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Reddito minimo nel Sud Europa. Quali sviluppi con la Grande Recessione?

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la Rivista delle Politiche Sociali / Italian Journal of Social Policy, 3/2017

RPS

Reddito minimo nel Sud Europa.

Quali sviluppi con la Grande Recessione?

Marcello Natili

Il testo è la sintesi dell’articolo pubblicato nella sezione Tema del n. 3 2017 di Rps e scaricabile dagli abbonati nella versione integrale al link:

http://wwww.ediesseonline.it/riviste/rps/quale-destino-i-diritti-sociali- europa/reddito-minimo-nel-sud-europa

Se collocati all’interno di un solido edificio di protezione sociale in grado di includere e proteggere gran parte della cittadinanza, gli schemi di reddito minimo possono essere strumenti efficaci a contra- stare povertà e crescenti disuguaglianze che affliggono le società occi- dentali (Granaglia e Bolzoni, 2016). E tuttavia, come noto, schemi di reddito minimo non sono presenti in tutti i paesi europei, e in alcuni casi – anche se esistenti – scarsa generosità e requisiti d’accesso parti- colarmente stringenti limitano fortemente la loro capacità protettiva (Frazer e Marlier, 2016).

Sono in particolare i Paesi del Sud Europa ad aver avuto, in passato, i sistemi di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale meno efficaci e più lacunosi. Prima della Grande Recessione, soltanto il Portogallo presentava una rete di sicurezza ultima comparabile (seppur meno ge- nerosa) ad altri paesi europei. In Spagna schemi di reddito minimo esistevano in tutte le Comunità Autonome, e tuttavia presentavano notevoli limiti in termini di copertura, e di conseguenza a livello di spesa complessiva. Infine, Italia e Grecia, rimanevano tra gli ultimi paesi europei privi di una protezione minima, considerando la con- temporanea espansione degli schemi di reddito minimo anche nell’Europa dell’Est (Natili, Matsaganis e Jessoula, 2016).

L’avvento della crisi ha reso evidenti l’inadeguatezza del sistema di welfare tradizionale e familistico per proteggere dai rischi sociali tipici del XXI secolo. In un contesto reso difficile dalle ristrettezze di bilan- cio e dalle pressioni internazionali volte al contenimento della spesa

Marcello Natili è assegnista di ricerca presso l’Università di Milano.

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la Rivista delle Politiche Sociali / Italian Journal of Social Policy, 3/2017

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pubblica, questo ha contribuito negli ultimi anni a fare sì che la rete di sicurezza ultima venisse rafforzata anche nel Sud Europa. In partico- lare in Spagna durante la crisi vi è stata una notevole espansione degli schemi regionali di reddito minimo in tutte le Comunità Autonome, seppure rimangono evidenti limiti in termini di differenti capacità pro- tettiva dei diversi programmi regionali. In Portogallo, dopo una fase caratterizzata da tagli e riforme sottrattive anche (e persino) in questo settore, gli ultimi interventi del 2017 mirano a ristabilire la capacità protettiva del Rendimento Social de Inserção. In Grecia, in un contesto re- so drammatico da crescita povertà e drastica diminuzione delle risorse complessive per gli interventi sociali, sempre nel 2017 è stata intro- dotta una misura che per generosità, copertura e spesa complessiva, si avvicina agli schemi di reddito minimo presenti negli altri paesi euro- pei. Infine anche l’Italia, con l’introduzione nel dicembre del 2017 del Reddito di Inclusione si è finalmente dotata di uno strumento struttu- rale di contrasto alla povertà, sebbene le caratteristiche di tale misura la rendano difficilmente comparabile con gli strumenti presenti negli altri paesi europei, compresi quelli cui abbiamo accennato in questo articolo.

In definitiva, dunque, negli ultimi anni più recenti, anche nel Sud Eu- ropa si stanno facendo passi in avanti per quanto concerne la rete ul- tima di sicurezza sociale. E tuttavia, i contemporanei tagli nei settori

«forti» di politica sociale – pensioni, sanità e sussidi di disoccupazione – rischiano di «sovraccaricare» eccessivamente gli schemi di reddito minimo nei paesi mediterranei: l’evidenza comparata mostra come è solo nei casi in cui sono inseriti in sistemi di protezione sociale in gra- do di proteggere la maggioranza della popolazione – cosiddetto targe- ting within universalism – che questi riducono efficacemente povertà ed esclusione sociale (Marx, Salanauskaite e Gerlinde 2013). Inoltre, sul piano comparato occorre rimarcare come debolezze e ritardi nella rete di protezione ultima rimangono notevoli, anche alla luce delle tra- sformazioni avvenute nei sistemi di protezione sociale dei paesi con cui ci confrontiamo. Nel resto dei paesi europei infatti, gli schemi di reddito minimo sono divenuti strumenti centrali di protezione del reddito, rivolti non solamente alle persone in condizione di povertà estrema, ma anche gruppi sempre più vulnerabili appartenenti alla

«classe media», come lavoratori atipici e/o con salari troppo bassi, giovani in cerca di lavoro, individui in difficoltà a seguito ad eventi particolari, migranti, ecc. In altri termini, pur con tutti i limiti in parti- colare in termini di inadeguatezza della capacità protettiva (Marchal e

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la Rivista delle Politiche Sociali / Italian Journal of Social Policy, 1/2017

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al., 2016), rispetto agli strumenti introdotti nel Sud Europa sono più generosi, è più facile accedervi, e consentono di usufruire di un’ampia gamma di servizi e facilitazioni che non si limitano alla richiesta, pur presente, di essere attivi nella ricerca di un lavoro.

Purtroppo, le debolezze dei sistemi di protezione minima del Sud Eu- ropa sono particolarmente accentuate nel caso italiano, per il momen- to, tra i paesi considerati, quello che investe meno per la protezione dal rischio povertà. Nonostante le recenti iniziative muovano nella giusta direzione, occorre fare passi molto più decisi per dotarsi di uno strumento almeno comparabile con quelli presenti negli altri paesi eu- ropei.

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