1
Calcolo dei muri di sostegno secondo le NTC 18 e la Circolare 21.01.2019 n.7
Fabio Stocchero, ingegnere libero professionista
Le Norme Tecniche per le Costruzioni 17.01.2018 hanno consolidato quanto introdotto con le precedenti normative del 2008, chiarendo diversi dubbi e snellendo l’insieme delle verifiche necessarie per il progetto di un muro di sostegno. Il presente articolo vuole essere un riferimento schematico dei punti e degli aspetti da considerare per il progetto di un muro contro terra ordinario conformemente alle vigenti NTC.
Definizione di “muro di sostegno”
Per “muro di sostegno” si intende un manufatto murario con la funzione principale di sostenere, o contenere, fronti di terreno di qualsiasi natura e tipologia, eventualmente artificiali. Questa definizione è concisa ed apparentemente esaustiva, ma alla luce dei casi che si incontrano nella professione e delle indicazioni tecniche contenute nella normativa la progettazione potrebbe rivelarsi meno scontata di quanto si potrebbe immaginare, anche nel caso di opere ordinarie: esistono infatti diversi aspetti particolari che valgono tanto per le opere impegnative quanto per quelle correnti.
Classificazione dell’opera
Il primo passo per procedere al progetto di un muro di sostegno consiste nell’assicurarsi che l’opera che si intende realizzare sia veramente classificabile come tale. Le Norme Tecniche, infatti, contengono un paragrafo dedicato alla progettazione delle opere di sostegno, ma operano la distinzione tra “muri”,
“paratie” e “strutture miste” che richiedono differenti approcci.
Le tre tipologie sono evidentemente accomunate dalla stessa finalità, il sostegno del terreno di un pendio con un’inclinazione differente da quella naturale, ma si distinguono per alcuni aspetti di carattere strutturale, esecutivo, e soprattutto per l’interazione col terreno.
Muri Paratie Strutture Miste
Matrice strutturale Materiali strutturali (tipicamente c.a.)
Materiali strutturali (comunemente profili in acciaio)
Il terreno stesso con opportuni rinforzi Caratteristiche strutturali Opere rigide Opere flessibili Neutro
Metodologia di
installazione Invasiva, in unica fase Scarsamente invasiva,
molteplici fasi Secondo il caso Elementi che
garantiscono l’equilibrio
Fondazione e peso
proprio Terreno di valle Ancoraggi / rinforzi
2 Un metodo di classificazione potrebbe essere il seguente:
guida alla classificazione delle opere di sostegno
Ciascuno dei punti elencati nella precedente tabella è una semplice indicazione e può facilmente essere smentito senza che l’opera cambi la propria natura. Nei seguenti quattro paragrafi si tenterà di approfondire questi punti, ma non si arriverà ad un giudizio assoluto in nessuno dei casi.
La matrice strutturale
Per quanto riguarda la natura degli elementi strutturali, alcune tipologie di muri sono maggiormente accomunati alle paratie, altre alle opere miste (terre armate ecc.).
Il primo elemento di classificazione influenza le cosiddette “verifiche interne”, cioè i metodi da utilizzare per garantire la resistenza dell’opera in sé, isolata dal terreno sostenuto. Normalmente muri e paratie sono costituiti da elementi realizzati con materiali artificiali ed è immediato determinare con certezza quale sia il confine che separa l’opera dal terreno, per definire uno schema di calcolo che permetta di determinare le sollecitazioni interne e procedere alle usuali verifiche di sezione. Qualche problema sorge nel caso dei muri a gravità, costituiti da muratura (se così vogliamo definire le scogliere in pietre o massi) o da calcestruzzo non armato, più che altro perché si allontanano dalla progettazione consolidata di una sezione rettangolare in c.a. e sfuggono dalle indicazioni contenute nelle Norme Tecniche. La situazione si complica ulteriormente nel caso dei muri di gabbioni o materassi, crib walls o muri cellulari che possono essere realizzati anche in legno. Le tipologie strutturali sono varie, ma la natura dell’opera non cambia.
Nel caso di un muro in c.a., come già getto, dal punto di vista delle indicazioni normative non ci sono dubbi per quanto riguarda la progettazione della resistenza strutturale, dati i numerosi paragrafi dedicati al progetto di questa tipologia di opere. Occorre però prestare attenzione ai particolari costruttivi per la durabilità, che saranno dettati dalla classe di esposizione (normalmente XC2 e/o XC4), come ad esempio la resistenza minima del cls (UNI EN 206:2021, UNI 11104:2016, Circolare esplicativa NTC 18 C4.1.6.1.3), il copriferro minimo (UNI EN 1992-1-1 4.4.1, Circolare esplicativa NTC 18 C4.1.6.1.3), l’armatura minima (UNI EN 1992-1-1 9.3 e 9.6). Riguardo ai minimi di armatura, è interessante notare che l’EC2, per le pareti sollecitate prevalentemente fuori dal piano (come nel caso dei fusti dei muri in c.a.), richiama le regole valide per le piastre (paragrafo 9.3, nel caso di piastre unidirezionali, armatura principale minima come per le travi, armatura secondaria non minore del 20% della principale).
Riguardo al “fattore di comportamento” per l’analisi sismica, i muri in c.a. possono essere calcolati come strutture non dissipative (la “duttilità” risiede non tanto nel comportamento strutturale dell’opera, quanto nel volume di terreno significativo e nello scorrimento del muro soggetto all’azione sismica, ed è quantificata dal coefficiente βm di cui al 7.11.6.2.1, che potrebbe essere assunto unitario nel caso non si accettassero spostamenti residui a SLV e/o a SLD).
Per i casi rimanenti le NTC18 si limitano alla seguente indicazione: “nel caso di strutture miste o composite, le verifiche di stabilità globale devono essere accompagnate da verifiche di stabilità locale e di funzionalità e durabilità degli elementi singoli”. Questa frase implica che per alcuni aspetti le strutture “miste o composite” possono essere trattate come muri. La progettazione di una struttura mista a tutti gli effetti, come una terra armata, può quindi essere condotta con riferimento agli stati limite previsti per i muri, ad esempio riguardo alle verifiche “esterne” di stabilità, resistenza a scorrimento e capacità portante. Inoltre,
3
le verifiche interne vanno comunque effettuate, anche se i metodi non sono esplicitamente definiti dalle Norme Tecniche, con riferimento a documenti di comprovata validità o a modelli di calcolo reperibili in letteratura tecnica.
Le caratteristiche strutturali
Per quanto riguarda le caratteristiche strutturali, che influenzano l’interazione terreno struttura e governano la scelta del modello di calcolo da adottare per la progettazione, i muri sono maggiormente accomunati alle opere miste (terre armate ecc.) piuttosto che alle paratie.
I muri si possono definire “opere di sostegno rigide”. La classificazione per mezzo della rigidezza dell’elemento strutturale è in realtà un metodo per stabilire il grado di interazione struttura – terreno che è necessario tenere in conto per la sua analisi. Per tutte le opere di sostegno dei terreni il termine “opera”
indica l’insieme dell’elemento strutturale artificiale e del terreno coinvolto, che si influenzano mutuamente; la distinzione è un processo artificioso, ma necessario per ridurre un problema complesso in una serie di modelli più semplici, affrontabili con l’uso di tecniche “maneggevoli”, cioè facilmente comprensibili e riducibili in caso di necessità a relazioni comprovate ed immediatamente verificabili alla luce delle regole fondamentali della statica e della geotecnica. In questo senso i muri (e parte delle “opere miste”) possono essere classificati come opere rigide, cioè strutture con una deformazione trascurabile in esercizio, soggette ad un moto rigido. Questo aspetto semplifica notevolmente l’interazione terreno – struttura e nei casi ordinari permette di disaccoppiare totalmente il terreno dall’opera di sostegno, riducendo il primo ad una distribuzione di pressioni o carichi lineari da applicare al secondo, a sua volta rappresentato con uno schema statico semplice.
L’origine del problema, volendolo qui delineare in modo semplificato e riassuntivo, sta nell’esistenza di una relazione tra gli spostamenti dell’opera e le spinte del terreno, che trova un’efficace rappresentazione nei cosiddetti “sistemi a molle elastoplastiche” (la cui implementazione numerica è diffusa in molti software commerciali, in particolar modo quelli dedicati allo studio delle paratie).
I diagrammi tratti dall’appendice C della UNI EN1997-1:2013 (EC7) riassumono efficacemente il concetto fondamentale:
• se l’opera si sposta verso valle e scarica il terreno sostenuto, le spinte diminuiscono velocemente fino ad un valore minimo identificato dal limite di spinta attiva, che possiamo associare al termine
“ka”;
• se l’opera si sposta verso monte e carica il terreno sostenuto, le spinte aumentano lentamente fino ad un valore massimo, che possiamo associare al termine “kp”.
I termini “lentamente” e “velocemente” sono qui utilizzati in modo relativo, per quantificarli si può far riferimento ai seguenti prospetti (prospetto C.1, prospetto C.2 e figura C.4), ridisegnati da EC7 a cui si rimanda per maggiori dettagli:
4
Figura C.4 tratta da UNI EN1997-1:2013
Rapporti tra spostamento necessario alla completa mobilitazione della spinta attiva (va) o spinta passiva (vp) ed altezza del muro – ricostruito da prospetti C.1 e C.2 della UNI EN1997-1:2013
Tipo di cinematismo va / h [%] vp / h [%] v0.5 p / h [%]
a)
Da 0.4 a 0.5 – terreno sciolto
Da 0.1 a 0.2 – terreno denso
Da 7.0 a 25.0 – terreno sciolto
Da 5.0 a 10.0 – terreno denso
Da 1.5 a 4.0 – terreno sciolto
Da 1.1 a 2.0 – terreno denso
b)
0.2 – terreno sciolto Da 0.05 a 0.1 – terreno denso
Da 5.0 a 10.0 – terreno sciolto
Da 3.0 a 6.0 – terreno denso
Da 0.9 a 1.5 – terreno sciolto
Da 0.5 a 1.0 – terreno denso
5 c)
Da 0.8 a 1.0 – terreno sciolto
Da 0.2 a 0.5 – terreno denso
Da 6.0 a 15.0 – terreno sciolto
Da 5.0 a 6.0 – terreno denso
Da 1.0 a 1.5 – terreno sciolto
Da 0.5 a 1.3 – terreno denso
Riassunto dei prospetti C.1 e C.2 della UNI EN1997-1:2013
Dal prospetto sopra riportato si ricava, facendo riferimento ad esempio al caso b), che nel caso di un terreno sciolto un muro di sostegno deve spostarsi verso valle dello 0.2% della propria altezza (va = 0.2% × h) per mobilitare completamente la spinta attiva del terreno alle proprie spalle. Per un muro alto 3 metri questo equivale a 300 cm × 0.002 = 0.6 cm. Gli spostamenti per mobilitare la spinta attiva sono effettivamente piccoli (tenendo presente che si sta considerando uno scenario di stato limite ultimo).
Considerando la rigidezza del fusto del muro si può ritenere che lo spostamento sia uniforme lungo il suo sviluppo, perciò lo schema di calcolo si riduce al calcolo della spinta attiva con una formula consolidata tratta da letteratura tecnica ed alla trasformazione delle spinte conseguenti in carichi lineari da applicare ad una striscia di un metro di muro (o qualsiasi altra larghezza sia comoda nel caso specifico).
Un’altra conclusione che si può immediatamente trarre dall’analisi dei prospetti C.1 e C.2 è che gli spostamenti necessari a mobilitare completamente la spinta passiva (vp) sono effettivamente piuttosto grandi, perciò lo sfruttamento di tale aliquota resistente in uno stato limite ultimo implica una notevole traslazione del muro verso valle (fino al 25% dell’altezza del muro). D’altro canto, lo spostamento necessario per mobilitare il 50% della spinta passiva (v0.5p) è decisamente più ragionevole, attorno al 2%
dell’altezza dell’opera.
Le modalità di installazione
Per quanto riguarda le modalità di installazione e le conseguenze che queste hanno sul terreno circostante (e conseguentemente sul modello di calcolo), i muri sono maggiormente accomunati alle opere miste (terre armate ecc.) piuttosto che alle paratie.
Normalmente i muri vengono realizzati con una procedura notevolmente invasiva nei riguardi del terreno preesistente, soprattutto per quanto riguarda il terreno spingente, sovente completamente o quasi completamente sostituito o quantomeno completamente rimaneggiato.
Nonostante le apparenze, questo fatto ha delle conseguenze che possono semplificare la progettazione. Se, da un lato, la distruzione della struttura del terreno può vanificare i risultati di raffinate indagini geotecniche, dall’altro può giustificare l’utilizzo di ipotesi forfettarie rinunciando al ricorso a formulazioni complesse per tenere in conto dell’effettivo comportamento del terreno. Come è noto, ai terreni è associabile un angolo di resistenza a taglio a volume costante φ’cv, uno di picco φ’p ed uno residuo, che possono essere anche notevolmente differenti e sono associati alla storia ed alla struttura del terreno in
6
sito, correlabile allo stato di addensamento. Per opere ordinarie, dando per scontata la rinuncia all’utilizzo di modelli di calcolo complessi ed in grado di rappresentare efficacemente il comportamento meccanico del terreno, ci si riduce all’utilizzo di formule che esprimono la spinta attiva del terreno in funzione dell’angolo di resistenza a taglio, ma la scelta dell’angolo “operativo”, magari intermedio tra φ’cv e φ’p non è semplice, proprio perché dipendente dalla stato del terreno e dall’interazione terreno – struttura, che vengono trascurate. Nel momento in cui la storia e la struttura del terreno vengono però completamente distrutte, tanto vale rassegnarsi e ricorrere all’utilizzo dell’angolo φ’cv, che una volta definita la natura del terreno presenta una variabilità piuttosto ridotta e che può trovare conferma in letteratura tecnica.
Il disturbo arrecato al terreno a monte del muro ha però una ragione di notevole importanza, che qui viene solo accennata: l’installazione di un filtro (possibilmente efficace nel tempo) in grado di garantire il necessario drenaggio, condizione fondamentale per la stabilità dell’opera, perché la spinta esercitata dall’acqua ha un valore rilevante rispetto a quella dovuta al terreno asciutto.
Le modalità di funzionamento in opera
Per quanto riguarda l’equilibrio, i muri sono maggiormente accomunati alle opere miste (terre armate ecc.) piuttosto che alle paratie.
I muri garantiscono l’equilibrio per mezzo della propria resistenza strutturale e del proprio peso. Spesso l’opera si idealizza come composta da un fusto e da una fondazione, aspetto che distingue i muri dalle paratie. Anche volendo considerare il tratto infisso di una paratia come fondazione, benché questa rappresenti un’estensione del fusto (nei muri è invece presente un’evidente distinzione tra le due parti), nel caso delle paratie la fondazione coinvolge la resistenza del volume di terreno posto di fronte ad essa invece che sotto di essa.
L’esistenza di una fondazione comporta la necessità di eseguire le relative verifiche, sia strutturali, nel caso ad esempio di un muro a mensola in c.a., sia geotecniche, cioè capacità portante e scorrimento.
Per tutte le opere (muri, paratie, miste), l’equilibrio può essere assicurato anche per mezzo di tiranti o ancoraggi, che potrebbero anche fornire un contributo prevalente lasciando alla fondazione un compito relativamente marginale. L’installazione di un singolo tirante, soprattutto se attivo (cioè posto in opera con un significativo livello di tensione) complica immediatamente la progettazione. La tesatura del tirante comprime il muro contro il terreno di monte, che si sposterà da una condizione di “spinta a riposo” verso una condizione di “spinta passiva“, mettendo in crisi la progettazione basata sullo spostamento rigido del muro e sul coefficiente di spinta attiva ka; occorre poi verificare la possibilità che si verifichino altri cinematismi di collasso, come ad esempio la rotazione attorno al punto di innesto del tirante sul fusto.
Infine, la necessità di operare un’analisi terreno – struttura per tenere in conto delle spinte del terreno in funzione degli spostamenti del muro richiama il punto 6.2.4.1.3 delle NTC 18 ed il punto C6.5.3.1.2 della Circolare, con conseguenze piuttosto onerose in termini di analisi e computazionali.
Nel caso si progetti di installare tiranti o chiodature, potrebbe convenire adottarne almeno due file, senza pretensione (ancoraggi passivi). In questo modo l’intero compito di garantire l’equilibrio orizzontale potrebbe essere affidato ai tiranti, senza la necessità di operare un’analisi terreno – struttura e la fondazione potrebbe essere ridotta al minimo, col solo compito di equilibrare le azioni verticali.
7
Le combinazioni da considerare
Il progetto di un muro, impegnativo o ordinario, richiede di considerare un buon numero di combinazioni delle azioni. Rispetto alle precedenti Norme Tecniche del 2008, le nuove hanno operato qualche semplificazione. Anzitutto si adotta l’Approccio 2 per la maggior parte delle verifiche (NTC18 6.5.3.1.1), inoltre si da una chiara indicazione della procedura da utilizzare per lo scenario sismico: “le verifiche agli stati limite ultimi di opere e sistemi geotecnici si riferiscono al solo stato limite di salvaguardia della vita (SLV) … quelle agli stati limite di esercizio si riferiscono al solo stato limite di danno (SLD) … le verifiche degli stati limite ultimi in presenza di azioni sismiche devono essere eseguite ponendo pari a 1 i coefficienti parziali sulle azioni e sui parametri geotecnici e impiegando le resistenze di progetto …” (NTC18 7.11.1).
Infine la verifica a ribaltamento è stata integrata nella combinazione fondamentale e non necessita dell’utilizzo della combinazione “EQU”.
Combinazione Verifiche
SLU – A1+ M1 + R3 strutturali; equilibrio; geotecniche (scorrimento, capacità portante, sfilamento dell’ancoraggio)
SLU – A2+ M2 + R2 stabilità globale
Caratteristica strutturali (c.a.: limiti tensionali)
Frequente strutturali (c.a.: apertura fessure)
Quasi permanente strutturali (c.a.: limiti tensionali, apertura fessure);
geotecniche: cedimenti
SLU Eccezionale: 1.0 + 1.0 + R3 strutturali; equilibrio; geotecniche – in caso di eventi eccezionali (urti)
SLV ed SLD: 1.0 + 1.0 + R3 strutturali; equilibrio; geotecniche
Le combinazioni in condizioni sismiche meritano una nota: possono facilmente generare delle sotto – combinazioni. Anzitutto la verifica a ribaltamento richiede l’utilizzo di un coefficiente βm aumentato del 50% (ma non maggiore di 1, si veda NTC18 7.11.6.2.1), il che equivale a generare una combinazione a sé stante per questa sola verifica. Inoltre la componente sismica verticale può essere diretta verso l’alto o verso il basso o essere assente e queste alternative generano altrettante situazioni da tenere in conto.
Infine, le tabelle R3 per le verifiche in condizioni sismiche sono distinte dalle tabelle R3 dedicate alle condizioni statiche (NTC18 7.11.1).
Il calcolo delle spinte
Per i muri l’interazione opera – terreno nella maggior parte dei casi ordinari viene trascurata e si riduce al calcolo delle spinte ed alle verifiche in fondazione. Le formulazioni da adottare sono facilmente reperibili in letteratura tecnica, l’appendice C della UNI EN1997-1:2013 (EC7) riporta una procedura completa che tiene conto dell’inclinazione del terreno di monte e del fusto del muro, dei terreni stratificati, ed di altro ancora.
8
La spinta passiva del terreno di valle viene sovente trascurata, perché la sua completa mobilitazione richiede spostamenti importanti e perché spesso, dato il limitato infossamento dell’opera nel terreno, assume comunque valori piuttosto limitati. La spinta passiva è più sensibile al metodo di calcolo utilizzato, è infatti noto che le formulazioni più semplici possono notevolmente sopravvalutarne il valore in caso si consideri l’attrito muro – terreno e per angoli di attrito elevati.
La spinta attiva, d’altro canto, può essere calcolata con le formulazioni più semplici senza particolari errori, il che consente il ricorso a metodi di calcolo semplificati. Nonostante questo, ci sono altri aspetti da considerare:
• la presenza di carichi a monte del muro
• la presenza di un profilo di terreno complesso
• la presenza di un terreno stratificato
• l’azione sismica
• la presenza di una falda
La presenza di una falda è probabilmente il problema più rilevante ai fini della stabilità, perché aumenta notevolmente le spinte, inclina la risultante applicata al terreno di fondazione e diminuisce le tensioni efficaci, insomma colpisce duramente su tutti i fronti; da questa considerazione consegue quanto sia importante la progettazione di un adeguato drenaggio a monte dell’opera.
La presenza dei terreni stratificati manda teoricamente in crisi le “formule” più diffuse per il calcolo delle spinte (basate su ipotesi di terreno omogeno in assenza di falda e di carichi a monte), ma è diffusa la consuetudine di calcolare la spinta lungo il fusto del muro “localmente”, cioè valutando il coefficiente di spinta attiva ka con i parametri meccanici del terreno presenti alla quota considerata (procedura, tra l’altro, suggerita da UNI EN1997-1:2013 nell’appendice C). Una volta noto il valore di ka lungo il fusto del muro, si calcolano le spinte del terreno (σ’h = ka σ’v) e quelle dovute ai sovraccarichi applicati a monte (Δσ’h = ka Δσ’v, spesso ridotta alla forma Δσ’h = ka q). La presenza di un terrapieno a monte del muro di forma irregolare crea qualche grattacapo in più, ma sono disponibili formulazioni che permettono di calcolare ka anche in presenza di un cambio di pendenza, oppure si può far ricorso a metodi grafici o numerici, basati sul metodo dell’equilibrio limite, ad esempio il metodo del “cuneo di tentativo” o “di Cullmann”. Metodi ancora più avanzati e generici non sono di agevole utilizzo, è in pratica indispensabile ricorrere ad un software di calcolo, anche perché la complessità non risiede unicamente nel metodo in sé, ma anche nella necessità di ripetere i calcoli per un numero piuttosto elevato di combinazioni.
Le verifiche interne
Nel caso dei muri in c.a., le verifiche interne sono sviscerate nei minimi dettagli dai paragrafi nelle NTC 18, come già descritto nei paragrafi precedenti.
Per i muri in gabbioni o in massi o cellulari, si può normalmente fare riferimento alle seguenti:
A. Verifica a ribaltamento B. Verifica a scorrimento C. Verifiche a compressione
realizzate in riferimento a varie sezioni di fusto lungo l’altezza dell’opera.
9
Le verifiche A) e B) possono essere realizzate con continuità lungo il fusto (per un muro in muratura o massi) o a passi regolari tra le linee di separazione degli elementi che lo compongono (per un muro in gabbioni o crib wall).
La verifica A) è in effetti riferita ad una condizione di stato limite ultimo per perdita di equilibrio come corpo rigido (NTC18 2.6.1) e andrebbe svolta con la combinazione EQU tenendo conto dei coefficienti specifici della tabella 2.6.I, con conseguenze importanti sugli effetti delle azioni permanenti G1 e G2. Per i muri, però, questa verifica è ricondotta all’interno della combinazione A1+ M1 + R3 (NTC18 6.5.3.1.1).
La verifica B) può essere basata su una resistenza per attrito, che coinvolge lo sforzo normale ed un coefficiente di attrito che per i muri in pietrame o massi può assumere valori piuttosto elevati, nell’ordine di 0.8 – 0.9. Alternativamente, la resistenza allo scorrimento potrebbe essere affidata a perni metallici o
“denti” di calcestruzzo, per i quali va verificata la resistenza a taglio (ad esempio, per il cls, ci si può riferire alla formula 4.1.23 delle NTC18, ridotta all’espressione νmin × bw × d). Anche per questa verifica occorre prestare attenzione ai coefficienti previsti dalla tabella 2.6.I e considerare attentamente gli scenari con effetti favorevoli e sfavorevoli di una stessa azione.
La verifica C è sovente assolutamente superflua e si riduce al confronto tra una tensione di compressione determinata su una sezione parzializzata e la resistenza del materiale che normalmente è notevolmente maggiore.
I muri in calcestruzzo non armato potrebbero essere trattati analogamente a quanto illustrato per i muri in massi, oppure si può fare riferimento alla sezione 12 della UNI EN 1992-1-1:2015, che fornisce delle formule di verifica piuttosto semplici per pressoflessione e taglio.
Per le palizzate, spesso realizzate con elementi lineari lignei, le verifiche interne devono fare riferimento ad una struttura realizzata con un telaio e non è immediato determinare la distribuzione degli sforzi. D’altro canto nei casi ordinari queste opere non sono particolarmente imponenti ed impegnative e facendo ricorso ancora una volta all’ipotesi di monoliticità e rigidezza dell’opera strutturale in sé restano valide le ipotesi semplificative per il calcolo della distribuzione delle spinte del terreno sull’opera stessa. Per questi motivi è diffuso l’utilizzo di schemi semplici e facilmente reperibili in letteratura tecnica (anche online), che prevedono il calcolo del massimo sforzo di taglio e di flessione nei montanti e nei correnti e la loro conseguente verifica secondo le indicazioni contenute nelle NTC per le strutture in legno o in altro materiale.
Le verifiche esterne
Le verifiche da prendere in considerazione sono le seguenti:
• Stabilità globale
• Equilibrio
• Scorrimento
• Capacità portante
• Cedimenti
• Spostamenti sismici
La verifica di stabilità globale, se trascuriamo il caso di muri ancorati con tiranti o di muri su pali, elementi che possono attraversare le potenziali superfici di scorrimento, di fatto vedono il muro come un semplice
10
spettatore. Si tratta di stabilire se è garantito l’equilibrio su una scala più ampia rispetto a quella dell’opera di sostegno, che può essere considerata un semplice “peso” all’interno del volume di terreno potenzialmente instabile. I metodi per condurre questa verifica possono essere semplici o molto complessi, e meritano una trattazione a parte.
La verifica di equilibrio come corpo rigido prescinde dalla resistenza e dalla rigidezza dell’opera e del terreno e può essere espressa come un semplice equilibrio di forze. Se il muro è ancorato o su pali, o in altro modo vincolato in modo che il cinematismo del ribaltamento non si possa sviluppare, questa verifica è superflua (sempreché pali, tiranti o quant’altro siano a loro volta verificati per le opportune combinazioni delle azioni).
La verifica di scorrimento si riduce al confronto tra l’azione orizzontale e la resistenza, usualmente espressa in funzione del carico verticale e del coefficiente di attrito, funzione dell’angolo di resistenza a taglio del terreno in fondazione. Per quanto illustrato precedentemente riguardo agli spostamenti necessari alla mobilitazione della spinta passiva, normalmente questa potenziale aliquota di resistenza viene trascurata o considerata solo in parte (non più del 50%, NTC18 6.5.3.1.1). Inoltre, come sottolineato al paragrafo C6.2.2.4 della Circolare esplicativa, “è opportuno che la verifica allo scorrimento della fondazione del muro sia effettuata con riferimento al valore dell’angolo di resistenza al taglio a volume costante (stato critico), poiché il meccanismo di scorrimento, che coinvolge spessori molto modesti di terreno, e l’inevitabile disturbo connesso con la preparazione del piano di posa della fondazione, implicano il rimaneggiamento del terreno”.
Anche la verifica di capacità portante può essere affrontata con metodi semplici e consolidati, ad esempio la “formula trinomia” con l’utilizzo dei coefficienti di Terzaghi, Brinch – Hansen, Vesic, ecc; tale formulazione è stata estesa con termini specifici per prendere in conto anche gli effetti sismici (interazione inerziale e cinematica). Normalmente l’influenza maggiore sulla capacità portante è legata all’eccentricità del carico, che determina una base ridotta (“alla Meyerhof“), ed ancor di più all’inclinazione del carico, cioè al rapporto tra l’azione orizzontale e quella verticale. Per questo motivo è spesso conveniente cercare di aumentare e ricentrare i carichi in fondazione, utilizzando ad esempio una mensola di monte nel caso dei muri in cemento armato. Da notare come i coefficienti di sicurezza R3 per la verifica nei confronti del carico limite del terreno di fondazione per i muri siano meno severi di quelli considerati per le fondazioni superficiali degli edifici.
Per i cedimenti, in letteratura tecnica sono disponibili diverse semplici correlazioni con il modulo elastico del terreno o direttamente con le letture ricavate dalle indagini in situ (prove penetrometriche).
Gli spostamenti sismici possono essere valutati con il metodo degli spostamenti (NTC18 7.11.3.5.2), o alternativamente col metodo pseudostatico. La possibilità che si sviluppi uno scorrimento in occasione del sisma è l’ipotesi alla base dell’assunzione di valori di βm minori dell’unità, e va valutata con attenzione.