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Academic year: 2021

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Conclusioni

Fra aristeuein e rito di passaggio: un’ambiguità ideologica

L’esame delle metanarrazioni iliadiche, relative agli anziani, ai giovani e agli dei, ha portato alla luce un immaginario simbolico articolato su due livelli semantici: un polo positivo, rappresentato dall’aristeuein e dall’ordine olimpico, e un polo negativo, rappresentato dall’iniziazione. Gli studi di Vidal-Naquet contribuiscono a dare a questa ambivalenza un primo ancoraggio storico: l’ordine guerriero e olimpico sarebbe una funzione della polis d’età storica, una sorta di modello ideale, rispetto al quale l’immaginario iniziatico si pone come

antimodello1. In questo senso il tempo epico, nella sua specificità di passato

metanarrativo, acquista il valore, sincronico, di marcatore di alterità ideologica. La conferma viene dalle strategie temporali di rimodellamento parenetico, messe in atto all’interno delle reminiscenze: la generale corrispondenza, fra alterità ideologica e alterità temporale, si manifesta in due opposte organizzazioni del tempo interno, direttamente legate all’esito del rito di passaggio. Il successo iniziatico si traduce in un’organizzazione temporale progressiva, evidente nelle reminiscenze senili: lo sviluppo della narrazione coincide con il superamento degli elementi iniziatici e con la progressiva integrazione in un’ideologia cavalleresca. Un esempio significativo è fornito dalla celebre reminiscenza di Nestore, relativa allo scontro fra Pilii ed Epei (XI 668-805): la razzia di bestiame, nota sotto il nome di boelasie (XI 671-84), si situa ad un livello temporale antecedente rispetto all’exploit guerriero vero e proprio (XI 738-61), collocato

esplicitamente nell’ottica dell’aristeuein2. Il fallimento del rito di passaggio si

traduce, viceversa, in un collasso sull’ideologia iniziatica, dimostrato dal tempo dei grandi padri: la vicenda metanarrativa di Meleagro si sviluppa chiaramente lungo tre anelli, segnati dal progressivo degrado eroico. Dall’atmosfera cavalleresca della guerra fra Cureti ed Etoli, si arretra alla dimensione iniziatica della caccia al cinghiale calidonio, fino a risalire al delitto di sangue, perpetrato da Meleagro contro lo zio materno: l’eroe appare gettato in uno stato di atimia irreversibile, che provoca l’implosione dei vari livelli l’uno sull’altro (cfr. IX 605).

1 Per l’ambivalenza fra il modello cavalleresco e il modello iniziatico, cfr. Vidal-Naquet 1981, pp. 73-153 della ed. it. (Roma 1988). Per l’ambivalenza fra disordine cosmico e ordine olimpico, cfr. ibidem, pp. 7-70.

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Il tempo degli dei fornisce esempi di entrambi i modelli. Le reminiscenze di Zeus mostrano senz’altro un andamento lineare: le lotte contro Oceano e Crono si traducono in una progressiva liberazione dall’endogamia, che trova la sua oggettivazione nel Catalogo delle amanti (XIV 315-28). Il percorso evolutivo del re degli dei appare direttamente proporzionale al percorso involutivo di Era, che riconferma, in occasione dei plurimi scontri con lo sposo, il ruolo soccombente di

simbolo matrilineare3.

Ambiguità metanarrativa e cronologia

Viene da domandarsi se, accanto alla funzione sincronica, il tempo epico non possa svolgere anche la funzione diacronica di operatore cronologico: in tal caso l’ambivalenza di valori, tra un polo di disordine iniziatico e un polo di ordine, guerriero e olimpico, potrebbe interpretarsi come l’indice di grande mutamento culturale, determinatosi storicamente con l’avvento della polis.

La priorità del livello iniziatico, sul livello cavalleresco, trova conferma negli studi di Jeanmaire e di Vidal-Naquet: entrambi hanno riscontrato tracce iniziatiche in alcune istituzioni attestate per la Grecia d’età storica, in particolare nelle pratiche di addestramento militare dei giovani, quali la criptia spartana e l’efebia ateniese. Pur inquadrate nell’ambiente civico, tali istituzioni mostrano una sorta di resistenza, che induce a interpretarle come retaggi di grandi quadri istituzionali

precedenti l’origine della polis4. Un’origine protostorica si riconosce nelle

cerimonie della Koureotis ateniese e del Platanistas spartano, di cui si trovano

echi nelle reminiscenze senili5. Se i grandi banchetti sacrificali, allestiti in onore

di Nestore, di Odisseo e di Fenice6, ci riportano alla tradizione dei banchetti

efebici, il platano di Aulide (II 307), sede del celebre prodigio, ci riporta, in modo trasparente, alla cerimonia del Platanistas.

Sia Jeanmaire che Vidal-Naquet danno per scontata l’anteriorità cronologica di tali istituzioni, ma non si preoccupano di una effettiva contestualizzazione

storica7. Come ipotesi di lavoro, si può scegliere di collocarle nell’Età Oscura

3 Cfr. XV 18-30, V 392-94.

4 Cfr. rispettivamente Jeanmaire 1939, pp. 338-589, Vidal-Naquet 1981, pp. 73-153 della ed. it. (Roma 1988) da cui si cita. 5 Per la Koureotis, cfr. Vidal-Naquet 1981, p. 114 della ed. it. (Roma 1988) da cui si cita. Per il Platanistas, cfr. Jeanmaire 1939, pp. 513-14; Brelich 1969, pp. 122-123 e 139-40.

6 Nestore e Odisseo: XI 772-79, Fenice: IX 466-69.

7 Naquet, tuttavia, si pone il problema dell’indagine diacronica a proposito dei riti d’iniziazione giovanil: Vidal-Naquet 1981, pp. 145-46 della ed. it. (Roma 1988) da cui si cita.

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(XII-X sec. a. C.8): tali istituzioni sono infatti incompatibili con la rigida organizzazione gerarchica, presupposta dalla civiltà palaziale micenea, mentre appaiono compatibili, se non congrue, con lo scenario di bande guerriere, che percorrevano la Grecia un lungo e in largo, a ridosso e subito dopo il crollo dei

Palazzi micenei9. La sequenza cronologica, iniziazione-istituzioni civiche trova

piena corrispondenza nell’articolazione del tempo metanarrativo: nella reminiscenza di Nestore, relativa allo scontro fra Pilii ed Epei, la successione

boelasie-aristeia rispecchierebbe, a detta di Vidal-Naquet, la tradizione ateniese di

una doppia efebia, a carattere, rispettivamente, iniziatico e civico10.

Un analogo radicamento protostorico si riscontra per l’immaginario dinastico, altra componente in cui si articola e si scompone la polivalenza del livello iniziatico. Come già osservava L. Gernet, autore di studi pionieristici sulla famiglia allargata nella Grecia antica, gli iniziandi, protagonisti del tempo metanarrativo, vanno incontro a dinamiche di adozione e di bando, di lutto e di vendetta di sangue, che trovano il loro corrispettivo in pratiche d’età storica,

marginalizzate rispetto alle istituzioni civiche11. Tali osservazioni inducevano

Gernet ad attribuire a queste dinamiche un radicamento protostorico, all’interno di un quadro antropologico, organizzato su criteri di parentela allargata e

matrilineare, che lo studioso francese rubricava nella categoria di joint-family12.

Il fondamento del retaggio matrilineare risiede nel rapporto privilegiato padre-figlia, di cui si è riscontrato un importante esempio omerico nella pratica del dono/dote (?), elargito dal padre della sposa. Nel tempo metanarrativo, Andromaca, sposa di Ettore, e Laotoe, sposa di Priamo, appaiono entrambe

portatrici di doni, riconducibili al retaggio di Alte, re dei Lelegi13. Gernet

riconosce un analogo fondo matrilineare in alcune pratiche d’età storica, quali l’epiclerato e la dote: entrambe appaiono, agli occhi dello studioso, reazioni

8 È questa l’ipotesi che trapela indirettamente dalle riflessioni di Vidal-Naquet sul rapporto fra riti iniziatici e riti di sepoltura: Vidal-Naquet 1981, p. 133 della ed. it. (Roma 1988) da cui si cita. Nella necropoli di Eretria, risalente al IX sec., si riscontra un’opposizione inumazione-cremazione, corrispondente alla polarità infanzia età-adulta: tale opposizione, funzionalizzata in direzione iniziatica, può aver assunto un significato solo dopo l’introduzione della cremazione in ambiente greco, ovvero dopo il crollo della civiltà micenea.

9 Condivido in ultima analisi l’ipotesi di Finley, che è portato a collocare l’intero fondo di civiltà del poema iliadico nell’Età Oscura. Cfr. Finley 1954, pp. 27-28 della ed. it. (Casale Monferrato 1992) da cui si cita e Finley 1970, pp. 114-15 della ed. it. (Bari 1972) da cui si cita.

10 Vidal-Naquet 1981, p. 112 della ed. it. (Roma 1988) da cui si cita. L’efebia civica comincia a diciotto anni e si conclude a venti, con l’assunzione nel corpus oplitico: ibidem, p. 136. L’altra efebia comincia a sedici anni, con la presentazione alla fratria durante la festa delle Apaturie. È questa precoce efebia a conservare in massima parte il carattere iniziatico, come dimostrano gli elementi mitico-rituali: la presentazione degli efebi avveniva nel giorno della koureotis ed aveva il proprio corrispettivo mitico nello scontro fra Xanto e Melanto (ibidem p. 137).

11 Gernet 1997, pp. 42-45, 107-32.

12 Il modello analogico è quello della zadruga slava: Gernet 1997, p. 69. 13 Per Andromaca poluvdwroı, cfr. VI 394 e XXII 88. Per Laotoe, cfr. XXII 51.

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conservatrici al regime di endogamia civica, imposto dalla polis, con la chiara funzione di spezzare i rapporti di alleanza matrimoniale fra i grandi lignaggi

aristocratici del mondo greco14. Se l’epiclerato garantisce la perpetuazione

dell’oikos in una situazione di crisi degli scambi15, l’istituzione dotale, estremo

retaggio del dono nuziale omerico, lega la sposa alla famiglia d’origine, conferendo alla dazione matrimoniale (ekdosis) un carattere di intrinseca reversibilità16.

Analoghe osservazioni valgono per adozione e fosterage, di cui si è verificata la ricorrenza sistematica nel tempo dei padri e dei figli: Bellerofonte e Tideo

vengono adottati dai rispettivi suoceri17; Diomede, Tlepolemo ed Enea

trascorrono, presso i rispettivi avi materni, un periodo di fosterage, destinato a tradursi, per Diomede, nelle nozze endogamiche con la zia materna Egialea (V

410-1518). Gernet riscontrava analoghe pratiche nel regime matrimoniale dei

tiranni greci: l’isolamento e l’anomalia, che li caratterizza nella percezione comune dell’età storica, suffraga l’ipotesi di un atteggiamento conservatore

rispetto a consuetudini matrimoniali protostoriche19.

Il bando del criminale familiare, esplicitamente riconosciuto da Gernet nella vicenda iliadica di Fenice, ricorre in modo sistematico nelle reminiscenze: appare, per lo più, l’esito di un delitto di sangue, che colpisce in modo privilegiato il

capofamiglia, con l’ovvia finalità della detronizzazione20. Accanto al caso di

Fenice (IX 465-80), spiccano quelli di Meleagro (IX 552-85), fra i grandi padri, e di Tlepolemo, tra i figli (II 661-65): nei primi due casi, il bando si associa

addirittura, in modo esplicito, alla maledizione21. Altri personaggi, quali Tideo e

Bellerofonte, Peleo e Priamo, Eracle, figurano come esuli, quindi gettati in uno

stato di atimia che presuppone, a monte, le medesime dinamiche22. Gernet osserva

a più riprese, nel corso dei suoi studi, che l’immaginario del criminale familiare si ritrova in alcuni supplizi capitali d’età storica, quali l’apotumpanismos, che, per il

14 Gernet 1997, p. 115.

15 Cfr. Gernet 1997, pp. 110-11, Vernant 1965, pp. 171-72 della ed. it. (Torino 1978) da cui si cita. L’epiclerato, strettamente legato all’adozione del genero, non gode, in età storica, di una vera e propria dignità giuridica; attestato per illustri eccezioni, ad esempio per la madre dell’oratore Demostene, appare destinato a suscitare sentimenti di resistenza crescente, come dimostra la commedia menandrea Aspis.

16 Gernet 1997, pp. 117 e 132; Vernant 1974b, p. 51 della ed. it. (Torino 1978) da cui si cita. Per l’analogia fra dono nuziale e istituzione dotale, cfr. Scheid-Tissinier 1994, pp. 104-06.

17 Bellerofonte: VI 192; Tideo: XIV 121-22.

18 Diomede: V 410-15, VI 224; Tlepolemo: II 661-63; Enea: XIII 427-33, 463-66. 19 Gernet 1954, pp. 286-99 della ed. it. (Milano 1983) da cui si cita.

20 Gernet 1997, p. 81, n. 9.

21 Fenice: IX 454-57; Meleagro: 566-71.

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loro carattere di giustizia sommaria, sembrano attingere ad una dimensione pregiuridica23.

Analoghe osservazioni valgono per la vendetta di sangue, chiaramente attestata, come misura punitiva, nei confronti di Tlepolemo, responsabile di aver ucciso Licimnio, zio materno del padre Eracle (II 665-66). Come osserva lo stesso Gernet, le leggi di Draconte, finalizzate a regolamentare la vendetta di sangue, esprimono il tentativo, da parte delle istituzioni civiche nascenti, di irregimentare

fenomeni di giustizia sommaria, largamente pregiuridici24. Nella medesima

categoria rientrano le procedure di episkepsis e di prorrhesis, ingiunzioni del morente alla vendetta di sangue, pena la maledizione condizionale, di cui si ritrovano due importanti esempi nei casi di Sarpedone (XVI 498-500) e di

Patroclo (XVIII 178-8025). La stessa legge di Solone, finalizzata a contenere gli

eccessi del lutto aristocratico, sembra nascere da un’istanza di controllo civico rispetto a fenomeni di solidarietà familiare totalizzante, come quella che si

riscontra fra Achille e Patroclo e, in modi diversi, fra Priamo ed Ettore26.

Questa panoramica consente di concludere che le dinamiche di crisi dinastica, testimoniate nelle reminiscenze, si radichino in un’epoca precedente l’avvento della polis e, quindi, necessariamente protostorica. La microstoria genealogica di Tlepolemo, illustrata nel Catalogo delle Navi, fornisce una specifica conferma della sequenza cronologica joint-family - polis: partito dal continente come esule-omicida, per sfuggire alla vendetta di sangue dei figli e nipoti di Eracle, si installa a Rodi, dove dà origine ad un’organizzazione tripartita, sul modello delle phulai civiche (II 658-70). Anche in questo caso i rapporti, di priorità cronologica e di reciproca derivazione, appaiono verificati: Gernet postulava che phulai, fratrie e

gene d’età storica costituissero l’eredità, profondamente trasformata, delle grandi

formazioni protostoriche riconducibili al modello della joint-family27. Il tempo

metanarrativo si fa dunque testimonianza cristallizzata di un mutamento, storicamente determinato, che avrebbe portato alla progressiva integrazione di remote pratiche familiari nell’edificio onnicomprensivo della polis. In riferimento al modello antropologico della joint-family, Gernet ipotizza un ancoraggio

23 Gernet 1924 e 1936, rispettivamente pp. 251-74 e 239-50 della ed. it. (Milano 1983) da cui si cita. 24 Gernet 1997, p. 45.

25 Per le procedure di prorrhesis e di episkepsis, cfr. Gernet 1951a, rispettivamente pp. 188 e 192 della ed. it. (Milano 1983) da cui di cita

26 Si noti la condanna degli eccessi di lutto e vendetta di sangue, pronunciata da Apollo (XXIV 46-49) e da Aiace (IX 632-36), in riferimento al caso di Achille e Patroclo. Si noti ancora il divieto di compianto, pronunciato da Priamo, in occasione delle esequie di Ettore (XXIV 715-17).

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nell’Età Oscura, del tutto compatibile con le ipotesi avanzate per l’immaginario iniziatico: la simultaneità cronologica, tra il livello dinastico e il livello iniziatico, conferma il rapporto di integrazione polivalente, riscontrata nel tempo metanarrativo, ribadendone chiaramente la funzione diacronica.

Fra crisi iniziatica e crisi dinastica: un’ambiguità di secondo grado

All’interno delle reminiscenze è tuttavia possibile rintracciare un’ulteriore ambiguità ideologica, un’ambiguità per così dire di secondo grado, corrispondente alla dialettica crisi iniziatica-crisi dinastica. Pur risultando profondamente coincidenti, i due livelli mostrano una sorta di tensione, di polarità: una disamina del tempo metanarrativo mostra con chiarezza che il livello dinastico subisce una censura molto più profonda e radicale, rispetto al livello iniziatico.

L’osservazione trova una prima verifica nel tempo degli anziani: se la devianza della crisi iniziatica è relativa, la devianza della crisi dinastica è totale, assoluta: una potente censura agisce sull’omicidio familiare, fino a rendere irriconoscibili i rapporti di parentela, fra vittima e carnefice, che possono essere

ricostruiti solo a posteriori28. Il caso di Fenice risulta, in questo senso,

significativo: il delitto di sangue, perpetrato nei confronti del padre Amintore, è oggetto di una censura che agisce sia sul testo, sia sulla tradizione del testo. I versi relativi all’omicidio (IX 458-61) non solo riducono l’atto a mera possibilità, ma sono addirittura assenti nella tradizione manoscritta: l’integrazione nel testo avvenne alla fine del Settecento, ad opera di Wolf, che li riconobbe, all’interno dei

Moralia di Plutarco (Plut. Mor. 26), come citazione omerica29.

In conformità con il principio di corrispondenza fra arretramento ideologico e arretramento temporale, il livello dinastico è confinato in un tempo precedente rispetto a quello iniziatico. La reminiscenza di Nestore, relativa allo scontro fra Pilii ed Arcadi (VII 124-60), fornisce, a questo proposito, un efficace esempio. La figura avunculare di Licurgo, carica di allusioni alla licantropia rituale arcadica, è confinata ad un livello temporale più remoto rispetto a quella del gigante

28 In Il. I 254-84 il tema dell’omicidio familiare è attribuito integralmente a Piritoo e i Lapiti. In XI 656-805, possiamo identificare due personaggi schermo, rappresentati da Mulio e da Eracle. Mulio (XI 739) funge da controfigura dei Molionidi e del loro emissario Augia, tutti e tre parenti di Nestore. L’uso di un solo personaggio schermo consente di trasformare un triplice omicido familiare in un duello cavalleresco. Un’analoga funzione ha il personaggio di Eracle (XI 690-93): la condizione di unico sopravvissuto alla strage dei Neleidi suggerisce, a contrario, un rapporto latente con l’omicidio familiare. In Il. XXIII 626-50 tutti gli avversari di Nestore sono associati al motivo dell’omicidio familiare, alternativamente come vittime o carnefici: Anceo, figlio di Licurgo, Ifito ecc.. Nelle reminescenze di Odisseo funzione di personaggi-schermo rivestono Antenore, Antimaco e Priamo. Antimaco è schermo di Antenore, Antenore lo è di Priamo; Priamo lo è a sua volta di Tindareo. L’uso di tre personaggi-schermo (Antenore, Antimaco e soprattutto Priamo) consente di deviare l’aggressività dei pretendenti di Elena nei confronti del suocero Tindareo.

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Ereutalione, avversario diretto dell’eroe pilio. Ereutalione, a sua volta, intrattiene con Licurgo un rapporto iniziatico, fondato sulla gerarchia biologica: la rappresentazione senile di Licurgo, unita all’arretramento temporale, può considerarsi una strategia di rimodellamento parenetico, funzionale ad occultare

l’atmosfera di delitto di sangue che lega ambiguamente Nestore a Licurgo30.

Le osservazioni relative al tempo degli anziani trovano una conferma a

contrario nel tempo dei padri e dei figli. L’insuccesso iniziatico dei padri

determina un collasso dei vari livelli temporali, che sospinge il motivo dinastico in superficie: rispetto al tempo degli anziani, i rapporti, fra livello dinastico e livello iniziatico, appaiono invertiti a tutto vantaggio del primo. La devianza, connaturata al tempo dei grandi padri, spiega i rapporti di temporalità relativa rispetto al tempo degli anziani: le imprese dei primi si collocano sistematicamente in un tempo anteriore, non solo a quello dei figli, com’è ovvio, ma anche a quello degli anziani, di cui costituiscono la generazione antecedente. Salvo Priamo, in effetti, i grandi padri non hanno parte attiva nell’azione principale del poema: figurano, semmai, all’interno delle reminiscenze senili, come fautori di delitti di sangue, collocati sistematicamente negli anelli temporali più remoti. Nella grande reminiscenza, relativa allo scontro fra Pilii ed Epei, la responsabilità di Nestore, nella strage dei Neleidi, è attribuita ad Eracle (XI 690-93) e confinata in un livello temporale ben più remoto rispetto a quello della boelasie, il grande exploit iniziatico attribuito direttamente all’eroe pilio. Un’analoga relazione temporale si stabilisce tra Fenice e Meleagro: l’inverso esito delle due vicende, positivo per l’uno, negativo per l’altro, si traduce nell’arretramento temporale della vicenda di Meleagro; è lo stesso Fenice a ricordare l’eroe etolico, collocandolo esplicitamente in un tempo anteriore al proprio (IX 524-25).

La funzione specifica dei grandi padri, rispetto agli anziani, è quella di schermi temporali: questo ruolo si riconosce con chiarezza per Peleo, legato, attraverso il filone metanarrativo delle nozze con Teti, all’immaginario della paternità infelice e dell’insuccesso genealogico. Nella memoria degli anziani il soggiorno presso Peleo assume di frequente il carattere di un’esperienza iniziatica. Fenice, accolto stabilmente a Ftia, si riscatta dalla condizione di esule-omicida (IX 480-84) e viene abilitato da Peleo al rango di guida iniziatica di Achille, in occasione della spedizione antitroiana (IX 438-43). La missione a Ftia, condotta

30 Licurgo, esplicitamente qualificato come geron, nomina Ereutalione suo therapon, cedendogli in eredità i suoi bottini di guerra (VII 148-49).

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da Nestore e da Odisseo, s’inquadra nella medesima ottica: il ruolo iniziatico, svolto nei confronti di Achille e di Patroclo, sancisce una sorta di promozione di

rango, conseguente al superamento di un rito di passaggio31. Il grande banchetto

sacrificale, allestito da Peleo in onore dei visitatori (XI 772-79), richiama, in effetti, il banchetto offerto dai padri degli efebi nel terzo giorno delle Apaturie

ateniesi32. La prova iniziatica può identificarsi, a sua volta, con la serie di recite

genealogiche che Nestore ricorda di aver pronunciato, su richiesta di Peleo, nella medesima circostanza (VII 126-31). Il ruolo di esaminatore conferisce a quest’ultimo l’autorità di un “maître de parenté”, detentore di una memoria genealogica che, attestandone l’anzianità, lo confina nell’immaginario della crisi dinastica.

Il tempo dei figli, Diomede, Achille, Tlepolemo ecc., è parimenti un tempo di crisi dinastica, risolta però in direzione simmetrica rispetto ai padri: la censura temporale si realizza, non già, attraverso l’arretramento in un remoto passato, bensì attraverso la proiezione in un tempo futuro, dominato dall’ideologia cavalleresca dell’aristeuein. In particolare la vocazione al fallimento genealogico si maschera nella vocazione alla morte prematura, consustanziale all’ideale del

kleos. Ippoloco e Peleo raccomandano ai rispettivi figli, Glauco e Achille, di aien aristeuein kai hupeirochon emmenai allon33. Tlepolemo, rappresentato esplicitamente come esule-omicida, va incontro, a Rodi, ad una sorta di riscatto

che gli consente una morte da aristeus34. Dione, nel momento in cui prefigura

chiaramente la vocazione endogamica di Diomede, lo rappresenta come aristos

Achaion (V 410-15). Pandaro, legato, attraverso il padre Licaone, all’immaginario

della licantropia rituale arcadica, pronuncia una palinodia dell’uso dell’arco che conferma, per denegazione, il punto di vista dell’aristeuein (V 180-216).

Un’analoga censura temporale si riscontra per il tempo degli dei. Si noterà che nel tempo divino il tema dinastico viene totalmente allo scoperto: le lotte sull’Olimpo sono rappresentate, esplicitamente come conflitti inter e intra-generazionali, tra padre e figlio, tra fratelli, ecc.. In questo caso il fattore censorio va identificato nell’alterità ontologica degli dei, unito ad un ulteriore arretramento temporale rispetto al tempo dei grandi padri. Ne dà evidente dimostrazione il caso di Eracle: il sommo capostipite delle generazioni eroiche figura, nel tempo divino,

31 XI 765-91, IX 252-59.

32 Cfr. Gernet 1951a, p. 155 della ed. it. (Milano 1983) da cui si cita. 33 VI 208, XI 784.

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come figlio di Zeus35, e oggetto del fosterage di Era (V 392-94). L’arretramento genealogico consente a Zeus di detronizzare il padre e di sposare la sorella, così come consente a quest’ultima di perseverare nell’immaginario esecrabile della vendetta di sangue e dell’omofagia.

Il tempo metanarrativo si organizza dunque, su grande scala, secondo una sequenza genealogica che, partendo dal tempo degli dei, passa attraverso il tempo dei grandi padri, poi degli anziani, per arrivare al tempo dei giovani. A questa progressione temporale coincide una progressione ideologica dal livello dinastico, degli dei e dei grandi padri, al livello cavalleresco dei giovani, passando per il livello iniziatico degli anziani. La collocazione genealogica intermedia, dei grandi padri e degli anziani, spiega perfettamente l’ambivalenza ideologica e temporale che li caratterizza in modo privilegiato. Se un capostipite eroico come Eracle svolge una specifica funzione mediatrice fra il tempo degli dei e il tempo dei grandi padri, gli anziani svolgono un’analoga funzione fra il tempo dei grandi padri e il tempo dei figli. Sono proprio gli anziani, Nestore, Fenice e Odisseo, a fare da ponte fra il kratos di Diomede e di Achille e la basileia di Agamennone,

assunto a figura dell’autorità paterna, rispettivamente, di Tideo e di Peleo36. Al

compromesso ideologico corrisponde il compromesso temporale: Eracle è, appunto figlio di Zeus; Nestore appare sospeso fra tre generazioni di uomini (I 250-52), Odisseo, vecchio ancora fresco (homogeron XXIII 790-92), colloca la propria vicenda eroica in un continuum temporale che va dalla giovinezza alla vecchiaia (XIV 85-86). Un particolarissimo ruolo di ponte temporale spetta a Priamo: soltanto lui è investito, all’interno delle reminiscenze, del doppio statuto di anziano e di”grande padre”. Se la reminiscenza guerriera, relativa allo scontro con le Amazzoni (III 184-90), conferisce alla sua anzianità il carattere di maturità iniziatica, le plurime reminiscenze genealogiche lo collocano in un immaginario fallimentare, che conferisce alla sua anzianità il ruolo di ostacolo endogamico alle aspirazioni dinastiche del figlio Ettore. La valorizzazione del rapporto con Ettore, giocata interamente sul tema della paternità infelice, riprende e sviluppa precisamente questo aspetto perdente della paternità di Priamo, rendendolo l’unico grande padre dotato di parte attiva all’interno del poema.

35 Cfr. in particolare XIV 324.

36 Cfr. i diversi ruoli rivestiti da Nestore, da Fenice e da Odisseo, in occasione dell’ambasceria ad Achille: se il primo ne è l’ispiratore, i secondi ne sono gli esecutori, nominati, al fianco di Aiace, dallo stesso Nestore (IX 165-72). Per il ruolo mediatore di Nestore, nella contese di Agamennone, con Achille e con Diomede, cfr. rispettivamente I 277-84 e IX 54-78.

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Ambiguità di secondo grado e cronologia

La forte censura temporale, nei confronti della crisi dinastica, ammette almeno due livelli di spiegazione. Da un punto di vista sincronico, la censura si spiega come effetto di una rimozione, da parte dei fruitori d’età arcaica, interessati a costruire un’identità esogamica coerente con i nuovi istituti della polis: in questo senso il tempo epico riconferma la propria funzione di marcatore di alterità.

Il maggiore arretramento temporale del livello dinastico, rispetto al livello iniziatico, si può interpretare, a sua volta, in chiave diacronica, come l’indice di un ricambio di valori dalla sfera dinastica alla sfera iniziatica, avvenuto verisimilmente in epoca protostorica. L’ipotesi richiede che siano verificate due condizioni: da una parte la priorità cronologica del livello dinastico sul livello iniziatico, dall’altra la derivazione del secondo dal primo. Le due premesse si trovano simultaneamente verificate dalle osservazioni di L. Gernet sul lessico di parentela nei poemi omerici: i termini di relazione militare e quelli relativi ad istituzioni o raggruppamenti guerrieri, derivano in buona parte dalla

risemantizzazione di termini familiari37. Questi ultimi appaiono a loro volta

sufficientemente isolati per essere considerati residui di uno strato culturale remoto. L’ipotesi generale, di una derivazione del livello iniziatico dal livello dinastico, può essere ulteriormente specificata: il rito di passaggio sarebbe la canalizzazione socialmente accettabile dei violenti conflitti dinastici che scuotevano il gruppo familiare largo. Il mutamento culturale sarebbe in linea con un più ampio mutamento storico-antropologico, che Gernet identifica nel passaggio da forme di società, organizzate sul modello della joint-family, a forme di società fortemente militarizzate. Lo studioso inquadra storicamente il processo nell’Età Oscura (XI sec. ca.) e lo fa coincidere con l’invasione di popoli guerrieri (i Dori della tradizione mitologica), che avrebbero spezzato le antiche solidarietà familiari a favore di rapporti militari. A loro va ascritta la polverizzazione dell’antica proprietà terriera, fondo comune della joint-family: i capi l’avrebbero suddivisa in lotti e spartita per creare rapporti di vassallaggio fra i membri delle

bande guerriere38.

37 Il lessico di relazione militare manifesta un retaggio familiare; cfr. Gernet 1997, pp. 25-27 per ojpavwn e qeravpwn, pp. 43-45 e 70-71 per eJtai`roıÉ e[tai. A questo dato si aggiunge la trasposizione nel contesto guerriero di obblighi familiari (Gernet 1997, pp. 70-71), esemplificata dall’ira vendicatrice di Achille per la morte di Patroclo e dalla necessità di recuperare i cadaveri di eroi morti in battaglia (Sarpedone, XVI 453-684, Patroclo, XVII 700-46, XXIII, Ettore, XXIV 33-37, 552-58, 664-67, 690-804).

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Le reminiscenze attesterebbero pertanto un doppio mutamento culturale, dall’eroismo dinastico a quello iniziatico, dall’eroismo iniziatico a quello cavalleresco, che si rispecchia nelle relazioni reciproche tra le varie tipologie temporali (dei, grandi padri, anziani, giovani). La diversa proporzione fra l’aristeuein e il livello iniziatico, e tra quest’ultimo e il livello dinastico, testimonia una diversità nel processo di aggiornamento culturale delle saghe protostoriche, confluite nel poema monumentale sotto forma di reminiscenze.

Il maggiore tasso di elementi, in senso lato, iniziatici, attesta in primo luogo una fase di isolamento culturale, che riguarda, indifferentemente, tutte le reminiscenze: fra tempo degli dei, tempo dei grandi padri, tempo degli anziani, tempo dei giovani, si riscontra un’uniformità contenutistica che fa perno sulla nozione di rito di passaggio. Si può dunque ipotizzare una prima biforcazione nel processo di trasmissione orale dei poemi, tra la saga iliadica principale e le saghe epicoriche attestate dalle reminiscenze. Questa interruzione, nel processo di trasmissione unitaria delle saghe epiche, va senz’altro ascritta all’epoca sub-micenea: è proprio a ridosso del crollo dei Palazzi che l’archeologia attesta una prima migrazione in area microasiatica, a cui si può far corrispondere

l’elaborazione di un’embrionale saga iliadica39. In questa fase, le saghe eroiche e

teogoniche restano confinate nella Grecia continentale, dove assorbono e rifrangono i grandi capovolgimenti indotti dalle migrazioni di bande nomadi a vocazione guerriera. È a questo punto che si deve postulare un’ulteriore separazione: se le saghe teogoniche si mostrano conservatrici di dinamiche familiari, pre e protostoriche, legate alla joint-family, le saghe eroiche innovano, assorbendo elementi guerrieri, che trasfigurano la crisi dinastica nella forma canalizzata del rito di passaggio. La separazione si compie, ovviamente, sul piano spaziale: l’ipotesi di Murray, di una priorità cronologica di un Olimpo arcadico, appare pienamente coerente con le ipotesi linguistiche che identificano l’area

dialettale arcadico-cipriota come quella, in assoluto, più conservatrice40. Le saghe

eroiche sembrano invece in movimento: le saghe dei grandi padri presuppongono grandi migrazioni fra Argo e la Licia, e, all’interno di un’area linguistica eolica,

fra la Tessaglia e le coste troiane41. È a questo punto che si deve ipotizzare

39 Cfr. Finley 1970, p. 104 della ed. it. (Bari 1972) da cui si cita; Mossé - Schnapp-Gourbeillon 1997, p. 112, 114. Per le radici protostoriche dell’epos ionico, cfr. Di Donato 1999b, p. 115.

40 Murray 1925, p. 45 della ed. (London 1946) da cui si cita. Per l’isola linguistica arcadico-cipriota e i suoi rapporti con l’epos, cfr. Di Donato 1999b, p. 115.

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un’ulteriore biforcazione: le saghe dei grandi padri restano confinate in ambiente eolico, le saghe degli anziani subiscono una migrazione, verso l’area ionica, che le

porta al primo contatto con la saga iliadica42. È questo, per eccellenza, il caso

della saga di Nestore, come dimostra la tradizione di una migrazione di Neleidi in Ionia43.

Ha inizio, a questo punto, alle soglie dell’Età del Ferro, il processo di risemantizzazione delle saghe protostoriche nel poema monumentale: le saghe di Nestore, di Fenice, di Odisseo, sono, da una parte, inquadrate in una cornice cavalleresca, dall’altra censurate, attraverso la forma temporale dello sdoppiamento. Nestore, Odisseo, ecc., giovani protagonisti di racconti iniziatici di caccia e razzia, sono inseriti nel poema, mediante il filtro della metanarrazione, e sdoppiati in altrettanti personaggi anziani. La dialettica identità-alterità, interna a queste figure epiche, è dimostrata dal fatto che siano di frequente gli stessi

personaggi, rappresentati in veste di anziani, a rievocare il loro passato44. La

strategia di sdoppiamento, con tutte le sue implicazioni di censura, rimonta ovviamente all’età storica: la propensione degli anziani a parlare in prima persona, con tratti linguistici spesso innovativi, suggerisce un’identificazione con gli aedi dell’epoca arcaica. Il processo è mostrato con chiara evidenza da Fenice, investito del ruolo di cantare i klea andron di Meleagro (IX 524-25). La sua reminiscenza è inoltre caratterizzata da una tessitura inestricabile fra elementi linguistici isolati, e

presumibilmente antichi45, ed elementi recenti, rubricabili, per lo più, nella sfera

del lessico moralistico esiodeo. Significativa appare, a questo proposito, la celebre allegoria delle Litai (IX 496-523), confrontabile con la condanna moralistica,

pronunciata da Nestore in riferimento agli Epei46.

Il processo di integrazione nell’epopea iliadica avviene più tardi per le saghe dei grandi padri. La netta prevalenza del motivo dinastico produce, negli aedi d’età storica, l’impressione di una maggiore alterità, rispetto alle saghe degli anziani, che si traduce in una duplice strategia di rimodellamento temporale. I protagonisti delle saghe iniziatiche fallimentari sono arretrati di una generazione rispetto agli anziani e sdoppiati in una serie di figure giovanili, che ne riproducono

42 L’archeologia attesta un importante flusso migratorio verso l’Asia Minore fra XI e X sec. a. C; cfr. Finley 1970, pp. 104-05 della ed. it. (Bari 1972) da cui si cita.

43 Cfr. Brillante 1981, p. 74.

44 Cfr. il caso di Nestore: le reminiscenze che lo riguardano sono tutte autobiografiche (I 247-84, VII 124-60, XI 676-805, XXIII 626-50).

45 Cfr. clouvnhn (IX 539), epiteto attribuito al cinghiale calidonio; cfr. ancora il participio e[qwn (IX 540), in riferimento all’azione devastatrice del cinghiale.

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la sorte fallimentare come discendenti. Il processo di alienazione, subito da queste figure epiche, è molto forte: non c’è più unità di persona epica fra gli eroi protostorici e i loro doppi; il rapporto di discendenza marca al contempo continuità e alterità. Le figure giovanili di Diomede, di Achille, di Ettore, appaiono dunque molto antiche, per alcuni aspetti, assai recenti per altre: è nota l’ipotesi di un inserimento tardivo di Diomede nella saga iliadica. Le figure giovanili si fanno precorritrici, in particolare, dei mutamenti incipienti nella polis d’età arcaica. La vocazione al kleos, proiettata nel futuro, come maschera di un fallimento dinastico, simboleggia l’inizio di una rivisitazione a posteriori delle forme epiche, che prelude all’esaurimento della fase specificamente creativa. Cantando la propria morte, i guerrieri diventano figure della crisi dell’eroe iliadico

e del canto epico che l’ha celebrato47.

Questo processo di biforcazione, fra passato remoto e futuro recente, si approfondisce nel tempo degli dei. Il carattere fortemente conservativo dei cataloghi teogonici, affini ai cataloghi esiodei, nati in ambiente beotico, induce a postulare un’integrazione tarda nella materia iliadica, accompagnata ad un’intensa percezione di alterità. Di qui l’esigenza di arretrare le figure divine in un passato prototipico e, al contempo, di proiettarle nel futuro come doppi moralizzati. Evidente è il caso di Zeus: da criminale familiare, il dio si trasforma, tra il presente narrativo e il futuro, in garante di un nuovo ordine olimpico, che finisce per minare i presupposti stessi dell’aristeuein, caratterizzato da un ampio sconfinamento fra uomini e dei. Significativa è, a questo proposito, la prolessi narrativa, riguardante la distruzione del muro degli Achei, attraverso l’azione congiunta di Zeus, di Poseidone e di Apollo: l’annientamento di un’intera stirpe di semidei, identificata con gli stessi guerrieri iliadici, è motivata da un pervertimento sacrificale (XII 1-33). In questa immagine si condensano gli estremi esiti del mutamento storico-religioso, indotto dall’avvento della polis: la neutralizzazione della funzione guerriera, nello spazio ordinato della città, si accompagna alla definitiva separazione tra uomini e dei, sancita dal sacrificio

prometeico48.

47 Cfr. in particolare i casi di Ettore (VI 459-65, VII 86-91) e di Achille (IX 410-16).

48 Per l’assorbimento della funzione guerriera, da parte della città, cfr. Vernant 1974b, p. 35; per il sacrificio prometeico, cfr. ibidem, pp. 173-91.

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