, scenari urbani, prevalentemente ambientati a Dublino, a cui si aggiungono esempi di ambientazioni estere come l’Inghilterra e la Spagna.

Il primo volume di short-stories, Nightlines (1970), uscì durante gli anni in cui McGahern si trovava in esilio. In questo lasso di tempo egli fece esperienza di quel senso di sradicamento che provano coloro che, a causa di un esilio volontario o imposto, sono costretti a vivere in un luogo a cui sentono di non appartenere e che non considereranno mai “casa”. Questo sentimento nostalgico lo porterà a incentrare quasi tutta la sua produzione letteraria sulla descrizione di ambientazioni tipicamente irlandesi e appartenenti ai ricordi di un’ infanzia immersa in un paesaggio e uno stile di vita tipicamente rurale.

L’interazione tra dimensione soggettiva-familiare e macrocosmo nazionale, di cui il primo si manifesta come diretto riflesso, sottolinea lo stretto legame tra l’individuo e il contesto in cui egli è inserito. Tale legame diventa il fulcro di un percorso letterario ed esistenziale che porterà McGahern a circoscrivere le sue opere agli spazi da lui vissuti. In questo modo conferisce alla sua produzione un carattere fortemente autobiografico, confermato dall’insieme delle sue memorie

16 AN.,“Ireland Intensified”, Times Literary Supplement, 27/11/1970, cit. in D. MALCOM, Understanding John McGahern, cit., p. 44.

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autobiografiche All Will Be Well: A Memoir (2005), che coronerà il suo percorso letterario.

Proprio come molti dei protagonisti delle sue opere, spinto dalla nostalgia, McGahern farà ritorno, nel 1970, nelle campagne di Leitrim insieme alla seconda moglie, Madeline Green, e qui nel 2006 si spegnerà all’età di 72 anni.

Gli ultimi anni, resi particolarmente difficili dalla scoperta del cancro che lo porterà alla morte, furono, tuttavia, felici dal punto di vista letterario.

Dopo la controversa e dibattuta ricezione di The Dark, McGahern, attese ben dieci anni prima di pubblicare il romanzo The Leavetaking (1975). In esso egli ritrae un unico, ma cruciale, giorno della vita del protagonista, Patrick Moran, che prende congedo dalla repressiva realtà in cui vive. Ancora una volta, la critica non fu unanime nei giudizi sull’opera, ampiamente attaccata per la mancanza di consonanza tra le due parti in cui è divisa e per la ripresa dei tratti cupi e di elementi già illustrati in precedenti lavori dello scrittore Non mancarono però ricezioni positive tra coloro che, notando un accenno ad una percezione più positiva della vita, riconobbero che l’autore “has transformed situations and scenes common in experience into something rich and strange, something uncommonly beautiful”.

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Ambientato negli anni sessanta e settanta, The Leavetaking presenta forti note autobiografiche rappresentate dalla discriminazione subita da parte del protagonista, anch’esso insegnante, in seguito ad alcune scelte personali poco conformi alla mentalità ristretta della società. Patrick, proprio come McGahern, è costretto a lasciare il posto da insegnante per aver avuto il coraggio di seguire l’amore e andare, quindi, contro le regole imposte dalla società e dalla ristretta mentalità religiosa.

Nel 1979, ben quattordici anni dopo la censura di The Dark, McGahern volle mettere nuovamente alla prova l’opinione pubblica con l’uscita di The Pornographer. Si ripresenta qui la tematica della sessualità, esplorata dal protagonista senza quel senso di colpa presente in The Dark, ma allo stesso tempo non priva delle diverse, seppur altrettanto malsane, dinamiche affettive.

17 S. HEANEY, “Shedding the Skin of Youth”, Sunday Independent, 26/01/1975, cit. in D.

MALCOM, Understanding John McGahern, cit., p. 52.

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McGahern volle esplicitamente utilizzare lo scandaloso tema della pornografia con intento satirico per far riflettere sull’atrofia dei sentimenti sempre più dilagante nella società moderna.

La ribellione del pornografo, che rifiuta di seguire codici etici tradizionali, si carica di una polemica rivolta al conformismo religioso e alla repressione esercitata dalla morale cattolica. Questo romanzo si inserisce, così, in un contesto nazionale che vide il progressivo allentarsi delle inibizioni di una società avviatasi verso la liberalizzazione sessuale e culturale in un frastagliato e complesso quadro di cambiamenti epocali subiti dal paese.

Inizialmente scettico di fronte gli apparenti cenni di apertura che la società iniziava a mostrare, McGahern dovette in parte ricredersi perché, nonostante la trattazione di temi osceni e scandalosi, suggeriti anche dallo stesso titolo, il romanzo non fu bandito. Questo rappresentò un interessante indice del processo di apertura e cambiamenti che stava attraversando allora la società irlandese.

Nonostante il progressivo riconoscimento e apprezzamento del lascito letterario di McGahern, questo “vivid and involving novel”

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non risparmiò comunque l’autore da giudizi negativi. La critica, che Denis Sampson notò essere “almost unanimously puzzled”, non rispose, infatti, del tutto positivamente ad un romanzo definito “old-fashioned”

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e non in grado di mettere in luce le doti del suo talentuoso autore. Risulta significativa la recensione di Patricia Craig sul Times Literary Supplement. Riassumendo giudizi critici contrastati, la Craig ammette la presenza di alcuni punti deboli nel romanzo, pur riconoscendo che si tratta di “a novel that succeeds beautifully in doing what it sets out to do: to record, and illuminate, varieties of disenchantment”.

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Nel periodo di tempo tra i due sopracitati romanzi, McGahern scrisse un altro volume di short-stories, Getting Through (1978), considerato“ a summing-up, a rounding out of a series of major and minor fictions which embody parables on

18 J. UPDIKE,“An Oldfashioned Novel”, New Yorker, 24/12/1979, cit. in D. MALCOM, Understanding John McGahern, cit., p. 76.

19 Ibidem.

20 P. CRAIG, “Concocting Erotica”, Times Literary Supplement, 11/01/1980, cit. in D.

MALCOM, Understanding John McGahern, cit., p. 76.

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the state of Ireland”

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e successivamente anche una raccolta intitolata High Ground (1985), vincitrice dell’Irish American Foundation Award. Anche High Ground, con i suoi toni elegiaci e malinconici, fornisce degli scorci di un’Irlanda sulla via del cambiamento “blending […] social satire and political fable into a comedy of manners”.

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I tre volumi di racconti, che mostrano ampia coesione tematica, verranno poi raccolti in The Collected Stories (1992), a cui si aggiunse “The Country Funeral”, inserita come short-story conclusiva. Tale racconto ribadisce la centralità dei luoghi nella vita degli individui e nella definizione della loro identità, ma segna anche una diversa visione del mondo rurale da parte di McGahern, ripresa e approfondita successivamente nell’ultimo romanzo.

L’importanza che McGahern dà al luogo, inteso non come paesaggio ma dimensione necessaria nella definizione del sé, diventa giustificazione della circoscrizione topografica delle sue opere, i cui scenari prevalentemente irlandesi furono utilizzati da alcuni critici per avvalorare l’etichetta di “local writer”

23

. Paradossalmente, nonostante tale definizione, la fama di McGahern ha raggiunto echi internazionali, le sue opere sono lette in tutto il mondo e tradotte in molte lingue. Tale successo si deve alla capacità dello scrittore di abbattere i confini degli scenari claustrofobici e domestici dell’Irlanda post-unitaria, per focalizzarsi sull’analisi di un intero universo, resoci familiare dai suoi realistici ritratti, considerati “ the outcome of a view of reality”.

24

Dieci anni dopo The Pornographer, comparve Amongst Women (1990), un romanzo che ricevette plauso universale, vinse l'Irish Times/ Aer Lingus Irish Fiction Prize e il GPA Award, conferitogli dallo scrittore statunitense John Updike, che lo considerò il miglior romanzo scritto da un autore irlandese negli ultimi anni. Tale riconoscimento mise in luce l’evidente e significativo contributo di McGahern allo sviluppo e apertura della tradizione letteraria irlandese. La

21 S. O’CONNELL, “Door Into the Light: John McGahern’s Ireland”, Massachusetts Review, 25 (Summer 1984), pp. 225-68, cit. in D. SAMPSON, Outstaring Nature's Eye:

The Fiction of John McGahern, cit., p. 162.

22 D. SAMPSON , Outstaring Nature's Eye: The Fiction of John McGahern, cit., p. 191.

23 D. MALCOM, Understanding John McGahern, cit., p. 6.

24 J. MCGAHERN, “What Is My Language?”, John McGahern, Irish University Review: A Journal of Irish Studies, cit., p. 11.

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critica fu unanime nel considerare Amongst Women il capolavoro di McGahern, nonché summa della sua produzione per la varietà dei temi presenti e più volte ripresi nei precedenti e successivi lavori. Con tale romanzo, McGahern conquistò lettori e critici i quali, in un sondaggio dell’Irish Times, lo collocarono in terza posizione, dopo i due capolavori di Joyce (Ulysses e A Portrait of the Artists as a Young Man), tra i migliori testi mai scritti da autori irlandesi.

Amongst Women, anch’esso ambientato nelle campagne dell’Irlanda rurale, ripresenta, gli sterili rapporti familiari dell’universo di McGahern, che però assumono toni più universali poiché inseriti in un ritratto della società irlandese dopo l’indipendenza (1922). In questo periodo, in risposta al lungo e doloroso cammino volto al riscatto dell’identità irlandese, in ambito letterario a prevalere furono le autobiografie in grado di dar voce al singolo in un contesto sociale e nazionale che sembrava non curante del particolare.

Tra gli eventi autobiografici più rilevanti, ritorna in Amongst Women il topos del padre autoritario e crudele, bisognoso di esercitare un controllo dispotico sulla realtà intorno a lui che sembra qui assumere, però, tratti più miti rispetto a The Dark poiché lascia intravedere una speranza d’amore e redenzione. Moran, infatti, il padre protagonista del racconto, ormai vicino alla morte, riesce a guardare il mondo circostante con occhi diversi. Tale rivalutazione sembra sollecitare il lettore a prendere a sua volta consapevolezza dei mutamenti epocali allora in atto, invitandolo prendervi parte.

Con Amongst Women, considerato “at once a portrait of a particolar era and a survey of a nation’s past and future”

25

per l’universalità dei temi affrontati, McGahern ha dato un grande contributo all'indagine, ripresa anche nel resto della sua produzione, sulla profonda crisi di una religiosità sempre meno capace di dare conforto all’uomo. Egli si inserì, così, in una tematica tipica del romanzo irlandese contemporaneo, ossia il tentativo di dare un senso al mistero dell’esistenza e trovare una dimensione spirituale capace di sopperire al vuoto determinato dall’incerto scenario post-unitario.

25 L. DUGUID, “The Passing of the Old Ways”, Times Literary Supplement, 18/05/1990, cit. in D. MALCOM, Understanding John McGahern, cit., p. 100.

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Tali tematiche confermano il ritratto dell’autore fornitoci da Eamon Maher che considera McGahern “the quintessential Irish writer because of his early struggle with authority, censorship, exile and, most importantly, producing a work of art that was rejected by an officialdom that later was forced to repent”.

26

Nonostante David Malcom

27

ci fornisca una panoramica piuttosto positiva sulla ricezione dell’autore, la critica rimane divisa riguardo alla classificazione delle sue opere all’interno dei vari filoni letterari e la complessiva visione di McGahern. Ciò confermerebbe la sua natura enigmatica e complessa, sebbene A tal proposito, rimangono significative le parole di Eamon Maher, appassionato ammiratore di McGahern:

He, himself, is a writer who succeeds in reaching the universal through concentrating on the local. This goes a long way towards explaining his huge popularity in France and Great Britain, among readers who have never lived in Ireland but who are fascinated by the dramas and landscapes that he sketches in his writings.

The insights into the creative process are also fascinating. McGahern’s concern with ‘getting his words right’ is always foremost. He never sets out to prove e thesis, nor does he seek consciously to make his characters into

‘types’. He works at the words and allows them to develop in their own time and their own way. He hasn’t a massive literary output and this can be put down to the attentive way in which he sculpts his sentences and develops his plots.28

La produzione di McGahern, per il quale ”writing is just like drawing a picture or painting you just want to get every corner in the way it should be”,

29

può essere letta come il tentativo di trovare “the perfect style”, mentre tornano insistentemente certe costanti tematiche che costituiscono la struttura ciclica delle opere.

26 E. MAHER, “The Irish Novel in Crisis? The Example of John McGahern”, John McGahern, Irish University Review: A Journal of Irish Studies, cit., p. 68.

27 “Apart from the scandal surrounding The Dark, McGahern’s work has alwas been respectfully and often positively received […] Alan Warner describes is work as

‘compulsive reading’. In 1994 Liliane Louvel calls him one of the most important Irish writers of our days. Sampson describes him as ‘Ireland’s most important contemporary novelist’ and Riana O’Dwyer names him ’the premier Irish novelist of the second half of the twentieth century‘”, cit. in D. MALCOM, Understanding John McGahern, cit., p. 3.

28 E. MAHER, “An Interview with John McGahern: Introduction, Studies, An Irish Quarterly Review, XC, 357, 2001, p. 70.

29 T. SENNETT, “Rhythm, Images and Fiction of John McGahern: An Interview” An Gael, New York, III, 2, 1966, p. 13, cit. in D. SAMPSON, Outstaring Nature's Eye: The Fiction of John McGahern, cit., p. 27.

(17)

Persistendo nello sforzo, quasi manieristico, di “getting his words right”, McGahern giunge all’ultimo romanzo, That They May Face the Rising Sun (2002), che gli valse il riconoscimento dell’Observer come “Ireland’s greatest living novelist”.

30

Riprendendo la concezione artistica di Proust, per il quale lo stile è il ritratto del proprio mondo interiore, McGahern in tale romanzo illustra perfettamente quello che costituisce per lui lo scopo dell’arte, ossia, dare espressione ad un mondo personale e privato che ogni individuo possiede e nel quale ritrova “the lost image that gave our lives expression”.

31

Attraverso l’analisi delle banali abitudini giornaliere dei personaggi, McGahern accompagna il lettore alla scoperta di un mondo in via d’estinzione. Ma è proprio nei tratti fiochi e sempre più sfocati di una vita ormai lontana che ritrova quella “lost image” capace di evocare il coinvolgente calore familiare di umili e semplici luoghi da lui vissuti.

La commovente e stupita esplorazione e l’attenzione agli aspetti quotidiani e apparentemente più insignificanti della vita, ai quali la sua maestria restituisce dignità, importanza e bellezza, fa emergere ciò che per McGahern deve rappresentare l’arte:

For art is, out of the failure of love, an attempt to create a world in which we can live: if not for long or forever, it is still a world of the imagination over which we can reign, and to reign is to purely reflect on our situation through this created world of ours.32

Nell’impossibilità di approfondire adeguatamente tutti i motivi caratterizzanti e ricorrenti nelle sue opere, nel presente lavoro si toccheranno solo gli aspetti più significativi inquadrandoli in un preciso scenario storico-letterario che, oscillando tra realismo convenzionale, lirico simbolismo e cenni di sperimentalismo, conferma l’originalità dello stile di McGahern. Verrà invece riservata una trattazione più estesa ad uno dei temi più frequenti della letteratura irlandese, ossia il sense of place che rappresenta il perno di un’identità individuale e nazionale

30 H. LEE, “Everything Under the Sun”, The Observer, 06/01/ 2002, cit. in J.

BRANNINGAN, “Introduction: The ʼWhole Worldʼ of John McGahern”, Irish University Review: A Journal of Irish Studies, XXXV, 1, 2005, p. VIII.

31 J. MCGAHERN, Love of the World: Essays, ed. Stanley Van der Ziel, London, Faber, 2009, pp. 5-6.

32 Ibidem, cit., p. 5.

(18)

propriamente Irish e indissolubilmente legata alle origini e alla storia, antica quanto travagliata, dell’Irlanda.

Il vincolo quasi sacrale che lega l’individuo alla sua terra percorre tutta la produzione letteraria di McGahern, la cui forte coscienza ecologica ha determinato la sensibilità con cui ha osservato la natura e l’ambiente. Il legame tra individuo e spazio vissuto si fissa nei ricordi autobiografici dell’autore, che rivivono nelle vicende dei suoi personaggi e dei loro itinerari di vita, che li portano ad allontanarsi dall’Irlanda. Soggetti dimenticati dalla storia o marginalizzati dalla società, sono costretti ad una fuga fisica o introspettiva che inevitabilmente li porta a ritrovare dei punti d’aggancio nel ricordo di un luogo divenuto simbolo della loro identità. Il ricordo consente a McGahern di fissare sulla carta un mondo che fa parte del passato, che ha costituito lo sfondo della sua infanzia e di un’Irlanda rurale destinata a scomparire. Tali temi sono centrali nell’opera matura di McGahern e, in particolare nell’ultimo romanzo, That They May Face the Rising Sun (2002), che sarà qui oggetto di un’attenzione particolare, poiché maggiormente rappresentativa della consapevolezza con la quale l’autore celebra la fine del mondo a cui appartiene. Definito da Seamus Deane “a culminating and therapeutic reprise of the author’s own career”,

33

tale romanzo è molto diverso dalle opere precedenti perché, scevro dai consueti toni claustrofobici, celebra un’atmosfera serena ed elegiaca, riprendendo motivi e tormenti già affrontati che, tuttavia, trovano qui una risoluzione finale meno drammatica.

Ben lungi dall’ambizione di essere esaustivo, questo lavoro nasce dalla volontà di dar voce ad un autore che è poco conosciuto in Italia, sebbene la sua produzione abbia dato un contributo essenziale alla letteratura irlandese e fornisca un interessante spunto di riflessione sulla complessità dell’identità socio-culturale e nazionale del paese.

33 S. DEANE, “A New Dawn” Review of That They May Face the Rising Sun, The Guardian, 2002, cit. in P. CROTTY, “’All Toppers’: Children in the Fiction of John McGahern”, Irish University Review: A Journal of Irish Studies, XXV, 1, 2005, p. 54.

(19)

1. L’UNIVERSALE NEL LOCALE: UN MONDO PRIVATO

Everything interesting begins with one person in one place, though the places become many, and many persons in the form of influences will have gone into the making of that single woman or man. No one comes out of nowhere;

one room or town or locality can be made into an everywhere. The universal is the local, but with the walls taken away. Out of the particular we come on what is general, which is our great comfort, since we call it truth, and truth has to be continually renewed.34

Tra le critiche mosse a McGahern rientra l’etichettatura di “local writer”

35

poiché incentrò le sue opere sull’esplorazione di destini individuali circoscritti in aree topografiche relativamente ristrette. Come egli stesso dichiarò durante un’intervista con Patrick Godon (1984), “all good writing is local in the sense of place, and I think nearly all bad writing is ‘national’”.

36

Convinto della grande qualità rappresentativa delle esperienze individuali, McGahern sceglie di parlare di microcosmi locali, familiari e soggettivi che, nella scrittura, assumono dimensioni ben più ampie perché osservati con approccio universale. L’attenzione di McGahern viene quindi posta su modelli di vita e schemi mentali appartenenti al singolo, il quale, a sua volta, è condizionato dal contesto ambientale, storico e sociale circostante. La tendenza dell’autore a far esplicito o velato riferimento alle esperienze più drammatiche della storia contemporanea irlandese, quali la guerra d’indipendenza e la guerra civile, permette una precisa contestualizzazione delle sue opere che, anzi, diventano spesso l’allegoria delle strutture sociali, culturali e politiche dell’Irlanda contemporanea che sembra non aver ancora elaborato del tutto il trauma del lungo e travagliato assoggettamento coloniale. L’Irlanda di McGahern continua a risentire, infatti, delle frustrazioni e delle repressioni del passato e sembra reagire disorientata all’impatto della modernità e al tentativo di uniformarsi al modello europeo e postindustriale:

34 J. MCGAHERN, Love of the World: Essays, cit., p. 11.

35 D. MALCOM, Understanding John McGahern, cit., p. 6.

36 Ibidem, p. 6.

(20)

McGahern himself has portrayed an Ireland stagnant, closed, lonely, and depopulated where the urge to leave is prompted not so much by wanderlust as by self-preservation from suffocation by a ‘joyless and humiliating conformity’”.37

Prima di procedere con l’introduzione alle opere di McGahern, si farà riferimento alla sua raccolta autobiografica, All Will Be Well: A Memoir

38

(2005), per fornire una sommaria versione delle vicende personali di John McGahern, che si riflettono nella sua produzione letteraria e risentono delle dinamiche nazionali della storia irlandese. Tale opera è altresì considerata “one of the most memorable and best regarded of Irish autobiographies”,

39

nonché una chiave interpretativa della vita dell’autore e della sua produzione letteraria.

Lo sviluppo novecentesco del genere autobiografico ha contribuito a mettere in luce il ruolo dell’individuo all’interno degli eventi che hanno determinato la fisionomia del paese. Ne costituisce un esempio All Will Be Well, nella quale il mondo personale dell’autore si intreccia al contesto storico-politico e socio- culturale che resta sullo sfondo. Tale intreccio permette di aprire una riflessione sui condizionamenti imposti all’individuo da una società a lungo ha esercitato un’oppressione quasi coercitiva, sostenuta anche dall’influenza della morale cattolica. Tali condizionamenti, visibili in ogni aspetto della vita privata e pubblica, provocarono un senso di disconnessione tra il singolo e un paese che sembrava voler rimanere estraneo alla realtà circostante:

The barracks itself was a strange place, like most of the country at the time.

Though the Free State had been wrested in armed conflict from Britain, it was like an inheritance that nobody quite understood or knew how to manage. The Catholic Church was dominant and in control of almost everything, directly or indirectly. In a climate of suppression and poverty and fear, there was hardly any crime and little need of barracks in a place like Cootehall, other than a symbol. The place was run on lines that were no longer connected to any reality, if indeed they were (M., p. 35).

37 M. L., CARROLL, “Prodigals’ Dreams: John McGahern’s That They May Face the Rising Sun”, Estudios Irlandeses, III, New York, USA, 2008, p. 43.

38 J. MCGAHERN, All Will Be Well: A Memoir, New York, Vintage International, 2007.

Tutte le citazioni del volume provengono da questa edizione e verranno indicate con l’iniziale del titolo (M.).

39 R. R. RUSSELL, “All Will Be Well: A Memoir (review)”, New Hibernia Review/ Iris Éireannach Nua: A Quarterly Record of Irish Studies, X, 4, 2006, p. 157.

(21)

La tendenza a soffermarsi sulle implicazioni del passato, riscontrabile anche in altri autori contemporanei quali William Trevor, Jennifer Johnson, Roddy Doyle e Seamus Deane, diventa un modo per analizzare il controverso presente, che vede il progressivo indebolimento dell’identità nazionale e individuale e dar, quindi, voce ad uno stato in cui “individual thought and speech were discouraged” (M., p.

222).

In tale clima di oppressione, McGahern è proprio dà voce al malcontento per evitare che lui e la sua generazione vengano schiacciati dall’oblio a cui sembrano condannati. Assumendo un atteggiamento realista e obiettivo, McGahern è capace di dare un perfetto ancoraggio referenziale alla situazione della nuova Irlanda che, sebbene si dichiarasse sulla via della modernità, mostra ancora aspetti di arretratezza e chiusura:

By 1950, against the whole spirit of the 1916 Proclamation, The State had become a theocracy in all but name. The Church controlled nearly all of education, the hospitals, the orphanages, the juvenile prison systems, the parish halls. Church and State worked hand in hand. Women and single men were in a lower scale on the public services, a higher scale was in place for married men. The breaking of pelvic bones took place during difficult births in hospitals because it was thought to be more in conformity with Catholic teaching than Caesarean section, presumably because it was considered more

“natural”. Minorities were deprived of the right to divorce. All artificial forms of contraception were outlawed. Learning Irish was seen as a means of keeping much foreign corrupting influence out, but the catechism was taught in English.[…] In the communities, the local and the individual were more powerful than any national identity (M., pp. 223-224).

La delusione per una nazione che sembrava non mostrar rispetto per i diritti

“and freedoms that were whittled away from the nation as a whole in favour of the dominant religion”

40

è costantemente presente in ogni opera di McGahern. Ciò spinge l’autore a tentare di attribuire nuovi significati al sense of place,

41

elemento fondante nella formazione dell’identità dell’individuo: “Places help stabilize cultural identities, to give them home, the immagine origin and a place to return

40 J. MCGAHERN, “From a Glorious Dream to Wink and Nod”, The Irish Times, 1991, cit.

in D. SAMPSON, Outstaring Nature's Eye: The Fiction of John McGahern, cit., p. 190.

41 “Sense of place is a very personal emotional experience of the place filled with meaning derived from our past in conjunction with the social, cultural, and economic conditions we live in and must be understood in a wider social context”, cit. in J. RAADIK-COTTRELL,

“Cultural Memory and Place Identity: Creating Place Experience”, Fort Collins, Colorado, Colorado State University, 2010, p. 34.

(22)

to”.

42

La terra natia, fornendo un rassicurante senso di appartenenza e sicurezza, crea una continuità tra identità individuale e quella nazionale poiché il singolo, sentendosi a “casa”, ritrova il proprio ruolo in quanto membro di una collettività:

If identity slips between belonging in and owning the land, between object and subject, between nature and culture, in unrelenting displacement, the land as ‘preoccupation’

furnishes the purely formal ground, the matrix of continuity, in which identity ultimately reposes.43

Gli spazi, in quanto depositari di ricordi ed esperienze inerenti al proprio percorso esistenziale, vengono investiti di forti legami affettivi e simbolici.

Già il titolo stesso della raccolta autobiografica, All Will Be Well, A Memoir,

44

suggerisce l’importanza del ricordo, che diventa il filtro attraverso cui McGahern carica di implicazioni simboliche, emotive e, talvolta, nostalgiche i luoghi della sua infanzia. Il ricordo diventa mezzo di redenzione nel quale egli si rifugia per trovare pace interiore e ricongiungersi agli affetti più cari. Tale ricongiungimento rappresenta, altresì, un modo per sconfiggere l’oblio e la morte che McGahern, ormai maturo, sente avanzare. La percezione dell’imminenza della fine ha in McGahern e nei suoi personaggi, un effetto positivo perché è proprio quando questi sentono l'incombere dell’oblio che, in un momento di rivelazione epifanica, comprendono la bellezza della vita e nel ricordo tentano di restarvi aggrappati.

Il luogo si arricchisce di attributi simbolici connessi a “the lost image”

45

, che è principio ispiratore della concezione artistica ed esistenziale dell’autore. Grazie all’arte, le immagini che fanno parte del nostro io interiore e che sono custodite nei meandri più nascosti della nostra coscienza possono trovare espressione dando senso alla nostra esistenza.

42 M. ANDERSON, Imagined Communities: Reflections on the Origins and Spread of Nationalisms, London, Verso, 1993, cit. in J. RAADIK-COTTRELL, “Cultural Memory and Place Identity: Creating Place Experience”, cit., p. 35.

43 D. LLOYD, Anomalous States: Irish Writing and the Post-colonial Moment, Dublin, The Lilliput Press, 1993, p. 23.

44 Il titolo originale dell’opera era Memoir. Nell’edizione diffusa negli Stati Uniti esso fu cambiato in All Will Be Well per suggerire la generale inclinazione positiva dell’autore. Il titolo dell’edizione americana, tuttavia, offusca l’originale idea dell’universalità dei ricordi di una vita che potrebbe appartenere a chiunque.

45 J. MCGAHERN, Love of the World: Essays, cit., p. 5.

(23)

L’ autobiografia di McGahern, nata dalla decisione di raccogliere le proprie memorie legate al suo grande “love of the world” (M., p. 40), presenta ricchi riferimenti a spazi geografici ben noti all’autore. In tali luoghi, ricchi di ricordi, pensieri, sogni e esperienze vissute, l’individuo ritrova frammenti del proprio passato, altrimenti destinato all’oblio. Il luogo supera, così, la mera connotazione topografica e diventa “inscape”,

46

ossia parte integrante dell’individuo, percezione interiore e soggettiva idealmente costitutiva dello spirito che lega il singolo alla comunità e al paese a cui sente appartenere. Il legame con la “propria” terra crea un filo emotivo, personale e culturale molto forte che condiziona in modo quasi vincolante l’individuo, il suo background e, con esso, i suoi valori, cultura, lingua, educazione, abitudini e percezione del mondo. È dunque in quest’ottica che le contee di Leitrim e Roscommon, luoghi in cui visse McGahern, assumono un ruolo centrale nel processo di crescita personale dell’autore e vengono, di conseguenza, traslate e continuamente rievocate nelle sue memorie e nelle sue opere. In esse, il legame con i luoghi del proprio vissuto è continuamente ricordato dall’autore attraverso la rappresentazione realistica degli spazi topografici, la precisa nomenclatura dei luoghi e la descrizione delle caratteristiche geografiche, storiche, sociali e culturali ad essi connesse. Entro gli spazi geografici, si inseriscono quelli domestici legati all’affettività, componente essenziale nella determinazione della percezione del sé e degli altri. La maturazione dell’individuo entro tali microcosmi contribuisce, altresì, a collocare l’uomo, e quindi anche McGahern stesso, nella società portandolo ad occupare una posizione ben precisa nel mondo.

Fin dalle prime pagine dell’ autobiografia, l’attenzione si concentra sulla sfera affettiva, primo nucleo socio-culturale, nonché fonte di sicurezza, stabilità, protezione ed educazione, anche se nel percorso di crescita di McGahern fu assai travagliato:

I felt the same fear when my father was in the house.[…]There was always tension when he was in the house[…] In certain moods he did not need a reason to fall into a passion of complaint, which then fed off its own anger. A child can become infected with unhappiness (M., p. 26).

46 P. CECCONI, Seeing through Places and Spaces. Geografie contemporanee della scrittura del sé, Pisa, ETS, 2013, p. 203

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Gli anni dell’ infanzia di McGahern furono segnati dalla tragica morte della madre e dal conflittuale rapporto con il padre autoritario, taciturno, cupo e violento, quasi sempre assente. Il felice nido iniziale, rappresentato dalla casa materna, si trasformò quindi, in un’opprimente prigione. Il clima di vero e proprio terrore che McGahern e i suoi fratelli respirarono nella casa-caserma del padre, dove si trasferirono in seguito alla morte della madre, è riportato con un realismo tale da far rivivere al lettore la stessa sensazione di continua minaccia cui i giovani furono soggetti:

The house was becoming dangerous for everybody […] he hit me hard without warning. There did not have to be a reason. The blows could come out of a moment of irritation or misunderstanding. As I have intimated, I suspect there was something sexual in his violence […] (M., p.203).

La casa, inoltre, è “utilizzata in chiave allegorica -o metonimica- in rapporto alla scena nazionale[…] le figurazioni dello spazio chiuso e isolato si raccordano anche alla dimensione dell’insularità che caratterizza la percezione dell’Irlanda stessa”.

47

È quindi facile comprendere il motivo per cui la morte compare in quasi tutti i romanzi di McGahern, legandosi al dolore e vuoto lasciato in McGahern dalla prematura dipartita dell'amata madre. La figura materna sembra perfettamente riflettersi nella protagonista di The Barracks,

48

incentrato sul dramma fisico e psicologico di Elizabeth, malata di cancro proprio come Susan McGahern. Questa terribile malattia sarà la causa della morte anche dei personaggi di The Dark,

49

Amongst Women,

50

The Leavetaking

51

e The Pornographer

52

, madre, moglie e

47 R. G., WONDRICH, Romanzi contemporanei d'Irlanda. Nazione e narrazioni da McGahern a McCabe, cit., pp. 227- 228.

48 J. MCGAHERN, The Barracks, London, Faber, 1963. Tutte le citazioni dal romanzo provengono da questa edizione.

49 J. MCGAHERN, The Dark, London, Faber, 1965. Tutte le citazioni dal romanzo provengono da questa edizione.

50 J. MCGAHERN, Amongst Women, London, Faber, 1990. Tutte le citazioni dal romanzo provengono da questa edizione.

51 J. MCGAHERN, The Leavetaking, Revised edition, London, Faber, 1984. Tutte le citazioni dal romanzo provengono da questa edizione.

52 J. MCGAHERN, The Pornographer, London, Faber, 1979. Tutte le citazioni dal romanzo provengono da questa edizione.

(25)

zia dei rispettivi protagonisti. Il grande rispetto con cui McGahern descrive la sofferenza fisica e psicologica delle sue protagoniste femminili apre una cupa riflessione sul generale senso di decadimento sociale e morale che in quegli anni sembrava stesse espandendosi in ogni aspetto della vita: “as is the Beckettian sense that everything is immersed in the corrosive, colorless fluid of time, that the world is literally disappearing as they watch, eaten away by this cancer that afflicts subject and object of thinking alike”.

53

Nonostante il circostante ambiente malsano, è esemplare come McGahern sia riuscito ad arginare i danni di tali atrocità che, solitamente, sono responsabili dei disturbi psichici riscontrabili nelle vittime di maltrattamenti, abusi o traumi legati all’inaspettata perdita di una persona cara. La dipartita della madre rappresenta l’elemento più significativo nel percorso personale di McGahern e lo segnò al punto da diventare il fulcro tematico dell’intera raccolta autobiografica e di tutte le sue opere. Nel mondo narrativo di McGahern, i figli, in balia dell’autorità paterna,

54

sono costretti a crescere prematuramente a causa di privazioni affettive che li esporranno precocemente alla crudeltà e desolazione del mondo esterno. Il giovane John comprenderà presto che

we come from darkness into light and grow in the light until at death we return to that original darkness. Those early years of the light are also a partial darkness because we have no power or understanding and are helpless in the face of the world. This is one of the great miseries of childhood (M., p.40).

L’infanzia diventa, quindi, per McGahern una fase buia durante la quale percepisce di essere inerme di fronte alle sofferenze esistenziali. Tale visione pessimistica, sicuramente riconducibile ai sentimenti travolgenti e inconsci di paura, impotenza, vergogna, rabbia, disperazione, legati agli eventi traumatici vissuti, lo accompagnerà fino all’età matura, ma non assumerà mai tratti drammatici o estremi poiché controbilanciati dal suo grande amore per la vita e

53 B. HUGHES, “Remembered Light: Constants in the Fiction of John McGahern”, Revista Alicantina de Estudios Ingleses, V, 1992, p. 98.

54 “Up to now our mother had always been with us at home and in school. Now that she was gone we were at the mercy of our father – the scolding, his sudden rages, the beatings he administered. It was dark within, and instinctively we ran to its darkness after beatings”

( M., pp. 32-33).

(26)

dalla grande passione letteraria. In età adulta, McGahern comprenderà l’importanza della rielaborazione testuale per fare i conti con i propri fantasmi interiori.

La “darkness” legata alle oppressive vicende familiari compare già nei due primi romanzi, The Barracks e The Dark, e successivamente in Amongst Women. In tali lavori McGahern rappresenta gli effetti della mentalità oppressiva dei primi anni del Free State, mostrando quanto la violenza fosse radicata all'interno della famiglia. In quel clima di violenza, la famiglia divenne riflesso di un passato di sottomissione in cui la violenza sembra essere endemica perché connessa alla spietata lotta per l’indipendenza. Riproducendo nei microcosmi domestici dei suoi romanzi il clima oppressivo della società di allora, McGahern crea un filo tra esperienza privata e vicende nazionali, di cui le sue storie sono epitome: “these lives and narratives derived from the author’s own memorial landscape […] were fragments of a national or communal suite of memories”.

55

Attraverso il ricordo, McGahern scava in un passato dove

Those memories are welded to the image of a shopping bag, image of starvation and fear and emigration, of hope and emptiness, associations which take on an archetypal image of the social history of the west of Ireland and the psychological traces left by famine.56

Il clima cupo della società irlandese trova riflesso nei soprusi subiti dal giovane protagonista di The Dark, che può essere considerato la rappresentazione più brutale del traumatico effetto degli abusi e delle violenze, fisiche e psicologiche, dei genitori sul futuro sviluppo della personalità dei figli. Mahoney, il protagonista, sembra infatti non riuscire mai a liberarsi totalmente dal proprio passato, causa del suo senso di peccaminosa inadeguatezza. McGahern offre così una raffigurazione dell'atmosfera violenta e immorale di un'Irlanda non del tutto affrancatasi dal lungo assoggettamento coloniale e dalla politica oscurantista degli ultimi anni. Eamon de Valera, durante il suo governo, nel tentativo di ricostruire un’identità nazionale ormai lacerata e incerta, tentò di promuovere un’immagine

55 E. FLANNERY, “Ecology, Memory, and Speed in McGahern’s Narratives”, A Journal of Irish Studies, XLII, 2, 2012, p. 273.

56 D. SAMPSON, “The Lost Image: Some Notes on McGahern and Proust”, Canadian Journal of Irish Studies, XVII, 1, 1991, p. 66.

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