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1 - Relazione del Presidente della Corte di Appello Dott. Claudio Castelli 2 - Relazione sull'amministrazione della Giustizia 3 Dati statistici 4

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1 - Relazione del Presidente della Corte di Appello Dott. Claudio Castelli

2 - Relazione sull'Amministrazione della Giustizia 3 – Dati statistici

4 – Relazione del Procuratore Generale presso la

Corte di Appello Dott. Guido Rispoli

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Relazione del

Presidente della Corte di Appello

Dott. Claudio Castelli

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Sommario

1.  PREMESSA ... 3 

2.  PANDEMIA, GIUSTIZIA E PNRR ... 3 

2.1 IL PNRR ED I SUOI OBIETTIVI ... 7 

2.2 LE RIFORME PROCESSUALI ... 9 

2.3  L’UFFICIO PER IL PROCESSO. ... 11 

2.4 L’UFFICIO PER IL PROCESSO NEL NOSTRO DISTRETTO. ... 15 

3. L’ANDAMENTO DEGLI UFFICI GIUDIZIARI DEL DISTRETTO. ... 17 

3.1 ISETTORE CIVILE. ... 17 

3.2 IL SETTORE LAVORO. ... 21 

3.3 IL SETTORE PENALE. ... 22 

3.4 IL SETTORE MINORILE. ... 27 

3.5 TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA E CARCERE. ... 28 

3.6 I GIUDICI DI PACE E LA MAGISTRATURA ONORARIA ... 30 

3.7 GIUDICE DI PACE  PROCEDIMENTI ISCRITTI, DEFINITI E PENDENTI NEL SETTORE CIVILE ... 31 

4.  IL CAPITALE UMANO E LA TRASFORMAZIONE DELLE NOSTRE PROFESSIONI. ... 32   

     

 

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1. PREMESSA

Il mio saluto al Signor Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che dobbiamo ringraziare per avere incarnato in questi sette anni l’unità nazionale e per essere sempre stato, anche nei momenti più difficili e bui, sia per il paese che per la magistratura, un punto di riferimento sicuro ed un vero ed autorevole capo dello Stato.

Ringrazio per la loro partecipazione in presenza o da remoto dalle sedi di Bergamo, Cremona e Mantova, tutte le autorità politiche, civili, militari e religiose, i magistrati togati ed onorari, gli avvocati, i dirigenti, il personale amministrativo, i giornalisti, e i cittadini che ci seguono in questa diretta televisiva.

2. PANDEMIA, GIUSTIZIA E PNRR

Indubbiamente sono due i grandi temi con cui ci confrontiamo nel mondo della giustizia. Da un lato quello generale della pandemia che ormai da quasi due anni sta pesantemente condizionando le nostre vite e la nostra attività. Per il nostro piccolo, nell’ambito giudiziario posso affermare che, pur trovandoci nel distretto originariamente più colpito dal virus, abbiamo affrontato e stiamo affrontando le difficoltà e gli inevitabili rischi che derivano dal cercare di continuare comunque il nostro lavoro con serietà e decisione, accompagnando un alto livello di precauzioni ( che vuol dire mascherine, distanziamento individuale, sanificazioni periodiche, udienze da remoto o con trattazione scritta) con la ferrea determinazione di proseguire in modo ordinario nella nostra attività senza cedimenti e diminuzioni. E posso assicurare tutti, a partire dagli avvocati e dagli operatori della giustizia per arrivare ai cittadini, che faremo di tutto per continuare ad assicurare il pieno dispiegamento del nostro lavoro in sicurezza, senza interruzioni e ritardi. E’ interesse di tutti, di chi vive con e grazie al nostro lavoro, dei cittadini che aspettano giustizia, ma innanzitutto nostro per il servizio che rendiamo e per l’immagine che vogliamo avere.

Il secondo punto, quello su cui inevitabilmente si incentrerà larga parte di questa relazione, riguarda il PNRR, gli obiettivi che vengono formulati per la giustizia e come li articoleremo e cercheremo di raggiungerli nel nostro distretto.

Quella che abbiamo di fronte non è solo una necessità per la crescita economica e per la

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credibilità dell’Italia sui mercati, ma un’occasione storica per la giustizia che per la prima volta dopo decenni si trova a non dover far fronte ad un’assenza di investimenti e può cercare di azzerare quell’arretrato che è stata ed è la zavorra che ha appesantito e ritardato il funzionamento della nostra giustizia.

Ma per arrivare ad una corretta impostazione dei progetti in corso nella giustizia per il PNRR, evitando facili apologie correnti, occorre superare diversi luoghi comuni che caratterizzano il nostro dibattito pubblico sulla giustizia e individuare ex ante quali sono i pericoli ed i messaggi insidiosi che lanciano anche il PNRR ed il modo in cui è stato articolato.

Occorre spazzare il terreno dai dati più impressionistici e superficiali (la durata media dei processi, le pendenze), per approfondire l’evoluzione che la giustizia ha avuto in questi anni, le ragioni delle diversità territoriali, le variabili che incidono e quelle indifferenti alle performance dei diversi uffici.

La giustizia non è all’anno zero.

Le pendenze negli ultimi dieci anni sono fortemente diminuite, in particolare nel settore civile: in quasi tutti gli uffici di merito l’indice di ricambio ogni anno è superiore ad 1, ovvero viene definito più di quello che sopravviene. Dal rapporto periodico che il CEPEJ1 pubblica ogni due anni di comparazione tra i vari sistemi europei risulta che il clearance rate, ovvero il rapporto tra sopravvenuti e definiti che dà un’indicazione sulla capacità di definizione da parte di un ufficio o sistema giudiziario, in Italia nel settore civile è stato il 118 % nel 2010, il 131% nel 2012, il 119% nel 2014, il 113 % nel 2016 ed il 103 % nel 2018,2 quando la media europea è sempre coincidente o prossima a 100. Mentre nel settore penale l’indice è sempre prossimo a 100: 95 % nel 2010, 94 % nel 2012, 94 % nel 2014, 107 % nel 2016, 98% nel 20183. Risultati molto positivi che comunque scontano l’esistenza di un forte arretrato. E’ difatti l’arretrato, originariamente formatosi prima del 2010, il macigno che ci accompagna e che condiziona sia il nostro lavoro, sia i risultati sulla durata, in apparenza sempre insoddisfacenti, ma che in realtà scontano la definizione di cause datate che con i loro

1 Commissione europea per l’efficacia della giustizia del Consiglio di Europa (CEPEJ)

2 Rapporto CEPEJ 2020 (dati 2018) pag.115 - https://rm.coe.int/evaluation-report-part-1-

english/16809fc058

3 Rapporto CEPEJ 2020 (dati 2018) pag.128 - https://rm.coe.int/evaluation-report-part-1-

english/16809fc058 

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tempi lunghi (la durata viene infatti calcolata solo al momento in cui un processo viene definito) alterano ogni computo. Per questo un intervento straordinario e mirato anche temporaneo sull’arretrato può rivelarsi preziosissimo e determinante liberando le risorse della giustizia e consentendo di lavorare sul corrente innescando un processo virtuoso che limita le sopravvenienze dilatorie e fornisce risposte in tempi ragionevoli.

Come pure è falsa la vulgata secondo cui tempi e arretrato dipendono dalla scarsa laboriosità dei magistrati e/o del personale o da una generale disorganizzazione degli uffici giudiziari.

Il livello di produttività degli uffici è buono, come i dati del CEPEJ dimostrano. E questo non riguarda solo i magistrati, ma il complessivo lavoro svolto da tutti i componenti delle sezioni, delle cancellerie e delle segreterie, perché anche la decisione, la sua pubblicazione ed esecuzione non è un prodotto del magistrato, ma il frutto di un lavoro collettivo in cui ciascuno, sia esso operatore, assistente, cancelliere, funzionario, direttore amministrativo, dirigente, magistrato mette il suo indispensabile tassello.

Il problema semmai è di organizzazione e di contesto ambientale, come dimostrano i dati relativi alle profonde diversità di performance tra i vari Uffici Giudiziari (nel settore civile andiamo dai 162 giorni di disposition time ad Aosta ai 939 di Patti).4

E queste differenze non dipendono dall’allocazione delle risorse, ma dal complessivo contesto ambientale (che comprende funzionamento della Pubblica Amministrazione, capitale sociale, collaborazione del territorio), dal turn over di magistrati e personale, dalle leadership esistenti.

Uno degli scopi che dovrebbe avere il PNRR è proprio quello di appianare o perlomeno di avvicinare queste differenze, evitando quella realtà a macchia di leopardo che tuttora viviamo e che anzi gli investimenti del PNRR, in assenza di un forte gruppo guida rischiano di esaltare.

Le cautele che invece occorre avere riguardano anzitutto il percorso con cui sono stati individuati gli obiettivi ed il messaggio culturale insito.

Gli obiettivi sono il frutto di un serrato confronto avutosi tra la Commissione Europea ed il Governo italiano ed hanno il grave deficit di non avere coinvolto in alcun modo né gli uffici giudiziari, né l’avvocatura per partire da un quadro della situazione, per un esame di fattibilità e per identificare gli strumenti. Ora per senso istituzionale e per dovere di collaborazione questi obiettivi diventano inevitabilmente i nostri obiettivi, e cercheremo di utilizzare nel modo migliore possibile gli strumenti che ci vengono dati, ma senza dimenticare che questa non è

4 Dati ministeriali. 

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stata una nostra scelta e che il complesso degli interventi normativi, organizzativi e finanziari poteva essere molto più coraggioso e ardito. Non si è inciso in alcun modo su di una governance tuttora solo centralizzata in particolare in un Ministero della Giustizia ed in parte in un C.S.M. privi della stessa possibilità, oltre che delle risorse per incidere sugli uffici giudiziari che avvertono un’evidente lontananza dal centro, al di là di singoli apprezzabili tentativi di creare canali di comunicazione e condivisione. Si è rinunciato in questo modo per timidezza riformatrice, ma anche per il timore di perdere posizioni di potere, di poter beneficiare dell’apporto, delle capacità e delle intelligenze degli uffici giudiziari e dell’avvocatura e più in generale dei territori. Inoltre non è per nulla chiaro quale sarà il percorso della digitalizzazione dei nostri sistemi. Certo si parla di reingegnerizzare il Processo Civile Telematico e di realizzare (finalmente) il Processo Penale Telematico, ma digitalizzare deve voler dire molto di più, un complessivo ripensamento delle modalità di azione e gestione che spazia dalla conduzione edilizia dei Palazzi di Giustizia, al controllo di gestione, dal monitoraggio costante dell’andamento delle diverse sezioni (compresi gli esiti e le impugnazioni) a focus su singoli settori, dalle banche dati giurisprudenziali fino a strumenti di supporto per la stesura di atti di magistrati, avvocati, funzionari. Sappiamo che ci sono fondi investiti, ma ben poco sappiamo circa progetti, priorità e tempi. Una mancanza di confronto e trasparenza davvero allarmante, specie in un Ministero che nel campo strategico dell’informatizzazione ci ha abituato a tempi incompatibili con la modernità. Anche il messaggio insito nel PNRR sulla giustizia è pericoloso o quanto meno parziale. Ancora una volta gli unici elementi rilevanti sono numeri e tempi, con quello che ormai è diventato un fattore che condiziona l’intera giurisdizione perché si tratta di un messaggio sociale fortissimo che anche i magistrati hanno ormai introiettato nel profondo. Ovviamente la produttività ed i tempi sono elementi fondamentali che non possono essere trascurati, come si è colpevolmente fatto per lungo tempo, ma la giustizia non può essere ridotta a questo, dovendosi badare anche alla qualità, ovvero alla capacità di dare una risposta adeguata e alta alla domanda di giustizia. Il che vuol dire produrre decisioni motivate, scegliere le opzioni “giuste” e non quelle più facili, svolgere istruttoria quando necessario, aspettare se la situazione lo impone, dare provvedimenti che reggano anche nei successivi gradi di giudizio, argomentare in modo convincente e comprensibile per spiegare alle parti le ragioni delle proprie decisioni. E’ chiaro che misurare la qualità di una decisione giudiziaria è impossibile potendosi utilizzare al riguardo solo indici approssimativi ed a volte traditori (quali il tasso di impugnazioni e di resistenza dei provvedimenti), mentre il numero delle definizioni ed i tempi di durata sono

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immediatamente misurabili e percepibili, ma lo sforzo che occorre fare, e da subito, è di mantenere uniti quantità e qualità, perché perderla oggi vuol dire perderla per sempre. Ed anche perché la giustizia italiana non deve perdere un livello di serietà e di approfondimento che rappresenta una conquista estremamente positiva da non perdere.

Questa attenzione dovrà accompagnare tutto il nostro lavoro di indirizzamento degli strumenti del PNRR sulla giustizia.

2.1 IL PNRR ED I SUOI OBIETTIVI 

Gli obiettivi ambiziosi formulati dal PNRR per la giustizia sono:

(2024) Riduzione del 65% delle cause civili pendenti da più di tre anni nel 2019 (337.740) presso i tribunali civili.

(2024) Riduzione del 55% delle cause civili pendenti da più di due anni nel 2019 (98371) presso le Corti d’appello.

(2026) Riduzione del 90% delle cause civili pendenti da più di tre anni nel 2019 (337.740) presso i tribunali civili.

(2026) Riduzione del 90% delle cause civili pendenti da più di due anni nel 2019 (98371) presso le Corti d’appello.

(2026) Riduzione del 40 % del disposition time di tutti i procedimenti civili e commerciali pendenti al 2019 (2512).

(2026) Riduzione del 25 % del disposition time di tutti i procedimenti penali pendenti al 2019 (1393).

Il disposition time (DT) è il calcolo pendenti/definiti x 365 e misura il tempo di durata dei processi in senso “prospettico”: il tempo medio prevedibile di definizione dei procedimenti confrontando lo stock di pendenze alla fine dell’anno con il flusso dei procedimenti definiti nell’anno, per 365.

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Gli strumenti che sono stati pensati sono

 Incrementare le risorse umane per ridurre il disposition time dei procedimenti e per azzerare l’arretrato (2.268.050.000 euro)

o 1660 unità di personale amministrativo e tecnico o 750 unità di personale tecnico specialistico o 3000 addetti all’inserimento dati

o 16.500 Addetti all’UPP (8764 da febbraio 2022)

 Investimenti per la digitalizzazione (133.000.000 euro)

 Riforme della giustizia civile, penale e delle procedure di insolvenza (milestones).

Come sempre la massima attenzione ancora una volta è stata rivolta al processo e alla modifica delle regole che lo disciplinano, con polemiche a volte aspre su singoli aspetti, dimenticando che negli ultimi dieci anni si sono avuti quasi venti interventi sulla normativa processuale sia nel settore penale che civile di cui almeno due classificate come “grandi riforme”. Purtroppo quanto manca alla politica sulla giustizia è una cultura empirica (che parta da dati ed esperienze al di là di impressioni e singoli episodi enfatizzati) e di interesse ad una politica di lungo respiro; ciò porta ad affastellare riforme a nuove riforme, senza mai aspettare gli effetti di quella precedente e senza analizzarne i risultati e a prospettare grandi riforme più per l’effetto propagandistico e taumaturgico che la parola “riforma” suscita che per i concreti risultati che si possono avere. Con una chiara preferenza per le riforme processuali che solo nell’apparenza sono quelle più incisive e determinanti per abbreviare i tempi processuali ed assicurare un più equo contraddittorio.

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Ma se andiamo a vedere in concreto il rito non è risolutivo come viene reso evidente dalle fortissime differenze di performance a livello territoriale. Ciò non toglie che singoli interventi e modifiche volte alla semplificazione, alla razionalizzazione, alla tutela dei diritti possano risultare utili.

 2.2 LE RIFORME PROCESSUALI 

Le riforme processuali non sono comunque determinanti.

Questa constatazione generale viene rafforzata se si prendono in esame le due leggi delega che vorrebbero incidere profondamente nel processo civile e penale.

L’illusione che sembri permei la legge delega sul processo civile è quella di ridurre i tempi processuali attraverso una riduzione dei termini. Sembra non ci si renda conto che i tempi processuali non sono ritardati da termini eccessivamente lunghi, bensì dall’eccessivo carico giudiziario che si abbatte su tribunali e corti e dal vero e proprio collo di bottiglia rappresentato dalla sentenza. Per questo le norme probabilmente più interessanti ed incisive sono quelle relative alla mediazione e più in generale alle ADR, con gli incentivi fiscali e la volontà di arrivare ad un testo unico delle forme complementari alla giurisdizione, oltre che all’ufficio per il processo. È stata persa inoltre l’occasione di ristrutturare il rito alla luce della nuova prospettiva della giustizia digitale. Rito telematico deve significare non solo tecnologico, ma trasparente, garantito, semplice, unitario e flessibile.

Un ultimo cenno va dedicato alla riforma del Tribunale della famiglia e dei minori che, senza un’approfondita discussione, è diventato uno dei punti più significativi della legge delega.

L’unificazione della materia della famiglia e dei minori superando l’attuale bipartizione è sicuramente del tutto positiva. Il modo con cui è stata realizzata è francamente affrettato e con vari aspetti preoccupanti. Non è stato approfondito adeguatamente il lato ordinamentale:

la delega al riguardo è estremamente ambigua in quanto non si capisce se il nuovo Tribunale (e la corrispondente Procura) siano una struttura autonoma (quindi un Tribunale per i minori potenziato), ovvero una sezione del Tribunale ordinario, o ancora una sezione specializzata, come quella del lavoro, sempre del Tribunale. Non solo, ma la volontà di incentivare la prossimità porta a soluzioni semplicemente impraticabili. La norma parla di creare sezioni in tutti i tribunali, addirittura con un Presidente di sezione, dimenticando che la stragrande

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maggioranza dei tribunali non ha le dimensioni per farlo, dato che i giudici che si occupano e si occuperebbero della materia sono sempre uno o due per tribunale. Questo creerebbe indubbiamente problemi e non consentirebbe di coltivare una specializzazione, invece assolutamente necessaria.

Non solo, ma l’abbandono dell’apporto dei giudici onorari (che in questo caso sono esperti specializzati in altre discipline) - ed inserirli nell’ufficio per il processo vuol dire semplicemente rinunciare al loro contributo - è estremamente negativo e priva i giudici togati di ulteriori elementi di riflessione che provengono da altre esperienze e materie. Tra l’altro è curioso che questo apporto venga mantenuto per il settore penale, mentre ben più importante e fattivo potrebbe essere nel settore civile.

La separazione tra materie di competenza monocratica ed altre di competenza collegiale (tipo affidi da un lato ed adozioni dall’altro) vuol dire non cogliere che spesso si tratta di un identico percorso che attraversa tappe diverse e su cui è bene se ne occupi lo stesso giudice. Non solo ma con un sospetto ingiustificato e ingeneroso nei confronti dell’operato dei servizi sociali.

Il rischio anche in questo settore è quello di abbandonare la logica che vede come prioritario l’interesse del minore per, ancora una volta, far prevalere l’interesse degli adulti.

Non si tratta di rifiutare la prospettiva di un Tribunale per la famiglia e minori ed una corrispondente Procura autonomi e potenziati, ma di apportare le necessarie e possibili correzioni. In parte ciò sarà possibile attraverso i decreti legislativi ed in parte modificando punti specifici di una legge delega, che, va ripetuto, presenta anche passaggi positivi, anche se non determinanti.

Quanto alla delega penale vi sono principi del tutto apprezzabili, come quelli sulla digitalizzazione, sulle notifiche, sulla giustizia riparativa, ma è stato quasi totalmente ignorato il penale minore, quello delle citazioni dirette che attualmente è l’epicentro della crisi. C’è da augurarsi che funzionino due istituti, in primis la nuova regola di giudizio (art.1 co 9 lett. a e m) che impone l’archiviazione o il proscioglimento quando gli elementi acquisiti nelle indagini non consentono una ragionevole previsione di condanna. E poi l’udienza di smistamento. con successiva incompatibilità del giudice che l’ha celebrata (art.1 co.12 lett. b) che riprende e amplia alcune esperienze virtuose fatte in diversi tribunali (senza però l’incompatibilità), ma non risolve la situazione, anzi per certi versi l’aggrava in quanto una nuova incompatibilità difficilmente è sopportabile in tutti i piccoli e medi tribunali, ovvero la maggioranza. Difatti tale udienza, che vorrebbe essere una sorta di udienza preliminare destinata a fare un primo filtro, difficilmente potrà essere fissata nell’immediatezza, stante i

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carichi e l’arretrato, e dopo anni rischia di essere solo un ulteriore adempimento burocratico.

Perché a fronte dei fiumi di inchiostro lasciati su prescrizione e improcedibilità, si trascura che quanto oggi è inaccettabile nel sistema penale è che l’eccessivo numero e quantità di reati perseguibili, in particolare di minore gravità, fa sì che le citazioni dirette (che non passano per il filtro dell’udienza preliminare) vengano fissate ad anni di distanza (a Brescia e Bergamo siamo arrivati al 2025) con un danno enorme per gli imputati, per le parti lese, per tutti gli operatori, ma in particolare per la serietà ed effettività del nostro sistema penale. E’ qui che giace la grande massa dei procedimenti ed il grave arretrato che oggi pesa sugli uffici giudiziari, ma che purtroppo non fa notizia.

2.3  L’UFFICIO PER IL PROCESSO. 

L’Ufficio per il processo disegnato in una nuova dimensione e, soprattutto, munito dei pilastri su cui può funzionare è l’intervento strategico più incisivo che può determinare un forte cambiamento nel mondo della giustizia. L’ufficio per il processo già è previsto dalla legge (art.16-octies, d.l. 18.10.2012, n. 179, convertito con l. 17.12.2012, n. 221, introdotto dall’art.

50, d.l. 24.6.2014, n. 90 convertito con l. 11.8.2014, n. 114): «Al fine di garantire la ragionevole durata del processo, attraverso l’innovazione dei modelli organizzativi ed assicurando un più efficiente impiego delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione sono costituite, presso le corti di appello e i tribunali ordinari, strutture organizzative denominate “ufficio per il processo”, mediante l’impiego del personale di cancelleria e di coloro che svolgono, presso i predetti uffici, il tirocinio formativo a norma dell’articolo 73 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, o la formazione professionale dei laureati a norma dell’articolo 37, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.”

L’Ufficio per il Processo e il successivamente istituito Ufficio di collaborazione con il Procuratore della Repubblica si sarebbero dovuti basare su tre pilastri: il personale amministrativo, i tirocinanti e i magistrati onorari. Nella totale assenza per anni di personale amministrativo disponibile, a fronte della fortissima scopertura di organico che non assicurava neppure le attività essenziali, l’Ufficio per il processo era composto pressoché

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unicamente dai tirocinanti ed in molti casi, al di là della sua formale istituzione, era poco di più di un involucro.

Ora quanto viene realizzato non si limita alle assunzioni di 16500 funzionari a tempo determinato in due tranche, ma altresì prevede l’assunzione di 5410 addetti amministrativi e tecnici e un’assistenza data dalle Università con professori e ricercatori attraverso uno specifico bando. Un vero e proprio progetto organico di cui potranno beneficiare anche gli Uffici non direttamente coinvolti nell’Ufficio per il processo che può realizzare un salto di qualità con un fortissimo impatto sugli uffici giudiziari.

Il nuovo ufficio per il processo può difatti comportare una rivoluzione culturale delle modalità in cui è stata sinora concepita l’attività giudiziaria. È il passaggio da un lavoro sostanzialmente artigianale ad un’elaborazione “industriale”. Sinora siamo stati obbligati a concepire, per la stessa mancanza di risorse e di assistenza, il lavoro del magistrato, come una monade isolata che da solo studiava, rifletteva, scriveva. Anche il passaggio al telematico non ha cambiato queste modalità, se non sotto il profilo puramente tecnico. Anzi il telematico, che ha comportato il superamento della necessità di stare nello stesso luogo fisico, ha semmai accentuato l’isolamento del magistrato che spesso lavora e opera, in particolare nel settore civile, da remoto.

L’ottica che si realizza con il nuovo ufficio per il processo è di un lavoro di squadra di cui il magistrato è dirigente e parte e che deve contribuire a creare e si deve inserire in una organizzazione più complessa capace di utilizzare al meglio le risorse umane disponibili, di seguire moduli e procedure concordate, di stabilire standard di azione ed elaborazione.

Proprio la necessità di una organizzazione complessiva induce ad uscire da una logica meramente individuale di rapporto tra il singolo magistrato e uno o più ausiliari addetti specificamente a lui, cercando invece di individuare le diverse fasi e le diverse attività in cui il team di supporto può intervenire dando tutta la propria elaborazione e collaborazione al magistrato che resta inevitabilmente il terminale ed il perno della struttura. L’obiettivo deve essere di togliere al magistrato tutte le attività a basso valore aggiunto e/o prodromiche, di ricerca, di sistematizzazione, di stesura materiale che possono essere demandate ad altro personale qualificato. Occorre riservare al magistrato l’attività più complessa e delicata che costituisce il core business della sua professione, ovvero la decisione. Il che comporta anche l’input su tutta l’attività preparatoria necessaria e il riscontro sulla motivazione della stessa.

Ciò richiederà anche una specifica formazione sia in primo luogo delle persone che verranno assunte come funzionario addetto all’ufficio per il processo, ma anche del magistrato che, a

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fronte di una ricchezza che prima non aveva mai potuto sperimentare, dovrà imparare a delegare, a incaricare di specifiche attività, a monitorare, a controllare, senza rinunciare a dare il proprio apporto originale e personale. Modalità di squadra che vanno insegnate e imparate e che devono portare ad una maggiore produttività e ad una maggiore qualità.

Produttività e qualità che devono rimanere inscindibilmente legate, evitando il pericolo di cadere in un cieco produttivismo che, come l’esperienza insegna, rischierebbe di avere un impatto negativo anche sotto profilo meramente quantitativo (per il proliferare delle impugnazioni).

Chi teme che questo voglia dire delegare la decisione sbaglia, perché non solo questa è patrimonio e responsabilità del magistrato, ma anche perché chi conosce i magistrati, il loro amor proprio e l’identificazione che si crea con il provvedimento, sa bene che la difficoltà sarà al contrario convincere a delegare e a controllare attività svolte da altri.

Dei benefici relativi all’ufficio per il processo non si avvarranno tutti gli uffici, ma unicamente i Tribunali ordinari e le Corti di Appello, in quanto gli obiettivi concordati con l’Europa riguardano unicamente il contenzioso civile (ed è quindi esclusa tutta la materia della volontaria giurisdizione) e i processi penali. Questo ha comportato la dolorosa esclusione degli uffici requirenti, degli uffici minorili e dei Tribunali di sorveglianza. Anche se questi uffici potranno beneficiare del restante personale di nuova assunzione e l’ottica che dovrà accompagnarci sarà di forte sinergia sia interna al singolo ufficio (escludere le sezioni o le parti di sezioni che nei Tribunali ordinari si occupano di volontaria giurisdizione oltre che difficilmente praticabile sarebbe semplicemente assurdo), sia tra i diversi uffici, nella convinzione che solo una collaborazione complessiva, cui deve essere coinvolta l’avvocatura, può dare frutti e risultati per tutti. Si pensi solo al salto di qualità che può rappresentare per tutti un archivio giurisprudenziale cui tutti gli operatori possono attingere, alla conoscenza e consapevolezza da parte del singolo magistrato dell’esito dei suoi provvedimenti nei successivi gradi di giudizio e degli orientamenti esistenti nel suo ufficio e negli altri gradi di giudizio, alla trasparenza e conoscenza da parte di tutti gli operatori degli orientamenti esistenti, al costante monitoraggio dell’andamento degli affari, dell’esito dei procedimenti, delle impugnazioni, di trend di singoli settori.

A ciò va unito un nuovo rapporto con le Università che, con un bando a parte, sono chiamate a dare aiuto e supporto agli Uffici giudiziari sull’analisi e sviluppo di organizzazione degli stessi, nella realizzazione e implementazione di pratiche virtuose, nell’apporto di altre discipline gestionali, statistiche ed economiche agli uffici giudiziari. La realizzazione

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dell’Ufficio per il processo troverà in questa collaborazione e supporto un ausilio fondamentale. Ma questo dovrebbe favorire l’instaurazione anche per il futuro di un rapporto stabile con l’Università di cui questa collaborazione dovrebbe rappresentare solo il momento iniziale. Si inaugura una prospettiva in cui tra Università e Uffici Giudiziari dovrebbe crearsi una forte sinergia con competenze multidisciplinari messe a disposizione degli Uffici, con formazione teorico/pratica e tirocini nei Palazzi di giustizia a favore degli studenti, con ricerche mirate sull’impatto della giustizia sull’economia reale, con un contributo anche creativo alla digitalizzazione e alla comunicazione e informazione interna ed esterna.

Fare sistema, per migliorare e rendere stabile la qualità del nostro sistema giudiziario ed universitario, per rendere queste istituzioni protagoniste e propulsori di sviluppo nel territorio e per creare lavoro qualificato.

Ciò aiuterà anche, come recita anche uno degli assi del bando riservato alle Università, a ridisegnare gli studi universitari per l’accesso alle professioni legali nella prospettiva di una formazione comune e di una istruzione mirata e condotta sul campo per queste professioni, cui l’elevata formazione sia garanzia dello sbocco lavorativo.

Se l’ufficio per il processo manterrà le sue promesse questo sarà già il terreno di formazione comune della prossima generazione di giuristi che, dopo questa esperienza diventeranno magistrato, avvocato, notaio, dirigente, funzionario. Non solo una preparazione di eccellenza (e regolarmente pagata), ma un crogiolo comune in cui l’identità di formazione e provenienza faciliterà i rapporti e le collaborazioni tra le diverse categorie, superando inutili conflittualità.

Gli stessi vantaggi garantiti dalla legge per i successivi sbocchi professionali (la parificazione ad un anno di tirocinio forense o notarile, l’accesso al concorso per magistrato, titolo di preferenza per la nomina a magistrato onorario, i punteggi aggiuntivi assicurati per nuovi concorsi nella Pubblica Amministrazione e riserva di posti per i concorsi pubblici per la terza area professionale) assicurano che non si vuole in alcun modo creare un nuovo precariato una volta finite le due tranche di assunzioni, sia facendo sì che questa esperienza sia un trampolino per il futuro professionale, sia in ogni caso creando una figura che, sia pure con numeri molto inferiori – 1500 come previsto dalle leggi delega di riforma del processo penale e del processo civile – rimarrà negli uffici giudiziari con possibilità di riassorbirvi chi sceglierà di rimanere.

Saremmo però ciechi se non vedessimo non solo le difficoltà con cui dovremo misurarci, ma le criticità con cui già oggi ci confrontiamo: i problemi logistici anzitutto. I nodi relativi all’

insufficienza e all’inidoneità dell’edilizia giudiziaria stanno venendo tutti al pettine, nel

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momento in cui dobbiamo assicurare a centinaia di nuovi addetti postazioni lavorative dignitose ed adeguate, sia pure con un’utilizzazione generosa già prevista dalla legge della flessibilità dell’orario di lavoro e dello smart working. Il Ministero ha assicurato la massima disponibilità anche finanziaria, e in tale ambito raccogliamo con grande soddisfazione l’approvazione del progetto di ampliamento del Palazzo di giustizia di Brescia, ma i tempi di realizzazione sono inevitabilmente lunghi ed in diversi casi, tra cui proprio a Brescia, saremo costretti nei primi mesi ad allocazioni provvisorie. Anche per il fatto che nostra intenzione, per evitare evidenti sprechi, è di realizzare postazioni stabili che potranno arricchire gli uffici giudiziari anche dopo il 2026, ottimizzando gli spazi. Inoltre ci preoccupa inevitabilmente lo scarso successo che il bando di reclutamento dei nuovi funzionari ha avuto nel nostro distretto, come in tutto il Nord Italia, con un numero di vincitori che non arriva alla metà dei posti banditi. Contiamo che il numero venga alla fine coperto attraverso lo slittamento delle graduatorie di altri distretti o un nuovo bando. E’ comunque un segnale che evidenzia l’insufficienza e la debolezza del nostro sistema formativo.

2.4 L’UFFICIO PER IL PROCESSO NEL NOSTRO DISTRETTO. 

I dati relativi alle pendenze esistenti nel 2019, ovvero i dati di partenza di riferimento, come forniti dal Ministero della Giustizia e conseguentemente gli obiettivi da raggiungere sono i seguenti:

UFFICIO SETTORE CIVILE SETTORE PENALE

D.T.

2019

Obiettivi D.T.

Media nazionale

D.T.

2019

Obiettivi D.T.

Media nazionale

Corte Appello 654 392 654 493 369 835

Tribunale Brescia

539 323 556 213 159 392

Tribunale Bergamo

376 225 556 185 138 392

Tribunale Cremona

300 180 556 273 204 392

Tribunale Mantova

389 233 556 365 273 392

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Sono già stati elaborati, come richiesto dal D. L. n.80/2021, i programmi organizzativi degli uffici interessati che per quanto concerne il nostro distretto inevitabilmente si basano su principi di flessibilità e di duttilità. Principi declinati sia all’interno dei singoli Uffici, dovendosi curare un’attuazione diversa per settori e sezioni, sia a livello generale dovendosi tener conto di diverse variabili che dovranno essere verificate, ovvero il numero ed i tempi in cui le persone effettivamente arriveranno, il tipo di preparazione e di esperienze dei nuovi funzionari, i tempi che saranno necessari per la formazione specifica e per avere un funzionamento a regime. Non è un caso che sinora nessun Ufficio si è dato obiettivi di produttività (che comunque saranno contenuti nei Programmi di gestione che ogni anno gli Uffici giudicanti redigono), che pure dopo l’abbrivio iniziale occorrerà porsi, ma che potranno essere realistici e congrui solo dopo aver rodato il nuovo Ufficio per il processo.

Sin d’ora si è sperimentata a livello distrettuale (e siamo stati esperienza pilota in Italia) una formazione dedicata ai referenti dei vari Uffici del distretto per imparare a delegare, a lavorare in gruppo, a dirigere un team.

I passaggi che sono previsti sono: - l’adeguata selezione e destinazione delle persone addette, seguendo esperienze e capacità, - la formazione generale di cui si occuperà direttamente il Ministero, - la formazione specifica che verrà demandata ad ogni sezione e servizio.

La scelta prevalente che è stata adottata anche nel nostro distretto è quella di accompagnare a servizi di supporto strutturati per sezione, servizi trasversali.

Prendere come unità la sezione e non il singolo giudice evita di esporre il magistrato assegnatario ad essere dipendente della maggiore o minore capacità del funzionario e della sua presenza o assenza e punta su di un lavoro di gruppo che può meglio sfruttare la divisione del lavoro e le diverse abilità e saperi delle diverse persone, senza escludere che il magistrato possa essere punto di riferimento per uno o più funzionari.

I servizi trasversali possono riguardare funzioni strategiche quali l’accompagnamento alla digitalizzazione, il monitoraggio costante dell’andamento degli uffici sia come movimento degli affari e loro esito, sia come ricerche e focus su singole materie e istituti, sia infine per realizzare banche dati giurisprudenziali che rappresentano trasparenza verso l’esterno e circolarità dei provvedimenti, consapevolezza degli orientamenti e proficuo confronto tra i diversi orientamenti.

Nei diversi progetti organizzativi sono indicati il numero degli addetti destinati alle singole sezioni e ai servizi trasversali, anche se queste assegnazioni andranno evidentemente

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verificate sul campo sulla base del numero di funzionari che concretamente arriveranno, almeno in prima battuta e del principio di flessibilità prima enunciato.

Le finalità dell’Ufficio sono di supporto alla giurisdizione, e ciò dovrà essere realizzato anche individuando quali attività di cancelleria potranno essere demandate e richieste ai nuovi funzionari. Si tratta di attività direttamente connesse con l’attività giurisdizionale, oggi appannaggio delle cancellerie o svolte dal magistrato, in difetto di assistenza, che potranno essere utilissime anche al fine di evitare conflittualità con il personale che oggi già opera nei nostri uffici e di consentire un funzionamento armonico, badando anche a settori abitualmente ed erroneamente ritenuti secondari come le esecuzioni e le spese di giustizia.

3. L’ANDAMENTO DEGLI UFFICI GIUDIZIARI DEL DISTRETTO.

3.1 Il Settore civile. 

L’andamento dei diversi uffici del distretto va valutato come ampiamente soddisfacente.

Non dobbiamo mai dimenticare che veniamo da un anno che, sia pure in modalità meno intense, è stato caratterizzato dalla pandemia che ha condizionato il nostro operato e che nel paragone con il precedente anno giudiziario 2019 - 2020, risente degli strascichi della sospensione dell’attività di udienza nel periodo marzo – maggio 2020.

Così non deve stupire se in generale si avverte un aumento sia pure contenuto delle sopravvenienze dovuto proprio alla sospensione avutasi nell’anno precedente, oltre che alla situazione di crisi economica che inevitabilmente porta ad una riduzione del contenzioso, mentre aumentano singoli settori direttamente collegati con l’andamento dell’economia (fallimenti, sfratti, modifica delle condizioni di separazione).

Complessivamente si è mantenuta un’ottima produttività che porta ad una diminuzione delle pendenze in tutti gli Uffici.

Il trend generale va letto come un dato pienamente positivo che denota una pronta ripartenza delle attività giurisdizionali dopo la sospensione connessa all’ emergenza sanitaria da Covid 19, oltre che la capacità di utilizzare in modo proficuo i diversi istituti emergenziali messi a disposizione dal legislatore (udienze da remoto con collegamento video, udienze con trattazione scritta).

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Così in Corte di Appello aumentano i procedimenti sopravvenuti (+ 6,9 % da 1981 a 2118, comprendendo tutti gli affari civili, sia contenziosi che di volontaria giurisdizione), mentre ne sono stati definiti 2720 (2439 nell’anno precedente) con una diminuzione complessiva della pendenza che passa dai 5065 dell’inizio periodo ai 4.463 della fine, per una percentuale in diminuzione dell’11,9%, confermando un trend positivo (- 8,39 % nell’anno 2019 – 2020 e – 7,8 % nell’anno 2018 – 2019).

Nei quattro Tribunali del Distretto (Bergamo, Brescia, Cremona e Mantova) i procedimenti sopravvenuti sono aumentati da 46.874 a 49.702, quelli esauriti sono aumentati da 45.737 a 52.576; l’incrociarsi dei flussi ha determinato la diminuzione delle pendenze che sono passate dalle iniziali 35.430 alle finali 33.210, in diminuzione del 6,27 %, risultato apprezzabile rispetto all’aumento dell’anno 2019/2020 del 3,32 %, e migliore della diminuzione del 5,6% del periodo 2018/2019.

In tutti i Tribunali i procedimenti pendenti sono diminuiti: al Tribunale di Bergamo da 9.606 a 8.679 (- 9,65 %), al Tribunale di Brescia da 20.209 a 18.949 (- 6,23 %), al Tribunale di Cremona da 2.604 a 2.453 (- 5,8%), al Tribunale di Mantova da 3.544 a 3.129 (-11,71%).

L’impatto della crisi economica si avverte in particolare nelle materie della famiglia e dei fallimenti.

Il numero complessivo delle cause connesse alla crisi del rapporto coniugale, comprensivo dei divorzi congiunti e contenziosi e delle separazioni consensuali e giudiziali, attesta che nei Tribunali del distretto sono sopravvenute 6462 cause rispetto alle 5639 del periodo precedente e ne sono state definite 6781; le cause pendenti sono passate da 4828 a 4509 con una diminuzione del 6,6%, dato rilevante se parametrato all’aumento dello scorso periodo che era del 9,5%. In grado di appello, i procedimenti sopravvenuti in materia di famiglia (contenziosi e volontaria giurisdizione) sono stati complessivamente 227 rispetto ai 156 dello scorso anno e ne sono stati definiti nello stesso periodo 128, con una pendenza di 167.

I procedimenti in tema di fallimenti aumentano del 32,4 % (1390 contro 1050) con 3098 procedimenti definiti ed una pendenza di 3452 (- 29,8 %), mentre diminuiscono i concordati preventivi (46, - 37,8 %).

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I dati positivi si avvertono anche in tutti gli altri settori.

Avanti al Tribunale delle imprese aumentano le sopravvenienze (284 contro 260) e si riducono le pendenze (476, - 4,76 %).

La sezione del Tribunale di Brescia in tema di protezione internazionale, uno dei settori più critici, dato il forte aumento della domanda negli ultimi anni, è riuscita con uno sforzo straordinario a ridurre le pendenze del 10, 1 %. A fronte di 1096 iscrizioni si sono avute 1182 definizioni. Questo mentre la Corte ha sostanzialmente esaurito la materia (607 al 30 giugno 2021, 345 al 30 dicembre 2021), pervenuta in particolare negli anni 2017 e 2018 con strascichi nel 2019 e 2020, ove il Decreto legge 17 febbraio 2017 n.13 convertito con L.

13 aprile 2017 n.46 aveva eliminato il grado di appello. E’ motivo di soddisfazione avere definito negli anni tra il 2016 ed il 2021 2481 procedimenti senza ricorrere, come avvenuto in molte altre Corti ad applicazioni massive dal primo grado e cercando sempre di mantenere la specializzazione del collegio giudicante.

Particolarmente significativi sono poi i dati relativi alle esecuzioni mobiliari e immobiliari dove si è avuta una forte riduzione delle pendenze (- 22 %) a fronte della fortissima capacità di definizione (4301 esecuzioni immobiliari chiuse a fronte di 2436 sopravvenute e 9725 esecuzioni mobiliari chiuse a fronte di 8114).

Questi ottimi risultati non si traducono ancora in una significativa riduzione dei tempi, anzi in alcuni casi si ha un peggioramento, proprio per la priorità data ad aggredire e definire i procedimenti più risalenti nel tempo che quando vengono definiti pesano sui tempi medi.

Nella Corte i tempi sono ancora inevitabilmente eccessivamente lunghi: nel civile ordinario 1017 giorni (due anni e otto mesi), rispetto ai 950 giorni (due anni e sette mesi), del periodo precedente, con un aumento del 7.1 %. Mentre i procedimenti in materia di famiglia e minori vengono definiti nel tempo medio di 365 per il contenzioso e di 216 giorni se di volontaria giurisdizione. Nelle cause di protezione internazionale il tempo medio di definizione è di giorni 976 se procedimento contenzioso e di 710 se di volontaria giurisdizione.

Nei Tribunali del distretto la durata media della durata dei procedimenti di cognizione ordinaria è inferiore ai tre anni previsti dalla Legge Pinto quale termine ragionevole di durata

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del procedimento contenzioso in primo grado.

In particolare:

presso il Tribunale di Bergamo le cause di cognizione ordinaria vengono esaurite in 695 giorni (un anno e undici mesi);

presso il Tribunale di Brescia in giorni 381 giorni (un anno e un mese);

presso il Tribunale di Cremona in 389 giorni (un anno uno e un mese), presso il Tribunale di Mantova in giorni 425 (un anno e due mesi).

Con un fortissimo miglioramento per quest’ultimo Tribunale che lo scorso anno 2019/2020 presentava la significativa durata media dei processi di giorni 792 (due anni e due mesi).

Dati incoraggianti, ma che dovremo sicuramente migliorare, sia quanto alla Corte di Appello, per cercare di rientrare nel termine dei due anni, sia in generale quanto ai procedimenti in materia di famiglia, una materia particolarmente delicata in cui ritardi possono inasprire la conflittualità e creare ulteriori problemi ai figli. Si tratta di un percorso in parte già impostato che, anche grazie all’Ufficio per il processo, cercheremo di realizzare.

I procedimenti ultra biennali pendenti presso le Sezioni Civili della Corte di Appello sono pari a 1192, sul totale di 4.463, pari al 26,71%.

I procedimenti ultra triennali pendenti presso i Tribunali del distretto di Brescia sono 3833 su 33.210 pendenze, pari all’11,5 %, valore stabile.

Nel settore civile sono diminuiti i tassi medi di impugnazione delle sentenze di primo grado presso la locale Corte di Appello con un tasso del 19,09 %, rispetto al 21,03 dello scorso anno.

Quanto agli esiti delle impugnazioni, le cause definite con sentenza dalle due sezioni civili della Corte di Appello sono state per il 46,7% di conferma, per il 38,6% di riforma (21,8 % di riforma totale e 16,8% di riforma parziale), 10,9% si sono chiuse con altro esito (estinzione, rinvio al primo grado).

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Per la Sezione Immigrazione la percentuale di impugnazione presso la Corte di Cassazione è del 14%. Delle sentenze pronunciate dalla Corte di Appello in materia di immigrazione, protezione internazionale e di libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, per il 39,1% sono di conferma, 58,1% di riforma (11,3% di riforma parziale e 46,8 di riforma totale) e 2,62 % con altro esito.

Il tasso medio di impugnazione delle sentenze pronunciate dalle Sezioni Civili della Corte di appello presso la Corte di Cassazione è del 18% in diminuzione rispetto al 28% del periodo precedente, mentre per la Sezione Famiglia il tasso di impugnazione presso la Corte di cassazione è del 14%.

3.2 Il settore lavoro. 

Il settore lavoro rappresenta un vero e proprio settore di eccellenza nel nostro distretto.

A fronte di 5096 iscrizioni in primo grado si sono avute 3832 definizioni con una riduzione delle pendenze del 16,2 % (4533). Presso la Corte di Appello, la Sezione Specializzata sino al marzo del 2021 ha operato nonostante la vacanza di un posto di consigliere, un terzo dell’organico, dato che la sezione è formata da tre consiglieri, grazie anche ad applicazioni endo distrettuali ed ha smaltito tutte le sopravvenienze, poiché dei 350 ricorsi sopravvenuti, ne sono stati definiti 349 e la pendenza iniziale alla data dell’1.7.2020 di 306 procedimenti è stabile, residuano 307 procedimenti.

I tempi medi di definizione in primo grado sono complessivamente in diminuzione anche se diversificati onda del contenzioso: 604 giorni per le cause in materia di lavoro (nel 2019 - 2020 615), 647 per le cause di previdenza (nel 2019 – 2020 740), 704 per le cause in materia di pubblico impiego (nel 2019 – 2020 614), 438 per l’opposizione alle ordinanze c.d. Fornero (nel 2019 – 2020 280). Presso la Corte di Appello la durata è in lieve aumento da giorni 260 dalla iscrizione, pari a quasi 9 mesi, a 291 dalla iscrizione, pari a quasi 10 mesi dall’iscrizione.

Per le cause di lavoro, previdenza ed assistenza obbligatoria il tasso di impugnazione è 20.86

%, in diminuzione rispetto al 23,99% del periodo 2019/2020. Gli esiti delle impugnazioni rispetto alle 349 definizioni, sono stati per il 52,14% di conferma, per il 32,66 di riforma, il

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15,2% si sono chiuse con altro esito (estinzione, rinvio al primo grado).

Il tasso medio di impugnazione delle sentenze pronunciate dalla Sezione Lavoro della Corte di appello presso la Corte di Cassazione è del 17%.

3.3 Il settore penale. 

Il settore penale evidenzia, al di là degli sforzi e dei risultati contingenti che sono stati raggiunti, una crisi sistemica che va ben oltre il nostro distretto.

Fortunatamente il numero di reato commessi risulta in calo anche quest’anno, al di là di una diffusa e spesso ingiustificata percezione di insicurezza, mentre avremmo dovuto aspettarci un picco di aumenti, non avendo avuto quest’anno lock down. Un risultato che non è casuale, ma deriva anzitutto dall’attività di prevenzione svolta, a partire dalle campagne e lezioni per la legalità per arrivare all’efficace controllo del territorio che Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza, Polizie locali svolgono ogni giorno con un silenzioso coordinamento quotidiano.

Ed anche l’intervento della magistratura dà un importante contributo in questa direzione, ma senza nasconderci che siamo a livello generale in una crisi sistemica.

Vi sono troppi comportamenti sanzionati penalmente e prima le Procure e poi i Tribunali si trovano in evidente difficoltà a farvi fronte arrivando ad una dilatazione dei tempi e ad esiti del tutto insoddisfacenti. Questo nonostante il fortissimo sforzo posto in essere che rischia però poi di rivelarsi del tutto insufficiente.

Sforzo ben rappresentato dalla generale tendenza presso gli Uffici di Procura della Repubblica del distretto alla riduzione del numero di sopravvenienze (47261 nuovi procedimenti, di cui 41.634 a carico di noti, contro i 48782 dell’anno passato, - 3,2 %) e ad una ottima capacità definitoria, superiore rispetto alle iscrizioni:

Brescia: 21.014 procedimenti penali iscritti, di cui 18.328 a carico di indagati noti, 78 della DDA e n.2.608 di competenza del Giudice di Pace, e 20.200 definiti.

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Bergamo: 16.570, di cui 14.663 ordinari a carico di indagati noti, 1.907 di competenza del Giudice di Pace e 16.426 definiti.

Mantova : 5.873, di cui 5.310 noti e 563 di competenza del GdP e 6.104 definiti.

Cremona : 3.804, di cui 3.333 noti e 471 di competenza del GdP e 4.115 definiti.

Per ciò che concerne gli Uffici giudicanti di primo grado, il dato globale registra il totale complessivo di 47.883 procedimenti iscritti (a fronte di 49.123 procedimenti iscritti l’anno precedente), 40.883 procedimenti definiti e una pendenza finale al 30 giugno 2021 di 38.503 procedimenti, con una diminuzione del 3% delle nuove iscrizioni rispetto all’anno precedente. Ciò corrisponde ad un aumento dei procedimenti iscritti avanti alle sezioni dibattimentali e ad una riduzione dei procedimenti sopravvenuti all’Ufficio Gip/Gup . Vi è da sottolineare un notevole incremento dei procedimenti monocratici definiti, che passano da 7.051 ad 8.678, mentre i collegiali definiti rimangono stabili (402 mentre l’anno precedente 409).

L’efficienza ed efficacia di un ufficio GIP/GUP e di un Tribunale del riesame non si può ricavare dal puro dato statistico, tenendo conto quanto all’Ufficio GIP/GUP dell’estrema varietà e differenza qualitativa della tipologia dei provvedimenti richiesti (esito dell’udienza preliminare, riti alternativi, misure cautelari, intercettazioni, archiviazioni etc.) e quanto al Tribunale del riesame dell’importanza dei tempi e della qualità prima che dei numeri, avendo ad oggetto un bene fondamentale quale la libertà personale.

Al di là del contingente aumento delle pendenze (e delle sopravvenienze quanto a Bergamo) che si riscontra a Brescia, Bergamo e Mantova e alla riduzione a Cremona, si tratta comunque di uffici che funzionano bene e che assicurano quella funzione di filtro e di garanzia che le fa essere centrali nel nostro processo penale.

Permane un buon accesso ai riti alternativi presso gli Uffici GIP/GUP dove sono state pronunciate 2832 sentenze tra patteggiamenti e riti abbreviati (di cui 975 a Bergamo, 1.152 a Brescia, 285 a Cremona e 420 a Mantova). Se confrontiamo tale dato che i 2585 decreti di rinvio a giudizio (1.134 a Bergamo, 960 a Brescia, 252 a Cremona e 239 a Mantova) possiamo pienamente apprezzare la funzione efficace di filtro espletata da tali Uffici.

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Per quanto concerne le istanze di riesame e di appello sulle misure cautelari personali, nel distretto ve ne sono state 658, a fronte delle 680 dell’anno precedente, con una flessione del 3,2%. Sono state definite 670 istanze e appelli del Pm e di parte a fronte di 684 dell’anno precedente. Quanto al merito delle decisioni relative a tali istanze, si registrano 78 pronunzie di inammissibilità, 7 declaratorie di inefficacia per decorrenza dei termini, 353 pronunzie di conferma e 123 di parziale riforma, 32 di annullamento totale.

L’incidenza della prescrizione sul totale dei procedimenti definiti risulta molto bassa per i procedimenti definiti con dibattimento collegiale per un totale del distretto del 4,7%; la percentuale del distretto per i procedimenti monocratici si attesta per il distretto al 10,3%, per un totale dibattimento del 10%. Risulta poco più rilevante l’incidenza della prescrizione presso l'ufficio Gip, con prescrizione del 12,3% dei procedimenti iscritti a carico di noti, e del 7,1% presso l'ufficio di Procura.

Per ciò che concerne la Corte di Appello, si è registrata una riduzione delle iscrizioni, passate da 2.506 alle attuali 2.473. Sono stati definiti 3.071 procedimenti (- 9%), con sensibile riduzione della pendenza finale, che si attesta a 3.803 a fronte dei 4.636 dell’anno precedente, con forte erosione dell’arretrato. L’incidenza della prescrizione è in forte calo: 13,95 % quando nel 2019 – 2020 era il 29,44 % e nel 2018 – 2019 era il 16,95 %.

Per quanto infine riguarda la Procura Generale di Brescia, va osservato che presso l’Ufficio sono stati iscritti 2 procedimenti di avocazione, non ne sono stati definiti, con pendenza di 3 procedimenti.

Quanto all’iscrizione di singoli reati, va anzitutto rilevato il generale calo di diversi reati di notevole allarme sociale (furti in abitazione, lesioni ed omicidi colposi derivanti da infortunio sul lavoro, ricettazione).

Sono stabili i delitti di associazione a delinquere di stampo mafioso, con la iscrizione di 14 procedimenti (nell’anno precedente 17), mentre sono in aumento il reato di indebita percezione di contributi finanziamenti e simili concessi dallo Stato, da altri enti pubblici o dall’Unione Europea che passa dagli 89 casi dell’anno precedente agli attuali 167, i delitti di omicidio colposo di cui all'art.589 c.p. (278 contro 245) commessi con violazione delle norme della circolazione stradale (104 casi, contro gli 84 dello scorso anno), i delitti di

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stalking ( da 853 a 907), di accesso abusivo a sistemi informatici ( 9173 a fronte di 8291 dell’anno precedente), e di frode informatica, per un numero di 391 rispetto al precedente 257.

I tempi di ciascuna fase sono buoni, anche se non rivelano la complessiva durata ben superiore che risente dei fortissimi tempi morti.

Per le Procure della Repubblica aventi sede nel distretto, il 56,4% dei procedimenti a carico di noti viene definito entro sei mesi dall’iscrizione della notizia di reato, il 9% tra sei mesi a un anno, il 9,7% tra uno e due anni, ed il 25% in oltre due anni.

Presso gli Uffici GIP/GUP, il 76,1% dei procedimenti si esaurisce entro sei mesi, il 9,1% tra sei mesi un anno, il 10,9% tra uno e due anni e solo il 3,9% oltre due anni.

Per ciò che concerne i tempi medi di definizione dei procedimenti presso le sezioni dibattimentali dei Tribunali, per quanto riguarda i procedimenti collegiali, il numero di essi definito entro sei mesi è del 27,9%, il 27,1% dei procedimenti viene definito tra sei mesi a un anno, il 31,1% tra uno e due anni e ed il 13,9% oltre due anni.

Per quanto attiene al rito monocratico, il 36,5% dei processi si definiscono entro sei mesi, mentre si definiscono in un periodo da 6 mesi a 1 anno il 16,8%, tra uno e due anni si definiscono il 28,7% dei processi, e quelli definiti in oltre due anni sono il 18 %.

I tempi medi definizione avanti alla Corte sono stati di 846 giorni per le sentenze e di 672 giorni per gli altri provvedimenti (in netto miglioramento rispetto ai 1353 giorni dell’anno precedente, scontando ancora una quota di arretrato ultra triennale.

Il quadro apparentemente sotto controllo della giurisdizione penale risente delle modalità parcellizzate e traditrici con cui vengono rilevati questi dati per singole fasi, senza tener conto degli imponenti tempi morti.

Al 30 giugno 2021 i processi per citazione diretta, quindi la stragrande maggioranza, veniva fissata al dicembre 2014 per il Tribunale di Brescia e al gennaio 2025 per il Tribunale di Bergamo, al gennaio 2022 per il Tribunale di Mantova e al marzo 2022 per il Tribunale di Cremona sia per il numero di fissazioni eccedente la capacità di definizione del singolo Tribunale, sia per il contenimento del numero di udienze, data la cronica carenza di personale.

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