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LA CONTABILITÀ NEL SISTEMA DI WELFARE DEGLI OSPEDALI DELLE “NUNZIATE” DEL CENTRO-SUD ITALIA (SECC. XVIII-XIX)
di Paola Nardone, Natascia Ridolfi e Ada Di Nucci (*) Abstract: Alla fine del XVIII secolo si diffusero in Europa nuove teorie contabili che misero in discussione il metodo italiano della “partita doppia”, considerato all’epoca troppo sofisticato e poco chiaro. Consistevano in dottrine basate sull’uso della partita semplice, ritenuta maggiormente adatta a regole e controlli. In questo periodo particolare enfasi fu rivolta al sistema camerale, di origine austro-ungarica (Kameral Rechnungsfusse), concepito nel 1762 per eliminare le difficoltà generate dalla gestione burocratico-amministrativa dell’Impero. Tale metodo ebbe risonanza anche in Italia dove il sistema camerale trovò applicazione nella contabilità degli enti pubblici, diffuso e sostenuto da Francesco Villa e Antonio Tonzig, che ne sottolinearono la validità scientifica. La presente ricerca si inserisce in questo contesto, mirando ad analizzare le tecniche contabili applicate nella gestione degli Ospedali “Santissima Annunziata” nell’Italia centro meridionale tra il XVIII e il XIX secolo. A tal fine verranno esaminati i libri contabili, il giornale e la contabilità generale nonché i documenti di supporto alla contabilità ordinaria e straordinaria. Il saggio, pur considerando i cambiamenti legati alla storia della teoria contabile tradizionale, farà riferimento anche a quelli della new accounting history, che inseriscono la contabilità all’interno di un contesto più ampio nel quale essa contribuisce e partecipa alla definizione degli eventi sociali, politici, culturali ed economici.
At the end of the XVIII century, new accounting theories spread in Europe calling into question the Italian method of
“double entry”, which at the time was considered too sophisticated and not very clear. They consisted in doctrines based on the use of the single entry, deemed more suitable for rules and controls. In this period particular emphasis was places on the cameral system, of Austro-Hungarian origin (Kameral Rechnungsfusse), conceived in 1762 to eliminate the difficulties generated by the bureaucratic-administrative management of the Empire. This method also had resonance in Italy where the cameral system found application in public institute accounting, disseminated and supported by Francesco Villa and Antonio Tonzig, who underlined its scientific validity. This research fits into this context, aiming to analyze the accounting techniques applied in the management of the institutes of “Santissima Annunziata” Hospitals in central southern Italy between the 18th and 19th centuries. To this end, the accounting books, the newspaper and the general accounting will be examined as well as the supporting documents for the ordinary and extraordinary accounting. The essay, while considering the changes related to the history of traditional accounting theory, will also refer to those of the new accounting history, which place accounting within a broader context in which it contributes and participates in the definition of social and political events, cultural and economic.
Sommario: 1. La contabilità camerale nell’amministrazione degli enti pubblici: uno sguardo di sintesi. – 2. Il sistema camerale in Italia: la scuola lombarda. – 3. La contabilità in partita doppia nelle istituzioni pubbliche. – 4. La governance negli ospedali delle Santissime Annunziate. La contabilità tra potere e religione. – 5. Contabilità e welfare nella rete ospedaliera nel Centro-Sud Italia tra il XVIII e il XIX secolo. – 6. Governance e contabilità nell’ospedale Santissima Annunziata di Napoli. – 7. La governance degli ospedali della Santissima Annunziata in alcune località del Meridione. – 8. Governance e contabilità negli ospedali “Santissima Annunziata” della terra d’Abruzzo. – 8.1. L’ospedale Santissima Annunziata di Sulmona. – 8.2. L’ospedale Santissima Annunziata di Chieti.
– 9. Alcune considerazioni conclusive.
1. La contabilità camerale nell’amministrazione degli enti pubblici: uno sguardo di sintesi
La diffusione del sistema camerale in Italia si manifestò in un momento particolarmente delicato della storia del nostro Paese, quello della Restaurazione, che sottoponeva di nuovo il Lombardo-Veneto all’autorità del governo au- striaco.
Nel periodo della Restaurazione la Lombardia non era soltanto la più importante delle regioni d’Italia sotto il dominio straniero, ma era la più ricca e la più progressiva. Inoltre la sua capitale, Milano, era in prima linea nella penisola nella pubblicazione di libri e giornali che si rivolgevano a tutta l’Italia (1).
(*) P. Nardone è professore ordinario di Storia economica, N. Ridolfi è professore associato di Storia economica, A. Di Nucci è assegni- sta di ricerca in Storia economica presso l’Università di Chieti-Pescara “G. D’Annunzio”.
(1) K.R. Greenfield, Economia e liberismo del Risorgimento. Il movimento nazionale in Lombardia, Bari, Laterza, 1964, 3.
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Sentimenti contrastanti caratterizzarono questo periodo, nel quale iniziarono a convivere, da una parte, le idee di coloro che auspicavano la libertà del territorio all’interno del progetto di indipendenza nazionale, dall’altro il timore per l’unificazione stessa, che avrebbe potuto cancellare i progressi fatti dalle aree del Nord proprio in virtù dell’inseri- mento nel contesto politico-economico dell’Impero.
Dopo il congresso di Vienna (1814-1815) il sistema camerale fu utilizzato come base contabile nelle amministra- zioni pubbliche (2). Esso si caratterizzava per rilevazioni in partita semplice, riferite sia nel libro giornale sia nel libro mastro. Le scritture avevano per oggetto le entrate e le uscite ed erano distinte in titoli, categorie e articoli. La contabilità camerale prevedeva anche la tenuta di un registro inventario preposto alla contabilizzazione del patrimonio. Alla fine di ogni anno solare era effettuato il calcolo dei residui, i quali venivano riportati nel libro mastro attraverso delle ope- razioni di chiusura (3).
Il sistema camerale era stato progettato in risposta alla particolare organizzazione burocratico-contabile presente nell’Impero asburgico già dal XVIII secolo, inaugurata durante il regno di Maria Teresa. L’esigenza era quella di strut- turare l’apparato amministrativo in modo gerarchico e centralizzato. Gli uffici periferici dovevano far riferimento a Vienna, sede centrale di controllo e collegamento per i territori dell’Impero. Tale accentramento garantiva il recepi- mento delle direttive governative, ma presentava anche un’eccessiva rigidità, una chiusura a qualsiasi iniziativa a livello locale.
L’attivazione dell’organizzazione contabile-amministrativa degli Asburgo, all’atto pratico, non fu immediata perché la definizione di tutti gli organi pubblici comportò dei tempi di adeguamento che si protrassero sino al 1816. In questo periodo anche i fautori dell’Impero iniziarono a vacillare nelle loro convinzioni e a rimpiangere il modello burocratico franco-italico.
Tutte le branche dell’amministrazione, sia in Lombardia che nel Veneto, erano ancora a corto di personale. Non erano ancora organizzate le direzioni della sanità, delle strade e vie d’acqua e delle imposte dirette, gli uffici di ragioneria e tutti gli uffici finanziari e di tesoreria fatta eccezione per le direzioni del lotto. La confusione che nacque da tale im- provvisa riorganizzazione amministrativa rallentò sensibilmente la contrattazione dei pubblici affari suscitando un nuovo motivo di malcontento […]. Le complicate prassi amministrative che erano predisposte e che richiedevano risme di carta per le operazioni scritte di numerose persone ed uffici cui il governo trasmetteva anche cose più insignifi- canti prima di deliberare, dettero lo spunto a molte satire sulla “burocrazia di carta” che non riusciva a condurre a buon fine nessun lavoro costruttivo (4).
Nella struttura organizzativa centralizzata, l’aspetto finanziario assumeva un ruolo particolarmente significativo e il sistema camerale veniva considerato il più adatto a soddisfarne le esigenze, favorendo i controlli sulle entrate e sulle uscite di denaro pubblico e andando così a ottemperare a requisiti sia giuridici sia amministrativi(5).
La sovranità austriaca, in definitiva, da una parte incoraggiò l’evoluzione dell’apparato amministrativo nel Lom- bardo-Veneto e lo sviluppo del sistema d’istruzione, dall’altro impose un controllo tout court su tutte le attività, da quelle politiche e intellettuali sino a quelle economiche, affermando le visioni ormai “arcaiche” che la caratterizzavano, ma soprattutto negando qualsivoglia innovazione e spirito di partecipazione al sistema (6).
2. Il sistema camerale in Italia: la scuola lombarda
In Italia il sistema camerale fu sostenuto dalla cosiddetta scuola lombarda. I suoi maggiori esponenti furono Fran- cesco Villa e Antonio Tonzig, che proposero tale impianto contabile nelle amministrazioni pubbliche.
L’importanza metodologica della contabilità camerale fu espressa da Villa, docente di Scienza della contabilità dello Stato presso l’Università di Pavia, nel saggio La contabilità applicata alle amministrazioni private e pubbliche, edito tra il 1840-1841. L’opera era distinta in due parti, una teorica e una pratica. Nella prima l’autore disaminava il sistema camerale, chiarendone le caratteristiche, i libri contabili utilizzati e le modalità di rilevazione. Nella seconda forniva degli esempi pratici ai quali le amministrazioni potevano far riferimento in caso di dubbi e necessità. Il pensiero di Villa si strutturò all’interno della teorizzazione camerale. Egli riaffermò l’importanza di tale sistema nel saggio del 1850 Elementi di amministrazione e contabilità, nel quale propose la distinzione tra contabilità e amministrazione, (2) R. Mussari, Scritture camerali ed evoluzione dei fabbisogni formativi delle amministrazioni pubbliche, in Dalla rilevazione conta- bile all’economia aziendale (Atti del IX Convegno nazionale della Società italiana di storia della ragioneria, Perugia 27-28 settembre 2007), Roma, Rirea, 2008, 275-276.
(3) Il sistema camerale fu introdotto nell’Impero Austro-Ungarico da Matthias Püechberg, Consigliere della Camera Aulica. O. Gabro- vec Mei, Il linguaggio contabile, Torino, Giappichelli, 1990, 100-103.
(4) R.F. Rath, L’amministrazione austriaca nel Lombardo Veneto (1814-1821), in Archivio economico dell’Unificazione italiana, 1959, vol. IX, n. 1, 15.
(5) Scuola superiore dell’Amministrazione dell’Interno, L’organizzazione territoriale dello Stato in Austria, Francia, Germania, Re- gno Unito e Spagna. Evoluzioni e prospettive, in I Quaderni della Scuola, 2009, n. 9, 16.
(6) C. Gulluscio, Antonio Tonzig e il metodo camerale di contabilità per le pubbliche amministrazioni, in Contabilità e cultura azien- dale, 2011, n. 2, 11-12.
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riconoscendo un ruolo determinante alla ragioneria, intesa come scienza rivolta al controllo tecnico dell’attività di gestione dell’amministrazione: “la necessità di studiare la contabilità delle aziende in aderenza ai problemi di gestione, di cui effettivamente svol[se], sia pure in modo sommario, una trattazione economica” (7). Villa però, con il passare del tempo, iniziò a prendere le distanze dal sistema camerale, sottolineando le criticità di applicazione e i limiti del suo utilizzo presso le amministrazioni pubbliche. Nell’opera Nozioni e pensieri sulla pubblica amministrazione, edita nel 1867, propose come sistema contabile per il settore pubblico il metodo italiano della partita doppia, considerato più adatto a soddisfare le esigenze di gestione dello Stato.
Il passaggio ideologico dello studioso milanese al metodo partiduplistico di Luca Pacioli maturò contemporanea- mente al processo di unità nazionale, momento in cui Villa contemplò la possibilità di applicare nelle amministrazioni pubbliche un sistema contabile italiano. Considerò così opportuna la tenuta di una contabilità pubblica in partita doppia.
Il guadagno o la perdita fatta si possono conoscere con l’aiuto della partita semplice, ma per ottenere una chiara dimostrazione delle spese e delle rendite, oltre che dell’anda- mento dei singoli rami dell’azienda, è necessario ricorrere ad un altro metodo più com- pleto: la scrittura in partita doppia (8).
Rimaneva invece legato alla tradizione camerale il trattatista Antonio Tonzig, allievo di Villa, anch’egli esponente della scuola lombarda. Fermo sostenitore dell’impianto austriaco, Tonzig illustrò tale metodo nel saggio Trattato della Scienza della contabilità di Stato, pubblicato nel 1847 (9). Essa era un’opera divulgativa, comprendente le lezioni tenute per la cattedra di Scienza della contabilità dello Stato presso l’Università di Padova. La visione di Tonzig fu ribadita anche nel Trattato della Scienza dell’amministrazione e della contabilità privata e dello Stato degli anni 1857- 1858, nel quale l’autore confermò la validità del metodo camerale quale miglior impianto contabile per il comparto pubblico, poiché era in grado di offrire una contabilità lineare, accurata e precisa ma, soprattutto, soddisfaceva l’esi- genza principale dell’amministrazione pubblica: la gestione dell’apparato finanziario. A tal proposito il sistema came- rale con rilevazioni in partita semplice diveniva il più adatto (10). Tonzig arrivò a tale conclusione dopo un’accurata analisi delle tipologie di rilevazioni contabili, esaminando le registrazioni in partita semplice, in partita doppia italiana e in partita doppia migliorata. Ne concluse che l’impianto camerale in partita semplice rispondeva meglio alle finalità di gestione pubblica considerando il:
sistema secondo ‘l quale sogliono essere annotate, tenute in evidenza e dimostrate le rendite e le spese dello Stato. L’origine di questo sistema si perde nei tempi più remoti.
È da presumersi che esso abbia avuto principio colla amministrazione, e che formato a poco a poco da difettose ed inesatte forme di corteggiamenti, sia stato nei tempi moderni per mezzo di replicate riforme perfezionato e ridotto allo stato attuale di semplicità (11).
Esso conteneva alcuni requisiti essenziali, quali ordine, precisione, chiarezza e verità che, per Tonzig, erano fonda- mentali nella contabilità pubblica (12). Il sistema austriaco sembrava plasmato per tale finalità “anzi l’unico per l’am- ministrazione dell’interesse pubblico e [poteva] essere raccomandato a tutte le amministrazioni non commerciali” (13), a differenza del metodo partiduplistico che meglio si confaceva alla contabilità delle aziende private, ottemperando sia all’aspetto finanziario sia a quello economico (14).
3. La contabilità in partita doppia nelle istituzioni pubbliche
Nella seconda metà dell’Ottocento la trattatistica italiana trovò un nuovo slancio, divenendo parte integrante di un processo di rinnovamento che stava influenzando il paese dopo l’Unità. Il nuovo assetto amministrativo fu oggetto di numerose disposizioni normative che andarono a regolare anche la contabilità pubblica. Particolarmente significativa fu la legge “Sulla amministrazione del patrimonio dello Stato e sulla contabilità generale” del 22 aprile 1869, n. 5026, che inserì l’obbligatorietà del metodo della partita doppia nella contabilità pubblica.
(7) M. Gambino, Riviste siciliane di ragioneria (1893-1914), in Archivio storico messinese, 2006, n. 87, 137-152.
(8) F. Villa, Elementi di amministrazione e contabilità, Pavia, Tipografia Eredi Bizzoni, 1850, 233.
(9) S. Besta, Lo sviluppo della contabilità di Stato nel XIX secolo: il contributo dei “precursori” dell’economia aziendale, in Rivista italiana di ragioneria e di economia aziendale, 2007, n. 4, 409-410.
(10) F. Besta, La Ragioneria, Milano, Vallardi, 1909, 496.
(11) A. Tonzig, Trattato della Scienza dell’amministrazione e della contabilità privata e dello Stato, Venezia, Noratovich, 1857-1859, 12.
(12) E. Gori, Il contributo di Antonio Tonzig al progresso degli studi di ragioneria pubblica, in Rivista di contabilità e cultura azien- dale, 2004, n. IV (1), 119.
(13) A. Tonzig, op. cit., 70.
(14) C. Gulluscio, op. cit., 109-110.
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La partita doppia, teorizzata scientificamente dal frate Luca Pacioli nell’opera Summa de Arithmetica, Geometria, Proportioni et Proportionalità, pensata per le aziende mercantili, fu estesa alle amministrazioni pubbliche (15). Si avvertì la necessità di gestire la cosa pubblica allo stesso modo delle attività private. La contabilità pubblica doveva accostarsi ai precetti contabili che il Pacioli contemplò per gli esercizi mercantili, vale a dire: “al possesso di pecunia numerata e ogni altra facoltà sostanziale”; alla competenza di chi è “bono ragioniere e pronto computista”; all’attitudine a tenere in “bello ordine tutte sue faccende, a ciò con brevità possa di ciascuna aver notizia, quanto a lor debito e anche credito” (16).
L’applicazione della partita doppia, inoltre, rispondeva anche alla necessità di estendere a livello nazionale un me- todo contabile già in uso nella maggior parte dei regni preunitari (17), contribuendo all’esigenza di uniformità che, in quel periodo, stava interessando il processo di unificazione nazionale.
La contabilità dell’amministrazione pubblica fu sottoposta a un iter evolutivo che andò di pari passo con la matura- zione della teoria contabile. Ne derivò che essa fu oggetto di ulteriori modifiche: ad esempio Giuseppe Cerboni, diret- tore della Ragioneria generale dello Stato, introdusse nel settore pubblico il metodo logismografico, che in realtà non era una novità in quanto, tra il 1864 e il 1865, era già stato avviato a sperimentazione in alcuni apparati amministrativi.
Nel 1877 fu esteso ad altri organismi pubblici principali (18). La logismografia contemplava la tenuta di una contabilità che, secondo Cerboni, era priva di quei formalismi presenti invece nelle rilevazioni in partita doppia. Essa era strutturata su due tipologie di scritture collegate tra loro, quelle del patrimonio e quelle del bilancio di previsione. I libri contabili principali erano il giornale e il libro degli svolgimenti.
Tale sistema fu fortemente criticato in sede parlamentare, proprio in fase di approvazione del decreto che estendeva l’applicazione della logismografia agli uffici di intendenza e a quelli esecutivi.
L’economato, notatelo bene, non ha che quattro capitoli di spesa da amministrare. Eb- bene, voi trovate un volume d’istruzioni di 270 pagine; trovate che la scrittura logismo- grafica si svolge, notatelo bene, in 12 minute, l’una diversa dall’altra, oltre al giornale, il quale si compone di 181 prospetti diversi, alcuni intestati in forma algebrica, con lettere alfabetiche maiuscole e minuscole, ciascuna delle quali ha un esponente. Io che ho qual- che velleità d’intendermi di contabilità io domandai a me stesso se è possibile che si cavi qualche costrutto da conti tenuti a questo modo (19).
Anche il mondo scientifico si mostrò contrario alla logismografia di Cerboni. In particolare nel 1877 l’Accademia dei ragionieri di Bologna affermò che “la logismografia per la tenuta dei conti, anche come applicazione della scrittura doppia, non risponde[va] alle varie esigenze delle amministrazioni, a bene dirigere le quali devesi mantenere la scrittura doppia colle sue multiformi razionali applicazioni” (20).
In realtà Cerboni considerava il sistema logismografico non solo come un nuovo metodo contabile ma, sicuramente, come l’unico in grado di promuovere la responsabilità morale tra gli amministratori del patrimonio pubblico (21).
Tale metodo non fu esteso agli istituti pubblici di beneficenza, opere pie ed enti morali, i quali mantennero la con- tabilità in partita doppia come era stato definito dalle disposizioni normative precedenti. L’unica novità che li coinvolse, introdotta nel 1890, riguardava la redazione del libro inventario, del bilancio preventivo, del conto consuntivo com- prensivo del conto del tesoriere, nonché la compilazione di una relazione finale relativa alla gestione dell’ente (22).
4. La governance negli ospedali delle Santissime Annunziate. La contabilità tra potere e religione
Il quadro di governance, noto anche come governmentality framework (23), teorizzato da Michel Foucault (24), può essere ricostruito anche per l’amministrazione degli istituti pubblici di beneficenza, la cui gestione risentiva dei (15) G. Cavazzoni, Luca Pacioli: la rivoluzione del sapere contabile nel Rinascimento italiano, in Dalla rilevazione contabile all’eco- nomia aziendale, cit., 132.
(16) Ibidem.
(17) Per maggiori approfondimenti circa i metodi contabili nei regni pre-unitari si rimanda a: A. Nobolo, E. Guarini, F. Magli, Il processo di unificazione del Regno d’Italia e l’armonizzazione dei preesistenti sistemi contabili, in Contabilità e cultura aziendale, 2013, n. 1, 71.
(18) Seduta del 2 luglio 1878, in Atti Parlamentari. Discussioni, LXXV, 2446; S. Lazzini, S. Ponzo, L’informativa contabile nella ragioneria pubblica tra il XIX ed il XX secolo secondo G. Cerboni e F. Besta, in Riferimenti storici e processi evolutivi dell’informativa di bilancio tra dottrina e prassi (Atti dell’VIII Convegno nazionale della Società italiana di storia della ragioneria, Pescara, 22-23 settembre 2005), Roma, Rirea, 2005, 17-20.
(19) Seduta del 2 luglio 1878, in Atti Parlamentari. Discussioni, LXXV, 2466.
(20) S. Lazzini, S. Ponzo, op. cit., 31.
(21) G. Catturi, In difesa di un “perdente”: Giuseppe Cerboni, in Dalla rilevazione contabile all’economia aziendale, cit., 90.
(22) Delle istituzioni pubbliche di beneficenza, in Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, 22 luglio 1890, n. 171, 3039.
(23) R. Stacchezzini, Accounting e potere. Il contributo interpretativo del governmentality framework, Milano, Angeli, 2012, 53-55;
O. Marzocca, Governamentalità, in R. Brandimante et al., Lessico di biopolitica, Roma, Manifestolibri, 2006, 149-155.
(24) M. Foucault, La governamentalità, in Aut-Aut, 1978, n. 28, 167-168; Id., L’ordine del discorso e altri interventi, Torino, Einaudi, 2004.
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condizionamenti politici, economici e sociali (25). All’interno di tali strutture la contabilità partecipava alle strategie poste in essere dai responsabili degli istituti, ad essa era riservato un ruolo attivo e di primo piano volto a inserire la tradizionale tenuta dei conti all’interno della politica direzionale degli enti. La contabilità si elevava a strumento di governo, espressione del potere nelle mani dei responsabili delle strutture i quali, a loro volta, operavano come delegati delle autorità di governo.
In tale ottica gli attori del potere venivano a mutare nel corso dei tempi e, con essi, gli interessi da tutelare e perse- guire, del resto come ricordava Foucault, il potere “non deve essere pensato come una proprietà stabile, come una caratteristica durevole di un soggetto individuale o di un gruppo sociale, ma come un prodotto, in linea di principio labile e non concluso, dei conflitti strategici tra soggetti” (26).
La contabilità negli istituti di beneficenza era quindi sottomessa a più “padroni” che si alternavano nella gestione e dirigenza e che, a loro volta, erano espressione locale del potere civile o di quello religioso. In molte occasioni, nella dicotomia tra sacro e profano, la contabilità si schierò tra le file del divino, rafforzando gli interessi “sacri” attraverso le celebrazioni e i riti religiosi, debitamente pagati prima di tante altre voci di spesa inerenti al normale vivere quoti- diano (27). In tale ambito la contabilità rappresentò il potere ecclesiastico, dal quale si alimentò, giustificando l’asser- vimento delle operazioni contabili a tutela degli interessi sulla terra con lo sguardo teso alla salvezza eterna.
Il modello “sacro e profano” fu ideato da Richard Laughlin (28) nell’ambito di uno studio relativo alla Chiesa inglese. Esso rappresentò il punto di partenza di una successiva analisi sviluppata da Peter Booth (29), che contemplava il concetto di struttura, ossia di framework articolato a più livelli: “il sistema di valori dominante all’interno dell’istituto religioso, la presenza di gruppi all’interno dell’organizzazione che possano ostacolare o favorire il processo evolutivo del sistema contabile e il controllo e la crescita dimensionale dell’istituto religioso” (30). Tenendo presenti tali riferi- menti, la contabilità si esplicò ottemperando ai precetti dei suoi referenti per il benessere degli istituti di beneficenza e per quello più ampio del potere di appartenenza. Era evidente però che il rapporto sacro-profano contenesse elementi di fragilità che, nel tempo, permisero l’alternarsi del potere dell’uno su quello dell’altro, del potere religioso su quello civile o meglio istituzionale.
Il presente studio sull’evoluzione della struttura contabile negli ospedali delle Santissime Annunziate nel centro sud Italia vuole interpretare tale paradigma, inteso come il manifestarsi di ripetuti e nuovi equilibri imposti dall’evoluzione del contesto storico, politico, sociale ed economico. Essi rappresentano dei processi in continuo divenire che hanno avuto origine dall’adeguamento dei sistemi di governance e dai cambiamenti di contabilità e delle reti di relazioni poste in essere dagli istituti pii.
I detentori del potere, siano essi istituzionali o religiosi, servendosi del “sapere” inteso come uno strumento di controllo e di dominio, affermavano interessi o posizioni (31). A tale scopo partecipava anche il “sapere contabile” che contribuiva al successo delle strategie di governo quale “strumento di potere in grado di influenzare e di orientare la condotta degli individui nell’ambito di contesti organizzativi formalizzati” (32).
5. Contabilità e welfare nella rete ospedaliera nel Centro-Sud Italia tra il XVIII e il XIX secolo
Tra il XVIII e il XIX secolo cominciarono ad affermarsi politiche sanitarie che inaugurarono un nuovo modus operandi: la medicina diventava responsabile della collettività e la prevenzione iniziava a far da ponte tra gli scienziati e la società (33). Tale visione incentivò la riorganizzazione delle strutture ospedaliere, chiamate non solo a soddisfare le esigenze igienico-sanitarie ma, anche ad assolvere un ruolo di rilievo a livello sociale, politico ed economico (34).
Ne derivò che le realtà ospedaliere presero a distaccarsi dalla direzione religiosa per essere inquadrate in quella laico-
(25) A. Lepore, La storia della contabilità in Spagna dalle origini a oggi, in P. Pierucci (a cura di), La contabilità nel bacino del Mediterraneo (secoli XIV-XIX), Milano, Angeli, 2009, 206-250.
(26) A. Honneth, Critica del potere, Bari, Dedalo, 2002, 223.
(27) M. Bigoni, E. Deidda Gagliardo, W. Funnel, Contabilità e potere delle tecniche contabili al rafforzamento del potere della Chiesa nel XV secolo, in Contabilità e cultura aziendale, 2014, n. 1, 57.
(28) R. Laughlin, The Design of Accounting Systems in Organizational Contexts: A Case for Critical Theory, in Accounting, Organi- zations and Society, 1987, n. 12 (5), 479-502.
(29) P. Booth, Accounting in Churches: A Research Framework and Agenda, in Accounting, Auditing & Accountability Journal, 1993, n. 6 (4), 37-67.
(30) M. Gatti, S. Poli, L’evoluzione del sistema contabile e di controllo della Santa Casa di Loreto tra il XVI e il XVIII Secolo:
un’interpretazione tra sacro e profano, in Contabilità e cultura aziendale, 2011, n. 11, 8; M. Bigoni, La contabilità come mezzo per rafforzare i valori religiosi, Roma, Rirea, 2013, 10.
(31) A. Honneth, op. cit., 220.
(32) R. Stacchezzini, op. cit., 50.
(33) M. Garbellotti, Ospedali e la Chiesa in Italia, in voce Ospedali e la Chiesa in Italia, in Dizionario Storico Tematico. La Chiesa in Italia. Vol. II. Dopo l’Unità nazionale, Roma, Associazione italiana dei professori di storia della Chiesa, 2019, 359-363.
(34) A. Placanica, Moneta prestiti ed usure nel Mezzogiorno moderno, Napoli, Società Editrice Napoletana, 1982; M. Gazzini, La fraternita come luogo di economia. Osservazioni sulla gestione delle attività e dei beni di ospedali e confraternite nell’Italia tardo-medie- vale, in F. Ammanati (a cura di), Assistenza e solidarietà in Europa, secc. XIII-XVIII, Firenze, Firenze University Press, 2013, 261-276.
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statale. Gli ospedali mantennero il ruolo di centri di gestione di malati e bisognosi, ma acquisirono anche quello di amministrazione di grandi patrimoni fondiari e immobiliari, oggetto di donazioni e lasciti.
La nuova organizzazione delle strutture sanitarie rese necessaria una trasformazione degli edifici adibiti a tale scopo che, gradualmente, assunsero dimensioni sempre più ampie con adeguate denominazioni (35). Nelle realtà urbane prin- cipali si inaugurò l’ospedale “grande” o “maggiore”, sostituito decenni più tardi dalle strutture a “padiglioni”, le quali erano collegate tra loro da un nucleo centrale. Verso la fine dell’Ottocento si arrivò al modello del policlinico (36).
L’incremento delle dimensioni degli edifici presupponeva una cospicua presenza patrimoniale, la cui gestione ge- nerò la consapevolezza e la necessità di amministrare al meglio le risorse disponibili. La contabilità rappresentò lo strumento più adatto per realizzare tale obiettivo (37). Gli istituti ospedalieri e assistenziali si servirono di impianti contabili propri, diversi gli uni dagli altri, che generavano documenti contabili realizzati seguendo regole e leggi diffe- renti, influenzate dalle politiche e dalle legislazioni dei vari territori.
Tra il XVIII e il XIX secolo anche l’organizzazione sanitaria e assistenziale nel Centro-Sud Italia presentava diffe- renti tipologie di assistenza (38). Vi erano ospedali di medio-grandi dimensioni come il Santo Spirito in Sassia (39) a Roma, oppure strutture ospedaliere consorziate che seguivano il modello meridionale delle “Santissima Annunziata”.
Tra queste la prima fu la “Chiesa Hospedale et Casa Santa dell’Annontiata” (40) di Napoli, sorta agli inizi del XIV secolo (41) per accogliere i bambini esposti, le ragazze disagiate e curare i malati indigenti (pro receptaculo pauperum) (42).
Le Santissima Annunziata o Nunziate rappresentavano una moderna forma di assistenza caratterizzata da un colle- gamento di più sedi volte a realizzare una rete di collaborazione e sostegno tra molte città del Regno di Napoli, con strutture periferiche dislocate in Abruzzo (43), Molise, Calabria, Campania e Puglia e alcune fuori confine come quelle di Arezzo, Sassari, ecc. (44).
Le Nunziate divennero una vera e propria “catena ospedaliera” che, per sostenere la carità (45), si serviva di attività economiche finalizzate a tale scopo. Ciò inaugurò uno stretto legame tra ospedali e potere pubblico. L’assistenza si stava trasformando da iniziativa privata a impegno pubblico (46). Queste, come si è detto, costituirono il primo nucleo principale del welfare locale, rappresentando una nuova realtà assistenziale sul territorio. Esse erano sostenute sia dal potere religioso, quindi dalla Chiesa che, in cambio di indulgenza e promesse “divine” sollecitava la popolazione a
(35) M. Ferrari, L’Ospedale Maggiore di Milano e l’assistenza ai poveri nella seconda metà del Quattrocento, in Ssdm, 1990, n. 11, 257-283; F. Bianchi, S. Marek, Le riforme ospedaliere del Quattrocento in Italia e nell’Europa centrale, in Ricerche di storia sociale e religiosa, 2006, n. 69, 7-45; M. Gazzini, Ospedali nell’Italia medievale, in Reti Medievali Rivista, 2012, n. 13(1), 212; G. Piccinni, I grandi ospedali urbani dell’Italia medievale: all’origine del “welfare”, in F. Sabaté (a cura di), L’assistència a l’etad mitjana, Leida, Pegès, 2017, 139-152.
(36) S. Della Torre, L’ospedale a padiglioni dall’Ottocento al primo Novecento, in L’architettura della salute. Luoghi e storia della sanità lombarda, 2009, 36-45.
(37) L. Palermo, Gestione economica e contabilità negli enti assistenziali medievali, in Reti Medievali Rivista, 2016, n. 17(1), 118.
(38) M.R. Berardi, Ospedali, infermerie, spezierie e medici all’Aquila tra XIII e XVI secolo, in Bullettino della Deputazione Abruzzese di Storia Patria, 2017, n. 108, 27-78; V. Di Flavio, Spedali, lebbrosari e ospizi della Sabina tra Abruzzo, Lazio, Marche, Umbria, Pescara, Nova Italica, 1996; L. Stroppiana, Ospedalità ed ospedali in terra di Abruzzo, in Abruzzo: Rivista dell’Istituto di studi abruzzesi, 1968, n.
6(2-3), 471-485.
(39) C. Schiavoni, Gli infanti «esposti» del Santo Spirito in Saxia di Roma tra’500 e ‘800: numero, ricevimento, allevamento e destino, in Publications de l’École Française de Rome, 1991, n. 140(1), 1017-1064; S. Mattoni, M. Mongardini, M. Scarnò, L’arcispedale Santo Spirito in Saxia, Roma, Aracne, 2011.
(40) Archivio di Stato di Napoli (ASNa), S. R. Consiglio, fascicolo (fasc.) 229/2, Casa Santa dell’Annunziata e Ceto dei Creditori, Fallimento del Banco Ave Gratia Plena (AVG) 1716. G.T. Colesanti, S. Marino, L’economia dell’assistenza a Napoli nel tardo Medioevo, in Reti Medievali Rivista, 2016, n. 17(1), 309-344; S. Marino, Ospedali e città nel Regno di Napoli. Le Annunziate: istituzioni, archivi e fonti (secc. XIV-XIX), Firenze, Olschki, 2014, 79-82; G. Murano, F. Lagonigro, La Casa Santa dell’Annunziata, Pisa, Omnia Medica, 1965, 7.
(41) S. Boero, Per mantenimento d’infermi, per “hospitalità di poveri”, “buttatelli seu bastardi”. Gli ospedali abruzzesi negli archivi di stato ed ecclesiastici, in Reti Medievali Rivista, 2019, n. 4(1), 105; S. Mantini, Storiografia e fonti sull’assistenza nell’Abruzzo Ulteriore (secc. XIII-XVII), cit., 85.
(42) M. Camera, Annali delle Due Sicilie, Napoli, Stamperia e Cartiere del Fibreno, 1860, 106.
(43) Archivio della Diocesi dei Marsi (ADMa), Fondo P. Pereto, 1713, Nota dei beni mobili dell’Ospedale dell’Annunziata che si consegnano dal Procuratore a fra Cesare Lopez; ADMa, Fondo B, b. 2, fasc. 8, Nota delle chiese, che sono dentro la terra di Tagliacozzo, c. 177; Archivio di Stato di Chieti (ASCh), Regia Udienza (RU), 48 bis n. 1445 of 1738, Atti per la visione dei conti dell’Amministrazione dell’Ospedale della SS. Annunziata da Carlantonio Gozzi e Carlo Durini per gli anni 1736-1738 in seguito a disposizioni del Re, 1-20. B.
Carderi, Carrellata notarile: dai protocolli dell’Archivio di Stato di Teramo, Teramo, Cattedra Cateriniana, 1973.
(44) S. Marino, Ospedali e città, cit., 32.
(45) G. Piccinni, Documenti per una storia dell’ospedale di Santa Maria della Scala di Siena, in Tador, 2014, n. 2, 13.
(46) G. Piccinni, Il Banco dell’Ospedale, l banco dell’ospedale di Santa Maria della Scala e il mercato del denaro nella Siena del Trecento, Pisa, Pacini, 2012, 31.
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rivolgere lasciti e donazioni a favore degli ospedali (47), sia dalle Universitates che, per lo stesso motivo, accordavano privilegi civili ai possibili benefattori (48).
La conseguenza fu che le strutture delle Annunziate, nel tempo, iniziarono ad accumulare ingenti patrimoni fondiari, immobiliari e finanziari (49). Alla fine del XVIII secolo le Nunziate divennero “soggetti economici” (50) a tutti gli effetti. Tali ospedali, erogando assistenza e mutualità, si trasformarono in organi in grado di esercitare un considerevole controllo sociale (51), volto anche ad attenuare quelle forme di malessere collettivo presente nella società dell’epoca (52). Ne conseguì che le sedi delle Annunziate elaborarono una “mentalità imprenditoriale” (53), focalizzata sul repe- rimento dei fondi da impiegare per la loro attività. In tale ambito la contabilità garantiva il buon funzionamento del management, che iniziò a essere conteso tra il potere pubblico e quello ecclesiastico (54).
L’operato degli amministratori delle strutture era sottoposto al controllo da parte degli organi di governo ufficiali (55). Nel 1740 e per tutto il XVIII secolo le ispezioni furono effettuate da un tribunale misto, costituito da membri laici ed ecclesiastici (56). Dal 1806, durante il periodo francese, gli accertamenti furono prerogativa del Consiglio generale degli ospizi (57), un organo dipendente dal Ministero degli affari interni, mentre dal 1862, anno di entrata in vigore della legge 3 agosto 1862, n. 753, l’attività di controllo fu demandata ai prefetti.
Gli effetti dell’attività ispettiva ispirarono importanti cambiamenti nella contabilità degli ospedali delle Nunziate, la quale nel tempo assunse sempre più la tipologia di una contabilità pubblica, redatta da un professionista, il tesoriere, che andò a sostituire il contabile. Il tesoriere (expertise contabile) era responsabile del “movimento amministrativo e contabile” degli enti assistenziali (58).
6. Governance e contabilità nell’Ospedale Santissima Annunziata di Napoli
Nel corso del XVIII secolo la città di Napoli dedicò una particolare attenzione alla realizzazione di un nuovo mo- dello assistenziale, fondato da una parte sulla contrazione delle spese per l’assistenza agli indigenti e agli infermi e, dall’altra, sull’istituzionalizzazione del welfare statale (59). Carlo III di Borbone (1734-1769) si rese protagonista di tali cambiamenti e nel giro di pochi anni commissionò la costruzione di nuove strutture atte ad accogliere malati, poveri e pellegrini. Era intenzione del sovrano dare un volto nuovo alla città di Napoli, riordinando strade e piazze nelle quali si riversavano i bisognosi provenienti dalle località limitrofe e dalle campagne. Il progetto di riorganizzazione del territorio contemplò anche importanti interventi urbanistici e architettonici commissionati a noti architetti dell’epoca.
Per quanto concerneva l’assistenza in città, oltre all’Albergo dei poveri, edificato nel 1751, vi erano numerose realtà di beneficenza (60) rivolte a malati e indigenti.
Un pilastro fondamentale del welfare cittadino era rappresentato dall’Ospedale della Santissima Annunziata (61), una ricca e polivalente istituzione dedicata all’accoglienza di ragazze disagiate e orfani ma, anche, al ricovero e alla cura dei malati. La struttura era dotata di circa 500-600 posti letto, che si triplicavano o quadruplicavano nei casi di necessità particolari, quali carestie, guerre o altre calamità (62). Alla fine del XVIII secolo il nosocomio divenne anche un centro didattico di eccellenza, punto di riferimento per l’intero territorio partenopeo. Nel 1778 infatti la governance dell’ospedale istituì:
(47) S. Marino, Ospedali e città, cit., 30.
(48) P. Nardone, L’assistenza nel Mezzogiorno: la Casa Santa dell’Annunziata di Sulmona nel XVIII secolo, in F. Ammanati (a cura di), Assistenza e solidarietà in Europa, cit., 250.
(49) P. Pierucci, L’Ospedale della SS. Annunziata di Chieti. Patrimonio e gestione delle risorse, in E. De Simone, V. Ferrandino (a cura di), Assistenza, previdenza e mutualità nel mezzogiorno moderno e contemporaneo, Milano, Angeli, 2006, 35-43.
(50) G. Piccinni, Documenti, cit., 13.
(51) S. Di Tullio, La Santissima Annunziata a Sulmona e le sue rendite (1850-1870), in Bullettino della Deputazione Abruzzese di Storia Patria, 2005, n. XCV, 167.
(52) G. Muto, Forme e contenuti economici dell’assistenza nel Mezzogiorno moderno: il caso di Napoli, in G. Politi, M. Rosa, F. Della Peruta (a cura di), Timore e carità. I poveri nell’Italia moderna, Cremona, s.e., 1982, 237-258; M. Berengo, Conclusione, cit., 491-495.
(53) G. Piccinni, Documenti, cit., 14.
(54) A. Tanturri, I soccorsi dell’arte salutare. L’ospedale della SS. Annunziata a Sulmona, in Ricerche di storia sociale e religiosa, 2005, n. 67, 217-261; ASCh, UCO, Stato Generale, fasc. 545.
(55) F. Landi, Per una storia dei falsi in bilancio: le contabilità pubbliche dei conventi e dei luoghi pii, in A. Pastore, M. Garbellotti (a cura di), L’uso del denaro, Bologna, il Mulino, 1998, 41-62.
(56) F. De Rossi, Istruzioni per l’amministrazione di beneficienza e luoghi pii laicali con tutte le altre diverse disposizioni emanate a tutto il dì 30 luglio 1856, Napoli, Stabilimento Tipografico del Cav. Gaetano Nobile, 1856, 2-3.
(57) L. Valenzi, Poveri, ospizi e potere a Napoli (XVIII-XIX), Milano, Angeli, 1995, 52-53.
(58) Aa.Vv., Ricorso al R. Governo di alcune opere pie di Milano in ordine all’applicazione del Regolamento di contabilità per le istituzioni pubbliche di beneficenza, Milano, Tipografia F.lli Bietti e G. Minacca, 1891, 9.
(59) P. Nardone, op. cit., 250-251.
(60) S. Woolf, La storia politica e sociale, in R. Romano, C. Vivanti (a cura di), Storia d’Italia. Dal primo Settecento all’Unità, vol.
3, Torino, Einaudi, 1973, 37-38.
(61) ASNa, S.R. Consiglio, fasc. 229/2, Casa Santa dell’Annunziata e Ceto dei Creditori, Fallimento del Banco AGP (1716).
(62) G. Murano, F. Lagonigro, op. cit., 27-28.
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lo stabilimento di cinque cattedre, e cioè di Fisiologia ed Antepratica, Pratica, Fisica e Geometria, Chirurgia, Anatomia, oltre ad un Demostratore Anatomico, affinché li gio- vani che servono in codesto Ospedale ed assistono alle visite che si fanno da Medici e da Chirurghi Primari Ordinari del Pio luogo possano fare l’intero corso Fisico, Medico, Anatomico e Chirurgico (63).
In tal modo la Nunziata di Napoli diveniva una struttura di studio medico-sanitario, in grado di offrire prestazioni assistenziali di alto livello (64). Ciò la pose a modello nell’Italia centro-meridionale, conferendole il riconoscimento di
“maggiore attrattore a Napoli e nel regno della beneficenza pubblica e privata” (65). L’ospedale partenopeo, come del resto accadeva nelle altre sedi delle Nunziate, gestiva ingenti patrimoni frutto di lasciti e donazioni.
Per tale motivo le cariche inerenti al settore amministrativo erano molto ricercate e la posizione di Magister annui Annunciate era contesa tra le persone più in vista della città (66), che speravano di trarre vantaggi dalla gestione dell’ente, aggiudicandosi benefici politici e sociali (67). La contabilità dell’ospedale era affidata al racionale de tucte le intrate et exite, nominato dall’istituto. Il settore era gestito con l’ausilio di un gruppo di lavoro composto da sei contabili, ognuno dei quali era responsabile di una specifica attività (68). Il ruolo di razionale generale era considerato tra i più “gelosi ed importanti del santo luogo” (69), il cui “sapere far di conto” era strumentale rispetto ad azioni rivolte ad accrescere il potere personale o quello dei suoi amministratori. L’attività contabile non ufficiale, come si è notato in tutte le strutture delle Annunziate, dipendeva dalla maestria del razionale nell’effettuare rilevazioni a seconda delle necessità, favorendo alcuni fornitori di beni e servizi rispetto ad altri, erogando prestiti in denaro e utilizzando sostan- zialmente le casse dell’ente anche in modo inappropriato.
Il razionale registrava le operazioni concernenti l’attività dell’ospedale nel Giornale di introito ed esito (1508-1890) e nei Libri maggiori di introito ed esito (1481-1890), con l’obiettivo di “dare a ciascun de’ signori governatori uno bilancio di tutto l’introito ed esito dell’anno” (70). Tali strumenti avevano una struttura simile ai mastri in partita doppia, nei quali si riportavano le entrate sul verso e le spese sul recto. In tal modo le entrate e gli esiti erano contabilizzati con l’unico obiettivo di controllare i crediti e i debiti i quali, a fine esercizio, confluivano in un bilancio che, a sua volta, elencava le voci delle entrate e degli esiti senza procedere ad alcuna classificazione (71).
A causa della gestione “disinvolta”, nel primo decennio del XIX secolo, la Nunziata napoletana si trovò in una situazione di crisi in seguito alla quale i dirigenti decisero di far cessare l’attività sanitaria. Con l’emanazione del de- creto del 16 ottobre 1809, n. 493, mirante a riorganizzare le Opere Pie del regno, promulgato nel periodo di occupazione francese, l’ospedale trasferì i malati presso la struttura dei Pellegrini di Napoli. Da quel momento in poi l’Annunziata partenopea si specializzò nella sola assistenza degli orfani che, in alcuni periodi, raggiusero anche le 500 presenze e al mantenimento di circa 600 alunne indigenti (72).
Successivamente, a seguito dei governi di Giuseppe Bonaparte e di Gioacchino Murat, altre riforme coinvolsero la gestione amministrativa e contabile della struttura. Nel 1810 vennero stampate le Istruzioni che ne regolavano il ma- nagement, mentre le voci di bilancio iniziarono a essere inserite in gruppi omogenei quali canoni, capitali, luoghi, ed altre. Dopo l’unità d’Italia, con l’emanazione della legge 22 aprile 1869, n. 5026, nei bilanci d’esercizio la classifica- zione delle entrate e delle uscite fu suddivisa in ordinarie e straordinarie (73).
7. La governance degli ospedali della Santissima Annunziata in alcune località del Meridione
Durante il XVIII secolo gli ospedali delle Nunziate erano presenti in molte province del Meridione: se ne contavano circa 24 impegnate nell’assistenza agli esposti, alcune delle quali avevano il compito di “organizzare il trasferimento
(63) Delibera 27 aprile 1778, vol. 47, Appuntamenti, 47 retro. In quel periodo i governatori dell’Annunziata erano Michele Dentice, Saverio Monterisi, Pasquale Martinez e Giovanni Lembo.
(64) M. Gazzini, S. Marino, L’ospedale, il denaro e altre ricchezze. Scritture e pratiche economiche dell’assistenza in Italia nel tardo Medioevo, in Reti Medievali Rivista, 2016, n. 17(1), 316-317.
(65) S. Marino, L’Archivio dell’Annunziata di Napoli. Inventari e documenti (secoli XII-XIX), Manocalzati, Printì, 2015, 19.
(66) G.T. Colesanti, S. Marino, op cit., 310.
(67) Alla figura del Magnificus Magister si affiancava quella dei maestri governatori economi, ovvero i “magistri yconomi”, anche loro laici, che amministravano come una grande azienda le risorse umane e il cospicuo patrimonio di beni mobili e immobili. A. Macchione, Forme e organizzazioni assistenziali nella Calabria medioevale (secoli XIII-XV), in Reti Medievali Rivista, 2019, n. 11, 28.
(68) Si trattava di un razionale occupato a contabilizzare i debitori e i creditori, un altro a computare i censi, uno le eredità, uno le
“confidenze” (conti scaturiti dalla gestione dei prestiti) e, infine, un razionale “credentiero mensario”, che registrava i pagamenti mensili eseguiti dai maestri economi, ma non contabilizzati. F. Imperato, Discorsi intorno a diverse cose naturali di Francesco Imperato opera non meno curiosa, che vile, e necessaria a professori della natural filosofia, Longo Egidio, 1628, 69-70.
(69) ASNa, Sez. RCSA, Appuntamenti, vol. 39 (1735-1750), f. 282v.
(70) ASNa, Sez. RCSA, Regole ed istruzioni, 1739.
(71) G. D’Addosio, Origine vicende storiche e progressi della Real Casa dell’Annunziata di Napoli, Napoli, Pei tipi di A. Cons., 1883, 524-525.
(72) G. Murano, F. Lagonigro, op. cit., 30-31.
(73) Ivi, 526.
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presso le strutture più grandi” (74). Gli ospedali erano presenti in Puglia, in terra d’Otranto e in terra di Bari; in Basili- cata, nel territorio di Potenza, si trovava l’ospedale di Venosa (75); in Calabria la sede sanitaria era a Cosenza; in Abruzzo le Annunziate erano dislocate a Sulmona, Bisenti, Tagliacozzo, Pereto e Chieti (76). Un numero consistente era ubicato in Campania ad Aversa, Capua, Marcianise, Maddaloni, Arienzo, Caiazzo e in altre località.
Le Nunziate, come già menzionato in precedenza, erano gestite per lo più da amministratori laici (77), strettamente legati al potere pubblico e la contabilità, anche in questi casi, era preposta al raggiungimento degli obiettivi politici del Governo (78).
Un esempio esemplificativo di tale gestione si può notare nell’amministrazione dell’ospedale Santissima Annun- ziata di Aversa, quasi coevo alle strutture di Napoli e di Capua. Esso fu concepito prima come brefotrofio e, in un secondo momento, come nosocomio di pubblica beneficenza. Tra il XVIII e XIX secolo i responsabili della Nunziata avevano stretto un forte legame con le autorità pubbliche, alle quali concedevano prestiti in denaro senza chiedere garanzie (79). Gli amministratori della struttura coinvolgevano i razionali in operazioni anche sconsiderate, con il ri- sultato di una gestione contabile senza alcuna regola. L’ente fungeva come una sorta di “banca privata” per il notabilato locale vista l’entità dei prestiti concessi non solo senza una adeguata copertura ma omettendone, addirittura, le regi- strazioni. Tra i tanti episodi si ricorda quello del 1705, quando l’Annunziata aversana elargì sostanziosi finanziamenti ad alcuni nobili senza contabilizzarli: “si facevano compre con il denaro della casa con nobili aversani, quali si passano in silenzio e nel libro si possono leggere quattro di essi che pendevano x 100 duc., cioè 25 ducati ciascuno senza obbligo in solidum ed ognuno vendeva duc. 1,25” (80).
La situazione degenerò al punto da richiedere un controllo da parte dell’autorità sovrana. Nel 1738 la regia Corte sottopose a verifica la gestione dell’Annunziata nominando, a spese dell’ente, un razionale di “fiducia” che procedette alla revisione dei conti registrati a partire dal decennio precedente (81). Dall’analisi contabile, oltre alle numerose criticità delle operazioni effettuate, emerse la tenuta di un sistema prettamente finanziario, basato sulla partita semplice (82).
Un altro esempio di Nunziata ove la contabilità venne utilizzata per scopi “ambigui” è quello dell’ospedale di Capua che, come osservò l’economista Giuseppe Maria Galanti, si presentava privo di “regole e discipline” (83).
Situazione analoga si ripeté per l’Annunziata di Marcianise, la cui cattiva gestione impediva addirittura la riscos- sione dei crediti (1718-1793), in quanto non registrati (84). L’impianto contabile era costituito da un Libro riassuntivo dei conti relativi alle amministrazioni passate, presentato dal razionale in occasione del cambio nei vertici della gover- nance, dallo Squarcio dei conti e dal Libro d’amministrazione d’introiti ed esiti.
Tecnicamente la contabilità degli ospedali Nunziate nel Meridione fu caratterizzata da sistemi contabili legati alla sola gestione finanziaria effettuata attraverso registrazioni in partite semplici. La caratteristica comune a tali sedi era l’assenza di regole di gestione e di amministrazione, la prevalenza di violazioni e gli sperperi nel management. La contabilità era, in definitiva, utilizzata come strumento di potere attraverso il quale i dirigenti accrescevano il loro prestigio personale e quello dei loro sostenitori.
8. Governance e contabilità negli ospedali Santissima Annunziata della terra d’Abruzzo
Le strutture di accoglienza e di assistenza componenti il network delle Nunziate meridionali erano presenti anche nel territorio abruzzese, dislocate strategicamente lungo le principali direttrici viarie dell’Abruzzo che, nel tempo, di- vennero un pilastro fondamentale del welfare locale. Tra esse si annoverano le Nunziate di Bisenti (Te), Tagliacozzo (Aq), Pereto (Aq), Sulmona (Aq) e Chieti. Purtroppo, a causa della scarsa documentazione è possibile tracciare un (74) R. Salvemini, A caccia di bambini. Gli istituti dell’Annunziata nel Regno di Napoli, in E. De Simone, V. Ferrandino (a cura di), Assistenza, cit., 19-34, 22; S. Mantini, op. cit., 86.
(75) C.D. Fonseca, Le istituzioni ecclesiastiche dal tardo Antico al tardo Medioevo, in G. De Rosa, A. Cestaro (a cura di), Storia di Basilicata, 2, Il Medioevo, Roma-Bari, Laterza, 2006, 305-306. ASNa, Regia Camera della Sommaria, Diversi, I, 27.
(76) ADMa, Fondo P, Pereto, 1713, Nota dei beni mobili dell’Ospedale dell’Annunziata che si consegnano dal Procuratore a fra Cesare Lopez; ADMa, Fondo B, b. 2, fasc. 8, Nota delle chiese, che sono dentro la terra di Tagliacozzo, c. 177.
(77) ASV, Congr. Stato Regolari, I, Relationes, b. 30, c. 275r; ASV, Congr. Concilii, Relationes, 851 A, Valven et Sulmonen 11 ottobre 1625-1628, c. 32v, fasc. 9, c. 53; ASV, Congr. Concilii, Relationes Dioc., 851 A, c. 31r; R. Salvemini, A caccia di bambini, cit., 19-34.
(78) N. Rose, P. Miller, Political power beyond the State: problematics of government, in British Journal of Sociology, 1992, n. 43(2), 172–205.
(79) R. Salvemini, La gestione delle Annunziate in età moderna: il caso di Aversa e Cosenza, in G. Da Molin (a cura di), Ritratti di famiglia e infanzia, Bari, Cacucci, 2011, 181-200, 191.
(80) Biblioteca Comunale di Aversa (d’ora in poi BCA), Casa Santa Annunziata d’Aversa (d’ora in poi CSAA), platea n. 22, anni 1705-1706.
(81) ASNa, Camera di Santa Chiara, Bozze di Consulta, vol. 23, inc. 28.
(82) Il razionale aveva comunque il compito di redigere il “Libro Maggiore del dare ed avere de’ particolari creditori e debitori della Real Chiesa, Sacro Spedale, Conservatorio e Casa Santa della Santissima Annunziata della città di Aversa” (1711-1726) e il Libro d’Introito e di Esito (1748-1749).
(83) G.M. Galanti, Nuova Descrizione Geografica e Politica delle Sicilie, Napoli, Presso i Soci del Gabinetto Letterario, 1799, 162.
(84) R. Salvemini, La gestione delle Annunziate, cit., 193.
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quadro esaustivo solo per le strutture di Sulmona e Chieti, delle quali è stato possibile consultare i fondi documentari conservati presso i rispettivi archivi di stato provinciali.
A partire dalla loro fondazione, successiva a quella della Casa Santa dell’Annunziata di Napoli (85), gli ospedali di Sulmona e Chieti operarono svolgendo molteplici funzioni, dalla cura e assistenza del malato, dell’indigente, dei lattanti e finanche dei militari, all’erogazione di piccoli prestiti a condizioni agevolate rispetto a quelle praticate dai banchi (86).
8.1. L’ospedale Santissima Annunziata di Sulmona
L’ospedale Ave Gratia Plena Santissima Annunziata (87) di Sulmona fu realizzato nel 1320 con l’obiettivo di essere governato “a somiglianza di istituzioni simili esistenti in civitatibus Neapolis et Capue et Averse” (88). La struttura ben presto, grazie ai lasciti e alle elargizioni da parte dei privati, raggiunse uno sviluppo tale da affermarsi tra gli enti di beneficenza più significativi del Regno di Napoli (89). Le funzioni principali riguardavano sia le opere rivolte alla cura e all’aiuto degli esposti, dei malati e degli indigenti, sia alla gestione di alcune attività produttive quali la masseria delle pecore di Foggia, la cartiera, la rameria, il mulino e la spezieria dell’ospedale, nonché la locazione di terreni e di scerti (canali di irrigazione) posseduti in terra d’Abruzzo (90). Nel tempo l’ente sulmonese divenne un organismo in grado di erogare assistenza e mutualità ma, anche, di gestire patrimoni sempre più cospicui, dimostrando abilità e corporate responsibility (91).
Per tale ragione la governance della Nunziata di Sulmona divenne oggetto di contesa tra il potere laico e quello religioso. In particolare il clero non accettò di buon grado l’avvicendamento avvenuto nel 1696 e, nel corso del XVIII secolo, tentò più volte di riappropriarsi della giurisdizione sottratta. Un episodio degno di nota, in tal senso, si verificò nel 1772, quando il vescovo della cittadina, senza averne alcun potere, nominò quale responsabile della Nunziata il prelato Antonio Ludovico Antinori (92), scatenando una diatriba che si concluse presso le aule del tribunale con l’in- terdizione del vescovo e la definitiva assegnazione dell’amministrazione dell’ospedale all’autorità pubblica (93). Da quel momento in poi la struttura sulmonese evidenziò particolari abilità di autogoverno che le consentirono di realizzare una certa sinergia tra gli amministratori e i contabili, nella quale governance e contabilità operavano in modo simbiotico per gli obiettivi dell’ente.
Durante il Settecento l’attività dell’ospedale crebbe e con essa anche la compilazione di documenti contabili, nei quali si utilizzava il metodo camerale, ideato dall’austriaco Mattia Püechberg (94). In particolare, con la dominazione austriaca si applicarono anche nel Regno di Napoli regole contabili dirette ad attuare i programmi economici e sociali dell’Impero (95) e, al contempo, controllare il “buon funzionamento” (96) degli enti che operavano sul territorio. Il framework camerale imponeva per ciascuna rilevazione contabile la registrazione nel libro giornale e nel libro mastro o nelle rubriche. L’operazione, identificata attiva o passiva rispetto alla provenienza e alla destinazione, era a sua volta classificata in titoli, categorie e articoli, e si riferiva agli introiti e ai pagamenti. Per quanto concerneva la movimenta- zione del patrimonio pubblico, essa era contabilizzata nell’inventario, mentre i residui (saldi) finali venivano calcolati a fine esercizio, dopo aver effettuato le operazioni di chiusura nel libro mastro (97).
La struttura contabile della Santissima Annunziata di Sulmona, che aveva recepito l’impianto camerale, era basata sulla partita semplice, essendo la governance orientata verso il mero controllo finanziario dei movimenti monetari inerenti alle operazioni di cassa e a quelle dei crediti e dei debiti. La contabilità si sostanziava nella tenuta, da parte del cassiere-contabile che ne aveva la responsabilità, di una serie di registri principali quali il Libro maestro, il Libro gior- nale di cassa piccola e il Libro giornale di cassa grande, corredati da ulteriori registri ausiliari, quali lo Squarciafoglio, gli Squarcetti dei debitori e dei creditori, i Libri delle subaste, i Registri dei contratti di affitto, i Registri dei generi di somministrazione e i Registri di notamenti dei proietti (98).
Il Libro maestro, costituito da un grosso volume rilegato in pelle di ottima qualità, rappresentava il fulcro della gestione amministrativa, dal quale si deducevano anche i riferimenti agli altri libri contabili. Esso era composto da tre
(85) G.T. Colesanti, S. Marino, op. cit., 311.
(86) A. Macchione, op. cit., 29.
(87) Sezione Archivio di Stato di Sulmona (SASS), Archivio Casa Santa dell’Annunziata (ACSA), Registro dell’Esito Materiale 1850.
(88) C. Alicandri Ciufelli, La fondazione della Casa Santa dell’Annunziata di Napoli e un documento notarile della Casa Santa di Sulmona, in Pagine di storia della medicina, 1960, n. 4, 18-20.
(89) Ibidem.
(90) SASS, ACSA, Collegiata Chiesa di A.G.P., Miscellanea 1671-1730.
(91) R. Stacchezzini, op. cit., 109.
(92) E. Mattiocco, L’Annunziata di Sulmona (Memorie e documenti), Sulmona, Itinerari, 2008, 129.
(93) Ivi, 126-130.
(94) S. Coronella, Origini e sviluppi del giornalmastro nell’Italia dell’Ottocento, in De Computis, 2019, n. 16(1), 7-30.
(95) N. Rose, P. Miller, op. cit., 183.
(96) R. Stacchezzini, op. cit., 56-57.
(97) O. Gabrovec Mei, op. cit., 100-103.
(98) SASS, ACSA, Sezione IV, Registri, nn. 1-41.
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colonne a sezioni divise e contrapposte, indicanti gli esiti, gli introiti e i “terraggi” (99). Il Maestro e il Giornale di cassa piccola erano collegati da una doppia registrazione: ogni operazione era riportata in ordine cronologico su entrambi i registri, al margine dei quali si annotavano i relativi riferimenti espressi con le lettere dell’alfabeto, il libro e la pagina a cui si riferiva l’operazione nell’altro libro contabile (100). È importante sottolineare che nel Libro maestro le date erano sempre precedute dal simbolo della chiocciola @ per designare lo “stato in luogo” dell’operazione registrata (101). Tale segno, già utilizzato a Napoli nella contabilità dei banchi pubblici napoletani, fu ripreso anche dall’Ospedale di Sulmona, che l’adottò assieme all’impiego del Libro di cassa piccola e a quello di cassa grande (102). Il primo era utilizzato per registrare gli esiti e/o le entrate ordinarie, che confluivano anche nel Libro giornale, il secondo per rilevare i movimenti straordinari, quali le riserve disponibili provenienti dalla cassa piccola oppure i pagamenti per spese im- previste. Tale impianto contabile che, come si è detto, ottemperava al mero controllo finanziario, finalizzato alla riscos- sione dei crediti e al pagamento dei debiti, rimase sostanzialmente immutato fino all’epoca della dominazione francese (103).
Con la caduta dell’ancièn régime i cambiamenti politici, economici e sociali che investirono il Regno coinvolsero anche l’amministrazione degli enti di assistenza di matrice laica (104). Di conseguenza si avvertì l’esigenza di control- lare a distanza il patrimonio degli stessi, accelerando la traiettoria verso la fedele e totale riproduzione del sistema camerale. Nel 1812 (105) ciascun ente ospedaliero e di assistenza fu obbligato alla redazione di uno “stato dimostrativo della rendita annua e dei pesi di cui gravato” (106), ovvero un documento contabile riepilogativo delle finanze interne.
Con la Restaurazione la contabilità dell’ospedale sulmonese si arricchì di una serie di strumenti contabili che la uniformarono al sistema camerale in vigore nelle amministrazioni pubbliche: si introdussero il conto Riscontro e chiu- sura, che evidenziava il bilancio di cassa calcolato a chiusura del Libro giornale, e il Bugetto (107), una sorta di bilancio di previsione, nel quale si inserivano le entrate e le uscite previsionali. A questi si aggiunsero ulteriori cambiamenti migliorativi che coinvolsero le voci di entrata e di uscita classificandole in titoli, categorie e articoli.
Successive innovazioni contabili si ebbero dopo l’unità d’Italia quando furono introdotte nuove regole amministra- tivo-contabili per i luoghi pii, che produssero effetti anche nella gestione del patrimonio delle Nunziate (108). Nel 1859 era stato inserito l’obbligo di redigere conti consuntivi, bilanci e inventari e, qualche anno dopo, nel 1862, con l’entrata in vigore della legge Rattazzi (3 agosto 1862, n. 753), furono riorganizzate le stesse istituzioni assistenziali. Nel 1869 con la legge Cambray-Digny la contabilità di tali enti doveva essere obbligatoriamente redatta attraverso il metodo della partita doppia (109).
Questi cambiamenti furono recepiti dall’ente di Sulmona, il cui impianto contabile tra il 1850 e il 1863 risultava composto dal Registro dell’introito materiale, necessario per la redazione delle entrate (110), dal Registro dell’introito morale (111), dal Registro delle delucidazioni dell’introito (112) e dal Registro di carico (113). Nella sezione finale di quest’ultimo veniva effettuata la Ricapitolazione del carico e la Ricapitolazione dell’esatto (114).
(99) Con il termine “terraggio” si indicavano le terre concesse a terratico, ovvero ad un canone di locazione concesso in natura a terre generalmente incolte o poco fertili.
(100) F. Carillo, Repertorio ragionato di giurisprudenza e questioni di diritto, Venezia, Giuseppe Antonelli, 1842, 119-120.
(101) SASS, ACSA, Sez. IV, Registri, n. 23.
(102) F. Valletta, La circolazione della moneta fiduciaria a Napoli nel Seicento e nel Settecento, 1587-1805, Napoli, Esi, 2008, 25; P.
Avallone, Stato e banchi pubblici a Napoli a metà del ‘700: il Banco dei poveri, una svolta, Napoli, Esi, 1995.
(103) L. Deplanque, Trattato di contabilità commerciale in partita semplice e doppia, Milano, Galli e Omodei, 1874, 9.
(104) ASCh, Consiglio Generale degli Ospizi, b. 478. M. Zuccarini, Ospedale «Ave Gratia Plena» o della SS. Annunziata di Chieti, Chieti, Solfanelli, 1985, 81-83.
(105) V. Giliberti, Polizia ecclesiastica del Regno delle Due Sicilie, Napoli, Francesco Azzolino,1848, 19.
(106) M. Zuccarini, op. cit., 81.
(107) S. Lazzini, V. Zarone, I “Bugetti” dell’età napoleonica. Analisi comparativa nei contesti territoriali ligure e campano, in Con- tabilità e bilanci per l’amministrazione economica. Stato e istituzioni di interesse pubblico in Italia dal 16. al 20. secolo (Atti del X Convegno nazionale della Società italiana di storia della ragioneria, Milano, 5-6 novembre 2009), Roma, Rirea, 2010.
(108) S. Di Tullio, La Santissima Annunziata a Sulmona e le sue rendite (1850-1870), in Bullettino della Deputazione Abruzzese di Storia Patria, 2005, n. XCV, 166.
(109) Art. 18 l. 22 aprile 1869, n. 5026.
(110) SASS, ACSA, Sez. IV, Registri, Registro dell’Introito Materiale 1850-1863.
(111) Ivi, Registro dell’Introito Morale 1850-1863.
(112) Ivi, Registro delle delucidazioni dell’introito 1850-1863.
(113) Ivi, Registro dell’Introito Materiale 1850-1863.
(114) Ibidem.