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Successo per Il Buono del Tuo Territorio

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Academic year: 2022

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Successo per “Il Buono del Tuo Territorio”

Grande successo per la rubrica “Il Buono del Tuo Territorio”

promossa da Flower Fruit in collaborazione con RCS75 e condotta da Francesca Miano di Gruppo Stratego. Un format web- radiofonico, voluto da Giuseppe Sica Direttore commerciale di Flower Fruit, per raccontare i prodotti di eccellenza del territorio e sensibilizzare gli utenti sull’importanza di una corretta alimentazione. Ospite fisso della rubrica il dott.

Antonio Cretella, nutrizionista e specialista di riferimento dei Centri Verrengia di Salerno, che in ogni puntata offre utili consigli per una sana ed equilibrata alimentazione soffermandosi sulle proprietà nutritive di frutta, verdura e ortaggi di stagione. Ogni appuntamento, seguito – solo sui social – da centinaia utenti, ripercorre in 15/20 minuti la storia e le caratteristiche organolettiche e nutrizionali delle eccellenze ortofrutticole del nostro territorio, conosciute ed apprezzate in tutto il mondo. L’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di prodotti agroalimentari a denominazione di origine protetta (DOP) e a indicazione geografica protetta (IGP) riconosciuti dall’Unione europea.

Molti dei quali di origine campana, ad esempio la Melannurca Campana, il Carciofo di Paestum, il Marrone di Roccadaspide, il Fico Bianco del Cilento, la Nocciola di Giffoni, il Limone della Costa d’Amalfi e di Sorrento, la Rucola della Piana del Sele, il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio ed il Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino. “Il nostro è un territorio ricco di eccellenze agroalimentari e in un periodo storico così delicato dal punto di vista socio-economico è fondamentale raccontare le nostre eccellenze e valorizzare il lavoro di migliaia di uomini e donne che ogni giorno ci consentono di godere dei frutti della terra. Il nostro territorio è ricco di potenzialità che vanno scoperte e raccontate perché da questo possiamo trarre la motivazione per

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ripartire più forti di prima” – spiega Giuseppe Sica. Tra gli obiettivi della rubrica “Il Buono del Tuo Territorio” anche l’educazione alimentare, grazie alla presenza del biologo- nutrizionista Antonio Cretella, specialista di riferimento dei Centri Verrengia Salerno. La prevenzione, infatti, inizia a tavola per questo è importante scegliere con cura gli alimenti da consumare. In questo periodo, ad esempio, in cui fondamentale è l’assunzione di vitamine per rafforzare il sistema immunitario e rendere attive le difese contro il coronavirus tra i frutti più indicati troviamo le arance, i kiwi, le fragole ma anche verdure quali cavolfiore, broccoli, spinaci o i legumi. Il kiwi ad esempio, spesso sottovalutato, grazie alle sue proprietà nutritive si presta a trattare diverse patologie in quanto ricco di vitamina C, con una quantità addirittura superiore alle arance; la fragola, composta per il 90% da acqua ha pochissime calorie, per questo al pari delle ciliegie, è un frutto che può essere mangiato anche da chi ha problemi di iperglicemia. Inoltre, l’elevata presenza di vitamine A, B, C e soprattutto K rendono le fragole ideali per accrescere il grado di assimilazione di calcio e ferro. Anche le verdure sono fondamentali per il corretto funzionamento del nostro organismo, tra questi citiamo i broccoli, indicati per tenere sotto controllo il livello di colesterolo e diabete perché ricchi di fibre ed acqua, il cavolfiore che, essendo ricco di vitamine A, B, C e K e ferro, attiva il metabolismo e ancora il carciofo, privo di grassi e calorie è caratterizzato da un’elevata quantità di proteine, carboidrati, minerali (magnesio e zinco) e vitamine di tipo B e C. Per avere un maggior beneficio e non sprecare i principi nutrizionali è preferibile, spiega il dottor Cretella, consumare la frutta con la buccia, quando è possibile e dopo averla lavata per bene, e le verdure crude o non eccessivamente cotte, in quanto una cottura prolungata potrebbe annullare gran parte delle proprietà nutritive. “Una corretta alimentazione, associata ad uno stile di vita sano e attivo, costituisce la base della prevenzione di moltissime patologie. Una dieta ricca di frutta e verdura non basta –

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sottolinea il dottor Antonio Cretella – fondamentale è la scelta dei prodotti da consumare. Infatti, è preferibile scegliere prodotti locali o a Km0, in quanto non sottoposti alla catena del freddo. Un processo che ha un impatto significativo sul valore organolettico e nutrizionale dei prodotti”. Per scoprire tutte le curiosità sulle eccellenze ortofrutticole del nostro territorio segui la rubrica “Il Buono del Tuo Territorio” sulla pagina Facebook di Flower Fruit o dei Centri Verrengia Salerno.

In The “Mood”

Antonio Bruno attende da ormai un anno di inaugurare il suo lounge bar in via Ripa a Battipaglia, che dal 19 aprile ospiterà, il corso di barman di I livello tenuto da Domenico Di Fede

Di Olga Chieffi

Rubiamo il titolo al celebrato In The Mood, l’idea assoluta di Boogie, firmato da Joe Garland e arrangiato da Glenn Miller, divenuto un vero e proprio inno della liberazione nel mondo, colonna sonora della fine della guerra e di un’epoca, e simbolo dell’inizio di un’altra era, quella della libertà, per annunciarvi a breve, si spera, l’inaugurazione del “Mood”, il lounge bar di Antonio Bruno, che attende oramai da un anno di poter aprire i suoi spazi, in via Ripa in Battipaglia. Uno spazio particolare, che in attesa di poter ospitare il pubblico, dal 19 aprile saluterà lo svolgimento di un corso di I livello da barman, un approccio alla scienza della mixologia, affidato a Domenico Di Fede. Abbiamo incontrato i giovani protagonisti di questa nuova e coraggiosa avventura, il patron Antonio Bruno e il barman Domenico Di Fede che ci

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traghetteranno, con la loro esperienza a riconquistare quei preziosi momenti conviviali, che riusciamo oggi solo ad immaginare con nostalgia.

Antonio, Com’è nata l’idea di aprire il Mood?

“Si è trattato di un “work in progress” psicologico durato quasi due anni. Tutto è partito dalla voglia di reinventarsi, di passare dalla stimolante esperienza vissuta a livello agonistico nel mondo dell’equitazione ad un’altra stimolante avventura”.

Il nome ha una qualche remota ispirazione?

“Si. Racchiude l’Essere di quest’avventura, rappresenta la mutevolezza della vita tanto quanto è iridescente, grigio o colorato, il Mood di ognuno di noi. Mai, come in questo momento storico tutto questo è vero, reale e dolorosamente tangibile. Si parla tanto di resilienza e di quanto il sapersi adattare e reinventarci aiuta a superare tutto questo, appunto giocando con il Mood”.

Qual’ è la tua idea di bar?

“Per prima cosa Comfort zone, un posto dove sentirsi coccolati, accolti, rilassati. Quindi, una volta a proprio agio, liberi di esprimere il Mood del giorno o del momento. Liberi di giocare con il bartender, inventando nuovi cocktail o provando i classici, liberi di incontrare amici, finalmente, spero presto.

E la Musica?

“La musica seguirà il fil rouge del Mood, in tutti i sensi. La colonna sonora sarà sicuramente Lounge, dal Jazz al Chill Out al Soul con qualche occhiolino al Reggae. Poi, d’estate, con il caldo e in pomeridiana, perché no, un po’ di “Leggera…anzi Leggerissima” è giusto questa la mutevolezza del Mood”.

Credi che la gente finita questa pandemia farà più attenzione

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a dove e cosa bere? Si alzerà il livello e la ricerca della qualità?

“Assolutamente si. Lo dicono già oggi le indagini di mercato che hanno rilevato un maggiore aumento del consumo dei prodotti artigianali di qualità e si spera anche nel nostro settore”.

Come nasce il Domenico Di Fede Barman?

Il Domenico Di Fede Barman nasce da una passione e un’ambizione portata avanti nel tempo. Fin dai primi giorni sono stato catturato da questo mondo, passando giorni interi a s t u d i a r e p e r c r e s c e r e s e m p r e d i p i ù e a r r i c c h i r m i professionalmente. La mia ambizione, invece, mi ha portato a puntare sempre al massimo

Quale la filosofia della sua mixology?

“La filosofia della mia mixology è quella di incantare il cliente. Il momento in cui il cliente rimane a bocca aperta, scaturisce in me lo stimolo di non fermarmi e stupirlo sempre di più. La mia mixology comprende molto spesso imput molecolari (spume, affumicature a freddo, aree, etc.), ma non solo; mi piace giocare molto con l’inventiva, che può essere applicata nell’invenzione di un cocktail o nella sua decorazione”.

Dove va il mondo della miscelazione?

“Il mondo della miscelazione oggi sta cambiando; il cliente, infatti, col tempo è diventato sempre più curioso di conoscere ed esigente. Quindi, a meno che non ci troviamo in discoteca, bisogna sempre cercare di proporre qualcosa di buono innanzitutto, ma anche appariscente ed innovativo. Proprio per questo, i cocktail bar di oggi lavorano sempre più con prodotti homemade, tecniche all’avanguardia e così via. Oggi il bere un buon drink è diventato come mangiare un buon pasto al ristorante: il cocktail deve essere buono e fotogenico”.

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Le qualità per diventare un bartender come lei

“Per diventare un bartender di ottime qualità, serve innanzitutto tanta passione e altrettanta costanza nello studio: la passione ti porta ad essere innovativo e creare sempre cose nuove, mentre lo studio accresce la propria tecnica e bagaglio culturale, ci permette di essere più sicuri nel consigliare un drink ad un cliente. La cosa senza la quale, a mio avviso, non si può andare avanti, è l’umiltà:

questa deve essere la prima dote per ambire in alto. Ultima cosa per me fondamentale, è il non sentirsi mai appagato; ogni piccolo traguardo non deve essere mai un punto di arrivo, ma sempre un nuovo punto di partenza”.

Quali le prime raccomandazione per quanti in questo corso al Mood Lounge approcceranno al mondo della mixology?

“Il primo consiglio è quello di non arrendersi mai: il mondo della ristorazione è uno dei più stressanti in assoluto, potranno sicuramente capitare momenti di difficoltà, ma con la giusta passione per questo lavoro, si supererà sempre tutto.

All’interno del nostro corso, spiegheremo tutto con molta enfasi, portando il corsista ad innamorarsi fin dal primo momento al mondo del bar.Ci concentreremo molto sulla teoria, molto spesso sottovalutata, ma che in realtà è ciò che fa fare la differenza ad un vero barman; ovviamente senza tralasciare la parte pratica, altrettanto importante. Do’ il consiglio a chiunque venga, di venire spensierato, allegro e concentrato, per lanciarsi poi in un mondo ricco di soddisfazioni”.

La sua ultima creazione?

“A livello di cocktail, ne ho fatti molti, ma uno dei più recenti a cui sono particolarmente affezionato si chiama “Il fiore della mia terra”, esposto al campionato italiano della Campari. In questo drink è racchiusa la complessità del nostro territorio riguardante la gravità dei numerosi roghi tossici che ci caratterizzato come “terra dei fuochi”. A livello

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tecnico, invece, un’ultima idea molto carina è stata quella di vendere, adeguandomi a questo brutto periodo, cocktail sottovuoto sigillati in delle apposite bustine; così facendo, le persone potevano conservare nel proprio frigo un cocktail da poter bere in qualsiasi momento, come ogni altra bevanda”.

La Ricetta del Nutrizionista:

Quando la carota era viola

Il colore sarebbe stato cambiato in arancione dagli orticoltori olandesi, in onore dell’allora dinastia regnante:

gli Orange. Una delle proprietà più conosciute e apprezzate sin dall’antichità è quella di proteggere la pelle dai raggi del sole, prevenire le scottature solari nei soggetti con pelli sensibili.

Di ANGELO PERSICO

La carota è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle Apiaceae e il suo nome deriva dal greco karotòn. Questo o r t a g g i o , o g g i c o n o s c i u t o e a p p r e z z a t o p e r i l s u o caratteristico color arancione vivo, anticamente era viola! Il suo colore originale rosso-violaceo, di cui ancora esistono delle varietà locali e di cui si è attuato un recupero, sarebbe stato cambiato in arancione dagli orticoltori olandesi, in onore dell’allora dinastia regnante: gli Orange.

La parte edibile di questa pianta è la sua radice, la cui lunghezza può variare da 3 a 20 cm, sebbene esistano varietà

“giganti” che sfiorano i 90 cm. Dal punto di vista nutrizionale la carota rappresenta una vera e propria miniera di proprietà e, per questo come nutrizionista, mi trovo, spesso e volentieri, a inserirla in dieta. Essa contiene

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minerali preziosi come: ferro, magnesio, calcio, rame e zinco.

Fra le vitamine spiccano: vitamina B e C, ma soprattutto carotenoidi (pro-vitamina A). È infatti fra tutti, il vegetale a detenere la più alta concentrazione di beta-carotene che poi verrà trasformato nella sua forma attiva (vitamina A) dal nostro organismo in caso di bisogno. Non a caso il beta- carotene, deve il suo nome allo scienziato Wackenroder che per primo la isolò, proprio dalla radice della carota. Una delle proprietà più conosciute e apprezzate sin dall’antichità del beta-carotene è quella di proteggere la pelle dai raggi del sole e quindi previene le scottature solari nei soggetti con pelli sensibili. Il carotene è inoltre un pigmento naturale, responsabile del colore giallo-arancione della carota e viene utilizzato dopo estrazione come colorante naturale nell’industria agro-alimentare (E160). Oggi proponiamo un centrifugato di carote, ideale per fissare l’abbronzatura. (Di seguito la ricetta. Ingredienti per 2 persone). 1) Porre i seguenti ingredienti nella centrifuga: 3 carote (circa 250 g) 1 pesca (polpa pulita), 100 g di melone e 100 g di mango.

Azionare la centrifuga. 2) Disporre il nostro centrifugato in un bicchiere con ghiaccio e servire fresco, preferibilmente come spuntino del mattino o del pomeriggio.

Le ricette del nutrizionista:

IL LIMONE

Il

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limone il nostro profumato oro giallo

E’ proprio nel sud Italia, specialmente nella nostra Costiera Amalfitana che questo frutto è diventato un vero e proprio simbolo, non solo agroalimentare del territorio ma anche ornamentale, tanto che lo ritroviamo sia sulle nostre tavole e sia raffigurato sulle bellissime ceramiche vietresi.

Di Angelo Persico

Il limone è un albero da frutto appartenente alla famiglia delle Rutaceae, di cui fanno parte anche altri agrumi come il cedro e l’arancio. Non a caso, secondo recenti studi, il limone sarebbe un ibrido derivante proprio dall’incrocio di questi due. La storia del limone è incerta, sebbene molti fanno risalire le sue prime coltivazioni al 2000 a.C. nella valle dell’Indo, oggi conosciuta come Pakistan. Nel V secolo a.C. apparve poi in Grecia, mentre alcuni ritrovamenti negli scavi di Pompei farebbero pensare che il limone fosse già noto in epoca romana. Anche Virgilio ne parla, quale antidoto contro i veleni. Non ci sono tuttavia altre testimonianze della sua presenza in epoca romana e bisognerà aspettare l’anno 1000, quando gli arabi lo diffusero, insieme ad altri agrumi, nel Medio Oriente. Furono poi i Crociati a portare piante di limone nel sud Italia, grazie alla cospicua presenza di scambi commerciali ad Amalfi. Ed è proprio nel sud Italia, specialmente nella nostra Costiera Amalfitana che, oggi, il limone è diventato un vero e proprio simbolo, non solo agroalimentare del territorio ma anche ornamentale, tanto che lo ritroviamo sia sulle nostre tavole e sia raffigurato sulle bellissime ceramiche vietresi. Dal punto di vista nutrizionale il limone offre varie e interessanti proprietà benefiche. Esso contiene l’acido citrico che non solo aiuta a “sciogliere” i calcoli renali, ma anche a ostacolarne la formazione. Come tutti sanno, è uno dei frutti con un maggior tasso di vitamina C, superiore a quelli di altri agrumi come le arance. Contiene

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inoltre vitamine del gruppo B: B1 e B2 e diversi sali minerali, soprattutto potassio. È un antiacido gastrico, aiuta a favorire la digestione, ha proprietà rinfrescanti e antidiarroiche. Fin dall’antichità, inoltre, è conosciuto anche come antibatterico e antisettico. Come nutrizionista consiglio di usare il succo di limone nelle nostre insalate e come condimento, in modo da aumentare il quantitativo giornaliero di vitamina C che, fra le sue tante virtù, ci aiuta a rafforzare il sistema immunitario. Oggi propongo Linguine al Limone, una ricetta semplice, profumata ed economica. Di seguito la ricetta (ingredienti per 2 persone): 1) Porre in un tegame un cucchiaio di olio evo (10g) e far dorare 1 spicchio d’aglio precedentemente schiacciato. Una volta dorato toglierlo dal tegame. 2) Aggiungere quindi la buccia grattugiata di due limoni e un cucchiaio raso di panna da cucina. Far cuocere per 2 minuti a fiamma bassa e spegnere. 3)Nel frattempo cuocere le linguine (100g) in abbondante acqua . Una volta cotta unite la pasta al sugo e fate insaporire a fuoco medio per un minuto. Aggiungete altra buccia grattugiata di limone, parmigiano e pepe (quanto basta).

Il giardino segreto del “Cafè c’est chic”

Dalla pinsa romana all’alta pasticceria, per ricominciare dopo la pandemia. Il patron afferma: “Dal pugilato, ho appreso il concetto e la motivazione di non mollare di mai, di resistere e combattere con tutte le forze che abbiamo, contro tutto e tutti”.

Di Giulia Iannone

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Il titolare Massimiliano Torrice ci racconta le fasi salienti della riapertura del bar “Cafè c’est Chic” sito in Roma in Via Francesco D’Ovidio.

Come hai vissuto l’emergenza del coronavirus?

“E’ stata una situazione veramente dura. Ma, a parte l’aspetto economico, che è ben noto a tutti, la sofferenza è stata morale, per la costrizione di non poter lavorare. Noi siamo fatti di energia ed il lavoro fa parte della natura umana. Mi fa sentire vivo tenermi sempre attivo e riversare la mia energia nel mio lavoro. Inoltre, non sono riuscito a pieno a comprendere questa costrizione, perché ho trovato un lato incoerente delle misure. Si è parlato di poter garantire i beni di prima necessità, ma non tornavano i conti quando tra questi figuravano i tabaccai e le edicole”.

Voi avevate programmato l’inaugurazione della vostra nuova sede il 15 marzo, invece cosa è successo?

“ Avevo spostato l’inaugurazione in coincidenza con le idi di marzo, ossia il 21 marzo . Ci tengo alle date, soprattutto se simboliche. C’è stato un blocco sia dei lavoro che di questa programmazione, abbiamo proseguito nonostante il blocco totale, autorizzati dalla Polizia amministrativa, perché dovevo liberare il precedente locale che era in affitto. Il proprietario voleva tornarne in possesso, il prima possibile.

Ho avuto la possibilità di effettuare il trasloco, logicamente sempre osservando le misure sanitarie del caso, fino a che, il 24 marzo, la ditta non ha potuto più lavorare per una ulteriore stretta delle misure poiché in piena pandemia, e così ci siamo trovati da soli fino al 4 maggio, data nella quale abbiamo riaperto. Verso metà aprile ci hanno autorizzato alle consegne a domicilio, non all’asporto, e ci siamo difesi con un cartello improvvisato, che in realtà era il cartone con il quale erano incartate le porte, cartone e vernice d’avanzo e ci siamo rimessi in gioco con qualche consegna a domicilio.

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Come vi siete riorganizzati in vista della riapertura?

“ All’inizio andavamo in consegna per le case, muniti di guanti mascherine ed igienizzanti ed abbiamo osservato ogni misura prevista a livello di legge. Quando andavamo in consegna, tanta gente ci faceva trovare la sedia fuori la porta per appoggiare la merce ed effettuare lo scambio dei soldi, questo prevedeva l’ordinanza, qualcuno era meno rigido, ma la situazione a Roma era già più chiara perché i contagi erano già bassi verso metà aprile. C’era più tranquillità, specialmente in questo quartiere.”

Asporto e take away: avete lanciato in questa occasione la pinsa romana che sta riscuotendo molto successo. Di cosa si tratta?

“ Avevo in cantiere, in occasione della nuova apertura, tre novità per i clienti. Venivo da una realtà consolidata, un buon pacchetto clienti, però sapevo che stavo per spostarmi in un punto nuovo, un po’ più grande e volevo offrire qualcosa in più. Oltre a questo bar, in cui sono unico proprietario, ho in società, con due altre persone, un laboratorio di pasticceria, uno di gelateria, un laboratorio dei cornetti dove noi prepariamo i lieviti, ed abbiamo aperto un laboratorio dove facciamo solo la pinsa romana. Volevo introdurre questo prodotto solo durante le partite del campionato europeo di calcio, per farla conoscere, invece, l’ho usata nella fase della consegna a domicilio. La pinsa è una focaccia salata di origine laziale. Era già nota in epoca romana, se ne parla anche nel VII libro dell’Eneide, perché Enea insieme al figlio ed ai suoi comandanti, mangiò questo tipo di alimento appena arrivato nelle zone rurali delle campagne laziali. Il nome pinsa deriva dal latino pinsare,

“allungare” e spiega la forma di questo prodotto romano che è ovale con spessore di circa due centimetri. L’impasto è particolare, fatto con mix di farine, tra esse anche quella di soia e riso, ed aggiunta di sale ed acqua ed erbe aromatiche ed è molto digeribile, ha una lievitazione molta lunga, in

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questo caso di 72 ore. La gente l’ha apprezzata moltissimo, e diciamo che è diventata la pinsa della pandemia. La vita spesso mette in difficoltà, e bisogna reagire colpo su colpo, sono abituato, anche perché sono uno sportivo e pratico pugilato. Sono solito affrontare i problemi e non scappare”.

Puoi elencare i piatti ed i prodotti che proponete al cliente?

“ Proponiamo, a parte la pinsa, come abbiamo detto, i supplì fatti da me, il tipo classico, oppure creativi con funghi porcini, asparagi e salsiccia, zucca gorgonzola; poi dei primi piatti di pasta fresca pomodoro datterino fresco e basilico non commerciale, la carbonara, per la quale usiamo uova biologiche certificate e deposte al mattino, e non usiamo latte o panna per dare la cremosità, l’uovo affidabile mi serviva per impiegarlo anche nel nostro tiramisù artigianale ed espresso, poi la amatriciana con guanciale IGP vero, e la Gricia. In ultimo il cacio e pepe, che è un piatto molto difficile ma a noi viene bene, col vero pecorino rimano DOP ed il pepe macinato fresco, e facciamo un aglio ed olio di alto livello. Proponiamo insalatone, filetto di baccalà in pastella con farina di riso, quindi sembra una tempura croccante e leggera. Come dolci anche la panna cotta”

Cafè cest chic: da quanto tempo nasce, cosa esprime e cosa rappresenta in questo quartiere?

“Nasce nel 2012. il nome è tratto da una canzone di Jovanotti, La Bella Vita, che nel ritornello dice “l’Afrique c’est chic”, è un inno alla voglia di stare insieme ed essere amici. Così ho pensato di creare un bar semplice, stile cameretta in cui invitare gli amici, parlare, condividere problemi, gioie, momenti quotidiani. Un ambiente piccolo, su misura, si governava bene in due persone, una stanzetta con gli specchi.

La gente lo ha apprezzato e ci ha permesso di essere molto attenti al cliente, anche perché noi siamo sempre aperti, infatti il nostro motto è “conta su di noi”. Noi ci siamo sempre per gli amici, e siamo diventati nel quartiere un punto

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di riferimento. Questo ci ha premiato, ed ora la cameretta è diventata un salone doppio col giardino! Abbiamo pensato a loro, alla loro comodità e relax”

Come è l’umore della squadra: vogliamo rapidamente presentarla?

“Nello staff ci sentiamo tutti in famiglia, e non intendo parlare semplicemente di legami di sangue ( perché in questo bar, Massimo Torrice lavora con la moglie Annalisa e la figlia , ma cerca di non far emergere questo status di famiglia per offrire massima serietà e professionalità, ndr). L’attrice principale è Alessandra, assieme a lei, 6 anni fa abbiamo risollevato le sorti del bar in un momento un po’ delicato dell’attività. Con noi c’era anche Bachi, un ragazzo che poi ha trovato un lavoro importante a Londra, e ci ha salutato. Al tempo eravamo in tre, per cui Alessandra è una colonna portante di questa società, di questo bar e lavoro. Grazie anche a lei noi oggi siamo qui. In ordine di gerarchia c’è Annalisa, Alessia, ( Alessia è mia figlia, ma noi non ci consideriamo rispetto ai gradi di parentela). Alessia si occupa del banco e della cassa. Io ed Alessandra adesso ci siamo spostati nel cuore dell’attività, ossia in cucina, per preparare tutto. Nella parte esterna abbiamo due persone fisse, Susanna al mattino e Gianluca il pomeriggio. Dietro al banco assieme ad Alessia ed Annalisa ci sono due ragazzi, Alessandro, che già lavorava qui un paio di anni fa e Carlo, che invece è un neofita in formazione, lui lavorava in un albergo, che ha chiuso come portiere. Anche Alessandro è stato travolto da questa vicenda, ma nutre l’idea di andare a lavorare in Spagna. Lo teniamo con noi, sperando che blocchino l’uscita per un altro po’”.

Vogliamo lanciare un messaggio per il dopo “andrà tutto bene”?

“Dal pugilato, ho appreso il concetto e la motivazione di non mollare di mai, di resistere e combattere con tutte le forze che abbiamo, contro tutto e tutti. Quando c’è un obiettivo più

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alto ed eticamente valido, le forze e le soluzioni si trovano”.

Il Caminetto: ritorno alla normalità

Lo storico ristorante di Via Roma che lo scorso anno ha festeggiato i cinquant’anni di attività ha riaperto solo in questo week-end, con tutti i crismi dettati dalle nuove ordinanze. Tutto invariato dal menù, ai prezzi, alla rinomata accoglienza dello staff

Di OLGA CHIEFFI

Cinquantuno anni di esperienza nel campo della ristorazione non possono certo dissolversi dinanzi ad un fermo forzato dettato dalla pandemia. Il Caminetto, storico ristorante- pizzeria sito nel centro di Salerno, sulla via Roma, difronte al Palazzo di Città, ha riaperto solo lo scorso week-end, saltando a piè pari, il periodo dell’asporto e prevedendo che, di ordinanza in ordinanza, si sarebbe ritornati quasi alla normalità. Dehors senza tende laterali, tavoli alla giusta distanza, misurazione della temperatura all’ingresso e schedatura del cliente, poi, tutto è rimasto uguale, anche se si può godere della vista del sorriso dei componenti dello staff, solo attraverso lo sguardo, essendo tutti “mascherati”.

“C’è ottimismo – ha affermato il più comunicativo della squadra Corrado Benincasa, cuore italiano, ammaliato dalle atmosfere dell’isola della musica, che racconta la vita attraverso il ritmo del corpo Cuba – in questo week-end abbiamo incominciato a lavoricchiare e dobbiamo far prendere

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fiducia al pubblico, che seguendo le giuste regole si può far tutto, riappropriandosi piano piano della normalità. E’

proprio per questo che nulla è cambiato nel ricco menù che proponiamo abitualmente, tantomeno nel conto, mentre qualche battuta in più si deve fare col cliente, poichè tutti usciamo da tunnel pieno di ombre. Devo confessare però, che il ritorno in sala si è fatto sentire fisicamente, eravamo tutti disabituati a certi ritmi di lavoro”. In questo cinquantennio tanti vip sono passati dal Caminetto, un po’ tutte le compagnie di scena al vicino teatro Verdi, per consumare il momento più bello e atteso che è il dopo-spettacolo, in cui possono nascere sempre nuove idee, progetti sogni. Un forte amore per la propria terra fa rilucere lo sguardo dei patron Guido Avallone e Sandra Pannaci, affiancati dal maestro di sala, Salvatore Tamburrino, in inappuntabile parannanza nera, qualsiasi temperatura segni il termometro, e dalla cassiera Loredana Avallone. In cucina impera lo chef Michela Gripi, sempre dietro i fornelli a “giocare”, inventare, creare nuovi piatti, ma nel segno stretto della cucina povera che stupiscono il pubblico, sempre coccolato nei loro ricchi menù, sapientemente ed abilmente variati, totalmente ispirati dai nostri migliori prodotti delle nostre terre, senza lasciarsi tentare da infedeltà alla tradizione. Sulle tavole imbandite con semplicità non verranno offerti piatti troppo ricercati o necessariamente innovativi: la carta o lo stesso affabile dire di Corrado, Salvatore e Giorgio Galòn, proporranno gustose ricette popolari, approntate al momento, con sincerità e cura. Le pietanze ricordano la cucina semplice inventata dal nostro popolo, base di una gastronomia povera di ingredienti, ma ricca di sapori e di profumi, senza artifizi, gradita a principi, dive e gente comune, il cui segreto è racchiuso nell’umiltà. Il fiore all’occhiello della cucina sono le preparazioni che utilizzano la preziosa biodiversità di ortaggi, e verdura presenti nel territorio: la pasta è il trait d’union tra passato e presente ma rigorosamente fresca o di Gragnano, proposta in maniera tradizionale come la pasta, fagioli e cozze, o alle vongole, i

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polipetti alla luciana, il famoso baccalà con patate, e tutti i p i a t t i d e l l a t r a d i z i o n e m a r i n a r a , c o n i l p e s c e , freschissimo, proposto in tutte le “salse”, ma sempre rispettando ed esaltando il profumo del mare. Non si può scampare alle delizie del friggitore, e per chiudere, i dolci casalinghi, fatti secondo le tradizioni familiari, quali il gustoso tiramisù, profiteroles, torta al limone, scomposte, secondo il cimento e l’invenzione del momento. Ma la chiusura è dedicata alla nascita della pizza del Caminetto, il cui artefice è Francesco Capace. Il mistero non lo conosceremo mai: a Francesco la pizza puoi ordinarla nelle sue varianti di prammatica o affidarti al suo estro, al suo cimento, alla sua invenzione e vedervela davanti, sulla tavola, fumante, splendida, nel suo cerchio perfetto sollevato ai bordi di un anello più cupo, più scuro, con il suo alone di sottile magia con cui ci si nutre come cantando, come ridendo, cullandosi, ermetica e orfica, pitagorica e surrealista come un cibo elargito dagli dei, anzi, da amici di vecchia data, in un momento di generoso affetto.

Olga Chieffi

Le Ricette del

Nutrizionista:Cuscus, il piatto della contaminazione

È per eccellenza uno degli alimenti più tradizionali del Nordafrica, tanto da poterlo definire “piatto nazionale” dei Berberi. Ricavato dallo sminuzzamento dei semi di grano duro, il cuscus ricorda la polenta, sebbene i suoi chicchi siano più grossolani

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Di Angelo Persico

Il cuscus (in francese couscous o cous cous) è un alimento tipico del Nordafrica, della Sicilia e della Sardegna sudoccidentale. È per eccellenza uno degli alimenti più tradizionali del Nordafrica, tanto da poterlo definire “piatto nazionale” dei Berberi. Nell’ undicesimo secolo, con la conquista arabo-islamica, il cuscus si diffuse in tutta la parte settentrionale dell’Africa. Da lì fu poi portato in Spagna, nella regione meridionale dell’Andalusia e quindi lungo tutto il mediterraneo. Mentre in Europa settentrionale, troviamo uno dei primi riferimenti relativi a questo cibo in Bretagna, in una lettera del 1699, sebbene già molto prima, era stato descritto in Provenza dal viaggiatore Jean Jacques Bouchard che scrive di averlo assaggiato a Tolone, nel 1630. Ricavato dallo sminuzzamento dei semi di grano duro, il cuscus ricorda la polenta, sebbene i suoi chicchi siano più grossolani. È un alimento calorico, costituito principalmente da amido , ma con un buon apporto di fibra alimentare e alcune vitamine idrosolubili del gruppo B. Va ricordato che contiene glutine e quindi è un cibo non adatto alla dieta dei celiaci, ma non lattosio e né tantomeno istamina. Nonostante sia un alimento energetico, va precisato tuttavia, che le sue calorie si riferiscono in genere all’alimento a crudo. Tale apporto calorico si riduce a circa 1/3 in seguito alla cottura, mediante l’assorbimento di acqua, che ne triplica volume e peso. Inoltre calorico non vuol dire “ipercalorico”: questo significa che, nella giusta quantità e cucinato in maniera sana e con i giusti abbinamenti, può essere incluso, proprio come la pasta, anche in una dieta dimagrante. Fra i sali minerali ricordiamo la cospicua presenza di fosforo e, in misura minore di ferro, zinco e potassio. Ricordiamo anche che più di recente, oltre al classico cuscus in commercio sono reperibili diversi tipi di cuscus integrale, con un maggior apporto di fibra, ideale soprattutto per chi soffre di stitichezza. Come nutrizionista lo consiglio soprattutto per la preparazione di piatti unici, che risultano visivamente più

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abbondanti ma anche invitanti e quindi potrebbero aiutare a placare la fame durante una dieta dimagrante. Oggi propongo cuscus di pesce con verdure allo zafferano, che è un piatto unico colorato, nutrizionalmente completo e gustosissimo.

Questa pietanza che prende spunto dalla tradizione siciliana – ma più light – riesce a mettere insieme carboidrati, vitamine, sali minerali e proteine. Inoltre è molto comodo, in quanto può essere gustato anche freddo e quindi utilizzato come pranzo fuori casa.Di seguito la ricetta (ingredienti per 2 persone): 1) Da parte lessare il pesce (io ho utilizzato 100 grammi di calamaro, 100 g di seppia e una manciata di gamberetti che ho unito alla fine). Scolarlo e tagliarlo a pezzetti. Conservare il brodo di cottura del pesce che servirà successivamente per il cous cous. 2) In una padella cuocere in un mestolo d’acqua o brodo della cipollina di Tropea, 1 carota e 1 zucchina. Lasciarle cuocere fino a cottura desiderata (io consiglio di lasciarle un po’ “croccanti”). 3) Cuocere il cous cous (100 g) secondo le indicazioni riportate sulla confezione, utilizzando il brodo di pesce al posto dell’acqua.

Sciogliere nel brodo 1 bustina di zafferano, prima di versarlo sul cuscus. 4) Unire gli ingredienti, mescolando in modo da amalgamarli. Condire con un filo d’olio EVO a crudo e decorare con qualche fogliolina di menta. Il piatto è pronto!

Il Ristorante “Fuocolento”

cerca “la scintilla” per ripartire

Piccolo ma elegante, raffinato, sofisticato ma al contempo con gusti e sapori della tradizione della caput mundi, a pochi passi da via Veneto.

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Di Giulia Iannone

Il ristorante romano, “Fuocolento” sito in Via Flavia 59-61, nasce negli anni’60 ed aveva un altro nome. Si tratta di un piccolo ristorante romano, noto per la sua cucina tipica romanesca e per i piatti di pesce. Stupisce l’atmosfera calda ed accogliente, la cura del dettaglio, la cortesia, gentilezza, disponibilità. Piccolo ma elegante, raffinato, sofisticato ma al contempo con gusti e sapori della tradizione della caput mundi. E poi è a pochi passi da via Veneto. La mia famiglia ci va praticamente dagli anni sessanta! Abbiamo parlato con il titolare, che ci ha raccontato quanto segue…

Come si chiama e da quanti anni lavora nella ristorazione?

“Mi chiamo Salvatore Porco, e son nel campo della ristorazione sin dagli anni 70. Ho mosso i primi passi, facendomi le ossa, come si suol dire, nel locale dei miei genitori “

Come state vivendo da ristoratore, l’emergenza coronavirus?

“La situazione che stiamo attraversando a seguito di questo covid 19, ci ha proiettato in una dimensione che sembra non avere nulla a che fare con la ristorazione e la cultura gastronomica, che è il nostro mestiere e che svolgiamo da anni con passione e dedizione. Con tutti questi obblighi, ci sembra di avere a che fare con un ospedale.”

Avete affrontato la fase di chiusura nella fase critica.

Siete stati però molto presenti su facebook, pubblicando delle belle ricette della tradizione. Ora è il tempo della riapertura: come vi state organizzando e quali sono i criteri per rendere idoneo il locale?

“ Nel nostro locale abbiamo praticato, scrupolosamente, ogni tipo di prevenzione , dalla sanificazione alla predisposizione di tutti i presidi per il personale e per i nostri clienti.

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Nella prima fase avete usato Asporto e take away: Lei cosa ha potuto notare in questo diverso modo di proporsi al cliente?la gente ha risposto bene, nonostante la paura?

“Purtroppo con il take away non abbiamo riscosso tanto successo , anche perchè la maggior parte dei nostri clienti, in questo periodo , sta lavorando da casa, con lo smart working.”

Ci spiega esattamente adesso cosa propone alla clientela durante la giornata: può elencare per sommi capi i piatti che proponete?

“Adesso con il ristorante aperto, abbiamo approntato un menù del giorno con una scelta tra antipasti di vario tipo,come insalate con il pesce. Ad esempio il nostro famoso carpaccio di polpo su letto di rucola e salmone marinato agli agrumi, insalata ricca di salmone; gamberetti con avocado e pomodorini, insalata di pollo, seppie carciofi e rucola, per gli antipasti, tra gli altri, la tradizionale cicoria ripassata in padella e carciofi alla romana, poi abbiamo una scelta tra quattro primi: agnolotti fatti in casa da noi, di zucca con burro e salvia, carbonara, fettuccine allo scoglio, tagliolini salmone e zucchine, e quattro secondi di carne e pesce: petto di pollo alla pizzaiola, saltimbocca alla romana, filetto di salmone al pepe rosa, calamari alla luciana, tagliata di tonno all’aceto balsamico. Oltre a ciò, abbiamo il menù per la cena, in formato digitale “

FuocoLento è un ristorante di tradizione ma anche innovativo : come nasce e cosa rappresenta oggi?

“Il nostro ristorante nasce ne 2016, dal primo gestore Massimo. Oggi, a pranzo lavoriamo molto con professionisti che vengono da vari uffici come banche e ministeri in genere, e qui sostano per un incontro di lavoro e quanto altro . Invece la sera, siamo molto impegnati, fin dalle ore 18, con il turismo, molti viaggiatori di passaggio od in viaggio,

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per buona parte stranieri, molto entusiasti e curiosi del bel mangiare italiano, e nello specifico della bella tradizione della cucina romana per eccellenza. Disponiamo sia della sala interna che di tavoli all’esterno, allestiti sia per la stagione calda, che per quella fredda.”

Quale è il punto forte di Fuocolento , in tempi normali?

“ Siamo famosi per i piatti tradizionali romani, dal cacio e pepe, amatriciana, carbonara, carciofi alla giudia, puntarelle, ai crudi di carne e pesce fresco, le paste fatte in casa da noi, i dessert golosissimi sempre di nostra produzione”

Adesso, su cosa punta e come si reinventa per soddisfare i clienti affezionati ?

“Il nostro punto forte è sempre stata la cordialità , gentilezza verso il cliente, la capacità e la voglia di far sentire l’ospite sempre in famiglia, come a casa, coccolarlo facendolo mangiare bene, con prodotti di qualità, pietanze ben curate ed impiattate con garbo , una tavola sempre in ordine ed elegante, con una bella proposta di vini ad hoc per il menù. In questo modo, i clienti si affezionano, si fidano d noi e nel tempo tornano e trovarci. Ovviamente, in occasione della riapertura, stiamo puntando ai clienti abituali. Il nostro intento è farli sentire di nuovo a proprio agio da noi, assolutamente sicuri e protetti.”

Come è l’umore della squadra in cucina ed in sala, in questo momento davvero difficile?

“Purtroppo l’umore del nostro team, non è dei migliori.

Abbiamo dovuto diminuire il personale già prima . Molti di loro, attualmente, sono in cassa integrazione ed ancora non hanno ricevuto niente.”

Che messaggio vuole divulgare in questa occasione?

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Se il governo non si occuperà delle piccole aziende, purtroppo, l’economia non può partire. Siamo noi o possiamo dire, anche noi, coloro che fanno muovere il tutto”.

La ricetta del Nutrizionista Angelo Persico: Il peperone

L’esplosione di colore della tavola estiva

Il primo a parlare dei peperoni fu proprio Cristoforo Colombo che, nel suo diario, parlando dell’isola di Haiti, descrive l’aspetto e il sapore piccante di questo ortaggio.

Di ANGELO PERSICO

Il peperone, utilizzato come ortaggio sulle nostre tavole e diffuso in tutto il mondo, è il nome dato alla bacca che si ricava da alcune varietà della specie Capsicum anuum. I peperoni si possono classificare in base al grado di piccantezza, in dolci o piccanti, e in base alla loro forma in costulati, a corno o schiacciati. Sono stati importati dall’America centro-meridionale dagli Spagnoli, durante il XVI secolo d.C e, insieme ai pomodori, sono i primi ortaggi di colore rosso ad apparire sulle nostre tavole, sebbene i peperoni, a dispetto di questi ultimi, furono inizialmente usati solo a scopo ornamentale. Il primo a parlare dei peperoni fu proprio Cristoforo Colombo che, nel suo diario, parlando dell’isola di Haiti, descrive l’aspetto e il sapore piccante di questo ortaggio. In Europa venne chiamato Capsicum che ha due possibili derivazioni: può derivare dal latino

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“capsa” che significa “scatola”, alludendo alla forma peculiare della bacca che è cava e vuota al suo interno;

oppure potrebbe derivare dalla parola greca “kapto” che invece significa “mordere avidamente”. I peperoni insieme ad altri ortaggi, come le zucchine, sono alleati della dieta, in quanto presentano uno scarso apporto energetico derivante soprattutto dal fruttosio, mentre marginali risultano essere i grassi e le proteine. Sono estremamente ricchi di vitamina C (a parità di peso un peperone rosso può contenere anche 4-5 volte più vitamina C di un’arancia). Va precisato tuttavia che essendo termolabile, questa vitamina viene persa durante la cottura.

Per questo motivo consiglio di aggiungere alle nostre insalate anche i peperoni, tagliati alla julienne che, oltre a conferire un gusto più deciso, contribuiscono ad un maggior apporto di vitamina C, scarsamente presente in altri vegetali.

I peperoni sono anche una miniera di betacarotene e di altri carotenoidi che ci aiutano a proteggere la pelle e la vista, inoltre, contengono vitamina A,E, e K. Una caratteristica meno positiva dei peperoni è quella di risultare difficili da digerire per alcune persone, tanto che non pochi decidono di escluderli dalla propria dieta. Tuttavia ciò che maggiormente risulta indigesta è la pellicola trasparente che erroneamente chiamiamo “pelle”, tolta la quale, dopo averli cotti, i peperoni risulteranno più facilmente digeribili. Fra le tipologie meno indigeste ricordiamo sicuramente quelli gialli che sono anche i più dolci. Il peperone produce meno solanina se è coltivato al sole e nel sua periodo di coltivazione (estate), quindi il modo migliore è rispettare la stagionalità sia per i peperoni che per le altre solanacee (patate, pomodori, melanzane) senza abusare nei quantitativi. L’ultimo consiglio è quello di preferire i peperoni colorati, rossi e gialli, mentre quelli verdi essendo più acerbi sono da evitare visto la percentuale maggiore di solanina.Oggi proponiamo una ricetta ideale per chi, dopo questo periodo di quarantena, vuole rimettersi in forma, ma anche per chi ama le verdure in tutte le declinazioni. In questo contorno, abbiniamo i peperoni ad altre due verdure di stagione: le zucchine e le

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melanzane. Ne risulta un piatto colorato, pieno di fibre, e che ricorda una versione decisamente più light, privata delle patate, della classica “ciambotta”. Di seguito la ricetta (Ingredienti per 2 persone) 1) Lavare accuratamente tutte le verdure (200 g di pomodori, 50g di cipolle, 100g di melanzane, 100 g di zucchine, 100 g di peperoni) e tagliarle a fettine piuttosto spesse; 2) Disporle in una teglia ricoperta con carta da forno, condire con olio e prezzemolo e infornare per circa 30 minuti a 180 gradi.

Ristorante Trapezio 2: con poco si campa

Ci siamo organizzati con con poco. La saggezza di Marco Muscariello titolare del Ristorante romano. La specialità risotto alla crema di scampi

Di Giulia Iannone

Abbiamo incontrato il titolare del Ristorante, Marco Muscariello, romano di nascita, ma napoletano di origine. Da 35 anni nel settore della ristorazione, dirige il ristorante

“Al Trapezio 2” , nel quartiere talenti, ormai da ben 5 anni in via Jacopone da Todi 32, subentrando ad una precedente attività commerciale che si occupava di vendita di lampadari.

Lo chef che fa la linea è Fabio Moretti, per 13 anni al lavoro presso il Ristorante de “Lo Zio D’America”.

Come vi siete organizzati durante questa emergenza coronavirus?

“ Con poco. Col poco si campa, col niente si muore.”

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Come è stato riorganizzare una attività nella quale, c’è il contatto con la gente?

“ Un disastro. Tanta gente è suscettibile, tanta gente ha paura e diffida di chi va poi in casa a portare i prodotti.

Noi, con tutte le dovute accortezze, mascherine, guanti, disinfettanti, una buona dose di professionalità, cortesia, comprensione e molta gentilezza, ci siamo districati in questo altro modo di fare ristorazione porta a porta”.

Come sta andando l’asporto ed il take away? Avete avuto, piano piano, buona risposta?

“ Ringraziando Dio, posso rispondere in maniera positiva.”

Come si struttura questo take away?

“ Quattro portali accesi: Just eat, Glovo, Deliveroo e Uber.

Con questi quattro portali accesi, il telefono squilla, per fortuna in continuazione. Recepiamo gli ordini, cuciniamo e partiamo per le consegne. Stiamo aperti per il pranzo e per la cena”

Qual è il menù proposto?

“ Abbiamo una ampia offerta per soddisfare le esigenze dei clienti, spaziamo dalla pizzeria, primi piatti, carne e pesce.

Per primo possiamo preparare carbonara, matriciana, gricia, cacio e pepe, vongole, cozze e pecorino, spaghetti alle vongole o ai lupini, scampi. Per secondo bistecche, tagliate, filetto, straccetti, trippa, coratella, cotiche con i fagioli…”

Sono tutti piatti vari e storici, che lei ha sempre offerto presso il ristorante. Ma come fa la materia prima a mantenersi integra, dalla cucina al cliente?

“ Prepariamo tutto espresso, giorno per giorno. E questo è garanzia di freschezza, qualità e integrità della materia prima che dopo va a comporre queste storiche ricette. Il

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segreto è pensare al day by day, tra spesa e preparazione. Non ne prepari certo un quintale! Fai il giusto che ti serve. Vai ad esaurimento, e proponi al cliente un altro prodotto in sostituzione, per garantire di continuo che tutto sia fresco e di livello”

Quale è il cavallo di battaglia del Ristorante “ Al trapezio”?

“ Abbiamo una particolare predilezione per gli scampi. Mi permetto di segnalare il risotto alla crema di scampi. Per secondo, un altro “cult” è il carpaccio di pesce: di orata o di spigola, scampi, oppure il plateau gamberi e calamari.

Tutto fresco, assolutamente, tutto fresco e selezionato al meglio”

Cosa mostra di gradire di più la gente?

“ Metà e metà, spazia dalla pizzeria al ristorante. Anche se la gente in questo periodo, stando chiusa, ha riscoperto entusiasmo per la cucina casalinga, noi abbiamo continuato a lavorare con la nostra clientela di sempre, che ci segue da 35 anni”.

Siete stati molto attivi anche in occasione del 25 aprile e del 1 maggio. Avete creato dei menù ad hoc per quelle giornate, donando anche del vino dei castelli. Come è andata?

“ Molto bene. Al primo maggio abbia consegnato una trentina di pasti a domicilio”.

Qual è il piatto che è andato per la maggiore in questo periodo, che forse soprannominerà “piatto emergenza covid”?

“ Gamberi argentini, gamberi imperiali e calamari. Anche se si tratta di pesce, siamo riusciti sempre a consegnarlo fresco ed integro e di qualità al cliente. Il segreto è sempre comprarne poco giorno per giorno. E poi, quello che è importante, è che l’umore all’interno della mia squadra è sempre stato alto, positivo. Questo lavoro si fa con amore e passione, se non

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hai questi due ingredienti umani, questo lavoro non si può fare! Bisogna credere in se stessi e nei propri obiettivi, solo così puoi costruire qualcosa e portare avanti dei progetti, affrontando di continuo, le avversità della vita”

Cosa si prospetta dopo questa fase “state a casa, andrà tutto bene”?

“ Cercheremo di mantenere sempre le nostre linee di lavoro, metodi e qualità innanzitutto. Se mantieni la metodologia che hai confermato in 35 anni, stessi prodotti, stessa qualità, la gente ha fiducia in te e continua a venire da te come sempre”.

Della sua “napoletanità” che scorre vivace nelle sue vene, cosa porta in tavola?

“ Caratterialmente sono molto positivo, volenteroso, ottimista e solare. Poi a tavola, portiamo, l’emblema della pasqua napoletana: o’casatiello”!

Come andrà riorganizzata la sala all’interno?

“ Abbiamo 100 coperti all’interno, che, dovrebbero diventare 40 secondo le normative previste per la riapertura. Un tavolo si, un tavolo no. Per quanto concerne il plexiglass, sono in programma. Se uscirà un decreto, che ci impone di metterli, bisogna farli arrivare.”

Questo sarebbe stato, per un ristoratore, un periodo molto fruttuoso, vero?

“ Il danno c’è stato tutto. In due mesi e mezzo, ho rimesso, pur lavorando tantissimo, circa 50 mila euro che non mi ridarà più nessuno”.

A fine giornata, in questo periodo, abbassa la saracinesca e torna a casa. Cosa può dire?

“ Alla fine di giornate di questo genere, pensi, pensi molto.

Pensi che quello che hai costruito in 35 anni si sta

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sgretolando sotto i piedi.”

Una piccola soddisfazione di questo periodo? Diamo una luce di speranza…

“ Dobbiamo sempre ringraziare Dio di quello che abbiamo. Poco, ma ce lo abbiamo. Inoltre devo dire che questo quartiere è fatto di bella gente, umile semplice e di valori umani. Il contesto ambientale ci ha sostenuto e motivato molto”.

Lo stato e le istituzioni in questo periodo. Quale è stata la loro risposta?

“ Ci siamo inoltrati anche noi su questa presentazione di domande, come loro dicono. Stiamo aspettando gli esiti, se va tutto in porto, e se riusciranno a soddisfare le nostre esigenze. Auguro a tutti un in bocca a lupo di cuore, e spero che questo periodo finisca presto per il bene di tutti, e per l’Italia”.

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