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La società ingiusta dove crescono i giovani poveri

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Academic year: 2022

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La società ingiusta dove crescono i giovani poveri

di Tiziano Vecchiato

In occasione dell’uscita del rapporto Caritas, da tutti i media all’unisono, ai giovani impoveriti è stata dedicata una giornata intera. Le prime pagine di giornali, tg e siti li hanno descritti come nuovi poveri, questione sociale, priorità politica… Gli altri giorni non parlano di loro ma delle povertà dei loro padri pensionati o da pensionare.

Negli ultimi dieci anni però l’incidenza del fenomeno ha continuato a crescere tra i 18-34enni (9,9% nel 2015 contro 3,1% del 2005) e tra i 35-64enni (7,2% nel 2015 contro 2,7% nel 2005). È il triste destino di una socialità che è riuscita a dividere i padri dai figli, i nonni dai nipoti con il risultato che i giovani poveri affiorano in cronaca ogni tanto e poi scompaiono. Per fortuna non mancano voci a loro favore: papa Francesco, il presidente Mattarella, i vertici della Bce.

Paolo Onofri (già presidente della commissione sulla spesa previdenziale sanitaria e assistenziale del 1997) lo aveva prefigurato, parlando di giovani impoveriti e in cronica lista d’attesa: «Non penso solamente alle generazioni dei giovani 30/40enni attuali, che in media possono contare sul patrimonio delle proprie famiglie di origine, ma anche alle generazioni dei loro figli quando i patrimoni familiari saranno stati almeno in parte consumati» (Studi Zancan n. 3/2011 p.13).

Oggi il debito differito è a scadenza e lo sanno i Comuni, chiamati quotidianamente a pagarlo, perché assediati dalle domande di aiuto dei giovani impoveriti (con figli da crescere). La Caritas li chiama “nuovi poveri”, ma solo per scuotere le coscienze, visto che il problema non è di oggi. Lo sanno soprattutto loro, che vivono con rabbia in una società ingiusta. Ma forse qualcosa di positivo è all’orizzonte e non viene dai trasferimenti enfatizzati e rinominati, ma dalla possibilità di lottare contro la povertà dei giova-ni con loro. È ripartire dai figli, in attesa che il piano nazionale di lotta alla povertà se ne faccia una ragione e la trasformi in priorità nazionale. Sarebbe un peccato se tutto si riducesse al “sia purché sia” del prestazionismo incapace di aiutare.

Rubrica “Welfarismi” di Tiziano Vecchiato. Estratto da Vita, novembre 2016

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