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CAPITOLO 2 GLI STRUMENTI OPERATIVI A SUPPORTO DELLE OPERAZIONI DI MBO

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CAPITOLO 2

GLI STRUMENTI OPERATIVI A SUPPORTO DELLE

OPERAZIONI DI MBO

2.1 Valutazione dell’azienda target

La valutazione di un’azienda, oggetto di acquisizione, ha l’obiettivo primario di esprimere, in termini monetari, il valore ad essa attribuibile. L’azienda è considerata un complesso economico unitario e la sua valutazione deve rappresentare il capitale dell’impresa riconducibile al concetto generale di capitale economico, in cui il termine economico sta ad indicare la sua attitudine a generare redditi futuri. È possibile, quindi, affermare che il capitale economico rappresenta il valore dell’azienda ed esso è determinato sulla base del valore capitalizzato dei flussi di reddito prospettici dell’azienda stessa, ovvero il capitale economico deve riflettere i flussi di ricchezza che l’azienda sarà in grado di generare in futuro. Pertanto, occorre uno studio approfondito delle prospettive economiche della gestione, il quale costituisce il momento centrale e decisivo della stima1.

La stima del valore di un’azienda porta con se alcuni problemi difficilmente evitabili, in primo luogo ci si riferisce all’impossibilità di basarsi su valori forniti dal mercato e alla mancanza di oggettività. L’impossibilità di basarsi su valori forniti dal mercato deriva dalla loro indisponibilità e dalla loro modesta significatività, infatti la scarsa frequenza delle operazioni di trasferimento d’azienda, la natura particolare di tali operazioni e la mancanza di un flusso di informazioni tra potenziali acquirenti e venditori impediscono la formazione di un vero e proprio mercato delle aziende su cui riferirsi. Relativamente alla mancanza di oggettività della stima, si evidenzia che questa non costituisce un processo deterministico capace di condurre ad un unico risultato ma rappresenta, piuttosto, l’espressione di un giudizio sul quale influiscono decisamente considerazioni di carattere personale. La valutazione risulta, pertanto, in buona parte soggettiva e la sua

1

Cfr., M. GALEOTTI, (1995), La valutazione strategica nell’ipotesi di cessione dell’azienda, Giuffrè editore, Milano, pag. 5-15.

(2)

36 affidabilità è strettamente legata alla sensibilità, all’esperienza ed alla competenza dello stimatore.

Al fine di contrastare i suddetti problemi, la valutazione è guidata da due principi fondamentali, la razionalità e l’obiettività. Il primo è connesso alla fondatezza concettuale del processo di stima, il secondo alla correttezza della sua concreta applicazione.

Il processo di stima è razionale se risulta conforme ad uno schema logico capace di riprodurre, nella formazione del valore, la natura del capitale economico.

L’obiettività prevede, invece, che le grandezze utilizzate nel processo di stima siano quantificate in modo oggettivo e dimostrabile2.

Dato che la valutazione richiede lo studio delle prospettive economiche della gestione è necessario che tale studio non si soffermi alle mere analisi quantitative, ma che siano implementate da approfondite indagini di tipo qualitativo le quali accertino l’esistenza delle condizioni che determinano la capacità di reddito dell’impresa e suoi punti di forza e di debolezza.

Chiamando in causa gli aspetti qualitativi, si pone necessariamente l’accento sul ruolo centrale assunto dalla strategia ai fini della determinazione del valore economico dell’azienda. Da qui si evince la stretta relazione tra il valore dell’azienda e le sue strategie e il concetto di vantaggio competitivo emerge come criterio guida per la propria capacità di raccordare la logica qualitativa (della conduzione strategica) con quella razionale-quantitativa (delle determinazioni ragionieristiche). Infatti il vantaggio competitivo, frutto della propria strategia, deve essere capace di trasformare la propria superiorità qualitativa in superiorità quantitativa con migliori risultati economico- finanziari.

L’analisi strategica fondata sul vantaggio competitivo permette di individuare i fattori critici dell’azienda capaci di dare un carattere unico e irripetibile ad ogni singola impresa. Se un’impresa mostra una capacità di creare valore, vuol dire che essa offre qualcosa di più e di migliore rispetto alle imprese concorrenti e possiede appunto un vantaggio competitivo. Infatti, se così non fosse essa non potrebbe che mostrare la stessa redditività dei propri competitor e questa non potrebbe che allinearsi al costo del capitale. Da ciò è possibile affermare che una performance positiva di creazione del valore è indice di un vantaggio competitivo. Tale vantaggio competitivo non può

2

(3)

37 certamente durare all’infinito, ma sarà aggredito dalla pressione dei concorrenti o da altri fattori esterni e per questo esso può essere assimilato ad una rendita temporanea destinata ad esaurirsi in un arco di tempo più o meno lungo.

Quanto sopra accennato richiede di individuare le variabili che concorrono a determinare la capacità di creare valore di un’impresa al fine di capire se e come l’azienda target potrà creare valore in futuro. La creazione di valore può essere ricondotta ai seguenti tre principi essenziali3:

- Si crea valore quando il rendimento del capitale è maggiore del suo costo;

- Si crea tanto più valore quanto più a lungo si riesce a protrarre nel tempo questo spread positivo tra rendimento e costo del capitale;

- Si crea tanto più valore quanto di più sono le prospettive di crescita.

L’obiettivo è, quindi, quello di capire se in futuro l’azienda sarà in grado di creare valore, ovvero se sarà in grado, con le proprie strategie, di incidere sulle caratteristiche dello spread tra rendimento e costo del capitale, ovvero, entità, durata e tasso di

crescita.

A tal fine occorre focalizzarsi nel patrimonio strategico dell’impresa intendendo con questo termine l’insieme delle risorse, tangibili e intangibili, di cui l’impresa dispone e che le permettono di detenere una posizione di vantaggio competitivo.

Al riguardo, tra i vari modelli che permettono lo studio del patrimonio di risorse dell’impresa vi è il PROFIT4

. Esso è un modello che studia il patrimonio dell’impresa dividendolo in sei categorie. Si tratta di sei categorie di risorse che, in modo differenziato nei diversi business, possono rappresentare le radici della competitività dell’impresa. Il nome PROFIT è un acronimo ed ogni lettera indica l’iniziale di ognuna delle categorie prese in considerazione. ”P” sta per capitale professionale (evidenzia la qualità e il potenziale delle persone),”R” sta per capitale relazionale (evidenzia la reputazione e la fiducia da parte dei clienti, fornitori, partner),”O” sta per capitale organizzativo (evidenzia le competenze e il know-how relativo ai processi operativi),”F” sta per capitale finanziario (evidenzia la capacità di attrarre risorse finanziarie),”I” sta per capitale immateriale (si riferisce al possesso di marchi,brevetti e tutte le componenti della cosiddetta proprietà intellettuale),”T” sta per capitale tangibile (si riferisce al livello tecnologico,la localizzazione, la qualità delle strutture fisiche).

3

Cfr. G. DONNA, (1982), La valutazione economica delle strategie d’impresa, Giuffrè editore, Milano;

4

Cfr. G. DONNA, (2002), “Gli ingredienti strategici del valore d’impresa”, in La valutazione delle

aziende, pag.30 e G. DONNA, (2003), L’impresa multi business: la diversificazione crea o distrugge valore?, Università Bocconi, Milano;

(4)

38 Apprezzando l’importanza che ogni categoria di capitale riveste rispetto ai fattori critici di successo del business dell’impresa e la consistenza della dotazione posseduta da essa, si può giungere ad un giudizio di sintesi del patrimonio strategico e quindi alla qualità competitiva dell’impresa.

Le prospettive di creazione di valore dipendono anche dalla posizione competitiva e le prospettive di crescita del business in cui l’azienda opera. Infatti, la capacità dell’impresa di creare valore, sfruttandone gli spazi di profittabilità, è tanto più elevata e può durare più a lungo quanto più consistente è la sua posizione competitiva e l’entità e la durata degli spazi di profitto e di crescita che un business può offrire.

Misurata la forza competitiva, attraverso lo studio del patrimonio strategico, occorre studiare la qualità del business, la quale può essere apprezzata attraverso la valutazione di due variabili, esse sono:

- Il grado di attrattività del business; - Il ritmo della dinamica competitiva.

L’attrattività è misurabile grazie al modello delle cinque forze di M. Porter, il quale permette di pervenire ad un giudizio complessivo sul grado di attrattività, in termini di redditività, del business in esame.

Il ritmo del business è una variabile che esprime la velocità con cui si muove e tende a modificarsi la dinamica competitiva; in base alla velocità con cui si modifica, assumono diversa importanza le risorse del patrimonio strategico.

Incrociando il grado di attrattività con il ritmo si ottiene un giudizio complessivo di qualità del business in base agli spazi di creazione del valore che essa può offrire. Si denota che il focus della stima dovrebbe essere l’ indagine che chiarisca le ragioni di fondo dell’economicità attuale e prospettica dell’azienda. L’economicità della gestione dipende da fattori oggettivi (condizioni operative interne ed esterne) ma anche soggettivi (comportamenti e qualità del sistema umano).

La gestione si decide nel continuo intrecciarsi di idee, decisioni ed operazioni; le idee che promanano dal “sistema delle idee” si convertono in operazioni attraverso il sistema di decisioni5. Nella gestione emerge, quindi, come elemento critico il sistema umano; infatti, le condizioni operative non sono altro che il risultato di operazioni ideate, decise e realizzate dal sistema umano. Da qui, l’ottica della strategia porta a far ricondurre il

5

Cfr., U. BERTINI, (1995) Scritti di politica aziendale, Terza edizione ampliata, G. Giappichelli Editore, Torino, pag. 13-23.

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39 valore economico al nucleo “pesante” dell’azienda, vale a dire alle persone che la guidano elaborando idee, formulando strategie ed assumendo decisioni.

Per riflettere nella stima la relazione tra il valore dell’azienda e la strategia, ovvero i processi di gestione strategica, è opportuno individuare tre distinti momenti, i quali possono essere concepiti come successivi “stati di avanzamento” del processo di gestione strategica, essi sono:

- Sistema delle idee strategiche; - Strategie in atto;

- Profilo strategico in atto;

Il sistema delle idee strategiche6 si pone come la rete concettuale o il metodo di ragionamento mediante il quale vengono identificati ed ordinati le scelte relative alle strategie d’impresa. La strategia in atto rappresenta la situazione voluta o “identità” desiderata dall’impresa e risponde alla domanda “cosa l’impresa ha concretamente intenzione di diventare”. Il profilo strategico attuale costituisce la situazione effettiva o l’identità reale dell’impresa e risponde alla domanda “cosa è attualmente l’impresa”. In ogni azienda, ad ogni tempo, è possibile individuare: un profilo strategico, costituito da uno specifico sistema di condizioni operative; una strategia in atto, data dalle decisioni assunte per modificare o consolidare tali condizioni; infine, un sistema delle idee che stimola ed indirizza la formulazione e l’attuazione delle strategie.

Nell’ottica di una stima d’azienda si deve chiarire come i tre momenti concorrano a determinare le prospettive gestionali e quindi il valore del capitale economico.

Il profilo strategico attuale assume immediato rilievo nella stima in quanto esprime la realtà oggettiva dell’azienda, occorre però, chiarire le effettive prospettive della gestione e tener conto pertanto della strategia in atto e del sistema delle idee strategiche.

Per quanto riguarda la strategia in atto, sono due gli aspetti ai quali pare opportuno riconoscere particolare rilievo nel definire le prospettive gestionali:

- La posizione competitiva obiettivo, che esprime la tendenza dell’azienda a rafforzare, difendere e sfruttare i vantaggi competitivi di cui dispone;

- La dimensione economica obiettivo, che esprime la tendenza dell’azienda a sviluppare, contrarre o mantenere immutata la propria dimensione operativa.

6

BERTINI definisce il sistema aziendale delle idee “l’insieme delle rappresentazioni di fenomeni aziendali che si formano nelle menti degli uomini d’azienda e la loro coordinata elaborazione in funzione del migliore raggiungimento degli obiettivi gestionali”. U. BERTINI, (1995), Scritti di politica aziendale, Terza edizione ampliata, G. Giappichelli Editore, Torino, pag. 16.

(6)

40 Questi aspetti sono di notevole rilevanza in quanto individuano il profilo evolutivo della combinazione produttiva, dettata dalla strategia in atto e definiscono come i flussi economici tenderanno ad evolversi, sia sul piano quantitativo, sia su quello qualitativo. Per quanto riguarda le idee strategiche, esse incidono sicuramente e in modo significativo sul valore economico dell’impresa, in contesti in continua evoluzione dove essenziale è la gestione del cambiamento esse svolgono un ruolo propulsivo primario ponendosi come fondamento essenziale delle prospettive aziendali.

Sulla base delle considerazioni fin qui fatte il valore di cessione può essere concepito come l’espressione monetaria del potenziale economico riferibile all’attuale profilo strategico dell’azienda, tenuto conto dei mutamenti indotti dalla strategia deliberata nonché degli impulsi che verranno dal sistema delle idee.

La valutazione strategica richiede che i processi gestionali vengano articolati su due piani organizzativi, a livello corporate e nelle varie aree d’affari. A livello d’impresa si fa riferimento alla strategia di portafoglio e la strategia finanziaria mentre a livello di area d’affari si fa riferimento alle strategie competitive. Quest’impostazione richiede che il modello di valutazione deve articolarsi su un duplice piano (Corporate e ASA). In questo modo, la stima tende a cogliere separatamente il valore dell’attività operativa ed i valori della struttura finanziaria e del portafoglio strategico.

Il modello che scaturisce da questa articolazione considera il valore dell’azienda come se fosse formato da due componenti, ciascuna suscettibile di un’autonoma valutazione:

- Il valore dell’attività operativa; - Il valore dei debiti finanziari.

Quest’impostazione trae spunto dalla riclassificazione delle componenti economiche, finanziarie e patrimoniali in due categorie:

- Le componenti operative, direttamente connesse alla gestione caratteristica, che trovano la loro espressione sintetica nel reddito operativo e nel capitale investito operativo netto;

- Le componenti finanziarie, collegate alla struttura qualitativa e quantitativa dell’indebitamento aziendale, espresse dai debiti finanziari e dai relativi oneri e uscite.

Adottando questa segmentazione si può calcolare il valore economico del capitale operativo netto investito nella gestione caratteristica ed il valore negativo dei debiti finanziari. Il valore finale di stima deriva dalla somma algebrica delle due grandezze.

(7)

41 Il valore del capitale investito nella gestione caratteristica risulta dall’attualizzazione del prospettico flusso di ricchezza operativo netto7.

Occorre porre la dovuta attenzione alla logica contabile, il quale non può essere ignorata del tutto in quanto sia il bilancio che la strategia presentano delle caratteristiche comuni che permettono un collegamento tra diagnosi strategica e sintesi di bilancio8. L’efficacia della gestione strategica dipende molto dalla tempestività con cui si prende coscienza della necessità di cambiamento. Il consapevole utilizzo di dati e informazioni quantitativi e qualitativi ottenibili mediante le rilevazioni d’azienda sono essenziali alla diagnosi strategica e proprio le determinazioni quantitative di azienda offrono, a tal fine, un eccezionale strumento9.

Riassumendo, dando la dovuta importanza, ai fini della valutazione, alla strategia, alle caratteristiche dell’ambiente, competitivo e no, in cui l’azienda è inserita e alla logica contabile è possibile utilizzare un importante modello di analisi che permetta di evidenziare i caratteri fondamentali dell’interazione che l’impresa stabilisce con l’ambiente sulla base delle scelte strategiche effettuate.

Il suddetto modello è la formula imprenditoriale che illustra la strategia di un azienda come un insieme di relazioni tra cinque variabili10, esse sono:

1) Insieme di risorse tangibili e intangibili (costituenti il Patrimonio aziendale) 2) Il sistema prodotto

3) I clienti

4) Offerte di collaborazione ai soggetti diversi dei clienti

5) Interlocutori aziendali (fornitori,dipendenti,finanziatori,comunità,ecc...) I risultati che derivano dall’interazione di queste componenti sono di tre tipologie:

- Competitivi: individuano il consenso e il gradimento dei clienti;

- Sociali: individuano il consenso e la collaborazione delle forze economiche e sociali degli interlocutori diversi dai clienti;

- Economici: Sintetizzano l’intera dinamica aziendale.

7 Cfr., M. GALEOTTI, (1995), La valutazione strategica nell’ipotesi di cessione dell’azienda, Giuffrè

editore, Milano, pag. 199-203.

8

MOLTENI scrive “Quattro sono le caratteristiche del bilancio di particolare rilievo ai nostri fini: a. la completezza; b. la continuità; c. la sinteticità; d. l’orientamento all’esterno. Le quattro caratteristiche testé menzionate a proposito del bilancio sono proprie anche della strategia d’impresa”. G. INVERNIZZI, M. MOLTENI, (1990), Analisi di bilancio e diagnosi strategica, Etas libri, Milano, pag. 8-9;

9

Cfr., G. INVERNIZZI,M. MOLTENI, op. cit. , pag. 30 e seg.

10

Cfr., C. CODA, (1984), “La valutazione della formula imprenditoriale”, in Sviluppo e Organizzazione, n. 82, pag. 7-21;

(8)

42 Avere una formula imprenditoriale di successo richiede di ottenere ottimi risultati in queste tre dimensioni, per effetto di un elevato grado di coerenza fra i vari elementi della stessa. Tali risultati alimentano il patrimonio di risorse tangibili ed intangibili a disposizione dell’azienda, le quali saranno necessarie per ottenere nuove posizioni di vantaggio competitivo e mantenersi dunque in una condizione di creazione di valore. Esiste un nesso tra il modello della formula imprenditoriale e le sintesi di esercizio. Si può esaminare tale nesso tra:

- Patrimonio di risorse (tangibili e intangibili) e prospetto di stato patrimoniale; - Funzionamento della formula imprenditoriale e flussi di reddito;

- Funzionamento della formula imprenditoriale e flussi finanziari e monetari.

Per quanto concerne l’insieme di risorse presenti nell’impresa in un dato istante, trova manifestazione quantitativa nella sintesi di stato patrimoniale. Per esaminare tale rapporto si può considerare la nozione di capitale investito netto. Essa può variare per effetto dell’aumento o del decremento delle attività correnti e/o dell’aumento o decremento delle immobilizzazioni nette. Una variazione di segno positivo del capitale investito netto può essere sostenuta da: raccolta di nuovo capitale, allungamento dei tempi di pagamento ai fornitori, nuovi finanziamenti a titolo di credito. Il reperimento di queste risorse finanziarie sono direttamente collegate dalla capacità dell’impresa di offrire prospettive attraenti ai finanziatori, risparmiatori e fornitori.

Il nesso esistente tra la formula imprenditoriale e i flussi di reddito lo si osserva esaminando l’attività di vendita di prodotti e servizi, essi generano un flusso di componenti positivi di reddito che indica lo spazio strategico che l’impresa ha conquistato attraverso un offerta dotata da un qualche vantaggio competitivo. Questi ricavi contrapposti con i costi sostenuti (componenti negativi di reddito) danno il risultato reddituale (utile o perdita). Tale valore esprime l’incremento o il decremento subito dal capitale netto iniziale per effetto della gestione.

Infine, relativamente al rapporto tra la formula imprenditoriale e i flussi finanziari e monetari, l’insieme dei flussi finanziari evidenzia l’incremento o decremento subito dal capitale circolante netto (CCN) per effetto della gestione corrente. L’insieme dei flussi monetari evidenzia la variazione subita nello stesso arco di tempo dalle liquidità nette. Tali flussi sono evidenziati dal rendiconto finanziario e nel loro complesso, i flussi relativi al periodo amministrativo modificano dimensione e struttura degli investimenti e dei finanziamenti.

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43 Evidenziati i nessi esistenti tra formula imprenditoriale e sintesi di bilancio, è possibile valutarla attraverso l’utilizzo di alcuni indicatori economici che consentono, appunto, di esprimere un giudizio sulla validità dell’impostazione imprenditoriale di un’azienda. I due principali indicatori in questione si riferiscono, uno alla gestione caratteristica che è la redditività del capitale investito (ROI) e uno all’impresa nel suo complesso, la redditività del capitale netto (ROE).

Il ROI (Reddito operativo/ Capitale investito) esprime la capacità dell’impresa di generare ricchezza servendo dati clienti. Scomponendo il ROI nei due indici, ROS (Reddito operativo/Vendite) e rotazione del capitale investito (Vendite/capitale investito netto), è possibile riflettere sull’efficacia della relazione Impresa- Mercato. Infatti, il ROS, o redditività delle vendite, esprime il grado di accettazione del bene offerto da parte del sistema competitivo e misura la presenza di un vantaggio competitivo ottenuto dall’azienda, in particolare un vantaggio di differenziazione.

Il tasso di rotazione del capitale investito, invece, sintetizza il rapporto fra la dimensione del mercato conquistato dall’impresa (espressa dai ricavi di vendita) e le risorse impiegate per operarvi (espresso dal capitale investito netto). Esso misura la coerenza fra la dimensione operativa e quella strutturale.

Il ROE (Reddito netto/patrimonio netto) è un indicatore di economicità gestionale complessiva. Esso scaturisce dal rapporto tra la variabile flusso che sintetizza il risultato del funzionamento della formula imprenditoriale e la variabile livello che esprime il coinvolgimento dei portatori del capitale di rischio. Questo rapporto indica il soddisfacimento delle attese di uno dei fondamentali detentori di interesse, ovvero la proprietà.

In sintesi, l’approccio valutativo della formula imprenditoriale si dirige verso la rilevazione e l’apprezzamento dei risultati conseguiti dall’impresa sul terreno competitivo, su quello reddituale e su quello della soddisfazione delle attese dei partecipanti. Si tratta di risalire alle cause di successo o insuccesso dell’impresa tendendo a dare una spiegazione puntuale che evidenzi le eventuali necessità di rinnovamento della formula imprenditoriale11.

11

Cfr. G. INVERNIZZI, M. MOLTENI, (1990), “Analisi di bilancio e diagnosi strategica”, Etas Libri, Milano, pag. 30 e seg.

(10)

44

2.2 Modelli di valutazione quantitativa

Attraverso la riclassificazione dei dati contabili, l’analisi percorre ciascuna delle aree di sintesi dell’attività aziendale, distinguendole come segue:

- La dimensione economica, che permette le valutazioni della redditività caratteristica;

- L’assetto patrimoniale, la cui analisi per categorie omogenee in termini di scadenza e liquidabilità consente valutazioni della solidità patrimoniale e la solvibilità degli impegni a breve termine;

- L’area finanziaria, che consente l’analisi della capacità della società di produrre flussi sia di circolante che di cassa.

Prima di condurre l’analisi di sostenibilità della struttura finanziaria della Newco è necessario stimare il costo d’acquisto della Target. Occorre quindi scegliere innanzitutto

metodi di valutazione il più possibile aderenti alla realtà aziendale in oggetto ed applicarli in modo critico in funzione delle caratteristiche ambientali, delle forze negoziali in gioco e dei limiti che ogni modello di valutazione porta con sé.

Si tratta di operazioni che nella maggioranza dei casi sono caratterizzati da un elevato ricorso al debito, questo è poi destinato a ridursi verso una configurazione ”normale” attraverso l’azione gestionale programmata sulle attività aziendali. Pertanto si ritiene opportuno utilizzare come metodo principale il Discounted Cash Flow (DCF), infatti con queste caratteristiche i modelli fondati sull’attualizzazione dei flussi finanziari (DCF) appaiono più adatti per offrire elementi utili ad esprimere un giudizio di valore, che in questo caso presenta delle complicazioni derivanti dalla pesante struttura finanziaria, inoltre fornisce delle importanti indicazioni sui flussi prospettici in entrata che dovrebbero andare a coprire il debito. Per approfondire la stima e cercare di renderla più attendibile è auspicabile l’adozione di un metodo di controllo che può essere quello dei Multipli di mercato.

Le metodologie finanziarie di valutazione definiscono il valore dell’azienda sulla base dei flussi finanziari attualizzati che questa sarà in grado di produrre in futuro.

Il valore dell’azienda è fatto quindi dipendere da tre variabili fondamentali: - L’ammontare dei flussi di cassa che sarà in grado di generare in futuro; - Il grado di rischio legato alla generazione di tali flussi;

(11)

45 Un possibile percorso valutativo in un operazione di MBO effettuata attraverso un elevato leveraged può essere strutturato come segue12:

1) Proiezione dei flussi operativi attesi della target ante LMBO 2) Stima del costo del capitale ante indebitamento

3) Calcolo del valore operativo della target

4) Individuazione della struttura preliminare del LMBO 5) Calcolo del valore economico del capitale nell’LMBO

Il punto di partenza di questo percorso è la proiezione del profilo economico-finanziario della società target sulla base del piano economico finanziario predisposto dall’acquirente. Tale piano dovrebbe far perno sui valori a consuntivi di due anni precedenti (N-1ed N-2), preconsuntivi per l’anno N e previsionali per il quinquennio successivo all’acquisizione (da N+1 a N+5)13

.

Questo piano economico finanziario costituisce la base su cui poter individuare i flussi operativi attesi, stimare il costo del capitale e quindi calcolare il valore operativo della target.

Tra le varie tipologie dei flussi di cassa, quella maggiormente utilizzata è la versione

Unlevered (UDFCF), basata sui flussi di cassa al lordo degli oneri finanziari (approccio Enterprice side). Essa assimila l’azienda oggetto di valutazione a qualunque altro

investimento e in questo senso attribuisce un valore alle potenzialità finanziarie dell’azienda stessa indipendentemente dalle scelte effettuate in ordine al reperimento dei mezzi finanziari. Attraverso questo metodo si perviene, dunque, alla stima del valore del capitale operativo dell’azienda (proprio e di debito) dal quale sottraendo i debiti finanziari si giunge al valore dell’azienda oggetto di stima.

Il metodo Unlevered Free Cash Flow si può riassumere nella seguente formula:

EV =

FCFOt + Vf Con:

(1+ Ke)n EV= Enterprice value, valore del patrimonio totale

(1+Ke) = Tasso di attualizzazione

Vf = Valore finale

E = EV – D W = Valore economico dell’azienda D = Debiti netti

n = numero anni della stima analitica

12

Cfr. , F. BUTTIGNON, (2005), “La valutazione d’azienda nelle operazioni di Leveraged Buy Out”, in

valutazione delle aziende, n. 38, pag. 28,

13

I dati previsionali potrebbero riguardare un periodo più lungo o più breve, in generale riguarda quel periodo di tempo in cui la proiezione analitica del piano economico-finanziario del LBO sia, almeno, quello entro al quale si prevede di tornare ad una struttura finanziaria giudicata equilibrata.

(12)

46 In questa formula la prima componente fondamentale è il flusso di cassa operativo previsionale: esso viene calcolato per ciascun anno della stima analitica (n) vale a dire il periodo nel quale si è in grado di prevedere analiticamente i flussi attesi. Generalmente è un periodo compreso tra i 5 e i 10 anni, oltre dei quali diventa impossibile prevedere i futuri scenari, condizionati dai cambiamenti derivanti dalla tecnologia e dalla concorrenza. Per individuare i flussi di cassa nella versione Unlevered si segue lo schema seguente:

Fatturato - Costi EBIT

+ Ammortamenti

+/- altri acc./(utilizzi) fondi

Autofinanziamento lordo della gestione operativa - Imposte su EBIT

+/- Variazione del capitale circolante netto Flusso di cassa netto della gestione operativa +/- Variazione del capitale fisso

FREE CASH FLOW (UNLEVERED)

Esaminando lo schema in dettaglio, il primo importante elemento di previsione è l’EBIT, il quale non può prescindere da una fondata previsione delle vendite. A volte possono non essere disponibili delle previsioni analitiche, quindi, può essere necessario ricorrere all’assunzione di convenzioni, la più comune delle quali, con riferimento alle vendite, è quella relativa all’individuazione di una percentuale di incremento annuo e considerazione analoghe possono essere fatte anche riguardo alla previsione dei costi operativi.

Particolare attenzione deve essere infine posta alla “normalizzazione” dei valori cioè alla depurazione dei flussi attesi e ancor di più dei flussi storici presi a riferimento da elementi determinati da eventi straordinari quali, ad esempio, ristrutturazioni aziendali, investimenti non collegate all’attività tipica dell’azienda, operazioni di natura speculativa o altro ancora. In conclusione, si denota che nella stima dell’EBIT ci si trova di fronte all’alternativa tra stima fondata sui risultati storici e stima che tenga conto anche delle attese future, orientandosi nella scelta tra le due alternative alla ricerca di ragionevolezza e credibilità delle stime.

(13)

47 Dopo aver determinato l’EBIT atteso, gli altri elementi da considerare nella costruzione del flusso di cassa sono:

1) Accantonamenti e ammortamenti; 2) Capitale circolante;

3) Imposte;

4) Investimenti(disinvestimenti).

Non per tutti gli elementi citati la stima puntuale è agevole, per questo occorre la disponibilità di informazione sia storiche che prospettiche. La previsione dei flussi futuri non può comunque prescindere da un’attenta analisi delle caratteristiche ambientali in cui si sviluppa l’attività dell’azienda oggetto di valutazione, sia nel suo svolgimento passato sia nelle potenzialità future. In questo senso di grande ausilio possono essere le analisi settoriali disponibili sul mercato e l’analisi dei bilanci riclassificati dell’azienda per i passati esercizi.

Dopo aver individuato i flussi di cassa, grande importanza riveste il tasso di attualizzazione. Esso deve esprimere il costo atteso dei mezzi finanziari da impiegare nell’azienda (capitale proprio e di debito). Nella logica Unlevered , infatti, tenuto conto che il flusso da attualizzare è al lordo degli oneri finanzieri, il tasso di attualizzazione è una media ponderata tra il costo del capitale proprio e il costo dei debiti in funzione del peso di ciascuna forma di finanziamento.

Questa configurazione di tasso prende il nome di WACC (Weighted Average Cost of Capital) la cui formula è:

WACC = [ Ke × E/(D+E) ] + [ Kd × D/(D+E) ]

Con:

Ke = costo del capitale proprio Kd = costo del capitale di debito D = ammontare dei debiti finanziari E = valore dei mezzi propri

Il Tasso Ke è funzione del tasso di remunerazione degli investimenti privi di rischio (Rf), del premio espressione del rendimento generale medio del mercato azionario (RM - Rf) e del coefficiente β che misura il rischio della specifica azienda e la sua volatilità rispetto al mercato; In formula :

(14)

48 Il margine Rm – Rf, che è il premio a rischio di mercato, esprime quanto si guadagna se si spostassero i propri capitali dal mondo free risk al mondo dell’equity (per fare il confronto si utilizza un orizzonte temporale medio lungo).

Questo premio deve essere adattato all’azienda specifica e si usa come adattatore il coefficiente β; esso esprime la variabilità del rendimento dell’azienda rispetto la variabilità del rendimento di mercato. Se β<1 l’azienda è considerata meno rischiosa, se β>1 l’azienda è considerata più rischiosa e pertanto si richiede un premio più elevato. Il Tasso Kd invece misura il costo dell’indebitamento al netto del risparmio fiscale, in formula:

Kd = KD × (1- t)

KD = Rf + default spread

KD è il costo dei mezzi di terzi: esso si determina considerando il tasso free risk più un ulteriore premio per remunerare il rischio di default. Lo spread richiesto sarà tanto più consistente quanto più elevato è l’utilizzo del Leveraged e quanto più ampia sia stimata la volatilità del valore operativo aziendale. Il rendimento richiesto sul debito non sconta, perciò, solo il rischio sistematico, ma il rischio totale del business aziendale.

Ultimo, ma decisivo elemento nella determinazione del valore di un’azienda, è senza dubbio il valore finale Vf. Il valore finale è quella parte di valore dell’azienda che si

concretizza dopo il periodo di proiezione analitica dei FCF, riguarda quindi quel periodo in cui i flussi non sono prevedibili; ci si arriva dopo i 5-10 anni quando l’azienda entra in regime e cresce regolarmente tanto quanto il settore. Spesso rappresenta la maggior parte di valore di una società.

Anche il valore finale può essere calcolato secondo diverse configurazioni. Il più utilizzato è il modello della crescita costante del flusso di cassa (Perpetual Growth Rate Metod). Tale metodo determina il valore finale sulla base del tasso di crescita del Cash Flow ritenuto sostenibile in perpetuo dopo l’orizzonte di stima analitica in considerazione di ipotesi di dinamica della domanda e della capacità di eccellere dell’azienda. In formula è:

CFn × (1+g)

Vf =

(15)

49

Con:

CFn = l’ultimo flusso previsto in maniera analitica

g = fattore di crescita

Il fattore di crescita g si riferisce alla necessità di prevedere uno sviluppo continuo dell’azienda e quindi dei flussi attesi. Nella sua stima, visto l’orizzonte temporale limitato, è opportuno ragionare in termini reali depurandolo quindi dall’inflazione attesa (crescita reale). Nella prassi il range tipico del fattore g, al netto dell’inflazione, si aggira tra lo 0% e il 5%, ma i valori più frequenti sono compresi tra l’1% e 3%14. Ultimo elemento nella determinazione del valore è rappresentato dalla somma dei debiti onerosi (D) dell’azienda oggetto di valutazione. Per semplificazione si considera il valore nominale di tali debiti al momento della valutazione. La formula è la seguente:

E = EV - D

Per completezza, va segnalato che nel processo valutativo nell’ambito di operazione di acquisizione occorre tenere adeguatamente conto dell’eventuale presenza di flussi incrementali derivanti dalle sinergie che possono scaturire dall’integrazione tra acquirente e azienda acquisita. Ma nella valutazione in questione ometteremo di considerarle in quanto inserite in una operazione di Management Buy Out che è per definizione un’acquisizione non sinergica.

A questo punto si introducono le riflessioni tipicamente relative all’operazione effettuata con un alto Leveraged, quindi LMBO, ed andiamo ad individuare la struttura preliminare del LMBO e il piano economico- finanziario post LMBO. Si parte dal valore operativo e si ipotizza un prezzo”probabile” di acquisizione per l’intero capitale (EV), in prima battuta diverso dal valore di stima, assumendo che tale prezzo sia ancorato alle possibili “attese” del cedente. Data una prima stima del prezzo probabile per l’intero capitale della target (EV), il prezzo probabile del patrimonio netto (E) è dato da EV meno l’indebitamento iniziale al termine del periodo N. Questa grandezza è molto delicata e per questo è necessario considerare certi aspetti importanti. Uno può essere l’eventuale stagionalità, se questa è significativa, occorre che i dati di piano per il calcolo del capitale investito e della posizione finanziaria netta non siano quelli finali, ma quelli medi di periodo ottenuti cono una media di valori trimestrali. Altro aspetto è quello delle operazioni sul circolante volte a ridurre l’esposizione finanziaria, come gli

14

Cfr., E. GINEVRA, “La valutazione d’azienda con il metodo finanziario”, in Valutazione d’azienda, 2001, pag. 588;

(16)

50 interventi fatti sui tempi di pagamento o le operazioni di cessione dei crediti. Tutti gli interventi sulla struttura del circolante, che nono siano di natura strettamente operativa, dovrebbero essere recuperati, con la conseguente rettifica della posizione finanziaria. Altrimenti, le assunzioni sulle quali si fonda il calcolo del valore possono essere distorte e portare a scelte sbagliate sulla struttura finanziaria del LMBO.

Proseguendo, il prezzo probabile dell’equity è confrontato con il suo valore contabile, per evidenziare il differenziale di valore, che sintetizza le diverse componenti della relazione tra valore economico e valore contabile del capitale. Ai fini valutativi, è essenziale definire la natura fiscale. Se si assume che il differenziale non sia fiscalmente rilevante (come avviene in caso di assunzione del controllo e successiva fusione) l’allocazione contabile è sostanzialmente indifferente nel suo impatto nel valore economico. Se si assume che il differenziale è fiscalmente rilevante (come nel caso di acquisizione d’azienda o ramo d’azienda) sarà necessario trattare questi elementi nel modello valutativo, ricalcolando gli ammortamenti e le imposte, in quanto la deducibilità fiscale degli ammortamenti generano, a parità di altre condizioni, un innalzamento del valore operativo post- LMBO.

Dato il prezzo probabile dell’intero patrimonio, si può procedere definendo l’indebitamento finanziario l’obiettivo iniziale, che può essere stimato in funzione dell’EBITDA15. Dato il multiplo D/EBITDA iniziale e l’EBITDA al periodo N si

quantifica il debito iniziale e il conseguente capitale di rischio (E). In formula è:

Dn = (D/ EBITDA) * EBITDAn

En = EVp – Dn

A questo punto, data la nuova struttura patrimoniale prevista post- LMBO si può procedere alla rielaborazione delle stime iniziali. I valori economici fino all’EBIT e il capitale circolante netto operativo sono uguali di quelli pre- LMBO. La struttura finanziaria sarà invece mutata, con un salto nel livello di indebitamento, che si rifletterà in maggiori oneri finanziari nel conto economico e la conseguente riduzione del carico fiscale.

15 Cfr. F. BUTTIGNON, “La valutazione d’azienda nelle operazioni di Leveraged Buy-Out”, in La

(17)

51 Gli oneri finanziari possono essere calcolati annualmente sull’indebitamento iniziale, con un tasso di costo del debito funzione del multiplo D/EBITDA iniziale (pari a quello finale del periodo precedente).

I flussi finanziari, possono essere destinati tutti a ridurre l’indebitamento contratto, con conseguente annullamento dei dividendi. Pertanto, il patrimonio netto è previsto in crescita grazie ai redditi netti generati e reinvestiti.

Il ritorno ad una situazione finanziaria più solida si può realizzare sia solo attraverso la gestione operativa, sia attraverso la cessione di asset; in questo caso si dovranno riclassificare separatamente le attività da cedere nello stato patrimoniale, definendo il periodo di cessione e il prezzo di realizzo, questo valore andrà poi a ridurre il livello di indebitamento.

Il piano economico-finanziario post- LMBO è quello su cui si fondano i primi giudizi sulla sostenibilità dell’operazione, che possono articolarsi nei seguenti punti16

:

- Giudizio sull’evoluzione prospettica attesa dei ricavi e dell’EBITDA: gli aspetti della competizione, la strategia e le risorse e competenze dell’impresa rendono “credibile” tali prospettive?

- Esame della dinamica attesa del capitale circolante: gli eventuali miglioramenti sull’incidenza dei ricavi di questi componenti sono realistici, considerando la competizione?

- Analisi della dinamica attesa del capitale fisso: l’eventuale riduzione sull’incidenza dei ricavi è coerente con l’attuale struttura delle immobilizzazioni, fabbisogni di investimento futuri e con le scelte perseguite (a monte e a valle)? Solo l’attenta indagine sui fenomeni di economia “reale”, che stanno alla base delle previsioni relative a questi elementi del piano economico- finanziario può consentire di esprimere un giudizio sulla sostenibilità “operativa” del piano, da cui dipende anche il giudizio sulla fattibilità finanziaria del LMBO.

È auspicabile approfondire lo studio utilizzando un secondo metodo di valutazione con l’obiettivo di confermare o comunque aggiustare la valutazione precedente e giungere così ad un valore che con maggior certezza rappresenti il reale valore della azienda. Un metodo di controllo spesso utilizzato in queste operazioni è il metodo dei Multipli di Mercato. Con questo metodo la determinazione del valore di un’azienda è effettuata

(18)

52 applicando a determinate grandezze della stessa un moltiplicatore desunto dall’analisi di transazioni aventi per oggetto imprese con caratteristiche simili.

Ci si basa sul ragionamento che se altri acquirenti e venditori hanno trovato congruo un determinato prezzo di acquisto/vendita per una certa impresa e se questo prezzo diviso per una determinata grandezza aziendale genera un determinato moltiplicatore, ne deriva allora che il prezzo dell’impresa oggetto di nuova trattativa potrebbe essere quello che deriva dalla moltiplicazione del suddetto coefficiente con le grandezze specifiche dell’impresa target.

La prima necessità è quella di individuare delle transazioni compiute da imprese similari. Per similari si intendono imprese che appartengono allo stesso settore, che siano delle stesse dimensioni e con un pari livello di notorietà e credibilità. L’appartenenza allo stesso settore richiede anche una fondamentale somiglianza nei mercati e nella tipologia di prodotti. La dimensione si misura in termini di fatturato, numero di dipendenti e importo di capitale investito. La credibilità fa riferimento soprattutto a quella del management17.

Si distinguono due tipologie di Multipli: - Multipli sull’enterprice side - Multipli Equity side

I multipli sull’enterprice side esprimono il valore dell’intera azienda, ossia il valore di tutti gli aventi diritto sul business aziendale, banche e azionisti, con un parametro che sia espressivo del valore stesso; al numeratore vi è sempre l’enterprice value della società comparabile e al denominatore una grandezza contabile, i più usati sono il fatturato, il reddito operativo, il margine operativo lordo. In formula:

EVi = Mi

Yi

Mi × Yx = EVx

EVx × PFNx = Ex

Con:

EVi = Enterprice value delle società comparabili Ex = Valore della società target

Yi = Grandezza contabile delle aziende comparabili PFN = Posizione finanziaria netta

Mi = Multiplo delle società comparabili

Yx = Grandezza contabile dell’azienda target

EVx = Enterprice value della società target 17

(19)

53 I multipli Equity side esprimono direttamente il valore di pertinenza degli azionisti ed è ottenuto mettendo a rapporto il valore del capitale dei comparables con un parametro che è ad esso legato attraverso un legame logico-casuale; esempi sono:

- Price/ earning - Price/ book value - Price/ cash earning

Il metodo dei multipli è estremamente utile per avere una prima idea del potenziale valore di una impresa e per avere una conferma ad una valutazione effettuata con altri metodi.

È sconsigliabile l’assunzione di tale approccio come unico punto di riferimento data la difficoltà di individuare multipli effettivamente rappresentativi. Infatti, la mancata considerazione delle differenze fondamentali tra le varie imprese, le differenti nazioni ed i differenti momenti temporali di riferimento possono portare a conclusioni errate.

2.3 Il Leveraged come “strumento” operativo del MBO

Il Leveraged Buy Out è una tecnica fondamentale per la creazione di un’ imprenditorialità ad alta professionalità, dotata di capacità e conoscenze tecniche ma altresì di uno scarso capitale iniziale che non riuscirebbe, altrimenti, ad ottenere le risorse finanziarie per esprimersi. Collabora, quindi, a rendere più variegato il tessuto imprenditoriale presente nel sistema economico.

Le forme che può assumere una operazione di Leveraged Buy Out si differenziano a seconda dei soggetti promotori, della tecnica finanziaria utilizzata e della formula di finanziamento adottata. Questa tecnica si è affermata come uno strumento efficace per l’acquisizione societaria; la sua diffusione dipende dal fatto di essere particolarmente flessibile ed adattabile in rapporto alle evoluzioni economiche dei mercati nei quali viene applicata, alle singole normative esistenti negli stessi e soprattutto alle peculiarità di ciascun caso.

L’elemento fondante di queste operazioni che permette di valutare se ci si trovi veramente di fronte ad un Leveraged buyout o solamente ad una Leveraged acquisition,

(20)

54 risiede nel fatto che il debito a cui si attinge per finanziare l’acquisizione viene in definitiva assunto dall’impresa acquisita e non dal soggetto acquirente18

. Proprio per questo la precisa determinazione dell’entità dell’indebitamento sopportabile dalla società da acquisire è uno dei fattori che più condizionano il successo o l’insuccesso di un LBO; se infatti non viene correttamente stimata la sua capacità di relazione agli ulteriori fabbisogni legati alla gestione del capitale circolante e del capitale fisso necessari a mantenere la società competitiva sul mercato, il rischio è quello di incappare in situazioni di squilibrio a cui difficilmente imprese che sfruttano al massimo la leva finanziaria saranno in grado di far fronte in maniera agevole.

La struttura tipica di un LBO (si veda figura 1) prevede, generalmente, la costituzione di una nuova società veicolo detta Newco o Shell company con l’unico scopo di procedere all’acquisizione della società bersaglio, detta Target.

Generalmente la Newco è una scatola vuota nella quale alcuni imprenditori, che nel caso di MBO sono gli stessi manager della Target, versano, solitamente supportati da un investitore istituzionale nel capitale di rischio, una certa somma a titolo di capitale proprio il cui ammontare rappresenta solo una piccola parte di quella necessaria per l’acquisizione ed è determinato sulla base della struttura finanziaria futura che si desidera fare assumere alla società risultante dalla fusione con la Target e che si stima possa da essa essere sopportata; nulla vieta, tuttavia, che ci si possa servire anche di un’impresa in avviato funzionamento, dotata quindi di una propria struttura patrimoniale e di un’autonoma attività generatrice di flussi di reddito, la quale per finanziare l’acquisizione ricorre in maniera significativa a finanziamenti a titolo di credito19.

L’erogazione del finanziamento contratto da Newco (fase 1) avviene in genere contestualmente all’acquisto della società bersaglio ed è utilizzato per il pagamento del corrispettivo pattuito per l’acquisizione. Tale finanziamento può assumere diverse forme ed in particolare quella di un unico finanziamento a medio/lungo termine, ovvero quella di un finanziamento a breve termine seguito da un rifinanziamento a medio/lungo

18

Cfr., N. ROSA, op. cit. , pag. 113; A. CREMONESI, (1990), “Studio sul Leveraged Buy Out in Italia”, in Diritto Fallimentare., pag. 649;

19

Tuttavia, perché si possa parlare di Leveraged buyout è assolutamente necessario che il debito relativo al finanziamento al quale si attinge venga assunto dalla società acquisita.

(21)

55 termine una volta avvenuta la fusione con la Target20. Questo finanziamento,essendo erogato a una società non avente struttura operativa,viene effettuato sulla base di scarse,se non nulle, garanzie reali. Con la liquidità a disposizione, la Newco sarà ora in grado di acquistare le azioni della Target pagando l’importo pattuito ai suoi azionisti. L’acquisto (fase 2) riguarda la totalità del capitale della società bersaglio o comunque quella maggioranza qualificata che permetterà poi di ottenere la delibera di fusione.

Figura 6: Struttura tipica di Leveraged Buy Out con acquisto delle azioni della Target

Fonte: S. Sandri,”il Leveraged Buyout negli Stati Uniti”, Il Risparmio, No. 1, 1987, pag. 232.

La fusione (fase 3) è l’atto conclusivo di tale manovra. Avviene in genere per incorporazione di Target in Newco; di conseguenza, l’attivo patrimoniale della società veicolo che precedentemente alla fusione era costituito esclusivamente dalle azioni della Target, in seguito ad essa viene integrato da tutto l’attivo patrimoniale della società bersaglio, mentre sul fronte delle passività, al passivo patrimoniale di quest’ultima verrà aggiunto il debito contratto per il suo acquisto21.

In definitiva, con tale manovra il rimborso del debito contratto (fase 4) verrà effettuato mediante i flussi di cassa prodotti dalla società acquistata (o mediante l’alienazione di sue attività, possibilmente non strategiche)22.

Dal punto di vista della forma del finanziamento si distingue tra Leveraged Buy Out basati su finanziamenti ”secured” e Leveraged Buy Out basati su finanziamenti “unsecured”. Nella prima categoria rientrano quelle acquisizioni finanziate interamente,

20

Questa seconda modalità generalmente veniva utilizzata per evitare di incorrere nel divieto di assistenza finanziaria ex art. 2358 c.c. in base al quale viene impedito alle società di accordare prestiti o fornire garanzie per l’acquisto di azioni proprie, come verrà meglio specificato più avanti.

21

Si parla in questo caso di merger Leveraged Buy Out, mentre viceversa, qualora si proceda all’incorporazione di Newco in target si parla di fusione inversa o di reverse merger;

22

Per approfondimenti sugli aspetti tecnici si veda: S. SANDRI, (1987), “Il Leveraged Buyout negli Stati Uniti”, in Il Risparmio, n. 4, luglio-agosto 1987; M. G. CALLONI, (1989), “Il Management- Leveraged Buyout: da manager a imprenditore”, in Economia e Management, vol. 11, nov. 1989;

Finanziatori Prestito (Fase 1) Newco

Rimborso del debito (fase 4) Fusione (Fase 3) Acquisto azioni (fase2)

(22)

56 eccetto un’esigua percentuale costituita da mezzi propri, con crediti garantiti da attività dell’impresa acquisita, mentre nella seconda rientrano quelle in cui almeno in parte il finanziamento non sia garantito da assets ma dalla capacità dell’impresa di generare flussi finanziari sufficienti a ripagare gli oneri finanziari e la quota capitale23.

La scelta in relazione alla tipologia da adottare può dar vita, in concreto, anche a forme ibride rispetto a quella schematizzata ed è guidata non solo dalle finalità perseguite da coloro che mettono in atto l’operazione, ma anche e soprattutto dalle eventuali barriere legislative e da ragioni di carattere fiscale. Questa descrizione è solo una semplificazione dell’operazione, nella pratica esistono numerosi problemi da affrontare e la struttura delle operazioni è normalmente molto più complessa di quella qui esposta. Tuttavia, non è la modalità tecnico-giuridica utilizzata nell’operazione a determinare se si tratti o meno di un Leveraged Buy Out, bensì i suoi effetti sulla struttura delle passività dell’azienda ceduta e in particolare sul suo livello di indebitamento.

Deve essere chiaro che non tutte le imprese sono idonee ad essere oggetto di un LBO. Questa operazione porta, infatti, ad un forte aumento dell’indebitamento della società target e i finanziatori saranno favorevoli solo se vi è una ragionevole certezza che la società possa far fronte a tale maggior indebitamento.

È necessario che la società sia in grado di generare flussi di cassa abbondanti e costanti da utilizzare principalmente al pagamento di maggior oneri finanziari. Pertanto, si deve individuare una società target “ottimale”, ovvero che sia capace di soddisfare le specifiche esigenze dell’operazione.

La società Target “ottimale” è generalmente un’impresa che opera in un mercato maturo e con linee di prodotto non eccessivamente sofisticate, dovrebbe essere tra i leader del settore o comunque avere una forte posizione di nicchia. Infatti, l’operare in un mercato maturo significa essere difficilmente attaccati da nuovi entranti e permette di realizzare cassa da destinare alla copertura degli oneri finanziari. La società “ottimale” dovrebbe avere anche una solida situazione patrimoniale: dovrebbero prevalere le immobilizzazioni materiali (che facciano da garanzia) rispetto a quelle immateriali e nell’attivo circolante sono prioritari i crediti commerciali purché facilmente riscuotibili. Il Magazzino è meno importante perché è poco liquido e soggetto a rapidi cambiamenti di valore, pertanto, verranno considerati solo alcune sue parti come le scorte di prodotti finiti in quanto più facilmente liquidabili.

23

(23)

57 Le società che non sono sicuramente idonee ad operazioni di LBO sono quelle che operano in mercati in forte crescita o che offrono prodotti ad alta tecnologia. la forte crescita richiede molte risorse da destinare all’ampliamento della capacità produttiva, del magazzino, delle spese di marketing. I prodotti ad alta tecnologia, a loro volta, necessitano di ingenti risorse per le attività di ricerca e sviluppo essendo continuamente esposti al rischio di obsolescenza. Per imprese con queste caratteristiche è difficilmente attuabile un LBO in quanto i flussi di cassa generati da queste potrebbero non riuscire a soddisfare contemporaneamente le esigenze della crescita e il rimborso del prestito con i relativi oneri finanziari creando, così, dei pericolosi squilibri con scarse possibilità di sopravvivenza24.

2.4 Il Piano industriale

In un operazione di MBO il piano industriale rappresenta un documento essenziale per lo svolgimento di tutte le fasi. Esso consente al management di mettere in chiaro i contenuti della strategia elaborata e le principali azioni da porre in essere per la sua realizzazione ed espone in modo organico e critico i seguenti aspetti:

- Le intenzioni strategiche del management relative alle strategie competitive a livello ASA e a livello aziendale;

- I principali risultati attesi sul piano economico- finanziario, competitivo e sociale; - Le azioni che daranno corso alle intenzioni strategiche presentate e il loro previsto

impatto sulle performance aziendali.

I contenuti e le funzioni del piano industriale si delineano in base ai concetti di strategia aziendale, strategia competitiva e gestione strategica. I risultati della strategie scaturiscono dalla gestione operativa e la capacità di mantenere elevate performance per lungo tempo dipende dalla capacità di mettere a punto strategie che siano coerenti,

24

Per approfondimenti sulle caratteristiche delle società ottimali si veda: J. VENDER, (1986), “Il Leveraged Buyout: una tecnica finanziaria per acquisire la proprietà di un’azienda”, in Finanza,

(24)

58 ovvero capaci di comporre a sistema le singole scelte aziendali e uniche , ovvero non facilmente imitabili dai competitor.

Questo fa intendere che una valida strategia ed un elevato livello di efficienza operativa non sono sufficienti di per sé ad assicurare un successo duraturo ma occorre che ci sia una sistematica attività di gestione strategica che si dedichi costantemente ad un’attività di osservazione, riflessione e concettualizzazione degli interrogativi cruciali riguardanti l’identità reale e desiderata dell’impresa e le azioni necessarie per colmare il gap strategico.

Il piano industriale per poter esplicitare le intenzioni strategiche, i risultati attesi e le azioni da porre in essere per l’eliminazione del gap strategico deve dotarsi di un mix di elementi qualitativi e quantitativi. I primi si riferiscono alle caratteristiche della strategia, le azioni realizzative e le relazioni causa-effetto fra azioni e performance. Le seconde sono divisibili in elementi ambientali e d’impresa. Gli elementi ambientali esprimono le possibili evoluzioni di alcune variabili ambientali e che solo marginalmente possono essere influenzati dalle strategie (esempi sono l’inflazione, andamenti della domanda, cambiamenti di normative ecc.). Gli elementi dell’impresa si riferiscono agli andamenti economico-finanziario derivanti dalle performance economiche e competitive che si dovrebbero ottenere nel periodo di piano.

Un piano deve comprendere sia aspetti quantitativi che qualitativi, i quali devono completarsi tra loro, onde evitare di ottenere un documento infondato e non verificabile. Lo sviluppo di un piano industriale obbliga l’imprenditore a porsi una lunga serie di domande sul futuro più o meno prossimo della sua impresa, sui suoi punti di forza e di debolezza, sulle strade da intraprendere e percorrere per conseguire gli obiettivi posti alla base della missione aziendale. In tal senso, l’utilità del documento consiste nel descrivere chiaramente l’idea dell’imprenditore in modo che possa chiarire ed assicurarsi della fattibilità dell’operazione e verificare la sua redditività. Inoltre, il piano è un importante strumento di programmazione e controllo, infatti consente di individuare la correttezza del percorso tracciato individuando il gap tra ciò che è stato pensato e ciò che è stato fatto e rappresenta anche un valido strumento di comunicazione/informazione per i soggetti terzi che possono essere a vario titolo interessati al futuro dell’azienda. In primo luogo permette di esporre ai potenziali finanziatori la validità dell’iniziativa imprenditoriale, fornendo tutti i dati necessari per poterla valutare, per capire le ragioni di certe decisioni e i rischi e le incertezze legati al progetto d’impresa. Inoltre permette di informare altre categorie di stakeholder, come le

(25)

59 amministrazioni locali o nazionali, in modo da ottenere consensi e, se possibile, aiuti e sovvenzioni a sostegno dell’impresa.

Generalmente, un piano industriale è strutturato in modo da presentare in sequenza tutti gli elementi costitutivi quali, strategia realizzata, progetto strategico, risultati attesi, azioni realizzative e le prospettive economiche. Inoltre, in alcuni casi è consigliabile un riassunto del progetto che sintetizzi i vari elementi dando al lettore la possibilità di farsi un idea complessiva del contenuto. Il seguente è un tipico esempio di indice25:

1. Executive Summary 2. La strategia realizzata

3. Necessità e opportunità di un ripensamento strategico 4. Progetto strategico proposto

5. Le azioni realizzative

6. Le prospettive economico-finanziarie

Ogni elemento può essere più o meno importante a seconda del tipo di piano e soprattutto degli interlocutori a cui il documento è destinato.

Nel caso di Management Buy Out, se gli investitori istituzionali e/o gli enti finanziatori interessati conoscono bene l’azienda, non occorre soffermarsi troppo sulla parte della strategia realizzata ma piuttosto è necessario fornire in modo dettagliato tutte le informazioni relative alle scelte strategiche ed operative future e le prospettive economico- finanziarie. Quest’ultimo è particolarmente importante nel caso di operazione caratterizzata da un elevato indebitamento in cui è necessario pianificare con precisione l’ingresso di flussi finanziari da destinare al rimborso del debito.

Analizzando i singoli punti, il primo paragrafo, l’executive summary, ripropone sinteticamente il contenuto degli ultimi tre punti. Infatti esso descrive il progetto strategico (quarto punto) evidenziandone gli elementi caratterizzanti e costitutivi della strategia competitiva, a livello aziendale e a livello ASA e gli elementi distintivi della sua validità, ovvero gli elementi di unicità e innovazione della strategia da realizzare; Le azioni realizzative (quinto punto) in cui si espongono sinteticamente le principali direttrici di lavoro con cui si vuole attuare il progetto strategico, quindi, le logiche di investimento, le direttrici di crescita, le decisioni in merito al portafoglio ASA; i risultati attesi (sesto punto) indica la probabile evoluzione dei principali indicatori di performance espressi in termini economici, competitivi e sociali.

25

Cfr. P. MAZZOLA., (2003), “Il piano industriale: progettare e comunicare le strategie d’impresa”, Egea, Milano;

(26)

60 Il secondo paragrafo, la strategia realizzata, ha l’obiettivo di razionalizzare ex-post il modello strategico operante. In particolare, si sofferma nella descrizione delle diverse ASA in cui è attiva, il posizionamento occupato e le performance competitive ed economiche conseguite negli ultimi esercizi da ciascuna ASA.

Il terzo paragrafo espone le necessità e opportunità di un ripensamento strategico, esso illustra le ragioni che possono spingere al cambiamento della strategia. Questo può dipendere da ragioni interne, in cui la strategia attuale dimostra dei limiti ai fini del raggiungimento degli obiettivi aziendali oda ragioni esterne, in cui i cambiamenti ambientali mettono dinanzi all’azienda nuove minacce ed opportunità.

Il quarto paragrafo, il progetto strategico proposto, presenta la missione dell’impresa che permette di definire l’indirizzo di lungo termine che orienta il management nella progettazione delle strategie competitive e nella definizione degli interventi realizzativi. In questo paragrafo inoltre si definisce il modello di business da adottare per la realizzazione degli obiettivi. Questo richiede che si indichino la strategia di portafoglio, la strategia competitiva a livello ASA, i principali risultati attesi e la loro capacità di soddisfare le aspettative di ogni interlocutore aziendale. Infine, questa parte del piano si conclude con l’indicazione del fabbisogno di risorse, umane e finanziarie, necessarie alla realizzazione del piano.

Il quinto paragrafo, le azioni realizzative, descrive le azioni necessarie per la riduzione del gap tra strategia intenzionale e strategia realizzata. Le azioni realizzative è possibile dividerle nelle seguenti tre categorie:

1. Progetti di mutamento dell’assetto strategico: qui vengono rappresentati i progetti con i quali l’impresa intende modificare la composizione del portafoglio ASA o il proprio posizionamento in termini di struttura;

2. Progetti di incremento della produttività aziendale: qui si rappresentano i progetti con cui si vuole migliorare il rapporto tra il valore del sistema di prodotto percepito dal cliente e il costo degli input impiegati per realizzarlo;

3. Progetti di sviluppo dimensionale: qui il piano deve esporre le azioni previste per poter mettere in atto lo sviluppo dimensionale in quanto rappresenta un’altra essenziale direttrice di miglioramento delle performance di lungo periodo dell’impresa.

Infine, il paragrafo dovrebbe comprendere un prospetto di sintesi che riporti tutti i progetti avviati, sintetizzi i principali aspetti e permetta una valutazione complessiva in termini di fattibilità e portata.

(27)

61 Il sesto paragrafo, prospettive economiche- finanziarie, espone le prospettive poste alla base delle previsioni economiche- finanziarie, dei risultati del piano, dell’apprezzamento della convenienza e della sostenibilità finanziaria del piano e l’analisi di sensitività.

Il punto di partenza per lo sviluppo di un piano industriale è un’attenta analisi di mercato. L’impresa, per ogni ASA in cui opera, deve precisare l’ambito competitivo prescelto e comprendere l’ambiente esterno attraverso informazioni relative alle caratteristiche della domanda, della struttura distributiva, della concorrenza e dei fornitori. L’obiettivo è quello di capire e dimostrare che nell’ambiente in cui si vuole operare c’è uno spazio concreto che permetta il successo della nuova iniziativa. Si tratta di una fase molto delicata in cui si deve stimare la dimensione attuale e futura del mercato di riferimento poiché la realizzazione del progetto dipenderà dal fatto che esso sia abbastanza ampio e che cresca in futuro. La stima della domanda, richiede di effettuare una segmentazione del mercato in base ad una serie di fattori (geografici, socioeconomici, demografici, ecc.) che delineano le principali caratteristiche ed abitudini di acquisto del consumatore, questo permette di fare delle previsioni di vendita, da cui poi definire il fatturato atteso. Lo studio dei concorrenti deve chiarire quanti e quali sono, cosa fanno e quanta parte di mercato occupano, si deve comprendere come funziona la concorrenza, quali sono le loro strategie e le loro risorse al fine di identificarne i punti deboli e a studiare conseguentemente le strategie per conquistare fette di mercato. Le aziende su cui bisogna focalizzare l’attenzione sono la Leader, le aziende marginali, quelle simili dal punto di vista dimensionale e quelle appartenenti allo stesso raggruppamento strategico. Inoltre è utile fare delle comparazioni tra i diversi operatori condotte mediante tecniche quali il confronto a valori percentuale delle sintesi di bilancio (common size method) che consente di ottenere utili informazioni sui concorrenti individuando le principali differenze fra gli assetti economici e patrimoniali correlati a diverse impostazioni strategiche. Tale esame agevola inoltre la comprensione del comportamento dei rivali diretti e la prevedibilità delle loro future mosse.

L’analisi dei fornitori, è volta a precisare quanti sono (la concentrazione) e qual è l’importanza della loro fornitura per la propria attività, elementi che definiscono se la forza contrattuale propende più dalla parte del fornitore o dell’impresa.

A seguito dell’analisi di mercato, si devono definire le scelte strategiche. Esse vogliono definire le strategie di mercato a seguito dell’individuazione dei fattori critici di

Figura

Figura 6: Struttura tipica di Leveraged Buy Out con acquisto delle azioni della Target

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