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LE INFEZIONI NOSOCOMIALI IN CHIRURGIA VASCOLARE: PROFILASSI E RESPONSABILITÀ PROFESIONALE

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LE INFEZIONI NOSOCOMIALI IN CHIRURGIA VASCOLARE: PROFILASSI E RESPONSABILITÀ PROFESIONALE

Dr. Davide Santovito INTRODUZIONE

La chirurgia vascolare è generalmente classificata come “chirurgia pulita”, anche se l’infezione della ferita può essere particolarmente deleteria, con conseguenze che vanno dal sanguinamento all’amputazione, fino in alcuni casi alla morte. I microrganismi patogeni più frequenti sono lo Stafilococco aureus, i Gram negativi, quali E. coli1,2,3. Più recentemente gli stafilococchi coagulasi negativi sono stati riconosciuti come comuni patogeni che causano infezioni a distanza di sei mesi dall’intervento chirurgico di particolare interesse sono gli stafilococchi meticillino resistenti ed i Gram negativi multiresistenti3.

Un fattore determinante per le infezioni di carattere chirurgico è la zona anatomica su cui si interviene4. La chirurgia degli arti inferiori è ad alto rischio di infezione: il graft femoro-popliteo ed il by-pass aorto-femorale hanno un’alta percentuale di infezione2,5. La profilassi della chirurgia cartotidea non è obbligatoria per alcuni autori1.

CLASSIFICAZIONI DELLE INFEZIONI ARTERIOSE

In letteratura sono varie le proposte per classificare le infezioni arteriose. Oltre alla classificazione storica, vari Autori ne hanno proposte di nuove6,7,8,9, ma nessuna è accettata universalmente, sia per l’eterogeneità della materia sia per la vasta terminologia utilizzata.

Le infezioni si possono suddividere in mediche, quelle originatesi da un processo settico a distanza, e in chirurgiche, che si suddividono in superficiali e profonde.

Alcuni Autori differenziano l’infezione chirurgica in base al tempo di insorgenza: precoce, quella che insorge nel post operatorio e sono le più frequenti, e tardiva, quella di scarsa intensità che persiste per molto tempo10. Un altro metodo si basa sull’origine dell’infezione stessa, intravascolare, extravascolare da inoculazione diretta, dovuta a traumatismi o procedimenti chirurgici. Vi è poi la possibilità che venga infettata o una vena sana, o un’arteria aterosclerotica, o un’arteria aneurismatica.

Universita’ degli Studi – Torino

Sezione Medicina Legale, Dipartimento di Anatomia, Farmacologia e Medicina Legale

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Infine bisogna ancora considerare il fatto che sia l’arteria che la protesi possono essere infettate. Si parlerà allora o di infezione arteriosa primaria o spontanea, che è un processo raro, ma gravato da morbilità e mortalità, o di infezione protesica o secondaria, la cui incidenza oscilla tra 0.5% e 3%, e le cui cause possono essere: contaminazione intraoperatoria, la più frequente, erosione dei visceri adiacenti e la sepsi. Stafilococco aureus, Stafilococco epidermidis e E. coli sono i microorganismi più frequenti23,24.

FATTORI DI RISCHIO ED INFEZIONI POSTOPERATORIE

I pazienti sottoposti ad interventi di chirurgia vascolare sono spesso affetti da altre patologie, che aumentano sia il rischio operatorio che quello di contrarre infezioni nosocomiali.

I fattori di rischio sono l’età avanzata, il sesso, l’obesità, il diabete, il tipo di intervento, soprattutto agli arti inferiori, la lunga degenza il tempo operatorio, intervento gastrointestnale contemporaneo, le trasfusioni, i tumori maligni, l’anemia, l’insufficienza renale. Inoltre c’è da prendere in considerazione che prima, durante o dopo l’intervento vi è la necessità di utilizzare il catetere urinario, il sondino nasogastrico, il tubo di drenaggio o una cannula venosa centrale, che sono possibili vie di ingresso per germi patogeni11,12,13,14,15

.

A seconda delle casistiche dei vari Autori, le percentuali di infezione nosocomiale variano al variare della sede colpita. In uno studio retrospettivo eseguito su 2950 pazienti vascolari, presso l’Istituto di Chirurgia Generale e Cardiovascolare dell’Università di Milano, l’incidenza di infezione è stata del 4.9%. La sede più colpita da infezioni nosocomiali è stata quella delle vie urinarie (2%), seguita dall’infezione della ferita chirurgica (1.29%), dalle infezioni delle vie respiratorie (0.95%) e dalla protesi vascolare (0.77%)16. Altri Autori attestano l’incidenza di infezioni nosocomiali intorno al 9% - 12%, con una varia prevalenza tra infezioni della protesi, della ferita chirurgica, del tratto urinario e dell’apparato respiratorio13,14,17,25

.

Anche la protesi vascolare biosintetica può essere esposta ad infezioni da parte di microrganismi che colonizzano il biomateriale. I microrganismi possono giungere in loco attraverso una via diretta durante la procedura di impianto, per via ematogena o linfatica. L’infezione della protesi è la prima causa di morte nella casistica dei pazienti infetti, e l’estensione agli inguini delle anastomosi distali aumenta del 35-40% il rischio infettivo protesico16.

AGENTI BIOLOGICI

Le infezioni nosocomiali in chirurgia vascolare sono causate per più della metà da stafilococchi, in particolare coagulasi negativi, che sono resistenti alla

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meticillina ed alla maggior parte delle cefalosporine e tra questi il più comune è lo Staphylococco epidermidis12,18.

Un altro microorganismo patogeno, meticillino resistente, è lo Stafilococco aureus, che in Australia è causa di infezioni endemiche negli ospedali19.

La pericolosità di tali microorganismi è racchiusa nella loro capacità a diventare resistenti alla maggior parte degli antibiotici. Questo ha causato in alcuni ospedali un aumento durante la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni

’90 delle infezioni nosocomiali20. Ciò è stato causato da un eccessivo ed inappropriato uso degli antibiotici, dovuto anche al maggior numero di pazienti immunocompromessi21.

La disseminazione di ceppi resistenti avviene tramite persona, a causa del mancato utilizzo dei guanti e del lavaggio delle mani. Oltretutto lo S. aureus e lo Streptococcus pyogenes vengono dispersi nell’aria della camera operatoria dallo staff chirurgico ed infermieristico, favorendo così l’insorgenza di infezione della ferita chirurgica22.

Questi stessi agenti patogeni sono chiamati in causa per le infezioni delle protesi vascolari. Lo S. epidermidis e gli stafilococchi coagulasi negativi causano infezioni protesiche tardive, che originano dopo mesi od anni, mentre quelle che si verificano nei primi quattro mesi dall’impianto sono causate da S.

aureus26.

Altri agenti patogeni particolarmente virulenti possono causare infezione della protesi: E. coli, Pseudomonas, Klesbiella, Proteus.

La Serratia marcescens, comune colonizzatore degli impianti idraulici ospedalieri, può causare un’infezione nosocomiale, inseguito ad interventi di chirurgia vascolare, gravata da alta mortalità e morbilità27.

L’utilizzo della profilassi antibiotica per scongiurare tali infezioni può determinare, in alcuni casi, l’alterazione della normale flora saprofitica del colon e causare una colite pseudomembranosa da Clostridium difficile. In uno studio retrospettivo, condotto su 108 pazienti operati di aneurisma aortico, 8.4% di essi hanno sviluppato tale patologia. La colite da C. difficile è una complicazione comune e potenzialmente pericolosa della chirurgia aortica, soprattutto se i pazienti hanno più fattori di rischio, quali un’età superiore ai 65 anni, BPCO, tumori maligni ed insufficienza renale16,28.

Nel 1992 in Sud Africa si documentò con il microscopio elettronico, per la prima volta, la presenza di Chlamydia pneumoniae nelle placche aterosclerotiche coronariche29. Da allora si scoprì che il microrganismo è presente anche nelle placche carotidee30 ed aortiche31. Questo batterio Gram negativo, obbligatoriamente intracellulare, si moltiplica nei monociti, nei macrofagi alveolari e nell’endotelio vascolare in vitro32,33. Frequentemente causa infezioni respiratorie acquisite in comunità, come faringiti e polmoniti.

Ci sono epidemie ogni 5 o 7 anni, e molti adulti si infettano due o tre volte

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nella vita34,35. Il possibile coinvolgimento della Chlamidia pneumoniae nella malattia cerebrovascolare aterosclerotica è già stato messo in evidenza e probabilmente rappresenta una possibile fonte di infezione36,37,38.

PROFILASSI E RESPONSABILITA’ PROFESSIONALE

Pur essendo la chirurgia vascolare una chirurgia “pulita”, il medico non può evitare di prendere in considerazioni alcuni importanti fattori di rischio per le infezioni nosocomiali vascolari. Il miglioramento delle tecniche chirurgiche e l’utilizzo di un protocollo di somministrazione degli antibiotici sono il cardine fondamentale per il controllo delle infezioni ospedaliere.

Partendo dal presupposto fondamentale dell’asepsi durante l’intervento chirurgico, bisogna valutare quelle variabili sulle quali si può agire per ridurre le infezioni vascolari: a) la terapia antibiotica, b) la diminuzione dei tempi operatori, c) limitare gli interventi vascolari in contemporanea con quelli sul canale alimentare, d) l’utilizzo di materiali ad elevata compliance da parte dell’organismo, e) riduzione dei tempi di latenza dei presidi diagnostico terapeutici invasivi, quali catetere vescicale, cannula venosa centrale, sondino nasogastrico e tubo di drenaggio16. Se la mancata osservanza di questi principi reca un danno al paziente, si commette un errore per negligenza, imprudenza, imperizia, inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline, secondo l’articolo 43 del c.p.41,42. Tuttavia, per quanto scrupolosamente possa essere eseguita la profilassi antibiotica preoperatoria e controllate le variabili precedenti, una quota di errore, per quanto piccolo possa essere, non è eliminabile. Alcuni errori possono essere prevedibili ma accettati dal paziente per un trattamento chirurgico potenzialmente benefico43,44, ed egli dovrebbe essere reso edotto sulla possibilità di contrarre un’infezione nosocomiale all’atto della lettura del consenso informato. Altri errori raggiungono il livello di negligenza, quando la prestazione medica è inaccettabilmente inferiore allo standard che si deve esigere da uno specialista della stessa materia42.

In sede penale vale il principio della responsabilità personale soggettiva. In genere è il primario ad essere dichiarato responsabile del comportamento della sua équipe, per il dovere di vigilanza impostogli dall’ art 7 del D.P.R. n.

128/1969, per cui lo stesso è responsabile del mancato intervento e dell’operato dei suoi medici. Anche il medico del reparto è responsabile in prima persona dell’organizzazione del servizio affidatogli e che deve svolgere45.

Importanti direttive sono state offerte dall’“Antimicrobical Resistance in Hospital: Strategies to Improve Antimicrobical Use and Prevent Nosocomial Trasmission of Antimicrobical-Resistent Microorganism” sponsorizzato dal National Foundation for Infectious Disease and the Center for Disease Control and Prevention39. Queste offrono linee guida per migliorare l’uso empirico,

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profilattico e terapeutico degli antibiotici: 1) ottimizzare la profilassi antibiotica per gli interventi operatori, 2) ottimizzare la scelta e la durata della terapia empirica antibiotica, 3) migliorare la prescrizione degli antibiotici, 4) creare un sistema di monitoraggio controllo retroattivo sull’insorgenza e l’impatto dell’antibiotico resistenza, 5) definire un sistema di linee guida per il tipo di antibiotico usato. Inoltre tali direttive suggeriscono strategie per individuare, registrare e prevenire la trasmissione dei microrganismi antibiotico resistenti, attraverso lo sviluppo di un sistema che riconosce e registra importanti cambiamenti dell’antibiotico resistenza nelle unità ospedaliere e nei singoli pazienti, che aumenti le procedure di pulizia, che destini risorse a tali obbiettivi e che sviluppi un piano di identificazione, trasferimento e riamissione dei pazienti colonizzati da agenti batterici antibiotico resistenti. La responsabilità organizzativa per la creazione e la divulgazione di queste linee guida è estesa alla direzione ospedaliera46.

Lo S. epidermidis , lo S. aureus, gli stafilococchi meticillino resistenti e gli enterococchi cefalosporino resistenti sono sensibili alla vancomicina, che è indicata per la prevenzione delle infezioni di questi ceppi durante un intervento chirurgico vascolare. Tuttavia il suo uso non è scevro di rischi. Il maggior effetto collaterale è la sindrome dell’uomo rosso, seguita dall’ototossicità e dall’insorgenza di colite da Clostridium difficile. Il suo uso deve però essere limitato e di seconda scelta, in quanto alcuni pazienti, reclutati per il National Nosocomial Infections Surveillance Program of the Centers for Disease Control and Prevention, sono ora resistenti40.

Compatibilmente con le esigenze dell’intervento operatorio di chirurgia vascolare, è necessario limitare al minimo i fattori di rischio eliminabili e prevedibili, avendo particolare cautela per le metodiche diagnostico- terapeutiche invasive, utilizzando un antibiotico sulla base dell’antibiogramma, evitando così di diffondere e generare agenti biologici resistenti alle terapie.

Al primario ed al medico del reparto spetta il compito di controllare i fattori di rischio eliminabili e prevedibili legati al loro operato; all’azienda sanitaria spetta il compito di monitorare l’insorgenza di microrganismi antibiotico resistenti, di redigere e di divulgare le direttive per controllare ed evitare l’insorgenza di tali agenti patogeni.

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Riferimenti

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