GIOVED 3 Ì SETTEMBRE 2020 21,00
Perugia
Giardini del Frontone
Orchestra da Camera di Perugia Enrico Bronzi, direttore
Giovanni Gnocchi, violoncello
La nuova Orchestra da Camera di Perugia nasce dalla pluriennale esperienza di giovani musicisti umbri nella diffusione della cultura musicale, soprattutto in relazione alle produzioni musicali rivolte ai giovani delle scuole. La collaborazione fra strumentisti attivata all’interno del progetto “Musica per crescere”, della Fondazione Perugia Musica Classica, ha portato alla volontà di creare un complesso di archi e fiati in grado di estendere l’impegno nella diffusione musicale in sede concertistica, e di mettere al servizio degli enti di produzione musicale umbri e italiani una nuova formazione che può contare su professionalità consolidate dalla collaborazione con alcune delle migliori orchestre nazionali (Accademia di Santa Cecilia, Orchestra del Teatro alla Scala, Orchestra della Toscana, Camerata Strumentale “Città di Prato”, etc.) e da una attività solistica di alto profilo. Fra i musicisti che danno vita all’Orchestra da Camera di Perugia figurano inoltre alcuni dei migliori talenti delle ultime generazioni, vincitori di concorsi nazionali e internazionali e di prestigiose borse di studio, come quelle conferite dal Premio
“Leandro Roscini”, destinato appunto a sostenere i giovani musicisti umbri.
Il debutto della formazione avviene nel settembre del 2013 con il Progetto “Penderecki 80”, presentato alla Sagra Musicale Umbra, al Ravello Festival e all’Emilia Romagna Festival, per celebrare l’ottantesimo anno di età del compositore polacco Krzysztof Penderecki, che per l’occasione ha diretto musiche da lui composte. Il concerto tenuto ad Assisi di questo programma è stato trasmesso integralmente da Radio Vaticana. Da quel momento l’attività dell’Orchestra è divenuta subito piena di impegni, portando la compagine a collaborare con importanti maestri, solisti e complessi corali (Giovanni Sollima, Nicola Piovani, Paolo Fresu, Wayne Shorter, Enrico Bronzi, Jonathan Webb, Uri Caine, Gary Graden, Filippo Maria Bressan, Stefan Milenkovich, Hugo Ticciati, Quincy Jones, John Patitucci, Fabio Ciofini, Andrea Oliva, Francesco Di Rosa, Danilo Pérez, Gregory Porter, Danilo Rea, Ares Tavolazzi, Rita Marcotulli, Gino Paoli, Corrado Giuffredi, Marco Pierobon, Brian Blade, Mark Milhofer, Daniela Dessì, Fabio Armiliato, Desirée Rancatore, Bruno Canino, Gemma Bertagnolli, Kremena Dilcheva,
Thomas Indermühle, Karl-Heinz Schütz, Coro da Camera della Filarmonica Estone, Coro S:t Jacobs di Stoccolma, Coro del Maggio Musicale Fiorentino, Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Coro della Cappella Musicale Papale di San Francesco, etc.) e ad esibirsi stabilmente in prestigiosi Festival e Rassegne (Umbria Jazz16, 17, 18 & 19, Umbria Jazz Winter #23, Umbria Jazz Spring 2017-2018, Sagra Musicale Umbra 2014-2019, Expo Milano 2015, Kusatsu Music Festival-Giappone 2014-2019, Amici della Musica di Perugia 2015- 2019, Festival delle Nazioni 2014). Dal 2015 al 2017 la formazione ha collaborato con il direttore d’orchestra Nil Venditti, e per due anni consecutivi (2015 e 2016) si è esibita per Radio 3 Rai, con due concerti trasmessi in diretta nell’ambito di “Radio 3 Europa”/Umbria Libri. Nel 2019 si è esibita per la prima volta a Napoli (l’Ass.
“Alessandro Scarlatti”) assieme al violinista Hugo Ticciati e al chitarrista partenopeo Aniello Desiderio e a Ravenna (Ravenna Musica, Stagione 2019) assieme al violinista Stefan Milenkovich.
L’Orchestra ha riscontrato molto successo con il programma
“Altissima Luce” (Laudario di Cortona), in collaborazione con Paolo Fresu, l’arrangiatore e bandoneonista Daniele di Bonaventura e il Gruppo vocale Armoniosoincanto. Il programma è stato eseguito nel 2016 sia a Umbria Jazz che per la Sagra Musicale Umbra, e successivamente a Terni (Umbria Jazz Spring), a Torino (Narrazioni Jazz), a Roma (Notte Sacra, Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola), Milano (Jazzmi, Hangar Bicocca), a Cortona (Festival di Musica Sacra), all’Aquila (Società Aquilana dei Concerti “B. Barattelli”) e ad Alghero (Jazz Alguer). La collaborazione con Paolo Fresu e Daniele di Bonaventura è proseguita nel 2019 con una nuova produzione, “Two for Tree”, eseguita per la Sagra Musicale Umbra a Norcia e a Perugia in collaborazione con l’Associazione “Alberi Maestri” e ripresa da Umbria Jazz 20.
Sono di recente uscita le incisioni discografiche dei Concerti per flauto di Mozart (Camerata Tokyo) con Karl-Heinz Schütz, primo flauto solista dei Wiener Philharmoniker, e di “Altissima Luce” per l’etichetta Tŭk di Paolo Fresu.
Giovanni Gnocchi ha debuttato giovanissimo come solista in concerto per 2 violoncelli e orchestra assieme a Yo-Yo Ma, che disse:
“giovane meravigliosamente pieno di talento, darà un grande contributo alla musica ovunque egli vada”.
È stato solista in contesti prestigiosi, sotto la direzione di Gustavo Dudamel, Christopher Hogwood, Carlo Rizzi, Daniel Cohen, Enrico Bronzi, Michele Spotti, Daniele Giorgi, da Hong Kong alla Wiener Konzerthaus, alle grandi sale di Stoccarda, Mannheim, Wiesbaden, Bonn e Salisburgo, con la Zagreb Philharmonic Orchestra, Camerata Salzburg, Orchestra della Toscana, la Filarmonica della Fenice di Venezia, Orchestra da Camera di Mantova.
Nella passata stagione ha debuttato nella Sinfonia Concertante op. 125 di Prokofiev, si è esibito nel Concerto op. 129 di Schumann diretto da Daniele Agiman, protagonista con Haydn al Festival Stradivari di Cremona con l’OTO-Orchestra del Teatro Olimpico di Vicenza diretta da Alexander Lonquich, solista e concertatore con l’Orchestra da Camera di Mantova e agli Amici della Musica di Firenze ha suonato il Concerto di Friedrich Gulda come solista e direttore dell’OGI-Orchestra Giovanile Italiana.
Vincitore del 1° Premio al Concorso “F. J. Haydn” di Vienna, del Borletti-Buitoni Trust Fellowship di Londra (entrambi con il David Trio), si è inoltre laureato ai Concorsi violoncellistici Primavera di Praga, Antonio Janigro di Zagabria, e in duo con Mariangela Vacatello al Parkhouse Award alla Wigmore Hall di Londra.
Si è esibito in progetti cameristici con Leonidas Kavakos, i membri del Quartetto Hagen, Elizabeth Leonskaja, Pekka Kuusisto, Alena Baeva, Roman Simovic, Vadym Kholodenko, Cristian Budu, Jens- Peter Maintz, Wolfram Christ, Diemut Poppen, Herbert Schuch, e in duo e trio con Alexander Lonquich e Ilya Gringolts, al Lucerne Festival in trio con Olli Mustonen e Alessandro Carbonare, in Giappone inaugurando la Ark-Nova Concert Hall, ed invitato nei festival internazionali Ljubljana Cello Fest in Slovenia, Ilumina Festival in Brasile, Järna Music Festival in Svezia, Delft Music Festival in Olanda, KotorArt Festival in Montenegro, Festival Musikdorf Ernen in Svizzera. Recentemente ha tenuto concerti cameristici a
Singapore alla Esplanade e un recital solistico alla Hong Kong City Hall per la Hong Kong International Cello Association.
I prossimi impegni lo vedono impegnato in duo con Andrea Lucchesini e Alasdair Beatson, nella partecipazione solistica e cameristica al Festival Résonances in Belgio (con Liza Ferschtman, Aleksander Madžar, Esther Hoppe), il Concerto di Elgar a Bari e a Matera, Gulda a Perugia con Enrico Bronzi e al Viotti Festival con la Camerata Ducale, di nuovo la Sinfonia Concertante di Prokofiev in Colombia con l'Orchestra Sinfonica di Stato a Bogotá e alcuni impegni cameristici in Messico e in Cile.
Solo-Cellist della Camerata Salzburg per 8 anni (2002-2010), é stato inoltre Guest Principal Cellist alla Royal Philharmonic Orchestra di Londra con Daniele Gatti (2011-2012), guest principal nei Münchner Philharmoniker, Mahler Chamber Orchestra con Daniel Harding, Philharmonia Orchestra di Londra, Orchestra Mozart, co-principal cellist alla London Symphony con Valery Gergiev, e dal 2008 membro della Lucerne Festival Orchestra sotto la direzione di Claudio Abbado.
Nel 2012 ha vinto il concorso come Univ. Professor di violoncello all’Universität Mozarteum di Salisburgo.
Giovanni ha studiato con Mario Brunello, Rocco Filippini, Luca Simoncini, Enrico Bronzi, Natalia Gutman, Altenberg Trio Wien, David Geringas, Heinrich Schiff, completando i propri studi con Clemens Hagen e poi Steven Isserlis, Ferenc Rados e Sir András Schiff.
Violoncellista e direttore d’orchestra, Enrico Bronzi è nato a Parma nel 1973 ed è stato ospite delle maggiori sale da concerto d’Europa, USA, America Latina e Australia, tra cui Carnegie Hall e Lincoln Center di New York, Filarmonica di Berlino, Konzerthaus di Vienna, Mozarteum di Salisburgo, Filarmonica di Colonia, Herkulessaal di Monaco, Filarmonica di San Pietroburgo, Wigmore Hall e Queen Elizabeth Hall di Londra e Teatro Colón di Buenos Aires. La sua ricca esperienza da solista l’ha portato a imporsi in importanti concorsi internazionali e collaborare con grandi artisti come Martha Argerich, Alexander Lonquich, Gidon Kremer, e complessi quali il
Quartetto Hagen, la Kremerata Baltica, Camerata Salzburg e Tapiola Sinfonietta. L’attività da solista di Enrico Bronzi si affianca a quella, altrettanto intensa, con il Trio di Parma, ensemble che ha fondato nel 1990 (e presente per la prima volta nella programmazione di Perugia già nel 1993) e si completa e arricchisce con la didattica. Dal 2007, infatti, è professore all’Universität Mozarteum Salzburg. Enrico Bronzi non è solo un attivissimo musicista, ma anche un divulgatore in ambito musicale. La sua capacità di trasmettere in modo semplice (ma non banale) l’amore e la comprensione della musica è l’elemento che lo contraddistingue, con l’obiettivo di dare a un pubblico sempre più ampio strumenti per favorire un ascolto consapevole della musica e favorire una crescita culturale. Questa sua vocazione la trasporta anche nei Festival dei quali è stato direttore artistico: il Festival internazionale di musica di Portogruaro, che ogni anno porta grandi artisti della musica classica nella piccola cittadina veneta; la storica e prestigiosa Società dei Concerti di Trieste; e la rassegna musicale internazionale “Nei Suoni dei Luoghi”, che promuove annualmente nuove generazioni di musicisti. Da novembre 2018 è direttore artistico della Fondazione Perugia Musica Classica.
Ludwig van Beethoven Bonn 1770 - Vienna 1827
Dal Quartetto in la minore op. 132 (versione per orchestra d’archi):
Heilige Dankgesang eines Genesenen an die Gottheit in der lydischen Tonart
(Canzona di ringraziamento in modo lidico offerta alla divinità da un guarito)
Molto adagio - Andante. Neue kraft fühlend (Sentendo nuova forza) - Molto adagio - Andante - Molto adagio. Mit innigster Empfindung (Con intimissimo sentimento)
18’ ca Friedrich Gulda
Vienna 1930 - Weissenbach 2000
Concerto per violoncello e orchestra di fiati (1980) Ouverture
Idylle Cadenza Menuett
Finale alla marcia
30’ ca
“Sentendo nuova forza”
La Canzona di ringraziamento di Beethoven
“Il dottore sbarra la porta alla morte, la musica aiuta anche nel momento del bisogno” (Doktor sperrt das Tor dem Tod, Note hilft auch ans der Not). Sono le parole di Ludwig van Beethoven per un canone a quattro voci che il compositore inviò da Baden nel maggio 1825 al suo medico curante a Vienna, Anton Braunhofer. Parole umoristiche sotto alcuni aspetti - con un tipico gioco di parole tra Note (nota musicale) e Not (bisogno) - ma che ci ricordano come le gravi infiammazioni intestinali patite dal musicista nella primavera di quell’anno gli impedivano di comporre per più mesi. “Quanto vorrei - aggiunse nella lettera di accompagnamento - poter tornare a scrivere con una certa forza al mio tavolo di lavoro (An meinem Schreibpult)”, e portare a termine - aggiungiamo noi - il secondo dei tre Quartetti, in la minore op. 132, commissionati tre anni prima dal generoso principe Galitzin di San Pietroburgo.
Le raccomandazioni mediche - niente bevande alcoliche, niente caffè e niente cibi speziati - ebbero un effetto benefico progressivo, e Beethoven poté rimettersi al suo Schreibpult per scrivere il tempo lento del Quartetto, al quale diede il titolo “Canzona di ringraziamento in modo lidico offerta alla divinità da un guarito”. Si tratta di una delle pagine più intense della sua intera produzione, rarissima occasione quando la musica fa un riferimento esplicito alla sua vita personale.
Formalmente, è un inno di cinque “versi” (Molto adagio) di una grande espressività - introdotto ogni volta da quel salto di sesta che aveva caratterizzato l’Allegro iniziale - che offre lo spunto per una serie di quattro variazioni su un doppio tema, quello di un “corale” da un lato, quello di una “contromelodia” dall’altro. E il modo “lidico”, dalle armonie inconsuete e ambigue? Si tratta di uno degli antichi toni ecclesiastici: una scala diatonica (sulle note “bianche” del pianoforte, per intenderci) di fa, ma con un si naturale al posto del si bemolle.
Si passa a re maggiore per la prima variazione (Andante), dove cogliamo i primi segni di guarigione - l’indicazione è Neue Kraft fühlend,
“Sentendo nuova forza” - per poi tornare al Molto adagio lidico per la seconda variazione, dove la melodia dell’inno è affidata al primo
violino. Segue nuovamente una variazione in re maggiore (e di nuovo Andante), con ornamentazioni sempre più animate, prima dell’intensità del Molto adagio finale (Mit innigster Empfindung, “Con intimissimo sentimento”), dove frammenti dell’inno ricompaiono con ripetute accentuazioni possenti (sforzando e rinforzando) prima della conclusione, quando il “modo lidico” si risolve in un etereo fa maggiore.
Oggi come ieri, la musica aiuta anche nel momento del bisogno.
Friedrich Gulda
Concerto per violoncello e orchestra di fiati (1980)
Musicista poliedrico o iconoclasta? Pianista “terrorista” o ribelle eccentrico? Contestatore idiosincratico o pioniere del “cross-over”, della “free music”? I giudizi della critica e del discofilo sono tuttora divisi e polarizzati sulla figura singolare del pianista, compositore e improvvisatore austriaco Friedrich Gulda (1930-2000), venuto all’attenzione di un pubblico internazionale nel 1946 come vincitore del Concorso Internazionale di Ginevra. Nel periodo postbellico si presentò come interprete rigoroso della Wiener Klassik, di Mozart e Beethoven in modo particolare, suscitando l’ammirazione tra gli altri di un’altra “ribelle”, l’argentina Martha Argerich (allora studente a Vienna), con un’esecuzione, integrale e in ordine cronologico, delle Sonate di Beethoven. Ma nello stesso tempo, già negli anni ’50, iniziò a sperimentare con il jazz, spesso in compagnia dell’amico e concittadino Joe Zawinul, e nel 1956 si esibì sia al club Birdland di New York che al celebre Newport Jazz Festival.
“Nessuno potrà garantire che diventerò un grande jazzista, ma almeno so di fare quello che è giusto. Non voglio cadere nella routine della vita quotidiana del pianista moderno, né voglio saltare sul carro illusorio del Barocco”. E rivendicando senza modestia la sua attività come quella del “musicista più creativo del secondo Novecento”, dichiarò la sua avversione per “il vicolo cieco della dodecafonia e altre musiche estranee al mondo e misantropiche” (Sackgasse der Zwölftönerei und andere weltfremder Musik und menschenfeindlicher Praktiken). Parole provocatorie, una dichiarazione d’intenti di voler rimuovere le
frontiere tra il repertorio classico e quelli “diversi”, per i quali compose brani per il rock group Emerson, Lake & Palmer, i Doors (Variazioni su Light my fire di Jim Morrison), collaborando nei decenni successivi con jazzisti come Chick Corea, Herbie Hancock e nuovamente l’amico Zawinul.
Con il passare degli anni, il pubblico “classico” di Gulda iniziò a esasperarsi davanti al comportamento imprevedibile del musicista:
programmi annunciati soltanto al momento del concerto; un abbigliamento casuale (o, in qualche raro caso, senza abbigliamento ...
); e un certo atteggiamento alienante. Non andiamo oltre: è stato un artista intransigente - paragonabile sotto certi aspetti al coetaneo Glenn Gould -, impossibile da categorizzare o contestualizzare, e lasciamo all’ascoltatore la libertà di riflettere sul Concerto per violoncello di questa sera, certamente la composizione più conosciuta del musicista e paradigma del suo “poli-stilismo”. Il lavoro venne scritto nel 1980 per Heinrich Schiff come solista, accompagnato dall’insolito organico di un’orchestra di fiati, non dissimile al Concerto per violino (1925) di Kurt Weill: flauto e ottavino, 2 oboi, 2 clarinetti, fagotto, 2 corni, 2 trombe, trombone e tuba, ai quali si affiancano chitarra, contrabbasso, basso elettrico e drum kit.
Jazz e classicismo, big band e marching band, musiche con qualche accenno “accademico” da un lato e di estrazione popolaresca dall’altro - quando non dichiaratamente “pop” - che si confrontano e si contrappongono senza convenevoli, come nei riffs energici dell’Ouverture iniziale, che al centro presenta un episodio di meditazione lirica e “alpestre”. Un corale dal vago sapore bachiano introduce l’Idillio successivo, cedendo il passo al centro a un Ländler nuovamente popolare.
E quindi una lunga Cadenza virtuosistica per il solista, chiamato due volte a improvvisare liberamente e nella seconda parte all’esecuzione ripetuta di suoni armonici, dove si è tentati a scorgere un “cipiglio”
parodistico rivolto alle pratiche dell’avanguardia accademica.
Con il Minuetto - rifacimento di un brano tratto dalla Suite Les Hommages (1965) che Gulda amava eseguire assieme alla sua Eurojazz Orchestra - facciamo un ritorno inaspettato all’“antico”, una serenata quasi “rinascimentale” esposta in primo luogo come un dialogo tra
solista e chitarra, e il Concerto si conclude con un rutilante Finale alla marcia pieno d’umorismo (il “re della marcia” John Philip Sousa non è lontano!), con un episodio jazz-rock nella parte centrale che rimanda al clima dell’apertura.
Musica “seria” o musica “leggera”? La domanda è fuori luogo: sono termini che non fecero parte del vocabolario di Gulda. “La musica è libera”, come non si stancava mai di ripetere.
Ricordiamo infine che Gulda si esibì a Perugia quattro volte tra il 1952 e il 1970, con programmi convenzionali che da Galuppi, Bach e Mozart spaziavano a Beethoven, Schubert, Debussy e Prokofiev.
Andrew Starling
Primi AzusDam Paolo Fede Sayak Chia Secon Lore Silvia Gust Valen Teru Lucr Viole Mizu Elga Sabin Dani Violo GianCrist Aless Maur Contr Aless Giac Flaut Clau
i violini sa Onishi**
miano Babbini o Castellani erico Galieni
ko Obori ara Franceschini ndi violini enzo Fabiani*
a Palazzoli tavo Gasperini
ntina Palazzari ukazu Komatsu rezia Sannipoli uho Ueyama* e
Ciancaleoni na Morelli iele De Padova oncelli
nluca Pirisi*
tiano Sacchi sandra Montani ro Businelli rabbassi
sandro Salvatore S como Piermatti
to e Ottavino dia Bucchini
Schillaci*
Ob SimMa Cla FraDe Fag Luc CorSte Ste Tro MirDa Tro Ste BasNic Per Leo ChiLeo
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mone Frondini*
aria Chiara Braccal arinetti
ancesco Zarba*
ebora Contini gotto
ca Franceschelli efano Berluti* rni efano Olevano
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rco Rubegni*
aniele Cantafio ombone
efano Bellucci sso tuba ccolò Perferi rcussioni
onardo Ramadori itarra
onardo Antonio R
spalla d’orchestra prime parti
lenti
Ruvo