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(1)

1

Linee guida

TUMORI DEL COLON RETTO

Edizione 2015

(2)

Coordinatore Giordano Beretta Oncologia Medica - Humanitas Gavazzeni - Bergamo

Segretario Lisa Salvatore Oncologia Medica - Azienda Ospedaliero - Università Pisana - Pisa

Estensori Giuseppe Aprile Oncologia - Azienda Ospedaliero Universitaria S. Maria Misericordia - Udine

Ermenegildo Arnoldi

Oncologia Medica - Azienda Ospedaliera Papa Giovanni XXIII - Bergamo

Carlo Aschele Oncologia - ASL 5 Liguria - La Spezia

Carlo Carnaghi Oncologia Medica - Humanitas Cancer Center - Rozzano (MI) Maurizio Cosimelli Chirurgia Oncologica - Ist. Naz. Tumori Regina Elena - Roma Evaristo Maiello Oncologia - Ospedale Casa Sollievo Sofferenza IRCCS - S.Giovanni

Rotondo (FG)

Nicola Normanno Biologia Cellulare e Bioterapie - INT-Fondazione Pascale - Napoli Stefania Sciallero Oncologia Medica 1 - Azienda Ospedaliero S.Martino IRCCS - IST -

Genova

Francesca Valvo Radioterapia 1 - Fondazione Istituto Tumori - Milano

Revisori Maurizio Cancian SIMG ULSS7 - Conegliano Veneto (TV) Renato Cannizzaro AIGO Astroenterologia - C.R.O. - Aviano (PN) Antonino De Paoli AIRO Radioterapia - C.R.O. - Aviano (PN)

Francesco Di Costanzo Oncologia Medica - Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi - Firenze

Alfredo Falcone Oncologia Medica - Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana - Pisa

Roberto Labianca Oncologia - Azienda Ospedaliero Giovanni XXIII - Bergamo Giovanni Lanza SIAPEC Anatomia Patologica - Arcispedale S. Anna - Azienda

Ospedaliero Universitaria - Ferrara Salvatore Pucciarelli Chirurgia Clinica 1 - Università - Padova

Mauro Risio SIAPEC Anatomia Patologica Istituto per la Ricerca e la Cura del Cancro IRCC Candiolo TO

Francesco Tonelli SICO Chirurgia - Università degli Studi di Firenze - Firenze Vincenzo Valentini Radioterapia 1 - Policlinico Universitario A. Gemelli - Roma Alberto Zaniboni Oncologia - Fondazione Poliambulatorio - Brescia

(3)

Indice

1. Fasi dell’assistenza ... 6

1.1 Comunicazione col paziente ... 6

1.2 Consenso informato ... 6

2. Accesso al servizio ... 7

2.1 Tempestività della diagnosi ... 7

2.2 Ruolo del medico di medicina generale ... 7

2.3 Criteri per l’invio ad accertamenti specialistici ... 7

2.4 Prospettive di screening ... 8

2.5 Sindromi di predisposizione ereditaria al cancro colorettale ... 9

3. Gruppo multidisciplinare ... 14

4. Diagnosi ... 15

4.1 Diagnosi clinica ... 15

4.2 Esame istologico ... 16

5. Valutazione pretrattamento ... 17

5.1 Stadiazione, parametri “T” e “N” ... 17

5.2 Stadiazione, parametro M ... 18

5.3 Marcatori tumorali ... 19

5.4 Valutazione generale pretrattamento ... 19

6. Chirurgia ... 19

6.1 Preparazione all’intervento ... 19

6.2 Tecnica chirurgica ... 21

7. Anatomia patologica ... 25

7.1 Stadiazione ... 25

7.2 Biologia Molecolare ... 27

7.3 Farmacogenomica ... 28

8. Terapia adiuvante ... 29

8.1 Tumori del colon ... 29

8.2 Tumori del retto ... 31

9. Terapia neoadiuvante ... 33

10. Follow-Up e Survivorship ... 36

11. Trattamento della malattia avanzata ... 40

11.1 Terapia medica (chemioterapia e farmaci biologici) ... 41

11.2 Trattamento chirurgico della malattia avanzata ... 48

11.3 Terapie locoregionali ... 50

11.4 Radioterapia ... 51

12. Raccomandazioni prodotte con metodologia GRADE... 52

13. Figure ... 56

14. Raccomandazioni chiave ... 63

15. Bibliografia ... 74

Allegato: Tabelle GRADE evidence profile

(4)

Formulazione dei quesiti e delle raccomandazioni SIGN

La formulazione del quesito sul quale si andrà a porre la raccomandazione clinica non dovrebbe essere generico (del tipo: “qual è il ruolo di xxx nel trattamento…”), bensì aderente alla strutturazione P.I.C.O. e cioè:

“Nei pazienti con (menzionare le specifiche caratteristiche di malattia, stadio, ecc.)………..

il trattamento con (descrivere l’intervento terapeutico oggetto del quesito)……….

è suscettibile di impiego in alternativa a….. (descrivere il trattamento altrimenti considerato in alternativa all’intervento in esame)?”

Le raccomandazioni vengono presentate in tabelle.

Nel caso delle raccomandazioni prodotte con metodologia SIGN (Scottish Intercollegiate Guidelines Network), la riga d’intestazione della tabella è verde, mentre è in arancione nel caso di applicazione del metodo GRADE (v. capitolo specifico).

Qualità dell’evidenza

SIGN (1) Raccomandazione clinica (3)

Forza della raccomandazione

clinica (2)

B

Nel paziente oncologico in fase avanzata di malattia, con dolore di diversa etiologia, la somministrazione di FANS e paracetamolo dovrebbe essere effettuata per periodi limitati e con attenzione ai possibili effetti collaterali.

Positiva debole

(1) Qualità dell’evidenza SIGN

Nell’approccio SIGN, la qualità delle evidenze (singoli studi / metanalisi…) a sostegno della raccomandazione viene valutata tenendo conto sia del disegno dello studio sia di come esso è stato condotto:

il Livello di Evidenza viene riportato nel testo a lato della descrizione degli studi ritenuti rilevanti a sostegno o contro uno specifico intervento. I livelli di evidenza dovranno essere precisati (e riportati nel testo) solo per le evidenze (studi) che sostengono la raccomandazione clinica e che contribuiscono a formare il giudizio della Qualità delle Evidenze SIGN.

Livelli di Evidenza SIGN

1 Revisioni sistematiche e meta-analisi di RCT o singoli RCT 1 ++ Rischio di bias molto basso.

1 + Rischio di bias basso.

1 - Rischio di Bias elevato -> i risultati dello studio non sono affidabili.

2 Revisioni sistematiche e meta-analisi di studi epidemiologici di caso/controllo o di coorte o singoli studi di caso/controllo o di coorte.

2 ++ Rischio di bias molto basso, probabilità molto bassa di fattori confondenti, elevata probabilità di relazione causale tra intervento e effetto.

2 + Rischio di bias basso, bassa probabilità presenza fattori di confondimento, moderata probabilità di relazione causale tra intervento e effetto.

2 - Rischio di Bias elevato -> i risultati dello studio non sono affidabili, esiste un elevato rischio che la relazione intervento/effetto non sia causale.

3 Disegni di studio non analitici come report di casi e serie di casi.

4 Expert opinion.

(5)

La Qualità Globale delle Evidenze SIGN viene quindi riportata con lettere (A, B, C ,D) che sintetizzano il disegno dei singoli studi, unitamente all’indicazione sulla diretta applicabilità delle evidenze e alla eventuale estrapolazione delle stesse dalla casistica globale.

Ogni lettera indica la “fiducia” nell’intero corpo delle evidenze valutate che sostengono la raccomandazione; NON riflettono sempre l’importanza clinica della raccomandazione e NON sono sinonimo della forza della raccomandazione clinica

Qualità Globale delle Evidenze SIGN

A

Almeno una meta-analisi o revisione sistematica o RCT valutato 1++ e direttamente applicabile alla popolazione target oppure

Il corpo delle evidenze disponibili consiste principalmente in studi valutati 1+ direttamente applicabili alla popolazione target e con risultati coerenti per direzione e dimensione dell’effetto

B

Il corpo delle evidenze include studi valutati 2++ con risultati applicabili direttamente alla popolazione target e con risultati coerenti per direzione e dimensione dell’effetto.

Evidenze estrapolate da studi valutati 1++ o 1+

C

Il corpo delle evidenze include studi valutati 2+ con risultati applicabili direttamente alla popolazione target e con risultati coerenti per direzione e dimensione dell’effetto.

Evidenze estrapolate da studi valutati 2++

D

Evidenze di livello 3 o 4

Evidenze estrapolate da studi valutati 2+

(2) LA RACCOMANDAZIONE CLINICA

Deve esprimere l’importanza clinica di un intervento/procedura. Dovrebbe essere formulata sulla base del P.I.C.O. del quesito (popolazione, intervento, confronto, outcome). In alcuni casi può contenere delle specifiche per i sottogruppi, indicate con il simbolo √.

La forza della raccomandazione clinica viene graduata in base all’importanza clinica, su 4 livelli:

Forza della raccomandazione

clinica

Terminologia Significato

Positiva Forte

“Nei pazienti con (criteri di selezio-ne) l’intervento xxx dovrebbe es-sere preso inconsiderazione come opzione terapeutica di prima inten-zione”

L’intervento in esame dovrebbe essere conside-rato come prima opzione terapeutica (evidenza che i benefici sono prevalenti sui danni)

Positiva Debole

“Nei pazienti con (criteri di selezione) l’intervento xxx può essere preso in considerazione come opzione terapeutica di prima intenzione, in alternativa a yyy”

L’intervento in esame può essere considerato come opzione di prima intenzione, consapevoli dell’esistenza di alternative ugualmente proponibili (incertezza riguardo alla prevalenza dei benefici sui danni)

Negativa Debole

“Nei pazienti con (criteri di selezione) l’intervento xxx non dovrebbe essere preso in considerazione come opzione terapeutica di prima intenzione, in alternativa a yyy”

L’intervento in esame non dovrebbe essere considerato come opzione di prima intenzione; esso potrebbe comunque essere suscettibile di impiego in casi altamente selezionati e previa completa condivisione con il paziente (incertezza riguardo alla prevalenza dei danni sui benefici)

Negativa Forte

“Nei pazienti con (criteri di selezio-ne) l’intervento xxx non deve es-sere preso inconsiderazione come opzione terapeutica di prima inten-zione”

L’intervento in esame non deve essere in alcun caso preso in considerazione (evidenza che i danni sono prevalenti sui benefici)

(6)

1. Fasi dell’assistenza

1.1 Comunicazione col paziente

Il paziente (e i parenti se formalmente autorizzati dal paziente stesso) devono ottenere una chiara, adeguata e sollecita informazione sulla malattia, sulle procedure diagnostiche, sulle opzioni terapeutiche e un giudizio ponderato sull’aspettativa di vita legata alla malattia e sulle possibili implicazioni sulla qualità di vita.

Il paziente deve disporre di tempo sufficiente per riflettere sulle informazioni fornite, e se possibile deve essergli fornita la possibilità di un supporto psicologico che è in grado di migliorare la qualità della vita (Livello di evidenza 4) [1, 2].

Qualità dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica D

Il paziente deve ricevere dal medico adeguata informazione sulla malattia, sulle procedure diagnostiche, sulle opzioni terapeutiche e loro conseguenze, nonché’ un giudizio ponderato sull’aspettativa e qualità di vita (1, 2)

Positiva forte

D Particolare attenzione va posta agli aspetti psicologici

prevedendo, se necessario, un supporto specialistico. (1) Positiva forte D

Sono opportuni corsi educazionali per il personale medico ed infermieristico sugli aspetti metodologici e psicologici della comunicazione. (1)

Positiva forte

1.2 Consenso informato

Ogni paziente deve esprimere il proprio consenso informato.

Devono essere fornite informazioni su: diagnosi, aspetti tecnici riguardanti manovre e terapie proposte, effetti collaterali previsti e possibili complicanze e sequele a breve e lungo termine.

Quando sono in gioco più opzioni terapeutiche il paziente deve essere coinvolto attivamente nella scelta.

La comunicazione deve avvenire in ogni momento del percorso, dalla prevenzione alla terapia e all’avvio delle cure palliative (intese sia come “simultaneous care” che come cure di fine vita): naturalmente ciò comporta la necessità di disporre di adeguato tempo medico ed infermieristico dedicato alla comunicazione medesima.

Il consenso non solo ha un valore di atto tecnico e legale, ma deve proporsi prima di tutto la finalità di fornire al paziente un’informazione completa, chiara e comprensibile, nonche’il tempo necessario affinchè egli possa consapevolmente aderire o meno a quanto gli viene proposto. (Livello di evidenza 4) [1]

Qualità dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

D

Ogni paziente deve fornire il proprio consenso informato; il medico deve conoscere a fondo il problema, informare in modo chiaro ed esauriente il paziente ed essere in grado di rispondere ad ogni domanda. (1)

Positiva forte

(7)

2. Accesso al servizio

2.1 Tempestività della diagnosi

Alcuni studi suggeriscono una correlazione tra ritardo diagnostico e peggioramento della prognosi. (Livello di evidenza 4) [3] E’ opportuno che ogni centro oncologico possa dotarsi di un team dedicato, o in mancanza di questo essere collegato in rete ad un team dedicato, che all’invio del paziente da parte del medico curante o pronto soccorso, possa avere a disposizione percorsi diagnostici privilegiati nell’ambito aziendale, al fine di giungere rapidamente ad una diagnosi.

2.2 Ruolo del medico di medicina generale

Si può stimare che ad un MMG con 1.500 assistiti si presenti, in media, un caso all’anno di neoplasia e 15 casi sospetti per patologia neoplastica del colon-retto. (Livello di evidenza 4) [4] Devono pertanto essere incentivati percorsi di formazione dei MMG volti a migliorare le loro competenze in tale ambito e chiarire le modalità di accesso alle strutture sanitarie operanti sul proprio territorio.

Qualità dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica D

Ai MMG devono essere forniti: informazione sul funzionamento e sulle modalità di accesso delle strutture diagnostiche (in particolare Servizi di Endoscopia) e terapeutiche (4)

Positiva forte

2.3 Criteri per l’invio ad accertamenti specialistici

I sintomi iniziali del carcinoma del colon retto sono spesso aspecifici (irregolarità dell’alvo, operdita di peso, anemizzazione, perdite ematiche intestinali, dolore addominale). I pazienti tendono pertanto a sottovalutare il sintomo con un ritardo tra comparsa del sintomo ed accesso al MMG che può arrivare in alcuni casi anche a diversi anni. La falsa negatività degli accertamenti o il prolungarsi dei tempi dell’endoscopia possono ulteriormente aumentare il ritardo. (Livello di evidenza 4). [5, 6]

Qualità dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

D

Un sanguinamento rettale di recente insorgenza in pazienti >

50 anni non deve mai essere attribuito a patologia benigna senza avere prima escluso carcinomi o polipi adenomatosi o serrati del colon-retto. (5, 6)

Positiva forte

D

Tutti i pazienti > 50 anni che si presentino al MMG con nuovi, significativi o persistenti sintomi riferibili a patologia colorettale (dolore addominale, alterazioni dell’alvo, mucorrea, rettorragia, dimagramento, anemia sideropenica, ecc) devono ricevere un’accurata anamnesi (inclusa quella familiare) ed essere sottoposti ad esame obiettivo comprensivo di esplorazione rettale. I successivi accertamenti diagnostici strumentali devono preferenzialmente essere realizzati entro 4 settimane. (5, 6)

Positiva forte

(8)

Qualità dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

D

Pazienti di età < 50 anni che si presentino con sintomi riferibili a patologia colorettale, in assenza di obiettività, di evoluzione clinica e di rischio familiare, in alternativa a quanto sopra indicato possono eventualmente essere attentamente sorvegliati per alcune settimane; se i sintomi persistono devono essere tempestivamente avviati ad accertamenti strumentali. (5, 6)

Positiva forte

2.4 Prospettive di screening

Lo Screening Organizzato per il Cancro Colo-Rettale (CCR) è un programma di intervento di Salute Pubblica sulla popolazione a rischio medio per età, che ha lo scopo di ridurre la mortalità per CCR attraverso l’individuazione e la rimozione di polipi (adenomatosi e serrati) o la diagnosi precoce di CCR.

La rettosigmoidoscopia (RSS) e la ricerca del sangue occulto fecale (RSOF), sono due test di provata efficacia nel ridurre la mortalità per CCR di circa il 20-30% e 10-20% rispettivamente [7] [8] [9] [10] [11]

[12] [13] [14] (livello di evidenza 1+).

In Italia gran parte del territorio è coperto da programmi di screening, prevalentemente con la ricerca del sangue occulto fecale, come riportato dall’Osservatorio Nazionale degli screening e dal Gruppo Italiano Screening Colon-Rettale (GISCOR), con enormi differenze tra Nord, Centro e SUD, per quanto riguarda sia l’estensione degli inviti sia l’adesione [15] [16]

L’organizzazione del programma, in quanto intervento di Sanità Pubblica, non è responsabilità dell’Oncologo, e prevede la collaborazione di diversi Specialisti per concordare specifici protocolli di diagnosi, cura e sorveglianza, sottoposti a periodici controlli di qualità. [15] [16]

Test di Screening:

Le scelte sul miglior programma di screening non sono univoche. Ognuna delle possibili strategie presenta problemi, tra i quali il livello di adesione dei soggetti all’invito, la frequenza con cui proporre il test e l’età a cui iniziare lo screening. Sull’endoscopia la cosa più pesante da considerare è la disponibilità delle risorse/strutture. Spesso l’endoscopia rappresenta un collo di bottiglia anche nella RSOF, per cui, nella scelta di un modello di intervento, la prima cosa è valutare con attenzione di quali risorse si disponga, e poi pianificare di conseguenza.

La RSOF è la metodica più accettabile, ma ha bassa sensibilità e deve essere ripetuta ogni due anni affinché lo screening risulti efficace. Inoltre, se positiva, deve essere eseguita una colonscopia totale. Esistono diversi tipi di test per la RSOF (dal test al guaiaco degli studi degli anni 80-90, al test immunochimico attualmente usato) che differiscono per numero di campioni, necessità o meno di dieta o riconoscimento dell’emoglobina umana [17]. Comunque studi di fase 3 hanno dimostrato che la RSOF riduce la mortalità per CCR di circa il 10-20% [11-13] [14] (livello di evidenza 1+). Tale beneficio è stato stimato al 16% in una revisione Cochrane, che illustra anche le diverse metodologie di studio ed i possibili bias dei 4 trial di fase 3 sopra citati [18]

La RSS ha una migliore accettabilità della colonscopia. Tuttavia la sua efficacia dipende dalle caratteristiche della lesione diagnosticata nel colon distale (polipo ‘indice’) scelte per procedere alla colonscopia totale, e quindi dalla probabilità più o meno alta di intercettare lesioni avanzate del colon prossimale [19] (livello di evidenza 1+). Pertanto la scelta delle caratteristiche del polipo ‘indice’ va fatta in un’ottica di rapporto costi/benefici. Studi di fase 3 hanno dimostrato che la RSS riduce la mortalità per CCR dal 22 al 31% [20- 24] (livello di evidenza 1+). Dati recenti dimostrano un possibile bias di selezione della popolazione partecipante, almeno allo studio SCORE [25]. Le diverse metodologie di studio sono comunque riassunte nella metanalisi di Elmunzer et al. [26]

La colonscopia ha una maggiore sensibilità diagnostica rispetto alla RSS, a scapito di una ridotta

(9)

accettabilità. Le evidenze di efficacia in termini di riduzione di incidenza di adenomi e CCR, e di mortalità da CCR, sono indirette e da studi osservazionali [27, 28] (livello di evidenza 2+). Inoltre, alcuni studi di follow-up di popolazione non danno gli stessi risultati degli studi post-polipectomia, perché è necessario disporre di endoscopisti esperti.

I marcatori fecali e la colonscopia virtuale vanno ancora considerate metodiche sperimentali [29, 30]

(livello di evidenza 4)

Eta’ di inizio e frequenza del test di screening:

La RSOF prevede l’inizio a 50 anni con frequenza biennale, fino a 69 anni [15]. La RSS ha invece dimostrato di essere efficace (in studi europei) quando eseguita una volta nella vita tra i 55 ed i 64 anni[20- 24].

Sorveglianza di pazienti con patologie benigne a rischio aumentato di tumore del colon-retto:

La colonscopia può essere proposta in caso di sorveglianza per pregresse patologie colorettali (adenomi o colopatie infiammatorie) a rischio aumentato, rispetto alla popolazione generale, di sviluppare CCR. Le appropriate indicazioni in questi casi sono responsabilità del Gastroenterologo, che ha competenza nel descrivere i pro e contro delle diverse metodiche, mantenendosi aggiornato su nuove tecniche endoscopiche e LG di sorveglianza per patologie benigne [31] [32] (livello di evidenza 4), alle quali si rimanda.

Qualità dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica A

Lo screening del CCR è efficace nel ridurre la mortalità per CCR (7-14). Dovrebbe essere effettuato, in accordo alle LG regionali, con il test proposto dal programma organizzato

Positiva forte

D

I soggetti ad alto rischio di CCR per patologie benigne del colon dovrebbero seguire programmi di sorveglianza ad hoc in base a LG gastroenterologiche, al di fuori dei programmi di screening (31-32)

Positiva forte

2.5 Sindromi di predisposizione ereditaria al cancro colorettale

Un Paziente con Cancro Colo-Rettale (CCR) su venti ha una Sindrome di Predisposizione Ereditaria al CCR (SPE-CCR).

Scopo di queste linee guida (LG) è stabilire il percorso minimo indispensabile, dal punto di vista pratico, che l’Oncologo dovrebbe seguire per identificare i Pazienti portatori di mutazioni associate a Sindromi note.

Tale identificazione, che avviene grazie a criteri condivisi per l’invio in Consulenza Genetica, porta principalmente a cambiamenti nel follow-up dei Pazienti sopravviventi al primo tumore, ed alla sorveglianza/prevenzione nei loro Parenti a rischio.

Per la Sindrome di Lynch, la più frequente SPE-CCR, si stima una riduzione di incidenza e mortalità per CCR nei familiari a rischio del 60-70%, sulla base di studi osservazionali.

Responsabilità dell’Oncologo è l’invio in consulenza genetica dei Pazienti con sospetta SPE-CCR; tale invio non deve necessariamente avvenire alla prima visita, ma quando l’Oncologo lo riterrà più opportuno, superati i problemi di comunicazione relativa a diagnosi e chemioterapia, e dopo aver instaurato un rapporto di fiducia.

Il successivo percorso (approfondimento della storia familiare  diagnosi genetica  coinvolgimento dei Parentimisure di sorveglianza e preventive per i Parenti) è responsabilità del Genetista e di un insieme di Specialisti il cui coordinamento potrà variare nei diversi Centri italiani.

Per i Pazienti sopravviventi al primo cancro, ed identificati come portatori di una mutazione genetica, l’Oncologo dovrebbe proporre un follow-up specifico in accordo alla sindrome diagnosticata, diverso rispetto ai casi sporadici, e basato sull’opinione di Esperti.

(10)

A livello internazionale non è ancora stato identificato il miglior modello operativo per l’individuazione e la gestione clinica delle SPE-CCR; in queste LG viene pertanto proposto un algoritmo ‘di minima’ da adattare alla propria pratica clinica oncologica. La disponibilità di risorse determinerà la scelta di adottare criteri di invio in Consulenza Genetica più o meno stringenti, concordando LG regionali con gli Specialisti coinvolti.

Prevalenza:

La prevalenza di SPE- CCR associate a mutazioni genetiche note è di circa il 5-6% [33].

La più frequente è la Sindrome di Lynch, nota anche come HNPCC (Hereditary-Non-Polyposis-Colorectal- Cancer), che si diagnostica nel 2-3% di tutti i CCR. E’ caratterizzata prevalentemente da CCR e cancro dell’endometrio, oltre ad altri tumori più rari [34] [35] [36, 37], Tabella 1.

Tabella 1. Spettro di neoplasie associate alla Sindrome di Lynch (34-37)

Organo Rischio nell’arco della vita (%) Età mediana di insorgenza (aa)

Colon 30-70 27-66

Endometrio 14-71 48-54

Ovaio 3-22 42-54

Pelvi renale-uretere 1-25 52-57

Pancreas 2-18 51-56

Stomaco 1-13 49-55

Prostata 6-30 59-60

Encefalo 1-4 50-55

Cute (neoplasie sebacee) 9 51-54

Piccolo intestino 1-12 46-51

Seguono per frequenza le Poliposi del colon (Classica: Adenomatosi Familiare Classica o FAP, oppure Attenuate: Adenomatosi Familiare Attenuata o AFAP, Poliposi associata a mutazione in MutYH o MAP), che rappresentano meno dell’1% di tutti casi di CCR. Anche in queste Sindromi il CCR è associato a tumori in altre sedi, con maggiore frequenza per i tumori del duodeno, i tumori desmoidi (addominali ed extra- addominali).

Non è scopo di queste LG affrontare in dettaglio tutte le Sindromi Ereditarie note, per le quali si rimanda a più approfondite LG [36, 37] e review [38] [39]

Dovere minimo dell’oncologo

Dovere minimo dell’oncologo è identificare i Pazienti sospetti portatori di SPE-CCR[40] (Livello di evidenza 4) perché:

1.Esistono test interpretabili:

-Sindrome di Lynch:

 Test di prescreening su tessuto tumorale: instabilità dei microsatelliti (MSI) o immunoistochimica con mancata espressione delle proteine codificate dai geni del ‘ mismatch repair’ (MMR)

 Identificazone della mutazione ereditaria su campione di sangue: mutazione nei geni MMR (almeno 6 geni noti, di cui 4 principali: MLH1, MSH2, MSH6,PMS2) [41] (livello di evidenza 2++)

-Poliposi:

 Identificazone della mutazione ereditaria su campione di sangue: mutazione nei geni APC, MutYH, altri [42] (livello di evidenze 2++)

2. Esistono criteri di sospetto clinico (‘red flags’) basati sulle caratteristiche di Cancro, Paziente e Famiglia (Tabella 2) (livello di evidenza 2++):

(11)

Tabella 2. Criteri di sospetto clinico (‘red flags’) per SPE-CCR

Cancro

- Fenotipo MSI (per la sindrome di Lynch): G3, adk mucinoso /a cellule con castone, infiltrato linfocitario, reazione tipo Crohn

- MSI o immunoistochimica con mancata espressione delle proteine codificate dai geni del mismatch repair (MMR)

(nei casi in cui il Patologo li esegua per screening della sindrome di Lynch o per chemioterapia adiuvante)

Paziente

- Età giovane (< 50 anni)

- Cancri multipli (sincroni o metacroni) nello stesso Paziente - Polipi associati al CCR

- Cancro del colon destro

Famiglia

- Più casi di cancro nello stesso ramo parentale (materno o paterno) in I e/o II grado - Almeno un caso giovane (< 50 anni)

- Sindrome già nota in famiglia

Questi criteri sono stati qui esemplificati, ma riassumono, per la Sindrome di Lynch, quelli noti come ‘Criteri di Bethesda’ [43], che, per la loro complessità, sono di scarsa applicabilità nella pratica clinica oncologica (vedi il capitolo BARRIERE).

Inoltre, va considerato che alcuni Pazienti con mutazione nei geni del MMR non soddisfano i criteri sopra elencati e, viceversa, Pazienti che li soddisfano non dimostrano MSI sul tumore o mutazione nei geni del MMR. Per questo, viene consigliato in letteratura lo ‘screening universale’ della Sindrome di Lynch, facendo eseguire dal Patologo o dal Genetista il test per MSI o l’immunoistochimica sul campione di tumore in tutti i casi di CCR, indipendentemente dalle caratteristiche cliniche. Al fine di migliorare il rapporto costi/benefici di questo approccio, le LG congiunte ASCO-ESMO suggeriscono di eseguire lo ‘screening universale selettivo’, cioè in tutti i casi di CCR a meno di 70 anni o nei casi con CCR a più di 70 anni che soddisfino i criteri di Bethesda [33]. Tuttavia il bilancio costi/benefici può variare a seconda delle realtà ove questo venga applicato, e soprattutto richiede adeguata aderenza al successivo invio in Consulenza Genetica [39]. In tre studi svolti in USA, Europa ed Australia, su circa 12,000 Pazienti screenati, circa il 24% di quelli con fenotipo tumorale con difetto dei geni del MMR non aveva poi eseguito il test genetico [44] [45, 46].

3.E’ riconosciuto il beneficio clinico per i familiari a rischio

-Applicando adeguati protocolli di sorveglianza/prevenzione per i Parenti identificati come portatori di mutazione genetica, nella Sindrome di Lynch si è stimata una riduzione di incidenza/mortalità per CCR del 60-70% [47] (Livello di evidenza 2++); inoltre, con adeguata sorveglianza, la mortalità per tutte le cause tra i soggetti mutati era simile a quella dei Parenti non affetti dalla mutazione [48] (Livello di evidenza 2++). Bellcross et al hanno stimato che, individuando tutte le Sindromi di Lynch partendo da circa 200,000 nuovi casi di CCR e cancro dell’endometrio, e sottoponendo a colonscopia i familiari a rischio, si potrebbero prevenire circa 6,540 casi di CCR [49].

-La colectomia totale nella FAP è pratica clinica corrente da molti anni, dato il rischio di sviluppare CCR nel 90% dei casi nell’arco della vita. Nei casi più rari di Poliposi Attenuate (AFAP e MAP) i Soggetti a rischio devono essere sottoposti a specifici protocolli di sorveglianza, in base alla mutazione identificata, in accordo con l’opinione di Esperti [33, 36, 37] (livello di evidenza 4).

-I protocolli consigliati più recentemente per i soggetti sani a rischio con Sindrome di Lynch e FAP sono riportati dalle LG congiunte ASCO-ESMO [33] . Tali protocolli non sono responsabilità dell’Oncologo ma degli Specialisti con cui collabora (vedi il capitolo PRATICA CLINICA).

(12)

Posizione dell’oncologo:

Per l’identificazione dei casi sospetti di SPE-CCR, l’Oncologo è in una posizione privilegiata, rispetto agli altri Specialisti [40], perché:

1.Può scegliere il momento migliore per parlarne con il Paziente:

il Paziente si rivolge all’Oncologo per curare il proprio cancro e può non essere interessato, in grado di comprendere o affrontare altre implicazioni.

Pertanto è ragionevole non affrontare l’argomento alla prima visita, ma:

- Al termine della chemioterapia adiuvante, in Paz in stadio II-III [40] [50]

- Alla prima rivalutazione [40] [50] o con i Parenti (previo consenso), in Pazienti in stadio IV - Quando direttamente richiesto dal Paziente

2.Può aggiornare periodicamente la storia familiare durante il follow-up:

- Identificando così nuovi casi in famiglia

- Rivalutando la storia familiare del Paziente alla luce di nuove informazioni mediche o nuove metodologie di diagnosi [50]. Il rapido recente sviluppo di nuove tecnologie di analisi completa del genoma a basso costo, potrebbe infatti, nei prossimi anni, cambiare le modalità di identificazione delle sindromi [51].

3.Può consigliare stili di vita salutari:

- È compito dell’Oncologo, anche al di fuori delle SPE-CCR, consigliare ai Pazienti sopravviventi al primo cancro di smettere di fumare, mantenere il proprio peso corporeo, svolgere attività fisica, etc., in accordo ad uno specifico ‘ASCO Policy Statement’ [40]

- Alcuni studi osservazionali hanno dimostrato il beneficio di tali indicazioni anche nella Sindrome di Lynch [52]

4.Può identificare SPE-CCR anche partendo da Pazienti con altri cancri:

- Per la sindrome di Lynch, prevalentemente da Pazienti con cancro dell’utero e dell’ovaio, ma anche prostata o altri più rari (vedi Tabella 1) [34, 35]

- Per le Poliposi, prevalentemente da pazienti con polipi, cancro dello stomaco o del piccolo intestino e da tumori desmoidi[33].

Barriere:

Nonostante LG internazionali pubblicate da molti anni e recentemente aggiornate [33] [36] [37] [53], esistono barriere alla loro implementazione. In particolare è stato osservato che Oncologi sensibilizzati al sospetto di SPE-CCR, pur individuando i Pazienti ad alto rischio di essere portatori di una mutazione nota, ne inviano meno del 30% a Consulenza Genetica [54]. Viceversa, nello stesso studio, il 60% dei Pazienti inviati in consulenza non rispondono ai criteri di invio.

Le possibili barriere all’aderenza degli Oncologi alle LG possono dipendere da vari fattori non ancora sistematicamente studiati, ma presumibilmente correlati a:

-tempo limitato durante le visite ambulatoriali (già impiegato per spiegare gli aspetti correlati alla malattia ed alle terapie) e sovraccarico di burocrazia

-timore di dover approfondire troppo familiarità e criteri complessi di invio in Consulenza Genetica -scarsa comprensione delle LG perché spesso non definiscono ‘chi’ debba fare ‘cosa’

-poco interesse all’argomento perché non sono necessarie (al momento) modifiche degli schemi terapeutici per i Pazienti portatori di mutazioni rispetto ai casi sporadici

-scarsa conoscenza, e percezione della rarità delle SPE-CCR come motivo per ignorarle

-difficoltà nel collaborare con altri Esperti, in particolare i Genetisti, perché non sono in tutti gli Ospedali.

Per fare fronte a queste barriere un recente ’ASCO Expert Statement ‘ sulla raccolta e l’uso della storia oncologica familiare da parte degli Oncologi [50] stabilisce i criteri minimi della familiarità da richiedere (Tabella 3), in modo da non sovraccaricare la visita oncologica (livello di evidenza 4).

(13)

Tabella 3. Criteri minimi di familiarità oncologica da richiedere durante la visita oncologica Parenti di primo grado: genitori, fratelli/sorelle, figli

Parenti di II grado: nonni, zii, cugini, nipoti Separare ramo paterno e materno

Per i casi, specificare tipo di cancro ed età alla diagnosi Esempio: zia materna cancro del colon a 50 anni

Nota: non è necessario individuare tutti i casi possibili ma solo quelli che pongano già il sospetto di SPE- CCR. L’approfondimento del pedigree sarà responsabilità del Genetista a cui il Paziente andrà inviato Adattata da Lu et al [50]

Inoltre, il fenotipo tumorale con difetto dei geni del MMR è stato recentemente identificato come un possibile fattore predittivo di risposta alla terapia con pembrolizumab [55]. Per tale motivo, è probabile che, nel prossimo futuro, il difetto dei geni del MMR vada diagnosticato per modificare la terapia nei Pazienti il cui tumore presenterà tale fenotipo (15% dei CCR). Una volta identificato il fenotipo tumorale con difetto dei geni del MMR a scopo terapeutico, non dovranno essere ignorate le implicazioni familiari e personali dei pazienti che avranno la mutazione MMR a livello germinale. Allo stesso modo tali implicazioni non dovrebbero essere ignorate nei rari casi di CCR a fenotipo tumorale con difetto dei geni del MMR, in cui attualmente l’identificazione venga eseguita per proporre la migliore terapia adiuvante.

Pratica clinica

Tenendo conto delle barriere sopra descritte, l’algoritmo operativo più semplice è presentato in Figura 1.

In Tabella 6 sono presentate le misure di sorveglianza da proporre ai Paziente sopravvivente con Sindrome di Lynch o con FAP, in base all’opinione di Esperti [33].

Un modello che coinvolge in modo molto più attivo l’Oncologo è quello proposto dall’ASCO, che da anni organizza workshop, simposi e moduli di educazione online per l’identificazione e la gestione di individui con Sindromi di Predisposizione Ereditaria al Cancro (ASCO Curriculum: Cancer Genetics and Cancer Susceptibility Testing, ASCO University) [50].

Figura 1. Algoritmo operativo minimo per l’oncologo

(14)

Tabella 4. Misure di follow-up/prevenzione ai Pazienti con SPE-CCR sopravvissuti al primo cancro

Sindrome di Lynch

Coloscopia ogni 1-2 anni

Visita ginecologica con ecografia trans-vaginale annuale

La chirurgia ginecologica profilattica può essere un’opzione nelle Pazienti > 35 anni e/o che abbiamo completato il desiderio di maternità

FAP Endoscopia (del retto o della pouch dopo colectomia) ogni 6-12 mesi -5 anni, in base al carico di polipi

Gastroduodenoscopia ogni 6 mesi-5 anni in base ai criteri di Spigelman (53) Adattata da Stoffel et al (33)

Qualità dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica B L’oncologo dovrebbe inviare in consulenza genetica i pazienti

con sospetta SPE-CCR (53) Positiva forte

D Il timing dell’invio in consulenza genetica è a discrezione

dell’oncologo (non necessario alla prima visita) (40, 50) Positiva forte

D

L’oncologo dovrebbe raccogliere la storia famigliare utilizzando i criteri minimi proposti dall’ASCO ‘Expert Statement’ (Tabella 3) (50)

Positiva debole

B

Per l’invio in consulenza genetica dovrebbero essere considerati i criteri generali di sospetto clinico (Tabella 2), relativi a fenotipo tumorale, paziente e famiglia (43)

Positiva forte

D*

I criteri specifici di invio in consulenza genetica dovrebbero essere concordati localmente con l’equipe di genetica clinica, tenendo conto delle risorse disponibili

Positiva forte

D*

Quando l’oncologo prescrive a scopo terapeutico un test per l’identificazione del fenotipo tumorale con difetto MMR, non dovrebbe ignorare le implicazioni di tale difetto per la diagnosi di SPE-CCR, inviando il paziente in consulenza genetica

Positiva forte

D

L’oncologo dovrebbe proporre ai pazienti con diagnosi di SPE-CCR misure di follow-up/prevenzione diverse rispetto ai pazienti con cancro sporadico (Tabella 4) (33)

Positiva debole

*Opinione espressa dal panel

3. Gruppo multidisciplinare

In questa neoplasia l’esigenza di coordinamento tra specialisti è particolarmente rilevante per il carattere multidisciplinare dell’iter terapeutico nella grande maggioranza dei casi. Si pone quindi la necessità della costituzione di un gruppo multidisciplinare al quale far afferire i pazienti per la diagnosi ed il trattamento. E’

consigliata sempre la costituzione di tale gruppo con lo scopo di pianificare e verbalizzare le decisioni diagnostico-terapeutiche su ogni singolo paziente. In assenza di qualcuna delle figure coinvolte nella pianificazione terapeutica dovrebbe essere creata una consulenza sistematica con strutture di riferimento dove tali competenze siano disponibili. (Livello di evidenza 4) [4, 56, 57]

(15)

Qualità dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

D

Il percorso di diagnosi e cura va idealmente pianificato nell’ambito di un gruppo multidisciplinare che comprenda tutte le figure coinvolte nel percorso. Le decisioni prese devono essere verbalizzate e archiviate (4, 56, 57)

Positiva forte

D

Le decisioni diagnostico-terapeutiche devono essere coerenti con le linee guida e qualora si verifichi uno scostamento è opportuno esplicitarne i motivi. (4, 56, 57)

Positiva forte

D

Terminata la fase diagnostico-terapeutica deve essere fornita documentazione adeguata al paziente, al MMG ed ai servizi di supporto e deve essere esplicitato lo schema di follow-up.

(4, 56, 57)

Positiva forte

Numerosi studi dimostrano un evidente miglioramento dell’outcome in presenza di strutture a più elevato volume di casi trattati. (Livello di evidenza 4) [4]

Qualità dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

D

La qualità del trattamento migliora con l’aumentare del numero di pazienti gestiti. Un gruppo multidisciplinare ottimale dovrebbe trattare almeno 50 casi all’anno. Strutture con casistiche inferiori dovrebbero avere un rapporto di collaborazione sistematica con strutture di riferimento. (4)

Positiva forte

4. Diagnosi

4.1 Diagnosi clinica

La pancolonscopia è considerata l’esame più importante per la diagnosi delle neoplasie colon-rettali. Può essere condotta ambulatorialmente, preferibilmente con opportuna sedazione. In alcuni casi può essere considerata l’esecuzione dell’esame in narcosi. Occorre procedere fino a visualizzare il cieco.

E’ considerato di buon livello ottenere la visualizzazione di tutto il colon nell’90% dei casi con < 0.2% di perforazioni. Una revisione della letteratura evidenzia un rischio di perforazioni dello 0,1%, di emorragia di grado maggiore dello 0.3% ed una mortalità dello 0.01-0.03%. Il paziente deve essere informato di questi rischi. La sensibilità è del 96-97% e la specificità del 98%.

In alternativa alla pancolonscopia si può impiegare la rettosigmoidoscopia associata al clisma con doppio contrasto. Il 30% circa di questi pazienti deve poi essere comunque sottoposto a colonscopia. Sensibilità e specificità della rettosigmoidoscopia sono, limitatamente ai primi 60 cm, simili a quelli della colonscopia con minori rischi di perforazioni. La sensibilità del clisma opaco è del 55-95%.

La colonscopia virtuale non può ancora essere proposta come metodica di screening mentre può essere utile per lo studio del colon in alternativa al clisma opaco nei soggetti che non hanno effettuato una colonscopia completa. (Livello di evidenza 4) [58, 59]

(16)

Qualità dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica D Nel sospetto di neoplasia del colon-retto i pazienti devono

essere sottoposti a colonscopia totale. (58, 59) Positiva forte

D

In caso di stenosi che renda impossibile la colonscopia totale questa deve essere prevista entro 6-12 mesi dall’intervento chirugico. (58, 59)

Positiva forte

D

Qualora non sia possibile eseguire una colonscopia totale occorre far seguire all’esame endoscopico un RX clisma a doppio contrasto o una colonscopia virtuale a completamento dell’indagine (58, 59)

Positiva forte

D

Ogni Servizio di Endoscopia dovrebbe attivare un processo di

“audit” sui principali indicatori di processo, come ad esempio il raggiungimento del cieco e l’insorgenza di complicanze.

(58, 59)

Positiva debole

Nei tumori del retto è inoltre fondamentale l’esecuzione dell’esplorazione rettale che consente valutare clinicamente neoplasie fino a 6-7 cm dal margine anale.

Nelle neoformazioni rettali alcune scelte terapeutiche presuppongono l’acquisizione di dati precisi sulla distanza della neoformazione dal margine anale, sul coinvolgimento endoluminale (grado di stenosi) e sull’estensione longitudinale e circonferenziale; questi dati sono acquisibili anche con una rettoscopia. Il rettoscopio rigido consente di valutare con maggiore precisione di un endoscopio flessibile la distanza del margine inferiore del tumore dal margine anale esterno o dalla linea pettinata, cosa essenziale per stabilire in quale parte del retto è situata la neoplasia.

Qualità dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

D

Nelle neoformazioni del retto devono essere valutati la distanza della neoformazione dal margine anale o dall’apparato sfinteriale, l’estensione longitudinale e circonferenziale, il grado di fissità. (58, 59)

Positiva forte

4.2 Esame istologico

La conferma istologica nelle neoformazioni del colon dovrebbe essere sempre disponibile prima dell’intervento chirurgico ma può essere (in rari e ben selezionati casi) omessa in caso di neoformazioni coliche non facilmente raggiungibili con l’endoscopia e con iconografia inequivocabile. [60] (Livello di evidenza 4)

Qualità dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica D Per le neoformazioni rettali la diagnosi istologica

pretrattamento è obbligatoria. (60) Positiva forte

(17)

5. Valutazione pretrattamento

5.1 Stadiazione, parametri “T” e “N”

5.1.1 Tumori del colon

Nelle neoformazioni del colon è raro che la conoscenza preoperatoria di T ed N modifichi l’approccio terapeutico. [60] (Livello di evidenza 4)

5.1.2 Tumori del retto

Poiché il carcinoma del retto extraperitoneale presenta delle peculiarità sia dal punto di vista diagnostico sia dal punto di vista terapeutico, che lo distinguono nettamente dal carcinoma del colon (mentre l’approccio al carcinoma del retto intraperitoneale non si differenzia sostanzialmente da quello dei tumori del resto del colon) è fondamentale identificare la posizione del tumore rispetto alla riflessione peritoneale prima di impostare il percorso diagnostico e terapeutico.

Questa distinzione è facile nel paziente già operato: il chirurgo annota questo dato nel report di descrizione dell’intervento (vd sotto) e il patologo nel report istologico definitivo. Nel paziente non ancora operato, invece, solo la RM può permettere di identificare con precisione il tumore e la riflessione peritoneale e quindi di definirne la reciproca posizione. In alternativa, viene utilizzata la misurazione endoscopica della distanza tra il polo inferiore del tumore ed il margine anale, più accurata se eseguita con strumento rigido (obbligatoriamente quando la distanza misurata con endoscopio flessibile risulta superiore agli 8-10 cm), considerando che la riflessione è generalmente situata ad 11-12 cm (anche se occorre tener conto che questo non è affatto un valore assoluto ma è invece influenzato da diversi fattori inclusi altezza, sesso, obesità e parità).

Nel caso dei tumori del III medio ed inferiore del retto deve essere sempre valutata la penetrazione parietale, l’eventuale coinvolgimento della fascia mesorettale e la fissità del tumore.

Per le lesioni iniziali (cT1-2) è sufficiente l’esecuzione di ecografia transrettale (per le lesioni distali) o ecoendoscopia e di una TAC spirale pelvica.

Per le lesioni localmente avanzate (cT3-4) è raccomandabile la RMN pelvica per la valutazione del coinvolgimento della fascia mesorettale e dell’estensione radiale della neoplasia e dell’ecoendoscopia per la stadiazione del T e dell’N. Oltre all’esplorazione rettale, nei tumori del retto la posizione del polo inferiore rispetto alla riflessione peritoneale dovrebbe essere definita con RM pelvica o stimata con rettoscopia con strumento rigido (valore cut-off generalmente intorno a 11-12 cm).

Importante è anche la definizione della distanza del polo inferiore della lesione rispetto ai riferimenti anatomici dello sfintere anale.

Ai fini della valutazione del parametro N tutte le indagini radiologiche a oggi disponibili presentano limitazioni, essendo la diagnosi basata su criteri dimensionali. L’accuratezza diagnostica diventa bassa quando i linfonodi hanno dimensioni inferiori agli 8 mm (Livello di evidenza 4). [60, 61]

Qualità dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica D

Per le lesioni iniziali (cT1-2) è sufficiente l’esecuzione di una ecografia transrettale o di ecoendoscopia e di una TAC spirale pelvica. (60, 61)

Positiva debole

D Per le lesioni localmente avanzate (cT3-4) del retto medio e

basso è raccomandabile la RMN. (60, 61) Positiva debole

(18)

5.2 Stadiazione, parametro M 5.2.1 Tumori del colon

In linea generale la presenza di metastasi deve sempre essere ricercata preoperatoriamente.

Le metastasi epatiche devono essere ricercate preferenzialmente con una TAC. Se l’ecografia è positiva o dubbia vi è indicazione all’esecuzione di una TAC spirale o anche in determnati casi di una RMN addome.

Le metastasi polmonari vanno escluse con una Rx Torace o preferenzialmente con una TAC Torace.

L’impiego di metodiche diverse (e costose) quali RMN, scintigrafia ossea e PET scan va riservato a casi particolari. In particolare la PET può essere considerata nei pazienti candidabili a resezione chirurgica di secondarismi epatici o polmonari. (Livello di evidenza 4) [60]

Qualità dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica D Le metastasi epatiche devono essere ricercate

preferenzialmente con una TAC (60) Positiva forte

D La presenza di metastasi polmonari va indagata almeno con

una Rx Torace o preferenzialmente con una TAC torace. (60) Positiva forte D Non vi è indicazione all’uso routinario della scintigrafia

ossea e della PET. (60) Negativa debole

D La PET può essere considerata in caso di lesioni metastatiche

potenzialmente suscettibili di resezione chirurgica. (60) Positiva debole 5.2.2 Tumori del retto

In linea generale per le metastasi epatiche valgono le stesse considerazioni dei tumori del colon.

La presenza di metastasi polmonari va indagata con una TAC torace, che è indispensabile nella stadiazione dei tumori del retto medio o inferiore.

L’impiego di metodiche diverse quali RMN, scintigrafia ossea e PET scan va riservato a casi particolari.

(Livello di evidenza 4) [61]

Qualità dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica D Le metastasi epatiche devono essere ricercate

preferenzialmente con una TAC. (61) Positiva forte

D

La presenza di metastasi polmonari va indagata con una TAC torace, indispensabile nella stadiazione dei tumori del retto medio o inferiore. (61)

Positiva forte

D Non vi è indicazione all’uso routinario della scintigrafia

ossea e della PET. (61) Negativa debole

(19)

5.3 Marcatori tumorali

Vi è indicazione ad effettuare la determinazione del CEA preoperatorio dato il suo ruolo prognostico e il suo possibile utilizzo nel follow-up. E’ diffusamente impiegato anche il Ca 19.9 il cui uso non è tuttavia sostenuto da uguali evidenze. (Livello di evidenza 4) [62]

Qualità dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica D La determinazione del CEA va effettuata al momento della

diagnosi. (62) Positiva forte

5.4 Valutazione generale pretrattamento

La strategia terapeutica da impiegare va definita in funzione delle condizioni generali del paziente che rappresentano un fattore prognostico rilevante al pari di altre caratteristiche quali età, occlusione intestinale, durata dei sintomi, sede di malattia, etc.

In presenza di condizioni generali scadute o di altri fattori prognostici sfavorevoli possono essere impiegate strategie terapeutiche individualizzate.

Il paziente deve essere sempre coinvolto nelle scelte di trattamento.

6. Chirurgia

La chirurgia rappresenta la principale opzione terapeutica con intento curativo delle neoplasie colorettali e dovrebbe essere effettuata in tempi ragionevolmente brevi.

(Livello di evidenza 3).

Qualità dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica D* Il tempo di attesa tra diagnosi e ricovero non dovrebbe

superare le 4 settimane. Positiva debole

*Opinione espressa dal panel

Il ricovero dovrebbe avvenire subito prima dell’intervento chirurgico per ridurre i costi e le infezioni.

Devono essere eseguiti i comuni esami preoperatori secondo le pratiche consolidate, verificate in collaborazione con l’anestesista. (Livello di evidenza 4) [63, 64]

6.1 Preparazione all’intervento Preparazione intestinale

Nonostante non ci siano evidenze conclusive sulla sua utilità, la maggior parte dei chirurghi continua tuttavia ad utilizzare la preparazione meccanica per la chirurgia del retto. La preparazione non va eseguita in caso di neoplasie stenosanti. In questo caso utilizzare clisteri e perette evacuative associata a una dieta povera di scorie ma ipercalorica.

(20)

E’ crescente l’impiego di protocolli fast track in chirurgia colorettale open, dal momento che un’analisi Cochrane del 2011 su 18 trials randomizzati ed oltre 5.800 pazienti ha dimostrato l’equivalenza tra preparazione intestinale meccanica e non in termini di deiscenze anastomotiche, mortalità perioperatoria, reinterventi chirurgici ed infezioni della ferita. (Livello di evidenza 1++) [65]

Profilassi TVP-Embolia Polmonare

I pazienti operati per neoplasia colo-rettale hanno un rischio aumentato di TVP in conseguenza della malattia neoplastica, dell’età spesso avanzata e del possibile allettamento.

In questi pazienti è stata dimostrata da tempo l’efficacia della profilassi con eparina calcica; le eparine a basso peso molecolare hanno la stessa efficacia con minor rischio di sanguinamento. Il trattamento deve essere effettuato per 30 giorni. (Livello di evidenza 1++). [66]

Profilassi antibiotica

E’ stata definitivamente dimostrata l’efficacia della profilassi antibiotica di breve durata nel ridurre le infezioni dal 30-50% all’11% o meno. (Livello di evidenza 4). [63]

Preparazione per eventuale stomia

Se il paziente è anche solo potenzialmente candidato ad una stomia deve essere informato prima dell’intervento. La sede della stomia deve essere segnata precedentemente all’intervento sulla cute del paziente in piedi. La scelta tra colostomia (destra) ed ileostomia rimane in funzione del tipo e sede di resezione chirurgica, durata della stomia (se cautelativa) e variabili cliniche (età, equilibrio idro-elettrolitico, eventuale trattamento adiuvante ecc.).

Qualità dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica A

La preparazione intestinale meccanica può essere utile nella chirurgia colorettale. Il non impiegarla è riconosciuto come accettabile in chirurgia open. (65)

Positiva debole

B

In assenza di specifiche controindicazioni, si raccomanda di utilizzare l’eparina a basso peso molecolare come profilassi della TVP-EP. (66)

Positiva debole

D

Per la profilassi antibiotica preintervento si raccomanda l’impiego di una cefalosporina di II generazione, attiva anche su germi anerobi o di associazione di amino glicosidico e metronidazolo, somministrati in dose unica subito prima dell’inizio dell’intervento. La somministrazione dell’antibiotico potrà essere prolungata per 24-48 ore in funzione dell’entità della contaminazione dell’intervento.

(63)

Positiva debole

D*

Il sito della stomia deve essere marcato sulla cute del paziente in piedi prima dell’intervento.

La scelta tra ileostomia e colostomia (temporanea) e la sua durata è funzione di variabili cliniche ed intraoperatorie.

Nella fase postoperatoria tardiva il paziente deve essere educato alla gestione della stomia

Positiva forte

*Opinione espressa dal panel

(21)

6.2 Tecnica chirurgica

La tecnica chirurgica delle neoplasie del colon e del retto si fonda su considerazioni anatomiche ed oncologiche.

6.2.1 Considerazioni generali

Si possono sottolineare alcuni punti chiave della chirurgia colorettale oncologicamente radicale:

1. Margine prossimale e distale di resezione: nel carcinoma del retto i 2 cm sono il limite minimo accettabile di margine libero, distalmente al margine inferiore della neoplasia. Dopo radiochemioterapia neoadiuvante è adeguato un margine di 1 cm (Livello di evidenza 3). [67, 68]

2. Nelle resezioni coliche prossimali va effettuata la legatura dei vasi colici alla radice del mesocolon, l’arteria all’origine dalla mesenterica superiore e la vena allo sbocco nella mesenterica superiore.Per quanto riguarda le resezioni di colon prossimale, la legatura all’origine di vasi ileocolici, colici destri e colici medi assicura l’asportazione dei linfonodi apicali e comporta una prognosi più accurata per il paziente. Nelle resezioni del colon distale e del retto la legatura dell’arteria mesenterica inferiore dopo l’origine della colica sin è ritenuta sufficiente per la radicalità. Tuttavia la legatura dell’arteria mesenterica inferiore all’origine può rendersi necessaria per un’anastomosi colo rettale priva di tensione.

3. Escissione totale del mesoretto (TME). L’asportazione sotto visione di tutto il mesoretto fino al piano degli elevatori è al momento considerata il gold standard della chirurgia del retto medio e basso (Livello di evidenza 3). [69, 70]

4. Linfadenectomia. Per le neoplasie del colon destro la linfadenectomia standard deve comprendere i linfonodi ileo-colici ed eventualmente il ramo destro dei colici medi, mentre per le neoplasie del colon sinistro e sigma i linfonodi vicini alla radice dell’arteria mesenterica inferiore (Livello di evidenza 4) [71].

5. Resezione in blocco degli organi adiacenti infiltrati per assicurare una resezione con margini liberi da malattia. Si presenta in circa il 3-5% dei carcinomi colorettali. Mortalità a 5 anni e recidiva locale sono significativamente più alti quando la resezione non viene eseguita in blocco.

6. Perforazione della neoplasia. Frequenza dal 7,7 al 25%. Numerosi studi retrospettivi ne hanno documentato l’impatto prognostico negativo.

7. Resezioni laparoscopiche. Il principale vantaggio è minor dolore postoperatorio e precoce ripresa dell’alimentazione e delle normali attività quotidiane, unitamente al vantaggio estetico. Per il colon gli outcomes oncologici sono equivalenti alla tecnica laparotomica (Livello di evidenza 1++) [72]. Nel carcinoma del retto, mancando dati a lungo termine di trial randomizzati l’uso della laparoscopia dovrebbe essere riservato a chirurghi in centri qualificati.

La tecnica robotica è ancora da valutare anche se i costi restano elevati.

8. Una stomia di protezione è fortemente consigliata in associazione alla TME nelle resezioni anteriori e nell’anastomosi colo-anali, specialmente dopo radiochemioterapia neoadiuvante.

9. Il chirurgo come fattore prognostico. Il volume operatorio del singolo chirurgo e dell’equipe in cui lavora è un fattore collegato alla mortalità chirurgica, alle complicanze peri-operatorie, ed alla prognosi dei pazienti (Livello di evidenza 2+) [73]

10. Sull’eventuale tumore residuo e/o sulle metastasi è consigliabile eseguire una biopsia (Livello di evidenza 4).

11. La relazione del chirurgo dovrebbe includere informazioni che riguardano l’iter diagnostico, la descrizione del quadro intraoperatorio, i dettagli tecnici dell’intervento e il livello di radicalità dell’intervento.

(22)

Qualità dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica D

E’ raccomandato che le neoplasie colorettali siano trattate da chirurghi con adeguato training ed esperienza.

(73)

Positiva forte

D

Il tumore deve essere rimosso integro con una sezione ad almeno 2 cm dai margini macroscopici prossimale e distale del tumore. Il peduncolo vascolare deve essere legato alla sua origine. (67, 68)

Positiva forte

D

Nel III inferiore del retto dopo radiochemioterapia neoadiuvante può essere accettabile un margine di 1 cm di resezione distale. (67, 68)

Positiva debole

D

Nelle neoplasie del retto medio-basso l’escissione totale del mesoretto (TME) è da considerarsi la tecnica standard. (69, 70)

Positiva forte D Deve essere eseguita la dissezione linfonodale regionale fino

all’origine del vaso arterioso primario. (71) Positiva forte D*

La radicalità della resezione deve essere confermata sia dall assenza di residui evidenti macroscopicamente che dal successivo esame istologico (margini liberi da neoplasia).

Positiva forte

A

La chirurgia laparoscopica nel carcinoma del colon rappresenta una corretta alternativa alla chirurgia aperta se eseguita da chirurghi con adeguato training in questa specifica procedura. (72)

Positiva forte

*Opinione espressa dal panel 6.2.2 Adenomi cancerizzati

Sono definiti adenomi cancerizzati quelli in cui si può accertare l’infiltrazione neoplastica della sottomucosa in assenza di interessamento della tonaca muscolare propria (pT1). Il referto istologico di un adenoma cancerizzato deve riportare i parametri che definiscono il rischio metastatico (basso rischio: 2 -18%; alto rischio: 20%):

 Grado di differenziazione del carcinoma (G1-G2 vs G3-G4)

 Presenza o assenza di invasione linfovascolare

 Stato del margine di resezione endoscopica (cellule carcinomatose a meno di 1 mm e/o comprese nella banda di diatermocoagulazione)

 Sarebbe consigliabile disporre anche del “budding” tumorale (assente o presente; basso vs alto grado).

La presenza di anche uno solo dei parametri di rischio indica un alto potenziale metastatico della lesione e costituisce indicazione al trattamento chirurgico.

Si raccomanda che l’endoscopista provveda a marcare con inchiostro di china il punto di escissione del polipo.

L’eventuale trattamento chirurgico è sostanzialmente rappresentato dalla resezione segmentaria, preferenzialmente laparoscopica. (Livello di evidenza 4) [74 [Rickert, 1979 #666, 75] [75]

Qualità dell’evidenza

SIGN

Raccomandazione

Forza della raccomandazione

clinica

D

Adenomi con focolaio di cancerizzazione ben differenziato, che non presenti invasione vascolare, linfatica e con margine indenne, possono ritenersi trattati radicalmente con la sola escissione endoscopica. (74, 75)

Positiva debole

(23)

6.2.3 Neoplasie del colon

L’intervento per i tumori colici può consistere in:

 Emicolectomia destra con legatura dei peduncoli vascolari ileocolico, colico destro e del ramo destro della colica media;

 Resezione del colon trasverso, con legatura del peduncolo colico medio;

 emIcolectomia sinistra, con legatura dei peduncoli vascolari colico sinistro e sigmoidei ed anastomosi colorettale intraperitoneale,

 Resezione colica segmentaria, in caso di neoplasia colorettale con metastasi a distanza non resecabili ovvero per adenomi cancerizzati ad indicazione chirurgica.

6.2.4 Neoplasie del retto

Il carcinoma del retto, cioè extraperitoneale presenta aspetti peculiari, mentre l’approccio al carcinoma del retto alto non si differenzia da quello della giunzione retto-sigmoidea e del sigma. La chirurgia del carcinoma del retto medio-basso presenta difficoltà tecniche al punto che in alcuni paesi essa viene demandata a centri specialistici.

I cardini di questa chirurgia, al momento attuale, riguardano:

a) L’escissione totale del mesoretto (TME),

b) Conservazione della innervazione simpatica e parasimpatica (nerve-sparing technique), c) Il margine di sezione distale e circonferenziale liberi da neoplasia,

d) Nelle forme localmente avanzate (T3-T4 e/o metastasi linfonodali regionali) l’uso delle terapie neoadiuvanti.

Escissione totale del mesoretto (total mesorectal excision, TME)

Il mesoretto è costituito dal tessuto cellulo-linfatico delimitato dalla fascia propria del retto, separata da un piano avascolare e virtuale dalla fascia presacrale. Questo è lo spazio che il chirurgo, sotto visione diretta, deve seguire nella dissezione del retto, evitando l’effrazione di entrambe le fasce descritte e dei rami simpatici e parasimpatici, la cui lesione comporta gravi sequele di tipo urinario (vescica neurogena) e sessuale (eiaculazione retrograda, impotenza) [76]. Per i carcinomi del III superiore, è sufficiente asportare il mesoretto per almeno 5 cm a valle della neoplasia, mentre per quelli extraperitoneali è bene asportare tutto il mesoretto fino al piano degli elevatori. (Livello di evidenza 2+) [69, 70, 77]

Margine di resezione distale

Per i carcinomi del terzo inferiore del retto trattati con terapia neoadiuvante è accettabile un margine di 1 cm, sempre eseguendo una resezione completa del mesoretto. Può essere utile un esame istologico intraoperatorio per escludere l’infiltrazione distale. [67, 78]

Margine di resezione circonferenziale (CRM).

Il CRM indica il margine di tessuto sano compreso fra qualsiasi struttura neoplastica presente nel mesoretto ed il margine di resezione mesorettale.

La presenza di neoplasia entro 1 mm dal CRM è correlata non solo ad una alta probabilità di recidiva locale, ma anche ad una minor sopravvivenza globale e libera da malattia e la resezione è da ritenersi subottimale se la fascia propria del retto non è integra. (Livello di evidenza 1+) [79]

Trattamento chirurgico per i carcinomi del retto extraperitoneale.

Gli interventi chirurgici per il carcinoma del retto medio-basso sono:

- Resezione anteriore: il retto viene asportato fino al di sotto del polo caudale della neoplasia con tutto il mesoretto e la continuità ripristinata mediante una anastomosi colo-rettale meccanica.

- Resezione del retto con colo-ano anastomosi: il retto viene asportato completamente con tutto il mesoretto. La continuità digestiva viene ripristinata mediante una anastomosi colo-anale, manuale. Per entrambi gli interventi precedenti la ricostruzione della continuità digestiva può essere diretta oppure prevedere il confezionamento di una neoampolla a J utilizzando il colon prossimale.

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