• Non ci sono risultati.

Fonti e studi di Storia Antica. Collana fondata da SILVIO CATALDI e diretta da ELISABETTA BIANCO e GIANLUCA CUNIBERTI

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Fonti e studi di Storia Antica. Collana fondata da SILVIO CATALDI e diretta da ELISABETTA BIANCO e GIANLUCA CUNIBERTI"

Copied!
74
0
0

Testo completo

(1)

Colori compositi

!"#$%$$

!"#$%&'()(()*+',)&-*)-

!"#$%&'($&)*&+

!"#$"%&'()$*%+),'",-*'*.%/$"0-*"

&'1#')11*.%&'()$"%+)$$*".%23"'0)$) 4 5 %/ * " 3 6 * ' * . %2 1 1 # , ) %/ * ' ( " ' # . 7"8*'"%/,*66".%71)9"'*"%:)%;*-#.

4 " , * " %< , " = * " %> * $ ) ' * . %/ " 1 ) , * ' "

<,)?#.%/$)3)'1)%4",?#'*.%%@*?#$"

7),"9*'*.%4",*A"%B#,1#,)$$*%<C*-*'*.

D$("%B,*80$"1#5

E77@%FGHHIJFKF

2-*=*#'*%-)$$LD,A#

,"#$&)-).$(*&)*&).$"%&/)0#$&1/

/#$$"'"%9#'-"1"%-"

7EM;ED%/&B&M:E

)%-*,)11"%-"

2ME7&+2BB&%+E&@/D%)%<E&@MN/&%/N@E+2OBE

2#)1"3-%$&#/P

O*)$"8#,"=*#')%(,"9*?"%-)*%9,"33)'1*%HIJ Q%-1$"R%-)$$"%$"3)$$"%6$038)"%?#'1)')'1) ($*%)A"3)1,*%<)11S5

BC)%T5%!"0$%<)11S%40A)03.%;*$$"%/#$$)?1*#'.

4"$*80.%/"$*9#,'*"5

&'(")*+,)-.("&)--/")"*)'(010-)

-2345"2"65742345

!"#$%!"&' 89:;<=:"+7457244=

<ME%27&42BOE%<2BBU %2%72ME@N@B2

B)A1#%)%?#'1)A1#

E%?#A*--)11*%V)A"3)1,*%<)11SL%1,"3"'-"'#.%*'?*A*%A0%0'"%$"3*'"%6$038)"%-*%*('#1"

6,#W)'*)'="%)%-#'"1"%"$%T#C'%!"0$%<)11S%40A)03.%0'%1)A1#%?#36#A*1#.%-"1"8*$) 9,"%*$%;%)%*$%E;%A)?#$#%"5%/5.%-*%'"10,"%3"(*?#I?"1",1*?".%-)A1*'"1#%"%)AA),)%,*6,#-#11#

A*"%#,"$3)'1)%A*"%6),%*A?,*11#%?#'%*')W*1"8*$*%3#-*9*?C)%-*%?0*%A#'#%1)A1*3#'*%($*

)A)36$",*%6*X%1",-*%-)$%()'),)%(*0'1*%9*'#%"%'#*5%:"$$L"''#%-)$$"%A0"%6,*3"

6088$*?"=*#')%QFYHHR%"%#6),"%-*%:"W*-%T#,-"'%)%O#S%Z#1"'A[S.%$L*'1),)AA)%6),

\0)A1#%1)A1#%)'*(3"1*?#%)%6),%$"%A0"%?#'1)A10"$*=="=*#')%]%()'),"$3)'1)%*'-*W*-0"1"

"%7)$*'0'1)%#%')$$"%7*?*$*"%#??*-)'1"$)%]%A*%^%?#'A*-),)W#$3)'1)%)A1)A#5%:#6#

$L"66#,1#%-)?*A*W#%-)$%W#$03)%-*%A10-*%)-*1#%')$%FYHK%-"%/C,*A1#6C),%>","#')%) :*,[%D88*'[.%\0)$$#%?C)%\0*%A*%6088$*?"%^%*$%$"W#,#%-L*'A*)3)%6*X%?#A6*?0#P%)AA#

^%*$%9,011#%-*%6*X%*'?#'1,*%-*%A10-*#%A0$%1)3"%)%-)$$"%,*?),?"%*'1),-*A?*6$*'",)%?#'-#11"

-"%A10-*#A*%-)$$)%N'*W),A*1_%-*%;)')=*".%N,8*'#.%@"6#$*.%@)`%U#,[%?#'%*$%A066#,1#

-)$$"%7#6,*'1)'-)'="%"*%+)'*%/0$10,"$*%)%&38*)'1"$*%-)$$"%O)(*#')%7*?*$*"%)%-)$

!",?#%&,?C)#$#(*?#%-*%7)$*'0'1)5

(2)

Collana fondata da S

ILVIO

C

ATALDI

e diretta da

E

LISABETTA

B

IANCO

e G

IANLUCA

C

UNIBERTI

22

(3)

Silvio Cataldi (Torino) - Victor Alonso Troncoso (La Coruña) Claudia Antonetti (Venezia) - Elisabetta Bianco (Torino) Pietro Cobetto Ghiggia (Campobasso) - Gianluca Cuniberti (Torino) Dominique Lenfant (Strasbourg) - Robert Weldon Wallace (Evanston)

I volumi pubblicati nella Collana sono sottoposti a un processo di peer review che ne attesta la validità scientifica.

(4)

Testo e contesto

a cura di Claudia A

NTONETTI

Edizioni dell’Orso

(5)

dell’Università Ca’ Foscari Venezia.

© 2018

Copyright by Edizioni dell’Orso S.r.l.

15121 Alessandria, via Rattazzi 47 Tel. 0131 - 25.23.49 - Fax 0131 - 25.75.67 E-mail: [email protected]

http://www.ediorso.it

È vietata la riproduzione, anche parziale, non autorizzata, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche a uso interno e didattico. L’illecito sarà penalmente persegui- bile a norma dell’art. 171 della Legge n. 633 del 22.IV.1941

ISSN 2611-4232

ISBN 978-88-6274-906-0

(6)

Claudia A

NTONETTI

Presentazione

IX

I

Gli esametri Getty: il testo e la sua interpretazione

1. Lingua e scrittura

Olga T

RIBULATO

Writing and Language in the Getty Hexameters

5

2. Stile, dizione, tradizione letteraria

Ettore C

INGANO

A fresh look at the Getty hexameters: style, diction, tradition and context

(Part one)

23

3. Oralità e scrittura

Nicola S

ERAFINI

Epea hiera: gli esametri Getty fra oralità e scrittura 55

4. Contiguità fra testi rituali

Sabina C

RIPPA

Testi rituali del Mediterraneo antico.

Note storico-metodologiche su contiguità e differenze

65

5. Modelli egizi

Emanuele M. C

IAMPINI

Egyptian patterns in the Getty Hexameters’ Historiola

77

6. La componente misterica

Marisa T

ORTORELLI

G

HIDINI

All’ombra dei misteri: per una rilettura della col. I degli esametri Getty

91

(7)

7. La cultualità e il contesto storico selinuntino

Claudia A

NTONETTI

Gli esametri Getty e Selinunte: contesto storico e intertestualità cultuale

109

II

Selinunte: il contesto storico archeologico letterario

8. Il mito di Eracle

Paola A

NGELI

B

ERNARDINI

Il mito di Eracle nella cultura selinuntina: un eroe per tutte le stagioni

135

9. La dea Ecate

Nicola S

ERAFINI

La dea Ecate a Selinunte: una messaggera della Malophoros

149

10. Il Tempio R e la sua dea

Clemente M

ARCONI

La dea del Tempio R

179

11. Novità dalla Malophoros

Caterina G

RECO

Nuove ricerche archeologiche nei santuari

di Demetra Malophoros e Zeus Meilichios a Selinunte

203

12. Musica, mito, performance

Angela B

ELLIA

La musica a Selinunte tra mito e performance: considerazioni

sulla scena musicale nella ‘piccola metopa’ della Triade Delia

231

13. La distruzione di Selinunte

Maria Grazia F

ILENI

La distruzione di Selinunte in Diodoro Siculo: tra ideologia e storia

253

14. Selinunte greca dopo il 409 a.C.

Stefania D

E

V

IDO

Selinunte greca dopo il 409 a.C.

Il profilo della città nel contesto del IV secolo siceliota

285

(8)

Abbreviazioni e bibliografia generale 301

Abstracts

347

(9)

Il volume che ho il piacere di presentare alla comunità scientifica è il frutto di un lungo lavoro di ricerca interdisciplinare condotto da studiosi delle Università di Venezia, Urbino, Napoli e New York con il supporto della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali della Regione Siciliana, del suo Centro Regionale per l’Inventario, la Catalogazione e la Documentazione, e del Parco Archeologico di Selinunte. Si tratta del lavoro d’insieme più cospicuo sui cosiddetti ‘esametri Getty’ apparso dalla pubblicazione degli stessi a opera di D. Jordan e R. Kotansky nel 2011 e dopo l’importante volume collettivo edito da C. Faraone e D. Obbink nel 2013. Alcuni seminari di studio hanno scandito il lavoro in itinere: il conve- gno “Selinunte nell’antichità: prospettive e ricerche” tenutosi all’Università di Urbino il 17 e 18 ottobre 2012 e organizzato dal compianto Mario Luni e da Paola Angeli Bernardini e il “Forum veneziano sugli esametri Getty da Selinunte” che ho organizzato all’Università Ca’ Foscari di Venezia il 19 e 20 novembre 2015.

Gli ‘esametri Getty’ tramandano, incisi su una lamina plumbea opistografa di ignota provenienza e donata nel 1981 al John Paul Getty Museum, un testo di natura magico-catartica composito e piuttosto oscuro, databile fra il V e il IV se- colo a.C., destinato a essere riprodotto sia oralmente sia per iscritto con inevitabili modifiche di cui sono testimoni gli esemplari più tardi del genere giunti fino a noi. Il testo si definisce in incipit un’epode, cioè un poema incantatorio, e poiché la diffusione antica e profonda di tali rituali è accertata in età tardo-arcaica e clas- sica a Selinunte e a Imera, era legittimo il tentativo di valutarne l’‘efficacia’

all’interno di contesti storicamente determinati e conosciuti della Sicilia occiden- tale. Il contesto esemplare su cui meglio poteva focalizzarsi la ricerca ci è sem- brato quello di Selinunte, in quanto comunità che, pur avendo subito i traumi della distruzione bellica operata dai Cartaginesi – non diversamente dalle maggio- ri poleis della Sicilia centro-occidentale a partire dal 409 a.C. –, ha anche speri- mentato con successo le nuove esperienze di convivenza realizzatesi nel IV secolo fra diverse popolazioni elleniche, anelleniche e soprattutto puniche.

In tale prospettiva si è organizzata la nostra ricerca: la prima parte del volu-

me raccoglie sistematicamente i contributi dedicati al testo nei suoi aspetti epi-

grafici, linguistici, stilistici, letterari, funzionali, cultuali e religiosi; la seconda

approfondisce il contesto paradigmatico scelto, quello di Selinunte, nella sua

(10)

storia archeologica, letteraria, religiosa e socio-culturale, in un’ottica di transi- zione e trasformazione dalla Sicilia classica a quella greco-punica.

Mi sia concesso ringraziare in primis quanti hanno partecipato alla ricerca realizzando in tal modo uno dei desiderata scientifici che da lungo tempo mi stavano a cuore e poi quanti hanno contribuito alla pubblicazione dei risultati:

Nicola Serafini per una prima raccolta dei contributi, l’amico Pietro Cobetto Ghiggia e il suo staff per l’ottima veste donata al volume e l’acribia esercitata nel lavoro editoriale, il collega Ettore Cingano per aver generosamente co- finanziato l’opera.

Claudia Antonetti Venezia, 20 dicembre 2018

(11)

Nel 2006, una missione dell’Institute of Fine Arts della New York Univer- sity originariamente in convenzione con la Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Trapani e in collaborazione con il Museo Archeologico di Paler- mo “Antonino Salinas” e ora in convenzione con il Parco Archeologico di Se- linunte

*

, ha intrapreso un progetto di indagine topografica, architettonica e ar- cheologica del settore meridionale del grande santuario urbano di Selinunte. Si tratta di un’area delimitata a nord dal Tempio C, a sud dal muro di peribolo, a est dall’accesso al santuario in corrispondenza delle “Sale A”, e a ovest dal Tempio R (Fig. 1).

Nei nostri scavi si è rinvenuta una sequenza stratigrafica relativamente omo- genea per tutta l’area, che è qui utile riportare (Fig. 2). La fase più antica (I), sopra un livello sterile a contatto con il banco di roccia, risale alla preistoria, ed è rappresentata prevalentemente da materiali ceramici (rinvenuti in parte anche negli strati superiori) databili all’Età del Bronzo (Antico, Medio, e Finale), in- clusi frammenti di ceramica egeo-micenea

1

.

* Questo testo è stato originariamente presentato al convegno “Selinunte nell’antichità: pro- spettive e ricerche” tenutosi all’Università di Urbino il 17-18 Ottobre 2012 e organizzato dal compianto Mario Luni. I più vivi ringraziamenti a Claudia Antonetti per la sua inclusione in que- sto volume, e per le sue osservazioni sul testo finale. Per le nostre ricerche siamo sempre grati alla Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Trapani, al Museo Archeologico di Palermo

“Antonino Salinas,” e al Parco Archeologico di Selinunte, attualmente diretto dall’Architetto En- rico Caruso, al quale va tutta la nostra riconoscenza per il continuo supporto del nostro lavoro sul sito. Il progetto di ricerca è diretto dallo scrivente assieme a Rosalia Pumo. Lo studio architetto- nico è affidato a David Scahill e Massimo Limoncelli. Lo scavo archeologico è attualmente coor- dinato da Andrew Ward. Il restauro dei materiali è attualmente diretto da Flavia Puoti. L’analisi dei resti faunistici è affidata a Roberto Miccichè. L’analisi dei resti paleobotanici è affidata a Soultana Valamoti. L’analisi dei reperti è affidata a Linda Adorno, Babette Bechtold, Angela Bellia, Massimo Cultraro, Suzanne Frey-Kupper, Lorenzo Lazzarini, Valeria Tardo, e Caterina Trombi. La documentazione grafica è opera di Filippo Pisciotta, mentre quella fotografica è affi- data a Raffaele Franco. La gestione del laboratorio è affidata a Debora Messina. Siamo partico- larmente grati ai nostri sponsors, inclusi la 1984 Foundation, la Malcolm Hewitt Wiener Founda- tion, la Samuel I. Newhouse Foundation, Julie Herzig e Robert J. Desnick, Alicia e Norman Volk, e Mary Lee Baranger.

1 CULTRARO 2009, 63; CULTRARO-MARCONI 2016, 119.

(12)

A questa prima fase di frequentazione, che si chiude con la fine dell’XI- prima metà del X secolo, ne segue una (II) di apparente abbandono, segnata dalla mancanza di materiale indigeno della prima Età del Ferro. Anche se è bene evitare generalizzazioni, i risultati dei nostri scavi, condotti in un luogo centrale per le dinamiche insediative del sito, non parlano a favore della pre- senza di un insediamento indigeno a Selinunte al tempo della fondazione della colonia megarese

2

.

A tale fondazione corrisponde la fase successiva (III), documentata nei no- stri scavi non da strutture ma da reperti faunistici e manufatti, compresa cera- mica di Megara Iblea e ceramica corinzia attribuibile alla transizione dal Medio al Tardo Protocorinzio. I resti di sacrificio animale e la tipologia e qualità della ceramica, come una grande oinochoe conica decorata con fregio animale (Fig.

3), fanno pensare che la nostra area sia stata destinata a luogo di culto fin dal momento della fondazione di Selinunte.

A questa prima fase di frequentazione al momento della fondazione ne segue una (IV) che vede la costruzione, nell’area poi occupata dal Tempio R e tra questo edificio e il Tempio B, di due strutture in materiali deperibili, compresi pavimenti d’argilla (Fig. 4) e muri con zoccolo in schegge di pietra e alzato in mattoni crudi. Queste strutture, tra le più antiche documentate a Selinunte, sono databili al più tardi attorno al 610 in base alla ceramica rinvenuta negli strati di preparazione dei pavimenti. I materiali rinvenuti nei pavimenti d’argilla, rifatti almeno una volta, confermano la funzione cultuale di questi primi edifici.

La costruzione del Tempio R, previo lo smantellamento sistematico delle due strutture più antiche, rappresenta la fase successiva (V), databile al 590- 580, come vedremo (Fig. 5). Il Tempio R, con pianta a oikos con lungo naos e profondo adyton (e con opistodomo con accesso separato sul lato meridionale aggiunto a ovest, a quanto pare già verso la metà del VI secolo), secondo un’articolazione molto in uso a Selinunte

3

, risulta essere, allo stato, il tempio più antico con elevato interamente in pietra documentato nella colonia megare- se, a ulteriore conferma dell’importanza di questo luogo di culto. È possibile che nella fase originaria l’altare fosse del tipo a bothros, posizionato a pochi metri a sud della fronte: una circostanza importante ai fini della determinazione del culto, che però attende conferma dallo scavo sistematico della struttura (identificata nell’estate 2018).

Tra la fine del VI e il principio del V secolo il Tempio R è stato parzial- mente danneggiato da un incendio, che ha comportato alcuni rifacimenti (fase VI). Si segnalano in particolare non solo il parziale rinnovamento del tetto poli- cromo (che proponiamo di identificare con il Tetto A Scichilone/1 Conti, sulla

2 Diversamente da quanto suggerito, ad esempio, da FOURMONT 1981, 9; cfr. più di recente TUSA 2010, 37-38. Per una revisione della datazione della ceramica indigena da Selinunte cfr.

TROMBI 2015.

3 FISHER 2016, 76-81.

(13)

base del rinvenimento di un frammento di rivestimento del geison di questa se- rie davanti alla fronte), ma anche il rifacimento del pavimento nell’area del naos, originariamente più in basso rispetto alla soglia di accesso e all’area dell’adyton, e rialzato ora fino allo stesso livello (Fig. 6). Questo nuovo pavi- mento, fatto di argilla mista a polvere di calcare, si distingue per la sua copertu- ra con un sottile strato d’intonaco bianco.

Questa ristrutturazione del tempio corrisponde alla fase finale della generale risistemazione del grande santuario urbano, iniziata verso il 560

4

. Tale inter- vento incluse, nell’area meridionale del temenos, la costruzione (500 ca.) di una grande struttura contro il muro di peribolo, in prossimità dell’accesso al santua- rio e subito a est del Tempio R: tale costruzione è identificabile con un teatro rettilineo con una capacità di circa 500 persone sedute (Fig. 7)

5

.

Verso la fine del V secolo, presumibilmente in occasione della presa carta- ginese di Selinunte (e contrariamente all’indicazione di Diodoro 13, 57, 3-5), il Tempio R è stato vittima di un ulteriore, parziale danneggiamento, incluso un nuovo incendio (fase VII) (Fig. 8). Tale evento è documentato da ampie tracce di bruciato sul pavimento della fine del VI-inizio del V secolo, particolarmente in corrispondenza del centro della cella. L’evento più significativo relativo a questa fase identificato dai nostri scavi riguarda la scoperta, al centro dell’adyton, di una profonda fossa scavata fino al banco di roccia. Della fun- zione di questa fossa danno indicazione i minuti frammenti in oro, in argento, in ferro e argento dorato, in avorio e in osso lavorato trovati lungo i margini. È ciò che resta di materiali preziosi saccheggiati (questa volta in pieno accordo con il testo di Diodoro citato sopra) in occasione della distruzione del tempio, riferibili al deposito di fondazione del Tempio R.

Della datazione di questo livello di distruzione dà conferma il rinvenimento, nella preparazione per il pavimento della fase successiva, di ceramica databile non oltre la fine del V secolo. Ciò permette di riferire la fase (VIII) di rimozio- ne delle macerie e di ristrutturazione del Tempio R al periodo immediatamente posteriore alla distruzione di Selinunte, verosimilmente a opera dei profughi selinuntini rientrati da Agrigento (Diodoro 13, 58-59). A questa fase va riferito il rifacimento del pavimento (Fig. 9).

Al momento della ricostruzione della fine del V secolo l’edificio appare aver mantenuto la sua funzione sacrale, come testimonia tra l’altro il rinveni- mento di una deposizione in occasione della messa in opera del nuovo pavi- mento, ma ci si chiede per quanto tempo, nel corso del IV secolo (fase IX).

Per certo, verso il 300 (fase X), il Tempio R ha subito una profonda ristrut- turazione, inclusi un drastico rialzamento del piano di calpestio di circa un me- tro di altezza e la messa in opera di tre pilastri (due nella cella e uno poi sman-

4 MERTENS 2006, 184-188; MARCONI 2007, 72-74.

5 MARCONI-SCAHILL 2015.

(14)

tellato nell’adyton) per sorreggere il tetto. Purtroppo, gli scavi nell’area dell’edificio condotti da Francesco Saverio Cavallari hanno completamente ri- mosso le fasi d’uso posteriori al 300 ca. e non possiamo che speculare sulla nuova funzione della struttura. Alla prima guerra punica si potrebbe però asso- ciare il rinvenimento di palle di catapulta all’interno della cella da parte dello stesso Cavallari

6

.

Nello stesso periodo in cui si provvide a trasformare il Tempio R, si è pro- ceduto, più a est, alla costruzione del Tempio B e del relativo altare, previa una massiccia opera di livellamento per tutta l’area

7

. Quest’area formata da tempio e altare era delimitata verso nord da un lungo edificio a pianta rettangolare, la cui forma e funzione non possono oggi essere definite con precisione. La strut- tura comunque contribuiva a schermare questa zona rispetto al resto del santua- rio urbano, occupato in questa fase da case e strutture commerciali, come ri- sultato della concentrazione della vita della città nell’area dell’Acropoli

8

.

Il Tempio B è ricostruibile oggi con certezza come un prostilo tetrastilo di ordine dorico eretto su un podio di due assise, preceduto sulla fronte est da una scalinata di accesso, e con ogni probabilità con una statua di culto contro il muro di fondo della cella (Fig. 10). Di forme tipicamente greche, come l’associazione di tempio e altare in asse sulla fronte, il Tempio B difficilmente può essere considerato come un luogo di culto propriamente punico. Senza ri- correre alla breve parentesi di controllo agatocleo di Selinunte, è preferibile immaginare che, al tempo del controllo politico e militare di Cartagine su Se- linunte, nella città fosse presente una popolazione mista, sia greca che punica, ed è suggestivo pensare, per il Tempio B, a un culto che soddisfacesse entrambi i gruppi culturali: tale sarebbe il caso del culto di Demetra e Kore, introdotto a Cartagine al principio del IV secolo

9

. Purtroppo però, negli scavi condotti in quest’area a partire da Cavallari, si e scesi al di sotto del piano di calpestio ori- ginale, arrivando fino ai riporti funzionali al livellamento del 300 a.C. ed elimi- nando di fatto le fasi di vita associate al Tempio B e il suo altare nella prima metà del III secolo.

Se per il Tempio B non disponiamo di materiali riferibili alle fasi d’uso che possano contribuire a un’identificazione su base archeologica del culto, le cose vanno assai diversamente nel caso del Tempio R, i cui livelli arcaici e classici sono risultati interamente sigillati, e tali da consentire di analizzare le attività rituali in termini sia sincronici che diacronici. Ciò riguarda soprattutto la prima fase di culto (III), per la quale è testimoniato il sacrificio animale, con preva- lenza di suini, seguiti da ovicaprini e bovini. La fase d’uso dei primi edifici in materiali deperibili (IV), per la quale è già attestato il consumo del vino. La co-

6 CAVALLARI 1876, 105.

7 MARCONI 2012 a, 280-282.

8 HELAS 2012.

9 XELLA 1969; SPAETH 1994.

(15)

struzione del Tempio R (V), con un significativo deposito di fondazione (Fig.

11), che include il sacrificio di un ariete, due pecore, e una capra; la presenza di resti animali tra i quali predominano i suini, seguiti dagli ovicaprini, e con una percentuale ora minima di bovini; la dedica di armi (specie punte di lancia in ferro), di oggetti di ornamento personale, di vasi per profumi e cosmetici, di terrecotte figurate, e di un aulos

10

; la presenza di vasi per il consumo del vino, ceramica da fuoco, e lucerne. E infine la fase di ristrutturazione della fine del VI secolo, con la preparazione per il nuovo pavimento che conteneva oggetti votivi comparabili per funzione con la fase precedente (a partire da punte di lancia in ferro), più una quantità particolarmente significativa di ceramica da fuoco, a chiara documentazione della pratica di pasti rituali.

Nel complesso, i materiali votivi associati al Tempio R lasciano pensare a un culto femminile, così come del resto la tipologia stessa a oikos dell’edificio

11

. So- no da considerare, anzitutto, i numerosi oggetti di ornamento personale, come fibule, collane, bracciali, e anelli. Per la ceramica, vanno sottolineate l’alto nu- mero di pissidi di età arcaica di produzione e imitazione corinzia, per le quali un importante termine di confronto è offerto dal Santuario della Malophoros

12

, più una serie di kotylai del Corinzio Medio con scene di Frauenfest, raffigu- ranti serie di figure femminili danzanti che formano una catena tenendo delle corone nelle mani

13

. Non meno significative sono le numerose armi, dedica ca- ratteristica per culti femminili nei santuari greci di età arcaica, compresa la Magna Grecia e la Sicilia

14

. Da ultimo, mette conto citare la coroplastica, inclu- so il rinvenimento di un busto fittile davanti alla fronte est del Tempio R, con ricche tracce di policromia, di produzione locale, e databile al 470-460 ca. (ma trovato in un contesto di IV secolo) (Fig. 12).

Questa discussione dell’identità della divinità titolare del Tempio R e dei rinvenimenti coroplastici è un’utile premessa alla presentazione di una delle scoperte più significative nel nostro scavo all’interno della cella, e che è al centro di questo contributo: si tratta del rinvenimento di una statuetta femminile in terracotta (inv. TC12.9), accuratamente incastrata nel pavimento di argilla della fase originaria dell’edificio (Figure 13-15). La figurina fa parte del depo- sito di fondazione (menzionato sopra) associato alla costruzione del Tempio R.

Tale deposito, rinvenuto all’interno della cella misto al riempimento di schegge e terra che serve da fondazione del pavimento consiste di oggetti votivi collo- cati su diversi livelli, di cui il più alto e ricco di materiale è localizzato subito al di sotto del pavimento. Se è comune rinvenire depositi di fondazione sotto al

10 MARCONI 2014.

11 FISHER 2016, 116-169.

12 DEHL-VON KAENEL 1995, 304-305.

13 MARCONI 2013.

14 PARRA 2006, 232-237; SPATAFORA 2006; LARSON 2009; LA TORRE 2011; DE CESARE 2015, 306.

(16)

livello del pavimento

15

, altrettanto non si può dire del rinvenimento di terrecotte figurate inserite nel pavimento stesso

16

, anche se ciò può dipendere dalle condi- zioni di conservazione e di scavo dei pavimenti e dei depositi sottostanti. Come che sia, data la sua posizione, sembra inevitabile attribuire alla nostra immagine la funzione di proteggere l’edificio appena completato.

La nostra figurina (altezza massima 10.3 cm; larghezza massima 3.1 cm;

spessore massimo 2.25 cm) è del tipo a placca dedalico, tratta da matrice nella parte anteriore e con il retro piatto e lisciato. L’uso di un’argilla verde giallina con micro inclusi, e l’assenza d’ingobbio superficiale e policromia, la apparentano alle figurine femminili dello stesso tipo dalla Malophoros, alla quale il nostro pezzo è accomunato anche dall’uso del riporto per gli avam- bracci, originariamente piegati al gomito e inseriti in incavi circolari in corri- spondenza dell’estremità delle braccia

17

. È da osservare che non si è rinve- nuta traccia di questi riporti, e ci si chiede se essi fossero inclusi al momento della deposizione del pezzo.

Del volto a sviluppo quadrangolare, purtroppo danneggiato, specie in corri- spondenza della bocca, ancora si distinguono, malgrado la corrosione, il grosso naso, i grandi occhi, e le arcate sopracciliari alquanto marcate. I capelli, la cui frangia sulla fronte è danneggiata, scendono da dietro le orecchie sulle spalle e il petto con andamento relativamente libero, disposti in boccoli a “perle”, di cui quattro sul lato destro, e tre su quello sinistro.

La figura veste una lunga tunica liscia e aderente al corpo, dalla quale fuo- riescono all’orlo inferiore, scampanato, ambo i piedi. La tunica è stretta alla vita da due cordoncini, che spezzano le linee verticali del contorno e danno una certa modellatura al corpo accentuando in particolare la prominenza, seppur lieve, del petto. Sopra la tunica, la figura porta un ampio mantello, che in basso scende fino a terra mentre in alto si sovrappone al polos che sormonta il capo.

Quest’ultimo è di altezza relativamente bassa, inferiore a quella del viso, ed è troppo danneggiato per stabilire se fosse liscio o ornato. Infine, la figura sembra indossare un pendente al collo, troppo corroso, purtroppo, per stabilirne la for- ma esatta, e non è esclusa la presenza di orecchini.

Il tipo rappresentato dalla nostra figurina era già noto, da un esemplare rin- venuto in una fossa votiva nella necropoli Buffa, pubblicato da Vincenzo Tusa con datazione alla seconda metà del VII sec. e illustrato – ma non discusso – più di recente da Stephanie Böhm, nel suo lavoro sull’arte dedalica in Sicilia

18

. Il cattivo stato di conservazione dell’esemplare da Buffa può spiegare la man-

15 WEIKART 2002; HUNT 2006.

16 Senza confronti in Magna Grecia e Sicilia, stando a Valeria Parisi (comunicazione perso- nale), che ringrazio vivamente.

17 Cfr. più di recente BÖHM 2007, 63-65 e ALBERTOCCHI 2009.

18 Palermo, Museo Archeologico Regionale “Antonino Salinas” inv. 47300: TUSA 1971 b, 226 nr. 59 a, tav. 81 a; BÖHM 2007, 99 fig. 87.

(17)

canza di riferimenti al tipo in discussioni dello stile dedalico in Sicilia, compre- se quelle concentrate sulle terrecotte figurate da Selinunte. Si tratta però di un’immagine rimarchevole, sulla quale si spera che questo nuovo esemplare, meglio conservato, possa attirare l’attenzione della ricerca.

La particolarità del nostro tipo consiste nella sua combinazione di tunica cinta alla vita di tipo dedalico con ampio mantello che copre l’intera figura, compreso il polos. Le figure di tipo dedalico – sia le sculture in pietra che le fi- gurine in terracotta – sono generalmente caratterizzate dall’uso non di un simile mantello, ma di una mantellina (“epiblema”) che copre le spalle, la schiena e parte del petto e che è generalmente intesa come capo distinto dalla tunica (“peplos”) sottostante

19

. Non mancano però eccezioni, a cominciare dalla figura colta nell’atto di svelarsi, generalmente identificata come Hera, in uno dei rilie- vi da Micene

20

. Per la Sicilia, si possono menzionare la ben nota statuetta della Collezione Mormino

21

, con mantello o velo indicato con caratteristiche linee a zig-zag ai lati, e, appunto, il nostro tipo, dove però la resa del mantello è deci- samente più complessa e, soprattutto, questo capo giunge a sovrapporsi al po-

los. Questo ci introduce al secondo elemento di particolarità del nostro tipo:

non solo si tratta di un raro caso di combinazione di tunica cinta alla vita di tipo dedalico e mantello, ma rappresenta anche una delle occorrenze più antiche dell’uso di sovrapporre il mantello o il velo al polos, una soluzione iconografica di origine neo-ittita e di grande effetto, destinata a grande fortuna nell’arte gre- ca di età arcaica e classica

22

.

Questo ci introduce al problema della cronologia della nostra figurina. La proposta di Quarles Van Ufford di datare le terrecotte di tipo dedalico da Se- linunte alla seconda metà, e in alcuni casi perfino alla fine del VI secolo, non ha riscosso successo in letteratura

23

. Lucia Faedo, in particolare, ha ribadito la sug- gestione implicita nelle pubblicazioni di Gàbrici di una datazione di questa classe di materiale ai primi anni di vita della colonia

24

. Più di recente, Marina Albertoc- chi, a seguito di un riesame sistematico del materiale, ha sottolineato l’ispirazione da modelli corinzi delle terrecotte tardo-orientalizzanti da Selinunte, proponendo una loro datazione tra la fine del VII e gli inizi del VI secolo

25

.

In effetti, la ricerca e le pubblicazioni degli ultimi decenni hanno gettato nuova luce sulla datazione delle terrecotte dedaliche a Selinunte, in termini di

19 Ad esempio la figurina cretese di dea stante al Louvre: MOLLARD-BESQUES 1954, 29 nr. B 164, tav. 21. In generale, sull’abbigliamento delle figure dedaliche cfr. DAVARAS 1972, 59-65 e più di recente DONOHOUE 2005, 138-142, con ulteriore bibliografia.

20 DAVARAS 1972, 33 fig. 30; MARCONI 2007, 5-6.

21 Palermo, Fondazione Banco di Sicilia inv. 1: GIUDICE-TUSA-TUSA 1992, 27-28 nr. B 1;

BÖHM 2007, 64-65 fig. 89; BIFARELLA 2012, 137-138 fig.

22 Su cui cfr. in generale WEILL 1985, 185-188.

23 QUARLES VAN UFFORD 1940, 39-41.

24 FAEDO 1970, 27-32.

25 ALBERTOCCHI 2009, 11; 2012, 94.

(18)

produzione e uso. Nella sua ricostruzione delle fasi di vita di Malophoros con le annesse offerte votive, Martine Dewailly ha mostrato come statuette di tipo dedalico siano state rinvenute in associazione non solo con il primo, ma anche il secondo periodo di vita del santuario, datato al 590/580-550/540

26

. Mentre nella sua pubblicazione del materiale della necropoli Buffa, Emma Meola ha puntato l’attenzione su una statuetta femminile stante frammentaria di tradizio- ne tardo-dedalica trovata sopra una tomba (T. 310) databile in base al materiale associato tra primo e secondo quarto del VI secolo

27

.

Nel caso specifico del nostro pezzo, i confronti preferibili, a livello di tecni- ca, stile e iconografia, si rinvengono a Selinunte stessa, in alcune terrecotte de- daliche da Malophoros (Fig. 16): per la resa generale della figura, inclusi il basso polos, la tunica cinta alla vita, e il trattamento dei capelli sul petto con boccoli a “perle”, oltre ai particolari tecnici già menzionati

28

. Conformandoci al giudizio espresso più recente sulla datazione di questo materiale, la nostra sta- tuetta andrebbe datata tra la fine del VII e gli inizi del VI secolo.

A questo proposito, è bene precisare che, allo stato attuale delle ricerche, la costruzione del Tempio R sembra doversi datare attorno al 590-580, sulla base in particolare della ceramica corinzia dai livelli di fondazione, databile al pas- saggio dal Corinzio Antico al Corinzio Medio. L’edificio risulta dunque uno- due decenni più recente rispetto a quanto postulato fin qui sulle base delle for- me architettoniche

29

. Questa datazione è molto vicina a quella qui suggerita su base stilistica per la nostra statuetta, che può essere stata prodotta in associa- zione o alla fase precedente di uso cultuale dell’area o alla costruzione del tem- pio. Con l’architettura del tempio, in particolare, la nostra figurina condivide lo stesso, intenzionale atteggiamento conservatore, che è tipico di tante manifesta- zioni artistiche connesse al sacro a Selinunte in età arcaica e severa. Basti citare come esempio la piccola metopa delle Tre Dee (Fig. 17), eseguita prima del 550, per la quale lo scultore sembra avere adottato come modello per la resa delle donne (particolarmente l’enfasi sul mantello e la cintura) proprio immagi- ni come la nostra statuetta, di circa tre decenni più antica

30

.

Il fatto che la nostra figurina rappresenti une delle occorrenze più antiche della combinazione di mantello o velo che si sovrappone al polos è molto interessante anche nella prospettiva dell’identificazione della dea (a parte l’iconografia, dato il posizionamento nell’edificio, è difficile pensare all’identificazione della nostra figurina con un’offerente). Questa combinazione contribuisce infatti a restringe-

26 DEWAILLY 1992, 15.

27 MEOLA 1996-1998, I, 253; II, 218 nr. 310, 9, tav. 75, 35.

28 Per la tunica e i capelli cfr. in particolare Palermo, Museo Archeologico Regionale

“Antonino Salinas” inv. 63: GÀBRICI 1927, 208, tav. 37, 4; BÖHM 2007, 64, 98 fig. 83;

ALBERTOCCHI 2009, 14 fig. 3.

29 MARCONI 2007, 77-78.

30 MARCONI 2007, 96-99, 226-227.

(19)

re il campo delle probabilità a figure come Demetra, Kore, Hera, Artemide, Hekate, e, forse, Afrodite

31

. A Selinunte, in particolare, la combinazione appa- re caratteristica di Malophoros, come si deduce da uno dei tipi più elaborati di statuetta da quel santuario, con la dea assisa in trono che stringe al petto una melagrana con la mano destra (Fig. 18)

32

. Il confronto con la cosiddetta

Dame au Polos da Taso (Fig. 19), una probabile immagine di Artemide assisa

e velata, riesaminata sistematicamente in anni abbastanza recenti da Nicole Weill – nel contesto della pubblicazione del materiale coroplastico dall’Artemision – con datazione del prototipo al 580-570

33

, invita però a prendere seriamente in considerazione la possibile identificazione alternativa della nostra dea con Artemide.

Questo ci porta al problema dell’identificazione specifica della divinità ti- tolare del Tempio R. Diversi indizi sembrano suggerire Demetra e Kore, a par- tire dalla pratica sacrificale: lasciata da parte l’identificazione, al momento ipotetica, di un altare a bothros presso la fronte del tempio, si tratta del sacrifi- cio dell’ariete in fondazione (Fig. 20), di carattere chiaramente ctonio e ben do- cumentato in associazione con Persefone

34

, e dell’uso prevalente del sacrificio di suini, di cui solo 2% adulti, 56% subadulti, e 42% infanti in associazione con il deposito di fondazione della fase V. La prevalenza del sacrificio di suini (a differenza di Malophoros) suggerisce in particolare un culto di carattere tesmo- forico

35

. Quest’ultima possibilità è certamente suggestiva, se si considera non solo la probabile attribuzione del Tempio C ad Apollo ma anche quella altret- tanto probabile del Tempio D ad Atena

36

. Ciò richiama subito alla mente la pre- senza, sull’Acropoli di Alcatoo a Megara, dei templi di Atena e di Apollo, e del santuario di Demetra Thesmophoros, ricordati da Pausania (1, 42, 4-5): una corrispondenza perfettamente coerente con i particolari stretti legami tra Se- linunte e Megara, particolarmente a livello cultuale

37

.

Quella a Demetra e Kore non pare però l’unica attribuzione possibile, come meglio esemplificato dal rinvenimento di un busto fittile. I busti fittili sicelioti di età classica ed ellenistica sono tradizionalmente associati a Demetra e Kore, ma come osservato più di recente da Chiara Portale tale connessione non va

31 WEILL 1985, 193-196.

32 GÀBRICI 1927, 274, tav. 60, 4; LANGLOTZ 1965, 270, tav. 68.

33 WEILL 1985, 147-202; ROLLEY 1994-99, I, 32 fig. 28, 295.

34 HERMARY 2004, 79-80 nr. 116; BREMMER 2013, 26.

35 Cfr. HERMARY 2004, 79-82

36 MARCONI 2007, 132-133 e MARCONI 1999 b. Cfr. più di recente ZOPPI 2015, 36, con ulte- riore bibliografia.

37 Torelli in COARELLI-TORELLI 1984, 94-95; MARCONI 2013; ZOPPI 2015, 39. Non è certo che l’epiteto Thesmophoros, in età arcaica, si riferisca alla dea come datrice di leggi (e.g. CHIRASSI

COLOMBO 2008): cfr. BREMMER 2012, 27 per l’identificazione originaria dei thesmoi con i resti del sacrificio animale depositati nei megara.

(20)

data sempre per scontata, data la possibilità di ulteriori legami con Atena, Ar- temide e le Ninfe

38

.

Nulla di specifico, al momento, lascia pensare ad Atena e le Ninfe, nel caso del Tempio R, ma quanto ad Artemide, si tratta di una seria alternativa. Non solo per via del confronto della nostra statuetta con la Dame au Polos, ma anche per la presenza di abbondanti ossa di ovicaprini tra i resti di sacrificio animale

39

, per la particolare associazione dell’aulos con Artemide in Sicilia

40

, e infine per la loca- lizzazione del Tempio R subito a sud del Tempio C, di Apollo. L’attribuzione dell’edificio più piccolo al suo fianco a una divinità paredra ha il suo interesse, anche considerata la forte associazione tra Artemide e Apollo documentata dalle metope scolpite di età arcaica e dalla monetazione di quinto secolo

41

.

Propendiamo, però, complessivamente per l’attribuzione del culto del Tem- pio R a Demetra e Kore, che andrà suffragata dal dato epigrafico col proseguire dei lavori.

I risultati degli scavi nell’area del Tempio R sembrano offrire un contributo all’analisi degli esametri Getty – un testo proveniente da Selinunte, anche se non necessariamente prodotto in questa città, secondo alcuni autori – a partire dal problema della cronologia. Nel volume edito da Christopher Faraone e Dirk Obbink si propende per una datazione della composizione del testo, che si in- tende redatto a Selinunte, verso la fine del V secolo. Più di un autore, in parti- colare, vede nella presa cartaginese di Selinunte del 409 un preciso terminus

ante quem per tale redazione: è questo soprattutto il caso di Jan Bremmer42

e Richard Janko

43

. Questo approccio è problematico alla luce delle fonti antiche e dell’evidenza materiale.

Sul piano delle fonti antiche, basta menzionare il riferimento al permesso (409) concesso da Annibale ai profughi selinuntini, grazie all’intermediazione di Empedion, di tornare nella loro città a condizione di pagare tributo a Carta- gine e dopo averne abbattute le mura (Diodoro 13, 59, 3-4); la successiva (408) occupazione di Selinunte da parte di Ermocrate Siracusano che fortifica parte della città e richiama i selinuntini sopravvissuti (Diodoro 13, 63, 3-4); e infine la pace stipulata nel 405 tra Dionisio I e Imilcone, secondo la quale alle popola- zioni di Selinunte, Agrigento, Himera, Gela, Camarina si concede di abitare nelle proprie città a condizione di non cingersi di mura e pagare un tributo a Cartagine (Diodoro 13, 114, 1)

44

. Per alcuni autori, la presa cartaginese del 409 potrebbe marcare la fine di Selinunte come polis

45

: certamente, tale evento non

38 PORTALE 2012.

39 HERMARY et alii 2004, 73-76.

40 BELLIA 2012, 94-95.

41 MARCONI 2007, 195-199.

42 BREMMER 2013, 25 e 28.

43 JANKO 2013, 37.

44 ANELLO 1986; DE VIDO 2009.

45 E.g. CUSUMANO 2010, 26-27.

(21)

segna però la fine di Selinunte come comunità con una forte presenza greca, sia pur politicamente favorevole a Cartagine, come nel caso di Empedion.

Sul piano dell’evidenza materiale va menzionato il massiccio intervento er- mocrateo di costruzione delle mura che cingono la collina sud (Acropoli), in forma monumentale e con impianti molto complessi, e parte della collina nord (Manuzza). A questo si aggiungano alcune opere di ricostruzione in grande scala, anche se con tecnica approssimativa e frettolosa, nell’area dell’agora, che hanno fatto scrivere a Mertens di un clima quasi di restaurazione, tipico di una situazione post-bellica

46

. Fin qui, la nostra conoscenza della ricostruzione di Selinunte dopo il 409 è stata generalmente limitata alle fortificazioni, già poste da Diodoro in relazione con la funzione di Selinunte come base militare per le operazioni in Sicilia Occidentale del generale siracusano. Oggi, lo scavo del Tempio R e l’identificazione di una fase di ristrutturazione dell’edificio subito dopo il 409 confermano però come la ricostruzione ermocratea di Selinunte sia stata finalizzata non solo al temporaneo soggiorno delle truppe di Ermocrate ma abbia riguardato anche la sfera del sacro, ed è inevitabile porre tale intervento in connessione con la presenza nella città rioccupata di profughi selinuntini rientrati in patria. Su queste basi, la presa cartaginese del 409 difficilmente può considerarsi come una cesura nel culto di tipo greco a Selinunte. Se poi fosse corretta l’attribuzione del Tempio R a Demetra e Kore, si dovrebbe anche sot- tolineare, in relazione con gli esametri Getty, il particolare interesse per queste dee nel periodo successivo alla distruzione cartaginese della città.

Questo ci porta alla dimensione spaziale. La possibilità che il settore meri- dionale del grande santuario urbano fosse dedicato almeno in parte al culto di Demetra e Kore, con tempio, struttura teatrale e sale da banchetto invita a ri- flettere sulla possibile localizzazione dei rituali menzionati negli esametri Get- ty. Nel volume di Faraone e Obbink il luogo di culto demetriaco a Selinunte as- sociato con gli esametri è Malophoros

47

. In effetti, sono diversi gli elementi a supporto del legame: oltre all’associazione di Demetra, Persefone, e Ecate, mette conto soprattutto menzionare, qui, la proposta di Martine Dewailly di identificare con un giardino sacro il recinto situato all’angolo nord-est del Tempio di Malophoros

48

. Viene spontaneo associare tale giardino con il kepos di Persefone menzionato negli esametri (Lato A, Colonna 1, 9)

49

, anche se il nesso è fin qui sfuggito

50

. Se la nostra attribuzione del Tempio R a Demetra e Kore è corretta, è però necessario tenere in considerazione la possibilità di un secondo polo per il culto delle dee a Selinunte

51

. Al momento, non abbiamo ab-

46 MERTENS 2003, 97-125, 251-253; 2015, 379-380.

47 Cfr. in particolare BREMMER 2013, 28-29; JANKO 2013, 32; OBBINK 2013, 181 e 184.

48 GÀBRICI 1927, 69-73; DEWAILLY 1992, 14; HINZ 1998, 147.

49 JOHNSTON 2013, 150.

50 BREMMER 2013, 25.

51 Cfr. ZOPPI 2015 per un’ipotesi di attribuzione dei Templi A e O a Demetra e Kore.

(22)

bastanza per proporre l’area del Tempio R come una seria alternativa a Malo-

phoros, ma si spera che il progresso delle nostre ricerche possa contribuire ulte-

riormente alla nostra conoscenza della dimensione cultuale e rituale in questo

settore del grande santuario urbano di Selinunte.

(23)

Apparato iconografico

Fig. 1. Area di ricerca della missione dell’Institute of Fine Arts–NYU nel grande santua- rio urbano di Selinunte. Filippo Pisciotta, Massimo Limoncelli, e David Scahill.

© Institute of Fine Arts-NYU.

Fig. 2. Rilievo del prospetto ovest del SAS O all’interno nel naos del Tempio R, con in- dicazione della stratigrafia e delle fasi cronologiche. Filippo Pisciotta.

© Institute of Fine Arts-NYU.

(24)

Fig 3. Oinochoe conica Protocorinzia (MPC–LPC) dal SAS O. Clemente Marconi.

© Institute of Fine Arts-NYU.

Fig 4. Veduta del SAS P all’interno dell’adyton del Tempio R, con pavimento di argilla pertinente a una struttura anteriore e fori di palo associati alla costruzione del Tempio R. Filippo Pisciotta. © Institute of Fine Arts-NYU.

(25)

Fig. 5. Ricostruzione della fase originaria del Tempio R. Clemente Marconi, Massimo Limoncelli, David Scahill, Filippo Pisciotta. © Institute of Fine Arts-NYU.

Fig. 6. Ricostruzione dell’interno del Tempio R nel V secolo. Clemente Marconi, Massimo Limoncelli, David Scahill, Filippo Pisciotta. © Institute of Fine Arts-NYU.

(26)

Fig. 7. Ricostruzione del settore meridionale del grande santuario urbano di Selinunte nel V secolo, con Tempio R, Edificio Sud, e Sale A. Clemente Marconi, Massi- mo Limoncelli, David Scahill, Filippo Pisciotta. © Institute of Fine Arts-NYU.

Fig. 8. Stratigrafia nel SAS O all’interno del naos del Tempio R, con livello di incendio (US 26) della fine del V secolo. Clemente Marconi. © Institute of Fine Arts-NYU.

(27)

Fig. 9. Ricostruzione del settore meridionale del grande santuario urbano di Selinunte in età ellenistica. Clemente Marconi, Massimo Limoncelli, David Scahill, Filippo Pisciotta. © Institute of Fine Arts-NYU.

Fig. 10 SAS O all’interno del naos del Tempio R con veduta del deposito di fondazio- ne in situ. Clemente Marconi. © Institute of Fine Arts–NYU.

(28)

Fig. 11. Busto fittile dalla fronte del Tempio R. Selinunte, Baglio Florio. Clemente Marconi. © Institute of Fine Arts-NYU.

(29)

Fig. 12. Figurina in terracotta di donna velata, incastrata nel pavimento della fase origi- naria del Tempio R. Roberto Miccichè. © Institute of Fine Arts-NYU.

Fig. 13. Figurina in terracotta di donna velata. Selinunte, Baglio Florio. Clemente Mar- coni. © Institute of Fine Arts-NYU.

(30)

Fig. 14. Figurina in terracotta di donna velata. Selinunte, Baglio Florio. Filippo Pi- sciotta. © Institute of Fine Arts-NYU.

Fig. 15. Figurina di stile dedalico dal Santuario della Malophoros. Palermo, Museo Ar- cheologico Regionale “Antonino Salinas”. Da BÖHM 2007.

(31)

Fig. 16. “Dame au Polos” da Taso. Da WEILL 1985.

Fig. 17. Metopa delle Tree Dee. Palermo, Museo Archeologico Regionale “Antonino Salinas”. Da TUSA 1983 b.

(32)

Fig. 18. Statuetta seduta e velata dal Santuario della Malophoros. Palermo, Museo Ar- cheologico Regionale “Antonino Salinas”. Da LANGLOTZ 1963.

Fig. 19. Corno di ariete dalle fondazioni dell’adyton del Tempio R (SAS P). Selinunte, Baglio Florio. Raffaele Franco. © Institute of Fine Arts-NYU.

(33)

ACQUARO-PANTALEO-DE VITA 2015: E. Acquaro-G. Pantaleo-P. De Vita, La Selinunte di Cartagine, in IANNUCCI-MUCCIOLI-ZACCARINI 2015, 31-43.

AGOSTINIANI 1977: L. Agostiniani, Iscrizioni anelleniche di Sicilia, I. Le iscrizioni eli- me, Firenze 1977.

AGOSTINIANI 1980-1981: L. Agostiniani, Epigrafia e linguistica anelleniche di Sicilia:

prospettive, problemi, acquisizioni, «Kokalos» 26-27, 1980-81, 503-530.

AGOSTINIANI 1988-1989: L. Agostiniani, I modi del contatto linguistico tra Greci e in- digeni nella Sicilia antica, in Da Cocalo a Ducezio. Incontri di genti nella Sicilia antica. Atti del VII Congresso Internazionale di Studi sulla Sicilia antica (Palermo 10-16 aprile 1988), «Kokalos» 34-35, 1988-89, 167-206.

AGOSTINIANI 1991: L. Agostiniani, Greci e indigeni nella Sicilia antica, in E. Campa- nile (ed.), Rapporti linguistici e culturali tra i popoli dell’Italia antica (Pisa, 6-7 ot- tobre 1989), Pisa 1991, 23-41.

AGOSTINIANI 1992: L. Agostiniani, L’elimo nel quadro linguistico della Sicilia anelleni- ca, in L. Biondi-A. Corretti-S. De Vido-M. Gargini-M.A. Vaggioli (edd.), Atti delle Giornate Internazionali di Studi sull’area elima (Gibellina, 19-22 settembre 1991), Pisa-Gibellina 1992, 1-11.

ALBERTOCCHI 2009: M. Albertocchi, Daedalica Selinuntia II. Osservazioni sulla coroplastica selinuntina d’età orientalizzante, in ANTONETTI-DE VIDO 2009, 9-27.

ALBERTOCCHI 2012: M. Albertocchi, Dalle origini all’età arcaica: importazioni e rielaborazioni locali, in M. Albertocchi-A. Pautasso-M. Pisani (edd.), Philotechnia:

studi sulla coroplastica della Sicilia greca, Catania 2012, 85-111.

ALESHIRE 1989: S.B. Aleshire, The Athenian Asklepieion. The People, Their Dedica- tions, and the Inventories, Amsterdam 1989.

ALFIERI TONINI 2012: T. Alfieri Tonini, Culti e templi della Sicilia sud-orientale nelle iscrizioni: Apollo e Artemide, «Aristonothos» 4, 2012, 187-208.

ALTENMÜLLER 1991: H. Altenmüller, Papyrusdickicht und Wüste. Überlegungen zu zwei Statuenensembles des Tutanchamon, «MDAI-Kairo» 47, 1991, 11-19.

(34)

AMBAGLIO 2006: D. Ambaglio, Diodoro Siculo tra storia locale e storia indigena, in C.

Miccichè-S. Modeo-L. Santagati (edd.), Diodoro Siculo e la Sicilia indigena. Atti del Convegno di Studi (Caltanissetta, 21-22 maggio 2005), Palermo 2006, 81-86.

AMBAGLIO 2008: D. Ambaglio (ed.), Diodoro Siculo. Biblioteca storica. Libro XIII.

Commento storico, Milano 2008.

AMPOLO 1984: C. Ampolo, Le ricchezze dei Selinuntini: Tucidide VI 20, 4 e l’iscrizione del tempio G di Selinunte, «PP» 39, 1984, 81-89.

AMPOLO 1996: C. Ampolo, Tra Greci e tra ‘barbari’ e Greci: cronache di massacri e tipologia dell’eccidio nel mondo ellenico, «QS» 44, 1996, 5-28.

AMPOLO 2006: C. Ampolo, Diplomazia e identità culturale delle comunità: la testimo- nianza dei caducei, in C. Ampolo (ed.), Guerra e pace in Sicilia e nel Mediterraneo antico (VIII-VII sec. a.C.). Arte, prassi e teoria della pace e della guerra. Quinte giornate Internazionali di Studi sull’Area Elima e la Sicilia Occidentale nel contesto mediterraneo (Erice 2003), Pisa 2006, 181-189.

ANELLO 1986: P. Anello, Il trattato del 405/4 a.C. e la formazione della «eparchia»

punica di Sicilia, «Kokalos» 32, 1986, 115-180.

ANELLO 1990-1991: P. Anello, Rapporti dei Punici con Elimi, Sicani e Greci, in L’eparchia punica in Sicilia. Atti del Colloquio (Palermo 18-20 gennaio 1990),

«Kokalos» 36-37, 1990-91 (1994), 175-213.

ANELLO 1997: P. Anello, Lo «stato» elimo nel VI e V sec. a.C., in Seconde Giornate Internazionali di studi sull’area elima, Atti I (Gibellina, 22-26 ottobre 1994), Pisa- Gibellina 1997, 41-75.

ANELLO 2005 a: P. Anello, Barbaros ed enchorios in Diodoro, in C. Bearzot-F. Landuc- ci (edd.), Diodoro e l’altra Grecia. Macedonia, Occidente, Ellenismo nella Bibliote- ca storica. Atti del Convegno (Milano 15-16 gennaio 2004), Milano 2005, 223-237.

ANELLO 2005 b: P. Anello, Cittadini e barbari in Sicilia, in M.G. Angeli Bertinelli-A.

Donati (edd.), Il cittadino, lo straniero, il barbaro, fra integrazione ed emarginazio- ne nell’antichità. Atti del I incontro Internazionale di Storia Antica (Genova, 22-24 maggio 2003), Roma 2005, 143-176.

ANELLO 2006: P. Anello, La pace e la guerra nella Sicilia di IV secolo, in C. Ampolo (ed.), Guerra e pace in Sicilia e nel Mediterraneo antico (VIII-III sec. a.C.). Arte, prassi e teoria della pace e della guerra. Quinte giornate Internazionali di Studi sull’Area Elima e la Sicilia Occidentale nel contesto mediterraneo (Erice 2003), Pi- sa 2006, 91-105.

ANELLO 2008: P. Anello, Punici e Greci dal 405-404 a.C. all’età timoleontea, in M.

Congiu-C. Miccichè-S. Modeo-L. Santagati (edd.), Greci e Punici in Sicilia tra V e IV sec. a.C., Caltanissetta 2008, 81-100.

ANGELI BERNARDINI 1976: P. Angeli Bernardini, Eracle mangione: Pindaro, fr. 168 Snell-Maehler, «QUCC» 21, 1976, 49-52.

(35)

ANGELI BERNARDINI 1983: P. Angeli Bernardini, Mito e attualità nelle odi di Pindaro.

La Nemea 4, l’Olimpica 9, l’Olimpica 7, Roma 1983.

ANGELI BERNARDINI 2003: P. Angeli Bernardini, La comunicazione della vittoria nella Grecia antica: modi e tempi di un percorso, «AUFL» 4, 2003, 31-43.

ANGELI BERNARDINI 2008: P. Angeli Bernardini, La comunicazione della vittoria nella Grecia antica: la risposta della polis, in M. G. Angeli Bertinelli-A. Donati (edd.), La comunicazione nella storia antica, Roma 2008, 23-38.

ANGELI BERNARDINI 2010: P. Angeli Bernardini, Eracle: una biografia eroica tra epos arcaico, poesia lirica e tradizioni locali, in E. Cingano (ed.), Tra panellenismo e tradizioni locali. Generi poetici e storiografia, Alessandria 2010, 385-409.

ANGELI BERNARDINI 2011: P. Angeli Bernardini, L’eroe, l’atleta e il soldato nell’ideologia agonale greca, in C. Masseria-D. Loscalzo (edd.), Miti di guerra e riti di pace, Bari 2011, 87-96.

ANGELI BERNARDINI 2012: P. Angeli Bernardini, Cos e i Meropi nel poema epico Me- ropis: una possibile ricostruzione, in G. Cerri-A.T. Cozzoli-M. Giuseppetti (edd.), Tradizioni mitiche locali nell’epica greca, Roma 2012, 179-190.

ANTONETTI 1997: C. Antonetti, Megara e le sue colonie: una unità storico-culturale?, in C. Antonetti (ed.), Il dinamismo della colonizzazione greca. Atti della tavola ro- tonda “Espansione e colonizzazione greca in eta arcaica: metodologie e problemi a confronto” (Venezia, 10-11/11/1995), Napoli 1997, 83-94.

ANTONETTI 1998: C. Antonetti, Le développement du panthéon d’une métropole: Méga- re, «Kernos», Supplément 8, Liège 1998, 35-46.

ANTONETTI 1999: C. Antonetti, Le culte d’Apollon entre Mégare et ses colonies du Pont, in O. Lordkipanidzé-P. Lévêque (edd.), Religions du Pont-Euxin. Actes du VIII Symposium de Vani (22-27/9/1996), Besançon 1999, 17-24.

ANTONETTI 2010 a: C. Antonetti, Il koinon etolico di età classica: dinamiche interne e rapporti panellenici, in C. Antonetti (ed.), Lo spazio ionico e le comunità della Gre- cia nord-occidentale. Territorio, società, istituzioni. Atti del Convegno Internazio- nale (Venezia, 7-9 gennaio 2010), Pisa 2010, 163-180.

ANTONETTI 2010 b: C. Antonetti, I diversi aspetti di una koine socio-culturale nella Grecia nord-occidentale di epoca ellenistica, in C. Antonetti (ed.), Lo spazio ionico e le comunità della Grecia nord-occidentale. Territorio, società, istituzioni. Atti del Convegno Internazionale (Venezia, 7-9 gennaio 2010), Pisa 2010, 301-326.

ANTONETTI 2018: C. Antonetti, Rituels ‘à mystères’ et polis entre la Sicile et la Mer Noire: réflexions de méthode, in M. Costanzi-M. Dana (edd.), Une autre façon d’

être grec: interactions et productions des Grecs en milieu colonial/Another Way of Being Greek: Interactions and Cultural Innovations of the Greeks in a Colonial Mi- lieu. Actes du colloque international organisé à Amiens (Université Jules Verne Pi- cardie) et Paris (ANHIMA) (18-19 novembre 2016), Leuven 2018, 131-147.

(36)

ANTONETTI-DE VIDO 2006 a: C. Antonetti-S. De Vido, Cittadini, non cittadini e stranie- ri nei santuari della Malophoros e del Meilichios di Selinunte, in A. Naso (ed.), Stranieri e non cittadini nei santuari greci. Atti del Convegno Internazionale (Udi- ne, 20-22 novembre 2003), Firenze 2006, 410-451.

ANTONETTI-DE VIDO 2006 b: C. Antonetti-S. De Vido, Conflitti locali e integrazione culturale a Selinunte: il nuovo profilo della polis nell’iscrizione della Vittoria, in C.

Ampolo (ed.), Guerra e pace in Sicilia e nel Mediterraneo antico (VIII-III sec. a.C.).

Arte, prassi e teoria della pace e della guerra. Quinte giornate Internazionali di Studi sull’Area Elima e la Sicilia Occidentale nel contesto mediterraneo (Erice 2003), Pisa 2006, 143-180.

ANTONETTI-DE VIDO 2009: C. Antonetti-S. De Vido (edd.), Temi selinuntini, Pisa 2009.

ANTONETTI-DE VIDO 2017: C. Antonetti-S. De Vido (edd.), Iscrizioni greche. Un’antologia, Roma 2017.

ANTONETTI-LÉVÊQUE 1990: C. Antonetti-P. Lévêque, Au carrefour de la Mégaride. De- vins et oracles, «Kernos» 3, 1990, 197-209.

ARENA 1989: R. Arena (ed.), Iscrizioni greche arcaiche di Sicilia e Magna Grecia.

Iscrizioni di Sicilia, I. Iscrizioni di Megara Iblea e Selinunte, Milano 1989.

ARENA 1996: R. Arena (ed.), Iscrizioni greche arcaiche di Sicilia e Magna Grecia.

Iscrizioni di Sicilia, I. Iscrizioni di Megara Iblea e Selinunte, Pisa 19962.

ASHERI 1996: D. Asheri, Identità greche, identità greca, in S. Settis (ed.), I Greci. Sto- ria Cultura Arte Società, I, Torino 1996, 19-26.

ASSMANN 1972: J. Assmann, Die Inschrift auf dem äußeren Sarkophagdeckl des Me- renptah, «MDAI-Kairo» 28, 1972, 47-73.

ASSMANN 1989: J. Assmann, Death and Initiation in the funerary religion of Ancient Egypt, in P. Allen (ed.), Religion and Philosophy in Ancient Egypt, New Haven 1989, 135-159.

ASSMANN 1997: J. Assmann, La memoria culturale. Scrittura, ricordo e identità politi- ca nelle grandi civiltà antiche, Torino 1997.

AUDOLLENT 1904: A. Audollent, Defixionum tabellae quotquot innotuerunt tam in Graecis Orientis quam in totius Occidentis partibus praeter Atticas in C.I.A. editas, Parigi 1904.

AVERSA 2011: F. Aversa, Taranto. Fonti epigrafiche, in BTCGI, 20, 125-132.

AVRAM 1995: A. Avram, Un règlement sacré de Callatis, «BCH», 119, 1995, 235-252.

AVRAM 1999: A. Avram, Inscriptions de Scythie Mineure, III. Callatis et son territoire, Paris 1999.

BAINES 1983: J. Baines, Literacy in Ancient Egyptian Society, «Man» n.s. 18, 1983, 572-599.

(37)

BAINES 1990: J. Baines, Interpreting the story of the Shipwrecked Sailor, «JEA» 76, 1990, 55-72.

BAINES 1991: J. Baines, Egyptian myth and discourse: myth, gods and the early written and iconographic record, «JNES» 50, 1991, 81-105.

BAINES 1996: J. Baines, Myth and Literature, in A. Loprieno (ed.), Ancient Egyptian Literature. History and Forms, Leiden-New York-Köln 1996, 361-377.

BALDASSARRA et alii 2010: D. Baldassarra-S. De Vido-T. Lucchelli-J. De La Genière, Selinunte, in BTCGI, 18, 596-678.

BANNIER 1918: W. Bannier, Zu attischen Inschriften. X, «BPhW» 38, 1918, 449-56.

BARCELÒ 1989: P. Barcelò, Zur karthagischen Überseepolitik im VI und V Jahrhundert v. Ch., «Gymnasium» 96, 1989, 13-37.

BEAZLEY 1956: J. D. Beazley, Attic Black-figure Vase Painters, Oxford 1956.

BEAZLEY 1963: J. D. Beazley, Attic Red-figure Vase Painters, Oxford 1963.

BEEKES 2010: R. Beekes, Etymological Dictionary of Greek, Leiden 2010.

BELLIA 2009: A. Bellia, Gli strumenti musicali nei reperti del Museo Archeologico Regionale Antonio Salinas di Palermo. Catalogo dell’Itinerario tematico (Palermo, 25 giugno-31 dicembre 2008), Roma 2009.

BELLIA 2012: A. Bellia, Strumenti musicali e oggetti sonori nell’Italia meridionale e in Sicilia (VI-III sec. a.C.). Funzioni rituali e contesti, Lucca 2012.

BELLIA c.d.s.: A. Bellia, Città cerimoniali nell’Occidente greco: il caso di Selinunte, in Theatroeides. L’immagine della città, la città delle immagini, c.d.s.

BELVEDERE 1990: O. Belvedere, Imera. Fonti letterarie, Storia della ricerca archeolo- gica, in BTCGI, 8, 248-259.

BENTZ et alii 2013: M. Bentz-L. Adorno-J. Albers-J. M. Müller-G. Zuchtriegel, Das Handwerkerviertel von Selinunt. Die Werkstatt der Insula S16/17-E. Vorbericht zu den Kampagnen 2010-2012, «MDAI(R)» 119, 2013, 69-98.

BENTZ et alii 2014: M. Bentz-L. Adorno-J. Albers-V. Garaffa-A. Miss-J.M. Müller, Das Handwerkerviertel von Selinunt. Die Werkstatt der Insula S16/17-E. Vorbericht zu den Kampagnen 2013-2014, in «KuBa» 4, 2014, 67-74.

BERLINZANI 2008: F. Berlinzani, Teleste di Selinunte il ditirambografo, «Aristonothos»

8, 2008, 109-127.

BERNABÉ 1999: A. Bernabé, La laminetta orfica di Entella, in M.I. Gulletta (ed.), Sici- lia Epigraphica. Atti del Convegno di studi (Erice, ottobre 1998), Pisa 1999, 53-63.

BERNABÉ 2003: A. Bernabé, Las ephesia grammata. Génesis de una fórmula mági- ca, «MHNH» 3, 2003, 5-28.

BERNABÉ 2005: A. Bernabé (ed.), Poetae Epici graeci. Testimonia et fragmenta, II.2, Monachii et Lipsiae 2005.

(38)

BERNABÉ 2013: A. Bernabé, The Ephesia Grammata. Genesis of a Magical Formula, in FARAONE-OBBINK 2013 a, 71-95.

BERNABÉ-HERNÁNDEZ 2013: A. Bernabé-R.M. Hernández, Orphica et magica. Rasgos órficos en las ™pwida… suritálicas: consideraciones sobre los “Hexámetros Getty”, in E. Suárez de la Torre-A. Pérez Jiménez (edd.), Mito y Magia en Grecia y Roma, Saragozza 2013, 117-148.

BESCHI 1988: L. Beschi, s.v. Demeter, in LIMC, IV, Zürich-München 1988, 844-892.

BESCHI-MUSTI 1982: Pausania. Guida della Grecia, Libro I, L’Attica, a cura di L. Be- schi-D. Musti, Milano 1982.

BETTARINI 2005: L. Bettarini, Corpus delle defixiones di Selinunte. Edizione e com- mento, Alessandria 2005.

BETTARINI 2012: L. Bettarini, Testo e lingua nei documenti con 'Efšsia gr£mmata,

«ZPE» 183, 2012, 111-128.

BIANCHETTI 1987: S. Bianchetti, Falaride e Pseudo-Falaride. Storia e leggenda, Roma 1987.

BIFARELLA 2012: A. Bifarella, Produzioni vascolari e coroplastica nella nuova esposi- zione di Palazzo Branciforte, in G. Volpe-F. Spatafora (edd.), Le collezioni della Fondazione Banco di Sicilia. L’archeologia, Cinisello Balsamo 2012, 129-143.

BIGA-ROCCATI 2012: M.G. Biga-A. Roccati, Textiles for Torches in Syria and in Egypt, in G.B. Lanfranchi-D. Morandi Bonacossi-C. Pappi-S. Ponchia (edd.), Leggo! Stu- dies Presented to Frederick Mario Fales on the Occasion of His 65th Birthday, Wie- sbaden 2012, 77-86.

BIONDI 2000: L. Biondi, Riflessioni sull’onomastica segestana, in Atti delle terze gior- nate internazionali di Studi sull’area elima, I, Pisa-Gibellina 2000, 135-151.

BLACKMAN 1972: A.M. Blackman, Middle Egyptian Stories, Bruxelles 1972.

BÖHM 2007: S. Böhm, Dädalische Kunst Siziliens, Würzburg 2007.

BOISACQ 1916: E. Boisacq, Dictionnaire étymologique de la langue grecque, Heidelberg- Paris 1916.

BONA 1988: G. Bona (ed.), Pindaro. I Peani, Cuneo 1988.

BONDÌ 1977: S.F. Bondì, Su alcuni aspetti della penetrazione fenicio-punica in Sicilia,

«RIL» 111, 1977, 237-248.

BONDÌ 1980: S.F. Bondì, Penetrazione fenicio-punica e storia della civiltà punica in Sicilia. La problematica storica, in E. Gabba-G. Vallet (edd.), La Sicilia antica, I, 1, Napoli 1980, 163-218.

BONDÌ 1983: S.F. Bondì, I Fenici in Occidente, in G. Nenci-G. Vallet (edd.), Forme di contatto e processi di trasformazione nelle società antiche. Atti del Convegno di Cor- tona, 24-30 maggio 1981 (Modes de contacts et processus de transformation dans les sociétés anciennes. Actes du colloque de Cortone), Pisa-Roma 1983, 379-407.

Riferimenti

Documenti correlati

Allo stesso tempo, però, l’autore ribadisce, a ragione, che uno studio sulla vita quotidiana di un soldato non può trascurarne – come invece hanno fatto, secondo Le Bohec, molti

La sua presenza in Italia settentrionale è stata legata agli eventi militari della guerra civile successiva la morte di Nerone del 69 d.C., quando coorti di galli,

Le espressioni sentenziose ‘omeriche’ – altra particolarità – sembrano non aver avuto eredità significative: poche, pochissime formulazioni omeriche sono entrate nella tra-

Viene sotto- lineato come inizialmente furono elementi della geografia e della toponomasti- ca locale ad assegnare un nome alle vie e come in seguito tale onore sarebbe pas- sato

storia culturale: tuttavia esso si sforza di ricostruire – su una ampia base documentaria e nella prospettiva di una ‘storia globale’ – la vita di Rodolfo Lanciani ponendo

Through case studies on the fables and emblems of the lily, the butterfly, and the mirror, I show that Leonardo’s textual and visual forms are modeled on a recurrent binary

Le incessanti però e fervorose preghiere verso Iddio nostro Supremo Creatore, versate da tutti i fedeli, e precisamen- te da’ vicini abitatori della stessa e dal detto

La ricostruzione del mille- nario rapporto degli europei, in particolare degli “italiani” e della so- cietà italiana, con la guerra e con il mestiere delle armi in grado di il-