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Capitolo 3 LA DIFFUSIONE DELLA LETTURA IN TOSCANA

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Capitolo 3

LA DIFFUSIONE DELLA LETTURA IN TOSCANA

3.1 Panoramica sulla lettura e sui consumi culturali in Toscana

Prendendo in esame il caso specifico della Toscana e avvalendosi dei recenti dati statistici relativi alla lettura di libri diffusi dall’Istat1, nel 2013 il 47,5% dei residenti aventi 6 anni e più2 ha dichiarato di aver letto almeno un libro nel tempo libero nei 12 mesi precedenti l’intervista, contro il 43% della media nazionale.

Siamo di fronte ad un dato tutt’altro che esaltante, che colloca la Toscana al decimo posto tra le regioni italiane e rivela una condizione di grave “deprivazione culturale”, anche perché si unisce ad una generalizzata scarsità di altri “consumi” culturali. La Toscana presenta una percentuale di “lettori deboli” inferiore a quella nazionale, mentre più alta risulta quella dei “lettori forti”: dal 2012 al 2013, la percentuale di coloro che hanno dichiarato di leggere non più di tre libri in un anno è scesa dal 44,5 al 43,1%, discostandosi sensibilmente dal dato nazionale, mentre un leggero aumento, pari ad un punto percentuale, hanno fatto registrare quelli che ne leggono almeno 12, attestandosi sul 15,1%, un valore superiore anche all’omologo dato nazionale (13,9%).

Per quanto riguarda l’abbandono scolastico, l’Istat registra che nel 2013 in Toscana il 17,6% dei giovani ha abbandonato prematuramente gli studi, portando la regione al settimo posto nella graduatoria nazionale, facendo comunque registrare un calo dopo un trend negativo che durava da alcuni anni. Si tratta di un fenomeno riferibile soprattutto ai soggetti maschi, che distanziano nettamente la componente femminile. La disoccupazione giovanile nella fascia di età tra i 15 e i 29 anni, quella dei Not in

Education, Employment or Training (Neet), coloro che non risultano occupati, né

inseriti in un percorso di istruzione/formazione di qualsiasi tipo (escluso l’autoapprendimento), è in costante aumento e nel 2012 ha fatto addirittura registrare

1 Istat, La produzione e la lettura di libri in Italia. Anni 2012 e 2013, comunicato e tavole reperibili

da: <http://www.istat.it/it/archivio/108662>.

2 La popolazione toscana rilevata al 31 dicembre 2012 risulta composta da 3.693.000 persone, di cui

1.921.000 femmine e 1.772.000 maschi (cfr. Istat, Noi Italia 2014. 100 statistiche per capire il Paese

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96 una brusca accelerazione attestandosi sul 18,2% (+1,8% rispetto al 2011).

Grazie all’uso della rete gli acquisti online, per uso privato, di libri e beni culturali, ha segnato un importante traguardo se confrontato con quello delle altre regioni, anche se una buona parte di cittadini sembra interessata soprattutto ai prodotti letterari. Quest’ultima immagine sulla crescente abitudine a utilizzare il web per la consultazione o l’acquisto di libri offre uno spunto per approfondire altri aspetti legati alle abitudini letterarie dei toscani e alle loro modalità di fruizione di libri. La domanda di lettura, articolata com’è in domanda di acquisto e domanda di lettura pubblica, può essere analizzata sia nei termini di acquisto del bene libro sul mercato, sia in quelli di fruizione di biblioteche. Le diverse modalità di acquisizione dell’ultimo libro letto possono quindi essere così elencate:

 acquisto vero e proprio effettuato dal lettore attraverso i diversi canali di vendita (librerie indipendenti e di catena, grande distribuzione)

 acquisizione da biblioteche pubbliche

 acquisto non effettuato direttamente (regalo), o realizzato tramite i quotidiani, o ancora tramite vendite per corrispondenza.

L’analisi di questi elementi mostra come in Toscana i canali distributivi che si spartiscono gran parte del mercato siano sostanzialmente due: la libreria e la grande distribuzione, con differenze percentuali non molto divergenti. L’acquisto dei libri in una libreria tradizionale appare essere la modalità prescelta dal 19,4% dei lettori toscani, contro una media nazionale del 17,4% – dato inferiore solo ad alcune città del centro Italia3.

Assai più marginale risulta essere la percentuale di coloro che prendono in prestito libri alle biblioteche pubbliche. Leggendo i dati forniti dal rapporto 2010-2012 sul monitoraggio delle biblioteche pubbliche toscane4, si desume quanto pochi siano i cittadini toscani che ricorrono al prestito bibliotecario. Se esaminiamo l’indice di impatto, vale a dire l’indicatore che riguarda gli iscritti al prestito attivi (coloro che hanno richiesto almeno un prestito nell’arco dell’anno) si rileva per il 2012 una media

3 Cfr. C. Brugnano, Editoria toscana: cultura, industria e brand regionale, Firenze, Irpet-Regione

Toscana, 2011, p. 34-35.

4 Regione Toscana, Monitoraggio delle biblioteche pubbliche toscane. Rapporto 2010-2012, risorsa

elettronica disponibile a:

<http://www.regione.toscana.it/documents/10180/320308/Monitoraggio+delle+biblioteche+pubbliche +toscane.+Rapporto+2010+-+2012/98f97039-66b8-48c9-8fab-6ad659ebfba7?version=1.0>.

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97 di 8,8 toscani per 100 abitanti. Il rapporto ci indica che nonostante le biblioteche toscane confermino il trend positivo fatto registrare nel precedente triennio 2009-2011, rimane comunque grandissima la fetta di popolazione che non le utilizza5.

La presenza di biblioteche pubbliche rimane comunque un elemento importante; esse costituiscono uno stimolo allo sviluppo e al mantenimento della propensione alla lettura. Le biblioteche toscane continuano a migliorare, sia pure lentamente, le proprie prestazioni in termini di fruizione (aumentano i prestiti, coloro che ne usufruiscono, i nuovi cittadini che si avvicinano alla biblioteca per la prima volta e sono più frequentate grazie alle diverse iniziative proposte), dotazione, incremento e aggiornamento delle raccolte (queste ultime due componenti crescono dopo la battuta d’arresto precedentemente registrata) e di efficienza complessiva (l’impatto delle biblioteche toscane continua ad aumentare). Rimangono sostanzialmente invariati gli orari di apertura delle biblioteche, dato positivo tenuto conto dei tagli finanziari agli enti locali. La realtà delle biblioteche toscane registra, quindi, una buona “tenuta” generale, anche in relazione alle note difficoltà di bilancio dei Comuni che nel 2012 sono state maggiormente evidenti (la spesa complessiva per le biblioteche ha subito nel 2012 un’ulteriore flessione del 5%).

La realtà delle biblioteche toscane evidenzia due particolare aspetti positivi:

1. spendono di meno e acquisiscono di più, evidentemente grazie a modalità di risparmio nell’acquisto (acquisti in cooperazione e/o online anche di prodotti digitali, come per esempio tramite la piattaforma MediaLibrary Online). Anche nel 2012 la spesa per acquisti ha registrato un andamento negativo, ciononostante gli indici di dotazione documentaria e di incremento delle raccolte sono aumentati

2. allargano il proprio impatto sul territorio e pertanto il cittadino ricorre ad esse non solo per il servizio di prestito ma anche per altri servizi e attività (è aumentato il numero dei cittadini che usa la biblioteca per la prima volta e per servizi di attività anche diversi da quelli tradizionali).

Le biblioteche cercano non solo di servire sempre meglio i propri utenti, ma si adoperano per raggiungerne di nuovi grazie a:

5 L’indice regionale più alto, pari al 15,5%, è quello fatto registrare dal Sistema Documentario

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98  attivazione di servizi bibliotecari sempre più capillari e decentrati in luoghi

strategici del territorio (ad esempio i centri commerciali)

 investimenti strutturali fatti nelle biblioteche, sempre più simili a vere e proprie “piazze del sapere”

 azioni di comunicazione e promozione coordinate a livello regionale.

Laddove si è investito in un nuovo modello di biblioteca come luogo di aggregazione, di inclusione, di conoscenza, ma anche di informazione e formazione, le biblioteche registrano buone performance e continuano a crescere, in virtù della loro vicinanza ai cittadini. Questa situazione non è uniformemente distribuita nel territorio toscano; riguarda in maniera specifica le reti bibliotecarie fiorentine e quelle delle province di Pistoia, Prato e Siena, in alcuni casi anche la rete Bibliolandia di Pisa, nelle quali è sostanziale il contributo delle rispettive biblioteche capoluogo, peraltro quasi tutte nuove o inaugurate negli ultimi anni.

Anche nella società della conoscenza toscana6 esiste, come nel resto d’Italia, il problema dell’analfabetismo, tanto che l’Istituto regionale per la programmazione economica della Toscana (Irpet) ha pubblicato, nel 2007, uno studio dedicato all’argomento7. L’analfabetismo inteso, in senso classico, come l’incapacità a scrivere e a leggere è un fenomeno ancora presente in Toscana, sia pure in maniera sempre più marginale. Pur trattandosi di episodi destinati a diminuire ulteriormente e costantemente in relazione del dato anagrafico, rimangono pur sempre preoccupanti e comunque con essi non si esaurisce il problema degli “analfabetismi emergenti”. L’analisi del fenomeno per classi di età dimostrava come esso fosse legato nella maggioranza dei casi a cittadini ultra-sessantacinquenni, quindi soggetti ai margini della vita attiva, con la conseguenza che l’essere analfabeti, pur significando una deprivazione nella sfera dell’individuo, comporta risvolti sociali marginali.

Il quadro non è, tuttavia, in alcun modo positivo, perché il problema dell’analfabetismo in senso stretto rappresenta per certi aspetti la punta dell’iceberg delle criticità che affliggono la condizione scolastica della nostra regione e, prima ancora, del nostro Paese. Anche coloro che hanno concluso la propria carriera

6 Per un quadro della situazione toscana si veda: La società dell’informazione e della conoscenza in

Toscana. Rapporto 2012, Firenze, Regione Toscana, 2013.

7 Analfabetismo e deprivazione culturale. Inabilità e incompetenze funzionali dei cittadini toscani,

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99 scolastica con la licenza media inferiore, i cosiddetti poveri di istruzione8, costituiscono una categoria che manifesta debolezze educative che potrebbero venire integrate con una politica fortemente orientata alla progettazione ed erogazione di progetti legati alla formazione permanente, in presenza e a distanza.

È interessante, infine, gettare uno sguardo sulla domanda culturale dei toscani perché il dato che emerge, interrelato com’è al livello di istruzione, ci permette di verificare la presenza e la consistenza in Toscana della cosiddetta deprivazione culturale9. Con riferimento ai consumi culturali non legati alla lettura, per i quali abbiamo già fornito i dati precedentemente, gran parte di quelli che vengono abitudinariamente definiti “eventi culturali” costituiscono per una larghissima maggioranza della popolazione qualcosa di eccezionale, di nemmeno semel in anno. In Toscana, nel 2013, tra i residenti di 6 anni e oltre solo il 28,9% ha dichiarato di aver visitato almeno una volta in un anno musei e mostre. Ancora più bassa è la percentuale di chi ha visitato monumenti; seguono, con percentuali decrescenti, coloro che hanno dichiarato di essere andati, almeno una volta nel corso dell’anno, a teatro e a concerti di musica leggera mentre, all’ultimo posto, con un netto distacco rispetto agli altri tipi di spettacoli, si collocano i concerti di musica classica (9,5%). Nel calo generalizzato dei consumi culturali, il cinema, tra i diversi tipi di spettacoli e intrattenimenti fruiti fuori casa nel tempo libero, continua a costituire un’attrattiva per il 47,7% dei toscani. Guardare la televisione rimane un’abitudine consolidata per il 91,9% dei toscani, mentre l’ascolto della radio è una pratica meno diffusa, anche se in netta crescita (nel 2013 l’ha ascoltata il 57,4% dei toscani conto il 54,7% dell’anno precedente).

Per quanto riguarda la lettura dei quotidiani anche in Toscana si registra un calo progressivo che ormai prosegue ininterrottamente da un paio di decenni, anche se qui è più contenuto rispetto a quello rilevato nel 2012: il 56,4% dei toscani di 6 anni e più ha dichiarato di leggerli almeno una volta a settimana.

In costante aumento sono invece coloro che dichiarano di utilizzare il personal

computer: afferma di utilizzarlo il 58,1% dei cittadini di 6 anni e più e tra di loro il

36,6% dichiara di farne un uso quotidiano.

8 Poveri di istruzione perché il conseguimento del titolo dell’obbligo scolastico costituzionale non

può infatti garantire oggi, per la popolazione in età attiva, adeguate conoscenze e competenze tali da permettere una partecipazione alla vita sociale attiva e consapevole.

9 I dati di seguito riportati sui consumi culturali dei toscani sono stati desunti da: Istat, Noi Italia

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3.2 Il profilo del giovane lettore in un’indagine sulla provincia di Firenze

A oltre dieci anni dall’indagine sui giovani lettori realizzata nell’area fiorentina da Scandicci Cultura e Idest10 e che ha dato via al progetto Libernauta11, è stato realizzato un nuovo e più ampio aggiornamento presentato al convegno Identikit del

lettore da giovane (Firenze, 30 maggio 2012) nell’ambito di LiberFest-Festival del

lettore da giovane. La recente analisi è stata condotta da Claudio Becagli e Silvia Ranfagni, ricercatori del Dipartimento di Scienze aziendali dell’Università degli Studi di Firenze, promossa da Scandicci Cultura in collaborazione con la rete delle biblioteche fiorentine, con le scuole superiori della provincia di Firenze e il sostegno di Regione Toscana, Provincia di Firenze e Consulta degli studenti12.

Il lavoro di ricerca si è proposto di indagare il rapporto tra i giovani e la lettura cercando di focalizzare le determinanti sociali e culturali in grado di incidere, positivamente o negativamente, sul loro livello sia di interesse che di apprezzamento verso i più svariati prodotti editoriali e, conseguentemente, sul loro atteggiamento verso la lettura.

La ricerca è stata suddivisa in due fasi.

1) Nella prima fase, di tipo qualitativo ed esplorativo, il gruppo di lavoro è stato impegnato nella conduzione di quattro focus group, composti da 10-15 studenti di scuole superiori della provincia di Firenze, di un ulteriore focus group con 8-10 docenti di materie umanistiche e di un gruppo di 8-8-10 bibliotecari esperti nella promozione della lettura per l’infanzia e per la gioventù. All’interno di ogni gruppo sono stati enucleati gli aspetti più importanti da approfondire all’interno della seconda fase della ricerca e sono state affinate le domande da

10 Cfr. Il mestiere di leggere. Istruzione per l’uso, a cura di S. De Martin e P. De Pasquale,

Scandicci, Comune di Scandicci, 2001.

11 Libernauta è un progetto di promozione della lettura nato all’interno di una collaborazione fra

biblioteche e scuole e rivolto agli studenti delle scuole superiori di Firenze e provincia. Nasce dalla constatazione che, da un lato, le pratiche della lettura consolidate nella didattica scolastica non hanno saputo suscitare nei ragazzi un gusto della lettura libero e personale e, dall’altro anche le biblioteche pubbliche non sono state in grado finora di sviluppare efficaci strategie di conquista dei lettori adolescenti. La scommessa del progetto è stata quella di alimentare il piacere della lettura, inserendo il libro nel contesto degli interessi più familiari ai ragazzi, come la musica, il teatro, il cinema, lo sport, Internet. Per maggiori informazioni si veda: Libernauta. Appunti di viaggio per giovani lettori, Firenze, Giunti progetti educativi, 2007.

12 Cfr. C. Becagli e S. Ranfagni, “Il profilo del giovane lettore: un’indagine sulla provincia di

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101 inserire nel questionario.

L’analisi ha riguardato, con riferimento agli studenti, tre aspetti ritenuti fondamentali:

a) il momento e le motivazioni della scelta del prodotto editoriale da leggere b) il rapporto con la tecnologia e il contesto sociale di appartenenza

c) il rapporto con i luoghi nei quali si pratica la lettura, innanzi tutto la libreria e la biblioteca.

2) Nella seconda fase il gruppo di lavoro ha provveduto ad analizzare la composizione della popolazione studentesca delle scuole superiori della provincia di Firenze, individuando un campione stratificato (per tipo di scuola frequentata) composto da 907 studenti (511 femmine e 396 maschi) di età compresa tra i 14 e i 20 anni, rappresentativi dell’intero universo studentesco, ai quali è stato sottoposto il questionario di rilevazione. Tale campione, per la sua ampiezza e la presenza di parametri specifici (in base al tipo di istituto frequentato, in base al sesso o all’anno di corso ecc.), attribuisce ai risultati ottenuti una validità che va oltre i ristretti confini provinciale e, addirittura, regionale.

Nella maggior parte dei casi, i giovani intervistati hanno ammesso di dedicarsi anche alla lettura extra-scolastica, registrando una differenza di genere che colloca le ragazze su valori più elevati, con la conseguenza che addirittura 1/3 dell’intero campione non prende in mano nessun libro se non per esigenze scolastiche.

Sulla base del numero di libri letti, gli intervistati possono essere così suddivisi: il 20% è costituito da “lettori deboli”, che non superano i 3 libri letti nell’anno, il 60% si attesta tra i 4 e gli 11 libri letti; solo il 20% legge oltre 11 libri l’anno costituendo la schiera virtuosa dei “lettori forti”, élite nella quale emerge un’assai marcata differenza di genere con le ragazze che ne costituiscono ben il 77%.

Nella gran parte dei casi esaminati, i libri si acquistano in libreria ma chi può si approvvigiona direttamente dalla propria abitazione (il 46% dei “lettori forti” contro il 25% di quelli “deboli”) mentre i prestiti da biblioteche o dagli amici sono molto meno utilizzati.

Chi aiuta i giovani nelle proprie scelte di lettura? Le risposte fornite ci riservano un’ulteriore sorpresa: tutti gli studenti, indipendentemente dalla classe di lettura,

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102 hanno dichiarato che i libri letti nel corso dell’ultimo anno non sono stati mai, o quasi mai, frutto di consigli di lettura provenienti da genitori e/o parenti. Il ricorso al consiglio dei docenti si riduce al crescere della classe di libri letti. Scarso, per tutti, è anche il ricorso al consiglio degli amici, tuttavia si registra una certa maggiore influenza in tal senso, limitata a «qualche volta», per i “lettori forti”.

La maggior parte degli intervistati conviene, in maniera convinta e decisa, sul fatto che la lettura sia uno strumento necessario per migliorare la propria esposizione orale e scritta. Anche le affermazioni del tipo «la lettura mi aiuta a conoscere il mondo» o «la lettura mi fa crescere» trovano un buon consenso mentre minor consenso incontra l’affermazione «la lettura mi fa divertire».

Passiamo ora ad analizzare i driver della lettura. La metà del campione indagato, indipendentemente dalla categoria di lettura, sostiene che gli insegnanti facciano di tutto per stimolare la loro voglia di leggere mentre l’impegno nella promozione della lettura profuso dai genitori è maggiormente riconosciuto dai “lettori forti”. In linea generale i ragazzi mostrano di non apprezzare le letture imposte (soprattutto quelli che sono “lettori deboli”). Il rapporto con gli scrittori non è un driver rilevante per i non lettori e per i “lettori deboli” così come la vista di libri (biblioteca, libreria, libreria di casa), che invoglia a leggere molto di più i grandi lettori. Anche la tecnologia non risulta essere un driver che fornisca motivazione a leggere, soprattutto i “lettori forti”. La maggioranza di coloro che si dichiarano lettori affermano che nella loro vita c’è un libro che ha fatto scattare in loro la passione per la lettura, finendo per costituire esso stesso un driver fondamentale. L’innamoramento con la lettura è avvenuto assai precocemente per i “lettori forti” mentre i “lettori deboli” hanno avuto questo incontro fatale in età più avanzata. Coloro che possono vantare il merito di aver consigliato questo “prezioso” libro sono i genitori, in misura preminente tra i “lettori forti”, mentre presso i “lettori deboli” il ruolo prevalente svolto in tal senso spetta a docenti, amici e parenti.

Alla richiesta di indicare quale sia stato il libro che li ha fatti appassionare alla lettura, i 395 studenti che hanno risposto alla domanda hanno fornito risposte assai dispersive, segnalando ben 218 titoli. Ai primi posti, senza distacchi particolari, troviamo romanzi come Harry Potter, Il cacciatore di aquiloni, Bianca come il latte,

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103 in un unico titolo). È da rilevare la totale assenza di classici e di testi della narrativa italiana, che stanno uscendo dalle scelte di lettura e dalla sfera affettiva dei giovani lettori; stessa sorte spetta ai cosiddetti libri generazionali, eccezion fatta per il successo planetario di Harry Potter.

Chi sono coloro dai quali i giovani accettano consigli di lettura, quei soggetti ai quali i giovani danno più facilmente ascolto? In primo luogo gli amici e soltanto in misura assai minore i genitori e gli insegnanti mentre i librai e i bibliotecari sono relegati in fondo alla lista.

Una ulteriore fonte di sorpresa è apprendere che ai ragazzi molto giovani, figli di una generazione ampiamente digitale, piace il libro cartaceo e che lo predilige, in maniera molto convinta, a quello digitale.

L’affermazione «se mi è piaciuto un libro tendo a leggere altri libri della stessa serie

(es. Harry Potter)» trova gli intervistati sostanzialmente d’accordo, così come lo

sono nel seguire la scelta di altri libri dello stesso autore e nell’apprezzare la chiarezza espositiva di uno scrittore. I “lettori deboli”, invece, si lasciano più facilmente sedurre dai titoli dei libri e perdono interesse per quelle opere letterarie che hanno potuto vedere trasposte in opere cinematografiche.

Altre interessanti informazioni ci provengono dalle indicazioni dei canali di acquisto dei libri. I nostri lettori, indipendentemente dalla categoria di appartenenza, acquistano libri prevalentemente nelle librerie. I “lettori deboli”, più disinvolti, non disdegnano poi le edicole e la grande distribuzione mentre i “lettori forti”, da parte loro, amano, in alternativa, frequentare maggiormente le bancarelle, librerie dell’usato e, nel 12% dei casi, acquistare libri online.

Tra i luoghi di lettura preferiti le biblioteche non godono di un grande favore: solo il 19% degli studenti ha risposto positivamente. Al prestito bibliotecario attingono molto di più le ragazze che i ragazzi, questi ultimi privilegiano le biblioteche nella loro prospettiva sociale, legata all’incontro, all’utilizzo di Internet e allo stare insieme. Le stesse considerazioni valgono per le librerie, che le ragazze utilizzano per acquisire libri e informazioni editoriali mentre i ragazzi le vedono più come un luogo in cui passare il tempo o in cui incontrare i propri amici. Il luogo di lettura prediletto è di gran lunga la propria abitazione (senza distinzione), ma spiccano anche, sia pur percentualmente assai distanziati, i luoghi aperti e i mezzi pubblici

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104 (i “lettori forti” si mettono maggiormente in mostra). A seguire, in coda alla classifica delle preferenze e con percentuali poco lusinghiere, la propria scuola e, come già accennato, la biblioteca.

Tra i comportamenti che gli intervistati dichiarano di assumere al termine di una lettura, emerge la scelta di parlarne preferibilmente con gli amici (se il libro viene ritenuto buono viene vivamente consigliato, soprattutto da parte dei “lettori forti”) e con i propri genitori mentre non ne parlano con i propri insegnanti, né usano scrivere recensioni sui social network.

Passando sul versante dell’indagine qualitativa i focus group fanno emergere alcune particolari tendenze tra i giovani intervistati che manifestano il proprio distacco “psicologico” dalle tecnologie, le quali, pur essendo largamente diffuse tra gli intervistati, non vengono considerate come supporti funzionali alla lettura. La loro preferenza è rivolta senz’altro al libro cartaceo, con particolare riferimento ai grandi lettori, e palesano un comportamento di scelta autonomo ma allo stesso tempo razionale e controllato.

Ricercano un rapporto diretto e fluido con il libro che viene considerato un “amico invisibile”, un “filosofo” o addirittura “un viaggio” temporaneo in una nuova realtà; ne deriva la consapevolezza, soprattutto da parte di chi si dichiara lettore, del potenziale conoscitivo che un libro può trasmettere.

Il focus con i docenti ha messo in luce situazioni critiche nei rapporti tra la lettura ed i “lettori deboli”; da qui nasce l’esigenza di sviluppare un nuovo orientamento alla lettura basato soprattutto sulla ”educazione” del lettore ad apprezzare gli effetti che un libro può produrre sulla crescita individuale. Anche i bibliotecari nel focus a cui hanno partecipato, hanno evidenziato la consapevolezza di dover rivedere il proprio ruolo, non più di prestatori di servizi bensì “attivatori” di dialogo ed emozioni, in quanto il lettore non è un osservatore ma un partecipante attivo che vive le stesse emozioni del mondo narrato.

Leggendo congiuntamente i risultati dell’analisi qualitativa e quantitativa emerge che agli insegnanti e ai bibliotecari è riservato il difficile compito di interpretare al meglio una generazione di giovani profondamente diversa da quelle passate: diversa per attitudini, gusti, modalità di relazione e velocità di risposta agli stimoli. Queste categorie professionali dovranno cercare di individuare innovative modalità di

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105 diffusione della lettura, in grado di intercettare l’interesse degli adolescenti che non amano “mescolare” la propria esistenza con i libri, come succede invece ad Adele, giovane protagonista dell’ultimo romanzo di Ermanno Rea13, che vive i libri dal di dentro, intrufolandosi nelle trame e negli intrecci narrativi.

3.3 Le biblioteche fuori di sé

Nel nostro Paese le biblioteche sono frequentate solitamente da una esigua percentuale di cittadini, costituita prevalentemente dagli studenti, cioè da lettori “obbligati”, che utilizzano le strutture e il patrimonio delle biblioteche secondo una modalità indotta, e comunque fin tanto che rimangono all’interno del circuito formativo, per poi scomparire definitivamente come utenti. La lettura libera è un fenomeno largamente residuale. Questo dato, sommato al tiepido rapporto che gli italiani hanno con il libro, finisce per vanificare ogni dichiarazione di principio sulla uguaglianza di opportunità nell’accesso all’informazione e alla cultura. Se la capacità critica è un elemento fondamentale per la formazione di un’opinione pubblica attenta e consapevole, la lettura, come esercizio di tale capacità deve essere incoraggiata e promossa.

Alcune biblioteche italiane e straniere si sono impegnate già da decenni nella realizzazione di esperienze di “esportazione” dei libri e della lettura fuori dagli spazi istituzionali attivando punti di prestito nei luoghi di passaggio, dove la gente si reca sia per motivi di lavoro sia per motivi di studio, dove trascorrere il tempo libero, fare la spesa, incontrarsi. A partire dagli anni ottanta sono state avviate in Italia sperimentazioni di diffusione del libro e della lettura nei luoghi non tradizionalmente deputati alla lettura che vengono frequentati per ragioni di mobilità (stazioni ferroviarie e della metropolitana, piazze), durante il tempo libero (spiagge, impianti sportivi, discoteche, campeggi, giardini pubblici, centri-giochi, bar), nelle occasioni di cura familiare (mercati, supermercati) e personale (negozi di parrucchiera, estetista), o ancora luoghi abitati in periodi di sospensione della normale vita di relazione (carceri, ospedali) e tramite punti prestito mobili (bibliobus). Per ognuno di

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106 questi luoghi le biblioteche hanno potuto sperimentare e accertare una vocazione non casuale a luogo di lettura e prestito.

A partire dagli anni settanta, un gruppo di biblioteche toscane iniziò a realizzare forme sperimentali di “esportazione” della biblioteca, attivando punti di lettura, prestito e discussione nelle fabbriche, nelle Case del popolo, nelle scuole, per poi realizzare quelli che negli anni successivi si sono consolidati come “sistemi stellari di sistemazione stellare del libro”: Castelfiorentino, Prato e il quartiere fiorentino dell’Isolotto negli anni novanta14. Queste esperienze hanno dimostrato che molte persone che non avrebbero mai pensato di accedere ad una biblioteca possono diventare lettori reali, inserendo la lettura di un libro all’interno della propria quotidianità.

Iniziative come queste hanno, verosimilmente, come antesignano, e non solo in terra toscana, l’intuizione che ebbe negli anni cinquanta l’Amministrazione comunale di Grosseto, con la creazione del primo “bibliobus”, per portare i libri, o meglio, la cultura, nelle piccole comunità della Maremma, dove la cultura non era mai arrivata. Tale invenzione viene attribuita allo scrittore Luciano Bianciardi, ma, come ci ricorda Aladino Vitali, che gli successe alla direzione della Biblioteca Chelliana di Grosseto nel 1954, per quanto riguarda il bibliobus

l’iniziativa, sponsorizzata alla grande dall’Amministrazione Comunale nel 1951, aveva un sapore più demagogico che culturale. L’idea era venuta all’allora segretario comunale Rino Gracili e venne accolta con grande entusiasmo da Bianciardi […] a Luciano interessavano molto di più le iniziative culturali che potevano essere organizzate dalla biblioteca (come le conferenze o le escursioni con lo scassato furgoncino per le campagne grossetane)15.

Bianciardi amava affermare che “se la gente non va dai libri, saranno i libri ad andare dalla gente” e per il suo sgangherato furgoncino aveva coniato la rima “Questo è il

14 Sulla specifica esperienza della biblioteca fiorentina del quartiere dell’Isolotto cfr. P. Federighi,

Le condizioni del leggere, Milano, Bibliografica, 1996.

15 Cfr. A. Bonelli, La Biblioteca comunale Chelliana. Storia di un progetto (1954-2007), tesi di

laurea, Università degli Studi della Tuscia, Facoltà di Conservazione dei beni culturali, Corso di laurea specialistica in gestione e valorizzazione della documentazione scritta e multimediale, a. a. 2006-2007, p. 56-57. Per il bibliobus di veda anche La Gazzetta: quotidiano di informazione, ”Ventiquattr’ore a Grosseto”, 23 luglio 1953, p. 4.

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107 bibliobus della Chelliana che viaggia una volta alla settimana”16.

Arrivando alle esperienze degli anni ottanta, le biblioteche non hanno nel frattempo ridotto l’erogazione dei propri servizi all’interno della sede istituzionale, anzi hanno potuto, invece, svolgere il proprio lavoro in modo più dinamico e significativo vedendo accrescere il numero degli iscritti e, quindi, la propria visibilità e riconoscibilità come agenzie di informazione e documentazione per tutti i cittadini. Nei giorni 12-13 ottobre del 1995 le biblioteche che in Italia avevano intrapreso questa interessante esperienza si diedero appuntamento a Castelfiorentino (FI) per un convegno nazionale dal titolo La biblioteca fuori di sé. Storie di libri, lettori,

balocchi & profumi…, organizzato dai Comuni di Castelfiorentino e Gorgonzola

(MI) e dalla Sezione Toscana dell’Associazione italiana biblioteche (Aib) con il patrocinio di Regione Toscana e del Ministero per i Beni culturali e ambientali17. Il titolo prescelto era senz’altro curioso, anche un po’ provocatorio ma sicuramente efficace per avviare un dibattito sul tema della promozione del libro e della lettura, per confrontare le diverse esperienze in atto e riflettere insieme sulla qualità dell’intervento prodotto dentro e fuori le mura delle biblioteche stesse nel tentativo di cercare nuovi lettori e “nuovo pubblico”.

La scelta di Castelfiorentino come sede del convegno non fu casuale, ma dettata dal fatto che si trattava di un Comune che poteva vantare una già consolidata esperienza sul campo grazie al progetto Pubblico e biblioteca, realizzato in collaborazione con l’Università degli Studi di Firenze18 e finalizzato all’attivazione di energie e risorse utili a far si che sempre più lettori potessero conoscere e utilizzare i libri della biblioteca e avvicinarsi alla pratica della lettura. La Biblioteca Vallesiana di Castelfiorentino si era già posta da alcuni decenni il problema della ricerca di nuovi

16 Cfr. P. Corrias, Vita agra di un anarchico. Luciano Bianciardi a Milano, Milano, Feltrinelli,

2011, p. 61. Ci sembra doveroso ricordare a margine l’impegno profuso dallo scrittore Luciano Bianciardi sia come bibliotecario sia come precursore, dello spirito sotteso al progetto “le biblioteche fuori di sé”. Bianciardi partecipò attivamente alla ricostruzione della Biblioteca civica Chelliana di Grosseto, lasciando un’impronta molto marcata nella sua rinascita dopo i bombardamenti del 1943 e l’alluvione dell’anno successivo. Nel 1951 ne diventerà addirittura direttore, dopo avervi lavorato come bibliotecario comunale.

17 Gli atti del convegno sono stati pubblicati su Biblioteche oggi, 14, n. 8 (1996), p. 10-27. Per una

riflessione sugli esiti scaturiti dal convegno cfr. C. Paravano, “La biblioteca fuori di sé”, AIB notizie, 7, n. 12 (1995), p. 2-3; C. Carotti, “Alla ricerca del lettore sperduto”, La Rivisteria, n. 54 (1996), p. 34-35. 18 Per i presupposti teorici del progetto “Pubblico e biblioteca” si rinvia a F. M. De Sanctis e P.

Federighi, Pubblico e biblioteca. Nuove frontiere del lavoro educativo all’uso del libro, Roma, Bulzoni, 1981.

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108 sbocchi per la biblioteca pubblica. Una biblioteca pubblica ormai non poteva più limitarsi a fornire un servizio, per quanto eccellente, solo ad una sparuta cerchia di utenti consolidati, ma avrebbe dovuto fare di più per promuovere la lettura anche fra coloro che lettori ancora non lo erano o che, per svariate ragioni, non lo erano più. La Vallesiana provvide ad attivare un “sistema di distribuzione stellare del libro” che, partendo dalla sede istituzionale stessa andasse a diramarsi in articolazioni (punti prestito) in diverse zone del territorio comunale, soprattutto in luoghi pubblici non “tradizionalmente” consoni ad ospitare libri, tantomeno quelli della biblioteca pubblica. I presupposti teorici alla base di questa esperienza erano già stati esposti in occasione di un precedente convegno nazionale di studi, tenutosi nell’ottobre del 1989 sempre a Castelfiorentino19. In quell’occasione si erano ripercorse le linee teoriche e le esperienze, sia toscane che italiane, di un nuovo modo di pensare e di “agire”, di “fare biblioteca” con l’obiettivo di

fare sì che gli organismi, le infrastrutture operanti nel campo dell’informazione contribuiscano ad attivare e rendere effettivi i diritti emergenti del pubblico nella società moderna, nella società del futuro. La biblioteca – per quanto le compete e in quanto microcosmo che ha dentro di sé tutte le potenzialità e le capacità, talvolta inespresse, per potere soddisfare i bisogni informativi del pubblico – deve contribuire alla identificazione del pubblico stesso, ma non solo: essa stessa deve essere parte di questo processo di formazione20.

Le esperienze illustrate a Castelfiorentino hanno fatto conoscere ad un più vasto pubblico l’esistenza di numerosi progetti tesi alla diffusione di alcuni obiettivi e compiti specifici di una biblioteca pubblica (per esempio la soddisfazione di esigenze inespresse di lettura o la stimolazione di una nuova domanda), esperimenti uguali nel principio, ma diversi nella scelta dei luoghi e dei mezzi di realizzazione e diffusione.

19 Si tratta del Seminario Verso una biblioteca del pubblico, tenutosi a Castelfiorentino dal 20 al 21

ottobre 1989, organizzato dal Comune di Castelfiorentino e da Regione Toscana. A questo proposito si veda G. Tarchiani, “Biblioteche fuori di sé o in sé”, Biblioteche oggi, a. XIV, n. 1 (1996), p. 60-61; G. Tarchiani, “Un convegno a Castelfiorentino per una biblioteca del pubblico”, Bollettino per

biblioteche, Amministrazione provinciale di Pavia, n. 35 (ottobre 1990), p. 51-53; ID., “Ancora sul

progetto di Castelfiorentino”, Bit-Biblioteche in Toscana, a. VII, n. 25 (1990), p. 25-27; inoltre, il volume Verso una biblioteca del pubblico, a cura di G. Parlavecchia e G. Tarchiani, Milano, Bibliografica, 1991 (il volume contiene gli Atti del convegno omonimo).

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109 È proprio nel contesto del convegno castellano che le esperienze di queste biblioteche vengono a costituire quel soggetto bibliotecario che d’ora in poi sarà denominato “Biblioteche fuori di sé”, secondo una felice denominazione, coniata dall’allora presidente della Sezione Toscana dell’Aib Claudio Di Benedetto, che intendeva dar risalto alla duplice anima di questo progetto:

 il carattere “esterno” dell’intervento, realizzato attraverso una contaminazione sistematica fra la biblioteca e il proprio territorio di riferimento

 il carattere “irriverente” della ricerca di nuovi lettori, effettuata tramite il ricorso a metodi del tutto inusuali e poco rispettosi della presunta sacralità dei libri. L’adozione di questo marchio ha inteso rimarcare e valorizzare gli elementi unitari presenti nelle esperienze di promozione della lettura condotte da biblioteche italiane diverse, operanti in contesti socio-culturali anche assai lontani e che fino ad allora non interagivano fra loro, o perché prive del benché minimo coordinamento o perché addirittura neppure si conoscevano.

Per una realtà bibliotecaria immobile come quella italiana, immaginare di mettersi in caccia di nuovi utenti nelle piazze e sulle spiagge doveva apparire addirittura disdicevole.

La promozione della lettura, idealmente associata a doppio filo alle istanze partecipative degli anni settanta, è stata fino a non molto tempo fa considerata – quando non un fantasma da esorcizzare – un lusso adatto agli sfaccendati, o in alternativa un’attività di serie B da destinare ai bambini (come se i grandi acquisissero il piacere e l’abitudine alla lettura per semplice merito anagrafico), e comunque irrimediabilmente segnata dalla tara originaria di un pedagogismo e missionarismo militante ormai fuori gioco21.

È a partire dagli anni novanta che si è fatta strada nella comunità dei professionisti dell’informazione la consapevolezza che la promozione della lettura non è affatto un orpello bensì una componente essenziale del servizio di biblioteca, che ne caratterizza intensamente la resa in termini di consonanza alla realtà sociale e

21 Cfr. M. S. Rasetti, “Le biblioteche fuori di sé”, in: Sei biblioteche in cerca di lettori. Il sistema

bibliotecario locale e la promozione della lettura, 1 marzo 1997 Montemarciano, Teatro Alfieri,

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110 culturale nella quale la biblioteca lavora22.

Il convegno rappresentò una tappa estremamente importante nel dibattito sul ruolo e la funzione della biblioteca pubblica e sul profilo dei suoi operatori. Innanzi tutto perché le esperienze e gli interventi sul campo si sono, nel corso degli anni moltiplicati, e un sempre maggior numero di realtà ha dovuto misurarsi con questa nuova funzione, poi, perché occuparsi del “nuovo pubblico” non significa non fornire i servizi di lettura al “pubblico reale” della biblioteca, ma significa bensì garantire e render efficiente ed efficace il servizio di biblioteca e, inoltre, svolgere una parte attiva nella ricerca di “nuovi lettori” con un impegno costante per appianare quegli ostacoli che si frappongono ad una gran parte di lettori potenziali che hanno il sincero desiderio di usufruire della biblioteca. Pubblico e biblioteca, quindi, costituiscono un binomio inscindibile che rappresenta, talvolta, un “oscuro oggetto del desiderio”. Per questo la biblioteca pubblica ha, fra i suoi fini istituzionali, quello di favorire l’accostamento al libro, e quindi alla lettura, di un numero sempre maggiore di persone che dovranno interagire con uno staff professionalmente preparato, in grado di soddisfare i variegati bisogni di un pubblico sempre più eterogeneo e multi prospettico. A partire dal convegno di Castelfiorentino si è costituito un coordinamento nazionale permanente di queste biblioteche accomunate dalla condivisione dell’esperienza di punti di lettura e prestito fuori dalle mura della biblioteca.

Tali biblioteche hanno concordato di caratterizzare congiuntamente il proprio intervento con l’assunzione della denominazione comune di “biblioteche fuori di sé”, e di attivare una forma permanente di coordinamento delle esperienze, finalizzata a: - costituire una banca dati presso la biblioteca di Castelfiorentino sui progetti e le

esperienze in atto di “biblioteche fuori di sé”, da alimentare costantemente con le informazioni inviate dalle singole biblioteche

- far circolare le informazioni fra tutte le biblioteche allo scopo di diffondere e promuovere forme di biblioteca che vadano ad incontrare i lettori potenziali - attivare collegamenti internazionali con esperienze analoghe

- sensibilizzare gli amministratori pubblici di altre realtà sull’importanza di queste esperienze

- promuovere la visibilità e comprensibilità delle “biblioteche fuori di sé” negli ambiti

22 Cfr. L. Ferrieri, La promozione della lettura in biblioteca. Modelli e strategie in un’indagine

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111 professionali (riviste specializzate, Aib ecc.), attraverso il confronto e la discussione - organizzare momenti comuni di aggiornamento professionale sulla gestione delle

“biblioteche fuori di sé”

- intervenire in modo coordinato in occasione di discussioni pubbliche sulle biblioteche, la lettura e l’editoria

- attivare forme di promozione pubblica per coinvolgere i mass media ai fini di un’informazione corretta

- concordare una linea d’immagine che identifichi le “biblioteche fuori di sé”, ottenendo obiettivi di economia di scala e di identità comune

- attivare una identità comune nei confronti dell’editoria, con la quale promuovere progetti di promozione della lettura

- promuovere l’interazione con associazioni, gruppi, librerie e altre agenzie culturali, fatte salve le specificità di ogni soggetto

- aprire una relazione con le agenzie di educazione degli adulti che intervengono sulla promozione della lettura23.

La partecipazione delle esercenti è uno degli elementi più significativi e qualificanti dell’intero progetto: svolgono un ruolo centrale nella promozione del punto prestito, invitando le clienti a prendere i libri, guidandole nella scoperta dei propri interessi di lettura, registrandone gli umori e le richieste informali, assecondandone la “voglia” di saperne di più su argomenti specifici. Esse diventano una preziosa fonte di informazioni per le operatrici della biblioteca, che vengono così messe in grado di tradurre tali desideri in concrete proposte di lettura. Le esercenti praticano una sorta di “circolarità dell’informazione” da cliente a cliente, stimolano lo scambio di idee sui libri letti, invitano a nuove letture, trasformano in tempo “pieno di significato” il tempo vuoto dell’attesa di, per esempio, un trattamento di bellezza.

L’apporto del volontariato e dell’associazionismo al funzionamento del “sistema di distribuzione stellare del libro” è un altro importante elemento dell’intera operazione: senza il lavoro delle esercenti, senza l’apporto costante della sezione

23 I punti del documento costitutivo sono stati desunti da: “Documento costitutivo del

Coordinamento nazionale delle Biblioteche fuori di sé”, Biblioteche oggi, n. 8 (1996), p. 27. L’attività del coordinamento perse precocemente vigore e ben presto rimase un’utopia sia perché divenne chiaro che ogni biblioteca dovesse trovare il proprio rapporto con il territorio di riferimento e con la specifica composizione sociale della propria utenza, sia, soprattutto, per la mancanza di energie e fondi.

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112 soci della Coop, dei responsabili della locale sezione Auser e altri, il progetto non potrebbe sopravvivere, e la biblioteca sarebbe costretta a ritirarsi entro le proprie mura, perdendo quel prezioso contatto quotidiano con la cittadinanza tutta che le garantisce oggi la massima visibilità sociale.

Se la biblioteca è riuscita a conquistare la città, inserendo stabilmente la propria presenza nel paesaggio urbano, si pone il problema di come tutto questo spiegamento di forze riesca a tradursi in una ricaduta sulla biblioteca stessa. Quanti lettori conquistati al punto Coop, per esempio, diventano frequentatori abituali della biblioteca e non si perdono di nuovo per strada? La “rivoluzione copernicana” compiuta molti decenni or sono, che ha fatto spostare l’attenzione dalla biblioteca al pubblico, reale e potenziale, ci permette, oggi, di affermare che una domanda simile è mal posta. Il successo del sistema stellare deve essere misurato non solo nei tassi di ritorno alla biblioteca, ma anche e soprattutto nei tassi di acquisizione a comportamenti di lettura tout court: lettura di libri presi in un punto prestito, prestati dagli amici, comprati, presi nella sede centrale, così come lettura di giornali e riviste ecc.

Non esistono graduatorie di lettori stilate in base ai luoghi e alle modalità di accesso alle occasioni di lettura (serie A per i frequentatori della biblioteca, serie B per i frequentatori dei punti prestito): esistono percorsi individuali di crescita nell’esperienza della lettura, che possono svilupparsi sia nella biblioteca, sia nei punti prestito, sia in entrambi.

Bisogna comunque tenere ben presente che l’abitudine alla lettura non è un fenomeno spontaneo ma il frutto di concrete occasioni fornite dagli ambienti scolastico e familiare e dal contesto sociale; in questo senso la biblioteca può svolgere un ruolo rilevante, teso a facilitare ed incoraggiare un numero sempre più esteso di cittadini ad introdurre la pratica della lettura nella loro life story quotidiana.

3.4 I lettori pazienti

L'accessibilità della biblioteca in tutte le sue molteplici accezioni (fisica, documentaria, informativa) è un prerequisito imprescindibile, affinché i servizi da

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113 essa forniti possano essere effettivamente distribuiti in tutta la comunità. È un obbligo per le biblioteche pubbliche, un vincolo per ogni altra tipologia di biblioteca (universitaria, scolastica ecc.).

La biblioteca pubblica nella sua funzione di biblioteca di tutti, e per tutti, dovrebbe porsi come strategia fondamentale del proprio modus operandi l’accessibilità dei servizi, perché essa è il soggetto che garantisce l’accesso di tutti alla cultura, alla conoscenza e all’informazione. La biblioteca pubblica deve porsi come agente per l’inclusione sociale di tutte le categorie svantaggiate, per la crescita personale di ogni individuo, per uno sviluppo sociale in senso democratico. Come centro informativo locale per eccellenza svolge un ruolo strategico nella lotta contro i rischi dell’esclusione sociale e può contribuire ad aumentare la coesione sociale del territorio di riferimento, facilitando i cittadini disagiati e poco informati e contribuendo significativamente a riqualificare e a migliorare la qualità della vita nella comunità di riferimento.

Le attività di inclusione sociale delle biblioteche pubbliche devono essere integrate all’interno delle più ampie strategie sull’inclusione sociale, promosse dalle amministrazioni regionali e nazionali, ed essere connesse ad altri servizi ed enti operanti sul territorio, come le organizzazioni non governative e altre associazioni di volontariato.

Proprio l’attenzione costante alle fasce più deboli, a quel pubblico che l’International Federation Library Associations (Ifla) definisce disadvantaged persons, fa sì che quel “per tutti” non rimanga un’utopica dichiarazione d’intenti, ma diventi un forte elemento di spinta nella ricerca del costante miglioramento delle condizioni di accesso alle biblioteche per ogni lettore. La specificità di questi variegati gruppi con problematiche dettate da impedimenti fisici (disabili motori e sensoriali) o da difficoltà di lettura e comunicazione (analfabeti di ritorno e dislessici), oppure correlate a situazioni di svantaggio sociale (detenuti, ricoverati negli ospedali e nelle case di cura), rende i loro interessi ed esigenze trasversali rispetto alle diverse tipologie di biblioteche, spingendo proprio le biblioteche pubbliche, per la loro specifica mission, a farsi coinvolgere prima e più direttamente delle altre24.

Le biblioteche per i pazienti che stanno sorgendo negli ospedali da oltre 10 anni a questa

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114 parte, costituiscono un piccolo ma significativo contributo anche alla soluzione di problematiche così complesse. Tenere nella debita considerazione le esigenze dei lettori svantaggiati costituisce il miglior modo per soddisfare le esigenze di ogni lettore25.

La lettura è un diritto universale, ma affinché questo diritto diventi effettivo i libri devono essere disponibili dove e quando occorrono […]; particolare attenzione va dedicata ai luoghi in cui le persone sono costrette a trascorrere il tempo libero, come gli ospedali e le case di riposo per anziani26.

Nel 2000 l’Ifla ha prodotto delle Linee guida27 che arricchiscono questo quadro, rendendo esplicito quanto si leggeva tra le righe del documento precedente citato, dichiarando tra le altre cose: «i libri, la lettura e le altre risorse documentarie esercitano un’influenza positiva sullo stato e sulla guarigione di coloro che sono fisicamente o mentalmente ammalati»28. Nelle sue Linee guida, l’Ifla si propone di delineare i migliori standard qualitativi per le biblioteche che si rivolgono a soggetti in situazioni di disagio. Esse non pretendono di fornire standard ufficiali, ma vogliono più semplicemente rappresentare un documento orientativo, teso a fornire suggerimenti ai professionisti che operano in tali realtà, sia consolidate che nascenti. La stesura di questo documento ha visto prendere preliminarmente in considerazione tutte le possibili informazioni sul tema, tramite ricerche bibliografiche e interpellando le biblioteche di 25 Paesi. Le ricerche condotte hanno evidenziato la necessità per le strutture di lungodegenza di disporre, come supporto terapeutico (biblioterapia) di biblioteche per pazienti con grande varietà di informazioni e ampie collezioni di letteratura di svago. È soprattutto nel mondo anglosassone, sin dagli inizi del secolo XVIII, che queste strutture vengono create ed inserite come parte integrante di programmi di recupero (ad esempio nei malati di mente), anche se la lenta

25 Sul tema dell’accesso alla lettura in situazioni di disagio: Biblioteche per tutti. Servizi per lettori

in difficoltà, a cura della Commissione nazionale biblioteche pubbliche, Roma, Aib, 2007.

26 Questo è quanto affermava la Carta del lettore già nel 1992 (cfr. “La Carta del lettore”, in:

Biblioteche per tutti cit., p. 261-267).

27 Ifla, Section of Libraries Serving Disadvantaged Persons, Guidelines for Libraries Serving

Hospital Patients and the Elderly and Disabled in Long-Term Care Facilities, 2000 (Ifla professional

report n. 61), versione originale: <archive.ifla.org/VII/s9/nd1/iflapr-61e.pdf>, oppure, in traduzione italiana: Biblioteche per tutti cit., p. 13-74. Queste linee guida fanno seguito alle quattro precedenti raccomandazioni per le biblioteche ospedaliere pubblicate fra il 1960 e il 1984.

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115 evoluzione delle biblioteche per pazienti avverrà solo all’inizio del secolo XX con lo sviluppo dei programmi del servizio di guerra (fornitura di libri e altri materiali di lettura alle forze armate impegnate nel conflitto della I Guerra mondiale)29.

Le linee guida descrivono i livelli qualitativi a cui i servizi di biblioteca per i pazienti dovrebbero aspirare secondo la caratteristica di ogni servizio, con l’obiettivo di promuoverli e fondarli, perseguendo un ideale di eccellenza. Queste strutture dovrebbero possedere dei materiali che abbiano un valore intrinseco per tutti, in cui si abbia l’opportunità di informarsi, divertirsi, ispirarsi, riflettere ed imparare, in modo da influire positivamente sullo stato di salute o la guarigione. I principali parametri presi in considerazione dalle linee Ifla riguardano gli aspetti gestionali, come l’organizzazione della struttura, la progettazione dei servizi e lo sviluppo delle collezioni, con una particolare attenzione agli arredi e alle strutture informatiche da mettere a disposizione. Viene posta attenzione anche alla comprensione degli specifici bisogni informativi e delle modalità di fruizione dell’informazione da parte di questa particolare tipologia di utenti.

«Good information is the best medicine» affermava Donald A. B. Lindberg, direttore della National Library of Medicine americana30 e se l’assunto è vero, allora, dovrebbe essere altrettanto vero che chi ha accesso a informazioni corrette sulla salute si ammala di meno, ipotesi che la letteratura scientifica sta investigando e dalla quale risulta che un’elevata healt information literacy sembrerebbe garantire una maggiore percentuale di salute31.

Le biblioteche per i pazienti sono il sintomo che nuove sinergie istituzionali sono state attivate, dal momento che nella nascita di questi nuovi servizi, oltre alle biblioteche pubbliche (e quindi le amministrazioni comunali) sono coinvolte le amministrazioni regionali, le associazioni di volontariato, la sanità e, in alcuni casi, il mondo della

29 Solo a margine vogliamo ricordare l’esistenza di riferimenti storici ben documentati sulle letture

devozionali negli ospedali e negli ospizi del Medioevo, dove erano presenti opere per l’educazione e la diffusione della religione (C. Rawcliffe, “Written in the Book of Life: Building the Libraries of Medieval English Hospitals and Almshouses”, The Library, June 2002, p. 127-162). La prima idea di “biblioteca” per pazienti sembrerebbe risalire all’ultimo quarto del secolo XII, allorché nell’ospedale egiziano del Cairo si era disposto che venissero letti brani del Corano, giorno e notte, ai pazienti che manifestassero il desiderio di ascoltarli e che con musica e letture si allietassero quelli impossibilitati a dormire (B. Bruce-Porter, “The Need for Libraries in Hospitals”, Journal State Medicine, 38, 1930, p. 710-715).

30 Cfr. “Sherold and the Public’s Access to Health Information”, BMLA Bullettin of the Medical Library

Association, v. 88 (3), Jul 2000, p. 269, anche a: <http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC35239/>.

31 Cfr. K. Jamrozik, “Healt Literacy, Victim Blaming and the Mission of Public Health”, Australian

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116 scuola. Purtroppo la diffusione di queste biblioteche non è, almeno in Italia, ancora molto diffusa e i pochi successi in questa direzione, tranne eccezioni rarissime, sono da ascriversi più all’azione delle amministrazioni pubbliche e del volontariato che a quella delle istituzioni ospedaliere e sanitarie.

Le biblioteche per pazienti esistenti sono per lo più frutto di joint ventures tra amministrazioni comunali, organizzazioni di volontariato e aziende sanitarie di buona volontà. Le prime, attraverso le proprie biblioteche, comprano i libri, mentre le aziende sanitarie si limitano, in molti casi, a concedere l’accesso nell’ospedale agli operatori volontari, delegati, in larga parte, alla gestione delle operazioni di prestito e di lettura. Poche sono le aziende sanitarie che hanno investito nel progetto di una biblioteca per pazienti: si sarebbe indotti a credere che la sanità, nel suo complesso, non si senta ancora molto coinvolta e che, pertanto, non si sia sufficientemente sforzata di trovare, in maniera chiara, una strada che conduca in quella direzione.

Non è verosimilmente un caso se l’esperienza forse più nota in tal senso – realizzata a Bagno a Ripoli (FI) – risale solo agli anni novanta, e la giornata di studi che nel 2003 ne coronò il successo rappresentò, forse, la prima occasione di confronto a livello nazionale su questo tema32. Né probabilmente è casuale il fatto che solo nel 2007 siano state tradotte e pubblicate in Italia alcune linee guida dell’Ifla dedicate all’organizzazione di servizi bibliotecari per gruppi di utenti svantaggiati. Sempre a Bagno a Ripoli, l’8 novembre 2005 si è tenuto il seminario Buone pratiche di lettura in

ospedale in Toscana, promosso dagli Assessorati alla Cultura e al Diritto alla salute

della Regione Toscana, in collaborazione con la Biblioteca comunale di Bagno a Ripoli, con il quale si è inteso fare il punto sulle molteplici esperienze sviluppatesi in Toscana, per verificare i risultati ottenuti e soprattutto per promuovere lo sviluppo di un servizio bibliotecario in ospedale33.

Nell’ottobre del 2010 si è tenuto a Reggio Emilia il primo convegno nazionale delle biblioteche per pazienti34, organizzato dalla locale Azienda ospedaliera Santa Maria Nuova. È stata l’occasione per far sì che, per la prima volta, dopo la giornata di

32 Leggere in ospedale e in condizioni di disagio. Progettare e diffondere servizi di lettura cooperando

tra biblioteche pubbliche, aziende sanitarie e associazioni di volontariato, Atti della giornata di studio, 6

giugno 2003, a cura della Biblioteca comunale di Bagno a Ripoli, Bagno a Ripoli (FI), Comune, 2004. 33 Per le relazioni presentate vedi: Buone pratiche di lettura in ospedale in Toscana, disponibili a:

<http://biblioteca.comune.bagno-a-ripoli.fi.it/opencms/multimedia/documents/1359197720176_buone_pratiche_di_lettura_in_ospedale.pdf >. 34 Le biblioteche per pazienti in Italia Esperienze a confronto, Reggio Emilia 29-30 ottobre 2010.

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117 studio di Bagno a Ripoli di sette anni prima, queste strutture abbiano potuto raccontarsi e confrontarsi su un programma scientifico ampio e organico e che abbiano potuto discutere insieme le modalità organizzative per mettere in piedi una rete nazionale.

In un’epoca come la nostra, nella quale medicina e sanità hanno raggiunto un alto stadio di sviluppo, è importante parlare di biblioteche per i pazienti e lo è per almeno due motivi. Da un lato i progressi registrati dalla scienza medica e la formazione impartita ai medici in anni relativamente recenti, hanno limitato molto il rapporto umano fra medico e paziente, dall’altro la “macchina ospedaliera” è diventata sempre più impersonale e ha accentuato il suo profilo burocratico. Nella comunità medica ospedaliera affiora, almeno fra le sue componenti più illuminate, la necessità di intraprendere un percorso di “riumanizzazione” della medicina, contraddistinto da un nuovo modo di rapportarsi con il paziente, che renda l’ospedale un luogo di cura non impersonale e più rassicurante35.

Dalle relazioni presentate al convegno reggiano è emerso che nel nostro Paese le biblioteche per i pazienti sono relativamente poche e hanno vita difficile, anche se non mancano situazioni di eccellenza36. In Italia manca un tessuto diffuso e omogeneo, eccezion fatta per la Toscana, regione in cui si contano 25 biblioteche su 55 ospedali37. Quello toscano è senz’altro un risultato incoraggiante anche se, va precisato, l’azione della Regione Toscana si è indirizzata soprattutto verso le biblioteche per pazienti cosiddette di svago, cioè quelle che effettuano quasi esclusivamente il servizio di prestito di libri ai pazienti ospedalizzati. Nel resto d’Italia esistono, però, anche “modelli” più articolati di biblioteca per pazienti, attive sul doppio fronte dei servizi della lettura come svago e di informazione scientifica per i pazienti. In assenza di qualsiasi standard qualitativo in materia di biblioteche per pazienti (eccezion fatta per le già menzionate Linee guida Ifla) e in mancanza di riferimenti istituzionali e normativi, sono proprio le esperienze concrete, condotte sul

35 Si veda in proposito: A. Imbasciati, La mente medica. Che significa “umanizzazione” della

medicina?, Milano, Springer Italia, 2008.

36 Meritano una menzione particolare le esperienze del Centro di riferimento oncologico (Cro) di

Aviano, vero capostipite in Italia, la Biblioteca dell’Istituto nazionale tumori in Roma, l’esperienza della biblioteca per i pazienti pediatrici dell’Ospedale di Modena e l’esperienza condotta dall’Azienda ospedaliera di Reggio Emilia.

37 Dati forniti dal Servizio Cultura di Regione Toscana a:

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118 campo, a dar luogo allo spontaneo diffondersi di buone pratiche. Da più parti si reclama la costituzione di una rete nazionale fra le biblioteche per pazienti, per riflettere insieme sulle condizioni di sviluppo e per condividere esperienze, diffondere pratiche di buona qualità del servizio, individuare comuni linee d’intervento. Al di là dell’azione spontanea che porta alla semplice crescita numerica delle biblioteche per pazienti – che, comunque, è di per sé già meritoria - andrà rafforzata la componente organizzativa e professionale delle strutture future, in modo da poterne indirizzare la crescita verso modelli di servizio qualitativamente completi e avanzati. Queste strutture dovranno rafforzare i propri legami con le istituzioni e gli enti locali, con le biblioteche pubbliche del territorio, con le associazioni di volontariato e le biblioteche scientifiche delle aziende sanitarie. Dall’azione congiunta di questi soggetti, le biblioteche per pazienti potranno ottenere la formazione e la competenza professionale necessarie, oltre al sostegno di ciascun ente in ragione delle rispettive prerogative istituzionali.

Creare una biblioteca all’interno di un ospedale equivale ad organizzare un vero e proprio punto di prestito stanziale (che può trovarsi collocato, ad esempio, in una sala d’attesa o in una stanza dedicata o in particolari reparti) oppure un servizio di prestito circolante nei vari reparti o nelle corsie dell’ospedale.

Preliminare alla creazione di una biblioteca in ospedale è, ovviamente, verificare la possibilità di realizzare il servizio e, se questa esiste, formalizzare impegni e compiti delle parti in causa attraverso la sottoscrizione di una convenzione. Lo sviluppo di un servizio bibliotecario in ospedale si costruisce sulla totale condivisione di obiettivi tra la struttura ospedaliera, la biblioteca pubblica e le associazioni di volontariato: in questo partenariato risiede uno dei punti di forza del servizio. Tra gli altri elementi indispensabili per la riuscita del progetto ci sono: un costante supporto tecnico ed organizzativo della biblioteca pubblica; la formalizzazione del servizio mediante stipula di una apposita convenzione tra le parti per stabilire gli impegni reciproci, i campi di azione e i doveri di ciascuno; una sperimentazione iniziale che possa essere adeguatamente controllata e verificata; l’organizzazione di corsi di formazione e di aggiornamento e di periodici incontri di verifica; infine un congruo finanziamento, costante nel tempo.

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119 persone inserite nei programmi di day-hospital, ma anche al personale medico e infermieristico, ai familiari dei degenti e ai visitatori.

Tra i partner del servizio le sinergie si estendono non solo alle istituzioni sopra indicate, ma possono essere coinvolte anche associazioni culturali, parrocchie, scuole medie superiori o addirittura cooperative sociali38.

Donne e uomini di età diverse, di diverse condizioni sociali e professionali, con la loro attività di volontariato sono i veri protagonisti del servizio, accomunati dall’identica volontà di mettere a disposizione degli altri il proprio tempo libero, promuovendo con entusiasmo e sensibilità l’utilità terapeutica della lettura. I volontari, dopo aver partecipato a precisi corsi di formazione e aggiornamento, gestiscono la biblioteca e i servizi secondo le indicazioni fornite dalla biblioteca pubblica partner del progetto. Sempre i volontari garantiscono il funzionamento regolare dei servizi e informano di eventuali problematiche, che possono insorgere durante il servizio, i responsabili del progetto e la biblioteca pubblica di riferimento. Nel febbraio del 2006, in occasione della Conferenza regionale per la cultura, è stato presentato il manualetto Come realizzare un servizio bibliotecario in ospedale39, realizzato da Regione Toscana e contenente una serie di preziosi suggerimenti, raccomandazioni e consigli pratici su come attivare una biblioteca all’interno dell’ospedale. Il manuale è il frutto di una riflessione attenta a livello regionale su come realizzare un servizio bibliotecario in ospedale, come pure lo è la pubblicazione, sempre nello stesso anno, di un corso di formazione a distanza disponibile (ancora oggi) sul portale regionale Trio, il sistema di web learning di Regione Toscana. Si tratta del modulo di apprendimento Servizi bibliotecari e di

lettura in ospedale realizzato da Annamaria Sciortino40 e creato per far comprendere cosa sia una biblioteca per degenti, come ne funzionano i servizi e quali attività informative, di promozione della lettura, potrebbe sviluppare una volta che avesse consolidato i propri servizi di base. Sia il manuale che il modulo intendono altresì far conoscere le caratteristiche del modello di biblioteca per degenti che appare più praticabile sul territorio toscano.

38 Per esempio la Unicoop di Firenze sostiene, anche con proprie risorse finanziarie, l’attività presso

l’Ospedale Santa Maria Annunziata a Ponte a Niccheri all’Antella (FI).

39 Come realizzare un servizio bibliotecario in ospedale, Firenze, Regione Toscana, 2006.

40 Il modulo è reperibile nell’area “Didateca” all’interno di TRIO. Il sistema di web learning di

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120 Le esperienze di lettura in ospedale condotte in Toscana sono, come già ricordato, tra le più longeve su scala nazionale. La prima esperienza è riconducibile al progetto

Con un libro il tempo passa più in fretta, attivato presso l’Ospedale Misericordia e

Dolce di Prato il 27 febbraio 1990 e promosso dalla Biblioteca comunale A.

Lazzerini. L’organizzazione e la gestione del servizio vedono la cooperazione di enti

diversi: innanzi tutto l’Amministrazione comunale che, attraverso la Biblioteca comunale, coordina il servizio, l’Azienda Usl 4 e tre associazioni di volontariato (Croce d’Oro, Misericordia e Pubblica Assistenza). I volontari provvedono a portare direttamente nei reparti i libri da proporre ai pazienti. Nel 1996 è stata inaugurata la sede di una biblioteca interna, ora in via di trasferimento all’interno del nuovo nosocomio pratese. Sempre in quell’anno la biblioteca è stata annoverata nella Guida

per il ricoverato tra i servizi offerti ai degenti, in particolare tra quelli tendenti a

elevare la qualità delle prestazioni e il livello di accoglienza. La Biblioteca funziona anche come centro di lettura nell’orario di apertura e dispone di un fondo proprio, comunque afferente alle raccolte della Biblioteca Lazzerini.

Partendo dallo slogan “Con più cultura siamo più sani”, negli ultimi venti anni in Toscana si sono moltiplicati laboratori ed attività di animazione alla lettura in ospedale, servizi di prestito libri in corsia, biblioteche per i degenti. Queste iniziative che si prefiggono come obiettivo la promozione della lettura e della biblioteca in ospedale, nascono dal desiderio di garantire anche a questa categoria di utenti il diritto a soddisfare i propri bisogni formativi, informativi, culturali e di svago e vivono sul partenariato tra biblioteche pubbliche, aziende sanitarie ed associazioni di volontariato: questi sono gli attori fondamentali del processo che porta poi all’istituzione di un servizio bibliotecario permanente in ospedale.

Quindi, una biblioteca pubblica sempre più aperta e attiva nel garantire, alla più vasta platea di cittadini, l’accesso alla conoscenza e all’informazione; un ospedale pubblico sempre meno separato dalla realtà e capace di progettare un percorso di cura che sia anche percorso di crescita e di benessere, in cui il libro può contribuire a rendere l’ambiente ospedaliero più umano, più vicino agli spazi quotidiani di vita e ad integrare anche il lavoro di medici, infermieri e altri operatori sanitari; infine il volontariato, vero protagonista del servizio bibliotecario in ospedale, con i suoi affiliati entusiasti e sensibili pronti a far dono delle proprie competenze e tempo libero.

Riferimenti

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