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LA C.T.U. MEDICO LEGALE NEL CONTENZIOSO CIVILE PROBLEMATICHE NELLA FORMULAZIONE DI UN QUESITO RISPONDENTE ALLE ESIGENZE DELLE PARTI

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LA C.T.U. MEDICO LEGALE NEL CONTENZIOSO CIVILE PROBLEMATICHE NELLA FORMULAZIONE DI UN QUESITO

RISPONDENTE ALLE ESIGENZE DELLE PARTI

Dr. Sergio Bonziglia - Medico Legale

Possiamo affermare che lo svolgimento di una ampia, esaustiva relazione di C.T.U., in altre parole di una buona C.T.U., presupponga sempre un quesito altrettanto buono, e cioè esteso e puntuale.

La serie di domande rivolte dal Magistrato troverà risposte soddisfacenti e motivate soprattutto quando le richieste sui problemi tecnici saranno poste in modo articolato, anche se ovviamente più complesso concettualmente, in accordo con l'evoluzione giurisprudenziale.

Ed infatti si è passati dall'ormai remota richiesta di natura, durata, esiti ed entità delle lesioni e delle menomazioni riscontrate nell'infortunato, ai ben noti quesiti dei Tribunali di Genova, Pisa, Milano e Torino.

Il Consulente si trova obbligato dal numero e dall'estensione delle domande a giustificare quanto espresso con una verbalizzazione chiara, scorrevole, ben congeniata.

La motivazione ne verrà agevolata, troverà una maggior compiutezza proprio da quesiti arricchiti, dettagliati, che consentano l’introduzione di numerosi parametri valutativi, con un indubbio rilevante impegno del medico legale nelle risposte di natura ovviamente sempre più tecnica, implicanti una notevole tensione giustificativa.

Un quesito capillare permette al C.T.U. di comprendere le finalità perseguite dal Magistrato, facendo chiarezza sull’indagine in corso ed evitando in tal modo un soggettivismo interpretativo.

E' da incoraggiare, stimare, una impostazione di domande che, come nel caso dei Tribunali citati, anche se può sembrare complessa, pignola, in realtà obbliga entrambe le parti ad uno sforzo di studio, di approfondimento concettuale culturale e tecnico.

A Torino questo problema è stato risolto ormai da diversi anni, con quesiti assai articolati, nei vari settori di valutazione del danno biologico, per lesioni riportate nel corso di sinistri stradali, di infortuni lavorativi, di responsabilità professionale medica ed introducendo consulenze tecniche associate, infortunistiche e medico-legali.

Sempre a Torino, al quesito sulla quantificazione del danno biologico si è aggiunto il quesito sulla soggettività della sindrome riscontrata e, nel caso della perizia tecnica combinata, la discendenza del nesso di causa viene fatta ricercare ad entrambi i C.T.U., delegando al tecnico la

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quantificazione della sollecitazione dinamica strutturale dell'autoveicolo ed al Medico Legale la compatibilità tra energia cinetica e lesioni lamentate.

Queste considerazioni non possono che portarci ad analizzare l'aspetto di professionalità della C.T.U. medica.

E' un annoso problema quello della preparazione medico-legale, di cui già scriveva Giuseppe Tortosa nelle sue “Istituzioni di Medicina Forense" nel 1836, scagliandosi contro quei medici che

"con somma audacia profanano li misteri della Forense Medicina, di cui non conobbero le elementari istituzioni”.

Da questa profonda ignoranza non poteva che derivarne: “ ... la violazione dei diritti dell'uomo e la mala-amministrazione della giustizia" (cito sempre le parole del Tortosa).

Ed è il Prof. Introna che in un suo editoriale comparso sulla "Rivista Italiana di Medicina Legale" - (Gennaio-Marzo 1992) domanda polemicamente, se "I periti sono sempre esperti?", procedendo poi ad una lucida analisi semantica dell'aggettivo "perito ed esperto" e del sostantivo

"perito", chiedendosi se quest’ultimo corrisponda ad una qualifica conseguita attraverso un curriculum di studi oppure derivi dal solo fatto di fare perizie, per cui l'essere perito, cioè esperto, non è un titolo per scrivere perizie ma, al contrario, lo scrivere perizie rende automaticamente periti colui che le fa.

Anche in questo caso Torino continua ad essere un'isola felice, dove i C.T.U. vengono abitualmente scelti tra gli iscritti all'apposito albo dei Consulenti Tecnici dal Giudice e con specializzazione in Medicina Legale.

Per entrare ora nel vivo della questione, probabilmente sfondando porte aperte, è chiaro che il C.T.U. , sottoponendo a visita medico legale il leso, dovrà fornire al committente, il Magistrato e le Parti, un quadro obiettivo della salute del periziato.

La relazione dev'essere una dettagliata esposizione dello stato anteriore del soggetto, descrivere le lesioni obiettivate e riscontrate all’atto del sinistro, la loro evoluzione cronologica, deve, compito in questa fase del Medico Legale, ricercare la dimostrazione del nesso di causa, porre una diagnosi sulla natura della patologia riscontrata e sulla sua dipendenza etiologica da una causa di rilevanza giuridica, variando le sue risposte dal certo, al probabile, al possibile, valutazione questa spesso problematico e che, non può essere risolto trincerandosi dietro la formula esecrabile del "non si può escludere".

Dev'essere fornita al Magistrato la descrizione accurata dello stato obiettivo del leso, delle sue menomazioni, procedendo poi a riesaminare quelle stesse menomazioni in rapporto alle limitazioni funzionali, ai gesti della vita quotidiana di quel soggetto, indicandone e motivandone le

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ripercussioni lavorative e relazionali. Questo soprattutto per lesioni comportanti danni alla persona di un certo rilievo anatomo-funzionale.

Solo dopo aver annotato, certificato tutto ciò, potrà procedere alla quantificazione percentuale del danno biologico, suffragato da elementi clinici obiettivi, priva di personalismi, di soggettività e, mi si permetta, di falso pietismo.

Rimangono immutate, in quanto ad importanza, le regole del decalogo delle giornate medico legali tenute in Como nel 1967, sottolineando come i prontuari di percentuali, i Barèmes, diano solo dei numeri, con caratteristiche unicamente orientative, da interpretarsi in relazione ad un accurato esame del paziente, della menomazione, della loro interdipendenza maggiore o minore.

E non sarebbe male, a mio avviso, se nel corso della descrizione del caso il C.T.U., oltre alla diligente anamnesi, richiamasse l'attenzione del Giudice sui disagi e le sofferenze correlate all'evoluzione della malattia, segnalando le terapie effettuate, il grado di mobilità consentita durante la convalescenza, introducendo eventualmente, in accordo con l'uso francese, una scala di qualificazioni ordinata per grado crescente, in rapporto all'entità delle sofferenze patite: minimo, molto leggero, leggero, moderato, medio, abbastanza importante, importante, molto importante, rilevante. Ciò potrebbe aiutare il Magistrato a modulare il ristoro del danno morale, con più elementi a sua disposizione per individuare l’entità del risarcimento.

Ed anche per il danno biologico temporaneo va ricordato come molta attenzione debba essere posta per la sua delimitazione, in rapporto alla durata della malattia da lesione, da valutarsi in maniera analitica, basandosi su rigorosi dati clinici, poiché la certificazione redatta dal medico curante può essere disattesa se inattendibile, per vistose discrepanze tra la lesione iniziale e la consueta durata media di una malattia, per carenza di obiettività clinica, non essendo inconsueto il leggere certificazioni con prognosi di malattia superiori a volte di mesi la data dell'effettiva ripresa lavorativa.

Il certificato del medico deve rendere conto di ciò che attesta, motivando le proprie affermazioni, che non possono essere solamente formali od apparenti, cioè basate sulle dichiarazioni soggettive del leso.

Il curante dovrà sempre domandarsi se la patologia lamentata sia reale oppure simulata, sottoponendo l'assistito ad accertamenti strumentali e funzionali e, in caso di loro negatività, unicamente ad un esame obiettivo normale, non potrà rilasciare ulteriori prolungamenti della prognosi.

La stessa analisi critica dovrà essere fatta in ambito di C.T.U., per stabilire l'esistenza di un nesso di causa tra sintomatologia riferita, lesioni iniziali e durata della malattia.

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Analogamente per le spese mediche il C.T.U. indicherà se le stesse furono o meno necessarie al fine del conseguimento della guarigione, ricordando le categorie principali in cui furono divise dall'Antoniotti, che le distinse in necessarie, indispensabili, utili, opportune (da azioni terapeutiche virtuali), inutili, inopportune e controindicate, ammettendo la risarcibilità delle necessarie e delle utili, e lasciando all’analisi del singolo caso quella delle opportune.

Una volta conseguita la guarigione clinica e stabilizzati i postumi, dovrà essere segnalato il reale effetto di ulteriori terapie, spesso utili soltanto a chi le somministra.

Né va dimenticato che la fisiocinesiterapia e la rieducazione funzionale possono essere praticate anche usufruendo della strutture del Sistema Sanitario Nazionale, sia pubbliche che convenzionate, ricordando l'art. 8 della legge n. 526 del 7/8/82 da cui: "Le imprese autorizzate all'esercizio dell'assicurazione per la responsabilità civile e per i danni causati dalla circolazione degli autoveicoli sono tenuti a decorrere dall'anno 1982 a versare annualmente e direttamente allo Stato un contribuito da determinarsi in una percentuale del premio incassato per ciascun contratto relativo alle predette assicurazioni. Il contributo di cui al 10 comma è sostitutivo delle azioni spettanti alla regione ed agli enti, quindi anche alla USL, per prestazioni facenti carico al Servizio Sanitario Nazionale nei confronti dell'Assicuratore del responsabile o dell'impresa designata, per il rimborso delle Prestazioni erogate ai danneggiati dalla circolazione degli autoveicoli e dal 1989 l’aliquota che ogni impresa assicuratrice deve versare come quota fissa dal montepremi RCAuto globale della Compagnia, è stata portata al 6,5%.

Nei danni gravi sarà molto importante segnalare la necessità di assistenza da parte di terzi, indicando i settori di esplicazione di questo aiuto, descrivendo la giornata dell'infortunato, analizzandone i bisogni in rapporto alle differenti funzioni, di locomozione, prensione, sfinterica, e le relative possibilità di movimento, di accudire alla pulizia personale, di nutrirsi, eccetera.

In rapporto a questa descrizione dovrà poi indicare se l’aiuto sia sostitutivo di tutti gli atti della vita quotidiana, se sia solo di complemento oppure di guida, di sorveglianza, con necessità di presenza solo diurna o anche notturna, specialistica o generica.

Infine un quesito capillare, che indaghi tutte le possibilità esposte, nei vari settori del danno biologico, delle sue ripercussioni sull'attività lavorativa del soggetto, relazionale, sua e della famiglia, obbligherà il Consulente a risposte precise, analitiche, agevolando cosi il compito delle Parti e del Magistrato nella determinazione del risarcimento.

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Riferimenti

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