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CAPITOLO 2 - DESCRIZIONE DEL SENEGAL

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 2 - DESCRIZIONE DEL SENEGAL

INTRODUZIONE

Il Senegal è uno stato costiero dell’Africa dell’Ovest situato tra il tropico del Cancro e l’Equatore. Con i suoi 196.722 Km2 di superficie occupa la punta più ad occidente del continente africano, tra il 12,5° e 16,5° di latitudine nord ed il 12° e 17° di longitudine ovest. Confina a Nord con la Mauritania (813 Km. di confine), ad est con il Mali (419 Km), a Sud con la Guinea (330 Km.) e la Guinea Bissau (338 Km) e circonda la Gambia. E’ bagnato dall’Oceano Atlantico per 531 Km e rappresenta un punto di raccordo tra l’Africa Settentrionale e l’Africa subsahariana, ma anche un importante crocevia tra Europa, Americhe e Africa (3, XII).

Il paese è caratterizzato nell’insieme da terre basse e spesso sabbiose, che rappresentano la transizione tra il Sahara e la regione guineana umida e ricca di vegetazione. Il paesaggio è piuttosto uniforme, con cambiamenti molto graduali da Nord a Sud. La pianura si estende a perdita d’occhio. Le altitudine sono ovunque inferiori a 130 m, ad eccezione della parte a Sud-Est del paese dove, vicino alla frontiera con la Guinea, si trova il punto più alto (581 m).

La zona settentrionale del paese è estremamente bassa e sabbiosa. Queste pianure sono incise dal corso dei fiumi Ferlo e Sine Salum, e rappresentano le zone più importanti per l’allevamento del bestiame. L’unica eccezione a questo paesaggio così omogeneo è rappresentata dall’altopiano di Thies, prossimo alla zona costiera centrale, e dalla penisola di Cap Vert, dove sorge Dakar.

La formazione del pascolo dipende dall’importanza delle piogge che aumentano da Nord a Sud, ma altri fattori intervengono a livello regionale e

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locale, in particolare la stessa natura del suolo, che è decisamente sabbioso a nord e gradualmente più roccioso a Sud (3).

DIVISIONE DEL SENEGAL

Il territorio senegalese si può dividere in sei grandi regioni naturali oppure, secondo la ripartizione amministrativa in 11 regioni. Merita un cenno la divisione amministrativa per capire il significato di alcuni termini utilizzati in questa tesi. Da un punto di vista epidemiologico è molto più interessante la suddivisone in regioni naturali. Questa inquadra meglio gli aspetti climatici ed ambientali che maggiormente influenzano lo sviluppo e la trasmissione delle malattie infettive. L’ecosistema di tali regioni è ovviamente influenzato dal clima.

Divisione amministrativa

La capitale del Senegal è Dakar, una città di 550 km quadrati. Dal punto di vista amministrativo il Senegal è composto da 11 regioni che prendono il nome dai loro capoluoghi, le città principali del paese: Dakar, Diourbel, Fatick, Kaolack, Kolda, Louga, Matam, Saint Louis, Tambacounda, Thiès, Ziguinchor.

Ogni regione è organizzata in dipartimenti (l’equivalente delle nostre province), questi a loro volta sono suddivisi in comunità rurali di varia grandezza, che rappresentano i nostri comuni.

La regione oggetto dello studio è quella di Louga, la più ricca del paese per quanto riguarda l’allevamento. Questa zona ha una superficie molto vasta (circa 30.000 km2), superata solamente da quella di Tambacounda. E’ divisa in tre dipartimenti (Kebemer, Linguere e Louga) e conta una popolazione di circa 600.000 abitanti (V).

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Regioni naturali

Non esiste in Senegal un elemento morfologico che consenta la netta differenziazione regionale del Paese. Tuttavia, oltre alla suddivisione amministrativa, esiste una ripartizione del territorio senegalese in regioni, su base naturalistica, usata spesso dalla popolazione ma anche dagli studiosi del paese. Facendo riferimento soprattutto alle diverse aree climatiche, alla distribuzione delle precipitazioni, alla natura dei suoli e alle zone vegetali, si possono distinguere in Senegal sei grandi regioni naturali.

La fascia costiera, che ha un clima mitigato dal mare e una vegetazione più abbondante, anche se varia da nord a sud per la differente piovosità e il differente terreno.

La regione del fiume Senegal, che rappresenta il confine settentrionale con la Mauritania e nella quale la popolazione si dedica soprattutto all’agricoltura (coltivazione del riso). In quest’area il paesaggio è tipicamente saheliano1, ma, per l’umidità dovuta alla presenza del fiume, vi è una vegetazione più ricca. Qui l’ecosistema è il più adatto allo sviluppo di insetti vettori di malattie infettive.

Il Ferlo, che si trova al centro dell’area saheliana, all’interno dell’arco delimitato dalla regione del fiume fino al centro del Senegal.

Il centro del Senegal che ha un ecosistema simile a quello del Ferlo. La Casamance e il Senegal orientale che rappresentano l’area più a sud del paese e che hanno una vegetazione tipicamente tropicale.

Le aree più interessanti dal punto di vista zootecnico sono il Ferlo e il centro; poiché sono le più ricche in bestiame e l’allevamento è la principale risorsa esistente (3, XI).

E’ altresì importante la conoscenza delle condizioni meteorologiche di uno stato per capire l’andamento delle malattie infettive; da queste si desume

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la possibilità di un forte sviluppo di insetti vettori e quindi la probabilità del verificarsi di un’epidemia Questa è utile anche per capire la diversificazione delle tecniche di allevamento.

CLIMA

Condizioni generali

Il clima è influenzato da fattori geografici e aerologici. I primi dipendono dalla latitudine e dalla vicinanza o meno al mare, i secondi influenzano il clima mediante l’alternanza sul paese di tre venti principali, il cui effetto è acuito dalla mancanza di rilievi. In generale in questo stato le temperature sono elevate e le precipitazioni scarse, soprattutto nella parte settentrionale del paese, che in ogni caso è una delle più fresche e ventilate dell’Africa occidentale (3, VI).

Le stagioni

Come in altri paesi africani in Senegal esistono, sostanzialmente, solo due stagioni che influenzano l’agricoltura e l’allevamento: la stagione umida o stagione delle piogge e la stagione secca (VIII).

La stagione umida inizia nel sud-est del Senegal con l’arrivo del Monsone che soffia progressivamente nel paese. I venti meridionali provenienti dal Golfo di Guinea sono carichi di vapore e portano umidità e precipitazioni. Le piogge aumentano gradualmente e culminano in agosto, in settembre diminuiscono e in ottobre cessano. Le tempeste spazzano il territorio da est ad ovest (secondo un detto locale “la pioggia viene da est”) e si indeboliscono progressivamente in prossimità della costa. Le precipitazioni medie annuali aumentano da Nord a Sud passando da 220 mm di piogge a Podor (sul confine con la Mauritania) a 1250 mm a Ziguinchor (nel Sud-Ovest

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del Paese). Tali precipitazioni sono tutte concentrate in pochi mesi: al Nord-Ovest del paese ci sono due mesi di pioggia l’anno, mentre nel Sud cinque.

Nella stagione secca, che culmina tra Febbraio e Aprile, l'Aliseo marittimo rinfresca le zone costiere, mentre all'interno soffia dall’est l’Harmattan vento secco e caldo. La stagione secca è veramente tale solo all’interno del paese e sulla costa si può piuttosto definire a scarsa piovosità, perchè possono verificarsi precipitazioni deboli ed episodiche che in casi eccezionali, possono aumentare notevolmente (come è successo nel gennaio 2001) (3, VIII).

Sulla base della durata di tali stagioni si possono individuare quattro fasce climatiche principali: il sahel (clima semi-desertico sahariano), la zona sudanese (clima tropicale), la Casamance (clima guineano) e la zona costiera settentrionale. L’assenza di rilievi importanti e lo sviluppo limitato della rete idrografica fanno sì che il passaggio dall’una all’altra fascia climatica sia molto graduale (3, IV).

Il clima saheliano

Riguarda la zona semi-desertica che va dal fiume Senegal alla linea compresa tra la città di Thiès (sulla penisola di Cap Vert) e di Kayes (Mali), in altre parole la zona più settentrionale del paese. Secondo la suddivisione in aree naturali questa zona comprende la regione del fiume, il Ferlo e la parte più a nord del centro del Senegal. La stagione secca dura 7 mesi circa, da novembre a maggio. Il mese di gennaio è fresco con forti escursioni termiche (le massime fino a 35°C e le minime fino a 14°C). Le temperature sono abbastanza miti fino ad Aprile, ma da Maggio i valori massimi superano spesso i 40°. Annualmente tra Luglio e Ottobre, le precipitazioni medie raggiungono circa 350 mm. A Nord sono inferiori a 300 mm, mentre a Sud aumentano leggermente raggiungendo i 500 mm. Queste riescono a moderare

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in parte le temperature ma la zona saheliana rimane comunque la più arida e calda del paese (3, IV, VII, IX).

Il clima sudanese

La zona climatica sudanese comprende la parte del territorio senegalese a sud della zona semi-desertica, esclusa la Casamance, cioè il centro del Senegal. Le temperature e le piogge aumentano, le precipitazioni raggiungono annualmente anche 1.000 mm a Kaolack e 900 a Tambacounda, concentrandosi in 50-60 giorni tra giugno e ottobre, rendendo possibili coltivazioni agricole anche in assenza di irrigazioni. La regione climatica sudanese è generalmente molto calda e umida. Nella città di Kaolack, ad esempio, le temperature medie pomeridiane si avvicinano ai 38°C nel corso di tutto l’anno ed il caldo è reso ancora più opprimente da venti umidi oceanici (3, IV, VII, IX).

Il clima guineano

La Casamance è climaticamente un prolungamento della fascia guineana, è perciò caratterizzata da temperature generalmente meno elevate e da una forte umidità. Qui la stagione delle piogge inizia un mese prima e termina un mese dopo rispetto al resto del paese (da Giugno ad Ottobre compresi). Le precipitazioni annue superano in media i 1.250 mm, con circa 90 giorni piovosi. Le foreste sono dense e il verde è continuo (3, IV, VII, IX).

Il clima della fascia costiera settentrionale.

Nella penisola di Cap Vert e nella Grande Côte tra Dakar e Saint Louis, il clima è mitigato dalla presenza del mare. Le piogge cominciano in giugno, raggiungendo il loro apice nei mesi di agosto e settembre, per poi finire in ottobre. La media delle precipitazioni annue si aggira sui 500 mm (3, IV, VII, IX).

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ALLEVAMENTO

L’allevamento riveste un ruolo di particolare importanza sia sul piano economico sia su quello sociale e culturale.

Secondo dati dichiarati nel 2004 dal Direttore Nazionale de l’ elevage il capitale bovino è stimato circa 2.900.000 capi, quello dei piccoli ruminanti in 8.000.000 di capi e quello dei cavalli in circa 500.000 capi (19). Inoltre vi sono 320.000 suini e 7.500 cammelli (3). Circa 350.000 famiglie ricavano l’essenziale del loro reddito dall’agricoltura e circa 3.000.000 individui si dedicano ad attività legate all’allevamento. Il settore zootecnico contribuisce al 7,4% del prodotto interno lordo (19). E’ possibile che questi dati, in realtà, siano sottostimati data la difficoltà a censire tutto il bestiame realmente presente su tutto il paese.

Questo patrimonio animale ha conosciuto perdite severe per l’effetto della siccità e a causa delle epidemie che si sono verificate negli ultimi anni. Nonostante ciò tale patrimonio si è sempre rapidamente ricostituito (3).

Tipologie di allevamento: allevamento pastorale e allevamento sedentario.

L’allevamento si pratica su tutto il territorio, tuttavia le variazioni nel terreno e l’urbanizzazione portano a notevoli differenze da una regione all’altra.

Il territorio può essere ripartito in un dominio settentrionale, dove vengono allevati zebù, ed un dominio meridionale, dove vengono allevati i bovini di razza N’dama, soggetti di piccola taglia resistenti alla tripanosmiasi (Trypanosoma congolense e Trypanosoma vivax). Quest’ultimo fatto condiziona gli spostamenti del bestiame. Infatti, mentre gli animali del dominio meridionale si possono recare anche nord del paese, gli zebù del

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settentrione non possono spostarsi al sud perchè non sono resistenti a tale parassitosi (3).

In queste due zone, distinte per clima, pascoli e terreni, l’allevamento è praticato secondo tecniche tradizionali molto diverse: l’allevamento pastorale fondato sulla transumanza e praticato essenzialmente da pastori di etnia Peul, e l’allevamento sedentario praticato da coltivatori (3).

L’allevamento nomade viene praticato soprattutto nel dominio settentrionale, nella zona sahéliana, in particolare nella valle del Ferlo.

La brevità della stagione delle piogge e il tipo di suolo rendono difficile l’agricoltura e le istallazioni permanenti. Il paesaggio tipico è quello della savana. La vegetazione è caratterizzata da radi arbusti bassi e spinosi, che si vanno sempre più rarefacendo con il progredire della stagione secca. Così i pastori sono costretti a spostarsi insieme ai loro animali alla ricerca di foraggio verde e di acqua. Le grandi mandrie di bovini e ovi-caprini, curati dai Peul, vivono quindi in accampamenti dispersi praticando la transumanza.

Questa consiste in una migrazione stagionale che comprende due fasi. Durante la stagione delle piogge (da Maggio ad Agosto) le mandrie si disperdono su tutta la valle del Ferlo. Questa è ricca di pascoli verdi e di punti d’acqua temporanei che si sono creati grazie alle precipitazioni. Qui gli animali possono trovare cibo e acqua.

Da Ottobre-Novembre, con l’inizio della stagione secca, l’erba verde e l’acqua vanno gradatamente esaurendosi e così i pastori sono costretti a spostare gli animali in zone più ricche di pascolo. Dapprima si raggruppano progressivamente intorno ai “forage” (punti d’acqua permanenti situati in prossimità di alcuni villaggi che servono sia per l’abbeverata degli animali sia per il rifornimento d’acqua al paese). I loro spostamenti continuano poi, generalmente, verso la periferia del Ferlo, in tre diverse direzioni. Verso sud, poiché in questa zona la presenza dell’erba verde è maggiore in conseguenza

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dell’aumentata piovosità. Da ricordare che, in ogni caso, gli animali non si possono spostare troppo verso il dominio meridionale per l’elevato rischio di infestazione da Tripanosomiasi. Si dirigono inoltre verso ovest perché la vicinanza al mare, mitigando il clima, offre più possibilità di pascolo e tornano verso la valle del Senegal, al confine settentrionale con la Mauritania, dove la presenza del fiume offre più possibilità di abbeverata.

Questi spostamenti sono anche condizionati dalla possibilità di incontrare mercati rurali e urbani, importanti punti vendita di prodotti lattieri e di bestiame.

Questa tecnica di allevamento sta subendo dei cambiamenti in questi ultimi anni in conseguenza dell’aumento dell’urbanizzazione. Dal 1980 la costruzione di nuovi punti d’acqua permanenti sta rendendo più flessibile l’abbeverata del bestiame e gli spostamenti delle mandrie sia per la transumanza e sia per la commercializzazione. Alcuni pastori prendono dimora fissa in prossimità delle abbeverate, ma il sovraccarico di bestiame che ne risulta porta alla degradazione dei pascoli periferici e determina alcune conseguenze di tipo ecologico (3).

L’ allevamento sedentario è tipico degli allevatori del sud del paese e della valle del Bacino degli Arachidi (regioni di Thiés, Diourbel, Fatick). Questa tecnica di allevamento di tipo stanziale prevede che gli animali siano portati al pascolo su tutti i territori del villaggio e fatti rientrare in stalla solo la sera e secondo le condizioni climatiche (ad esempio in caso di precipitazioni).

Accanto a queste tradizionali forme di allevamento, ve ne sono altre che stanno prendendo campo in questo periodo. Un esempio è l’allevamento agro-pastorale, caratterizzato da contadini che alimentano alla stalla gli animali da lavoro. Oppure coloro che si dedicano solamente all’ingrasso di bovini e

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piccoli ruminanti che comprano all’inizio della stagione delle piogge e che rivendono poi come animali da carne (3).

La commercializzazione

La commercializzazione dei prodotti zootecnici resta legata a linee tradizionali.

L’allevamento è a carattere prevalentemente estensivo e nell’etnia Peul la mandria di capi bovini rappresenta il capitale da intaccare solo per far fronte a situazioni di necessità, mentre fonti di introito e di auto-sostentamento quotidiano sono rappresentate dalla vendita del latte e dall’allevamento dei piccoli ruminanti . Le donne si occupano della cura degli animali e della mungitura e, avendo quindi un contatto diretto con gli animali, hanno maggiori possibilità di accorgersi della presenza di eventuali malattie.

La maggior parte degli allevatori sedentari sono situati nel Sud considerano il loro bestiame come un risparmio e uno strumento di prestigio sociale, questi tendono a capitalizzare il bestiame più che a trarne profitto.

Il commercio degli animali e dei loro prodotti si attua prevalentemente nelle grandi città dove la presenza di mercati attira gli allevatori (3). In particolare questi ultimi sono importanti punti di scambio dove si registra un’elevata densità animale. Ad esempio nella regione di Louga si trova il mercato di Dahra dove, secondo dati del 2003 forniteci dall’Ispettore Regionale dei Servizi Veterinari, si concentrano 4.000 bovini e 10-12.000 piccoli ruminanti ogni settimana. Qui sopraggiunge anche del bestiame dalla Mauritania.

Problemi sanitari relativi alle tecniche di allevamento.

Queste tecniche di allevamento portano a notevoli problemi di sanità e di controllo del bestiame.

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La transumanza rende molto difficili i piani di profilassi ed eradicazione di malattie infettive. Non si ha un’anagrafe animale ed è difficile

conoscere i capi realmente presenti sul territorio nazionale

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Nonostante ufficialmente le vaccinazioni per alcune malattie siano obbligatorie (Pleuropolmonite Contagiosa Bovina, Peste dei Piccoli Ruminanti, Vaiolo ovi-caprino Peste Equina e malattia di Newcastle), nella mia esperienza diretta sul campo ho potuto costatare che spesso gli allevatori, per loro stessa ammissione, non sono interessati a vaccinare i loro animali. Questo per diverse motivazioni, non ultimo il costo relativamente elevato dei vaccini stessi, essendo i piani di profilassi finanziati da progetti di organismi internazionali e solo parzialmente dal governo senegalese. Così molti immunizzano gli animali solo quando hanno casi sospetti di malattia, per altro quasi mai confermati da analisi di laboratorio. Tutto questo porta a non conoscere con esattezza quali e quanti animali sono realmente vaccinati. Nonostante gli obblighi normativi molto raramente gli animali vengono scortati da certificazioni sanitarie durante i loro spostamenti.

La carenza di vie di comunicazione in determinate zone del paese rende difficile per i Servizi Veterinari riuscire a raggiungere le mandrie e controllarle.

Inoltre gli allevatori sono molto restii a far avvicinare persone estranee ai propri animali, se prima non hanno chiaro ciò che stanno facendo.

Pertanto le problematiche della profilassi vanno inquadrate all’interno del contesto africano (9).

La rusticità degli animali li rende particolarmente resistenti alle malattie infettive che generalmente non provocano alta mortalità. Il loro sfruttamento non intensivo non apporta uno stress elevato all’animale che così ha maggiore capacità di mantenere le proprie difese immunitarie e di reagire all’infezione. Se si eccettua momenti di forte concentrazione quali mercati del bestiame e

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punti di abbeverata la densità non è particolarmente alta e quindi la morbilità tende a non essere elevata.

Ad esempio nel 2003, su tutto il territorio del Senegal, sono stati colpiti da Rift Valley Fever 332 soggetti (tra ovini e caprini) e non sono stati riportati casi mortali (XXXVI).

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DESCRIZIONE DEI SERVIZI VETERINARI

Un valido funzionamento dei Servizi Veterinari è alla base di uno Stato in cui i problemi di sanità pubblica sono ridotti al minimo. Se da una parte esistono delle indicazioni fornite dall’OIE per rendere efficienti tali Servizi, dall’altra esistono serie problematiche alla loro attuazione. I motivi di questa difficoltà sono molteplici, come abbiamo visto nella sezione dedicata all’allevamento.

La valutazione dei Servizi Veterinari costituisce un’importante procedura di analisi del rischio di cui possiamo avvalerci per capire se questi sono capaci di controllare effettivamente lo stato sanitario degli animali e dei prodotti di origine animale (1).

Con questo breve paragrafo si cerca di descrivere come sono strutturati i Servizi Veterinari e come sono ripartiti i compiti all’interno di ogni settore.

I servizi veterinari sono organizzati in modo gerarchico. Fanno capo al Ministero de l’Agricolture e de l’Elevage. Al gradino sottostante c’è la Direzione dell’Allevamento che si occupa delle campagne di vaccinazione, dell’epidemio-sorveglianza, della raccolta dei dati epidemiologici e della ricerca. Questi due organismi sono unici in tutto lo stato.

Sotto a questi si hanno, in ordine, l’Ispezione Regionale dei Servizi Veterinari e l’Ispezione Dipartimentale dei Servizi Veterinari, che sono propri in ogni regione e dipartimento. L’Ispezione Regionale si occupa della raccolta dei dati epidemiologici e del censimento degli animali. Il controllo dei macelli, delle derrate alimentari e delle poste veterinarie sono affidate all’Ispezione Dipartimentale. Le Poste Veterinarie sono degli “ambulatori” situati in alcune comunità rurali (scelte in base al rischio epidemiologico) che hanno la funzione di controllare, direttamente sul campo, la presenza di focolai di malattia e di segnalarli al Laboratorio Nazionale. Quest’ultimo si occupa

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anche della sorveglianza epidemiologica predisponendo opere di controllo sia di tipo passivo che attivo. Le prime consistono nel controllo di animali sentinella posti in zone strategiche, con le seconde vengono svolte mansioni di sorveglianza da parte dei veterinari privati e delle poste veterinarie (registrazione di eventuali focolai di malattia, vaccinazione di animali) (II, 23).

Meritano un cenno due figure paraprofessionali importanti: gli “agent technichien d’élevage” e gli “auxilierei d’elevage”. I primi hanno conseguito un diploma specifico per avere tale qualifica, si occupano soprattutto di produzione animale e coadiuvano il veterinario nelle pratiche in campo (vaccinazioni); i secondi hanno un livello di istruzione molto più basso, spesso sono individuati all’interno della comunità rurale, tra gli allevatori stessi e garantiscono le attività di terreno anche all’interno delle comunità più sperdute

Queste sono due figure fondamentali poiché sono quelle che maggiormente lavorano sul campo (19). Sono degli importati interlocutori tra l’allevatore, la comunità rurale e i servizi pubblici o privati, ma possono avere delle carenze tecniche nel gestire i numerosi problemi di sanità pubblica presenti in ogni paese.

Negli ultimi anni i Servizi Veterinari hanno migliorato la loro attività. Lo testimonia il successo ottenuto con il piano di eradicazione della Peste Bovina, attuato attraverso la vaccinazione di massa. Il paese ha infatti ottenuto (a Maggio 2005) la qualifica di paese “ufficialmente indenne da Peste Bovina”(XVI). Questo grazie anche ad un progresso che sta costantemente aumentando. Gli sforzi dei servizi veterinari e tale progresso trovano però ancora dei limiti nella scarsa capacità di adattamento della società pastorale.

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