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N. 1/2021 PARTE V ALTRE CORTI

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Sindacato del giudice contabile e scelte ammini- strative: il caso degli strumenti finanziari derivati nella gestione del debito pubblico italiano

Sommario: 1. Premessa. – 2. Gli strumenti finanziari derivati: definizione e finalità. – 3. La vicenda delle operazioni in strumenti finanziari derivati relativi al debito pubblico italiano e i danni contestati. – 4. La questione di giurisdizione sulla banca d’affari. – 5. La questione di giurisdizione relativa alla sindacabilità delle scelte amministrative. – 6. Considerazioni conclusive.

1. Premessa

La pronuncia della Corte di cassazione n.

2157/2021 riveste notevole importanza, non tanto per la rilevanza finanziaria della vicenda storica che ne è alla base, i cui esiti processuali tornano, almeno in parte, incerti, quanto per il tenore delle affermazioni in merito al perimetro della giurisdizione della Corte dei conti, sia con riferimento ai soggetti estranei all’apparato amministrativo sia con riguardo alle scel- te amministrative frutto di discrezionalità tecnica, an- che in campi altamente complessi come quello delle strategie gestionali del debito pubblico mediante ri- corso a strumenti finanziari derivati.

2. Gli strumenti finanziari derivati: definizione e fina- lità

Gli strumenti derivati sono contratti di borsa parti- colarmente diffusi sul mercato che riflettono opera- zioni finanziarie complesse. Il ricorso crescente a que- sti strumenti da parte di soggetti privati e pubblici ha, nel tempo, acceso un ampio dibattito, sia in ambito civilistico sia in ambito amministrativistico, su molte- plici aspetti che attengono a tali figure contrattuali, dalla relativa natura e struttura giuridica, alle forme di tutela dei sottoscrittori, non sempre pienamente con- sapevoli dei rischi agli stessi associati.

Quanto ai profili definitori, in assenza di una clau- sola generale a livello normativo (1), una ricostruzio-

(1) Il testo unico delle disposizioni in materia di interme- diazione finanziaria (d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58), all’art. 1, c. 2-ter, non contempla una definizione generale di strumenti finanziari derivati, ma fa rinvio all’elenco di fattispecie riporta-

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ne degli elementi essenziali degli strumenti in discorso può essere ricavata dagli approdi aziendalistici (2), secondo i quali detti strumenti devono possedere le seguenti tre caratteristiche:

a) il relativo valore si muove come conseguenza della variazione di un’altra attività specificamente de- terminata (definita “sottostante” o “underlying asset”), quale un tasso di interesse, il prezzo di strumenti fi- nanziari, il prezzo di merci, un tasso di cambio, un in- dice di prezzo o di tasso, un rating di credito o indice di credito o altra variabile;

b) l’investimento netto iniziale per la relativa sot- toscrizione è nullo o minore di quanto sarebbe richie- sto per altri tipi di contratti da cui ci si aspetterebbe una risposta simile a variazioni di fattori di mercato;

c) sono regolati a data futura.

Sotto il profilo strutturale, una prima rilevante di- stinzione tra strumenti finanziari derivati attiene allo schema di ripartizione dei rischi tra le parti. Tale ap- proccio porta a distinguere tra strumenti derivati sim- metrici e asimmetrici. Nella prima ipotesi, il contratto espone le controparti (venditore e acquirente) a rischi uguali e simmetrici, in ragione dell’evoluzione dell’attività sottostante, in quanto entrambe le parti si impegnano ad effettuare una prestazione alla data di scadenza. Rientrano in questa tipologia di derivati, a titolo esemplificativo, i contratti a termine (i future e i forward) (3) e gli swap (4). Viceversa, nei contratti asimmetrici, la ripartizione dei rischi non è speculare in quanto una parte (acquirente), a fronte del paga- mento di un prezzo (definito premio), acquisisce il di-

te all’appendice I, Sez. C, del medesimo testo unico, all’interno del quale figurano, classificati in basi al sottostante, le opzioni, i future, i forward, gli swap e i derivati creditizi.

(2) Si veda in ambito internazionale l’appendice A al prin- cipio Ifrs 9 per una definizione degli strumenti finanziari deri- vati. Le medesime caratteristiche strutturali dei derivati sono ribadite anche nella definizione fornita, in ambito interno, dal principio contabile n. 32 “Strumenti finanziari derivati” emana- to dall’Organismo italiano di contabilità. Anche il Regolamento (Ue) n. 549/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2013 relativo al Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nell’Unione europea, al punto 5.199, reca una defi- nizione di strumenti finanziari derivati in linea con quella dei principi contabili aziendalistici, mettendone in luce la correla- zione con un altro strumento o indicatore finanziario, nonché la caratteristica di consentire la negoziazione sul mercato di speci- fici rischi finanziari.

(3) I contratti a termine sono contratti finanziari con i quali due parti si impegnano a scambiarsi una determinata quantità di una attività sottostante a un prezzo prefissato (prezzo di conse- gna), a una data futura stabilita (maturity date). Al loro interno si distinguono i contrati future che sono scambiati sui mercati regolamentati e i forward che invece appartengono alla catego- ria over the counter.

(4) Gli swap sono accordi contrattuali tra due parti che si impegnano a scambiarsi, nel tempo e a condizioni predetermi- nate, flussi monetari con riferimento a importi nominali pattui- ti. Le tipologie più comuni di swap hanno ad oggetto tassi di interesse (interest rate swap), i tassi di cambio e le valute (cur- rency swap), il trasferimento del rischio di credito (credit de- fault swap).

ritto di valutare ad una data futura se dare esecuzione al contratto. La controparte (venditore), invece, a fron- te dell’incameramento del premio, rimane vincolata alla decisione dell’acquirente. Appartengono a tale in- sieme le opzioni.

Un ulteriore aspetto classificatorio attiene al regi- me di negoziazione dei derivati; al riguardo, a fronte di strumenti negoziati sui mercati regolamentati, carat- terizzati da un necessario livello di standardizzazione contrattuale, sussistono strumenti derivati che vengo- no definiti al di fuori di tali spazi (c.d. over the coun- ter), i cui termini vengono rimessi alla contrattazione bilaterale, sebbene secondo prassi operative consoli- date.

La progressiva espansione del ricorso agli stru- menti finanziari derivati si giustifica alla luce della loro particolare versatilità; essi possono infatti servire diverse finalità (5):

1) finalità di copertura (hedging): in questa ipotesi l’operatore è esposto a un rischio e intende eliminare, integralmente o parzialmente, gli effetti negativi di tale rischio, rinunciando ai possibili benefici dello scenario a lui favorevole. In questa prospettiva, quin- di, i derivati permettono di trasferire specifici rischi finanziari – quali i rischi valutari, i rischi connessi ai tassi d’interesse e ai prezzi delle materie prime, i ri- schi di capitale, i rischi di credito – ad altre entità di- sponibili ad assumere tali rischi, solitamente senza che avvenga uno scambio di attività primarie;

2) finalità speculative (trading): in questa ipotesi chi sottoscrive un derivato non si muove per coprire una propria esposizione, ma intende assumere in pro- prio un rischio, al fine di trarre un utile in ipotesi di realizzazione delle proprie attese;

3) finalità di arbitraggio: ossia conseguire un pro- fitto privo di rischio attraverso transazioni combinate sul derivato e sul sottostante tali da cogliere eventuali differenze di valorizzazione.

Con riferimento al settore pubblico, sia a livello centrale che a livello locale, la finalità di hedging è quella che induce la sottoscrizione di strumenti finan- ziari, cui viene affidato l’obiettivo di mitigare l’esposizione dei bilanci a determinati rischi, più fre- quentemente legati alla variazione dei tassi di interes- se o alla fluttuazione dei tassi di cambio. Ed infatti rientrano in questa tipologia di operazioni di copertura gli strumenti finanziari derivati alla base dell’azione di responsabilità amministrativo contabile sulla quale si è espressa, con riferimento ai profili della giurisdizio- ne, la Corte di cassazione nella pronuncia qui in commento.

(5) Per approfondimenti sugli aspetti finanziari, si v. J.C.

Hull, Opzioni, futures e altri derivati, Milano, Pearson Educa- tion Italia, 2018; per un’analisi giuridica, cfr. G. Chinè, M. Fra- tini, A. Zoppini (a cura di), Manuale di diritto civile, 2012, Roma, 1687 ss.

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3. La vicenda delle operazioni in strumenti finanziari derivati relativi al debito pubblico italiano e i danni contestati

La pronuncia della Corte di cassazione trae le mos- se dall’azione della procura della Corte dei conti che contestava, ad un istituto bancario e ad alcuni dirigenti del Ministero dell’economia e delle finanze, un ingen- te danno (circa 3,9 mld di euro) derivante da opera- zioni in strumenti finanziari derivati (nella specie ne- goziazione, chiusura anticipata e contestuale ristruttu- razione) con finalità di copertura dei rischi di tasso di interesse e di cambio su titoli del debito pubblico na- zionale, emessi in valuta domestica ed estera.

In dettaglio, i prodotti finanziari derivati oggetto di contestazione (interest rate swap (6), receiver swap- tion (7), cross currency swap (8)) erano stati sotto- scritti sulla base di un accordo-quadro stipulato tra lo Stato e la Banca nel 1994, secondo il modello interna- zionale International Swaps and Derivatives Associa- tion - Master Agreement (Isda-Ma) (9); alcuni di essi contemplavano una clausola denominata “Early Ter- mination” che, in tre diverse circostanze (“Additional Termination Events”, Ate), consentiva alla Banca di chiudere le posizioni in essere. Tra le circostanze ido- nee ad innescare l’attivazione della clausola di chiusu- ra anticipata figurava il superamento di limiti prestabi- liti dell’esposizione creditizia della banca stessa nei confronti della Repubblica Italiana, variabile in fun- zione del livello di rating dell’Italia; situazione poi verificatasi, nel 2011, a seguito del downgrading dello Stato italiano. Inoltre, nei contratti non erano previste clausole di collateralizzazione finalizzate, attraverso la presentazione di garanzie complementari, a paralizza- re la chiusura anticipata dei derivati, assicurandone la prosecuzione sino alla naturale scadenza.

L’accettazione di un tale assetto contrattuale, se- condo la procura erariale non adeguatamente pondera-

(6) Gli swap su tassi di interesse sono strumenti che com- portano uno scambio di flussi di interessi di tipo diverso con riferimento a importi nominali che non vengono mai scambiati.

Gli swap possono riguardare, ad esempio, i tassi di interesse fisso, i tassi di interesse variabile e i tassi in valuta. Alla liqui- dazione si procede spesso mediante pagamenti netti in contanti per un importo pari alla differenza tra i due tassi di interesse specificati nel contratto, applicati agli importi nominali pattuiti.

(7) Trattasi di opzioni su interest rate swap: esse conferi- scono al titolare il diritto di entrare, ad una certa data, in un de- terminato contratto swap su tassi. Le swaption vengono spesso utilizzate quale strumento di copertura per beneficiare di even- tuali movimenti favorevoli dei tassi di interesse e contestual- mente proteggersi contro movimenti sfavorevoli.

(8) Si tratta di swap in valuta nei quali le gambe (ossia i flussi di pagamento effettuati da entrambe le controparti) sono denominate in valute diverse e calcolate in base ad un tasso di riferimento variabile. Il valore nozionale è espresso in entrambe le valute in base al tasso di cambio in vigore al momento della stipula dello swap.

(9) Trattasi di un modello quadro, elaborato dalla Interna- tional Swaps and Derivatives Association, utilizzato nella pras- si internazionale per la negoziazione di strumenti finanziari de- rivati over the counter.

to nei suoi effetti giuridici ed economici da parte delle strutture ministeriali, avrebbe accentuato i profili di rischiosità degli strumenti derivati, connotandoli di una funzione di trading, non compatibile con le finali- tà di copertura e contenimento dei rischi che, invece, dovrebbero sorreggere le operazioni di gestione e ri- strutturazione del debito sovrano ai sensi dell’art. 3, c.

1, lett. c), d.p.r. n. 398/2003, allungandone la durata o contenendo l’onere per il servizio del debito. Emble- matica in tal senso sarebbe l’operazione di vendita alla Banca dell’opzione su swap, fattispecie che, in linea generale, espone il venditore (nella specie lo Stato) ad una perdita potenzialmente illimitata, a fronte dell’incameramento di un premio certo, determinando una posizione contrattuale non in linea con l’obiettivo di mitigazione del rischio.

L’evoluzione delle variabili di mercato, congiun- tamente all’attivazione della clausola di terminazione anticipata da parte della banca, avrebbe prodotto, nella ricostruzione accusatoria, un pregiudizio erariale con- sistente nel saldo negativo dei flussi finanziari colle- gati alla chiusura e ristrutturazione di alcune posizioni in strumenti finanziari derivati, nonché nel costo dei finanziamenti accesi per far fronte al fabbisogno fi- nanziario generatosi.

Tale danno sarebbe ascrivibile, da un lato, alla condotta gravemente colposa di alcune figure apicali del Ministero per aver autorizzato la sottoscrizione degli strumenti finanziari contestati e la loro successi- va rinegoziazione, accentuando l’esposizione del debi- to pubblico ai rischi di mercato, in contrasto con una strategia gestionale di fondo improntata alla prudenza, attraverso l’allungamento della duration del debito e la stabilizzazione della relativa onerosità. Dall’altro lato, una quota rilevante del danno (70 per cento del totale) sarebbe imputabile alla controparte bancaria la quale, pur essendo formalmente estranea all’amministrazione, avrebbe dovuto comunque rite- nersi investita di una funzione pubblicistica di suppor- to e, conseguentemente, essere considerata in rapporto di servizio con l’amministrazione, in virtù del plurimo ruolo di advisor, consulente e "specialista" fiduciario del debito pubblico sovrano (figura normativamente tipizzata) per conto del Ministero (10). Al riguardo, da

(10) Gli specialisti in Titoli di Stato sono figure normati- vamente individuate e disciplinate dall’art. 23 d.m. Ministero dell’economia e delle finanze, 22 dicembre 2009, recante il Re- golamento recante norme sull’individuazione delle caratteristi- che delle negoziazioni all’ingrosso di strumenti finanziari e sulla disciplina delle negoziazioni all’ingrosso dei titoli di Sta- to, nonché nel decreto dirigenziale Mef n. 993039 dell’11 no- vembre 2011 in materia di Selezione e Valutazione degli Spe- cialisti in titoli di Stato (Decreto dirigenziale specialisti). Trat- tasi di operatori professionali che svolgono la funzione di mar- ket maker (primary dealers) per i quali sono previsti obblighi di sottoscrizione nelle aste dei Titoli di Stato e di negoziazione di volumi sul mercato secondario. A fronte di tali obblighi, essi godono di alcuni privilegi, tra cui la facoltà di partecipare in maniera esclusiva ai collocamenti supplementari delle aste di emissione.

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un lato, l’intima connessione tra i due ruoli di specia- lista del debito pubblico e di controparte nelle opera- zioni di ristrutturazione dei contratti, dall’altro lato, la preferenza riservata alla Banca, in quanto specialista iscritto nell’apposito elenco, nella negoziazione in prodotti derivati dalla stessa proposti, e infine, l’attività propositiva e di consulenza finanziaria svolta in modo “esperto” in rapporto a derivati non standard da parte dell’intermediario finanziario, rappresentano tutti indicatori sintomatici dell’inserimento di quest’ultimo nelle scelte gestionali del ministero, con conseguente assoggettamento alla giurisdizione con- tabile.

L’azione per danno erariale avviata dalla procura erariale, come sopra sinteticamente descritta, non ha trovato accoglimento innanzi alle sezioni giurisdizio- nali di primo grado (11) e di appello (12), non riu- scendo a superare il vaglio preliminare della giurisdi- zione della Corte dei conti.

L’esclusione della giurisdizione contabile nei con- fronti della banca d’affari viene argomentata, in en- trambe le pronunce, negando la sussistenza di un rap- porto di servizio; ciò avviene valorizzando la natura negoziale della relazione che si instaura tra quest’ultima e il ministero, sicché la causa petendi dell’azione per responsabilità trova fondamento nella violazione di vincoli precontrattuali o contrattuali il cui sindacato spetta al giudice ordinario.

Quanto ai dirigenti del Mef, la statuizione declina- toria della giurisdizione è legata alla circostanza che la valutazione dell’azione di risarcimento proposta dal pubblico ministero implicherebbe un sindacato del giudice contabile esteso al merito delle scelte in tema di gestione attiva del debito pubblico, non ammissibile in quanto sconfinante nel perimetro della riserva dell’amministrazione. Infatti, una volta accertata l’assenza nell’ordinamento di norme specifiche che impediscano il ricorso a complesse operazioni in strumenti derivati nell’ambito della strategia di ge-

(11) V., Corte conti, Sez. giur. reg. Lazio, 15 giugno 2018, n. 346, in questa Rivista, 2018, fasc. 3-4, 251, con nota di ri- chiami, e in Giornale dir. amm., 2018, 6, 776, con nota di B.

Marchetti, La giurisdizione della Corte dei conti in materia di responsabilità amministrativa: il caso dei contratti derivati del Mef. La sentenza è interessante anche per i profili legati alla legittimazione dell’intervento in giudizio delle associazioni di tutela dei consumatori. Al riguardo, la pronuncia conclude che nel giudizio per il danno erariale asseritamente derivato da ope- razioni in strumenti finanziari derivati intercorse tra la banca e lo Stato italiano, le associazioni di tutela dei consumatori e de- gli utenti dei servizi bancari, finanziari e assicurativi non sono legittimate a intervenire, a sostegno del pubblico ministero con- tabile, in quanto l’azione risarcitoria proposta dalla procura era- riale non involge gli interessi collettivi dei consumatori, dei quali dette associazioni sono esponenziali, bensì l’interesse dif- fuso dei contribuenti all’integrità del bilancio dello Stato.

(12) Cfr. Corte conti, Sez. I centr. app., 1 marzo 2019, n.

50, in questa Rivista, 2019, fasc. 2, 193, nonché in Giornale dir. amm., 2019, 5, 659 con nota di E. D’Alterio, L “imper- meabilità” della gestione della finanza pubblica: Corte dei conti e contratti derivati del Mef.

stione del debito pubblico e non essendo stata dimo- strata una assoluta estraneità dei mezzi concreti utiliz- zati dal Ministero rispetto ai fini fissati in tale strate- gia, alla Corte dei conti sarebbe preclusa ogni ulteriore valutazione sulle specifiche decisioni d’investimento prese e sui conseguenti risultati finanziari.

In questo contesto, la Corte di cassazione, nella pronuncia qui in commento, è stata chiamata ad esprimersi su entrambi i profili di giurisdizione, da un lato, confermando le pronunce della Corte dei conti con riguardo all’intermediario bancario, dall’altro lato, correggendo le considerazioni in merito al limite del sindacato del giudice contabile rispetto alle scelte dell’amministrazione, in tema di prodotti derivati e gestione del debito pubblico.

4. La questione di giurisdizione sulla banca d’affari La soluzione della questione di giurisdizione con riguardo all’intermediario bancario viene sviluppata dalla Corte di cassazione alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale in merito all’elemento del rapporto di servizio. Al riguardo, il radicamento della giurisdizione contabile richiede, oltre a tutti gli elementi tipici della responsabilità amministrativa (elemento oggettivo del danno, elemento psicologico del dolo o della colpa grave e nesso di causalità tra azione/omissione e danno) la sussistenza di una speci- fica relazione soggettiva tra il soggetto agente e la pubblica amministrazione. Nel corso del tempo questa relazione si è andata estendendo per tener conto dell’evoluzione delle forme e dei modelli assunti dall’azione amministrativa, non più esclusivamente incentrata sull’esercizio di poteri autoritativi attraver- so atti amministrativi, ma su moduli anche di carattere privatistico; ciò ha ampliato i confini dell’azione era- riale. In particolare, si è passati dalla nozione di rap- porto di impiego, che comportava l’assoggettamento alla responsabilità amministrativa dei soli soggetti formalmente dipendenti della pubblica amministra- zione, al concetto di “rapporto di servizio” (13), che proietta la giurisdizione contabile in una prospettiva funzionale, in cui tale requisito relazionale sussiste qualora sia riscontrabile l’inserimento, a qualsiasi tito- lo, di un soggetto nell’apparato organizzativo pubbli-

(13) Corte dei conti, Inaugurazione dell’anno giudiziario 2018-Relazione sull’attività, 2018. In dottrina, v. G. Bottino, Responsabilità amministrativa per danno all’erario, in Enc.

Dir., Annali X, 2017, 756 ss.; P. Novelli, L. Venturini, La re- sponsabilità amministrativa di fronte all’evoluzione delle pub- bliche amministrazioni ed al diritto delle società, Milano, 2008, 516 ss.; G. D’Auria, Responsabilità amministrativa per attività di natura discrezionale e per la gestione di società pubbliche: a proposito di alcune sentenze delle Sezioni unite, in Foro it., 2007, I, 2488; L. Venturini, La giurisdizione della Corte dei conti sugli amministratori e dipendenti delle società pubbliche, (nota a Corte conti, Sez. contr. reg. Lombardia, 22 febbraio 2006, 114), in Giornale dir. amm., 2006, 1127 ss.; A. Police, La disciplina attuale della responsabilità amministrativa, in La responsabilità amministrativa e il suo processo, (a cura di) F.G. Scoca, Padova, 1997, 93 ss.

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co, con conseguente investitura, sia convenzionalmen- te che autoritativamente, nello svolgimento in modo continuativo di un’attività retta da prescrizioni di ri- lievo pubblicistico (14).

L’apice di questo progressivo ampliamento della giurisdizione contabile è rappresentato dall’ordinanza Cass., S.U., 1 marzo 2006, n. 4511 (15), che porta al superamento anche del concetto di rapporto di servizio di tipo funzionale. Nel caso di specie, avente ad ogget- to le modalità di utilizzo, da parte di un privato, di contributi pubblici aventi specifica destinazione, la Cassazione ha testualmente affermato che “ormai il baricentro per discriminare la giurisdizione ordinaria da quella contabile si è spostato dalla qualità del sog- getto (che può ben essere un privato od un ente pub- blico non economico) alla natura del danno e degli scopi perseguiti, cosicché ove il privato, per sue scel- te, incida negativamente sul modo d’essere del pro- gramma imposto dalla Pubblica Amministrazione, al- la cui realizzazione egli è chiamato a partecipare con l’atto di concessione del contributo, e la incidenza sia

(14) Rilevante per la materia de qua risulta l’ordinanza Cass., S.U., 12 ottobre 2004, n. 20132, concernente l’utilizzo per il pagamento delle sanzioni comunitarie – da parte della società Unilat – dei fondi destinati originariamente all’indennizzo dei produttori che, in passato, avevano limitato le loro quote. La fattispecie riguarda, quindi, lo sviamento di fondi pubblici a destinazione vincolata generando, in tal modo, un danno a carico dello Stato derivante dalle sanzioni successi- vamente imposte dalla Ue. Nell’ordinanza in discorso la Cassa- zione ha elaborato una nozione particolarmente ampia di “rap- porto di servizio” che prescinde dalla veste giuridica del sog- getto agente e dal negozio – eventualmente anche privatistico – che ne è alla base. La gestione di risorse pubbliche vincolate a un determinato scopo è stata intesa, nella fattispecie, come una forma di amministrazione indiretta o mediata che inserisce il privato in un collegamento funzionale con la pubblica ammini- strazione, tale da evidenziare un rapporto di servizio e da radi- care la giurisdizione della Corte dei conti.

(15) Cfr. Cass., S.U., 1 marzo 2006, n. 4511, in questa Rivi- sta, 2006, fasc. 2, 237, con nota di P.L. Rebecchi, “Sviamento”

nell’utilizzo delle pubbliche risorse e giurisdizione di respon- sabilità amministrativo contabile. La fattispecie oggetto del giudizio riguardava una società che, ricevendo un finanziamen- to pubblico per l’acquisto di macchinari, ometteva di utilizzare le risorse ricevute per la finalità prevista. In questo caso non è configurabile un rapporto di servizio di tipo funzionale perché l’impresa opera in autonomia e non esercita alcuna pubblica funzione; è semplicemente destinataria di contributi pubblici.

La Cassazione ha affermato, anche in questo caso, la prevalen- za della giurisdizione della Corte dei conti, focalizzando l’attenzione sulla natura del danno e sugli scopi perseguiti. La violazione del vincolo di destinazione dei finanziamenti ricevu- ti configura un’ipotesi di danno erariale, in quanto esclude altre imprese dal conseguimento delle risorse pubbliche. Il discrimen tra giurisdizione contabile e ordinaria risiede nel fatto che il privato viene ad incidere sul programma della pubblica ammi- nistrazione, sviando le risorse dall’utilizzo in esso previsto. In linea con questo orientamento v. Cass., S.U., 12 ottobre 2004, n. 20132, ivi, 2004, fasc. 5, 255; 20 ottobre 2006, n. 22513, ivi, 2006, fasc. 5, 182; 9 maggio 2011, n. 10062; Corte conti, Sez.

giur. reg. Abruzzo, 11 gennaio 2007, n. 32, in Foro it., 2008, III, 111; Sez. giur. reg. Molise, 7 ottobre 2002, n. 234, in Guida al dir., 2002, fasc. 41, 86.

tale da poter determinare uno sviamento dalle finalità perseguito”. In questa prospettiva gli elementi alla ba- se della relazione soggettiva che radica la giurisdizio- ne della Corte dei conti si riducono sostanzialmente a due: la provenienza pubblica delle risorse finanziarie e la loro finalizzazione ad un obiettivo di rilevanza pub- blicistica. Va, tuttavia, precisato al riguardo, che in successive pronunce è stata parzialmente attenuata la nozione di “responsabilità finanziaria tout court”, ri- chiamando l’esigenza, ai fini del radicamento della giurisdizione contabile, della sussistenza del rapporto di servizio con una pubblica amministrazione, quan- tomeno come collegamento funzionale del soggetto privato rispetto al perseguimento di un pubblico inte- resse, attraverso l’inserimento di quest’ultimo nel pro- gramma di attività varato dalla pubblica amministra- zione, con lo scopo di dare attuazione a detto interesse (16).

Alla luce di questi approdi giurisprudenziali, ai fini della configurazione di una relazione di servizio, tale da giustificare la giurisdizione della Corte dei conti, si devono considerare i seguenti elementi: i) il soggetto privato esterno deve essere chiamato a svolgere, nell’interesse e con le risorse della pubblica ammini- strazione, un’attività o un servizio pubblico in sua ve- ce e con suo inserimento nell’apparato organizzativo della stessa; ii) la relazione instauratasi tra privato ed ente pubblico deve risultare idonea a rendere il primo compartecipe dell’operato del secondo, così da assu- mere la veste di vero e proprio agente dell’amministrazione, come tale tenuto ad osservare particolari vincoli ed obblighi funzionali ad assicurare il perseguimento delle esigenze generali cui l’attività amministrativa dell’ente, nel suo complesso, è preor- dinata; iii) l’investitura del soggetto privato nella ge- stione dell’attività pubblica può avvenire a vario tito- lo, sia attraverso la costituzione di un formale rapporto di pubblico impiego o di servizio, sia nelle forme della concessione amministrativa o anche di un contratto di diritto privato, sia mancare del tutto un titolo giuridi- co, qualificandosi il rapporto in termini puramente di fatto; iv) rimane irrilevante, quindi, la circostanza che le concrete modalità di svolgimento del servizio ri- spondano a quelle rientranti negli schemi generali previsti e disciplinati dalla legge per un determinato tipo di rapporto, oppure in tutto o in parte se ne disco- stino.

(16) Si richiama sul punto Cass., S.U., 5 maggio 2011, n.

9846, in Giust. civ., 2012, I, 1059, che esclude la giurisdizione contabile in caso di contributi istituiti in ossequio ai principi di solidarietà sociale e con finalità di indennizzo nei confronti di soggetti alluvionati, mancando un chiaro coinvolgimento del privato in un programma pubblico. Nella stessa linea si pone Corte conti, Sez. giur. reg. Campania, 2 ottobre 2020, n. 439, ivi, 2020, fasc. 6, 217, che esclude la giurisdizione del giudice contabile sull’azione volta ad ottenere la restituzione dell’indebita percezione del c.d. reddito di cittadinanza, non essendo configurabile, in capo al percettore di tale indennità, istituita per finalità di solidarietà sociale, il rapporto di servizio con la pubblica amministrazione che la ha erogata.

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Nel caso di specie tali elementi non vengono rav- visati con riguardo alla posizione della Banca. Infatti, la causa petendi alla base dell’azione della procura stigmatizza comportamenti abusivi, in violazione della clausola generale della buona fede ex artt. 1175, 1337 e 1375 c.c. e in condizione di asimmetria informativa, posti in essere dall’intermediario come controparte negoziale, sia nella fase precontrattuale (consistente nel mancato adempimento degli obblighi informativi) sia in quella contrattuale (consistente nell’inadempimento degli specifici obblighi negozia- li). Trattasi di fattispecie fonti di responsabilità risarci- toria da far valere innanzi al giudice ordinario (17), non venendo in rilievo alcun esercizio, da parte della Banca, di un’attività autoritativa o l’inserimento della stessa nell’ambito dei moduli procedimentali dell’amministrazione per la gestione del debito pub- blico (18). Tale stretta relazione non può infatti deri-

(17) Al riguardo, appare utile richiamare il noto indirizzo ermeneutico della Corte di cassazione (inaugurato da Cass., S.U., 19 dicembre 2007, n. 26724 e 26725, in Nuova giur. civ., 2008, 4, 1, 432, con nota di Salinitro, in Foro it., 2008, I, 784, con nota di E. Scoditti e in Danno e Resp., 2008, 5, 525 e nota di V. Roppo, F. Bonaccorsi che conferma Cass. civ. Sez. I, 28 settembre 2005, n. 19024, in Danno e Resp., 2006, 1, 25, con nota di V. Roppo, e in Foro it., 2006, I, 1105, con nota di E.

Scoditti) che traccia una distinzione tra norme imperative di validità e di condotta. Le prime sono attinenti ad elementi in- trinseci della fattispecie negoziale, relativi alla struttura o al contenuto del contratto; la relativa violazione si traduce nella nullità del negozio. Diversamente, le seconde attengono alla conformità dei comportamenti delle parti rispetto al canone ge- nerale di buona fede. Rientrano in questa categoria proprio gli obblighi informativi che gravano sugli intermediari finanziari prima della stipulazione dei contratti quadro. La relativa viola- zione, tanto nella fase prenegoziale quanto in quella attuativa del rapporto, ove non sia altrimenti stabilito dalla legge, genera responsabilità e può esser causa di risoluzione del contratto, ove si traduca in una forma di non corretto adempimento del generale dovere di protezione e degli specifici obblighi di pre- stazione gravanti sul contraente, senza però incidere sulla vali- dità dell’atto negoziale. Più specificamente, con riguardo al tema dei derivati degli enti locali (in particolare degli IRS) ap- pare necessario segnalare Cass., S.U., 12 maggio 2020, 8770, in questa Rivista, 2020, fasc. 4, 307, con nota di A. Mazzieri, I requisiti di validità dei contratti I.R.S. stipulati dagli Enti Lo- cali (commento a Cass., S.U., 12 maggio 2020, n. 8770), e in Corriere Giur., 2020, 12, 1483, con nota di T. Poli, Le sezioni unite della cassazione invalidano i contratti finanziari derivati.

Secondo la pronuncia, gli enti locali potevano, fino al 2013, procedere alla stipula di derivati ma solo di copertura; in tali casi gli obblighi informativi a carico dell’intermediario nella fase di negoziazione attinenti agli elementi del mark to market e agli scenari probabilistici divengono elementi strutturali del contratto sottoscritto, in quanto necessari ai fini della valuta- zione di meritevolezza del negozio. La relativa violazione, quindi, si traduce nella nullità dello stesso. Tale principio di diritto non sembra immediatamente estensibile al settore dello Stato, non equiparabile, diversamente dagli enti locali, alla clientela retail.

(18) In tal senso e a conferma dell’esclusione della giuri- sdizione della Corte dei conti sui comportamenti del contraente generale per le attività poste in essere come controparte contrat- tuale della pubblica amministrazione. v. Cass., S.U., ord. 10 gennaio 2019, n. 486, in questa Rivista¸2019, fasc. 1, 257, con

vare dal ruolo di specialista svolto dalla banca: figura professionale espressamente prevista nella regolamen- tazione del mercato dei titoli pubblici, cui si ricollega una chiara funzione di facilitazione nell’attività di col- locamento degli stessi che la pone all’esterno dell’ambito procedimentale e decisionale pubblico in tema di gestione del debito pubblico, sebbene con un ruolo essenziale per il successo delle emissioni di tito- li di stato.

La pronuncia esclude inoltre che l’esercizio dell’attività consulenziale da parte dell’intermediario possa risultare un elemento utile per attrarre la fatti- specie nella giurisdizione contabile. Sul punto, sebbe- ne in linea teorica non possa escludersi che l’esercizio di un’attività di consulenza sia idonea a determinare l’instaurazione del rapporto di servizio tra ammini- strazione ed extraneus, affinché ciò accada è necessa- rio che il consulente, per l’attività svolta, debba rite- nersi inserito, in modo continuativo, seppur tempora- neo, nell’apparato organizzativo della pubblica ammi- nistrazione. (19).

Nel caso di specie tale condizione non si è verifica- ta in quanto le proposte e raccomandazioni della ban- ca consulente sono sempre state sottoposte al “vaglio decisorio non formale, ma sostanziale ed effettivo”

degli organi ministeriali.

5. La questione di giurisdizione relativa alla sindaca- bilità delle scelte amministrative

Il secondo punto centrale della pronuncia qui in esame attiene ai limiti del sindacato della Corte dei conti rispetto alle scelte adottate dall’amministrazione, frutto di esercizio di discrezionalità tecnica (20). Ri-

nota di G. Natali, La violazione dei doveri del contraente gene- rale fra giurisdizione ordinaria e giurisdizione contabile. Alla luce del duplice ruolo rivestito dal contraente generale, quest’ultimo, quando assume su di sé anche compiti della sta- zione appaltante, è soggetto alla giurisdizione della Corte dei conti; qualora il danno lamentato derivi dall’inadempimento delle obbligazioni poste a carico del contraente generale come

“controparte contrattuale dell’amministrazione pubblica” la giurisdizione spetta al giudice ordinario.

(19) Cfr. Cass., S.U., ord. 22 settembre 2014, n. 19891, in questa Rivista, 2014, fasc. 5-6, 361. Parimenti è stata ricono- sciuta la giurisdizione della Corte dei conti nel caso del giudi- zio di responsabilità promosso nei confronti di un professioni- sta nominato consulente del pubblico ministero ai sensi dell’art.

359 c.p.p. e condannato per reati commessi nella qualità sud- detta, “configurandosi un rapporto di servizio tra il predetto e l’Amministrazione statale, atteso che tale consulente è abilitato a svolgere un’attività del pubblico ministero, che questi po- trebbe compiere direttamente se avesse le specifiche competen- ze necessarie e, pertanto, pur se nei limiti posti dalla norma che ne prevede la nomina, il consulente del pubblico ministero.

concorre oggettivamente all’esercizio della funzione giudizia- ria nella fase delle indagini preliminari” (Cass., S.U., 4 gen- naio 2012, n. 11, 2012, ivi, 2012, fasc. 1-2, 398).

(20) Risulta ormai consolidato l’orientamento che vede censurabile, innanzi alla Corte di cassazione, la pronuncia del giudice speciale per motivi di giurisdizione nell’ipotesi di “ec- cesso di potere giudiziario”, da riferirsi non solo alle ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione, e cioè quando il Consiglio di

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spetto a tale aspetto, la Corte di cassazione interviene in senso correttivo delle decisioni delle sezioni giuri- sdizionali di merito, le quali avevano arrestato il loro scrutinio sulla soglia della mera possibilità giuridica delle scelte gestionali sugli strumenti finanziari deri- vati, limitandosi a verificare l’insussistenza di norme di legge che impedissero il ricorso dello Stato a tali strumenti, senza spingersi oltre, ad esaminare le con- crete scelte di liability management adottate, sulla ba- se delle specifiche contestazioni mosse dalla procura.

La censura risulta coerente con i più recenti appro- di giurisprudenziali sul tema, avendo la Corte di cas- sazione già affermato che il giudice contabile “può valutare, da un lato, se gli strumenti scelti dagli am- ministratori pubblici siano adeguati – anche con ri- guardo al rapporto tra gli obiettivi conseguiti e i costi sostenuti – oppure esorbitanti ed estranei rispetto al fine pubblico da perseguire e, dall’altro, se nell’agire amministrativo gli amministratori stessi abbiano ri- spettato i principi di legalità, di economicità, di effi- cacia e di buon andamento, i quali assumono rilevan- za sul piano della legittimità e non della mera oppor- tunità dell’azione amministrativa” (21). Trattasi di un controllo di legalità sostanziale intrinseco alla natura della giurisdizione contabile, cui la Costituzione affida il compito di verifica del perseguimento dei fini istitu- zionali dell’amministrazione, nel quadro complessivo degli equilibri della finanza pubblica (22). Le coordi- nate di questo controllo giudiziale sulle scelte ammi- nistrative consistono nella verifica di coerenza con le finalità programmate, di ragionevolezza e adeguata ponderazione attraverso scrupolose istruttorie, della rispondenza delle stesse ai criteri di efficienza, effica- cia ed economicità divenuti essi stessi parametri di le-

Stato o la Corte dei conti affermino la propria giurisdizione nel- la sfera riservata al legislatore o all’amministrazione (cosiddet- ta invasione o sconfinamento), ma anche, al contrario, quando la neghino sull’erroneo presupposto che la materia non può formare oggetto, in via assoluta, di cognizione giurisdizionale (cosiddetto arretramento); nonché a quelle di difetto relativo di giurisdizione, quando il giudice amministrativo o contabile af- fermino la propria giurisdizione su materia attribuita ad altra giurisdizione o, al contrario, la neghino sull’erroneo presuppo- sto che appartenga ad altri giudici. V., di recente, Corte cost., 18 gennaio 2018, n. 6, in Giur. it., 2018, 3, 704, con nota di Mazzamuto.

(21) Cfr. Cass., S.U., 13 maggio 2020, n. 8848 in materia di danno erariale da accordo transattivo.

(22) Si richiamano sul tema F. Tigano, Corte dei conti e at- tività amministrativa, Torino, 2008, spec. 284 ss.; L. Venturini, Insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali, in F. Garri (a cura di), I giudizi innanzi alla Corte dei conti. Responsabili- tà, conti, pensioni, Milano, 2008; F. Mastragostino, Il sindaca- to della Corte dei conti sulla discrezionalità amministrativa, in V. Castiglione, A. Pizzoferrato (a cura di), Responsabilità am- ministrativa per danno erariale nella gestione dei rapporti di lavoro, Padova, 2009, 11; P. Santoro, L’illecito contabile e la responsabilità amministrativa. Disciplina sostanziale e proces- suale, Milano, 2011, 463; M. Valero, I confini della c.d. riserva di amministrazione nelle funzioni giurisdizionali e di controllo della Corte dei conti, in Resp. civ. prev., 2007, 4.

galità dell’agire amministrativo per effetto della loro positivizzazione ex l. n. 241/1990.

Tale forma di sindacato risulta possibile anche in settori ad elevata complessità e ad alto contenuto tec- nico, quale quello delle scelte in tema di strumenti fi- nanziari derivati, soprattutto se relative a contratti non standardizzati ma negoziati bilateralmente con l’intermediario bancario. Infatti, come già precisato dalla Corte di cassazione con riguardo a una fattispe- cie di ricorso a interest rate swap da parte di un ente locale, la Corte dei conti, ferma restando l’insindacabilità nel merito (23) della scelta a monte sull’an di fare ricorso ai derivati per ristrutturare l’esposizione debitoria comunale, è legittimata a scru- tinarne il quomodo esaminando la compatibilità tra le modalità concrete attuative della scelta amministrativa e i criteri di efficacia ed economicità (24).

La conclusione cui perviene la Corte di cassazione appare riflettere il percorso ermeneutico che ha inte- ressato la tematica del sindacato di legittimità del giu- dice amministrativo rispetto all’esercizio della discre- zionalità tecnica da parte dell’amministrazione. Anche in questo ambito, infatti, si è posto da tempo il pro- blema di tracciare i confini tra lo spazio di intervento del giudice e la riserva di amministrazione, seppur da una prospettiva differente rispetto a quella assunta nel giudizio per danno erariale, in cui l’illegittimità dell’atto amministrativo non esaurisce il thema deci- dendum, ma rappresenta uno degli elementi della più complessa fattispecie di responsabilità amministrativa, tutte le volte che il pregiudizio erariale sia stato cagio- nato con l’adozione di misure provvedimentali.

L’evoluzione della giurisprudenza amministrativa sul tema ha portato all’abbandono della posizione tra- dizionalmente più restrittiva (25) – che circoscriveva il sindacato giurisdizionale ad una valutazione mera- mente esterna della discrezionalità tecnica, limitata alla verifica della presenza di palesi vizi di legittimità

(23) Sulla nozione di merito amministrativo cfr. A.

Amorth, Il merito dell’atto amministrativo, Milano, Giuffrè, 1939; V. Ottaviano, Studi sul merito degli atti amministrativi, in Annuario dir. comparato, III serie, vol. XXII, 1948, 308.

(24) Cfr. Cass. S.U., 5 aprile 2019, n. 9608, in questa Rivi- sta, 2019, fasc. 2, 287. Nella pronuncia si legge che rientra nel- la cognizione del giudice contabile la possibilità di vagliare “in che modo il responsabile amministrativo, nell’ambito delle sue funzioni, abbia attuato la scelta, effettuata a monte dagli orga- ni comunali, nel procedere alla stipula del contratto, con un certo contenuto piuttosto che con un altro e nel farlo senza avere le competenze idonee a garantire che quella stipula av- venisse con la piena consapevolezza delle sue implicazioni poi rivelatesi dannose per il Comune. Con riferimento all’operato degli amministratori comunali ha parimenti censurato come fonte di responsabilità non già la scelta di procedere all’utilizzo del mezzo, ma la decisione di autorizzare la stipula del mezzo prescelto con il contenuto che poi si è rivelato dan- noso, anche qui senza vagliare la convenienza della scelta ef- fettuata a monte”.

(25) Cfr. ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 9 aprile 1999, n.

601, in Foro amm., 1999, 651, nonché in questa Rivista, 1999, fasc. 2, 120.

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e al rispetto degli oneri istruttori e motivazionali – con il passaggio ad uno schema di valutazione intrinseco, esteso alla verifica dell’attendibilità del criterio tecni- co utilizzato dall’amministrazione avvalendosi delle medesime competenze tecniche, ferma restando l’insindacabilità delle scelte concretamente operate dall’amministrazione all’interno dell’insieme di solu- zioni tecnicamente ammissibili. Questa evoluzione interpretativa è in particolare maturata nel settore delle Autorità indipendenti, con specifico riguardo al con- trollo giudiziale del potere sanzionatorio, oscillando tra la prefigurazione di un sindacato c.d. “debole” (26) (da intendersi limitato al mero accertamento della ra- gionevolezza e coerenza tecnica della decisione) all’affermazione di un sindacato “forte e pieno” (non limitato a verificare se l’opzione prescelta dall’amministrazione rientri o meno nella ristretta gamma di risposte plausibili che possono essere date a quel problema alla luce delle scienze rilevanti e di tutti gli elementi di fatto, bensì esteso ad una compiuta e diretta disamina della fattispecie) (27).

La progressiva espansione del sindacato del giudi- ce amministrativo sui profili di esercizio della discre- zionalità tecnica trova fondamento, peraltro, nell’esigenza, affermata da parte della giurisprudenza della Corte Edu, di garantire una full jurisdiction sull’esercizio del potere sanzionatorio, consistente nella possibilità per il giudice di esaminare in ogni punto, sia di fatto sia di diritto, la decisione resa dall’autorità amministrativa, quale espressione del principio del giusto processo (fair trial) (28).

6. Considerazioni conclusive

La pronuncia della Corte di cassazione in commen- to contiene importanti statuizioni in merito alla defini- zione del perimetro della giurisdizione della Corte dei conti, particolarmente rilevanti con riferimento ai margini di sindacabilità dell’azione amministrativa;

viene al riguardo riaffermata la natura piena e sostan- ziale del controllo di legalità affidato al giudice conta- bile, alla luce del ruolo di garante dell’interesse diffu- so all’integrità del pubblico erario e delle decisioni di utilizzo delle risorse collettive, riconosciuto dalla Co- stituzione.

(26) Così Cons. Stato, Sez. VI, 26 luglio 2001, n. 4118.

(27) Cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 15 luglio 2019, n. 4990, in Foro it., 2019, III, 498.

(28) Ampia è la giurisprudenza della Corte europea dei di- ritti dell’uomo sull’esigenza di una piena giurisdizione, nel ri- spetto dell’art. 6 della Convenzione, anche a fronte di procedi- menti di natura amministrativa di tipo sanzionatorio (Menarini Diagnostics s.r.l. c. Italia del 27 settembre 2011). Tra le carat- teristiche di un organo giudiziario avente piena giurisdizione vi è il potere di riformare in ogni modo, in fatto come in diritto, la decisione, resa da un organo di grado inferiore. Detto giudice deve essere competente a giudicare tutte le questioni di fatto e di diritto rilevanti per la controversia per cui viene adito (Che- vrol c. Francia, n. 49636/99 e Silvester’s Horeca Service c.

Belgio, n. 47650/99, 4 marzo 2004).

Tali considerazioni valgono anche con riferimento a vicende caratterizzate da alto profilo tecnico, quale quella del ricorso a strumenti finanziari derivati nell’ambito della gestione del debito, rispetto alle qua- li, la Corte dei conti, in sede di riassunzione del giudi- zio, sarà chiamata a verificare le singole scelte gestio- nali. Secondo le coordinate tracciate dalla pronuncia della Corte di cassazione, tuttavia, ciò dovrà avvenire all’interno di un perimetro ben definito. In primo luo- go, esula dal sindacato del giudice l’esame delle scelte a monte in merito alla definizione della strategia di gestione del debito pubblico e dei relativi obiettivi, ivi inclusa la determinazione di fare ricorso a strumenti finanziari derivati, in quanto aspetti rientranti nella riserva di amministrazione e quindi insindacabili nel merito.

In secondo luogo, le specifiche operazioni negozia- li in strumenti derivati, con le quali trova attuazione concreta la strategia di gestione del debito pubblico, possono essere oggetto di scrutinio quanto ai profili di coerenza e ragionevolezza rispetto agli obiettivi stra- tegici di fondo, nonché con riferimento alla compati- bilità con il principio di buon andamento. In questo contesto, ad esempio, si ritiene possano essere sinda- cate le concrete scelte relative allo specifico strumento derivato utilizzato (coerenza del nozionale di riferi- mento, delle valute e dei tempi dell’operazione rispet- to alle emissioni di titoli oggetto di copertura), nonché le condizioni contrattuali negoziate (quali i tassi degli swap) confrontandole con i valori di mercato e le aspettative ragionevoli sulla relativa evoluzione futura.

Al riguardo, occorre tuttavia sottolineare che la va- lutazione delle decisioni gestionali deve essere con- dotta in una logica ex ante (ossia giudicandone la ra- zionalità in chiave prospettica, indipendentemente dall’evoluzione effettiva delle variabili di mercato) e senza isolare singole operazioni, ma esaminandone gli effetti all’interno della strategia complessiva. Ciò ap- pare particolarmente rilevante per gli strumenti finan- ziari derivati i quali assumono connotati differenti in dipendenza delle posizioni e dei portafogli in cui essi vanno a inserirsi. Si pensi al caso specifico della ven- dita di una swaption, quale quella oggetto di contesta- zione, comportante la facoltà per l’acquirente di entra- re in un interest rate swap in cui questi riceve flussi a tasso fisso e paga flussi a tasso variabile; tale strumen- to, di per sé, rappresenta un’operazione caratterizzata da un’elevata alea, in quanto, a fronte dell’incameramento certo del premio, espone il vendi- tore a perdite potenzialmente indeterminate, in caso di esercizio dell’opzione da parte dell’acquirente. Tutta- via, la stessa può assumere tutt’altra natura, anche di contenimento dei costi, se valutata alla stregua della posizione debitoria sottostante del venditore. In questa prospettiva, il pay-off dello strumento potrebbe con- sentire di ottenere un duplice risultato: ridurre il costo del debito attraverso l’incasso sicuro del premio, a fronte della contestuale rinuncia ad avvantaggiarsi di un eventuale abbattimento dei tassi di mercato, circo- stanza che indurrebbe la controparte acquirente a eser-

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citare l’opzione e ad attivare lo swap. Va da sé che ta- le duplice risultato può ritenersi in linea con il princi- pio del buon andamento solo qualora sussista una pro- porzione ragionevole tra il vantaggio certo del premio e il beneficio potenziale cui si rinuncia con la vendita della swaption; ove il primo fosse infinitesimale ri- spetto al secondo, l’operazione complessiva solleve- rebbe dubbi quanto ai profili di ragionevolezza ed economicità.

Allo stesso modo, la decisione di chiudere posizio- ni in derivati con valore negativo non necessariamente assume natura pregiudizievole ove le perdite accumu- late sullo strumento siano il risultato del manifestarsi dei rischi di mercato adeguatamente ponderati e accet- tati nell’ambito della strategia complessiva di liability management del debito pubblico. In tale ipotesi, infat- ti, la chiusura dell’operazione consente alla parte di liberarsi da un contratto che la sottoporrebbe in futuro a condizioni deteriori rispetto a quelle di mercato; in sostanza, a fronte della monetizzazione della perdita sullo strumento si avrebbe la possibilità di aprire una nuova posizione a condizioni finanziarie più favorevo- li, liberando risorse negli anni futuri. L’alternativa tra le due soluzioni (mantenere lo strumento o rinegoziar- lo) appare rientrare nel perimetro del merito ammini- strativo, non sindacabile da parte del giudice.

ANGELO MARIA QUAGLINI

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