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Raccolta di memorie presentate in occasione del Convegno Nazionale

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Raccolta di memorie presentate in occasione del Convegno Nazionale

DOPO L'ALLUVIONE, PER PREVENIRE NUOVE ALLUVIONI Padova, 7 luglio 1995

Antonio Da/ Prà

IL BRENTA: RAPPORTI TRA FIUME E FALDA. UNA SITUAZIONE DA CONSIDERARE NEI PROGETTI IDRAULICI

Luig i D 'A /pa os

POSSIBILI SOLUZIONI PER LA DIFESA DALLE PIENE DEL FIUME BRENTA

Alberto Vie/mo, Umberto Niceforo

LA RETE DI BONIFICA ED IL FIUME BRENTA

Lucio Susmel

RIASSETTO DEGLI SPAZI RURALI IN SENSO AMBIENTALISTICO

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Antonio Dal Prà'

IL BRENTA: RAPPORTI TRA FIUME E FALDA UNA SITUAZIONE DA CONSIDERARE NEI PROGETTI

IDRAULICI

Nella difesa dalle piene di un corso d'ac- qua e soprattutto nella utilizzazione di un corso d'acqua, spesso vengono realizzati interventi molto importanti, che talora mo- dificano in modo sostanziale il regime del fiume. In relazione alle grandi piene del Brenta, sono stati proposti vari tipi di in- terventi per impedire e contrastare questi disastrosi fenomeni alluvionali ricorrenti.

In relazione a questo aspetto, con le consi- derazioni di seguito esposte si intende por- re in evidenza la necessità che ogni lipo di intervento idraulico venga valutato con e- strema attenzione, per poterne prevedere gl i effetti sul sistema ambientale nel quale il fiume si trova inserito.

Un corso d'acqua fa parte di un sistema, in equilibrio con tutta una serie di altri fattori, con i quali il fiume intrattiene stretti rap- porti. Mutamenti operati sul corso d'acqua o comunque entro il bacino idrografico possono determinare in certi casi, oltre ai benefici dell' intervento, effetti negativi molto gravi sull'ambiente.

Molto spesso sono state apportate modifi- che rilevanti nei sistemi idrologici, con la costruzione di grandi serbatoi artificiali, con grandi derivazioni d'acqua da un baci- no ali' altro, con arginature dei fiumi, con imbrigliamenti dei torrenti, con massicce escavazioni di materiali utili entro gli al- vei, ottenendo benefici molto importanti.

Ma provocando talora effetti negativi mol- to pesanti: erosioni delle spiagge, erosioni di grandi manufatti in alveo, diminuzioni delle portate di ricarica delle falde con conseguenti depressurizzazioni.

Per evi tare gli effetti negati vi, occorre co- noscere il sistema con sufficiente dettaglio, e soprattutto conoscere i rapporti tra i vari fattori del sistema, in modo che si possano prevedere e valutare i mutamenti di un fat- tore imposti dalle variazioni di un altro fat- tore. Sulla base di queste premesse, vengo- no di seguito illustrati brevemente i rap- porti che intercorrono tra il Brenta e le fai- de esistenti nel sottosuolo di pianura, pren- dendo in considerazione il tratto d'alveo tra lo sbocco della valle montana a Bassa- no del Grappa fino alla zona di Piazzola sul Brenta, un tratto lungo circa 25 km.

Allo sbocco della valle montana in pianu- ra, il Brenta si trova a scorrere in un alveo inciso in materiali ghiaiosi alluvionali, di elevata permeabilità, che costituiscono il sottosuolo per spessori di oltre un centi- naio di metri. A partire dallo sbocco in pia- nura, a causa della permeabilità dei mate- riali dell'alveo e del sottosuolo, e delle

basse quote della falda sottostante. il fiume disperde le sue acque in profondità. Di- sperde interamente le portate di magra, e una parte rilevante delle portate di morbida e di piena.

Il processo di dispersione interessa un trat- to d'alveo di 12-14 km, da Bassano fino al limite settentrionale della fascia delle ri- sorgi ve (Carmignano, Fontaniva, Cittadel- la). A valle di questa zona, per altri 8-10

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Figura 1 - Inquadramento topografico generale del territorio studiato

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Figura 2 - Carta idrogeologica dell'alta pianura del fiume Brenta

I Ordinario di Geologia Applicata presso il Dipartimento di Geologia dell'Università di Padova,

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km. i rapporti tra il fiume e la falda si in- vertono: il fiume interrompe razione di di- spersione e inizia a svolgere azione di dre- naggio sulla falda. determinato da quote freatiche più elevate rispetto a quelle del livello del Brenta. Il punto di inversione tra il tratto d'alveo ad azione disperdente e quello ad azione drenante non è fisso, ma variabile in relazione alle variazioni di quota di falda nelle fasi di piena e di ma- gra. Le portate che nel tratto d'alveo di- sperdente alimentano le falde, e quelle che nel tratto drenante entrano in alveo. sono molto rilevanti: portate in uscita dalla valle montana a Bassano di 7-8 m'/s sono intera- mente disperse; durante i mesi di magra del fiume. l'alveo a valle di Bassano è costan- temente asciutto per vari chilometri, perché l'intera portata si infiltra nel sottosuolo.

Portate in entrata al tronco d'alveo disper- dente di 20 m'/s circa determinano infiltra- zioni di 10-12 m'/s. Portate in entrata di circa 50 m'/s determinano infiltrazioni di circa 15 m 'Iso Con portate superiori a circa 50 m'/s le dispersioni si stabilizzano intor- no a 17-20 m'Iso

Le portate disperse sono condizionate non solo dalle portate in entrata. ma anche dal- la supeIi'icie d'alveo invasa. Per questa ra- gione. ad alveo completamente occupato dali 'acqua. un aumento delle portate in en- trata non determina aumenti importanti delle portate disperse.

La portata media annua dispersa è stata va- lutata in 10-12 m'/s. pari a circa I m'/s per km. Questi valori indicano la notevolissi- ma importanza del fiume Brenta quale fat- tore di ricarica delle falde. A questo propo- sito occorre puntualizzare che le acque sot- terranee della pianura del Brenta rappre- sentano una risorsa importantissima e che sono sottoposte ad una intensa utilizzazio- ne: per l'alimentazione di tutti gli acque- dotti pubblici locali, per i fabbisogni delle industrie, per l'irrigazione di vasti territori.

Altrettanto rilevanti sono le portate drenate dal fiume a valle del tronco d'alveo disper- dente. A differenza delle portate disperse.

che sono molto variabili in funzione delle portate in entrata a Bassano, le portate dre- nate hanno valori poco variabili, attorno a

I 1-13 m'/s.

Le portate drenate dalla falda sono fonda- mentali per il regime del fiume a valle del- la fascia delle risorgi ve, rappresentando l'intera portata di magra, che si protrae per vari mesi. Il fiume dunque nell'alta e me- dia pianura ha strettissimi rapporti con le acque sotterranee: verso monte costituisce il principale fattore di ricarica delle falde; a valle le acque di falda sono determinanti per il regime del fiume. In questa situazio- ne, interventi idraulici importanti lungo l'alveo del Brenta o comunque entro il ba- cino idrografico, che apportino modifica- zioni sostanziali al regime del fiume, devo- no essere attentamente valutati, potendo determinare variazioni rilevanti sia sulle ri- sorse idriche sotterranee e sia sui deflussi fluviali della media e bassa pianura.

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Figura 3 - Schema dei rapporti tra il fiume Brenta e la falda freatica

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Figura 4 - Correlazioni tra portate affluenti e portate disperse dal Brenta nel tratto Bassano-Friola (da N. Sottani e Altri, 1982)

ALTA PIANURA

MEDIA PIANURA AREA DI RreARIeA DEL SISTEMA IDR(X;EOLOGICO

RreARIeA DEL SISTEMA ARTESIANO

Acquifero freatico indifferenziatol Sistema multifalde in pressione di tipo artesiano I

~ Limi e argille

Km ~ Subsl(alo roccioso

Figura 5 - Modello idrogeologico della pianura veneta

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Luigi D'Alpaos'

POSSIBILI SOLUZIONI PER LA DIFESA DALLE PIENE

DEL FIUME BRENTA

La piena del novembre 1966. che ha inte- ressato tutti i maggiori fiumi del Veneto, colpì in modo particolare il Brenta.

Molte valli nel bacino montano furono sconvolte e non pochi furono i centri abita- ti devastati dalle acque che. ritirandosi. vi lasciarono detriti e tronchi d'albero in grande quantità.

La portata al colmo della piena, stimata in oltre 2.800 m.lls a Bassano, fu la massima mai registrata. confrontabile forse sola- mente con quella della famosa piena del settembre 1882, che le cronache del\'epoca definirono memorabile.

Propagandosi a valle di Bassano, la piena del novembre 1966, contrariamente a quanto storicamente era sempre avvenuto, non determinò nell'alta pianura padovana

stati idrometrici particolarmente elevati ed entrò nel tratto vallivo arginato del fiume con portate al colmo ancora particolannen- te elevate, valutate ,dI'altezza di Limena, poco a monte di Padova, in quasi 2.400 m'/s. Tali portate. troppo elevate per essere contenute entro l'alveo del fiume. a valle di Padova esondarono in più punti, alla- gando estese aree in tutto il Piovese.

Fu quella del 1966 l'ultima di una serie di piene sostenute che a partire dai primi anni di questo secolo hanno interessato il baci- no del Brenta. lasciando dietro di sé danni e. in alcuni casi. vittime.

Parlando del Brenta e dello stato della si- curezza idraulica nel suo territorio devono essere tenuti presenti gl i interventi che l'uomo fin dal 1500 vi ha attuato, per di- fendere dagli interrimenti la laguna di Ve- nezia. prima. e tentare di limitare i danni delle sempre più frequenti alluvioni, poi.

Né. parlando di questo fiume. si può pre- scindere dalla presenza di importanti con- nessioni idrauliche artificiali realizzate con il vicino Bacchiglione. In condizioni di re- gime normale. infatti, è possibile far aftlui-

re in quest'ultimo fiume acque del Brenta (attraverso il canale Brentella). oppure, in condizioni di piena, attuare l'operazione opposta, deviando all'altezza di Voltaba- rozzo attraverso il canale di San Gregorio dal Bacchiglione al Brenta fino a circa 200 m.l/s.

Lo stabilimento a Brondolo della foce del Brenta-Bacchiglione, attuato dalla Serenis- sima per difendere dagli interrimenti la la- guna di Venezia, ebbe conseguenze negati- ve in tutta l'alta pianura padovana, che an- che a seguito di questo intervento nei seco- li fu ripetutamente soggetta alle esondazio- ni del Brenta. Furono queste esondazioni la logica conseguenza di una scelta non nuova nella Storia. che aveva come primo ed unico obiettivo quello di difendere gli interessi del vincitore. indipendentemente dal prezzo che avrebbero dovuto pagare i vinti.

Se la piena del 1966 passò indenne in que- sta parte del territorio padovano fu solo perché a partire dagli anni '50 un'intensa e non sempre preveggente attività estrattiva.

associata alla costruzione nel bacino del

Figura 6· Piena del fiume Brenta a Valstagna nel Novembre 1966 (Fonte: Comunità Montana del Brenta)

2 Ordinario di Idrodinamica presso la Facoltà di Ingegneria dell'Università di Padova.

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Cismon della diga del Corio, aveva inne- scato profonde modificazioni morfologi- che del corso del Brenta tra Bassano e Li- mena. Tali modificazioni avrebbero, come è noto, portato negli anni successivi alla formazione di un alveo fortemente inciso.

in grado di contenere la massime piene e di farle defluire verso valle senza minima- mente interessare le estese aree di golena che restano comprese tra gli argini di 2a categoria.

Dopo il 1966 gli studi promossi dalla Commissione De Marchi e numerose altre indagini, non ultime quelle condotte dal- l'Autorità di Bacino dell' Alto Adriatico, hanno messo in evidenza la ridotta capa- cità di portata dell'alveo del fiume a valle di Padova, condizione resa ancor più drammatica dal fatto che anche l'alveo del Bacchiglione si presenta fortemente sotto- dimensionato rispetto alle portate delle massime piene probabili.

Nelle sue indagini la Commissione De Marchi aveva indicato per il Brenta e per altri fiumi veneti l'opportunità di un cam- biamento negli indirizzi fino ad allora con- siderati per la difesa idraulica dalle piene.

Era in particolare riconosciuta la non fatti- bilità di interventi di ricalibratura dell'al- veo del Brenta-Bacchiglione, per adeguarli nel loro corso di pianura alle massime por- tate probabili.

L'altezza rilevante delle arginature esisten- ti, l'urbanizzazione diffusa del territorio e la presenza di strutture viarie sconsigliano o rendono difficoltoso attuare opere che consentano di incrementare in misura si- gnificativa la capacità di portata degli alvei ed impongono, come unica soluzione alter- nativa perseguibile, quella di ridurre con- venientemente le portate dei colmi di piena in arrivo da monte, mediante la loro tratte- nuta temporanea entro invasi a tal fine pre- disposti.

Questo diverso indirizzo di difesa dalle piene era stato nel passato perseguito con successo dal Magistrato alle Acque sull'A- gno-Guà prima e sul Noce poi. In partico- lare sull' Agno-Guà la realizzazione della cassa di espansione di Montebello Vicenti- no, verso la fine degli anni Venti, si era di- mostrata decisiva per difendere dalle allu- vioni la pianura attraversata da questi fiu-

mi, che i ripetuti e consistenti interventi di

rialzo e rinforzo delle arginature attuate precedentemente non erano riusciti a ren- dere piLI sicuri.

Nonostante il successo di questo interven- to, attuato in una situazione che in qualche modo poteva considerarsi emblematica.

l'idea di moderare i colmi di piena dei fiu- mi veneti mediante trattenuta temporanea dei colmi non fu più considerata negli anni successivi. Tant'è che per nessuno dei pur numerosi invasi realizzati nei bacini mon- tani, soprattutto nel secondo dopoguerra, per soddisfare le necessità irrigue o di pro- duzione di energia elettrica fu previsto di destinare a tali importanti funzioni almeno una parte dei volumi disponibili. Né tanto-

meno si ritenne di attrezzare tali serbatoi con scarichi adeguati per ottimizzare l'uti- lizzazione del volume che comunque fosse stato disponibile durante il passaggio di u- na piena. In generale in un serbatoio elet- tro-irriguo la presenza di scarichi di fondo di non grande capacità e. per contro, di scarichi di superficie molto potenti deter- mina il passaggio a valle di portate massi- me sostanzialmente coincidenti con quelle in arrivo. senza benefici apprezzabili per la difesa dalle piene dei territori di pianura.

E' quanto avvenuto del resto nel 1966 an- che nel bacino del Brenta, dove il serba- toio del CorIo. posto quasi alla confluenza del fiume con il Cismon, nonostante la sua capacità di invaso. non ha ridotto se non in misura trascurabile la portata massima in arrivo dal torrente.

AI di là di questo fatto tecnico. l'eventuale destinazione alla funzione di laminazione delle piene dei serbatoi esistenti si scontra con i diritti dei concessionari, essendo evi- dente la forte penalizzazione che le utiliz- zazioni in atto (idroelettrica e/o irrigua) su- birebbero per un esercizio molto diverso da quello attuale, che richiederebbe di ri- servare importanti volumi d' invaso alla la- minazione delle piene in periodi. quale è quello autunnale, ricchi di deflussi e nei quali normalmente si procede ad invasare i serbatoi stessi.

Nel caso del Brenta è da osservare che a valle di Strà portate dell'ordine di 1.600- 1.700 m'/s sono già in grado di mettere in crisi il sistema delle difese arginali del fiu- me, poiché danno luogo a quote idrometri- che confrontabili se non addirittura supe- riori a quelle delle loro sommità.

La situazione si aggrava se si considerano stati di piena contemporanea nel Bacchi- glione, circostanza questa non improbabi- le, essendo gli eventi di piena sostenuta generati spesso da condizioni meteorologi- che critiche per entrambi i bacini.

Dal punto di vista statistico-probabilistico.

per il Brenta la portata di 1.600-1.700 m'/s è riferibile ad eventi di piena con tempo di ritorno relativamente modesto (10-20 an- ni). Ne discendono, per gli aspetti del ri- schio idraulico, da una parte la grave situa- zione in cui si trova il corso di pianura del fiume. dall'altra l'importanza dei volumi di invaso di cui sarebbe necessario dispor- re per moderare il colmo delle massime piene probabili fino ai limiti compatibili con l'attuale capacità dell'alveo.

In questi anni non sono mancate proposte per aumentare la sicurezza idraulica dei territori attraversati dal Brenta, ma non sempre, o forse sarebbe meglio dire quasi

mai, c'è stata convergenza di opinioni ver-

so le soluzioni di volta in volta avanzate.

Troppo spesso considerazioni di carattere politico, nell'accezione più ampia del ter- mine, si sono sovrapposte a considerazioni di carattere tecnico per contrastare le solu- zioni possibili. con il risultato di accresce- re le contrapposizioni e di allontanare nel tempo non solo l'attuazione degli interven-

ti, ma anche la stessa definizione del piano delle opere necessarie.

Prova ne sia che a trent'anni di distanza dalla piena del 1966 molte incertezze con- tinuano a gravare sugli indirizzi da perse- guire per garantire la sicurezza idraulica nel bacino del fiume.

Il tutto è complicato dal crescente interesse verso le problematiche ambientali, sulle quali, giustamente. l'opinione pubblica ri- chiama l'attenzione affinché, diversamente da quanto è avvenuto nel passato, le grandi opere dell' ingegneria siano realizzate sen- za produrre sconvolgi menti irreversibili dell' ambiente nel quale esse sono destinate ad inserirsi.

Relativamente a questi aspetti, ciò che sor- prende. tuttavia, non è tanto la divergenza di opinioni sugli interventi da adottare.

quanto piuttosto la sostanziale incapacità di capire o di voler capire che sicurezza i- draulica e relative opere sono. se si vuole.

conciliabili con le necessità della tutela ambientale e che certi caratteri di "natura- lità" degli alvei dei corsi d'acqua, che talu- no considera di dover difendere, sono in realtà solo e soltanto il risultato di una re- gimazione artificiale delle portate che ora I i percorrono.

Escludendo interventi di ricalibratura del corso del fiume a valle di Padova, soluzio- ne. come si è detto. sostanzialmente non percorribile. è da porre in evidenza che nessuno degli altri interventi che in questi anni sono stati proposti per moderare i col- mi di piena è in grado di garantire. se con- siderato singolarmente, la sicurezza idrau- lica in caso di eventi estremi.

L'utilizzazione del serbatoio del CorIo sul Cismon, da qualcuno caldeggiata, consente di ridurre le portate massime di eventi di piena generati da precipitazioni con tempo di ritorno centenario da circa 1.400 m3/s a circa 800 m3/s. nel caso in cui venisse uti- lizzato tutto il volume disponibile.

La piena laminata, propagandosi verso val- le e sovrapponendosi all'onda di piena del Brenta vero e proprio. nonostante l'impor- tante effetto moderatore del serbatoio, de- termina. tuttavia, nel tratto terminale oltre Codevigo, ancora condizioni idrometriche critiche. in più parti dominanti rispetto alle quote delle sommità arginali. Migliori con- dizioni rispetto allo stato attuale si presen- tano. invece. a valle di Carturo, dove il provvedimento risulterebbe decisivo per contenere le piene ipotetiche considerate con tempo di ritorno centenario.

Il serbatoio del Vanoi, anch'esso proposto quale possibile provvedimento per mode- rare le piene del Brenta, pur controllando i deflussi del più importante affluente del Cismon. comporterebbe sulle portate mas- sime del Brenta effetti modesti. L'interesse per questo invaso. pertanto, è più per le al- tre finalità per cui è proposto che non per la difesa dalle piene, per il quale problema esso può essere considerato quale interven- to complementare rispetto ad altri.

L'eventuale utilizzazione del serbatoio del

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Corio per la laminazione delle piene del Cismon comporta. come si è accennato.

conseguenze negative sia sulla produzione idroelettrica, sia forse sullo sfruttamento a scopo irriguo del suo volume di invaso. Sarebbe. infatti. necessario mantenere vuoto il serbatoio nel periodo autunnale.

da settembre a tutto novembre. periodo nel quale come è noto tendono a concen- trarsi, quantomeno in base alle registrazio- ni storiche disponibili. le piene ciel Ci- smon e ciel Brenta.

In anni idrologicamente scarsi potrebbe perciò verificarsi i I caso che le morbide e le piccole piene primaverili non siano in grado di riempire completamente i I serba- toio prima de]],inizio della stagione irri- guao

D' altra parte. sulla base delle conoscenze attuali non sembra potersi far riferimento.

per lo stato iniziale del serbatoio. a condi- zioni diverse da quelle inclicate. fidando sulla possibilità di svasi preventivi da at- tuare eventualmente in un periodo di tem- po immediatamente precedente la piena.

Una previsione attendibile clegli stati cii piena basata sulle osservazioni radar-me- teorologiche è, infatti. attualmente limitata ad alcune ore. mentre quella che fa riferi- mento alle osservazioni satellitari sul mo- vimento clelle perturbazioni e alla modelli- stica matematica per prevedere intensità e distribuzione delle precipitazioni sul telTi- torio è ancora troppo poco affidabile per costituire un sicuro punto cii partenza per le applicazioni ingegneristiche.

Qualora non si accettino penalizzazioni dell'utilizzazione elettro-irrigua ciel serba- toio ciel Corio. un possibile provveclimen- to per aumentare la sicurezza idraulica del Brenta a valle di Padova potrebbe essere quello di realizzare nel meclio corso ciel fiume a valle cii Bassano, in adiacenza al- l'alveo di magra e sostanzialmente nelle a- ree comprese entro gli argini di 2,' catego- ria. una serie cii casse cii espansione. utiliz- zando in parte superfici che sono già state interessate dali' atti vità estratti va.

L'evoluzione morfologica clell'alveo ciel fiume, fortemente inciso rispetto alle zone golenali anche a seguito di un incontrolla- to asporto cii inerti, ha profondamente mo- clificato, rispetto al passato. le modalità con cui ora si propagano le piene in questa parte ciel corso d'acqua. Attualmente an- che le massime portate possono transitare verso valle senza interessare le zone gole- mdi, sulle quali un tempo, invece, le acque si espandevano.

La realizzazione di un sistema di casse di espansione in questa parte della pianura potrebbe restituire le aree di golena alle loro antiche funzioni, contribuendo a mo- derare i colmi delle massime piene attra- verso lo sfioro controllato in esse delle portate superiori a determinati limiti.

Questo tipo di intervento trova. peraltro, una fortissima opposizione da parte dei movimenti ambientalisti, che considerano la realizzazione di un tale intervento come

una ulteriore insopportabile azione, desti- nata a deturpare ulteriormente un ambien- te già pesantemente compromesso.

In realtà una corretta progettazione delle opere ed un rigoroso controllo degli inter- venti potrebbero portare ad un assetto del- le aree interessate accettabile anche dal punto di vista ambientale. consentendo tra l'altro il recupero e la sistemazione di zo- ne abbandonate dai cavatori in condizioni che sono oltretutto pericolose. data l'ele- vata vulnerabilità idrogeologica che carat- terizza tutta l'alta pianura solcata dal Brenta.

Una opposizione tanto drastica e categori- ca può trovare giustificazione solo se quanto si propone per le necessità della di- fesa idraulica fosse attuato, come altri in- terventi del passato. senza che gli organi- smi preposti esercitino il dovuto controllo.

Deve far ritlettere il fatto che con un siste- ma di casse ben progettato e coordinato nella funzione idraulica. della capacità complessiva di circa 25-30 milioni di m'.

si produrrebbero sulle piene del Brenta ef- fetti di moderazione dei colmi confronta- bili con quelli dell'invaso del Corio. con il vantaggio di controllare sia le piene del Cismon, sia quelle del Brenta.

Se l'intervento delle casse d'espansione fosse poi associato ali' utilizzazione del- l'invaso del Corio. benefici sostanziali di riduzione delle quote idrometriche massi- me si avrebbero anche a valle di Codevi- go, dove con modesti rialzi ed adegua- menti arginali potrebbero transitare senza esondare piene con tempo di ritorno cente- nario, riducendo in modo significativo il rischio idraulico in tutto il Piovese.

Difficilmente conciliabile con taluni a- spetti della sicurezza idraulica è. infine. la caparbia tenacia con cui ci si oppone alla eliminazione dall'alveo del fiume della vegetazione arborea. rigogl iosa e di ffusa soprattutto a valle di Fontaniva.

E' ben strana l'idea per cui taluni ritengo- no che quello indicato sia un aspetto natu- rale. che qualifica l'ambiente fluviale e che proprio per questo è da salvaguardare.

In realtà, basta confrontare lo stato attuale de II' al veo con quello di un non lontano passato per rendersi conto che la sempre maggiore estensione delle aree boscate al- l'interno dell'alveo del Brenta è il risulta- to, come si è detto, della regimazione arti- ficiale delle portate del corso d'acqua e della loro riduzione per diversione nei ca- nali del sistema che consente l'utilizzazio- ne elettro-irrigua delle portate stesse.

La drastica riduzione delle portate fluenti. la scomparsa delle morbide e delle piccole piene, trattenute entro i serbatoi esistenti o derivate dal sistema di canali artificiali che fiancheggia il corso del fiume. hanno profondamente modificato rispetto al pas- sato le interazioni tra la corrente fluviale e l'alveo mobile che la contiene. Mentre un tempo il fiume scorreva ramificandosi e riunendosi in molteplici ed instabili filoni entro gli ampi spazi delimitati dalle argi-

nature, ora esso scorre entro un alveo so- stanzialmente "ingessato". inciso rispetto alle zone circostanti. che. non essendo pill sistematicamente invase e rimaneggiate dalla corrente. favoriscono la crescita del- la vegetazione con effetti di consolida- mento di ampie isole e di contrasto all'e- rosione.

Si tratta di una condizione pericolosa per- ché. al passaggio delle piene più consi- stenti. aumentando il livello idrometrico e la capacità erosiva della corrente quando anche queste zone fossero invase dalle ac- que. la vegetazione arborea è facilmente sradicata ed è f1uitata verso valle.

Qui niente accadrebbe se non esistessero numerose strutture in attraversamento con pile in alveo. Arrestandosi contro questi o- stacoli la vegetazione sradicata produce spesso conseguenze drammatiche. poten- do, per incremento dell'erosione localiz- zata, verificarsi anche il cedimento delle pile ed il conseguente crollo del ponte. E' quanto del resto avvenuto recentemente in Piemonte.

Sarebbe perciò quanto mai opportuno ri- flettere su questa dinamica e convincersi del fatto che boschetti ripari esterni non e- sposti ali' azione della corrente fluviale possono ben sostituire queste aree boscate.

creando. al di fuori dell'alveo attivo, senza incrementare i fattori di rischio idraulico. i corridoi ecologici e le zone necessarie per- ché una flora ed una fauna diversificate possano insediarsi. arricchendo l'ambiente fluviale.

Le molte discussioni 'di questi anni, le contrapposizioni sui provvedimenti da a- dottare. l' incapacità di conciliare le diver- se esigenze fanno dubitare che nel caso del Brenta e in quello di molti altri fiumi, si possa giungere rapidamente. non solo alla realizzazioni delle opere proposte per incrementare la sicurezza idraulica. ma anche solamente alla definizione del piano degli interventi.

Prepararsi per sapere affrontare nel futuro una eventuale alluvione. tentando di limi- tarne, per quanto possibile. le conseguen- ze devastanti. non è predicare catastrofi- smo ad ogni costo. ma dovrebbe essere considerata cosciente prudenza per chi vi- ve in un territorio così vulnerabile dalle piene cOllle è la pianura attraversata clal Brenta.

Valutare con quali modalità e tempi. in ca- so di rotte o di sormonti e tracimazioni ar- ginali, le zone esposte a rischio idraulico saranno invase dalle acque può dare utili suggerimenti per guidare in modo più ocu- lato la pianificazione territoriale e per at- tuare, eventualmente, una politica di dife- sa idraulica differenziata nelle aree di maggior interesse per la presenza di inse- diamenti produttivi ed abitativi o di im- portanti vie di comunicazione.

Pensare. come è possibile. a strumenti di calcolo in grado di simulare il comporta- mento idraulico sia della rete idrografica principale e secondaria sia di un territorio

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1~ ~ACQUA =---=---=---=-=,~~ e ~ z~ w ~ n ~ e ~ I~V ~A~ g ~ g ~ w 'r ~ n ~ a ~ m ~ D ~ n ~ t~ lp ' r ~ o R if~ a ~ s ~ ~ ~ a ~ l~ I --~

a rischio di alluvioni può essere di suppor- to alle decisioni e consentire non di subire passi vamente gl i eventi ma, per quanto possibile, di "gestirli", fino anche ad inter- venire direttamente per provocare l'allaga- mento di aree di minor pregio a vantaggio di aree di cruciale interesse per la colletti- vità.

L'interesse verso questi modelli matemati- ci. che potremmo definire di bacino, do- vrebbe crescere, soprattutto se permane la

situazione di incertezza e l'incapacità di decidere che hanno caratterizzato questi anni. Opporsi e contrastare soluzioni che non si condividono fa parte di una norma- le dialettica. Ma tra persone capaci di a- scoltare anche gli altri la discussione ed il confronto dovrebbero portare rapidamente a decisioni condivisibili. E' difficile, però. che tale convergenza di idee possa concre- tizzarsi quando l'opposizione è fine a se stessa. non costruttiva e finalizzata solo ad

impedire quanto potrebbe farsi. Coerenza vorrebbe che coloro che praticano tale op- posizione, spesso invero senza possedere le competenze necessarie. si assumessero fino in fondo le proprie responsabilità. pa- gando le conseguenze eventuali di errate prese di posizione ed evitando agli altri di ascoltare i lamenti e la superficialità dei giudizi che immancabilmente, dopo ogni catastrofe che colpisce questo nostro Pae- se, è dato di ascoltare.

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Alberto Vielmo, Umberto Niceforo'

LA RETE DI BONIFICA ED IL FIUME BRENTA

1.Cronaca

Lo scorso mese di giugno è iniziato per molti veneti con l'acqua in casa e le cam- pagne sommerse.

In quei giorni le fonti di informazione, nel darci notizie dei fatti, gettavano responsa- bilità su questo o quell'altro organismo pubblico deputato alla regimazione idrauli- ca, e il "ping-pong" sulle responsabilità è tuttora vivo.

Nel periodo dal IO maggio al 15 giugno del 1995 alla stazione pluviometrica di Cittadella sono stati registrati 311 mm di pioggia, l/3 della piovosità annuale. In particolare le ultime cospicue piogge han- no trovato il terreno saturo e hanno creato problemi nelle rogge Contat'ina e Rezzoni- co - con allagamenti nei Comuni di Gran- torto e Piazzola, mettendo sotr'acqua il centro abitato di Camisano Vicentino - e nel fiume Tesina, che ha allagato la frazio- ne di Lupia in Comune di Sandrigo; non pochi problemi hanno coinvolto le zone di Marostica, per esondazioni del torrente Si- lano, e di Romano d'Ezzelino e Mussolen- te, per le carenze ormai strutturali della zo- na di alta pianura in sinistra Brenta.

Ciò avveniva in netto contrasto con l'anda- mento meteorologico del periodo prece- dente, caratterizzato da scarse precipitazio- ni, tanto che già a metà di aprile nelle cam- pagne si chiedeva acqua per favorire il ger- mogliare del mais appena seminato.

Questi fatti, che si ripetono ormai di fre- quente, sembrano confermare le modifica- zioni climatiche che vedono alternati pe- riodi di forte siccità e di piogge intense.

Per quanto riguarda un recente passato. si può ancora rilevare come:

il giorno 2 dello scorso mese di ottobre i centri dei Comuni di San Pietro in Gù, Carmignano di Brenta, Fontaniva, Citta- della e Galliera Veneta sono stati inte- ressati da un nubifragio che ha provoca- to allagamenti stradali. sommersioni di scantinati. etc. (j j O mm di pioggia in un'ora);

- il giorno 14 dello scorso mese di settem- bre il territorio che va dai colli Berici al trevigiano è stato interessato da un for- tunale manifestatosi con piovosità note- vole ma soprattutto con trombe d'aria, che hanno sollevato coperture dalle abi- tazioni, rovesciato alberature, linee elet- triche e telefoniche;

- nel periodo che va dal 23 agosto al 4 ot- tobre è stata registrata alla stazione plu- viometrica di Cittadella una piovosità di 407,4 mm;

- nel precedente periodo dal 21 luglio al 23 agosto in tutto il medio corso del Brenta c'è stata assenza di precipitazio- ni.

Nell"anno 1994 la piovosità registrata a Cittadella è stata di 993 mm, rispettando la media annua di 950 mm.

In tale anno si sono però verificati episodi sia di periodi siccitosi che di piogge inten- se, i cui tempi di ritorno, indagati con gli usuali metodi statistici probabilistici, han- no valore piLI che centenario.

Sono ormai più anni, a cominciare dalla tragedia dell'alluvione del 1966, che ci tro- viamo testimoni di fatti che non si ricor- dano precedentemente a memoria d'uomo.

2. Relazione fra piene della bonifica e fiume

Gli episodi di allagamento citati e tutti gli altri riscontrati fino ad oggi a partire dal

1966 (vedi elenco finale) hanno in comune

che si sono verificati senza che il Brenta e gli altri corsi principali del sistema abbia- no manifestato piene.

Questo a dimostrazione che le piene della Bonifica sono indipendenti dalle piene del Fiume, oltretutto i relativi idrogrammi so- no sfalsati nel tempo per la ben differente corrivazione. Del resto l'evento di riferi- mento, rilevante rispetto alla realtà specifi- camente coinvolta, ha probabilità (tempo di ritorno) ben diversa per la Bonifica e per il Fiume. In particolare, la Bonifica si studia per tempi di ritorno dell'ordine dei lO anni, mentre il Fiume per un ordine di grandezza superiore. Ciò significa da una parte dimensioni ben diverse delle opere (quindi costi ben diversi), dall'altra il fatto che nel Fiume l'evento che supera il limite si verifica pochissime volte ma con danni notevoli, mentre nella Bonifica, quando si verifica, non crea danni eccessivi, però si riscontra abbastanza spesso.

La Bonifica agisce in modo capillare sul territorio; i collettori allontanano le acque in eccesso, a partire dalle scoline, per rag- giungere i fossi e poi i canali principali. In questa organizzazione ramificata, il Fiume diventa l'elemento portante della rete di bonifica, con l'ufficio di convogliare a ma- re le acque raccolte nella zona di pianura, prima che giunga il contributo del bacino montano di propria effettiva spettanza.

In questo ambito è fondamentale per la Bonifica che il Fiume sia in condizione di recepire e far defluire le acque raccolte, Nell'alta pianura del Brenta, ove ciò era possibile, si è intervenuti raccogliendo le acque dei sistemi di Bonifica e recapitan- doli nel Fiume.

E' il caso del rio Cornara, torrente che trae origine da un bacino di raccolta sulle pen- dici del monte Grappa: un apposito scol- matore recapita le sue acque di piena al

Brenta, a monte dell'abitato di Bassano del Grappa. La portata scaricata, di circa 8 m3/s, è compatibile con quella del Brenta, che in piena raggiunge circa 2.000 m1/s; i tempi di corrivazione sono diversi, essen- do il bacino proprio del Brenta esteso per 1.576 km' e quello della Cornara per 37 km': i picchi di piena sono sicuramente sfalsati, come risulta oltre che dalla verifi- ca dei casi noti anche dall'applicazione di modelli idrologici, quale quello dell'idro- gramma unitario istantaneo.

Analoga soluzione si è individuata per il bacino del torrente Laverda, in destra Brenta. In quest'ultimo caso resta da pas- sare dalla fase progettuale a quella realiz- zativa.

l problemi aumentano quando le pendenze del terreno e le condizioni al contorno i- dentificano i recapiti non nel Brenta ma nell' Astico-Tesina o nel Muson dei Sassi, collettori con bacini dello stesso ordine di grandezza di quelli che in essi dovrebbero scaricare. Tipica è la situazione del sistema del Giaron-Brenton-Pighenzo, tramite cui si vorrebbero raccogliere le acque di bacini pedemontani per scaricarle nel Muson;

l'intervento previsto non è attuabile, in quanto il ricettore è già al limite delle pro- prie capacità. La soluzione provvisoria è quella di utilizzare cave dismesse per re- capitare le acque, che cosÌ si disperdono in falda, con potenziali rischi in caso di acque inquinate (quali certamente possono consi- derarsi quelle di prima pioggia).

3. Effetti delle trasformazioni urbani- stiche

Ciò avviene peraltro in una zona ove era storicamente assente la rete principale, in quanto le acque provenienti dai piccoli ba- cini pedemontani andavano a spagliarsi nel materasso alluvionale. La forte impermea- bilizzazione del territorio, conseguente allo sviluppo urbanistico, ha cambiato comple- tamente il panorama: la mancanza di conti- nuità dei corpi idrici fa sÌ che gli allaga- menti siano molto più frequenti che in pas- sato.

L'effetto di impermeabilizzazione, d'al- tronde, si fa sentire anche nelle altre zone:

la componente che originariamente si infil- trava nel terreno va a scorrere in superficie e a raggiungere la rete in quantità superio- re e in tempi minori. Piogge intense, anche se molto brevi, mettono allora in crisi il si- stema di bonifica. Si calcola che il flusso in presenza di impermeabilizzazione forni- sca un contributo circa 15 volte superiore rispetto a quello che si aveva con il terreno naturale.

l contributi unitari di piena crescono, cosÌ, in misura rilevante (2-3 l/s/ha in aree agri- cole e 30-50 l/s/ha in aree urbanizzate); tali fenomeni si possono interpretare come una

3 Ingeglleri, rispettivamente direttore e capufficio tecllico del COllsorzio di BOllifica Pedemolltano Brellla" di Cittadella (Padova).

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crescita apparente del tempo di ritorno. In questo senso il divario tra Fiume e Bonifi- ca. indicato in premesse. tende a diminui- re. avvicinando le problematiche anche in termini quantitativi. E. per quanto riguarda la Bonifica, si può affermare che. alla luce delle nuove condizioni del territorio, la re- te idraulica non è più sufficiente. Infatti a contributi idrici maggiori si risponde con una rete idraulica ridotta.

La zona più a sud, tra Vicenza e Padova.

che scarica nel sistema del Bacchiglione.

presenta ulteriori problemi: in caso di pie- na anche non eccessiva del ricettore -che si trova in condizioni di rigurgito - i collet- tori non possono scaricare. dunque si de- vono attivare gli impianti idrovori e/o chiudere le chiaviche, ove non presente il sollevamento meccanico.

Anche in questo caso l'impermeabilizza- zione del territorio conseguente alla urba- nizzazione ed alla realizzazione di infra- strutture, oltre a causare un incremento dei picchi di piena e quindi un'insufficienza delle attuali strutture, ha reso contempora- neamente più "fragile" il territorio, ovvero le conseguenze di eventuali esondazioni comportano danni maggiori. sia in termini economici che funzionali. Infatti. fin quan- do si veritìca l'allagamento di una campa- gna - peraltro in un periodo. usualmente autunnale, in cui si è già provveduto al rac- colto -il danno è ridotto: ben diverso è il caso dell'allagamento di uno scantinato o di una abitazione o di un capannone'

4. Evoluzione storica recente

Tornando al nostro territorio, bisogna ri- cOl'dare che solo negli anni '60 viene av- vertita nell'alta pianura la necessità di una rete scolante; fino ad allora l'unica rete e- sistente nella conoide del fiume Brenta era quella di irrigazione. di derivazione dal Brenta, a settentrione. e quella costituita da canali naturali alimentati da risorgenze. a meridione: Ceresone Vecchio e Nuovo in destra e Tergola, Muson. Serraglio in sini- stra.

Ai margini della conoide troviamo ad occi- dente il sistema delle opere di 3a Categoria (torrenti Chiavone. Laverda, Tesina) ed il torrenLe Lunghella (Marostica, Nove) e ad oriente i sistemi che si spagliano fra Brenta e Muson dei Sassi.

L'unico territorio soggetto a scolo idrauli- co era quello de li' ex Consorzio "Bacchi- glione 8rentella", compreso fra gli argini dei due corsi.

Negli anni '60 si propongono, oltre alle necessità di estendere e trasformare le irri- gazioni, nuovi problemi per lo scolo dei terreni, che determinano la classifica di bo- nifica al territorio del Consorzio "Irriga- zione Brenta".

Negli anni '70 prendono avvio le Regioni con le deleghe dello Stato: si verifica così la divisione dei Genii Civili ed il trasferi- mento alle Regioni delle competenze in

materia di bonifica. La Regione Veneto è la prima. con la L.R. 3/1976. a riordinare i Consorzi ed a classificare di bonifica tutto il territorio di pianura del Veneto.

Con successiva L.R. 9/1983 si decide an- che la definizione delle competenze fra Regione e Consorzi (resta tuttora da com- piere).

5. Azione di bonifica

La gestione della Bonifica -attuata attra- verso lo strumento del Consorzio -assume un grande rilievo. perché essa va veramen- te a toccare le esigenze del territorio e del tessuto antropico connesso. attraverso a- zioni quotidiane di tutela, presidio. conser- vazione e miglioramento. Da qui una co- noscenza che consente anche le proposte: in particolare conoscenza e proposte sono sviluppate nel Piano Generale di Bonifica e di Tutela del Territorio Rllrale, di cui tutti i venti Consorzi del Veneto si sono dotati.

Nel Consorzio di Bonifica "Pedemontano Brenta". in cui ricade tutta l'Alta Pianura (da Bassano del Grappa alle porte di Pado- va), sono stati identificati 17 interventi principali. per una spesa di circa 85 miliar- di (1991): sistemazioni. ricalibrature, col- lettori di gronda. impianti di sollevamento, sistema di monitoraggio dell"inquinamento e regolazione dei corpi idrici con sistemi di telecontrollo e telecomando. ecc .. Tali in- terventi - che del resto costituiscono un in- vestimento. ed un investimento di soprav- vivenza - appaiono già ampiamente sotto- stimati, in quanto valutati per eventi con tempi di ritorno decennali, ormai inade- guati rispetto alla realtà territoriale presen- te. che richiede un ritorno di almeno 30-50 anni. D'altra parte i Piani Gel/erali di Bo- I/ifica e di TlIIela del Territorio Rurale -di recente formulazione e peraltro non ancora approvati -si trovano di fronte a realtà già prodotte dagli strumenti urbanistici esi- stenti.

Ma l'importanza del Piano Generale di BOl/ifica e di Tutela del Territorio Rurale - analisi, obiettivi, proposte - non sta solo nella progettual ità, ma anche nella parteci- pazione alle scelte di pianificazione territo- riale.

La forza delle proposte sta nella verifica e- conomica, che è alla base di ogni scelta di piano: verifica nella quale si è tenuto in

debita considerazione l' ambiente.

In un contesto più ampio. che coinvolge l'intero bacino. in base alla Legge 183/1989 sulla di fesa del suolo. i Consorzi di Bonifica si sono attivati appena emanata la Legge. collaborando con I"Autorità di Bacino per identificare interventi urgenti - quantificati in 115 miliardi - ed altri inter- venti necessari. per un totale di 1.390 mi- l iardi ( 1989).

Per scongiurare nuove alluvioni del fiume Brenta anche il tema del Convegno) bi- sogna innanzi tutto provvedere a laminare le piene e questo si può ottenere ridando efficienza alle golene e attraverso invasi artificiali. Una proposta in tal senso dei Consorzi. che coinvolge un ambito più va- sto. è quella di un serbatoio ad uso plurimo nel bacino del torrente Vanoi. affluente del torrente Cismon. con possibili vantaggi per la laminazione delle piene oltre che per la vivificazione ambientale. per la produzio- ne di energia e per l'utilizzo delle risorse. E' proprio l'utilizzo della risorsa idrica.

che ha antiche origini testimoniate dalla presenza delle rogge di irrigazione, che si trova oggi ad essere oggetto di contesa e non solo in relazione al Fiume con i nuovi valori ambientali, ma al sistema più ampio.

che comprende gli acquiferi sotterranei dell'alta pianura.

Fondamentale si rivela. allora. la recente Legge 36/1994 sulle l'i sorse idriche. che afferma la priorità dell'uso agricolo delle acque. secondo. solo, a quello idropotabile.

6. Conclusioni

Si è visto come il problema delle acque possa affrontarsi nell' ambito di due ap- procci diversi: difesa ed utilizzo. Entrambe le questioni si collocano attualmente in un contesto di fragilità del sistema, causata dalle modifiche avvenute nel territorio. Da ciò la necessità di intervento. che deve es- sere partecipato (v. tabella seguente).

La cornice giuridica delle leggi 183/1989 (difesa dalle acque). 36/1994 (utilizzo del- la risorsa idrica) e 319/1976 (qualità delle acque) rendono potenzialmente fattibili tali interventi e in una forma non più casuale ma organizzata ed integrata. In tal senso lo strumento più qualitìcato risulta l'Autorità di Bacino, avente il compito di coordina- mento di tutti gli Organi competenti, men-

ANALISI DELLA PARTECIPAZIONE ALLA REALIZZAZIONE DI OPERE PUBBLICHE (A. MA SSARUTrO. UNIVERSITÀ BOCCONI)

Francia Germania Italia

Sviluppo lIuove fOllti Pubblico 70 20 -50 100

Autofinanziamento 30 O

Distribuziolle Pubblico 3 - 15 15 > 70

Autofinanziamento 67 55 < 30

Reti fognarie Pubblico 12 - 33 30 - 60 100

Autofinanziamento 41 IO O

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tre tra i soggetti attuatori i Consorzi di bo- nifica assumono un ruolo centrale, motiva- to dalla loro conoscenza ed operatività sul territorio. In Germania. ad esempio, si sta dando luogo a strumenti con competenza generale strutturati come i Consorzi di bo- nifica italiani.

D'altro canto amministrare le risorse idri- che ed attuare i provvedimenti di difesa non è solo un compito tecnico-ingegneri- stico, ma soprattutto politico ed economico In qucsto senso il passaggio dalle "Acque"

allo "Stato", che ha caratterizzato l'origine e lo sviluppo di tutte le civiltà, compresa la nostra. non può rinunciare a tenere in giu- sta considerazione quell'elemento fonda- mentale su cui il territorio stesso si è co- struito a misura d'uomo. E' auspicabile, pertanto, che il cerchio continui a chiudersi e che all'Acqua si dia l'importanza che es- sa merita, con l'adozione di politiche ade- guate e di concreti interventi in funzione delle effettive esigenze, con il dovuto ri- spetto in termini ambientali.

Piene significative nel bacino del fiume Brenta dal 1965 in poi.

Giovedì 2.9.1965: Piena del fiume Brenta.

Portata massima 1200 m'/s (ore /2.00).

Venerdì 3.9.1965: Piena del fiume Brenta.

Portata massima 1/00 m'/s (ore 9.00).

Posto in opera sbarramento (bragoti) presso la presa di Marchesane.

Venerdì 4.11.1966: Piena del fiume Bren- ta. Portata massima 2.810 l'n'h,

Evento alluvionale generalizzato.

Sabato 30.10.1976: Piena fiume Brenta.

Portata massima 127/ mJ/s (ore 20.00).

Pericolo di tracima~ioni presso l'argine Tavello a Limena.

Le abitazioni del bacino Tavello erano sta- te evacuate fin dal pomeriggio con ordi- nanza del sindaco.

Chiuse le chiaviche degli scoli Tremignon e Vaccarino per deflusso impedito dalla quota del fiume Brenta.

1976: Anno del terremoto del Friuli. Da metà settembre il fiume Brenta è quasi sempre stato in morbida o piena.

Giovedì 22.12.1983: Piogge intense e pro- lungate in pianura. Dal tardo pomeriggio e in nottata allagamenti a Camisano (tra- cimazioni roggia Poina) e Veggiano (tra- cimazioni fiumicello Tesinella).

Dal 8 al 15.01.1985: /n seguito ad abbon- danti nevicate e freddo intenso (venerdì //.01.1985 temperatura tra _17° e _200 C) allagamenti per pioggia, con terreno e ca- nali ghiacciati: il 16 e 17 a Bessica per tracimazioni delle rogge Lugana e Callal-

ta e giovedì 17 allagamenti da Breganzina fino a Sandrigo per tracima~ione del tor- rente Chiavone (il ghiaccio galleggiante ha ostruito il ponte della Breganzina). An- che in altre parti del comprensorio allaga- menti localiaati per ostruzione da ghiac- cio di manufatti su canali piccoli e medi (neve depositata sulle scoline e fossi stra- dali).

Dal 31.1 al 1.2.1986: Piogge in pianura.

Allagllmenri a Camisano (roggia Poina) e Tesinella (roggia Arlesega) e in altre parti basse della fascia delle risorgive -Lobia e Persegara.

Dal 15 al 19.2.1987: Piogge in pianura.

Allagamenti a Lobia, Tremignon, Limena (roggia Porretta). Via Veneziana a Cam- podoro. Via Fratta a Veggiano.

Dal 23.6 al 10.7.1989: Allagamenti (peri- zie somma urgenza) a Lobia, Tremignon, Limena, Campodoro, Villafranca, Grisi- gnano, Veggiano, Trambacche, Montegal- da.

Sabato 11.7.1992: Piogge intense in prima mattinata e tardo pomeriggio nella zona pedemontana di sinistra Brenta. Traci1l1a- zioni Rio Cornara Bassa, Mardignon, Trieste, Lugana, Giaron, Volon, Giarerta.

Allagamenti a Fellette, Romano d'Ezzeli- no, Ca' Mora, quasi tutto Mussolente e Casoni, Bessica (tracimazione a Nord di Bessica anche dell'argine sinistro del Gia- ron, dove il Genio Civile di Treviso aveva in corso la sistemazione).

Dal 3.10 al 6.10.1992: Allagamenti per tracimazione della r. Armedola a monte di Rampazzo, della r. Poina in corrisponden- za della presa della r. Poinerta, del

f

Tesi- nella da Sambugaro (Arlesega) e da 50- ranzo, del

f

Ceresone Piccolo in località Viola, con illteressamento dell'investita Pegol'({f·o.

Dal 8 al 10.12.1992: Allagamenti delle go- lene del

f

Bacchiglione a Longare e Mon- tegalda e allagamenti specialmente a Sel- vazzano e Rubano per tracimazioni degli scoli Mestrina, Lazzarerto, Storta, Riale e Bisarto (provvedimenti per potenziamento idrovore).

Sabato 2.10.1993: Piena del fiume Brenta.

Portata massima 1161 m3/s (ore 24).

Chiuse le derivazioni in destra e sinistra (le paratoie della Colomba e della Casetta Rosà sul Medoaco sono rimaste bloccate da piante fino a tullo martedì 5.10.1993).

Dal 31.5.1995 al 7.6.1995: Eventi di piog- ge intense. Quasi ogni giorno allagamenti più o meno localizzati in varie parti del comprensorio.

4 Nota inviata dall'ing. Vie/mo, dopo il Convegno, a tutti gli intervenuti.

Nota integrativa·

La presente nota trae spunto dalle altre co- municazioni avvenute durante lo stesso in- contro per alcune osservazioni e precisa- zioni ritenute necessarie.

I) E' emerso da tutti gli interventi che il trallo di fiume Brenta tra Limena e la foce presenta dimensioni insufficienti a garanti- re un sicuro deflusso delle acque di piena, anche per eventi caratterizzati da tempi di ritorno non eccessivi. In passato le espan- sioni golenali nel tratto di alta pianura con- sentivano sicuramente un effetto di lami- nazione che oggi non è più attivo, in quan- to i cospicui abbassalnenti dell'alveo (con- seguenza del mancato compenso naturale rispetto alle notevoli estrazioni di inerti effettuate) lo hanno inciso rendendolo de- presso rispetto alle golene; così che in caso di piena queste non sono interessate dal corso delle acque se non per elevati stati i- drometrici (a piena ormai giunta).

Per quanto sopra, si è perfettamente in li- nea con la proposta di adozione di provve- dimenti atti a ridare efficienza alle golene, scaturita più volte in occasione del Conve- gno. Lo stesso Consorzio si è trovato nel 1983-1985 a dover realizzare (poco a valle di Bassano del Grappa) delle soglie in al- veo del Brenta per la stabilizzazione del fiume, che si trovava in condizioni di ero- sione. Tali soglie sono state verificate pre- via predisposizione di apposito modello fi- sico. Si può ridare efficienza alle golene in modi differenti: realizzando casse di e- spansione; abbassando il piano delle gole- ne adeguandolo all'avvenuto abbassamen- to dell'alveo di magra; intervenendo con apposite traverse o soglie capaci di tratte- nere i materiali solidi e di compensare l'abbassamento dell'alveo producendo un rialzo fino alle condizioni originarie; prati- cando la necessaria manutenzione dell'al- veo. Non è detto che si debba puntare su u- na sola di queste soluzioni, ma un inter- vento progettato in un'ottica complessiva può vedere una integrazione dei sistemi prima citati per ottimizzare il beneficio.

Riferendosi in particolare agli interventi di escavo anzichè a quelli di ripascimento, si fa notare come i già citati negativi fenome- ni di abbassamento del fiume non hanno comportato solo danni ai manufatti di ùife- sa (arginature, ecc.) e di attraversamento (ponti, sottopassi, ecc.; ancora vivo è il ri- cordo del crollo del ponte di Fontaniva, avvenuto nel 1976), ma hanno anche scon- volto l'equilibrio del sistema fiume-acqui- fero; hanno infatti provocato notevol.i ab- bassamenti del livello freatico e drastica ri- duzione degli apporti delle risorgi ve, con conseguenze fortemente negative anche in ambito ambientale (scomparsa di zone u- mide, di ecosistemi, ecc.) e antropico (ri- duzione degli apporti a fini idropotabili ed irrigui, necessità di scavare pozzi sempre

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più profondi. ecc.). Pertanto. prima di an- dare a realizzare ulteriori escavazioni - che comunque non devono tassativamente pro- vocare effetti drenanti sui corsi d'acqua superficiali né tantomeno interagire con l" acquifero sotterraneo -sarebbe bene pen- sare di riutilizzare le cave dismesse presen- ti nel territorio e di far funzionare le due casse di espansione già da anni approvate e realizzate (bacini di Camazzole e di Giara- bassa. per un volume di 8 milioni di metri cubi) che ad oggi non sono in condizioni di svolgere il loro ufficio.

O'altro canto gli interventi di ripascimen- to, oltre a rimettere in gioco la capacità di laminazione delle golene, sarebbero positi- vi per l'acquifero sotterraneo, il cui livello potrebbe risalire.

2) Si è finora parlato del tronco di valle del Brenta; ma anche il lratlo di fiume a IIIOnle di Bassano del Grappa fino alla confluen- za del IO/Tellle Cismon presenta dei rischi idraulici per insufficienza delle sezioni trasversali, e oltretutto. se si dovesse ripe- tere un evento simile a quello del 1966, es- so troverebbe in quella valle la presenza in alveo di infrastrutture stradali ed edifica- zioni. Per tale zona gli interventi prima e- lencati ovviamente non sortiscono alcun effetto, in quanto solo interventi sul bacino montano - quello ove si forma completa- mente la piena - possono fornire delle ga- ranzie a tutto il tratto di valle, compresa la bassa Valsugana.

La realizzazione di invasi nel bacino mon- tano -quale un serbatoio sul torrente Va- noi, previsto già dai tempi della Commis- sione De Marchi e il cui studio di fattibilità è stato predisposto in concessione dalla Regione Veneto già dal 1985 ed approvato dalla Commissione Tecnica Regionale - può rivelarsi di notevole beneficio sia iso- latamente (il bacino del ton'ente Vanoi si estende per circa 1/7 dell' intero bacino del Brenta e -collocandosi nell'ambito del sottobacino caratterizzato da maggiore al- titudine e maggiore piovosità - dà un con- tributo di circa 1/4 all'intera piena del fiu- me), sia soprattutto se associata agli altri serbatoi esistenti; provvedendo agli idonei adeguamenti per acquisire la disponibilità di invaso dall'Ente gestore (ENEL) e per modificare opportunamente gli organi di scarico rendendol i adatti all' uso anche a scopo di laminazione.

In tale ambito si precisa che l'utilizzo del- l'invaso del Carlo da parte del Consorzio di Bonifica "Pedemontano Brenta" a scopo irriguo avviene per solo metà del volume disponibile al IO luglio e si protrae per i soli mesi di luglio e agosto, eccezional- mente fino a metà settembre; pertanto è e- vidente che il Consorzio non ha alcun inte- resse a mantenere pieno tale serbatoio oltre agosto (anzi di fatto lo svuota durante l'e- state) ed è noto che le piene preoccupanti avvengono solitamente a novembre. Esiste quindi completa compatibilità tra usi irri- gui e di difesa.

\

Bassano

Figura 7 • Schema degli invasi nel bacino del torrente Cismon, con inserimento del previsto serbatoio ad uso multiplo sul torrente Vanoi, affluente del Cismon (i numeri tra parentesi indicano i volumi massimi invasabili, espressi in milioni di metri cubi)

3) Si vuole ulteriormente sottolineare che un intervento nel tratto montano comporte- rebbe benefici a tutto il territorio di valle e non solo per l'aspetto della difesa idrauli- ca, ma anche nella direzione di una otlima·

le utilizzazione della risorsa idrica, nel- l'ambito di una geslione lI1ullipla che po- trebbe vedere coniugate la produzione i- droelettrica (fonte pulita e rinnovabile) e la vivificazione ambientale del fiume e del territorio (minimo deflusso vitale) nei pe- riodi in cui si riscontrano stati di magra.

Tali periodi sono ordinari e non ecceziona- li, si ripetono regolarmente ogni anno e non solo durante siccità straorùinarie e si verificano sia in estate che in inverno, tan- to che a gennaio e febbraio il fiume a Bas- sano del Grappa registra portate medie an- cora minori di quelle di luglio e agosto. Tutto questo in un ambito climatico in e- voluzione che sembra far riscontrare in- crementi delle temperature medie dell' aria e periodi siccitosi sempre più intensi ed e- stesi. Il problema delle piene appare più e- vidente e più appariscente ed è della mas- sima importanza ai fini della sicurezza del territorio e della vita stessa dell'uomo; ma non per questo si deve trascurare l'altro a- spetto - quello delle magre - che. tra l'al- tro, ha una ricorrenza frequentissi ma e non appare secondario né dal punto di vista

ambientale, né da quello antropico.

Il serbatoio del Vanoi si giustificherebbe, allora. solo per questi aspetti, oltre che per quelli di laminazione: con un volume di- sponibile di 33 milioni di metri cubi. po- trebbe integrare le magre del fiume per una portata stimata nelle ipotesi progettuali pa- ri a 7 m'/s; tale valore corrisponde al 40%

della minima media mensile annua (17,35 m"/s) e al 16% della minima media mensi- le estiva (43, I O m"/s).

4) Per quanto sopra sembra opportuno pensare a delle soluzioni complessive ed integrate, tenendo conto del quadro gene- rale e non escludendo possibilità di solu- zioni miste (attivazione delle casse già esi- stenti. riutilizzo di cave dismesse, rendere efficienti le golene. manutenzione degli al-

vei, serbatoio ad uso multiplo, adeguamen-

to dei serbatoi esistenti); la scelta degli in- terventi e l'esame della priorità degli stessi non può essere disgiunta da un'analisi eco- nomica che tenga conto anche degli aspetti ambientali.

Cittadella, lì 19 luglio 1995

ing. Alberto Vie/mo Diretlore del Consor~io di Bonifìca

"Pedemontano Brellta" di Cifladella (PD)

(12)

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Figura 8 - Progetto serbatoio del Vanoi -Corografia generale

VISTA DA VALLE

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Figura 9 -Progetto serbatoio del Vanoi -Vista da valle

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Figura 10 - Progetto serbatoio del Vanoi - Sezione trasversale

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