• Non ci sono risultati.

Anno XVI N. 1 Gennaio-Marzo Rileggiamoci in autunno

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Anno XVI N. 1 Gennaio-Marzo Rileggiamoci in autunno"

Copied!
13
0
0

Testo completo

(1)

Anno XVI N. 1 Gennaio-Marzo 2020

Rileggiamoci

in autunno

(2)

2

editoriali

Martina Columbano & Nicole Pileri

Benvenuti a scuola

BULLISMO &

CYBERBULLISMO

DICIAMOGLI SEMPRE

NO NO

La stazione

di passaggio

Chiara Gaggioli L’entrata alla scuola media ci ha destabilizzati un po’

nell’aspetto dello studio, dell’organizzazione, del com- portamento verso gli adulti, nelle nuove amicizie e nel trovarci davanti diverse persone. Così si raccontano due giovani studentesse che frequentano la prima media.

Sono giunte dalle Elementari con un carico di speranze e tanta voglia di vedere qualcosa di nuovo. L’edificio a primo impatto ci è sembrato enorme, ma pian piano – continuano – ci siamo abituati alla struttura. Dopotutto, è una nuova scuola con le sue regole e caratteristiche molto diverse dalla scuola frequentata finora. Quasi ogni ora, si cambia l’aula e tutti ci ritroviamo in mezzo a una marea di gente nell’intento di raggiungere la pro- pria classe. Quest’anno c’è stato un cambiamento: gli armadietti; che ci sono piaciuti molto, perché possiamo riporre (se necessario) l’occorrente scolastico. Un po’

meno a certi insegnanti - ci dicono - che si lamentano perché perdono minuti di lezione e quindi non ci man- dano. Come ogni altra cosa anche l’uso dell’armadietto ha delle regole, per esempio noi di 1° e i ragazzi di 2°

andiamo prima di ogni ricreazione, mentre quelli di 3°

vanno quando finisce. Col tempo abbiamo imparato a conoscere i professori - continuano le ragazze - i loro modi di fare e come bisogna comportarsi. Già dal primo giorno ci siamo trovati in classe un nuovo compagno di Palau, nessuno lo conosceva, eppure si è fatto strada e noi lo abbiamo aiutato ad integrarsi nel gruppo, diven- tando nostro amico. La nostra classe - vanno avanti le due studentesse - si differenzia, rispetto ad alcune altre, per una didattica più ricca grazie all’Indirizzo Musicale per il quale facciamo 3 ore la settimana, delle quali due le occupiamo stando tutti insieme e una individualmen- te. Non dimentichiamoci che suonare uno strumento è un impegno che va portato fino alla fine del triennio. Tut- to ciò richiede tempo e dedizione ma ti arrivano anche gioia e soddisfazione, soprattutto quando, come quan- do il 17 Dicembre abbiamo fatto il saggio di Natale, che è stato per noi un’esperienza unica e indimenticabile, ma soprattutto il primo spettacolo vissuto come grup- po classe. Sono state tre ore fantastiche - concludo- no - e ricche di tensione, però alla fine ci hanno fatto i complimenti. Il 16 Gennaio sono venuti in classe i futuri studenti che saranno in 1° media il prossimo anno ai quali abbiamo raccontato brevemente quello che abbia- mo fatto durante questi ultimi cinque mesi e suonato qualcosa per loro.

Giugno si avvicina e con esso anche gli esami. Un altro traguardo da superare indenni, dove però, ancora accampa persino la paura di non passarli. Perché in noi c’è quella fretta di andare via e di cambiare tutto, forse perché siamo insoddisfatti, forse perché abbia- mo solo voglia di iniziare un nuovo capitolo o probabilmente siamo solo stanchi di essere chiamati bambini. Penso che, per quanto ci siamo sentiti rinati una volta usciti dalla scuola elementare, che più che scuola era casa, tagliando di netto il nostro essere piccoli e formando il nostro carattere, seppur in modo prematuro, siamo rimasti delusi nello scoprire che, una volta messo piede qua dentro, non eravamo nessuno. E’ questa una vittoria, oppure una scon- fitta? A voi, giovani leve fresche d’ingresso in questa scuola, tutto appare nuovo e tutto da conquistare tanto che, una volta arrivati in terza, vi sentirete padroni della scuola. Tutti sapranno come vi chiamate, e sarete identificabili come “veterani” e nessuno vi fer- merà più. Tutto ciò fino a Giugno, fino a quegli esami d’uscita che faranno posto agli altri “nuovi” che vi subentreranno a Settembre, qundo noi, appunto, saremo immersi in un universo diverso, più adulto, pronto ad accogliere solo la versione più matura di noi.

Quel mondo dove gli insegnanti diventano un punto di riferimento e non più i sostituti dei genitori. Perché appunto, questo significa essere grandi, uno status che starà a noi gestire, manifestandolo con il senso di appartenenza alla scuola scelta. Personalmente, penso che, per come siamo abituati a sentirci confortati dopo un brutto voto, proprio da chi ce lo ha dato, questo nuovo capitolo della nostra vita segnerà un profondo cambiamento anche sot- to questo aspetto. Tutto starà nel capire il funzionamento della macchina delle “Superiori” per poi ingranare la marcia giusta e mettersi al passo con i veterani. Il tempo, però, dedicato a questo passaggio è sempre tiranno tanto che, alla fine, quando pensavi di avere ancora del tempo a disposizione, ti ritrovi veramente parte di questa strana “stazione di passaggio”. Il nodo alla gola che si forma una volta varcata la soglia di un nuovo mondo è il combusti- bile che dà il “la” ad un ciclo di ambientazione. Questa “paura del diverso” potrebbe, tuttavia, bloccarci, per proteggerci dalle tante insidie di questo nuovo mondo. Tempi in cui tra i rischi online e le false amicizie messe alla lenza, usare decisamenete un po’ di prudenza non farebbe poi, tanto male. Forse, dovremmo lasciare i cellulari spenti per aprire la mente a quello che per definizione accademica è il periodo più bello della nostra vita, dove i rapporti personali sembrano quasi più “liberi”. Sono certa che, al di là dello schermo, la realtà sia davvero più divertente e il nostro compito è solamente quello di prenderla per mano e modellarla come più ci piace. Grazie perciò a “quell’edificio” dove siamo entrati più piccoli e dal quale, oggi usciamo formati, maturi e caratterialmente forti, pronti ad affrontare un mondo nuovo che, sebbene ricco d’insidie, sarà per tutti noi un percorso importante della nostra vita col quale crescere, formarsi e forgiarsi per essere pronti a fare la differenza!!

(3)

- - sommario attualità Ecosistema in tilt L’Australia che brucia

Editoriali

Attualità-Sondaggi Rubriche Sport

Benvenuti a scuola - pag. 3 La stazione di passaggio - pag. 3

Un rogo inarrestabile - pag. 5

Love is love - pag. 6 Trovate un accordo - pag. 7 Allarme terra - pag. 8 Chattando - pag. 9 La ricerca è vita - pag. 10 Coronavirus - pag. 11

La scelta - pag. 12 L’indagine - pag. 13

La voce della gente - pag. 14 Il cinema a scuola - pag. 15 Concerto di Natale - pag. 16 Rapportarsi con gli altri - pag. 17 Vivere la memoria - pag. 18

Libri: la memoria rende liberi - pag. 19 Matto!! La mossa vincente - pag. 20

L’arte ginnica - pag. 21 Rispetto & disciplina - pag. 22 Spotify - pag. 23

di Camilla Asara

Otto milioni di ettari in fiamme, foreste quasi scomparse e praterie ormai ine- sistenti. Per quanto ancora l’Australia resisterà? In tutta l’Australia stanno bru- ciando all’incirca 46 milioni di ettari, che si dividono in foreste e praterie, situate nel centro-nord. Le foreste che sono per lo più composte da eucalipti che rilasciando la propria resina, altamente infiammabi- le, “aiutano” il propagarsi delle fiamme.

Sotto alcuni aspetti questo incendio aiu- terebbe le piante, perché bruciandole le aiuta a rigenerarsi e a migliorare la loro struttura. Sono in tanti a chiedersi cosa lo abbia causato ma possiamo solo dire che in Australia la maggior parte delle ac- censioni vengono causate dai fulmini. Per questo si pensa che anche questo incen- dio sia stato causato da questo fenomeno atmosferico. Diciamo che anche il clima è stata una delle cause di questo enorme incendio, il clima in questi anni è diven- tato più secco e caldo, in alcuni periodi la temperatura minima si aggirava tra i 40 e i 42 gradi. Essendo l’aria così calda, l’acqua all’intero delle piante è evaporata in breve tempo e gli alberi, una volta di-

ventati secchi sono soggetti a prendere fuoco più velocemente. Un’altra doman- da che si potrebbe porre è il perché le fiamme non si riescono a domare. Una risposta che potrebbe soddisfare piena- mente non c’è, perché non si sa ancora bene cosa aiuti le fiamme a progredire e alimentarsi, però per ora sappiamo che buttare l’acqua dall’alto delle foreste non aiuta, per un motivo abbastanza sempli- ce: le fiamme, avendo un calore molto elevato, fanno evaporare l’acqua. Molte specie animali sono a rischio tra cui i ko- ala, che a causa della loro lentezza non riescono ad uscire dalle foreste prima di essere bruciati dalle fiamme. Altre specie a rischio sono tipi di rettili, anfibi e micro mammiferi, i loro habitat vengono distrut- ti e loro sono costretti a trovarne altri. In tutta questa tragedia anche il governo viene criticato perché accusato di non impegnarsi abbastanza nel trovare una soluzione allo spegnimento delle fiamme.

A questo punto la domanda se si sarebbe potuto evitare o prevedere questo incen- dio sorge spontanea. In tutta l’Australia si cercò di avvisare dell’aumento degli incendi e del cambiamento meteorologi- co che veniva continuamente monitorato,

ma si continuò a sottovalutare il fatto che questi piccoli incendi, e piccoli segnali, potessero un giorno diventare qualcosa di grande, di molto grande. Per fortuna però si iniziano a prendere delle iniziative concrete e si dice che in alcune zone le fiamme stiano diminuendo sempre di più.

Questo potrebbe essere un piccolo passo verso la loro definitiva estinzione. In tut- to il mondo, intanto, la gente ha iniziato a fare quadrato e a fare delle donazioni, che via via stanno diventando sempre più consistenti. I fondi raccolti andranno di- rettamente alle fondazioni che si occupa- no di curare gli animali e, naturalmente ri- costruire quanto questi incendi hanno di- strutto in questo drammatico periodo. Ora nonostante si pensi che i koala si siano estinti, la speranza di riuscire a salvarne altri non demorde. Adesso possiamo solo sperare di riuscire a domare l’incendio, di non lasciarci più sfuggire dei dettagli che potrebbero scatenarne altri così deva- stanti e che questa grande tragedia pos- sa essere solamente un lontano ricordo per tutti gli australiani e un grande monito per tutti coloro che non hanno a cuore la vita e la sopravivenza dell’intero pianeta.

In tutta l’Australia stanno bruciando all’incirca 46 milioni di ettari, che si dividono in foreste e praterie, situate nel centro-nord

Un rogo inarrestabile

(4)

6

Trovate un accordo!

di Chiara Gaggioli

Love is love

attualità Dal mondo La crisi libica

attualità Sociale Sapersi accettere

di Adele Azara & Nicoletta Quaglioni Nella società d’oggi siamo abituati ad etichettare tutto, dagli alimenti alle persone. Dividiamo la società in diversi gruppi: dall’uomo alla donna, dal ricco al povero, dal giovane al vecchio. Però non sono solo queste le distinzioni. Siamo perfino arrivati a criticare il sesso della persona che si ama, come se fosse sbagliato che un uomo ami un altro uomo e una donna ami un’altra donna, oppure entrambi. L’amore è un’emozione che tutti abbiamo il diritto di provare, tutti devono sentirsi liberi di amare. Ma non tutti sono d’accordo, infatti si ha paura di esporsi in pubblico e fare il così detto “coming out”.

Questo timore ce l’hanno soprattutto gli adolescenti, quindi si richiudono in sé stessi e vivono nella paura che qualcuno scopra il loro orientamento sessuale, poiché a scatenare questo timore sono i giudizi delle persone. Alcune volte

si giudica solo per “scherzo”, ma non pensiamo che per gli altri non sia solo una semplice battuta. Non pensiamo mai a come potrebbe sentirsi un ragazzo, o una ragazza, davanti a queste parole. Che un ragazzo si potrebbe sentire “sbagliato”

solo perché è gay. Non ci rendiamo conto della gravità della situazione dove neanche gli adulti accettano questa sua decisione, facendoli chiudere ancora di più nel proprio guscio sapendo che non sono accettati neanche dai propri genitori. Per fortuna ci sono anche quelli coraggiosi, i così detti “pazzi”, che non hanno paura di urlare al mondo di essere gay, lesbiche o bisex. Tuttavia, gli insulti non si riducono solo agli omosessuali, ma anche ai transgender. Tutto questo perché? Se una persona si trova a disagio con il proprio corpo, perché non farlo sentire bene cambiando sesso?

Sinceramente ancora non si è trovata una risposta valida a queste domande, alcuni affermano che sia solo l’ignoranza della gente a causare questi pregiudizi. Però, in alcuni paesi dalla mentalità chiusa, si arriva a togliere la vita alle persone lgbt come se avessero una malattia.

Ma non lo è! Infatti, amare una persona del proprio sesso non ti impedisce di fare certe attività. Anzi, tiene la mente aperta a nuove idee, a nuovi modi di pensare. Si dice che con il tempo si maturi, si impari dai propri errori. In realtà siamo tutti bravi a parlare, ma quando si arriva a dimostrare le cose con i fatti siamo degli allievi pessimi. Diciamoci la verità, differenze tra il ieri e l’oggi sono molte poche. Però, per essere degni della parola società, bisogna aumentare queste differenze perché non possiamo vivere sempre nel passato.

L’8 Gennaio 2020 il Presidente del Con- siglio italiano Giuseppe Conte ha cercato di far incontrare i due rivali libici: Fayez al Sarraj, Primo Ministro del governo nazio- nale (GNA), e Khalifa Haftar, Comandan- te delle forze armate libiche (Faal, per cor- retta definizione). Ma cosa succede esat- tamente in quei luoghi? Dal 16 maggio 2014 il popolo libico deve far fronte alla seconda guerra civile che questa nazione silenziosa sta subendo. Già dalla fine del primo conflitto i rapporti erano rimasti tesi e questo è uno dei fattori che ha contri- buito allo scoppio di questa più recente e altrettanto sanguinosa “guerra di potere”.

Già dal complotto subito da Gheddafi, lo stesso che aveva messo in atto un colpo di Stato per spodestare il primo e ultimo re di Libia, che era stato ucciso dai ribel- li con l’aiuto della NATO, aveva fatto da miccia al periodo di conflitto tra numerose fazioni, di cui nessuna in grado di imporsi sulle altre e che perdura ancora adesso.

Dopo lunghi negoziati le Nazioni Unite hanno ottenuto, nella primavera 2016, la creazione di un governo nazionale con a capo Fayez al Sarraj, a cui i precedenti governi e le innumerevoli milizie in lotta ormai da tempo, non hanno ceduto molto volentieri. In particolare l’uomo forte dietro al governo di Tobruk, prima riconosciuto dalla comunità internazionale, il generale Haftar, sembra non voler rinunciare al suo ruolo, sicuro com’è del sostegno del po- tente vicino egiziano, desideroso di mo- strarsi all’attenzione internazionale come

ideale paladino “laico” contro le forze jihadiste che hanno guadagnato terreno approfittando del caos libico. A proposito di forze jihadiste, l’ISIS controlla dal 2014 la zona di Sirte ed è riuscito a estendere la sua influenza; secondo diversi analisti le sue forze possono contare più di 5000 uomini. Il rischio che l’ISIS possa radicar- si ulteriormente, sfruttando la situazione, è uno dei principali fattori che spinge le potenze occidentali a sostenere con deci- sione un governo di unità nazionale, con cui interagire secondo il diritto interconti- nentale, così da poter offrire supporto e rinforzi politici e militari al governo di Sar- raj. Comunque, nelle trattative degli ultimi giorni si parla molto di consiglieri militari, sostegno logistico e addestramento di truppe libiche. Una notizia che circola da poco è quella che vedrebbe militari della Marina e dell’Esercito italiano impegnati nelle basi di Haftar. La presenza servi- rebbe, oltre che per sorvegliare la situa- zione sul campo della Faal, per preparare un’eventuale offensiva a Daesh. La com- plicata situazione libica è ben rappresen- tata dalla ultima voce, fatta circolare per prima dal Washington Post, secondo la quale il governo di Tobruk avrebbe as- sunto degli “scassinatori” per aprire la banca nazionale libica, con sede centrale a Beida, che conterrebbe una cifra pari a quella di 150 milioni di dollari americani.

Sotto certi fronti la situazione politica li- bica rispecchia alcune delle tensioni che attraversano il mondo arabo islamico, tra

volontà di rinnovamento, identità musul- mana, tentazioni di dittatura militare pre- sentate ad un Occidente di volta in volta distratto, ansioso, invadente, come unica garanzia di sicurezza contro l’incubo del terrorismo e del caos regionale. La situa- zione resta confusa e cambia molto ve- locemente, e seguirne le trasformazioni pare impossibile, ma resta comunque un obiettivo essenziale sia per l’Unione Eu- ropea, che per le Nazioni Unite. Per noi italiani, in particolare, resta una situazio- ne preoccupante assodato com’è che da quelle spiagge partono i viaggi di speran- za di esuli e migranti da tutto il continente africano in cerca fortuna e ospitalità. E tra questi flussi incontrollati si nascondo- no spesso, malavitosi che vanno ad ali- mentare gruppi di migranti senza lavoro o ingaggiati dalle organizzazioni criminali italiane esistenti. Un risultato, questo, di una difficile se non impossibile integrazio- ne che, purtroppo, è sempre rimasta sulla carta, vuoi perché male organizzata ma soprattutto, mai voluta e mal digerita da tutti. Dopotutto – ci raccontano le crona- che - gestire da soli questo problema non è mai stato facile per le autorità italiane che tra blocchi, sequestri, chiusura di cen- tri d’accoglienza precari, si sono scontrate con l’opinione generale suddivisa tra buo- nisti e intolleranti. Tuttavia, sebbene gior- nali e televisioni dedichino grande spazio a questo fenomeno, l’Italia resta ancora oggi, da sola, inascoltata da una Comuni- tà Europea sempre più insensibile!

L’amore è un’emozione che tutti abbiamo il diritto di provare e tutti devono sentirsi liberi di amare. Ma non tutti sono d’accordo. Perché si ha paura di esporsi in pubblico e fare il così detto “coming out”. Questo timore cresce soprattutto negli adolescenti, costringendoli a richiudersi in sé stessi e vivere nella paura che qualcuno scopra il loro orientamento

sessuale e li etichetti inesorabilmente,come diversi.

(5)

attualità Ambiente Un ecosistema a rischio di sopravivenza

Allarme terra

attualità Scuola Il nuovo linguaggio

Chattando

di Adele Azara & Barbara Altana

Ultimamente si parla tanto di educazione civica e riscaldamento globale, infatti la 16enne Greta Thunberg, sempre meno sentita, s’impegna a far rispettare il mon- do per le persone che come lei vivranno in seguito. Con il suo coraggio si è presenta- ta al parlamento svedese, sembrando an- che un po’ egocentrica, pur di far sentire le sue opinioni a riguardo. Bisogna però dire che le persone che si impegnano veramente, o semplicemente sanno con certezza dove buttare i rifiuti, aumentano e diminuiscono con sempre meno rego- larità, come se fossero delle montagne russe! La questione è semplice: plastica blu, carta gialla, vetro verde, umido mar- rone e secco grigio. Se abbiamo un faz- zoletto dopo esserci soffiati il naso e non abbiamo nessuna voglia di andare fino al cestino per buttarlo, di solito è così, le op- zioni sono due: metterlo in tasca e buttarlo a casa, oppure buttarlo a terra. La gente di solito è orientata verso la seconda, per- ché, anche se è la meno dotata di senso civico, è la più veloce. Non sia mai che ci prendiamo cura del nostro pianeta! Dopo, o forse prima, del fazzoletto vengono le bottiglie e i bicchieri di plastica. Certo, an- dare fino alla fontana il boccione d’acqua è veramente faticoso, ma la differenza col

peso, se è quella che ci preoccupa tanto, con la bottiglia di plastica è poca. Un’altra tematica di cui la gente si lamenta è quella di ritrovarsi sulle strade i ricordini dei cani mentre fa una passeggiata. Sono in tanti ormai, a desiderare di avere un animale domestico sia esso un cagnolino, un gat- to o altro che gli tenga compagnia, ma soprattutto, a cui accudire. Ci giochiamo, facciamo le passeggiate insieme, ci spap- paranziamo sul divano di casa e gli diamo da bere e da mangiare e infine, provvedia- mo a fargli fare i suoi bisogni. Ma proprio qui casca l’asino! Perché laddove prende posto l’amore e la tenerezza verso i pic- coli animali, deve fare seguito il rispetto e l’educazione a fargli fare i suoi bisogni nei luoghi preposti, e poi raccoglierli, metterli nella bustina e buttare il tutto negli appositi contenitori. In giro, però,c’è ben altro! Tan- to che troviamo escrementi ovunque: sui marciapiedi, nei parchi pubblici e persino nei piazzali d’ingresso delle case. Ma noi, amici degli animali, non ce ne accorgiamo, e sebbene la gente si lamenti, a nessu- no di lor signori passa per la testa di fare quanto abbiamo appena detto. E’ davve- ro incredibile come queste persone siano così incoerenti, nascondendo questa loro negligenza con la solita storia “dell’amore per gli animali”. Cosa che sappiamo bene essere solo una copertura per nasconde-

re questa cattiva abitudine. Ma, tornando alle bottiglie di plastica che dovrebbero es- sere eliminate, ci sono diversi metodi per cominciare ad abituarci a quando non ci saranno più. Sappiamo dell’iniziativa della Smeraldina che si offre di portare la botti- glie di vetro direttamente a casa. Questa ci sembra un’ottima soluzione, non trovate?

Bene. Allora perché non adottiamo tutti questo metodo? Forse è perché sono più comode quelle di plastica? Dovremmo an- che ricominciare ad utilizzare i bicchieri di vetro, bandendo definitivamente quelli di plastica e così piatti e posate. A casa ab- biamo tutti la lavastoviglie che in men che non si dica, ci lava piatti, pentole e posate.

Perciò, evitiamo l’uso di queste cose, sem- plici da sostituire ma pericolosissime per il nostro futuro e quello del nostro pianeta. Il cammino verso il 2100 sarà ricco di insidie e di problemi e ormai, il tempo per cam- biare le cose sta inesorabilmente finendo!!

di Cloe Gaggioli

Oramai i social fanno parte della nostra vita e con loro abbiamo sviluppato un nuovo linguaggio. Si passa il tempo a mandare tan- tissimi messaggi, perciò sono state inventate nuove parole a “so- stituire” quelle “vecchie”. I così detti “acronimi” sono una costante nelle chat di tutti i giovani e non solo. Scrivendo in questo modo si è più veloci, ma non sempre comprensibili. Ma sarà un bene?

Ovviamente no! Passare troppo tempo sui social fa male, immagi- natevi se usassimo solo acronimi per parlare con gli altri. Sarebbe un completo disastro! Così facendo perderemo l’uso della lingua italiana, sbagliata molto spesso dagli stessi italiani e considerata melodiosa dagli stranieri. Ma non tutti siamo a conoscenza degli acronimi, alcuni non sanno neanche a cosa si riferiscono. Certe volte ci ritroviamo una serie di lettere senza capirne il significato.

“Non” è diventato “nn”, “perché” si è trasformato in “pk” o, addirittu- ra, “xkè”, ma queste sono solo alcune trasformazioni. Hanno anche modificato il verbo essere portando dalla forma estesa “sono”, a quella contratta “sn”, una brutta copia della lingua inglese. Ma non ci sono solo quelli italiani nella “vita social”. Oltre a quelli, infatti, sentiamo molto spesso anche quelli inglesi. Chi usa Instagram sarà sicuramente a conoscenza dei “direct message”, chiamati sempli- cemente “direct” oppure usando l’acronimo “dm”. Un vero disastro per i più, perché, come abbiamo detto, non tutti sono “tuned”, ossia sintonizzati sulla stessa frequenza. Di fatto resta quest’abitudine, e che piaccia o no, serpeggia tra i discorsi, le chat e i messaggini di grandi e piccoli. A scuola, però, tutto cambia e volenti o nolenti, tutti si dovranno adattare a quella che è la regola dello scrivere e parlare corretto. Perché di certo, non si può fare un tema d’italiano o un’in- terrogazione di qualsiasi materia con le abbreviazioni. Nonostante tutto, bisogna sempre stare al passo con i tempi, per non perdersi le “news”, però in alcune occasioni, i nuovi metodi sono inutili e bisogna ricorrere con nostalgia a quelli vecchi. Tuttavia, gli acronimi non si dimenticano e si diffondono a macchia d’olio tra tutti gli user.

Ma state attenti al momento in cui usarli perché non bisogna mai dimenticarsi dell’italiano e di come usarlo!!

Il Parco delle Bollicine di Arzachena è ed è sempre stato un luogo di divertimento e di incontro fin dalla sua costruzione.

All’ inizio era un posto rispettato da tutti, ma nel corso del tempo gli incoscienti lo hanno trasformato in uno scempio, il contrario di ciò che era in origine, dato che già da tempo certa gente, turisti compresi, tendono a gettare per terra i loro rifiuti, nonostante il comune metta a disposizione i cesti- ni della spazzatura. Questo è uno dei tanti e possibili esempi di azioni vandaliche che si sono verificate negli ultimi anni:

situazioni così spropositate che hanno necessitato dell’inter- vento delle forze dell’ordine ad esempio: la distruzione delle recinzioni e il danneggiamento dei giochi pubblici. Dopo ogni Carnevale, inoltre, il parco è andato peggiorando sempre di più, visto che alcuni ragazzi hanno utilizzato le bombolette spray in modo inappropriato, imbrattando le panchine e i gio- chi con scritte e graffiti. L’ ultimo atto irrispettoso nei confronti del parco è stato il comportamento della folla che, dopo aver assistito al concerto del rapper Marracash, ha sparso per terra ogni tipo di rifiuto avanzatogli, incurante delle regole del parco e di quelle del buon senso. Ma il parco e le pareti delle case di alcuni cittadini, non sono gli unici luoghi bersagliati delle azioni dei vandali, bensì le vie del paese, come quelle che conducono alla piazza o alle nostre case. Fra questi, ad essere stato preso di mira per alcune volte è la roccia del Fungo situato nella parte alta di Arzachena, dove i vandali si sono divertiti a pitturare le pareti delle rocce. Altrettanto è stato fatto, sempre dai soliti ignoti, ai tafoni di Li Conchi che nonostante siano stati ripuliti presentano ancora i segni di questa indecenza. Tornando al parco delle Bollicine, a di- spiacere di più è il fatto che continuando di questo passo, i bimbi non potranno più giocare e usufruire di quello che in passato era uno spazio magnifico e speciale per chiunque desiderasse svagarsi un po’. Oggi, il Comune di Arzachena ha deciso di utilizzare la mano pesante con chi mette in atto questi misfatti e cerca l’appoggio dei cittadini per far tornare il nostro paese un area rispettata e pulita. Dopotutto, il buon senso e la buona educazione devono sempre prevalere su tutto e su chi, in particolar modo noncurante del bene comu- ne, non ne fa uso. Arzachena merita di essere trattata con riguardo e di avere più controllo da parte di tutta la cittadi- nanza.

di Matteo Careddu & Fabio Filigheddu

Ambiente

urbano

Arzachena

(6)

10

di Valentina Filippeddu

Il cancro: ormai tutti conosciamo questa terribile malattia, che come una macchia d’inchiostro indelebile segna la vita di una persona, lasciando dolore sia fisico che mentale. Ma tutti sappiamo quello che possiamo fare per contribuire alla ricerca?

A questa domanda risponde Pier Giuseppe Torrani, presidente della Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro che dal 1965 si impegna a “rendere il cancro sempre più curabile”. Dall’anno della sua fondazione l’AIRC si è sempre impegnata a promuo- vere la ricerca oncologica in Italia e si è progressivamente ampliata, fino a contare oggi 17 Comitati Regionali, tra cui anche la Sardegna, ed è supportata da circa 4.500.000 sostenitori e di circa 20.000 volontari, che prestano gratuitamente il loro aiuto in occasione degli eventi orga- nizzati dalla Fondazione, consentendole di esistere e di crescere sempre di più. È inoltre stata negli anni Ottanta una delle prime associazioni senza scopo di lucro italiane a costituire una propria fondazione come entità giuridica autonoma, capace di accettare donazioni e di acquistare beni.

Quali sono però nel concreto le attività di questa associazione? Innanzitutto i membri dell’AIRC si impegnano a raccogliere e finanziare progetti di ricerca, assegnare borse di studio ai giovani scienziati, coin- volgere ed informare la gente in materia e sui progressi compiuti dalla ricerca. Inoltre da sempre raccoglie i fondi da destinare alla ricerca oncologica, che avviene in vari

modi: attraverso iniziative nazionali e locali rivolte al grande pubblico e tramite progetti che coinvolgono il mondo del lavoro, con la sottoscrizione in risposta alle lettere ed ai messaggi inviati per corrispondenza. I fondi vengono destinati alla ricerca sul cancro at- traverso un processo di selezione rigoroso, meritocratico e trasparente, che rendeno questo ente un posto sicuro a cui donare il proprio contributo. A fianco del Comitato tecnico scientifico composto da 24 ricerca- tori, uomini e donne, che coprono ruoli di primo piano nell’oncologia italiana lavora un gruppo di oltre 350 ricercatori stranieri, scelti fra gli scienziati al top della ricerca sul cancro. Il loro compito è individuare i progetti migliori attraverso un processo che

dura circa nove mesi. Nel 2008, 43 dei 90 milioni di euro raccolti sono stati destinati ad attività di ricerca. Un’altra importante iniziativa portata avanti dalla fondazione è il progetto “arance della salute”, che si svolge ogni anno, l’ultimo sabato di genna- io. In oltre 3000 piazze italiane sono state appunto distribuite dai volontari le arance della salute. Infatti, con un contributo di 10 euro si è potuto acquistare una reticella di 2.5 kg di arance siciliane e, in alcune piazze, è stato anche possibile trovare della marmellata di arance e di miele. Insomma, speriamo siate stati presenti anche il 25 gennaio a questa stupenda iniziativa, per dare un piccolo contributo al fine di ottenere un grande risultato!

La ricerca è vita!

attualità Sanità L’epidemia mondiale

In questo periodo, solo accendendo la televisione o sfogliando le pagine di un giornale, ci si imbatterà nella stessa preoccupante notizia: il problema del coronavirus, la nuova malattia che dall’i- nizio del 2020 si sta diffondendo in tutto il mondo ad un ritmo incessante. Tuttavia, nonostante la notizia sia diffusa ovunque, sono in pochi ad essere realmente infor- mati su quello che sta accadendo. Degli studi ci informano che i coronavirus fanno parte di una vasta famiglia di virus noti per causare malattie che vanno dal comune raffreddore a malattie più gravi come la sindrome respiratoria acuta grave.

Questo nuovo coronavirus, il 2019-CoV, appartiene però ad un nuovo ceppo che non è stato precedentemente identificato nell’uomo. I sintomi più comuni che si riscontrano se si contrae la malattia inclu- dono febbre, tosse, difficoltà respiratorie e, solo nei casi più gravi, la manifestazione di polmonite, insufficienza renale e per- sino la morte. La mortalità di 2019-CoV sfiora il 3% dei casi accertati, a cui però bisognerebbe aggiungere le persone per le quali il virus non è stato rilevato per assenza di sintomi, condizione che per quanto rara è stata dichiarata possibile Organizzazione Mondiale della Sanità.

Riguardo al focolare di diffusione non si conosce molto, anche se alcune indagini svolte in Cina suggeriscono, anche se non provano con assoluta sicurezza, che la sua origine sia da attribuire al contatto con animali, in particolare pesce e vari altri come pipistrelli, rane e serpenti, presenti in un mercato alimentare della città cinese di Wuhan. Le statistiche dell’infezione, che spaventano tutti i paesi del mondo, sono in continua e costante crescita: i decessi complessivi sono ammontati 565 su una

stima di oltre 28.000 contagiati solo in Cina. Per quanto riguarda i casi confermati fuori dal Paese di diffusione sono 132 in 23 paesi. La Thailandia è il secondo pa- ese più colpito con 19 casi, mentre nella regione europea dell’Oms sono 24, in Germania i contagi sono 8. Anche se così può sembrare, non abbiamo solo delle cattive notizie infatti, non da molto, sono state comunicate delle novità sulla ricerca di una cura, che infondono sempre più speranza su un possibile miglioramento della situazione. Il coronavirus è stato isolato anche allo Spallanzani di Roma!

Un successo che riempie di orgoglio l’Ita- lia, facendola entrare tra i Paesi apripista per la ricerca scientifica. Nonostante ciò,

questa non è la prima volta che il virus viene isolato. Infatti, l’isolamento era stato effettuato anche in Australia, in Francia presso l’Istituto Pasteur e, dieci giorni pri- ma, anche in Cina, dove tuttavia non era stato messo a disposizione. L’aver isolato il virus ed averlo condiviso con la comunità internazionale, dichiarano i ricercatori, renderà più facile la ricerca di una cura e un vaccino. Quindi, mentre la scienza e la medicina si impegnano al massimo per sconfiggere questa nuova minaccia virale, alla popolazione di tutto il mondo non resta altro che adottare le più semplici misure di precauzione e, soprattutto, non diffondere allarmismi o false notizie.

di Valentina Filippeddu

Le statistiche sull’infezione che spaventano tutti i paesi del mondo, sono in continua e costante crescita: i decessi complessivi sono ammontati 565 su una stima di oltre 28.000 contagiati solo in Cina. Per quanto riguarda i casi confermati fuori dal Paese di diffusione sono 132 distribuiti in 23 paesi.

In oltre 3000 piazze italiane sono state appunto

distribuite dai volontari le arance della salute,

con un contributo di 10 euro si è potuto acquistare una reticella di 2.5 kg di arance siciliane e, in alcune piazze, è stato anche possibile trovare della marmellata di arance e di miele.

attualità Solidarietà Le arance della salute

(7)

l’indagine Scuola Istituti Superiori

il sondaggio Le risposte dei ragazzi

Nonostante le risposte precedenti, siete sicuri di aver fatto la scelta giusta?

È giunto anche per noi il momento di sceglie- re un nuovo percorso scolastico! Dovremo affrontare una scelta che caratterizzerà il nostro futuro, scelta che per alcuni sarà più semplice e per altri più complicata. Sembra ieri la prima volta che mettemmo piede in questa scuola. Eravamo chiusi, disorientati e consapevoli che avremmo chiuso delle vecchie amicizie per poi aprirne delle nuo- ve ancora più forti. Oggi, arrivati in terza, possiamo dire che questi anni ci hanno cambiato non solo fisicamente, ma anche emotivamente. Siamo diventati più aperti con noi stessi e con il mondo esterno, ognu- no di noi ha affrontato diverse difficoltà che però siamo riusciti a superare anche grazie all’aiuto dei nostri compagni e professori.

Abbiamo avuto l’opportunità di fare nuove esperienze che ci hanno cambiato e matu- rato, proprio per poter affrontare quella che sarà la nostra futura scuola. Di sicuro nes- suno di noi nega di essere preoccupato per il proprio futuro, poiché questa è una scelta che lo potrebbe cambiare. Ma dobbiamo superare le nostre preoccupazioni, in questo caso le scuole superiori, che si dimostrano essere un cambiamento molto temuto dai ragazzi. Riguardo all’orientamento delle scuole, la maggior parte degli studenti ha scelto l’istituto professionale Alberghiero e l’Istituto tecnico di Palau, che abbiamo visi- tato di persona insieme al Liceo scientifico.

Inoltre, sono venuti a trovarci varie scuole:

il Liceo artistico, il Liceo Linguistico, il Liceo Classico, l’Istituto Agrario, il Deffenu, l’Istituto tecnico a indirizzo turistico situati ad Olbia ed infine il Nautico di La Maddalena. Abbiamo trovato tutti gli istituti molto accoglienti e

interessanti, alcuni più e altri meno. Quello che ha colpito maggiormente è stato l’Istituto tecnico di Palau, molto aperti con noi ragazzi e disponibili nel presentarci la scuola: una struttura molto moderna e che a parere di molti alunni fa sembrare l’ambiente molto tranquillo. Pareti colorate, laboratori infor- matici e chimici, una palestra molto grande e ben attrezzata e un aula magna enorme si presenta così l’istituto prescelto dalla maggior parte degli studenti. Insomma una scuola molto affascinante e all’avanguardia.

Un’altra scuola che ha avuto un grande suc- cesso è stato l’Alberghiero ad Arzachena, un istituto molto grande con alloggi per gli studenti provenienti da lontano, oppure per coloro che non possono prendere l’autobus tutti i giorni. In questa scuola i ragazzi ven- gono preparati in ristorazione, ricevimento e sala bar, corsi che poi sceglieranno nel terzo anno. All’interno dell’’istituto c’è una sala di riposo per gli insegnanti, dove gli studenti del corso bar possono servire i professori.

La scuola è fornita di un’area di ricevimento virtuale dove gli studenti comunicano agli alberghi ed infine due cucine in cui i ragazzi vengono preparati in questo ambito per il loro futuro lavoro. L’ultimo istituto che abbiamo visitato è stato il Liceo scientifico.

Questa scuola, che ha avuto molte adesioni da parte degli studenti, da una formazione a 360° per ogni percorso di studio univer- sitario che si desidera svolgere. Situato ad Arzachena, ha una struttura piccola ma molto accogliente grazie anche all’ambiente tranquillo tra le mura scolastiche. Speriamo che tutti facciate la scelta giusta e forse ci rivedremo alle superiori.

di Sofia Azara & Cristian Multineddu

Si, perché se hai una passione devi perseverarla perché si è bravi non se si inizia ma se si persevera (Ragnedda Ian 3°A) Si, perché ti dà molte possibilità di scelta per quanto riguarda l’Università (Asara Camilla 3°C)

Si forse. Non sono molto sicura, magari avrei preferito Scien- ze Umane (Pili Anna 3°C)

Si, sono sicura perché mi piace ed è vicino a casa (Salerno Laura 3°C)

Si perché mi piace continuare a studiare e mi piace la scuola che ho scelto (Azzena Alessio 3°C)

Si, sin da piccolo desideravo andare in questa scuola (Sanna Riccardo 3°D)

Si, da tanto volevo andare al linguistico e anche ora ci voglio andare perché mi piacciono un sacco le lingue (Sammanimi Giada 3°D) Si, ho scelto il Liceo scientifico perché è una base per tutto (Pala Giacomo 3°D)

Credo, o meglio, spero di si. La mia scelta è stata molto proba- bilmente dettata dalla mia passione per la lettura e la volontà di approfondire le mie competenze nel campo delle materie uma- nistiche. Per cui ritengo che il Liceo classico si avvicini mag- giormente alle mie preferenze nell’ambito di studio.

(Filippeddu Valentina 3°C)

Si, perché la mia passione è cucinare.(Attino Maria Alessandra 3°B) Si, perché è più vicina a casa mia e anche perché mi piace la scuola in sé. (Falchi Stefania 3°B)

Si perché ho più opportunità di lavoro e unisce le cose che mi piacciono: le lingue e la cucina. (Diturco Gioia 3°C)

Voglio andare in questa scuola per imparare più di una lingua perché le lingue sono importanti nella vita e dobbiamo imparar- le. (Ibrahim Malak 3°C)

Si, perché penso che possa darmi una preparazione completa per le cose che vorrei studiare all’Università, oltre che fornirmi le conoscenze necessarie per intraprendere la mia carriera la- vorativa in modo autonomo. (Gaggioli Chiara 3°A)

Si, perché ho scelto in base a quello che voglio fare e ho deciso di seguire le mie passioni; non come multi (che conosco) che scelgo- no la scuola in base alle persone che ci vanno, o perché è vicino.

Io devo pensare a me stessa, perché da questa scelta dipenderà il mio futuro: ho scelto di essere autonoma! (Pitturru Giulia 3°A)

Si, perché a me piacciono molto le materie che si svolgono in questa scuola. Ma anche perché mi sembra una scuola che da una buona preparazione. (Pirisi Martina 3°C)

La scelta Durante questi tre anni, abbiamo avuto l’opportunità di fare nuove esperienze che ci hanno cambiato e

maturato, proprio per poter affrontare quella che sarà la nostra futura scuola.

Molti pensano che gli anni trascorsi qui dentro siano i più confusionari dal punto di vista identitario. Perché viviamo in una fase dove pretendiamo di scoprire in maniera definitiva chi siamo e a quale identità apparteniamo. Tanto è vero che alla base di queste ricerche sociali c’è il rapporto con gli altri e quello con la scuola. Per meglio capire di cosa stiamo trattando, abbiamo chiesto a quattro ragazzi e ad un collabo- ratore scolastico di rispondere alla domanda su come sono sembrati questi tre anni di passaggio. Le risposte, al contra- rio dell’opinione sopra citata, si sono dimostrate tutt’altro che confuse, anzi ben argomentate, soddisfacenti e sotto alcuni punti di vista simili. “Me lo aspettavo più traumatico” - inizia così il racconto del primo intervistato, che ci ha dato una ri- sposta contro la maggior parte delle teorie precedentemente formulate, dimostrandosi quasi completamente favorevole al sistema scolastico che vige in questa scuola. I pareri concor- dano anche nel modo di vivere i cambiamenti quasi tempe- stivi che hanno caratterizzato questi ultimi due anni scola- stici. I quattro ragazzi si vedono sullo stesso piano anche a testimoniare la troppa agitazione che si respira nei corridoi.

In classe non ci si annoia, ma si trovano differenze enormi sul comportamento tenuto in presenza dei professori rispet- to a quello in completa autonomia. I collaboratori invece so- stengono che i ragazzi l’autonomia non sappiano cosa sia, giustificando il loro comportamento vivace dall’inserimento spropositato degli armadietti, a parer loro, un progetto “trop- po caotico per poter essere sostenuto”. Per gli studenti lo spazio e il tempo dedicato a queste nuove installazioni è una scusa per ritrovarsi con gli amici e scherzare. Scherzi che, alcune volte, arrivano ben oltre spintoni e risate, ma sfocia- no in dispetti anche più gravi, quali apertura non autorizzata di proprietà altrui, fenomeno che sta diventando sempre più diffuso, tant’è che molti armadietti stanno perdendo la loro utilità. D’altra parte, è anche scarsa la cura che i ragazzi dimostrano al loro mantenimento. Da quanto siamo riusciti a capire, la disattenzione al momento della chiusura degli armadietti è alta e questo sembrerebbe giustificare chi li apre di proposito. Giustificazione tutt’altro che nobile, tanto da evidenziare la scarsa applicazione delle regole e la loro conseguente immaturità.

l’opinione dei ragazzi di terza & dei collaboratori scolastici

Il “ nostro triennio”

di Camilla Asara & Chiara Gaggioli

(8)

14

cultura Tradizioni popolari Le leggende galluresi rubriche cinema - musica - film - libri - giochi società

Il cinema a scuola

Come ogni anno, docenti e corpo inse- gnante si impegnano affinchè ogni ragazzo si possa trovare a proprio agio nell’am- biente scolastico. Ad arricchire la proposta formativa è stato istituito da quest’anno un nuovo evento: “IL CINEFORUM”. Quest’ul- timo, proposto dalla prof.ssa Giulia Sivieri e realizzato dalla classe 3°A, è un proget- to che consiste nel proiettare film con temi specifici (lgbt, droga, malattie, razzismo), e che riportino la realtà in modo da sotto- porre ai ragazzi degli argomenti capaci di trasmettere loro ciò che alcune persone vivono e/o hanno vissuto per davvero. In questa rappresentazione cinematografica la vita non è sempre tutta rose e fiori, tanto che il programma propone film sulle atroci- tà compiute dall’uomo nella storia. Ne è un esempio la persecuzione degli Ebrei che si celebra in questo periodo dell’anno. Per questi motivi, il progetto non è un semplice di Alice Virde & Roberto Pisciottu

perditempo per chi non vuole stare in clas- se ma anche un momento di sfogo, pen- sato per adattare i temi scelti ad un attimo di riflessione. Oltre a far riflettere, è anche un’ottima occasione per unire i ragazzi ed insegnare loro il lavoro di squadra; infatti il progetto, contenente trailer, locandine con data e ora, e i film che saranno scelti, sarà interamente realizzato da loro. Per la preparazione di questa opera cinemato- grafica, gli alunni hanno deciso con una votazione, la scelta dei film da proiettare.

Il cineforum, infatti, prevede che tutte le classi terze, vedano almeno un tema tra quelli proiettati. Il trailer, invece, è stato re- alizzato (sempre dagli scolari), grazie a dei programmi appositi. Per l’invito alla visione dei film, verrà creata una locandina con le informazioni che li riguardano, che poi ver- rà esposta e consegnata nelle classi.Alla fine di ogni film ci sarà una discussione

sugli argomenti prestabiliti, così da con- cedere ad ogni spettatore di esprimere e motivare il proprio giudizio. Sempre in que- sto contesto, i ragazzi hanno deciso di in- serire una recensione tramite smartphone, in modo da stabilire il successo ottenuto.

Questo progetto si terrà nell’aula magna della scuola media di Arzachena e verrà presentato a breve, perché non è stata an- cora decisa la data di uscita dei film. Dopo un breve sondaggio della classe 3°A, ab- biamo stabilito che l’opinione generata dagli alunni per la realizzazione di questo progetto sia tutt’altro che negativa, infatti la maggior parte dei presenti che si trova- vano nell’aula pensano che sia un ottima iniziativa per migliorare la scuola e per ren- dere un ambiente solitamente monotono, in un posto per memorizzare i concetti dei temi senza dover affrontare lezioni frontali.

Quest’iniziativa è un’ottima occasione per uni-

re i ragazzi ed insegnare loro il lavoro di squadra.

Saranno loro, infatti, a realizzare interamente trailer, locandine e la scelta dei film

La storia della comunità arzachenese ci racconta che, quando si formarono le prime famiglie nella zona dove poi è nata Arzachena, c’erano persone più importanti che solitamente erano quelle che avevano più terreni e più bestiame, e poi quelle considerate più povere. Tra queste famiglie ce n’erano due con le stesse ricchezze che pensavano di poter decidere dove far costruire la prima chiesa.

Una famiglia voleva farla costruire su una collinetta e l’altra al centro del paese. Da quel momento i capi famiglia bisticciarono e dopo vari litigi, solo una vinse. Di solito, quando si costruivano le chiese, si posizionava la statua del santo a cui dedicarla nel punto intorno a cui sarebbe poi sorto l’edificio. Per questo motivo venne posizionata dalla famiglia vincitrice la statua della Madonna “Santa Maria della neve” sulla collinetta dove la vediamo oggi. Da quel momento co- minciò ad accadere qualcosa di molto strano: ogni mattina la statua, invece che trovarsi nel punto in cui era stata lasciata, si trovava ai piedi di un olivastro, esattamente al centro del paese, esattamente dove avrebbe voluto costruire la chiesa la famiglia che aveva perso.

Questo successe per diverse mattine, la notte la statua si trovava sulla collinetta, il giorno dopo in centro. Per questo la leggenda narra che fu la Madonna a scegliere il posto dove far costruire la chiesa, visto che ogni notte si spostava da un posto all’altro. Ne conseguì che l’olivastro situato nel centro del paese fu tagliato e al suo posto fu costruita la chiesa di “Santa Maria della neve” che si trova esattamente al centro del paese, laddove la famiglia perdente aveva sempre chiesto di costruirla. Fu così che Arzachena ebbe la sua prima chiesa nel punto in cui la vediamo oggi. Col tempo, la comunità arzachenese cominciò ad aumentare tanto che di fronte alla sua chiesa venne costruita un bellissima piazza, oggi conosciuta come Piazza Risorgimento. La leggenda si conclude con la conferma che fosse stata la Madonna a scegliere il posto dove stare e perciò, le due famiglie non litigarono più, portando la pace in tutto il paese.

di Sara Filippeddu

La voce della gente

La leggenda è un racconto popolare originariamen- te trasmesso a voce. Contiene sempre frammenti di verità e ha una funziona educativa. I personaggi possono essere principalmente anonimi o noti, i luoghi sono precisi e definiti, e il tempo è precisato.

Il linguaggio utilizzato nel testo è molto semplice, la struttura è composta dalla situazione iniziale, lo sviluppo e la conclusione. E proprio per conoscere meglio quest’argomento, la classe 1° A di questa scuola, guidata dalla professoressa Ciampallari, ha dedicato la sua ricerca sulle leggende popolari di Arzachena. Fra le tante, ne abbiamo selezionate due e ve le proponiamo per condividerle con tutti, anche chi non è di questo paese.

Si narra che nelle campagne di Arzachena le anime dei defunti seppelliti nel cimitero vagassero nelle viuzze per fare penitenza.

Dovevano espiare le loro colpe terrene di quando erano in vita do- vute a omicidi, rapine, bullismo. Questa processione si chiamava la Reula, durante la quale i defunti uscivano dalle loro tombe non prima della mezzanotte, e dovevano rientrare obbligatoriamente entro l’alba. La leggenda, racconta che queste anime vaganti fossero vestite con una tunica bianca e portavano in mano una candela per vedere nella notte fonda. Passeggiavano nelle viuzze della campagna gallurese tanto che, se qualcuno li incontrava durante una processione, poteva vedere anche l’anima di una persona ancora in vita. Si dice inoltre che se gli spiriti andavano in salita, quella persona sarebbe morta entro l’anno; se invece andavano in discesa, le sarebbe venuta una brutta malattia. Ma non finisce qui. La leggenda continua dicendo che colui che incontrava la processione rischiava grosso per la sua sicurezza. Nel caso più fortunato se la cavava con qualche botta ricevuta dai defunti per le quali gli rimanevano “li pizzichi di li molti” Per scamparsela, doveva riconoscere un suo compare o parente che doveva nasconderlo in un angolo della strada, oppure era costretto a scappare facendosi il segno della croce e pronunciando le dodici parole di San Martino una dopo l’atra che sono: Uno: È più altulusóli di la luna; Due: Li duitauli di Mosè, candu è andatuGhjésuCristu a Ghjérusalè; unu è più altulusóli di la luna. Tre: Li tre Almarii; dui li duitauli di Mosè;

unu è più altulusóli di la luna. Quattro: Li cattru Evangelisti; tre li tre Almarii; Cinque: Li cincu piai; cattru li cattru Evangelisti; Sei: Li sei candeli di Billè; cincu li cincu piai; Sette: Li setti dulóri; séi li séi- candéli di Billè; Otto: L’ottu doni; setti li setti dulori; Nove: Li nóicóri di l’ agnuli, ottu l’ ottu doni; Dieci: Li décicumandamenti; nói li nóicóri di l’agnuli; Undici: L’undici vilgjini, déci li décicumandamenti; Dodi- ci: Li dódiciapostuli; undici l’undici vilgjini. Qualora avesse sbagliato una parola, avrebbe seriamente rischiato di morire. Talvolta se li incontravi poteva pure succedere che al malcapitato venisse uno spavento tale da non poter più parlare e perciò doveva ricorrere alla medicina popolare. Questa consisteva nel tagliare quattro ciocche di capelli: una dalla nocca, una dalla fronte, un’altra dalla tempia destra e da quella sinistra. Perché la medicina funzionasse biso- gnava bruciare i capelli e la cenere che rimaneva doveva essere messa in un bicchiere d’acqua e farla bere al malcapitato così che potesse raccontare la brutta esperienza passata.

di Leonardo Cadoni di Massimiliano Farina & Christian D’Angelo

(9)

cultura Scuola Percorso ad indirizzo Musicale

Concerto di Natale

di Martina Dettori & Giada Occhioni Il Concerto di Natale è stato un grande successo per le classi a indirizzo musicale della scuola media di Arzachena. Come ogni anno, ad ospitare la manifestazione è stato l’Auditorium comunale di Arzachen, dove sono giunti genitori, amici, alunni ed insegnanti. Lo spettacolo è cominciato con il brano eseguito dalla classe 1^ ‘’O albe- ro’’, diretto dal professore di flauto, Mauro Uselli. Successivamente, gli stessi ragazzi si sono distinti cantando con l’orchestra della classe seconda, il brano ‘’Pitzinos in sa guerra’’ diretto dalla professoressa di pianoforte, Elisabetta Canu. La classe ter- za, invece, con l’ accompagnamento can- tato dalla classe seconda, ha suonato alla

“grandissima” il brano, diretto dal profes- sore di chitarra, Giacomo Spano, ‘’Adeste fideles’’. La sala dell’Auditorium, gremita fino all’eccesso da parenti e tantissimi fans che frequentano le elementari a cui piacerebbe iscriversi a questo indirizzo. Le Classi ad Indirizzo Musicale vanno avanti da tanti anni sempre con gran successo.

Per tastare il polso della situazione, abbiamo fatto un paio di domande ai ragazzi di prima che ci hanno risposto con piacere:

Anche se lo frequentate da pochi mesi cosa pensate del corso musicale?

E’ un’esperienza nuova e quindi fantastica, prendere per la prima volta uno stru- mento e imparare a suonarlo, è a dir poco emozionante! (Farina Massimiliano, flautista); Lo trovo facile rispetto a quello che mi aspettavo.(Meloni Francesco, vio- linista). ‘’E’ una bellissima esperienza.’’ (Rosso chioso Ercole chitarrista); Io penso che sia assolutamente un esperienza da provare! (Francesco Meloni violinista).

Lo strumento che attualmente suonate è quello che desideravate al tempo dell’iscrizione?

Farina Massimiliano, flautista - Non pienamente ma sono comunque felice.Meloni Francesco, violinista. Si, il violino.- Pileri Nicole, pianista. Si, suono il pianoforte;

Rosso Chioso Ercole, chitarrista - Si perché nella graduatoria sono arrivato primo.

Ormai siete una vera e propria orchestra, cercare la coordinazione nella vostra classe è complicato?

Farina Massimiliano, flautista. No, siamo abbastanza coordinati tra noi. Meloni Francesco, violinista. ’Secondo il mio parere no. Pileri Nicole, pianista. - ‘’Dipende, se ci aiutano i professori si, altrimenti ognuno va per conto suo. Rosso Chioso Ercole, chitarrista - A me non sembra difficile.

L’intervista ai musicisti

Inventato da Bartolomeo Cristoferi nel XVIII secolo, è uno strumento musicale a corde, percosse da martelletti, azionati da una tastiera. Generalmente una di queste è composta da 88 tasti, cinquanta due bianchi e trentasei neri. Il suono può essere modificato da tre pedali che azionano particolari meccanismi. Quello al centro è chiamato ‘’sordina’’, mentre gli altri due, che si possono trovare in qualsiasi pianoforte, hanno la funzione di prolungare il suono o la nota. Un pianoforte è diviso da un do, chiamato dai pianisti

‘’do centrale’’. Suddivide le note acute da quelle gravi. Negli spartiti, invece, si usa per distinguere la chiave di violino o di sol dalla chiave di basso o di fa. Il pianoforte è uno strumento molto desiderato dai ragazzi dagli undici ai quindici anni, è poco complicato ma da tantissime soddisfazioni! Per questo consiglio personalmente di imparare a suonare questo magnifico strumento. I pianisti della scuola media di Arzachena, che frequentano il corso musicale, sono parecchio soddisfatti di questa esperienza.

Il Pianoforte

l’intervista

di Sofia Azara & Cristian Multineddu

Rapportarsi

con gli altri

Ognuno di noi ha bisogno di avere un amico, un partner o un parente al proprio fianco per vivere serenamente la sua quotidianità.

A tutti serve l’amore e il sostegno di una persona ma spesso non tutti sanno come riuscire ad instaurare un buon rapporto con i suoi simili. Innanzitutto, non bisognerebbe avere paura delle persone con le quali si intende avere un rapporto, tanto che parlarci, scherzaci e cominciare un approccio dovrebbe essere fatto con calma e con tutto il tempo necessario. È proprio da questo primo avvicinamento si può capire se, chi ti è davanti, sia veramente la persona giusta e se valga la pena conoscerla meglio. Anche se ci potrebbero essere domande alle quali non è semplice trovare delle risposte, tu prova a pensare e a selezionare quelle che ritieni più opportune. Avere un rapporto potrebbe aiutare ad essere più a proprio agio con le persone che ci circondano senza avere paura di esprimere la propria opinione. Una spalla su cui contare potrebbe essere un rifugio quando ci si sente soli e se è possibile, che questa cosa sia reciproca. Solitamente tra le persone c’è un confronto in cui i sottoscritti mettono assieme le proprie diversità e i propri difetti/pregi per poi dimostrare la propria maturità, così facendo miglioreranno il rapporto tra di loro e da quel momento sapranno in ogni occasione di cosa parlare. Per capire meglio: se

di Anna Cau & Greta Carta

avete due idee diverse potrebbe aiutare sedervi e parlarne con calma, potrebbe scattare un litigio ma è normale, in un amicizia si litiga e si fa pace. Una volta capite le idee differenti potreste metterle assieme e cercare una cosa in cui andate d’accordo. Da quel momento dipende da chi e da come la vostra maturità potrebbe essere cresciuta. Da questi confronti potresti iniziare ad avere una personalità più aperta e più libera, così facendo risulterai agli altri una persona con cui è piacevole parlare. Potreste riscontrare idee diverse più e più volte, ma parlandone e confrontandovi il vostro rapporto potrebbe migliorare notevolmente. Infondo un amico/a serve proprio a quello, a crescere insieme capendo dove si sbaglia e dove no, confrontando il vostro pensiero, esprimendo quello che sei, nei momenti più belli e in quelli più brutti. Nella vita potresti incontrare persone false che vogliono solo farsi notare, usarvi per i loro comodi e poi lasciarvi là a marcire come se nulla fosse accaduto. C’è il rischio che questo vi ferisca, ma dovete capire che queste persone, molto semplicemente, non hanno capito chi davvero siete e che non vi hanno fatto nulla, perché con o senza di loro valete un sacco. Ed è in questi momenti che capite i veri amici, quelli che ci sono, soprattutto i queste occasioni, loro saranno lì a sostenervi e molte volte è proprio da loro che capite quello che siete e quanto valete. Quindi sì, è a questo che servono gli amici, sono coloro che riescono sempre a strapparti un sorriso anche solo con uno sguardo. Ed è per questo che avere un rapporto qualsiasi con le altre persone è importantissimo, che sia di amicizia o non. E spero che nella vostra vita riuscite a capire chi sono gli amici veri e chi sono quelli falsi perché non sempre è facile riconoscerle. A volte le persone fingono bene a tal punto che quando si tolgono la maschera che hanno tenuto per tutto questo tempo tu rimani sconvolto come se non volessi realizzare che per tutto questo tempo ti sei fidata della persona sbagliata. Non devi avere l’ansia di avere tanti amici, di essere “popolari” perché ricorda, meglio soli che mal accompagnati.

Cosa pensa del giornale scolastico?

Ottima iniziativa utile per i ragazzi che ci lavorano e lo realizzano, perché la scrittura è uno strumento che aiuta ad indagare la realtà ma soprattutto se stessi.

Rispetto alle altre scuole, quale è stato il primo impatto qui da noi e come sta andando oggi?

Mi sono trovata bene con i colleghi e con la dirigente scolastica, persone solari ed accoglienti. Più difficile è stato l’approccio con gli studenti perché ho trovato una forte demotivazione allo studio da parte di molti. La prima cosa che ho fatto è stato creare un rapporto di fiducia con i ragazzi, di dialogo e soprattutto trovare ogni giorno le stra- tegie per spronarli e farli migliorare e innamorare della lettura, della scrittura e di tutto ciò che consente loro di diventare cittadini attivi e responsabili.

Cosa migliorerebbe al clima di questa scuola?

Bisogna continuare a lavorare sul rispetto delle istituzioni, delle persone e delle regole ma soprattutto interagire di più con le famiglie per far comprendere che il successo formativo dei ragazzi come studenti e come persone è il frutto di una cooperazione tra docenti, genitori e territorio. Come afferma un proverbio africano: “per educare un bambino ci vuole un intero villaggio”.

Cosa pensa del rapporto che c’è tra alunni?

Non posso essere sicura di quello che c’è tra gli studenti, ma spero che ci sia un rapporto basato sulla sana competitività, onestà, rispetto e voglia di dare il meglio di sé per il bene di tutti.

All’inizio di quest’anno le richieste per poter partecipare al giornalino scola- stico sono state davvero numerose.

Tant’è che anche i ragazzi dai quali non ci si aspettava alcuna collaborazione, hanno partecipato numerosi. Non sappiamo per quale motivo lo abbiano fatto, forse per non restare in classe, o la voglia di lavorare. Non abbiamo una risposta certa e perciò abbiamo deciso di chiedere un parere alla docente di riferimento del giornalino: la professo- ressa Giovanna Di Bartolo.

Per educare un ragazzo

ci vuole un’intera Comunità

Riferimenti

Documenti correlati

Gli inquisitori non ebbero sempre rapporti facili con i vescovi, che si vedevano limitare e talvolta contrastare la propria autorità giurisdizionale e neppure con le autorità

Alle vicende della principessa Sissi viaggiatrice in incognito, di Edoardo VIII che in treno raggiunge Miss Warfield, nome da nubile di Wallis Simpson, di un presidente

Il Gundam Italian Club raduna sotto un’unica bandiera ufficiale i fan italiani di Gundam, ponendosi come punto di incontro per tutti coloro che vogliono

“Il nostro valore” – commenta il pre- sidente di Cassa Centrale Banca, Gior- gio Fracalossi – “è proprio quello di es- sere rimaste ciò che siamo sempre state, Banche

Il Gundam Italian Club si pone, inoltre, come interlocutore diretto, serio e competente con quanti vorranno far crescere la conoscenza del mondo del Mobile Suit bianco

Da ricor- dare anche l’incontro con il Gruppo Mo- tociclistico Avis di Taverne d’Arbia (Si), coordinato dal presidente Daniele Pisci- ni, la presenza presso lo stand Avis alle-

In particolare, l’aggregato “Abitazione, acqua, elettricità e altri combustibili” ha visto accelerare la propria corsa al rialzo nei primi mesi del 2022 fino a raggiungere nel mese

2.3) (omissis) Alla luce di queste considerazioni, le Sezioni Unite ritengono che il motivo di ricorso sia infondato. La sentenza della Corte di appello ha chiarito puntualmente