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Discrimen » Responsabilità dolosa e colposa per le circostanze aggravanti

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I tinerari di D iritto P enale

Collana diretta da

Giovanni Fiandaca - Enzo Musco - Tullio Padovani - Francesco Palazzo

41

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minimo, affermazione simbolica di valori ed efficienza utilitari- stica, garantismo individuale e funzionalizzazione politico-crimi- nale nella lotta alle forme di criminalità sistemica, personalismo ed esigenze collettive, sono soltanto alcune delle grandi alterna- tive che l’attuale diritto penale della transizione si trova, oggi più di ieri, a dover affrontare e bilanciare.

Senza contare il riproporsi delle tematiche fondamentali rela- tive ai presupposti soggettivi della responsabilità penale, di cui appare necessario un ripensamento in una prospettiva integrata tra dogmatica e scienze empirico-sociali.

Gli itinerari della prassi divergono peraltro sempre più da quelli della dogmatica, prospettando un diritto penale “reale”

che non è più neppure pallida eco del diritto penale iscritto nei principi e nella legge. Anche su questa frattura occorre interro- garsi, per analizzarne le cause e prospettarne i rimedi.

La collana intende raccogliere studi che, nella consapevolezza

di questa necessaria ricerca di nuove identità del diritto penale,

si propongano percorsi realistici di analisi, aperti anche ad ap-

procci interdisciplinari. In questo unitario intendimento di fondo,

la sezione Monografie accoglie quei contributi che guardano alla

trama degli itinerari del diritto penale con un più largo giro

d’orizzonte e dunque – forse – con una maggiore distanza pro-

spettica verso il passato e verso il futuro, mentre la sezione Saggi

accoglie lavori che si concentrano, con dimensioni necessaria-

mente contenute, su momenti attuali o incroci particolari degli

itinerari penalistici, per cogliere le loro più significative spezza-

ture, curvature e angolazioni, nelle quali trova espressione il ri-

corrente trascorrere del “penale”.

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STEFANO PUTINATI

RESPONSABILITÀ DOLOSA E COLPOSA

PER LE CIRCOSTANZE AGGRAVANTI

G. GIAPPICHELLI EDITORE – TORINO

(5)

http://www.giappichelli.it

ISBN/EAN 978-88-348-8405-8

Composizione: Compograf - Torino Stampa: Stampatre s.r.l. - Torino

Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fa- scicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4 della legge 22 aprile 1941, n. 633 ovvero dall’accordo stipulato tra SIAE, AIE, SNS e CNA, CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000.

Le riproduzioni ad uso differente da quello personale potranno avvenire, per un numero di pagine non su- periore al 15% del presente volume, solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, via delle Erbe, n. 2, 20121 Milano, telefax 02-80.95.06, e-mail: aidro@iol.it

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A Carlotta e alla piccola Livia, luce dei nostri occhi.

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(8)

3

11 16

18 27 28

33

INDICE

PARTEPRIMA

DAL REGIME DI IMPUTAZIONE OGGETTIVA DELLE CIRCOSTANZE AGGRAVANTI

ALLA RIFORMA DELL’ART. 59, SECONDO COMMA, C.P.

PROFILI STORICI E PROBLEMI INTERPRETATIVI

CAPITOLOI

DAL REGIME DI IMPUTAZIONE “DOLOSA”

DELLE AGGRAVANTI NEL CODICE PENALE ZANARDELLI ALLA RIFORMA “COLPOSAMENTE

ORIENTATA” DEL 1990

1. Premessa: brevi cenni sulla genesi della riforma

2. L’imputazione delle circostanze aggravanti nel codice Zanardelli:

dolo e circostanze. La querelle legata alla fattispecie di ricettazione aggravata

3. Le ragioni, in estrema sintesi, di un’analisi storica incentrata sulla scienza della ricettazione aggravata

4. L’enigmatica (paradigmatica?) imputazione soggettiva della ricet- tazione aggravata al tempo del codice penale liberale nella giuri- sprudenza della Suprema Corte

5. La letteratura penalistica dell’epoca in tema di imputazione delle aggravanti nel delitto di ricettazione

6. Uno sguardo ai criteri di imputazione in relazione alle altre circo- stanze aggravanti

7. Conclusioni: l’imputazione dolosa delle circostanze aggravanti del codice Zanardelli. Un sistema equilibrato e coerente. La ricettazio- ne aggravata come “pretesto” per la riforma oggettivistica del codi- ce Rocco

pag.

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37 40 43

46 51

55 59

68

73

80 86

91 CAPITOLOII

DAL CODICE PENALE ROCCO ALLE PROPOSTE DI REVISIONE DEL REGIME DI IMPUTAZIONE

DELLE AGGRAVANTI 1. Dai lavori preparatori al codice Rocco

2. I progetti di riforma presentati prima della modifica del 1990 del- l’art. 59, secondo comma, c.p.

3. Le proposte di riforma elaborate dalla dottrina prima della modifi- ca dell’art. 59, secondo comma, c.p.

4. I progetti di modifica dell’imputazione soggettiva delle aggravanti dello Schema di legge delega presentato dalla Commissione Vassal- li-Pagliaro e il progetto di riforma della Commissione Grosso. Lo Schema di disegno di legge presentato dalla Commissione Pisapia 5. Opportunità di una modifica dell’intera categoria delle circostanze?

CAPITOLOIII

L’IMPUTAZIONE DELLE AGGRAVANTI E LA COSTITUZIONALIZZAZIONE DEL PRINCIPIO

DI COLPEVOLEZZA

1. Il “vecchio” art. 59, primo comma, c.p. come tipica e stigmatizzabi- le ipotesi di responsabilità oggettiva. Le poche opinioni contrarie all’assunto

2. La responsabilità oggettiva secondo le sentenze nn. 364 e 1085 del 1988 della Corte Costituzionale. Brevi cenni

3. Responsabilità personale e “significatività” degli elementi della fat- tispecie in rapporto all’offesa e alla pena. Il destino delle circostan- ze aggravanti

4. Entusiasmi, perplessità, delusioni: le grandi speranze e il poco o nulla di fatto dopo la “storica sentenza” della Consulta. Prospettive di ricerca delle eventuali “incomprensioni” tra dottrina, legislatore e giurisprudenza (rinvio)

5. Il mantenimento del regime oggettivo per l’applicazione delle circo- stanze attenuanti

6. Immediato adeguamento al canone della responsabilità personale?

7. Conclusioni in tema di principio di responsabilità personale e do- verosità dell’accertamento dei diversi profili di responsabilità dolo- sa e/o colposa per le circostanze aggravanti. Il momento cognitivo ed il momento volitivo nel versante doloso della responsabilità per le circostanze aggravanti

pag.

(10)

Indice IX

105 111 118 121

141

150 156 166

170 175

191 CAPITOLOIV

DISARMONIE, DUBBI E PROBLEMI INTERPRETATIVI 1. La mancata riforma dell’art. 60 c.p.

2. I rapporti tra l’art. 60, primo comma, c.p. e l’art. 59, secondo com- ma, c.p.

3. I rapporti tra l’art. 60, terzo comma e l’art. 59, secondo e terzo com- ma, c.p.

4. L’imputazione soggettiva della recidiva e delle aggravanti c.d. inde- finite

PARTESECONDA

LA DISCIPLINA POSITIVA DELLA RESPONSABILITÀ SOGGETTIVA PER LE CIRCOSTANZE AGGRAVANTI

CAPITOLOI

LA RESPONSABILITÀ “DOLOSA” PER LE CIRCOSTANZE AGGRAVANTI. LE CIRCOSTANZE AGGRAVANTI

“IN SENSO STRETTO” CONOSCIUTE O CONOSCIBILI.

LA STRUTTURA NECESSARIAMENTE DOLOSA 1. Vecchie e nuove deroghe al regime di imputazione delle circostan-

ze aggravanti. Un’ipotesi di studio

2. Conoscenza e conoscibilità delle circostanze aggravanti. La “con- coscienza” dei fattori aggravanti

3. Echi lontani dalla giurisprudenza

4. Analisi delle singole circostanze aggravanti

5. Un limite palese ed emblematico di applicazione del nuovo regime di addebito dei fattori aggravanti: “conoscenza” e “conoscibilità” e motivi a delinquere

6. Le circostanze aggravanti comuni necessariamente conosciute per la loro particolare struttura

7. Conclusioni provvisorie sulla responsabilità soggettiva dolosa per le circostanze aggravanti comuni tra “piena consapevolezza”, “cono- scenza latente” e “dubbio”

pag.

(11)

201

215 219 222 230

233 247

252

259 280 295 299 301 CAPITOLOII

LE CIRCOSTANZE AGGRAVANTI SPECIALI NECESSARIAMENTE CONOSCIUTE

1. Le circostanze aggravanti speciali necessariamente conosciute per la loro particolare struttura. I delitti contro la personalità dello Stato come primo banco di prova

2. Le circostanze aggravanti dolosamente orientate del Titolo V dedicato ai delitti contro il sentimento religioso e contro la pietà dei defunti 3. Le circostanze aggravanti dolosamente orientate dei reati sessuali 4. Un ultimo banco di prova: la responsabilità soggettiva per le circo-

stanze aggravanti nei delitti contro la pubblica amministrazione 5. Sintesi: analisi finale per “categorie” generali individuate secondo

contenuti comuni

CAPITOLOIII

LA RESPONSABILITÀ “COLPOSA” PER LE CIRCOSTANZE AGGRAVANTI. IL MODELLO DI IMPUTAZIONE COLPOSA

DEI FATTORI AGGRAVANTI

1. L’addebito colposo delle circostanze aggravanti costituite da pre- supposti modalità della condotta o particolari situazioni tipiche:

quale spazio e giustificazione per l’addebito “colposo”? A pena più grave deve corrispondere una colpevolezza più grave

2. Conoscenza e conoscibilità. Il problema delle circostanze costituite da eventi futuri

3. La “prevedibilità” degli eventi aggravatori cronologicamente suc- cessivi alla condotta base dolosa a seguito di interpretazione esten- siva del concetto di “conoscibilità”. Tutte circostanze aggravanti oppure esportabilità del modello ex art. 59, secondo comma, c.p. a tutti i delitti aggravati dall’evento?

4. Nel labirinto di Minosse: i diversi percorsi teorici in tema di respon- sabilità colposa per l’evento non voluto conseguenza diretta di una condotta dolosa illecita. Le diverse categorie di reati aggravati dal- l’evento. Le tesi favorevoli all’attribuzione della natura circostanzia- le ai reati aggravati da un evento necessariamente non voluto 4.1. (segue) I reati aggravati dall’evento come ipotesi autonome

(con distinguo) di reato

4.2. (segue) Preterintenzione e delitti aggravati dall’evento: la re- ductio ad unum

4.3. (segue) Preterintenzione e responsabilità oggettiva: un abbrac- cio mortale?

5. Conclusioni provvisorie sulla natura giuridica della complessa ca- tegoria dei reati aggravati dall’evento

pag.

(12)

Indice XI

303 316 330

337 350

362

373 375 377

381 CAPITOLOIV

“PRETERINTENZIONALITÀ ALLARGATA” E COLPA IN CONTESTO ILLECITO EX ART. 59, SECONDO COMMA, C.P.

1. Alle prese con preterintenzione, delitti aggravati dall’evento e circo- stanze aggravanti: la congettura di Riemann del penalista

2. La “preterintenzionalità allargata” e le circostanze aggravanti “in senso stretto”. Il criterio di separazione

3. Il punto della situazione. Ipotesi aggravate “ambigue” da riportare nell’alveo della “preterintenzione allargata”

4. Colpa in contesto doloso illecito (comprese le circostanze aggra- vanti “in senso stretto”): una complicata convivenza. Doveri o meri oneri di diligenza? La colpa grave come soluzione ad ogni proble- ma?

5. La doverosa cautela della persona ragionevole in contesto illecito 6. Rilevanza dell’ignoranza o errore dovuti a colpa ex art. 59, secondo

comma, c.p.: critica di un insoddisfacente modello colposo di re- sponsabilità per le circostanze aggravanti “in senso stretto”

PARTETERZA

CONCLUSIONI DE IURE CONDITO E DE IURE CONDENDO

1. La responsabilità dolosa per le circostanze aggravanti “in senso stretto”

2. La responsabilità colposa per le circostanze aggravanti “in senso stretto”

3. Prospettive de iure condendo. La necessaria conoscenza come rego- la della responsabilità per le circostanze aggravanti?

BIBLIOGRAFIA

pag.

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(14)

P

ARTE

P

RIMA

DAL REGIME DI IMPUTAZIONE OGGETTIVA DELLE CIRCOSTANZE AGGRAVANTI

ALLA RIFORMA DELL’ART. 59, SECONDO COMMA, C.P.

PROFILI STORICI E PROBLEMI

INTERPRETATIVI

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CAPITOLOI

DAL REGIME DI IMPUTAZIONE “DOLOSA”

DELLE AGGRAVANTI NEL CODICE PENALE ZANARDELLI ALLA RIFORMA

“COLPOSAMENTE ORIENTATA” DEL 1990

SOMMARIO. 1. Premessa: brevi cenni sulla genesi della riforma. – 2. L’impu- tazione delle circostanze aggravanti nel codice Zanardelli: dolo e circostan- ze. La querelle legata alla fattispecie di ricettazione aggravata. – 3. Le ragio- ni, in estrema sintesi, di un’analisi storica incentrata sulla scienza della ri- cettazione aggravata. – 4. L’enigmatica (paradigmatica?) imputazione sog- gettiva della ricettazione aggravata al tempo del codice penale liberale nella giurisprudenza della Suprema Corte. – 5. La letteratura penalistica dell’epo- ca in tema di imputazione delle aggravanti nel delitto di ricettazione. – 6.

Uno sguardo ai criteri di imputazione in relazione alle altre circostanze ag- gravanti. – 7. Conclusioni: l’imputazione dolosa delle circostanze aggravan- ti del codice Zanardelli. Un sistema equilibrato e coerente. La ricettazione aggravata come “pretesto” per la riforma oggettivistica del codice Rocco.

1. Premessa: brevi cenni sulla genesi della riforma

L’art. 1 della legge 7 febbraio 1990, n. 19, com’è ormai notissimo, ha modificato il regime di imputazione oggettiva delle circostanze aggra- vanti ed il vecchio art. 59 primo comma, c.p. è stato così sostituito:

«Le circostanze che attenuano od escludono la pena sono valutate a favore dell’agente anche se da lui non conosciute, o da lui per errore rite- nute inesistenti. Le circostanze che aggravano la pena sono valutate a ca- rico dell’agente soltanto se da lui conosciute ovvero ignorate per colpa o ritenute inesistenti per errore determinato da colpa».

Il settore delle circostanze del reato è stato, peraltro, attraversato, dal dopoguerra ad oggi, da significative e frequenti variazioni di disci- plina, tutte principalmente tese ad un ammorbidimento delle asperità sanzionatorie del codice Rocco. Per quanto riguarda la parte generale del codice penale, infatti, le novelle legislative in materia di circostan- ze si sono succedute negli ultimi trent’anni ad intervalli quasi regolari.

La prima e più significativa, se non dirompente, riforma attinente al si-

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1Sul bilanciamento delle circostanze prima della legge n. 200 del 1974 si ri- manda, per tutti, A.M. STILE, Il giudizio di prevalenza o di equivalenza tra le cir- costanze, Napoli, 1971, passim. Dopo la modifica legislativa, G. VASSALLI, Con- corso tra circostanze eterogenee e “reati aggravati dall’evento”, in Riv. it. dir. proc.

pen., 1975, 3 ss., il quale sottolineava come “la riforma attuata con il decreto leg- ge-legge dell’11 aprile 1974 (convertito in legge n. 220 del 1994) è destinata a dar luogo ad un gran numero di problemi interpretativi e sistematici, dei quali, dopo alcuni mesi di esperienza giudiziaria, si intravede l’inizio”. Una modifica normati- va che ha avuto, infatti, riflessi su tutto il panorama del codice penale e delle leg- gi speciali.

2G. FLORA, Commento all’art. 5, legge n. 400 del 1984, in Leg. pen., 1984, 387 ss.; L. CONCAS, Il nuovo sistema delle circostanze, in Cass. pen. mass. ann., 1984, 2296; G. DEVERO, Le circostanze del reato al bivio tra reintegrazione e disintegra- zione sistematica. I riflessi delle novelle del 1984, in Riv. it. dir. proc. pen., 1986, 49 ss. Una premessa al nostro lavoro è doverosa. Non ci occuperemo “a tutto ton- do” delle circostanze del reato e, cioè, della loro natura giuridica nella prospetti- va della ricerca espressa di un metodo o di un sistema per distinguerle dagli ele- menti costitutivi del reato, oppure per stabilire se esse non rappresentino altro che elementi costitutivi di una fattispecie illecita “allargata”, ecc. L’oggetto della nostra ricerca dovrà essere più contenuto e, si spera, meglio arginabile. Almeno come intenzione. In realtà, se è vero che le circostanze “stanno intorno” al fatto tipico, stare intorno alle circostanze, anche solo per occuparsi del loro regime di ascrizione, è attività invero complessa a causa dell’intrecciarsi in tale materia di istituti, categorie dogmatiche e problemi interpretativi che meriterebbero cia- scheduno un riflessivo e approfondito lavoro monografico. Qua e là, nel corso del nostro lavoro, saranno citate le principali e più cospicue osservazioni e stu- di, frutto di accurate indagini svolti dalla dottrina italiana, sull’istituto del reato circostanziato e su istituti “affini” ed a queste opere si rimanderà, di volta in vol- ta, per una ricostruzione dei vari ed eterogenei temi che lo caratterizzano e lo rendono talmente vasto da spaventare il colto e l’inclita. Fin da ora ci poniamo la stema delle circostanze aggravanti è stata introdotta con la legge 7 giu- gno 1974, n. 200, che ha consentito di sottoporre al giudizio di bilan- ciamento le circostanze eterogenee ad efficacia comune con le circo- stanze ad efficacia speciale1. Tale allargamento dell’oggetto del giudi- zio di bilanciamento ha immediatamente ridestato, se mai fosse stata sopita, l’attenzione della dottrina intorno alla natura giuridica dei rea- ti aggravati dall’evento, querelle che non ha mai trovato composizione, a fortiori dopo l’introduzione della imputazione soggettiva delle circo- stanze aggravanti.

Dieci anni dopo, peraltro in un contesto di modifica del quadro nor- mativo relativo al processo penale, si è avuta una radicale riforma dell’art. 63, terzo comma, c.p.: l’art. 5, infatti, della legge 31 luglio 1984, n. 400 è intervenuto nel settore delle c.d. circostanze “ad effetto speciale”, innanzitutto ridefinendo come tali le circostanze che impor- tano un aumento o una diminuzione della pena superiore ad un terzo e ha dettato una nuova disciplina per i casi di concorso di circostanze2.

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Regime di imputazione “dolosa” delle aggravanti nel c.p. Zanardelli 5

domanda se alla luce delle asperità ermeneutiche e delle linee di disomogeneità che ne tracciano i termini (non ultimo, ovviamente il regime di imputazione sog- gettiva delle aggravanti introdotto all’inizio degli anni novanta), le circostanze, intese come autonoma categoria accessoria della tipicità, abbiano ancora un ruolo da svolgere oppure se debbano essere tramutate in qualcosa di diverso e di più coerente con il resto del sistema penale, così come, a più riprese, proposto dalla letteratura penalistica italiana. All’inizio della nostra indagine, confidia- mo, peraltro, per vari motivi, che resti loro forza dogmatica e razionalità per so- pravvivere.

3Sottolinea la “repentinità” della riforma, A. MELCHIONDA, La nuova discipli- na di valutazione delle circostanze del reato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1990, 1435 s.

A questo proposito, è utile riportare quasi integralmente alcune riflessioni, pun- genti e puntuali, di G. FIANDACA-E. MUSCO, Diritto penale, Parte generale, III ed., Bologna, 1995, 376 s.: «(…) non si può peraltro fare a meno di esprimere alcune ri- serve di metodo che investono lo stesso iter dei processi decisionali a livello legisla- tivo. Ed, invero, ripercorrendo i lavori preparatori della legge n. 19 del 1990, ci si accorge che la più importante delle modifiche introdotte, quella cioè concernente il criterio di imputazione delle circostanze, non figurava affatto nell’originario dise- gno di legge n. 1707 (…): questo disegno si limitava, in tema di circostanze, a pro- porre una semplice integrazione dell’art. 62 n. 4 del codice penale; e, per il resto, suggeriva mutamenti della disciplina della sospensione condizionale. Soltanto in un secondo momento, e cioè durante la discussione del disegno di legge al Senato, si è voluto – in maniera alquanto casuale e improvvisa – cogliere l’occasione per “fi- nalmente” eliminare il criterio della imputazione oggettiva delle circostanze aggra- vanti, e ricondurne la disciplina all’alveo garantistico del principio di colpevolezza.

Con ogni probabilità, una scelta così inattesa, è stata sollecitata dall’intento di va- lorizzare le molteplici implicazioni scaturenti dall’ormai famosa sentenza costitu- zionale n. 364 del 1988 che, ancorché limitata – come sappiamo – al problema del- la scusabilità dell’ignoranza della legge penale, dimostra come l’avvenuta costitu- zionalizzazione del principio di colpevolezza sia in grado di rifrangersi sull’intero sistema penale. Nonostante la nobiltà dell’intento, desta però riserve la fretta con la quale si è proceduto alla riforma della disciplina delle circostanze, peraltro in as- senza di un adeguato retroterra di elaborazione scientifica: rimane infatti ancora da dimostrare che, mantenendo tuttora immodificato il restante impianto codici- stico la soluzione di estendere la colpevolezza alle aggravanti risulti davvero la scel- ta più razionale e opportuna per i riflessi sistematici e applicativi che ne possono derivare». Diversi sono gli studiosi che si sono occupati dell’imputazione sogget- tiva delle circostanze aggravanti dopo l’entrata in vigore a riforma dell’art. 59, secondo comma, c.p., tanto in lavori espressamente dedicati al tema, quanto in pubblicazioni di più ampio respiro. Fra i molti, segnaliamo fin da ora, G. MAR-

CONI, Il nuovo regime di imputazione delle circostanze aggravanti. La struttura sog- gettiva, Milano, 1993; G.A. DEFRANCESCO, Opus illicitum. Tensioni innovatrici e pregiudizi dommatici in materia di delitti qualificati dall’evento, in Riv. it. dir.

La sensibile variazione apportata dal legislatore al sistema che re- gola l’imputazione delle circostanze aggravanti è giunta, però, nono- stante le precedenti novelle legislative ed i non pochi progetti di rifor- ma, quasi inaspettata3, due anni dopo la “storica” ed ampiamente ce-

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proc. pen., 1993, 994 s.; C. GUGLIELMINI, La disciplina delle circostanze aggravanti secondo la nuova normativa dell’art. 59 c.p. dettata dall’art. 1 legge 7 febbraio 1990, n. 19, Giust. pen., 1991, II, 699 s.; M. VASSALLO, La nuova disciplina delle circo- stanze aggravanti: un passo ulteriore verso la piena attuazione del la responsabilità penale personale, in Dif. pen., 1990, 70 s.; F. RAMACCI, Alcune riflessioni sulla rifor- ma in materia di circostanze, in SS, 1993, 147 s.; E. LOI, Le circostanze del reato, in Codice penale, Parte generale, Giur. sistematica dir. pen., diretta da F. Bricola e V. Zagrebelsky, II ed., vol. II, Torino, 1996, 241 s.; P. PIRAS, L’imputazione delle circostanze aggravanti: la fattispecie della malattia insanabile conseguente al reato di lesioni personali, in Cass. pen., 1999, 3438 s.; E. VENAFRO, Commento all’art. 59 c.p., in Codice penale, a cura di T. PADOVANI, II ed., Milano, 2000, 345 s.; A. VALLI-

NI, voce Circostanze del reato, in Dig. disc. pen., Agg., Torino, 1999, 36 s. e, last but not least, il “monumentale” lavoro di A. MELCHIONDA, Le circostanze del reato. Ori- gine, sviluppo prospettive di una controversa categoria giuridica, Padova, 2000.

4Per la sentenza della Consulta 23 marzo 1988, n. 364, si veda in Riv. it. dir.

proc. pen., 1988, 686 ss. Per una analisi dei contenuti e delle potenzialità della pronuncia si rimanda a, AA.VV., Responsabilità oggettiva e giudizio di colpevolez- za, a cura di A.M. STILE, Napoli, 1989. Ulteriori commenti alla sentenza, saran- no riportati nel prosieguo del lavoro ed in part. al cap. III, parte I.

5Sentenza 13 dicembre 1988, n. 1085, in Riv. it. dir. proc. pen., 1990, 289, con commento di P. VENEZIANI, Furto d’uso e principio di colpevolezza. Secondo la de- cisione dei giudici della Consulta l’art. 626, primo comma, c.p. è, come è noto, costituzionalmente illegittimo laddove non prevede che nelle ipotesi di mancata restituzione della cosa sottratta dovuta a caso fortuito o a forza maggiore sia co- munque applicata la disciplina del furto d’uso.

6La nota ripartizione dei potenziali modi di essere della responsabilità og- lebrata sentenza n. 364 del 19884della Corte Costituzionale e la forse meno citata, ma non meno significativa, sentenza n. 1085 del 19885in tema di furto d’uso. Le due pronunce della Consulta sembravano an- nunciare la fioritura di una nuova e feconda stagione nella legislazio- ne penalistica, nella quale avrebbe iniziato a trovare finalmente attua- zione ed applicazione il canone della responsabilità “personale”, ovve- ro il pieno rispetto del fondamentale principio di colpevolezza. Cano- ne al quale, si sperava e confidava in allora, avrebbero dovuto ade- guarsi, volenti o nolenti, anche i più fervidi sostenitori, soprattutto in- dividuabili in coloro che esercitano la funzione requirente ed il potere giurisdizionale, della comoda scorciatoia (probatoria) in chiave gene- ral-preventiva della attribuzione su base meramente oggettiva della re- sponsabilità penale per tutti gli eventi disvoluti. In verità, ad eccezione della riforma dell’art. 59 c.p., a distanza di quasi venti anni dalle due storiche sentenze non si è assistito alla definitiva eliminazione delle aporie “oggettivistiche” dall’impianto codicistico o dalle leggi speciali, aporie rappresentate da ipotesi residuali di responsabilità oggettiva, sia nelle sue forme espresse, sia nelle sue, ben più subdole, forme oc- culte6.

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Regime di imputazione “dolosa” delle aggravanti nel c.p. Zanardelli 7

gettiva appartiene alla ricostruzione di F. MANTOVANI, Responsabilità oggettiva espressa e responsabilità oggettiva occulta, in Riv. it. dir. proc. pen., 1981, 456 ss.

7Lavori preparatori del Codice Penale e del Codice di Procedura Penale, Ro- ma, 1929, vol. III, parte I, 466 ss.; ivi, vol. IV, parte II, 210 ss.; ivi, vol. VI, 114 ss.

8G. DELITALA, Le dottrine generali del reato nel progetto Rocco, in Diritto pena- le. Raccolta degli scritti, I, Milano, 1976, 306; si vedano, inoltre, G. PAOLI, Le cir- costanze di reato nel Progetto definitivo di Codice Penale, in Il Progetto Rocco nel pensiero giuridico contemporaneo, Roma, 1930, 300 ss.; N. LEVI, Il codice penale illustrato, Milano, 1932, 257 s.

Che il regime di imputazione oggettiva delle circostanze aggravanti sia stato, subito dopo il dogma della inescusabilità della ignorantia le- gis, il primo capitolo della tematica della “responsabilità” ad essere in- vestito dal vento del cambiamento, è facilmente spiegabile dal fatto che entrambi gli istituti erano stati individuati, a più riprese, tra le più tipiche ipotesi di responsabilità oggettiva.

Le prime voci dissenzienti nei confronti del vecchio regime di im- putazione, infatti, si levarono, come si vedrà meglio nel prosieguo del presente lavoro, già durante l’ampio dibattito dell’iter di formazione del codice Rocco7; così, a titolo meramente esemplificativo, ed antici- pando un tema sul quale si ritornerà ampiamente, Delitala8ebbe ad af- fermare: «da un punto di vista teorico noi riteniamo che il dolo si ripor- ti non solo al fatto delittuoso essenziale, ma anche alle circostanze ag- gravatrici del reato».

Si badi, al dolo della fattispecie illecita base. Non ad una mera colpa per non aver conosciuto o previsto la circostanza aggravante.

Va tenuto, inoltre, in debita considerazione come il codice Zanar- delli, ovvero il codice penale per l’Italia emanato (da ora indicato con l’acronimo c.p.i.) nel 1889 e che sarà oggetto di attento esame in me- rito al regime di imputazione dei fattori aggravanti, riguardo alla im- putazione delle circostanze aggravanti si discostasse nettamente dal- la soluzione adottata dal legislatore con la riforma del 1930. Infatti, il codice Zanardelli, non stabiliva a priori alcuna regola specifica in tema di imputazione delle circostanze ed era compito dello stesso giudice disciplinare, di volta in volta, le varie ipotesi nelle quali oc- corresse applicare una o più circostanze aggravanti secondo i princi- pii dettati in tema di elemento soggettivo del reato dall’art. 45 c.p.i.

Tale norma disponeva che nessuno potesse essere punito per un de- litto se non lo avesse voluto, a meno che non fosse stata la legge a por- lo altrimenti a suo carico come conseguenza della sua azione od omissione.

Non essendo previste indicazioni contrarie in tema di circostanze aggravanti, così come per gli elementi costitutivi dell’illecito, anche per gli elementi accidentali era, quindi, l’art. 45 c.p.i. – norma generale det-

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9Nella dottrina del tempo, sulla tematica della distinzione tra elementi co- stitutivi del reato e circostanze, si rimanda a G. PAOLI, Principi di diritto penale, vol. I, Padova, 1926, 33; V. MANZINI, Trattato di diritto penale italiano, II ed., vol.

I, 1920, 431 s.; B. ALIMENA, I limiti e i modificatori dell’imputabilità, vol. III, Tori- no, 1889, passim.

10Nel codice erano previste poche regole generali di disciplina delle circo- stanze. In pratica venivano regolate solo le ipotesi di error in persona, il compu- to di alcune variazioni di pena per il ricorrere di alcune circostanze e la trasmis- sibilità ai correi di determinate circostanze. Si rinvia sull’argomento a E. FLO-

RIAN, Del concorso fra le varie circostanze di cui all’art. 29, in CU, 1904, 1313 s.

11Sono numerose le opinioni che privilegiavano, all’epoca, tali coordinate ermeneutiche; per tutti, si rinvia a M. ANGIONI, La volontarietà del fatto nei rea- ti. Contributo alla nozione del “dolo”, Torino, 1927, 110 ss.; E. FLORIAN, Parte ge- nerale del diritto penale, in Trattato di diritto penale, I ed., vol. III, Milano, 1926, 418; V. MANZINI, Trattato di diritto penale italiano, I ed., vol. II, Torino, 1920, 449.

12La nitida “semplificazione” si deve a E. FLORIAN, Parte generale del diritto tata per l’imputazione soggettiva di ogni elemento del reato – a stabili- re, come regola, l’imputazione dolosa.

Peraltro, il sistema delle circostanze nel codice del 1889 presentava significativi aspetti di frammentarietà e mancanza di ordine sistemati- co. Infatti, non era prevista alcuna disciplina di ordine generale sulle circostanze e la stessa differenziazione tra elementi costitutivi e circo- stanze non era così netta e marcata, almeno in linea teorica di mero principio, come nel successivo codice del 19309.

Basti riflettere sul fatto che erano pochissime le circostanze comu- ni a tutti i reati e, segnatamente, la recidiva e alcune circostanze in te- ma di esclusione o diminuzione della imputabilità (vizio parziale di mente, ubriachezza accidentale, ecc.)10.

Per quanto, invece, riguarda il regime di imputazione delle circo- stanze aggravanti nel codice Rocco, il regime di ascrizione oggettiva al- l’autore del fatto degli elementi accidentali trova un primo punto fer- mo di giustificazione nell’affermazione che l’elemento psicologico del reato, oltre che abbracciare gli elementi costitutivi del fatto materiale, necessariamente ricomprende in sé anche l’elemento accidentale e, quindi, riguardo ai fattori aggravanti, appare superflua ogni indagine autonoma sul loro riflesso soggettivo11.

Ed infatti, nella parte della sua opera dedicata alla responsabilità oggettiva, all’epoca Florian puntualizzava: «in tema di circostanze ag- gravanti l’eccezione si spiega non già con riferimento al dolo, né con una presunzione di esso, ma col principio chiaramente indicato nei lavori preparatori “versari in re illicita” ecc., che può piacere o no, ma che è quello adottato dal legislatore»12.

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Regime di imputazione “dolosa” delle aggravanti nel c.p. Zanardelli 9

penale, cit., I ed., vol. IV, Milano, 1934, 461. Si rinvia, poi, alla Relazione sul 1°

Libro del Progetto di un nuovo codice penale del Guardasigilli ROCCO, in Lavori preparatori, cit., V ed., vol. I, 106.

13Relazione sul 1° Libro, cit., 107.

14Così, A. SANTORO, Le circostanze del reato, Torino, 52, 244. Senza entrare, per adesso, in profondità in merito al ruolo e alla funzione delle circostanze, dobbiamo, però, rimarcare come l’affermazione non convinca, almeno se si ri- flette sulla gravosa incidenza che determinate circostanze, quali, ad es., quelle ad effetto speciale, hanno sul quantum di pena. Sembra evidente che il discorso non possa arrestarsi a queste generiche e superficiali considerazioni ed infatti la tematica verrà ripresa nel prosieguo del presente lavoro, ma escludere a priori ogni possibile valenza ad una eventuale reazione punitiva che può variare sen- sibilmente a seconda della esistenza di dati aggravatori, non sembra poter rap- presentare lo specchio fedele di quanto avviene nel momento formativo della rappresentazione del fatto illecito e della relativa volontà di porlo in essere. Ed, in ogni caso, lo stesso avverbio “probabilmente” utilizzato dall’Autore, che con- traddistingue il possibile esito del ragionamento, non può non sollevare qualche Della natura accidentale delle circostanze e della loro (presunta) in- capacità di incidere qualitativamente, ma, bensì, solo quantitativamen- te (determinando un accrescimento o una diminuzione della pena ir- rogata in concreto), derivava per i compilatori del codice Rocco l’esclu- sione da una autonoma previsione di responsabilità dolosa o colposa per gli accidentalia delicti.

La emblematica ed esplicita frase di Florian sopra riportata, altro non rappresentava, quindi, che la presa d’atto di quanto, del resto, già aveva espresso il Guardasigilli nella relazione sul primo libro del Pro- getto del codice, ovvero del fatto che dal “versari in re illicita” non po- tesse che derivare la responsabilità per ogni conseguenza, voluta o me- no, prevista o meno, della propria condotta illecita.

In tale prospettiva, in effetti, per una chiara e inequivocabile com- prensione del “manifesto” programmatico del codice penale del 1930 in tema di “responsabilità”, niente sembra più efficace che riportare le testuali ed inequivocabili parole di Alfredo Rocco: «colui che, coscien- temente e volontariamente, intraprende un’attività criminosa deve corre- re tutti i rischi inerenti all’attività medesima, non solo per ciò che più astrattamente attiene all’evento, ma anche per ciò che attiene alle moda- lità con le quali l’attività si svolge, alle circostanze casuali che si insi- nuano nel processo esecutivo del reato»13.

Per rafforzare tale concetto, del resto, venne sostenuto da parte di autorevole dottrina, che il criterio di imputazione oggettiva delle cir- costanze aggravanti fosse giustificato dal fatto che, qualora l’agente le avesse conosciute, rappresentandosele come conseguenze inevitabili della propria condotta illecita, le avrebbe probabilmente accettate ed avrebbe agito ugualmente14. Una sorta di imputazione delle circostan-

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legittimo dubbio: infatti, nulla esclude che il soggetto agente, rappresentandosi il possibile fattore aggravante ed il susseguente, più o meno brusco, impennar- si della sanzione penale, potrebbe, proprio per questo motivo, astenersi dall’il- lecito.

15La bibliografia in tema di dolo eventuale è smisurata. Per l’accettazione di tale ricostruzione ermeneutica del dolo eventuale cfr. A. PECORAROALBANI, Il do- lo, Napoli, 1955, 306 ss. Sull’argomento, invece, per quanto attiene alle opere più recenti, si rimanda, fra i molti a S. CANESTRARI, Dolo eventuale e colpa cosciente.

Ai confini tra dolo e colpa nella struttura delle tipologie delittuose, Milano, 1999, passim; S. PROSDOCIMI, Dolus eventualis. Il dolo eventuale nella struttura delle fat- tispecie penali, Milano, 1993, passim; L. EUSEBI, Il dolo come volontà, Brescia, 1993, passim.

16È talmente articolato ed esaustivo il sistema delle circostanze nel codice Rocco, che gli venne attribuito «il primato europeo di ampiezza» da A. MALIN-

VERNI, Per una teoria generale delle circostanze aventi a fondamento la personalità del soggetto attivo del reato, in Scuola pos., 1965, 196. Per una attenta e ap- profondita analisi delle opzioni normative che hanno caratterizzato il sistema delle circostanze nel codice Rocco, cfr. A. MELCHIONDA, Le circostanze del reato, cit., 581 s.

17Il criterio della presunzione di conoscenza è assunto a fondamento della scelta di privilegiare il regime di ascrizione oggettiva delle aggravanti da T. PA-

DOVANI, voce Circostanze del reato, in Dig. disc. pen., vol. II, Torino, 1988, 203.

Conf., A. MANNA, voce Circostanze del reato, in Enc. giur. Treccani, vol. VI, Roma, 1988, 4.

ze in applicazione, però iuris et de iure, della teoria c.d. della approva- zione o del consenso, secondo la quale il momento della volontà in quella peculiare forma di dolo che è il dolo eventuale sarebbe rinveni- bile nella approvazione della conseguenza lesiva (in questo caso mag- giormente lesiva) da parte del reo15.

A differenza del previgente codice penale Zanardelli, quindi, la scel- ta fatta dal legislatore del 1930 è molto più netta ancorché più artico- lata e le circostanze vengono, così, disciplinate in modo organico e si assiste alla nascita di un sistema affatto peculiare16.

Del resto, che la ratio sottesa alla scelta di una ascrizione “senza col- pevolezza” delle aggravanti, poggiasse «su una sorta di presunzione le- gale di conoscibilità da parte dell’agente»17lo spiega bene Padovani, il quale sottolinea come tale riflessione trovi conforto nel fatto che nel codice Rocco, non a caso, sia stata prevista in tema di imputazione del- le circostanze la deroga esplicita di cui dall’art. 60, primo comma, c.p.:

secondo l’Autore, infatti, la disposizione va riferita ad un rapporto tria- dico (agente, vittima designata, vittima effettiva), situazione nella qua- le risulterebbe assolutamente impossibile la formulazione della pre- sunzione di conoscenza senza un regresso dalla stessa logica del versa- ri in re illicita in quella «della responsabilità per il puro accadimento ve-

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Regime di imputazione “dolosa” delle aggravanti nel c.p. Zanardelli 11

18Ogni riflessione sull’art. 60 c.p. e sui rapporti della disposizione, rimasta invariata, con il nuovo regime di imputazione delle aggravanti, è rinviata al par.

1, cap. IV.

19La precisazione è di S. PROSDOCIMI, Note su alcuni criteri di classificazione delle circostanze del reato, in Ind. pen., 1983, 278.

20Sempre S. PROSDOCIMI, op. loc. ult. cit. Meritano di essere riportate le pun- tuali osservazioni dell’Autore che si domanda quale messaggio politico-criminale possa avere una norma che prevede l’ascrizione obiettiva di dati circostanziali che vengano ignorati per errore di fatto, e per i quali una ipotesi di assoluta presun- zione di conoscenza risulterebbe «totalmente priva di senso». E neppure avrebbe senso conferire a talune circostanze aggravanti «marcate finalità di prevenzione speciale», data la loro incidenza sulla pena-base, con lo scopo di “lanciare” un messaggio che suoni come un disincentivo nel momento di ideazione dell’illecito.

21Il codice penale unico ebbe una lunga e travagliata storia (niente, sia chia- ro, in confronto a quella della (tentata) riforma del codice Rocco) ed i primi stu- di per un codice che valesse per tutta l’Italia risalgono al Ministro Pisanelli (Pro- getto 17 novembre 1864). Zanardelli elaborò il suo Progetto di codice che venne presentato dal Ministro Giannuzzi-Savelli nel 1883. Dopo alcuni emendamenti formulati dal Pessina, nel frattempo divenuto Ministro, la versione definitiva del Progetto, destinato a diventare il primo codice penale dell’Unità d’Italia, fu vara- ta il 22 novembre 1887. Per una ricca ricostruzione di ciò che avvenne in sede di lavori preparatori, cfr. G. PAOLI, Storia scientifica di un decennio di preparazione del Codice penale italiano, voll. I e II, Firenze, 1886.

rificatosi, a prescindere dall’agente (e cioè senza passare, in buona so- stanza, dal medioevo alla preistoria)»18.

Nessuno spazio, quindi, nel vecchio art. 59, primo comma, c.p., è stato concesso alla formulazione di un canone soggettivo cui aggan- ciare un eventuale rimprovero al reo per il fattore aggravante, neppure in caso di positivo convincimento della inesistenza dell’elemento cir- costanziale aggravante19e nessun rilievo, di conseguenza, alle valuta- zioni operate dell’agente nel momento antecedente alla condotta20. I riflessi soggettivi della imputazione dei fattori aggravanti sono, in realtà, come vedremo in seguito, inglobati nella formulazioni di aggra- vanti quali “aver agito per futili motivi” e si pongono ancora oggi come eccezione e deroga all’attuale principio generale di responsabilità sog- gettiva dettato dal nuovo art. 59, c.p.v, c.p.

2. L’imputazione delle circostanze aggravanti nel codice Zanardelli:

dolo e circostanze. La querelle legata alla fattispecie di ricettazio- ne aggravata

Il codice Zanardelli21non conteneva, come già sottolineato, una

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22Per una accurata disamina di come la manualistica coeva al codice Zanar- delli trattasse in maniera eterogenea il tema delle circostanze del reato si rinvia a A. MELCHIONDA, Le circostanze del reato, cit., 426.

23Così, G. CRIVELLARI, Il codice penale per il Regno d’Italia, vol. III, Torino, 1892, 288.

24Relazione Ministeriale sul libro primo del progetto di codice penale presenta- to alla Camera dei deputati da S.E. il ministro di grazia e giustizia e dei culti, del 22 novembre 1887, parte I, vol. XLIII, Torino, 1988, 218 s.

25E. FLORIAN, Dei reati e delle pene in genere, in AA.VV., Trattato di diritto pe- nale, vol. I, Roma, 1910, 205.

dettagliata disciplina generale delle circostanze22. Per quanto riguar- da, in particolare, l’oggetto del presente studio, ovvero l’imputazione delle circostanze aggravanti, la norma di riferimento era rappresenta- ta dall’art. 45 c.p.i., disposizione che, come detto, stabiliva in maniera ecumenica la regola della imputabilità morale dolosa (volontarietà) sia per gli elementi costitutivi del delitto, sia per le sue circostanze aggra- vanti. Oltre alla previsione generale della responsabilità dolosa (la re- gola), la norma prevedeva la possibilità di eccezioni per situazioni espressamente disciplinate dalle legge, nelle quali il fatto avrebbe po- tuto essere posto altrimenti a carico del soggetto agente. Nell’ambito di tale eccezione, la dottrina ricomprendeva sia la responsabilità colposa, descritta come volontaria mancanza di previsione delle conseguenze pre- vedibili del proprio atto, sia quelle peculiari ipotesi nelle quali ad un ef- fetto delittuoso si ricollega una conseguenza della stessa condotta non voluta, ma preveduta o che potevasi prevedere23.

Zanardelli fu esplicito e deciso sul punto. Nella sua Relazione con la quale il codice penale venne presentato alle Camere24il Ministro commentando l’art. 45 disse a chiare lettere che «l’effetto che non si vol- le non deve e non può essere imputato» e che «l’effetto non voluto non è imputabile appunto perché si è sempre nella ipotesi della ignoranza o del- l’errore di fatto, che esclude, per consenso universale e per la ragione del- le cose, la responsabilità dell’evento». Le eccezioni alla regola posta dal- l’art. 45 c.p.i. «tranne che la legge lo ponga (effetti e conseguenze non volute, nda) altrimenti a suo carico», riguardavano, come detto, i casi allora definiti di dolo indiretto (preterintenzione, ad es., artt. 368, 374 c.p.i.) e di colpa (ad es., artt. 371, 375 c.p.i.)25.

La regola, quindi, per l’attribuzione a carico del reo delle circostan- ze aggravanti era quella che, con moderna terminologia, viene definita della “imputazione soggettiva” e, più precisamente, della imputazione dolosa. In realtà per quanto attiene alla imputazione delle aggravanti, soprattutto una fattispecie mise a dura prova la validità ecumenica e la reale forza ed estensione di tale criterio applicativo: la ricettazione ag- gravata.

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Regime di imputazione “dolosa” delle aggravanti nel c.p. Zanardelli 13

26V. MANZINI, Trattato, cit., II ed., vol. VIII, 1922, 477.

27V. MANZINI, Trattato, cit., 479. A proposito della ratio dell’aggravamento è interessante sottolineare come Manzini, sostenesse che non dovesse toccare ai giuristi, ma bensì a chi «si occupa di politica criminale» discutere se tale aggra- vamento fosse o meno opportuno.

28Così, V. MANZINI, Trattato, cit., 480; G. CRIVELLARI, Il codice penale per il Re- gno d’Italia, cit., 286.

La ricettazione era disciplinata dall’art. 421 del codice Zanardelli, norma che prevedeva la punibilità di chiunque avesse acquistato, rice- vuto o nascosto denaro o cose provenienti da un delitto o si fosse in- tromesso in qualsiasi modo nel farle acquistare, ricevere o nascondere, senza essere concorso nel delitto “presupposto”. La circostanza aggra- vante – che determinava una brusca impennata della sanzione detenti- va e che nel tempo fu oggetto di una vera e propria disputa dottrinale e giurisprudenziale – riguardava la provenienza del denaro o delle cose oggetto di ricettazione: infatti se si trattava di un delitto che importas- se una pena restrittiva della libertà personale per un tempo maggiore di 5 anni, per il colpevole di ricettazione la reclusione raddoppiava ri- spetto alla pena base (da 1 a 4 anni invece che sino a 2 anni). In prati- ca, per il legislatore la maggior gravità del delitto di ricettazione si fon- dava sulla gravità del delitto da cui provenivano le cose oggetto di ri- cettazione. In particolare il delitto principale doveva essere punito con pena restrittiva della libertà personale superiore a cinque anni. Tale pena poteva essere comminata sia come pena base, sia essere la con- seguenza di un aggravamento in ragione di circostanze che, a loro vol- ta, accompagnassero la fattispecie base di tale delitto principale. Esi- steva, poi, una ulteriore ipotesi di aggravamento della ricettazione, di cui non ci occuperemo, che dipendeva dalla qualifica di ricettatore abituale del reo.

Posto che l’oggetto del dolo, quindi, fosse costituito dalla volonta- rietà del fatto e dalla «scienza che si trattasse di cose provenienti da de- litto»26, il nodo interpretativo più difficile da sciogliere era rappresen- tato dalla “scienza della entità del delitto presupposto”, ovvero dalla co- noscenza effettiva che le cose ricettate provenissero da un grave delitto, in guisa da dimostrare a carico del reo «una maggiore immoralità»27.

Ed in effetti, alla stregua del principio generale di imputazione sog- gettiva dell’art. 45 c.p.i., la circostanza non avrebbe potuto, né dovuto, essere posta a carico del colpevole se questi non l’avesse “voluta”. Ve- niva, pertanto, ritenuto necessario che il ricettatore conoscesse o “la specie del delitto represso”, per il quale doveva essere comminata una pena restrittiva superiore ai cinque anni, oppure la presenza delle cir- costanze aggravanti che lo rendessero punibile con la medesima pena (ad es., il furto con rottura)28.

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29I passaggi della Relazione al Re sono tratti da Codice penale illustrato con i lavori preparatori, a cura di R. MANGINI, F. GABRIELLIe U. COSENTINO, Roma, 1930, 75.

Ma il requisito della «necessaria scienza delle aggravanti del delitto presupposto» conobbe, invero, un percorso travagliato, caratterizzato da un’iniziale diffidenza della giurisprudenza verso il canone soggetti- vo di attribuzione, cui fece seguito una più convinta applicazione del principio generale dettato dall’art. 45 c.p.i. anche in tema di ricettazio- ne aggravata, per poi giungere ad una fase di decisioni altalenanti.

Non a caso, come si vedrà meglio in seguito, tale contrasto giuri- sprudenziale, che analizzeremo nel prosieguo, rappresentò “il prete- sto” posto a fondamento dell’inversione di rotta in tema di imputazio- ne delle circostanze aggravanti e fu utilizzato dal legislatore del 1930 come esempio paradigmatico per giustificare l’abiura da ogni valuta- zione del riflesso soggettivo in tema di imputazione delle aggravanti.

Nella Relazione al Re di accompagnamento al codice Rocco29, in merito alla valutazione delle circostanze aggravanti ed in particolare ai desiderata della Commissione che, nel solco della tradizione del codice Zanardelli proponeva il requisito della necessaria conoscenza delle cir- costanze aggravanti, si specifica, infatti, che «… se anche il principio della volontarietà fosse teoricamente sempre applicabile in materia di cir- costanze aggravanti, la deroga ad esso sarebbe sufficientemente giustifi- cata dalle esigenze d’una efficace repressione …» e si prosegue affer- mando che «… queste esigenze si sono imposte anche nell’applicazione del Codice del 1889, nonostante che, almeno di regola, esso accolga il principio propugnato dalla Commissione. Così, ad esempio, la giuri- sprudenza, mediante distinzioni, riserve, presunzioni, ha in sostanza adottato il principio della responsabilità obiettiva rispetto a parecchie ag- gravanti, come quelle riguardanti l’età del soggetto passivo, il delitto di ricettazione, ecc.» per concludere che «richiedere la conoscenza delle aggravanti, o costringerebbe nuovamente la pratica ad adottare i ram- mentati espedienti elusivi della legge, ovvero, se il principio venisse ap- plicato fedelmente, renderebbe inapplicabile l’aggravamento nella mag- gior parte dei casi…».

In pratica, venne affermato nella Relazione, si vedrà se corretta- mente o in modo tutto sommato apodittico, che stante la disapplica- zione da parte della giurisprudenza del canone di imputazione sogget- tiva in materia di fenomeni aggravatori, sarebbe stato inutile ed inop- portuno riproporlo nel codice penale rinnovato, sia per cogenti esigen- ze di politica criminale (“l’efficace repressione”), sia per l’aver già pre- valso in action un criterio di attribuzione meramente obiettivo, spe- cialmente (se non esclusivamente) in tema di ricettazione aggravata.

Ed allora, prima di una ricognizione a tutto tondo sulle modalità

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Regime di imputazione “dolosa” delle aggravanti nel c.p. Zanardelli 15

30V. MANZINI, Trattato, cit., 480.

della imputazione delle altre circostanze aggravanti nella vigenza del codice Zanardelli, riteniamo opportuno concentrare l’attenzione sulle reali vicissitudini legate alla applicazione (e interpretazione) della fat- tispecie di ricettazione aggravata, per verificare la verosimiglianza del- l’affermazione riportata nella Relazione al Re (e, quindi, la “tenuta del pretesto”) secondo la quale i giudici avrebbero, nel corso degli anni, addirittura “eluso la legge” pur di porre a carico del reo in via mera- mente obiettiva la illecita provenienza da delitto qualificato “del dena- ro o delle cose” oggetto di ricettazione – tanto da determinare (e giu- stificare) il revirement legislativo – e, in caso di risposta positiva, pro- vare a capirne le effettive ragioni.

A tal proposito colpisce il peculiare mutar d’opinione del Manzini, che ha giocato un ruolo primario nella compilazione del codice Rocco.

Nella seconda edizione del suo Trattato, e precisamente nel volume VIII, scritto nel 1922, l’Autore, commentando l’ipotesi delittuosa della ricettazione aggravata, appare convinto e radicale sostenitore della ne- cessaria conoscenza in capo al reo della tipologia del reato presuppo- sto (e se del caso, quindi, delle qualifiche particolari dello stesso) dal momento che afferma: «la scienza dell’entità del delitto dal quale le cose provengono, o delle aggravanti che lo accompagnano, non si può mai presumere, neppure sino a prova contraria; né essa può ritenersi impli- cita nella volontarietà del fatto. Deve quindi essere dimostrata dall’accu- sa e accertata con adeguata motivazione nella sentenza di condanna»30. Un vero e proprio manifesto programmatico dell’imputazione sogget- tiva che ancor oggi non sfigurerebbe nei più moderni trattati dedicati al ruolo ed alla funzione del principio di colpevolezza, con un richia- mo alla doverosa attività motivazionale, spesso pretermessa o trascu- rata, come si vedrà più avanti, da parte dei giudici.

Ma non molti anni dopo, lo stesso Manzini, impegnato in una ses- sione di lavoro della Commissione Ministeriale incaricata di fornire un parere sul progetto preliminare di un nuovo codice penale, interve- nendo proprio sull’art. 61 del progetto (ora 59 c.p.), in merito al pro- blema della imputazione oggettiva delle circostanze aggravanti, osser- vando come l’art. 61 altro non fosse che «applicazione del principio ge- nerale, per cui chi versa in re illicita, risponde non solo delle conseguen- ze non direttamente volute, ma anche delle circostanze causali, che si in- sinuano nel processo esecutivo del reato», prosegue con una curiosa al- legoria: «se il ladro, mentre attende a rubare, precipita in una botola di cui non sapeva l’esistenza, evidentemente viene punito maggiormente.

Egli deve rispondere di una non conosciuta aggravante, come risponde- rebbe di qualsiasi altro infortunio, nel corso della sua azione delittuosa».

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31Lavori Preparatori del codice penale e del codice di procedura penale, vol. IV, Atti della Commissione Parlamentare, parte II, Verbali delle sedute della Commis- sione, Roma, 1929, 217 s.

Infine, ed ecco il punto che maggiormente interessa, conclude che se proprio si volesse dar seguito a chi richiede almeno la prevedibilità

«bisognerebbe invertire l’onere della prova, come la Cassazione ha fatto in materia di circostanze aggravanti nella ricettazione, in modo che, solo quando l’imputato porti una prova convincente dell’ignoranza, il magi- strato possa non applicare l’aggravante»31.

La lunga citazione di scritti e interventi del Maestro che testimo- niano il mutamento del suo pensiero in tema di imputazione delle cir- costanze aggravanti, ovviamente non ha come scopo quello di sottoli- neare il grado della volubilità del Manzini o enfatizzare il suo progres- sivo allinearsi ed adeguarsi al nuovo, meno liberale, Geistzeit dell’epo- ca (umano, troppo umano, chioserebbe Nietzsche), ma, casomai, quel- lo di verificare il ruolo centrale giocato in allora dalla ricettazione, rec- te, dalla attribuibilità al colpevole delle aggravanti di questo delitto, nella prospettiva applicativa e ricostruttiva di tale istituto.

In definitiva, al fine di valutare se davvero la giurisprudenza avesse fatto da traino al legislatore fino ad indurlo ad un così profondo ripen- samento ed a giustificare, di conseguenza, il passaggio dalla imputa- zione dolosa a quella oggettiva per l’intera “rete” delle aggravanti previ- sta nel superanalitico codice Rocco, la ricettazione aggravata del codi- ce Zanardelli fungerà da cartina di tornasole, non fosse altro per esse- re stata prescelta, in allora, come emblema del mutamento.

3 Le ragioni, in estrema sintesi, di un’analisi storica incentrata sul- la scienza della ricettazione aggravata

Abbiamo deciso di dedicare un autonomo spazio all’analisi di quan- to davvero accaduto nella giurisprudenza e nella dottrina nella pro- spettiva dell’imputazione della ricettazione aggravata, unitamente ad uno sguardo d’assieme sui parametri di imputazione applicati per le altre circostanze aggravanti del codice Zanardelli, perché tale detta- gliata analisi potrebbe risultare utile e ricca di spunti al fine di verifi- care se, almeno nel periodo di vigenza del codice penale liberale, in te- ma di circostanze aggravanti la dottrina e la giurisprudenza avessero mai posto il problema di una “attribuibilità colposa” di queste ultime (come, invece, è stato anni dopo deciso dal legislatore del 1990). Nes- sun progetto di riforma dal dopoguerra al 1990, infatti, impostava la propria proposta di modifica legislativa incardinandola al canone del-

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Regime di imputazione “dolosa” delle aggravanti nel c.p. Zanardelli 17

32Per trovare la giusta rotta nel mare magno di definizioni date alla catego- ria nel corso dei secoli, si rimanda alla ricerca effettuata da A. BONDI, I reati ag- gravati dall’evento tra ieri e domani, Napoli, 1999, 15 s.

33Ex pluribus, A. CADOPPI, P. VENEZIANI, Elementi di diritto penale, Padova, 2007, 314 s., M. ROMANO, Commentario, II ed., cit., 598 s.

34Infra, cap. II, parte II.

35Con tale locuzione, intendiamo, nel presente lavoro ed in via convenziona- le (ma del resto tutto il linguaggio giuridico è una “convenzione”) le circostanze aggravanti che per motivi storici, assiologici, strutturali, non appartengono, se- condo la ricostruzione dell’istituto che verrà proposta, alla c.d. preterintenzione allargata, famiglia gnoseologica i cui componenti hanno natura giuridica di ipo- tesi autonome di reato e non circostanziale (Cfr., infra, cap. IV, parte II).

la responsabilità “colposa”, perlomeno, sia chiaro, con riferimento ai fattori di aggravamento antecedenti, concomitanti, o anche successivi alla condotta, «che non presentano tratti omogenei con gli eventi aggra- vatori successivi alla condotta gravitanti, in senso lato, nell’orbita della preterintenzione» e che fanno parte della vastissima ed eterogenea ca- tegoria dei c.d. reati aggravati dall’evento.

Tali particolari fattori di aggravamento del reato, che da ora in poi ricomprenderemo, per mera comodità espositiva, nella sincretica e classica definizione, appunto, di reati aggravati dall’evento32, vengono da una buona parte degli studiosi ricondotti nella “famiglia allargata”

delle circostanze aggravanti33, ma spesso, se non sempre, per mere ra- gioni di “politica criminale” senza sicurezze dogmatiche34(possibilità di bilanciamento con le circostanze attenuanti, imputazione soggetti- va “positivizzata” dal nuovo art. 59, secondo comma, c.p.). Alla luce di questa breve premessa, anticipiamo fin da ora, di conseguenza, che dovrebbero, proprio per questa peculiare ragione, essere affrontati (e di fatto lo sono sempre stati) in modo separato ed autonomo rispetto alle circostanze aggravanti che definiremo tali «in senso stretto»35: i due istituti pur essendo, infatti, “affini”, si distinguono in misura si- gnificativa in quanto i delitti aggravati dall’evento (o, lato sensu, prete- rintenzionali), come vedremo meglio infra – affermazione per ora da accettarsi alla stregua di una indimostrata petitio principii – hanno in comune, e da sempre, il loro essere strutturati come fattispecie di le- sione della incolumità personale o collettiva, almeno il loro “nocciolo duro”, caratteristica che, invece, non appartiene alla “famiglia ristret- ta” delle “circostanze aggravanti”, almeno secondo una accezione rigo- rosamente orientata sul piano assiologico della tutela. Tale forte e si- gnificativo nucleo comune di disvalore d’evento sembrerebbe, secondo noi, come vedremo postea, dover giocare un ruolo decisivo per la clas- sificazione e relativa disciplina delle due diverse categorie di ragioni d’aggravamento. Occorre allora, secondo noi, riflettere sul fatto che ta-

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36Sui diversi volti e le finalità del metodo comparativo, A. CADOPPI, Cento an- ni di diritto penale comparato in Italia, in, Introduzione allo studio del diritto pe- nale comparato, II ed., Padova, 2004, 3 s.

37«La notte è il tempo delle paure. E più pauroso di qualunque donniciuola si li ipotesi criminose presentino un tratto comune caratterizzante, in realtà estraneo, ad esempio, alle circostanze aggravanti comuni di cui all’art. 61 c.p. ed a moltissime aggravanti speciali.

Verificare, quindi, sotto il profilo della comparazione storica36, se per l’imputazione di “queste” circostanze aggravanti non direttamente caratterizzate per il danno all’incolumità personale del singolo o della collettività – da ricercarsi caso per caso nelle varie tipologie di delitti del codice penale del 1889 in mancanza, come detto, di una disciplina generale della categoria – sia stato fatto o meno riferimento ad un pa- rametro soggettivo assimilabile alla “colpa”, da parte almeno di alcuni Autori contemporanei del codice Zanardelli, potrà, forse, aiutarci a tentare di comprendere le ragioni (e, nel caso, stabilirne la razionalità o la irrazionalità) della svolta del 1990, tenuto conto, in primo luogo, che dalla primigenia, ancorché generica, imputazione dolosa delle ag- gravanti (stabilita, almeno come “regola”, dall’art. 45 c.p.i.) nel codice penale liberale, si è passati nel 1930 a quella obiettiva e, in secondo luo- go, che l’imputazione dolosa delle circostanze aggravanti è stata ripro- posta, come detto, in tutti i progetti di riforma che sono stati presenta- ti nel dopoguerra almeno fino alla repentina, e inattesa, modifica legi- slativa “colposamente” orientata dell’art. 59, secondo comma, c.p.

4. L’enigmatica (paradigmatica?) imputazione soggettiva della ricet- tazione aggravata al tempo del codice penale liberale nella giuri- sprudenza della Suprema Corte

Il delitto di ricettazione del codice penale del 1889, fattispecie alla quale stiamo dedicando la nostra attenzione, come visto, per vari mo- tivi, non ultimo come emblematico esempio di pessima tecnica legi- slativa, prevede due ipotesi nelle quali la pena base per il delitto subi- sce un aggravamento, la prima rappresentata dalla gravità del delitto da cui provengono le cose ricettate e la seconda dall’essere il reo un ri- cettatore abituale. A proposito della sanzione prevista per il reato pre- supposto, è utile ricordare che l’aggravamento sanzionatorio per la ri- cettazione scatta sia quando tale delitto venga punito con pena base su- periore ai cinque anni (es. la rapina ex art. 406 c.p.i.), sia quando tale livello sanzionatorio venga superato per il ricorrere di circostanze ag- gravanti (es. il furto “notturno” ex art. 404, n. 3, c.p.i.37) ed è proprio la

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