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Nel macroleso non bisogna trascurare gli aspetti relativi alle spese di cura, assistenza e riabilitazione.

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Nel macroleso non bisogna trascurare gli aspetti relativi alle spese di cura, assistenza e riabilitazione.

Dr. Antonio Nannipieri *

Il tema specifico non può che rapportarsi a quello più generale delle poche certezze e delle molte difficoltà e inadeguatezze che si riscontrano in sede giudiziale nella liquidazione delle macroinvalidità.

In proposito, deve anzitutto rilevarsi che, data l'entità e la gravità della

menomazione, siamo sempre in presenza di una situazione di cumulo tra danno alla salute e danno da invalidità lavorativa, anche se la percentuale di incidenza sul primo e secondo tipo di danno rimane, di regola, differenziata, e solo in certi casi del tutto particolari può ritenersi coincidente ( cfr. da ultimo in tal senso Cass. Sez.

III 18 maggio 1999 n.4801 in caso di postumi di invalidità permanente nella misura del 100% di soggetto ancora in età lavorativa in cui si è ritenuto che tali postumi comportano un danno patrimoniale della pari misura, essendo gli stessi di entità tale da eliminare ogni residua capacità specifica lavorativa, e, quindi, ogni capacità di guadagno).

Non sempre, invece, siamo in presenza anche di una liquidazione del danno morale del macroleso e ora anche del danno riflesso dei congiunti poichè, come è noto, il danno morale non può essere riconosciuto nella ipotesi colpa presunta e non accertata.

In particolare per quanto concerne la presunzione di cui all' art. 2054 cod. civ.

ritengo che debba essere sottoposto a riesame l'indirizzo giurisprudenziale che ammette il concorso tra la colpa accertata e quella presunta.

In ogni caso, anche in tale ipotesi, credo sia possibile ipotizzare il risarcimento del danno morale anche in relazione alla colpa presunta, perchè il fatto rimane in sostanza accertato e connotato come penalmente illecito e tale qualificazione deve considerarsi sufficiente a superare la diversità del titolo della colpa accertata, da un lato, e presunta dall' altro.

Pur dovendo necessariamente rinviare agli approfondimenti che l'argomento merita, si deve constatare che l'ipotesi formulata finisce per portare ad una riduzione notevolissima del quantum da liquidare al macroleso.

Nell’ipotesi in cui quest' ultimo sia un minore od un soggetto privo di reddito, dopo la sentenza n.5380/94 ritenevamo che potesse prevalere l'interpretazione per cui il criterio di cui all' art. 4 legge 39/77 va considerato un parametro estensibile a tutti i casi di liquidazione di lucro cessante da invalidità lavorativa permanente, anche non riconducibili alla normativa sull’assicurazione obbligatoria per R.C.A

Tale tesi non è stata però confermata dalla Cassazione ( cfr. Cass. 1764/98 per la qualificazione di norma eccezionale applicabile solo per l'azione diretta nei confronti dell'assicuratore e 11349/98 per il ricorso alle presunzioni in caso di studente ed applicazione dell' art. 4 solo come criterio residuale ) e ciò non consente di superare i sospetti di incostituzionalità in relazione agli artt. 3 e 24

* Presidente II Sezione Corte d’Appello del Tribunale di Firenze.

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della Costituzione per l'ingiustificato trattamento più favorevole per il danneggiato eclusivamente nel caso di responsabilità civile obbligatoria derivante dalla

circolazione.

Per quanto attiene poi alla stima medico-legale del danno in esame non si può non concordare con la dottrina che sottolinea come "la percentuale indicativa perde valore quale espressione numerica e richiede di essere accompagnata da una minuziosa speficicazione delle varie componenti del danno che la percentuale stessa sottende"( vedi Guida Orientativa per la valutazione del danno biologico permanente .Giuffrè 1998).

Pur pienamente consapevoli della peculiarità e complessità di tali danni e quindi dell’esigenza che la previsione tabellare non possa superare un certo limite, ci sembra che sia possibile aumentare fino alla soglia dell' 80% la liquidazione contenuta della TIN perchè, a tale livello di gravità, una valutazione giudiziale equitativa che spazi in un ambito residuo del 30% appare eccessiva e può

riproporre il rischio di sperequazioni molto elevate e non facilmente sostenibili in un quadro normativo orientato in senso chiaramente opposto sia per le invalidità piccole e medie, sia per l’invalidità temporanea (in relazione a quest'ultima è peraltro da condividere una recente sentenza della Corte di Cassazione che

legittima un aumento del quantum liquidabile per ogni giorno di temporanea oltre il 50% rispetto al parametro minimo o di base).

Si deve ancora aggiungere che dopo i recenti sviluppi giurisprudenziali il danno in esame riguarda non solo la posizione del macroleso ma anche quella dei prossimi congiunti legittimati a richiedere il danno morale riflesso( cfr. Cass. 4186/98, 4852/99 e 13358/99) e che, per tale voce risarcitoria, non è agevole stabilire parametri di quantificazione equitativa omogenei ed al tempo stesso personalizzati (per una recente applicazione della questione vedi Corte di Appello di Firenze Sez.

II 8.7.1999 n. 850 in Foro Toscano 3/99 pag. 277 con nota Cirilli ).

Collegata alla problematica del trauma cranico grave è poi la questione relativa alla qualificazione e collocazione dello stato di coma ed in particolare se possa

considerarsi danno morale la riduzione o la perdita delle capacità intellettive di colui che un fatto illecito abbia ridotto in uno stato di coma.

A tale quesito hanno dato risposta positiva alcune sentenze ( cfr. Trib. Como 24.7.91 in RGCT ,1992,134,Cass. 5.10.94 in GI 1995,1,1535, Cass. 29.5.65 n.1203,RCP 1965,479,Trib. Udine 13.5.1991,FI ,1992,I ,549 citate in "Il Danno non patrimoniale " G. CRIENTI cedam 1999), mentre in contrario si è sostenuto che presupposto necessario affinchè taluno possa percepire sofferenze e patemi d'animo è che sia cosciente e capace di intendere e di volere, mentre se versa in stato di coma non può subire alcun danno di quel genere nè può avvertire sofferenze morali o psichiche ( App: Venezia 11.2.1993, RCP ,1993,984).

La soluzione adeguata del problema penso debba essere quella di ricondurre lo stato di coma non tanto al danno morale quanto al danno alla salute.

Ciò sia perchè viene, in tal modo, superata l'incertezza sulla reale capacità di percepire ed avvertire sofferenze morali e psichiche della persona che si trova in uno stato di annullamento della coscienza dovuto al coma, sia perchè(una volta accettata la distinzione tra lesione del bene salute e lesione del bene vita) è certo

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che siamo di fronte alla massima compromissione dell'integtità ed efficienza psicofisica che investe le funzioni primarie del leso, sia infine perchè, in tal modo, è possibile superare i noti limiti cui va incontro l' applicazione dell' art. 2059 cod.

civ. anche nel caso richiamato e non infrequente di colpa presunta e non accertata.

Sotto un profilo esclusivamente quantitativo è poi da puntualizzare che la mancata liquidazione della voce relativa al danno morale potrà in concreto essere

compensata attraverso una valutazione equitativa ad elevati livelli, pienamente legittimata dalla gravità eccezionale della situazione propria dello stato di coma nei suoi aspetti rilevanti ( natura, durata ,gravità ed altro).

Problemi particolari sorgono, poi, nel caso di sinistro cagionato da veicolo o natante non identificato produttivo di macroinvalidità (art. 19 lett.a , 21 secondo comma legge 990/69 ), poichè il rinvio ai criteri di cui al D. P. R. 1124/65 non può essere agevolmente disatteso e, nel testo tuttora vigente, si pone in palese contrasto con la giurisprudenza in tema di danno diverso da quello previsto dalla

disposizione del citato articolo 21 e con gli articoli 2.32, 3 e 24 della Costituzione.

Proprio in relazione alla macroinvalidità si avverte sempre più la necessità di uno sforzo delle Compagnie di assicurazioni di offrire polizze r.c.a. con massimale illimitato senza una maggiorazione rilevante del già elevato premio poiché spesso, nel corso del giudizio, si registra un notevole divario tra l'importo del massimale messo a disposizione dalla Compagnia e l'importo globale della liquidazione, con conseguente rischio per il danneggiato di non poter recuperare dal responsabile civile la diffferenza tra detti importi e con vanificazione della tutela del macroleso in presenza di una normativa di assicurazione obbligatoria che dovrebbe offrire piena garanzia proprio in situazioni di particolare gravità.

Tali situazioni sono state in questi ultimi anni del tutto trascurate dal legislatore il quale, pur in presenza di una giurisprudenza chiaramente favorevole alle

Compagnie di Assicurazione in tema di responsabilità ultramassimale e di malagestio e di una più elevata ed estesa liquidazione del danno, non si è dato carico di aggiornare i massimali in minimi previsti ancora dal D. P. R. 19 aprile 1993 in vigore dal 1° maggio 1993 che, nel caso di autovetture, prevede, per ogni sinistro, persona o cose o animali, un miliardo e mezzo.

Ma sempre a proposito delle macrolesioni, gli aspetti su cui giuristi, medici legali ed assicuratori devono svolgere un'opera di riflessione propositiva riguardano, oltre il problema della liquidazione del danno sotto forma di rendita vitalizia anche parziale ex artt. 2057 e 1872 cod, civ. (vedi Rossetti, "Danno alla persona e risarcimento in forma di rendita" in Tagete n.2/99 , 7), soprattutto quello sinora trascurato relativo alle spese di cura, assistenza e riabilitazione e la possibilità di orientare terapia e recupero senza attendere i lunghi tempi del giudizio risarcitorio (vedi sul punto i vari contributi sulla " Riabilitazione del macroleso " in Tagete 4/99); possibilità che può sin da ora concretizzarsi attraverso il ricorso ad un congruo anticipo del "quantum" dovuto dalla Compagnia di Assicurazione dopo aver fatto ricorso alla procedura dell' accertamento tecnico preventivo di cui all' art.

696 c. p c., che potrà offrire dati ed elementi parziali, ma certi, sulla gravità del danno ancora non stabilizzato.

Proprio quella piena tutela dei valori della persona umana sopra richiamata ha, infatti, portato la Corte Costituzionale a dichiarare - dopo una prima decisione di

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rigetto n.18/1986 - che è costituzionalmente illegittimo per contrasto con gli artt.13,24 e 32 della Costituzione l' art. 696 comma 1° c. p. c. nella parte in cui non consente di disporre accertamento tecnico o ispezione sulla persona dell' istante che assume di aver subito un danno fisico ed al quale va riconosciuto il diritto all' accertamento di un proprio stato fisico ai fini della corretta ed utile realizzazione della domanda di riconoscimento ( sent.22.10.1990 n.471 in Giust. Civ. 1991 ,1,11).

Una nuova problematica di grande rilevanza si è ora aperta con il Decreto Legislativo 23.2.2000 n.38 ( Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali a norma dell' art. 55 comma 1° della legge 17 maggio 1999 n. 144 ) a proposito del rapporto tra danno INAIL e danno civilistico con riflessi particolari in tema di azione di surroga ex art. 1916 cod. civ., ma trattasi di materia che merita una trattazione ed un approfondimento a parte.

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