IGNAZIO ZINGALES
MISURE TEMPORANEE ED URGENTI E VERIFICA DELLA COMPETENZA TERRITORIALE NEL GIUDIZIO DI SEPARAZIONE DEI CONIUGI
SOMMARIO: 1.-‐ Premessa 2.-‐ Questione di competenza territoriale e relativa pronunzia: il regime 3.-‐ Questione di competenza territoriale e possibilità di emanare i provvedimenti temporanei ed urgenti ex art. 708, terzo comma, c.p.c.: le tesi in campo 4.-‐ Segue. La difficile ricostruzione del sistema.
1. Premessa
In materia di separazione dei coniugi, potrebbe il presidente del tribunale, in sede di adozione delle misure temporanee ed urgenti di cui all’art. 708 c.p.c., decidere su una eventuale questione di competenza territoriale del giudice adito?
E, qualora ritenesse violate le norme regolatrici della competenza territoriale, avrebbe, ciò nonostante, il dovere di emanare detti provvedimenti temporanei ed urgenti o dovrebbe astenersi dalla pronunzia di dette misure?
In altri termini, sul concreto sviluppo del modulo procedimentale delineato dal codice di rito potrebbe incidere, ed eventualmente in che modo, il sorgere, in capo al presidente, di un dubbio circa la competenza del giudice adito?
A queste domande si tenta di dare una risposta attraverso le brevi riflessioni che seguono.
Già da ora può, però, evidenziarsi che l’assoluto silenzio serbato dal legislatore nella materia de qua non consente di pervenire ad una ricostruzione del sistema priva di profili problematici. Un silenzio, tanto prolungato quanto incomprensibile, che investe la delicatissima fase della regolazione e composizione, antecedentemente alla emanazione della sentenza di separazione, degli interessi dei componenti della famiglia e che lascia in balia delle soluzioni di volta in volta adottate dalla giurisprudenza un campo in cui possono venire in rilievo anche interessi primari di soggetti deboli (quali i minori)1.
2. Questione di competenza territoriale e relativa pronunzia: il regime.
L’art. 706, primo comma, c.p.c. stabilisce che la domanda di separazione personale va proposta, con ricorso (che deve contenere l'esposizione dei fatti sui quali la domanda è fondata), al tribunale del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio.
Nel caso in cui il coniuge convenuto sia residente all'estero, o risulti irreperibile, la domanda va, invece, proposta, a mente del secondo comma dell’art.
1 Il lavoro che segue riproduce quanto da me affermato in Poteri presidenziali nel giudizio di separazione dei coniugi e verifica della competenza territoriale, in corso di pubblicazione in Dir.
giur. comm., 2013. Molte delle considerazioni svolte sono, inoltre, contenute in un altro mio lavoro, dal titolo Questione di competenza territoriale nel giudizio di separazione dei coniugi e provvedimenti presidenziali ex art. 708 c.p.c., in corso di pubblicazione in Dir. fam. pers..
706, al tribunale del luogo di residenza o di domicilio del ricorrente, e, se anche questi è residente all'estero, a qualunque tribunale della Repubblica.
Messo in evidenza il regime riguardante l’individuazione del giudice territorialmente competente in materia di separazione personale dei coniugi, occorre subito chiedersi se una eventuale questione di competenza territoriale possa essere risolta già dal presidente nell’ambito di quel segmento procedimentale che si svolge dinanzi a lui e che sfocia nella conciliazione o nella emanazione dei provvedimenti temporanei ed urgenti ex art. 708, terzo comma, c.p.c.; provvedimenti volti, come è noto, ad individuare -‐ antecedentemente alla emanazione della pronunzia che definisce il processo -‐ il regime di separazione riguardante i rapporti tra i genitori e tra i genitori ed i figli, e, dunque, ad impedire che, nell’attesa di detta definizione, tali soggetti possano vedere pregiudicati i propri diversi interessi2 (si pensi, ad esempio, alle misure riguardanti l’affidamento ed il mantenimento della prole, l’assegnazione della casa familiare, i rapporti patrimoniali tra i coniugi).
Al fine di rispondere all’interrogativo, è necessario delineare, sia pur rapidamente, detto segmento procedimentale e quello successivo che, invece, si apre e si svolge dinanzi al giudice istruttore.
Il primo periodo del terzo comma dell’art. 706 c.p.c. prevede che, presentata la domanda di separazione, il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito in
2 Osserva CARRATTA A., sub art. 708 c.p.c., in Le recenti riforme del processo civile, Commentario diretto da CHIARLONI S., Bologna, 2007, 1496: “Nel caso dell’art. 708, 3° co., c.p.c. e dell’art. 4, 8°
co., l. div.,…ci troviamo in presenza di misure emesse dal presidente del tribunale a seguito di un sub-‐procedimento collegato con un procedimento contenzioso principale (il giudizio di separazione o di divorzio); misure distinte da quest’ultimo e tuttavia incidenti sulla medesima situazione giuridica sostanziale, le quali producono effetti provvisori di salvaguardia degli interessi coinvolti (dei coniugi e della prole) durante il periodo necessario per la pronuncia della sentenza di separazione o di divorzio e possono – ma solo eventualmente ed occasionalmente – rivelarsi anticipatori del contenuto di quest’ultima”.
cancelleria, fissa con decreto la data dell'udienza di comparizione dei coniugi davanti a sé (udienza che deve essere tenuta entro novanta giorni dal deposito del ricorso), il termine per la notificazione del ricorso e del decreto, ed il termine entro cui il coniuge convenuto può depositare una memoria difensiva ed eventuali documenti.
All’udienza dinanzi al presidente, i coniugi debbono comparire personalmente (con l’assistenza del difensore).
Se il ricorrente non si presenta o rinuncia, la domanda non ha effetto.
Qualora, invece, non si presenti il coniuge convenuto, il presidente può fissare una nuova data per la comparizione, ordinando altresì che la notificazione del ricorso e del decreto gli sia rinnovata (art. 707 c.p.c.).
All'udienza di comparizione il presidente è tenuto a sentire i coniugi prima separatamente e poi congiuntamente, al fine di tentare la conciliazione.
Se l’operazione riesce ed i coniugi si conciliano, il presidente fa redigere il processo verbale della conciliazione.
Se, invece, il tentativo fallisce e la conciliazione non riesce, il presidente, anche d'ufficio, sentiti i coniugi ed i rispettivi difensori, adotta con ordinanza tutti i provvedimenti temporanei e urgenti che reputa opportuni nell'interesse della prole e dei coniugi, nel contempo nominando il giudice istruttore e fissando l’udienza di comparizione e trattazione davanti a questi.
Stesso iter il presidente deve seguire, se il coniuge convenuto non compare (sentiti il ricorrente ed il suo difensore).
L'ordinanza con la quale il presidente fissa l'udienza di comparizione davanti al giudice istruttore va notificata, a cura dell'attore, alla parte convenuta non comparsa, nel termine perentorio fissato nell'ordinanza stessa, ed è altresì comunicata al pubblico ministero.
Tra la data dell'ordinanza, ovvero tra la data entro cui la stessa deve essere notificata alla parte convenuta non comparsa, e quella dell'udienza di comparizione e trattazione devono intercorrere i termini di cui all'articolo 163 bis ridotti a metà.
Con l'ordinanza stessa il presidente deve, poi, assegnare un termine al ricorrente per il deposito in cancelleria di una memoria integrativa, che contenga gli elementi indicati (per l’atto di citazione) nell'art. 163, terzo comma, numeri 2), 3), 4), 5) e 6).
E con la medesima ordinanza va pure assegnato un termine al convenuto per la costituzione in giudizio ai sensi degli articoli 166 e 167, primo e secondo comma, nonché per la proposizione delle eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d'ufficio. E ciò, con l'avvertimento al convenuto che una eventuale costituzione tardiva determina le decadenze di cui all'articolo 167 e l’impossibilità di proporre le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio.
Infine, relativamente alla disciplina dell'udienza davanti al giudice istruttore, il legislatore effettua un richiamo alle disposizioni di cui agli articoli 180 (che, oggi, si limita a prevedere che: “La trattazione della causa è orale. Della trattazione della causa si redige processo verbale”), 183 (esclusa, però, l’applicazione del terzo comma, il quale consente al giudice istruttore di fissare una nuova udienza se deve procedersi a norma dell’articolo 185 e, dunque, al tentativo di conciliazione), e, relativamente all’udienza di assunzione dei mezzi di prova, 184.
Ai fini che qui interessano, quali sono i dati ricavabili dalle richiamate norme procedimentali di riferimento?
In primo luogo, emerge che il presidente deve necessariamente fissare con decreto, ai sensi dell’art. 706, terzo comma, c.p.c., la data dell’udienza di comparizione dei coniugi davanti a sé; udienza che deve essere tenuta entro novanta giorni dal deposito del ricorso. E ciò, dunque, quand’anche ritenesse
violate le regole sulla competenza territoriale stabilite dai primi due commi del menzionato art. 706 c.p.c.3.
Nessuna delle disposizioni richiamate sembra, invero, consentire al presidente di negare lo svolgimento dell’udienza presidenziale e di rimettere immediatamente (prima, dunque, dell’udienza) le parti dinanzi al giudice istruttore per l’eventuale avvio della fase di decisione sulla questione di competenza sollevata.
In altri termini, la “rimessione” delle parti davanti al giudice istruttore costituisce adempimento che va, in ogni caso, compiuto dal presidente solo dopo che si sia svolta l’udienza di comparizione di cui all’art. 708 c.p.c..
Chiarito questo punto, si può ritornare alla questione inizialmente proposta attinente alla possibilità o meno per il presidente di risolvere un eventuale dubbio sulla competenza statuendo su questa.
Ebbene, a me pare che, nel giudizio di separazione, al presidente non sia, in alcun modo, attribuito il potere di definire la questione di competenza.
La ragione che giustifica tale conclusione è facilmente intuibile: anche nel giudizio de quo, il potere di definire la questione di competenza non può, invero, che essere devoluto esclusivamente all’organo chiamato a decidere sul merito del giudizio; organo che, a mente dell’art. 50 bis c.p.c.4, va, come è noto, individuato nel
3 In tal senso anche CARNEVALE V., La fase presidenziale, in GRAZIOSI A. (a cura di), I processi di separazione e di divorzio, Torino, 2011, 52. Dello stesso avviso pure CIPRIANI F., I provvedimenti presidenziali “nell’interesse dei coniugi e della prole”, Napoli, 1970, 145, che osserva: “Il ricorso ex art. 706 è un atto imperativo, la cui mera presentazione in un qualsiasi tribunale della Repubblica obbliga da un lato il cancelliere a prenderne nota sul ruolo generale, a formare il fascicolo d’ufficio e a presentarlo al presidente, e dall’altro il presidente a emanare il decreto di cui all’art.
706...”.
In giurisprudenza, cfr. Corte app. Firenze, sez. I, 15 ottobre 2007, n. 1209.
4 Questo il testo della norma (rubricata “Cause nelle quali il tribunale giudica in composizione collegiale”):
collegio5, tenuto conto che trattasi di controversia in cui è obbligatoria, ai sensi dell’art. 70 c.p.c.6, la presenza del pubblico ministero7.
Il tribunale giudica in composizione collegiale:
1) nelle cause nelle quali è obbligatorio l'intervento del pubblico ministero, salvo che sia
altrimenti disposto;
2) nelle cause di opposizione, impugnazione, revocazione e in quelle conseguenti a dichiarazioni tardive di crediti di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e alle altre leggi speciali disciplinanti la liquidazione coatta amministrativa;
3) nelle cause devolute alle sezioni specializzate;
4) nelle cause di omologazione del concordato fallimentare e del concordato preventivo;
5) nelle cause di impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea e del consiglio di amministrazione, nonché nelle cause di responsabilità da chiunque promosse contro gli organi amministrativi e di controllo, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari e i liquidatori delle società, delle mutue assicuratrici e società cooperative, delle associazioni in partecipazione e dei consorzi;
6) nelle cause di impugnazione dei testamenti e di riduzione per lesione di legittima;
7) nelle cause di cui alla legge 13 aprile 1988, n. 117;
7-‐bis) nelle cause di cui all'articolo 140-‐bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206.
Il tribunale giudica altresì in composizione collegiale nei procedimenti in camera di consiglio disciplinati dagli articoli 737 e seguenti, salvo che sia altrimenti disposto.
5 Cfr. CARNEVALE V., La fase presidenziale, cit., 52, secondo cui: “Poiché è solo il Tribunale in composizione collegiale a poter decidere della propria competenza territoriale, il presidente, anche se riconosce l’incompetenza, deve comunque fissare l’udienza dinanzi a sé. Dovrà poi rimettere la causa al giudice istruttore, che a sua volta la rimetterà al collegio per la decisione”. Si veda anche MANDRIOLI C., Diritto processuale civile, III, Torino, 2012, 96, che osserva: “Può accadere che innanzi al presidente venga preliminarmente eccepita l’incompetenza per territorio del tribunale da lui presieduto o che – trattandosi di competenza funzionale – sia lo stesso presidente a rilevare d’ufficio tale incompetenza. In tale ipotesi, si deve ritenere che il presidente – che certamente non può pronunciarsi autonomamente sulla propria competenza – abbia a rimettere la causa al giudice istruttore, così avviando l’iter per la pronuncia sulla competenza da parte del collegio”. Cfr., infine, MONTELEONE G., Manuale di Diritto processuale civile, II, Padova, 2009, 464, nota n. 5, ed ANDRIOLI V., sub art. 708 c.p.c., in Commento al codice di procedura civile, IV, Napoli, 1964, 317-‐318.
In giurisprudenza, si veda Corte app. Firenze, sez. I, 15 ottobre 2007, n. 1209, cit..
6 La norma (rubricata “Intervento in causa del pubblico ministero”) prevede che:
Il pubblico ministero deve intervenire, a pena di nullità rilevabile d'ufficio:
1) nelle cause che egli stesso potrebbe proporre;
2) nelle cause matrimoniali, comprese quelle di separazione personale dei coniugi;
3) nelle cause riguardanti lo stato e la capacità delle persone;
4) abrogato;
5) negli altri casi previsti dalla legge.
3. Questione di competenza territoriale e possibilità di emanare i provvedimenti temporanei ed urgenti ex art. 708, terzo comma, c.p.c.: le tesi in campo.
A questo punto, ci si può interrogare circa la possibilità o meno per il presidente del tribunale di adottare, in presenza di una questione di competenza territoriale, i menzionati provvedimenti temporanei ed urgenti ex art. 708 c.p.c.8.
Chiarito che al presidente non spetta definire la questione di competenza, ci si deve, dunque, chiedere se questi, interrogatosi, d’ufficio o dietro sollecitazione di parte, sulla competenza territoriale del tribunale adito, possa, in caso di dubbio sulla competenza, rifiutarsi di adottare i provvedimenti nell’interesse della prole e dei coniugi di cui all’art. 708 c.p.c..
Il tema attinente alla adottabilità o meno, da parte del presidente che dubita della competenza dell’organo decidente (e, dunque, anche della propria), delle misure temporanee ed urgenti volte a regolare i rapporti tra i coniugi e tra i coniugi e la prole è stato ed è (tuttora) al centro di contrasti interpretativi sia in dottrina che in giurisprudenza.
Secondo una parte della dottrina, il presidente deve “affermare o negare la propria competenza, e in relazione alla decisione presa, emettere o meno i provvedimenti temporanei ed urgenti”9.
Deve intervenire nelle cause davanti alla corte di cassazione nei casi stabiliti dalla legge.
Può infine intervenire in ogni altra causa in cui ravvisa un pubblico interesse.
7 Cfr. VULLO E., sub art. 706 c.p.c., in CONSOLO C., Codice di procedura civile commentato, III, IPSOA, 2010, 922.
8 Per una panoramica dottrinale e giurisprudenziale sulla tematica, cfr. VULLO E., sub art. 706 c.p.c., cit., 931-‐932.
Sia pur escludendo che il presidente, che dubita della competenza del tribunale da lui presieduto, possa risolvere e definire detta questione di competenza (compito che spetta all’organo collegiale), anche altra autorevole dottrina riconosce che lo stesso deve astenersi dal procedere alla adozione dei provvedimenti temporanei ed urgenti de quibus10.
Secondo una diversa corrente di pensiero, “la soluzione migliore parrebbe essere quella…che consente al presidente l’adozione dei soli provvedimenti che siano veramente urgenti, vale a dire quelli di cui non sia possibile o consigliabile il differimento dell’adozione da parte del giudice istruttore”11.
Altra dottrina, invece, esclude in modo assoluto che il presidente possa astenersi dall’emanare i provvedimenti temporanei ed urgenti de quibus12; e ciò, sul presupposto che “gli artt. 706 ss. c.p.c. non attribuiscono al presidente il potere di verificare la competenza del tribunale e che nella fase dell’introduzione del procedimento ordinario il presidente non ha poteri né per delibare la competenza del tribunale, né per rimettere immediatamente le parti al collegio ex art. 187 c.p.c.”13. “Il criterio per l’individuazione del presidente «competente» (rectius: del
9 Il virgolettato appartiene ad AZZOLINA U., Eccezione d’incompetenza ed esercizio dei poteri presidenziali a sensi dell’art. 708 codice di proc. civile, in Giur. it., 1962, I, 2, 617.
In giurisprudenza, cfr. Trib. Viterbo, ord. pres. 12 aprile 2000, in Temi Romana, 2001, 73, con nota di VALENTINO F.; ordinanza in cui, tra l’altro, si osserva che: “…il Presidente del Tribunale, dovendo verificare la correttezza della procedura per poter emettere i provvedimenti ai sensi dell’art. 708 c.p.c., non può adottare provvedimenti temporanei in vista di una decisione di merito che competerà ad altro Ufficio giudiziario emettere (pena la nullità della decisione)”.
10 Cfr. PUNZI C., I soggetti e gli atti del processo di divorzio, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1972, 666-‐
667; MANDRIOLI C., Diritto processuale civile, III, cit., 96, nel testo e nella nota n. 39; D’ANTONIO A., Inderogabilità della competenza territoriale anche per i provvedimenti temporanei del presidente nel giudizio di separazione personale, in Giur. it., 1961, I, 2, 744.
In giurisprudenza, cfr. Trib. Trani, ord. 17 aprile 1961, in Giur. it., 1961, I, 2, 742.
11 CARNEVALE V., La fase presidenziale, cit., 52.
12 Cfr. CIPRIANI F., I provvedimenti presidenziali “nell’interesse dei coniugi e della prole”, cit., 143 ss..
13 CIPRIANI F., I provvedimenti presidenziali “nell’interesse dei coniugi e della prole”, cit., 151.
presidente legittimamente investito delle funzioni) ex art. 708 c.p.c.” -‐ prosegue l’autore -‐ “va ricercato nello stesso modo e con le stesse regole del procedimento ordinario, nella cui fase dell’introduzione, non è possibile negarlo, il presidente è
«competente» non già se è competente il tribunale, bensì per il sol fatto che sia stata proposta una domanda al tribunale e che egli, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, legittimamente svolga le funzioni di presidente del tribunale adìto”14. Per tale ragione, “della competenza e di tutte le altre questioni si comincerà a discutere, come d’ordinario, davanti al giudice istruttore…: davanti al presidente si discute della crisi della famiglia, la quale, purtroppo, sussiste sempre, sia competente o no il tribunale adito…”15.
Secondo un’altra autorevole voce, infine, “l’incompetenza del collegio, eccepita dal convenuto o rilevata d’ufficio dal presidente, non priva il presidente della legittimazione ad emanare i provvedimenti sia perché la competenza può essere valutata dal solo collegio, sia perché non si apre avanti il presidente l’alternativa, che l’art. 187 riserva al giudice istruttore, tra la rimessione immediata al collegio e l’emanazione dei provvedimenti, che l’art. 708 riserva alla sua legittimazione”16.
4. Segue. La difficile ricostruzione del sistema
14 CIPRIANI F., I provvedimenti presidenziali “nell’interesse dei coniugi e della prole”, cit., 152.
15 CIPRIANI F., I provvedimenti presidenziali “nell’interesse dei coniugi e della prole”, cit., 153.
16 ANDRIOLI V., sub art. 708 c.p.c., cit., 318.
A) La tesi che afferma l’impraticabilità di una astensione, per ragioni di competenza, dalla adozione delle misure temporanee ed urgenti ex art. 708, terzo comma, c.p.c. sembra maggiormente condivisibile.
E ciò, non perché, come recentemente affermato in giurisprudenza17, i provvedimenti ex art. 708 c.p.c. possono essere resi anche d’ufficio o perché, semplicemente, gli stessi, sopravvivendo all’estinzione del processo 18, non sarebbero “strettamente strumentali rispetto al giudizio di separazione o di divorzio”. Elementi, questi, la cui rilevanza ai fini della soluzione della questione de qua appare discutibile, se si considera che: 1) in linea generale, dall’attribuzione di poteri officiosi non scaturisce anche una esenzione dal rispetto delle regole sulla competenza; 2) l’adozione, da parte di un giudice che si ritenga incompetente, di misure idonee ad incidere sul rapporto sostanziale dedotto in giudizio non può ritenersi, sic et simpliciter, giustificata sol perché trattasi di provvedimenti che conservano efficacia anche in caso di estinzione del processo e, dunque, di misure che potrebbero non essere legate allo stesso da un nesso di strumentalità (a sostegno della soluzione che riconosce il potere-‐dovere del presidente, che ritenga incompetente il giudice adito, di emanare, ciò nonostante, i provvedimenti temporanei ed urgenti ex art. 708 c.p.c., probabilmente più utile sarebbe stato un
17 Cfr. Trib. Messina, ord. pres., 29 marzo 2013 (“il Presidente del Tribunale deve emettere i provvedimenti del caso previsti dall’art. 708 c.p.c. anche nell’ipotesi in cui ritenga che a conoscere del processo non sia competente il suo ufficio giudiziario di appartenenza”).
18 E ciò, ai sensi dell’art. 189 disp. att. c.p.c.. Questo il testo della norma (rubricata “Provvedimenti relativi alla separazione personale dei coniugi”):
L'ordinanza con la quale il presidente del tribunale o il giudice istruttore dà i provvedimenti di cui all'articolo 708 del codice costituisce titolo esecutivo.
Essa conserva la sua efficacia anche dopo l'estinzione del processo finché non sia sostituita con altro provvedimento emesso dal presidente o dal giudice istruttore a seguito di nuova presentazione del ricorso per separazione personale dei coniugi.
richiamo alla controversa tesi che afferma la sopravvivenza dei menzionati provvedimenti anche in caso di declinatoria di competenza resa dal collegio19).
La ragione che potrebbe indurre ad optare per detta tesi è diversa.
Sebbene sulla problematica il legislatore abbia omesso di fornire una specifica direttiva, ad alcuni dei referenti normativi in materia potrebbe, invero, attribuirsi il valore di indizi che spingono verso tale direzione ermeneutica.
Benché risulti obiettivamente difficile accettare l’idea di un giudice che, pur ritenendosi incompetente, debba, ciò nonostante, emanare provvedimenti idonei a regolare interessi e rapporti sostanziali (nello specifico, interessi e rapporti sostanziali propri dei soggetti coinvolti dalla separazione), dalla lettura sistematica di alcuni dati legislativi di riferimento, quali gli artt. 708 e 709 c.p.c., si potrebbe, invero, anche giungere ad evincere l’esistenza di un modello che riconosce la configurabilità e la rilevanza di una vera e propria questione di competenza solo in un momento successivo alla fase presidenziale; di un modello, dunque, che sgancia l’esercizio dei poteri presidenziali da qualsivoglia preventiva verifica sulla competenza del tribunale adito, e che attribuisce, così, valore primario alla esigenza di una immediata regolamentazione dei rapporti tra genitori e tra genitori e prole.
“Nel processo civile” – si è autorevolmente osservato20 – “può parlarsi di competenza in senso tecnico solo quando è necessario individuare, per mezzo di un
19 In dottrina, favorevole a tale tesi CIPRIANI F., I provvedimenti presidenziali “nell’interesse dei coniugi e della prole”, cit., 272 ss..
In giurisprudenza, per l’accoglimento di questa tesi in un caso in cui alla declinatoria di competenza resa dal collegio era seguita una rituale riassunzione dinanzi al giudice dichiarato competente, cfr. Corte app. Firenze, sez. I, 15 ottobre 2007, n. 1209, cit..
Nega, invece, tale sopravvivenza ANDRIOLI V., sub art. 708 c.p.c., cit., 318, che osserva: “Ritenere che il presidente, pur se dubiti della competenza del collegio, di cui è a capo, debba emettere i provvedimenti e designare l’istruttore, non significa che, ove il collegio si dichiari incompetente, i provvedimenti rimangano fermi: vero è invece che…la incompetenza, ove sia dichiarata, pone nel nulla tutti i provvedimenti già adottati dal giudice, erroneamente ritenutosi competente…”.
criterio normativo di collegamento, il giudice al quale dev’essere proposta una determinata domanda (art. 99 c.p.c.), ossia il giudice cui è attribuita la potestà di accogliere o di rigettare una domanda. E qui…la domanda di separazione…è (stata già) proposta al tribunale, non al presidente; il giudice adíto, il giudice naturale, il giudice competente, e inderogabilmente competente, è il tribunale, non il presidente. Questi è un membro dell’organo giurisdizionale complesso ed è chiamato dalla legge a svolgere in una determinata fase del procedimento, per avventura quella iniziale, alcune determinate attività sue proprie ed esclusive”. Ed è un membro a cui i richiamati articoli 708 e 709 non attribuiscono il potere, riconosciuto invece al giudice istruttore dall’art. 187, terzo comma, c.p.c., di rimettere immediatamente le parti davanti all’organo decidente.
In quest’ottica, il presidente, una volta reso il provvedimento ex art. 708, terzo comma, c.p.c. (contenente le misure temporanee ed urgenti), non potrà nemmeno tornare sui propri passi e revocare per incompetenza l’ordinanza emanata. E non lo potrà fare sia perché, come visto, il sistema, a quanto sembra, non gli riconosce la possibilità di astenersi dall’adozione delle misure temporanee ed urgenti nell’interesse della prole e dei coniugi, sia perché l’emanazione dell’ordinanza de qua -‐ contenente, oltre a dette misure, anche la nomina del giudice istruttore e la fissazione dell’udienza di comparizione e trattazione davanti a questi – determina, ai fini che qui interessano, la chiusura della fase presidenziale21, e con essa la consumazione dei poteri del presidente22.
20 CIPRIANI F., I provvedimenti presidenziali “nell’interesse dei coniugi e della prole”, cit., 147-‐148.
21 Cfr. CARNEVALE V., La fase presidenziale, cit., 13.
22 Si vedano, sul punto, le riflessioni (svolte nella vigenza del vecchio quarto comma dell’art. 708 c.p.c.) di CIPRIANI F., I provvedimenti presidenziali “nell’interesse dei coniugi e della prole”, cit., 260, che osserva: “il giudice istruttore è nominato immediatamente dopo la pronuncia dei provvedimenti e con la stessa ordinanza con la quale essi vengono dati. Perciò, o il giudice istruttore non è stato ancora designato e allora i provvedimenti non sono stati ancora emanati e
È chiaro, poi, che, se si afferma l’esistenza di un potere-‐dovere, anche in capo al presidente che dubiti della competenza del tribunale adito, di adottare le misure provvisorie ed urgenti de quibus, tale questione di competenza non potrà essere fatta valere attraverso il reclamo alla corte d’appello previsto dal quarto comma dell’art. 708 c.p.c..
Come è noto, tale disposizione prevede che, avverso l’ordinanza presidenziale, è possibile proporre, nel termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione del provvedimento, reclamo con ricorso alla corte d’appello, che si pronuncia in camera di consiglio.
Ebbene, se si opta per la tesi della impraticabilità di una astensione, per ragioni di competenza, dalla adozione delle misure ex art. 708, terzo comma, c.p.c., ragioni di coerenza sistematica impongono, a mio avviso, di escludere che il giudice del reclamo possa sindacare, proprio sotto il profilo della competenza, l’ordinanza presidenziale23.
Senza prevedere alcuna forma di coordinamento con tale mezzo di gravame24 , l’art. 709, quarto comma, c.p.c. stabilisce, poi, che i predetti provvedimenti temporanei ed urgenti ex art. 708, terzo comma, c.p.c. possano essere revocati o modificati dal giudice istruttore; revoca o modifica che non sono subordinate a sopravvenienze o a nuove allegazioni, ma che possono anche
quindi un problema di revoca e modifica non sorge; oppure il giudice istruttore è stato già nominato e allora non resta che applicare l’art. 708, 4° comma, perché ormai il presidente functus est munere suo”.
23 Cfr. VULLO E., sub art. 708 c.p.c., in CONSOLO C., Codice di procedura civile commentato, III, IPSOA, 2010, 1005-‐1006.
24 Su tale aspetto della problematica, cfr. SALVANESCHI L., I procedimenti di separazione e divorzio, in Fam. e dir., 2006, 367 ss., LUPOI M. A., Il reclamo contro i provvedimenti provvisori e urgenti nel procedimento di separazione e di divorzio, in www.judicium.it, 9 ss., e MARINO C., Il sistema dei controlli sui provvedimenti nell’interesse della prole e dei coniugi dopo la legge n.
54/2006, in Annali del Seminario Giuridico della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Catania, Milano, 2009, 122 ss..
semplicemente fondarsi su una differente valutazione degli originari dati di fatto e di diritto già vagliati dal presidente25 (invero, il vecchio quarto comma dell’art. 708 -‐ secondo cui, “se si verificano mutamenti nelle circostanze, l'ordinanza del presidente può essere revocata o modificata dal giudice istruttore a norma dell'articolo 177” -‐ è stato, con la legge 14 maggio 2005, n. 80, abrogato e sostituito dal quarto comma dell’art. 709, il quale, eliminando ogni riferimento ai “mutamenti nelle circostanze”, stabilisce che: “I provvedimenti temporanei ed urgenti assunti dal presidente con l'ordinanza di cui al terzo comma dell'articolo 708 possono essere revocati o modificati dal giudice istruttore”).
Ai fini che qui interessano, ci si deve, dunque, chiedere se il giudice istruttore possa o meno revocare, per incompetenza, l’ordinanza presidenziale contenente le misure temporanee ed urgenti; incompetenza che, come visto, non può essere fatta valere attraverso il rimedio del reclamo.
L’art. 709, quarto comma, nulla dice. E nulla dicono anche gli altri dati normativi disciplinanti il modello procedimentale del giudizio di separazione.
A me sembra, però, che soprattutto ragioni legate all’esigenza di non far venire meno, in attesa della decisione del collegio, la regolamentazione dei rapporti tra genitori e tra genitori e prole inducano a negare l’esistenza di un siffatto potere in capo al giudice istruttore; giudice che, se dovesse dubitare della competenza del tribunale adito, potrebbe avviare, anche immediatamente, la fase di decisione del collegio rimettendogli la causa.
25 Cfr. CARRATTA A., sub art. 709 c.p.c., in Le recenti riforme del processo civile, Commentario diretto da CHIARLONI S., Bologna, 2007,1522-‐1523; ZINGALES I., Riflessioni sulla reclamabilità delle ordinanze ex art. 709, comma 4, c.p.c. del giudice istruttore, in Dir. fam. pers., 2011, 1798.
B) Verifichiamo, adesso, rapidamente le questioni che si materializzerebbero qualora si optasse invece per la tesi che afferma la non adottabilità, da parte del presidente che ritenga incompetente il tribunale adito, dei provvedimenti temporanei ed urgenti ex art. 708, terzo comma, c.p.c..
Se si virasse verso tale ricostruzione, il primo problema riguarderebbe l’iter procedimentale da attivare per giungere alla decisione del collegio.
La domanda è questa: può il presidente, che si è rifiutato di adottare i provvedimenti ex art. 708, terzo comma, c.p.c. per ragioni di competenza, rimettere la causa direttamente al collegio, aggirando così il modulo, descritto dagli artt. 187 e 189 c.p.c., che vede, quale dominus della fase di rimessione, il giudice istruttore?
All’interrogativo mi pare debba darsi una risposta di segno negativo26, sebbene non manchino serie ragioni idonee ad indurre ad una soluzione diversa.
La risposta di segno negativo si giustifica in quanto nel sistema vigente, come osservato in dottrina27, “il meccanismo descritto dagli artt. 187 e 189 è un passaggio obbligato per pervenire alla decisione definitiva della causa, anche quando codesta definizione debba avvenire con una pronuncia declinatoria di competenza”. Il che “risulta dal dettato delle norme, ma soprattutto dalla loro ratio, che è imperniata sul diritto di ciascuna delle parti di modificare le proprie conclusioni e di conoscere quelle dell’altra parte (comprese quelle di merito, dal
26 Di diverso avviso D’ANTONIO A., Inderogabilità della competenza territoriale anche per i provvedimenti temporanei del presidente nel giudizio di separazione personale, cit., 744, che osserva: “…se dinanzi al presidente del tribunale viene preliminarmente eccepita l’incompetenza territoriale del tribunale adito, egli non può, né tantomeno deve, emettere i provvedimenti temporanei ed urgenti nell’interesse dei coniugi e della prole, di cui all’articolo 708 codice di proc. civile, ma deve immediatamente rimettere le parti al collegio, a norma dell’art. 187, 3°
comma, codice di proc. civile.”.
27 I virgolettati che seguono appartengono a MANDRIOLI C., Che deve fare il presidente adito ex art. 708 codice di procedura civile quando ritenga l’incompetenza per territorio del Tribunale da lui presieduto?, in Giur. it., 1962, I, 2, 621.
momento che la rimessione non può non investire il Collegio di tutta la causa [art.
189, ultimo comma])”. E “poiché la precisazione delle conclusioni non può avvenire che innanzi al giudice istruttore, ne deriva che il presidente non può esonerarsi dal nominare il giudice istruttore”28.
È chiaro, però, e qui sta la ragione che potrebbe astrattamente spingere per una soluzione diversa, che il modello procedimentale appena descritto entra in crisi qualora il giudice istruttore non condivida il dubbio sulla competenza e non rimetta immediatamente la causa al collegio, preferendo accantonare la questione di competenza per farla decidere, solo una volta conclusa l’istruttoria, unitamente al merito.
In questa ipotesi, non avremmo, infatti, né una decisione in tempi brevi sulla competenza, né soprattutto (a meno che non provveda lo stesso giudice istruttore29) l’adozione di tutte quelle necessarie misure volte a regolare, in attesa della pronunzia sulla separazione, delicatissimi aspetti dei rapporti tra coniugi e tra coniugi e figli.
Il secondo problema riguarderebbe l’individuazione del giudice competente ad adottare le misure de quibus qualora il collegio, chiamato a decidere a seguito di rimessione del giudice istruttore, abbia affermato la sussistenza della competenza del tribunale adito.
Il dilemma è, dunque, il seguente: dopo la statuizione del collegio affermativa della competenza, a chi spetta regolare, in attesa della pronunzia di merito, gli interessi dei coniugi e della prole? Al presidente (che si era già rifiutato di emettere, stante la ritenuta incompetenza, i provvedimenti in questione) o al giudice istruttore?
28 In giurisprudenza, segue questo percorso Trib. Viterbo, ord. pres. 12 aprile 2000, cit..
29 Cfr. PUNZI C., I soggetti e gli atti del processo di divorzio, cit., 667.
Entrambe le soluzioni potrebbero, sotto alcuni profili, sembrare forzate.
Da una parte, invero, la fase presidenziale è ormai chiusa ed i poteri del presidente sono consumati.
Dall’altra, al giudice istruttore sono attribuiti, expressis verbis, dall’art. 709, quarto comma, c.p.c. solo poteri di revoca o modifica di un provvedimento già reso.
Il che sta a significare che potrebbe affermarsi una competenza del giudice istruttore solo ritenendo che detto art. 709, quarto comma, c.p.c. possa essere oggetto di interpretazione estensiva30. Soluzione, questa, che potrebbe giustificarsi in un’ottica di economia processuale, tenuto conto che, così opinando e, dunque, riconoscendo la potestas iudicandi dell’istruttore, si eviterebbero un nuovo svolgimento della fase presidenziale e, a chiusura di questa, una nuova rimessione dal presidente al giudice istruttore.
30 Utili, al riguardo, appaiono le considerazioni di CIPRIANI F., I provvedimenti presidenziali
“nell’interesse dei coniugi e della prole”, cit., 266-‐267, il quale evidenzia che il fatto che l’esercizio del potere di revoca o modifica attribuito al giudice istruttore presupponga l’emanazione dei provvedimenti presidenziali “non implica che il giudice istruttore non possa dare provvedimenti non dati dal presidente, disponendo per esempio per la prima volta in ordine all’affidamento della prole sopravvenuta (ipotesi almeno teoricamente verificabile) o al mantenimento (qualora il presidente non l’abbia determinato in considerazione delle condizioni economiche del coniuge obbligato a somministrarlo): in questi casi potrà aversi una «modifica integrativa» dell’ordinanza presidenziale”.