Segnali stradali per divieto di sosta: quale prevale?
Autore: Redazione | 01/02/2018
Segnaletica stradale orizzontale e verticale: in caso di multa a quale delle due bisogna attenersi?
Ti sarà certamente capitato di cercare un parcheggio e, dopo aver trovato uno spazio vuoto, di chiederti se l’auto possa effettivamente sostarvi o se, al contrario,
sia vietato. Il dubbio è generato da segnali stradali a volte poco chiari, usurati, contraddittori. Può succedere, ad esempio, che le strisce blu sul margine della carreggiata siano talmente sbiadite da non vedersi o da confondersi con quelle bianche in precedenza poste dal Comune sullo stesso tratto di strada tanto da far cadere in equivoco anche chi è dotato di tutti i “decimi” della vista. Oppure potresti non accorgerti di una striscia gialla di divieto di sosta perché ormai cancellata dalla pioggia e dalle macchie di olio e pneumatici presenti sull’asfalto. In casi del genere, per evitare una multa, come devi comportarti e a cosa devi fare riferimento? In altri termini, tra i segnali stradali per divieto di sosta quale prevale: quello orizzontale o quello verticale? La risposta è stata fornita di recente dalla Cassazione che, nella sentenza di cui a breve parleremo, ha fornito anche ulteriori utili chiarimenti in merito a come e dove parcheggiare l’auto. Ad esempio, ti sei mai chiesto se sia possibile lasciare la macchina in assenza di un cartello stradale di tipo “verticale”? Ecco le risposte fornite dai giudici.
Che significa segnaletica orizzontale e segnaletica verticale?
Per capire meglio quale segnale stradale prevale, dobbiamo innanzitutto spiegare la differenza tra segnaletica orizzontale e verticale.
La segnaletica orizzontale è costituita dalle strisce disegnate sulla strada: lo è la linea di mezzeria tratteggiata o continua, quella di stop, il triangolo della precedenza riportato sull’asfalto, le strisce che definiscono i limiti dei parcheggi a pagamento (strisce blu) o gratuiti (strisce bianche), ecc.
In alcuni (pochi) casi la segnaletica orizzontale è obbligatoria: si pensi al limite per definire l’esatto punto di “stop” dove deve fermarsi l’auto o le linee oblique al senso di marcia per autorizzare il parcheggio a spina di pesce.
La segnaletica verticale è costituita invece dai cosiddetti pali con i cartelli stradali, quelli di forma triangolare (per segnalare situazioni di pericolo), circolare (per segnalare divieti o obblighi) o quadrangolare (per segnalare indicazioni)
L’altezza minima dei segnali laterali è di 0,60 m e la massima è di 2,20 m, ad eccezione di quelli mobili. Lungo le strade urbane, per particolari condizioni ambientali, i segnali possono essere posti ad altezza superiore e comunque non
oltre 4,50 m. Tutti i segnali insistenti su marciapiedi o comunque su percorsi pedonali devono avere un’altezza minima di 2,20 m, ad eccezione delle lanterne semaforiche.
I segnali di pericolo devono essere installati, di norma, ad una distanza di 150 m dal punto di inizio del pericolo segnalato.
I segnali stradali poi non devono sporgere sulla strada e costituire pericolo. Perciò viene stabilito che i segnali da ubicare sul lato della sede stradale (segnali laterali) devono avere il bordo verticale interno a distanza non inferiore a 0,30 m e non superiore a 1,00 m dal ciglio del marciapiede o dal bordo esterno della banchina.
Distanze inferiori, purché il segnale non sporga sulla carreggiata, sono ammesse in caso di limitazione di spazio. I sostegni verticali dei segnali devono essere collocati a distanza non inferiore a 0,50 m dal ciglio del marciapiede o dal bordo esterno della banchina; in presenza di barriere i sostegni possono essere ubicati all’esterno e a ridosso delle barriere medesime, purché non si determinino sporgenze rispetto alle stesse.
Quale segnale stradale prevale?
Se sull’asfalto non compare la segnaletica orizzontale relativa al divieto di sosta ma è presente, sul margine del marciapiede, il relativo cartello di segnaletica verticale, il parcheggio deve considerarsi vietato. La multa è quindi valida.
Nel caso di contrasto tra la segnaletica orizzontale e quella verticale prevale quest’ultima. Per cui, se sulla strada sono presenti le strisce bianche o blu, ma ad inizio marciapiede c’è il divieto di sosta, non è possibile parcheggiare.
Quanti segnali stradali sono necessari?
Perché sia valido il divieto di sosta è sufficiente un solo segnale stradale, può trattarsi di quello verticale o anche solo di quello orizzontale.
Secondo la Cassazione, infatti, perché la multa per divieto di sosta sia valida, è sufficiente che a essere ben visibile sia un solo segnale (in questo caso verticale) anche in difetto della visibilità dell’altro.
Se c’è solo il segnale orizzontale (le strisce) e non quello verticale è divieto di sosta?
Come abbiamo detto, secondo la Cassazione anche solo le strisce sull’asfalto possono essere sufficienti a segnalare il divieto di sosta, anche in assenza del relativo cartello posto ai margini della strada. Basta una sola segnaletica ai fini della prescrizione, sia essa verticale o orizzontale. I giudici della Cassazione hanno stabilito il seguente principio di diritto: «al fine della validità dell’accertamento della violazione del divieto di sosta, è sufficiente che vi sia la visibilità di un sol tipo di segnaletica (verticale o orizzontale) anche in difetto della compiuta e contemporanea visibilità di entrambi i detti tipi di segnaletica».
Se non si vede il segnale stradale orizzontale la multa è valida?
Secondo la Cassazione la scarsa visibilità della segnaletica orizzontale non comporta l’automatico venir meno del relativo obbligo o divieto; infatti, per la validità dell’accertamento della violazione del divieto di sosta è sufficiente che vi sia la visibilità di un solo tipo di segnaletica (verticale od orizzontale), anche in difetto della compiuta e contemporanea visibilità di entrambi i tipi di segnaletica.
Sentenza
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 27 settembre 2017 – 31 gennaio 2018, n. 2417 Presidente Petitti – Relatore Oricchio
In fatto
Rilevato che: è stata impugnata la sentenza n. 789/2013 del Tribunale di Tivoli con ricorso fondato su un unico articolato motivo e resistito con controricorso della parte intimata. Giova, anche al fine di una migliore comprensione della fattispecie
in giudizio, riepilogare , in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue. L'impugnata sentenza, in riforma dell'appellata decisione del
Giudice di Pace di Tivoli, accoglieva l'opposizione proposta dall'odierno controricorrente De Li. Al. ed annullava il verbale di accertamento di infrazione al
C.d.S. n. A5045 elevato dalla Polizia Locale del Comune di Mentana per violazione delle norme in materia di parcheggio. Il ricorso viene deciso ai sensi dell'art. 375, ult. co. c.p.c. con ordinanza in camera di consiglio non essendo stata rilevata la
particolare rilevanza delle questioni di diritto in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.
In diritto
Considerato che: 1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di nullità della sentenza impugnata in relazione all'art. 360, n.ri 3 e 5 c.p.c. per violazione e falsa applicazione dell'art. 2700 e degli artt. 21, 22, 22 bis e 23 L. 689/81 "avendo ritenuto presunto un fatto percepito visivamente dagli agenti accertatori e rispetto al quale il verbale di accertamento costituendo un atto pubblico faceva fede fino a querela di falso". L'essenza della doglianza di cui al motivo qui in esame è relativa alla violazione delle succitate norme in materia di valutazione ed apprezzamento delle prove e, quindi, del principio per cui è, ex lege, attribuita efficacia fidefacente
all'atto pubblico (verbale di accertamento) redatto dall'agente accertatore di infrazione al C.d.S.. In particolare, secondo la prospettazione dell'Amministrazione
ricorrente che invoca il dictum di cui alla decisione delle S.U. n. 17355/2009, l'unica contestazione ammissibile avverso i verbali di accertamento di infrazioni è quella relativa alle "circostanze di fatto della violazione che non sono attestate nel
verbale di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiale".
Verrebbe , quindi e conseguentemente, meno tutto il valore decisivamente attribuito dal Giudice di appello alle percezioni in ordine alla visibilità della segnaletica da parte della teste Ba. Er. (che, fra l'altro, era nella fattispecie proprio
la verbalizzante). Il motivo di ricorso è, anche se per ragioni collegate indirettamente a quanto esposto, fondato. In effetti Cass. S.U. n. 17355/2009 esclude "la contestazione e la prova unicamente sulle circostanze di fatto della
violazione che non sono attestate nel verbale di accertamento". Pertanto la possibilità di verificare la sussistenza di ogni adeguata segnaletica non poteva
ritenersi del tutto esclusa. L'impugnata sentenza , rifacendosi -poi- a Cass.
3660/2009 (affermante la necessarietà della visibile apposizione del corrispondente segnale specificamente previsto dalla legge) ha valorizzato in modo preponderante le risultanze della deposizione della suddetta Ba.. Senonchè la "scarsa visibilità della segnaletica orizzontale", riferita da tale teste, non poteva
-essa sola e tenuto conto delle altre risultanze- apparire decisiva al fine della riforma dell'appellata decisione e, quindi, dell'accoglimento della proposta opposizione. Infatti -stante le stesse affermazioni della succitata teste riportate espressamente nella sentenza oggi gravata innanzi a questa Corte- la segnaletica
di divieto di parcheggio verticale "era visibile". E, per converso, già datata giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di affermare che la semplice
"attenuazione della visibilità di un segnale non comporta l'automatico venir meno del relativo obbligo o divieto" ( Cass. civ., Sez. Terza, Sent. 3 maggio 1976, n. 1569
). Esplicitandosi e ribadendosi - in modo più approfondito -quanto innanzi riportato, può oggi affermarsi il principio per cui, "al fine della validità dell'accertamento della violazione del divieto di sosta, è sufficiente che vi sia la visibilità di un sol tipo
di segnaletica (verticale o orizzontale) anche in difetto della compiuta e contemporanea visibilità di entrambi i detti tipi di segnaletica". Proprio in ragione del principio così ribadito ed affermato il motivo deve ritenersi fondato e va, quindi,
accolto. 2.- Il ricorso deve essere, pertanto, accolto. 3.- L'accoglimento del ricorso comporta, conseguentemente, la cassazione della impugnata sentenza e, decidendosi nel merito ai sensi dell'art. 384 c.p.c, il rigetto della proposta opposizione. 4.- Le spese, attesa l'oggettiva controvertibilità e la particolarità della
fattispecie, vanno integralmente compensate.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l'impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta l'opposizione e compensa integralmente le spese del giudizio.