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CAPITOLO V LA RIFORMA DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE DEL MAGISTRATO: LA LEGGE N. 18/2015

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CAPITOLO V

LA RIFORMA DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE DEL MAGISTRATO: LA LEGGE N. 18/2015

Sommario: 1) Premessa; 2) La legge n. 18 del 27 febbraio 2015; 3) Le finalità della nuova legge; 4) Le previsioni più rilevanti; 5) Il novellato articolo 2 della legge n. 117 del 1988; 5.1) Il danno ingiusto e la responsabilità indiretta; 5.2) La nuova fattispecie di colpa grave; 5.2.1) La violazione manifesta della legge nonché del diritto dell’Unione europea; 5.2.2) Il travisamento del fatto o delle prove; 5.3) La clausola di salvaguardia; 6) Il diniego di giustizia; 7) La domanda di risarcimento; 8) La soppressione del c.d. “filtro di ammissibilità”; 9) L’intervento del magistrato nel giudizio risarcitorio; 10) La rivalsa dello Stato; 10.1) La competenza sull’azione e la misura della rivalsa; 11) Responsabilità civile e responsabilità disciplinare; 11.1) Uno sguardo sulla responsabilità disciplinare; 11.2) I rapporti tra le due tipologie di responsabilità; 12) La responsabilità contabile; 13) Considerazioni conclusive.

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1. Premessa

Alla luce dell’orientamento espresso dalla Corte di Giustizia della Comunità europea1 ed a fronte di una legge che ha trovato difficile applicazione, negli anni la dottrina italiana si è adoperata al fine di individuare le caratteristiche di un’incisiva, ed allo stesso tempo attuabile, riforma della normativa della responsabilità civile del giudice introdotta nel 19882.

In particolare, si ricordano la proposta di legge ordinaria 3129/20123 e quella costituzionale 4275/20114, entrambe volte a trasformare l’azione indiretta del cittadino nei confronti della Stato, in un’azione diretta nei confronti del magistrato ritenuto responsabile.

In proposito, in molti hanno sottolineato la gravità delle conseguenze di una simile soluzione legislativa, che andrebbe a compromettere sia la garanzia del giudice di poter decidere in serenità, sia il diritto del

1 Da ultimo in occasione della sentenza di accertamento dell’inadempimento della

Repubblica italiana, vedi Corte giust. 24 novembre 2011, casa C-379/10, Foro it.,2012, IV, 12 con nota di richiami di E. SCODITTI, Violazione del diritto dell’Unione europea imputabile all’organo giurisdizionale di ultimo grado: una proposta al legislatore.

2 Vedi G. GRASSO, Note introduttive, in La nuova disciplina sulla responsabilità

civile dei magistrati, 2015, in corso di pubblicazione.

3 Ovvero la proposta di emendamento del deputato Gianluca Pini d.d.l. 4623-A,

Camera dei deputati, XVI legislatura. In particolare l’emendamento,approvato dalla Camera il 2 febbraio 2012 contro il parere del Governo, prevedeva l’azione diretta nei confronti dei magistrati, ma lo scioglimento della magistratura non ne ha consentito l’approvazione.

4 Ovvero il d.d.l. di riforma costituzionale presentato dal Governo Berlusconi alla

Camera dei deputati il 7 aprile 2011 al n. 4275, diretto a riformare l’intero Titolo IV della Costituzione. Nello specifico, il progetto prefigurava l’introduzione di una “Sezione II-bis” denominata “Responsabilità dei magistrati”, il cui articolo 113-bis sanciva il principio della responsabilità professionale e diretta dei magistrati, corredata da una responsabilità solo accessoria dello Stato. Tale proposta, però, non ha superato la fase referente.

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cittadino ad ottenere un provvedimento al di sopra delle parti5. Al contrario, è apparsa condivisibile l’opportunità, paventata nel disegno di legge n. 3129, di pretendere che il giudice partecipi necessariamente al procedimento di accertamento della responsabilità civile che lo vede coinvolto6, nonostante questo continui ad essere promosso nei soli confronti dello Stato,.

Tuttavia, come si è già avuto modo di anticipare, ogni tentativo di riforma antecedente alla legge n. 18 del 2015 non ha avuto un seguito7, anzi in questa sede merita di essere evidenziato che la stessa legge costituisce il risultato di un iter parlamentare lungo e travagliato ed in essa sono confluiti ben tre disegni di legge presentati al Senato8 e quattro disegni di legge presentati alla Camera9.

5 Vedi G. SCARSELLI, Opera cit., 218.

6 A tal proposito, in realtà, si deve ammettere che il disegno di legge n. 3129

prevedendo che il cittadino “..può agire contro lo Stato e contro il soggetto riconosciuto colpevole”, non era sufficientemente chiaro sulla questione. Ciò nonostante, si può ritenere che le intenzioni del legislatore fossero quelle di imporre la partecipazione necessaria del magistrato ritenuto colpevole al procedimento, che continuava, però, ad avere come soggetto passivo lo Stato, che rimaneva anche l’unico a rispondere dell’eventuale risarcimento.

7 Pare anche opportuno ricordare che nell’ambito della XVII legislatura, in

occasione del disegno di legge n. 1864, relativo alla legge europea 2013 bis, il Governo presentò una proposta avente oggetto specifico la responsabilità per violazione grave e manifesta del diritto Ue da parte di un organo giurisdizionale di ultimo grado, specificando le condizioni che avrebbero integrato la violazione. Nel giugno 2014, durante la votazione alla camera del testo di legge, fu approvato un emendamento del deputato Pini che riproponeva la responsabilità diretta del magistrato; tale emendamento venne però soppresso successivamente al Senato e respinto di nuovo nell’ottobre del 2014. Inoltre, nel frattempo il Consiglio dei ministri aveva elaborato un autonomo disegno di legge (n. 1626) relativo alla responsabilità dei magistrati, pertanto la norma venne del tutto espunta dal testo.

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Si fa riferimento in particolare al disegno di legge S. 1070 (Buemi e altri), che proponeva di introdurre una responsabilità diretta del magistrato per l’ipotesi di disattesa giurisprudenza consolidata della Cassazione e rimodulava la clausola di salvaguardia sulla manifesta violazione del diritto, pur mantenendo nella sua formulazione originaria il sistema misto della responsabilità; al disegno di legge S.

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Ci soffermiamo adesso sugli aspetti più significativi della nuova disciplina.

2. La legge n. 18 del 27 febbraio 2015

Il 24 febbraio scorso con265 sì, 51 no e 63 astenuti è stato definitivamente approvato dall’Aula della Camera il testo della legge 18/2015 sulla responsabilità civile dei magistrati10, composta nel testo finale da otto articoli.

La nuova legge, entrata in vigore il 19 marzo, modifica in più punti la legge 117 del 1988, sulla responsabilità civile dello Stato-giudice. Anche in quest’occasione il legislatore nel suo cammino è stato guidato dalla necessità di comporre le esigenze di indipendenza con quelle della responsabilità dei magistrati, dovendosi conciliare, ancora una volta, la peculiarità delle funzioni che essi esercitano con l’articolo 28 della Costituzione che disciplina la responsabilità dei funzionari dello Stato11.

315 (Barani), che mirava ad introdurre un sistema di responsabilità diretta del magistrato concorrente con quella dello Stato (disegno successivamente assorbito da S. 1070); ed al disegno di legge S. 374 (sempre di Barani), anch’esso assorbito da S.1070.

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Ci si riferisce alla proposta di legge C. 990 (Gozi e altri), che pur mantenendo il doppio binario della responsabilità, mirava ad eliminare il filtro preliminare, la previsione di ipotesi tipiche e tassative di colpa grave e la c.d. clausola di salvaguardia; alla proposta di legge C. 1735 (Leva e altri), che concentrava l’attenzione sulla responsabilità civile dello Stato, distinguendo il piano della rivalsa; alla proposta C. 1850 (Brunetta), che sottolineava l’importanza dell’abrogazione del filtro endoprocessuale e della c.d. clausola di salvaguardia; alla proposta C. 2140 (Cirielli), che affidava la competenza sull’azione di rivalsa alla Corte dei Conti; ed infine alla proposta C. 2738, che assorbe C. 990, C. 1735, C. 1850 e C. 2140.

10 Il 20 novembre 2014 la legge aveva già superato il vaglio del Senato.

11 La cui formulazione poco chiara non consente, comunque, di sottovalutarne la

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Prima di passare ad un’analisi più specifica delle novità apportate dalla legge alla previgente disciplina, merita porre l’attenzione alcuni profili stilistici della stessa.

Innanzitutto, è possibile segnalare che la legge 18/2015, rubricata

Disciplina della responsabilità civile dei magistrati, in realtà ha ad

oggetto principalmente la responsabilità civile dello Stato per il fatto del magistrato12.

Inoltre, appare opinabile anche la scelta del legislatore di intervenire sulla materia modificando la c.d. legge Vassalli, quando, al contrario, sarebbe risultato più opportuno ed incisivo procedere all’abrogazione ed alla sostituzione ex novo della previgente disciplina13.

Ovviamente, però, le modifiche più innovative del sistema giungono dal contenuto della legge.

3. Le finalità della nuova legge

La legge n. 18/2015 costituisce il frutto di un intervento legislativo diventato ormai ineludibile per il legislatore, che si è mosso nell’ottica di adeguare l’ordinamento italiano alle indicazioni provenienti dalla Corte di Giustizia europea.

Il primo articolo della legge, sancendo il “fine di rendere effettiva la disciplina che regola la responsabilità civile dello Stato e dei

12 In proposito G. VERDE in Non è questa la strada per ricomporre l’equilibrio

dei poteri, Guida dir. 2015, n. 13, 21, osserva che sarebbe stato più corretto parlare di “responsabilità civile dello Stato per errori giudiziari”, essendo la responsabilità dei magistrati soltanto secondaria, eventuale e di rivalsa.

13 Vedi G. GRASSO, La nuova legge sulla responsabilità civile dello Stato e dei

magistrati. Inquadramento storico-sistematico e profili problematici, 2015, in corso di pubblicazione.

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magistrati, anche alla luce dell’appartenenza dell’Italia all’Unione europea”, individua espressamente la ratio della riforma.

Dunque, la legge si propone di rispondere a due distinte esigenze: quella di permettere l’operatività del sistema di responsabilità dei magistrati concepito dalla legge 117 del 198814 e quella garantire l’adempimento degli oneri assunti dall’Italia in qualità membro dell’Unione europea, con chiaro riferimento, in questo secondo caso, alle sentenze di condanna pronunciate dalla Corte di Giustizia nei confronti del nostro Paese nel 2006 e nel 201115.

Con tali pronunce il nostro Paese era stato sanzionato poiché la disciplina contenuta nella legge Vassalli escludeva la responsabilità dello Stato anche in caso di violazione manifesta del diritto euro-unitario commesso dai giudici di ultima istanza16.

Per questi motivi , nonostante le intenzioni proclamate dal legislatore, da un’attenta ricostruzione della giurisprudenza della Corte di Lussemburgo rileva che probabilmente la soluzione normativa adottata con la legge 18/2015 è più ampia rispetto all’adeguamento sollecitato dall’Unione europea.

14 Considerando pacificamente riscontrata la sostanziale inapplicazione della

l.117/88. Vedi R. ROMBOLI, Una riforma necessaria o una riforma punitiva?, 2015, 1, scritto destinato al Liber Amicorum per Augusto Cerri.

15 Ovvero in occasione della causa C-173/03 (“Traghetti del Mediterraneo S.p.a.”)

conclusa con la sentenza del 13 giugno 2006 e della procedura di infrazione avviata dalla CGUE nei confronti dell’Italia (“Commissione c. Italia”) conclusa con la sentenza del 24 novembre 2011.

16 E tutto ciò, come ricordato, avveniva in ragione della presenza della c.d. clausola

di salvaguardia e dell’interpretazione estensiva che la Corte di Cassazione aveva fornito della nozione di “colpa grave”.

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4. Le previsioni più rilevanti

Anche dopo la riforma l’articolo 1, comma 1 della legge 117/88 delinea l’ambito di soggezione alla normativa, stabilendo che tali disposizioni legislative “si applicano a tutti gli appartenenti alle magistrature ordinaria, amministrativa,contabile, militare e speciali, che esercitano l’attività giudiziaria, indipendentemente dalla natura delle funzioni”, comprendendo tra costoro anche gli estranei alla magistratura “che partecipano all’esercizio della funzione giudiziaria”.

Il comma successivo, poi, sottopone alla responsabilità civile anche ai magistrati che esercitano le proprie funzioni in organi collegiali. Il contenuto di questo articolo non è stato oggetto di modifiche da parte della legge n. 18 del 201517.

5. Il novellato articolo 2 della legge n. 117 del 1988 5.1.Il danno ingiusto e la responsabilità indiretta

L’articolo 2 della legge 117/88, relativo alla responsabilità per dolo o colpa grave, al primo comma prevede che chiunque “abbia subito un danno ingiusto, a causa di un comportamento, atto o provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato” ha la possibilità di agire contro lo Stato al fine di ottenere il risarcimento dei danni, sia patrimoniali che non patrimoniali.

17 C. M. BARONE, La legge sulla responsabilità civile dei magistrati 13 aprile

1988, n. 117 e la sua (pressoché inesistente) applicazione, 2015, in corso di pubblicazione.

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Questa prima parte del comma dell’articolo non è stato modificata dalla legge di riforma del 2015, così come è rimasto invariato il principio di responsabilità indiretta.

Pertanto il cittadino, che ritiene di aver subito un danno ingiusto a causa del magistrato, dovrà esercitare l’azione nei confronti dello Stato, che si rivarrà in un secondo momento nei confronti del giudice responsabile.

Rimane, al medesimo tempo, contemplata l’ipotesi dell’articolo 13, primo comma della legge del 1988, per cui qualora il danno lamentato dal cittadino consegua ad un fatto costituente reato compiuto dal magistrato nell’esercizio delle sue funzioni, l’azione civile per il risarcimento può essere esperita nei confronti del magistrato e dello Stato secondo le norme ordinarie.

Al contrario, la riforma, attraverso la soppressione della norma di chiusura “che derivino da privazione della libertà personale”, precedentemente prevista dal comma 1 dell’articolo 2 , amplia il novero delle ipotesi di risarcimento dei danni, patrimoniali e non. Ovviamente, si precisa per quanto concerne il requisito dell’ingiustizia che il danno, affinché possa essere risarcito, deve rappresentare in ogni caso l’effetto di un comportamento, atto o provvedimento giudiziario compiuto da un magistrato con “dolo” o “colpa grave” nell’esercizio delle sue funzioni oppure conseguente a “diniego di giustizia”.

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5.2.La nuova fattispecie di colpa grave

Prima della riforma della legge 18/2015 il comma 3 dell’articolo 2 della legge Vassalli contemplava delle ipotesi tassative di colpa grave, ricomprendendo tra queste la grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile; l’affermazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento; la negazione,determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente sussistente dagli atti del procedimento; l’emissione di un provvedimento concernente la libertà di persona fuori dei casi consentiti dalla legge o senza motivazione.

Il legislatore della riforma, preso atto dell’incompatibilità della normativa nazionale col diritto comunitario, ha dato una nuova formulazione dell’articolo 218 sciogliendo la fattispecie della

18 Art. 2 l. 117/88, come modificato dalla l. 18/2015: “1. Chi ha subito un danno

ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato con dolo o colpa grave nell’esercizio delle sue funzioni ovvero per diniego di giustizia può agire contro lo Stato per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e anche di quelli non patrimoniali. 2. Fatti salvi i commi 3 e 3-bis ed i casi di dolo, nell’esercizio delle funzioni giudiziarie non può dar luogo a responsabilità l’attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove.

3. Costituisce colpa grave la violazione manifesta della legge nonché del diritto dell'Unione europea, il travisamento del fatto o delle prove, ovvero l'affermazione di un fatto la cui esistenza e' incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento o la negazione di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento, ovvero l'emissione di un provvedimento cautelare personale o reale fuori dai casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione. 3-bis. Fermo restando il giudizio di responsabilità contabile di cui al decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639, ai fini della determinazione dei casi in cui sussiste la violazione manifesta della legge nonché del diritto dell'Unione europea si tiene conto, in particolare, del grado di chiarezza e precisione delle norme violate nonché

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responsabilità dal requisito della “negligenza inescusabile” e facendo coincidere la colpa grave con la violazione del diritto dell’Unione europea19, novellando l’intero comma 3 ed aggiungendo un comma 3-bis all’articolo 2 della legge Vassalli.

In più occasioni la stessa Corte di cassazione aveva specificato il concetto di colpa grave, concretizzandolo in una violazione “grossolana e macroscopica della norma ovvero in una lettura di essa contrastante con ogni criterio logico, che comporta l’adozione di scelte aberranti nella ricostruzione della volontà del legislatore, la manipolazione assolutamente arbitraria del testo normativo e lo sconfinamento dell’interpretazione nel diritto libero”20; pertanto nella sua nuova versione la fattispecie, stabilendo che i comportamenti dei magistrati che rientrano nell’ipotesi di colpa grave sono tali ope

legis, risulta coerente anche con la giurisprudenza nazionale.

Nello specifico oggi le ipotesi di colpa grave previste dal novellato comma 3 dell’art. 2 sono: la violazione manifesta, e non più grave, della legge nonché del diritto dell’Unione europea; il travisamento del fatto o delle prove; l’affermazione di un fatto la cui esistenza è

dell'inescusabilità e della gravità dell'inosservanza. In caso di violazione manifesta del diritto dell'Unione europea si deve tener conto anche della mancata osservanza dell'obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell'articolo 267, terzo paragrafo, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, nonché del contrasto dell'atto o del provvedimento con l'interpretazione espressa dalla Corte di giustizia dell'Unione europea”.

19 E. SCODITTI, Le nuove fattispecie di “colpa grave”. La violazione manifesta

della legge nonché del diritto dell’Unione europea, il travisamento del fatto o delle prove e la limitazione della clausola di salvaguardia, 2015, in corso di pubblicazione.

20 Cfr. Cassazione 18 marzo 2008, sent. n.7272, Foro it.,Rep. 2008, voce

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incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento, o, viceversa, la negazione di un fatto incontrastabilmente esistente; l’emissione di un provvedimento cautelare personale o reale fuori dai casi consentiti dalla legge o senza motivazione.

Tuttavia, mentre risulta allargato il novero delle ipotesi di responsabilità conseguenti a colpa grave del magistrato, la “negligenza inescusabile” rimane confinata ad elemento costitutivo necessario per poter esercitare l’azione di rivalsa nei confronti dello stesso21.

Infine, il nuovo comma 3-bis della legge precisa i presupposti di cui tenere conto al fine di valutare la sussistenza della violazione manifesta della legge o del diritto dell’Unione europea, per la quale è necessario considerare “il grado di chiarezza e precisione delle norme violate; l’inescusabilità e la gravità dell’inosservanza” oltre che, con esclusivo riferimento alla violazione del diritto europeo, “la mancata osservanza dell’obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267, terzo paragrafo, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, nonché il contrasto dell’atto o del provvedimento con l’interpretazione espressa dalla Corte di giustizia”.

21 Articolo 7 legge n. 117/88: “Il Presidente del Consiglio dei ministri, entro due

anni dal risarcimento avvenuto sulla base di titolo giudiziale o stragiudiziale, ha l’obbligo di esercitare l’azione di rivalsa nei confronti del magistrato nel caso di diniego di giustizia, ovvero nei casi in cui la violazione manifesta della legge nonché del diritto dell’Unione europea ovvero il travisamento del fatto o delle prove, di cui all’articolo 2 commi 2, 3 e 3-bis, sono stati determinati da dolo o negligenza inescusabile”.

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5.2.1. La violazione manifesta della legge nonché del diritto dell’Unione europea

Una volta venuto meno l’elemento soggettivo della negligenza inescusabile, quale requisito soggettivo della colpa grave previsto dalla precedente formulazione dell’articolo 2 della l. 117/88, si rende necessario per l’interprete, al fine di elaborare le diverse figure della fattispecie della “violazione di legge”, ridefinire il concetto stesso di responsabilità, qualificata adesso non più come “grave”, ma come “manifesta”.

Infatti, i criteri euro-unitari forniti dal legislatore della riforma al comma 3-bis dell’articolo de quo permettono di valutare se la violazione di legge sia manifesta, ma non circoscrivono il concetto di violazione del diritto nazionale; e l’unico approccio utile al fine di discernere sul piano concettuale tra violazione di legge ed attività interpretativa sembra essere quello di avvalersi alla distinzione tra disposizione e norma.

Nello specifico, per “disposizione” bisogna intendere l’autentico enunciato linguistico di per sé considerato, mentre col termine “norma” ci si riferisce al significato che si trae dall’enunciato linguistico grazie all’interpretazione.

In questo senso la “violazione manifesta di legge” riguarda la disposizione e consta nell’inosservanza del significato linguistico

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della disposizione, potendo, quindi, essere definita dal punto di vista concettuale come il travisamento linguistico della disposizione22. Tuttavia, rileva che se il concetto di “violazione di legge” deve essere riferito alla disposizione ed interpretato conformemente alla Costituzione, il concetto di “violazione del diritto dell’Unione europea”, invece, deve essere ricondotto all’accezione che la Corte di giustizia ha dato dell’illecito dello Stato e deve, quindi, tenere conto anche della norma e dell’attività interpretativa.

In conclusione, appare evidente che, vista la diversa connotazione delle due fattispecie, si sarebbe rivelata più chiara ed efficace una distinzione sul piano della disciplina tra di esse; al contrario l’assunto del comma, così elaborato dal legislatore, si presta a letture contrastanti.

5.2.2. Il travisamento del fatto o delle prove

Con la riforma il legislatore ha aggiunto al novero delle ipotesi di colpa grave previste dalla legge Vassalli anche la nuova figura del “travisamento del fatto o delle prove”, oltretutto senza depennare dall’elenco quelle che concernono l’affermazione, o la negazione, di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente esclusa, o sussistente, dagli atti del procedimento.

Tuttavia, è all’interprete si attribuisce il compito di individuare i confini di questa fattispecie, dovendo, inoltre, nel compimento di tale

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opera tener sempre presente il limite della responsabilità euro-unitaria.

Innanzitutto, risulta più semplice distinguere tra l’ipotesi di “travisamento delle prove” da quella di “valutazione delle prove”. In quanto, si ritiene che il “travisamento delle prove” consti in un errore su quanto riportato dall’atto istruttorio, che si concreta nell’utilizzo di un risultato di prova inesistente o incontestabilmente diverso da quello reale23; per di più, se tale errore è determinato da negligenza inescusabile, sarà consentito il successivo esercizio dell’azione di rivalsa nei confronti del magistrato responsabile. Al contrario, appare più complesso distinguere tra l’ipotesi di “valutazione del fatto” e quella di “travisamento del fatto”, se si considera soprattutto che è rimasta in piedi anche l’altra fattispecie di affermazione, o negazione, del fatto contrastata dagli atti.

La difficoltà a distinguere tra le due figure si rinviene addirittura all’interno della stessa legge, visto che lo stesso articolo 7 della legge contempla l’azione di rivalsa esclusivamente per l’ipotesi di

23 Vedi Cassazione 12 dicembre 2012, sentenza n. 9338 e Cassazione 21 gennaio

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travisamento del fatto24 e non anche per quella affermazione, o negazione, del fatto contrastata dagli atti del procedimento25.

Se, poi, si prende atto che, come abbiamo osservato, la giurisprudenza ha ritenuto che l’affermazione, o negazione, del fatto contrastata dagli atti siano inerenti al momento della percettivo della vicenda da parte del magistrato, non resterebbe che riconoscere il travisamento dei fatti riguardi il momento di valutazione della vicenda, costituzionalmente affidato, però, al libero convincimento del giudice26.

24 Art. 7, comma 1, l. 117/88, come modif. da l. 18/2015: “ Il Presidente del

Consiglio dei ministri, entro due anni dal risarcimento avvenuto sulla base di titolo giudiziale o di titolo stragiudiziale, ha l'obbligo di esercitare l'azione di rivalsa nei confronti del magistrato nel caso di diniego di giustizia, ovvero nei casi in cui la violazione manifesta della legge nonché del diritto dell'Unione europea ovvero il travisamento del fatto o delle prove, di cui all'articolo 2, commi 2, 3 e 3-bis, sono stati determinati da dolo o negligenza inescusabile”.

25 Inoltre, la portata innovativa della fattispecie del «travisamento del fatto o delle

prove» risulta, almeno in parte, ridimensionata già nella relazione di accompagnamento al ddl n. 2738 AC, XVII legislatura, a firma della deputata Donatella Ferranti, Presidente della Commissione Giustizia alla Camera, in cui si legge che «le preoccupazioni suscitate dalla nuova ipotesi di travisamento del fatto o delle prove possono essere superate ricorrendo ad un’interpretazione costituzionalmente orientata appare necessario chiarire come l’interpretazione costituzionalmente orientata della norma in esame imponga di considerare che l’unico «travisamento» rilevante ai fini della responsabilità civile del magistrato possa essere quello macroscopico, evidente, che non richiede alcun approfondimento di carattere interpretativo o valutativo. Ove il «travisamento» si traduca in valutazioni manifestamente abnormi del dato normativo o macroscopici ed evidenti stravolgimenti di quello fattuale, allora non ricorrerà più un’attività definibile come interpretazione o valutazione. Solo allora, tramite questa lettura costituzionalmente orientata, il travisamento potrà legittimamente costituire il presupposto della responsabilità civile, lasciando intatta la clausola di salvaguardia che mira a garantire l’autonomia e l’imparzialità del giudice nell’attività di interpretazione di norme di diritto e in quella di valutazione del fatto e delle prove».

26 Se all’interno della norma almeno non fosse stata contenuta anche l’ipotesi di

“travisamento della prova”, forse un’interpretazione adeguatrice avrebbe permesso di intendere “il fatto” così come si presenta nel processo, e cioè nei limiti della prova, volendo così individuare nel travisamento del fatto il misconoscimento del dato linguistico mediante cui la prova si manifesta. Inoltre, rileva che un’eventuale caducazione della fattispecie di travisamento del fatto per incostituzionalità renderebbe esercitabile l’azione di rivalsa soltanto nei limiti dell’errore revocatorio. Cit. E. SCODITTI, Opera cit., 7.

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In conclusione, è in questo passaggio dell’articolo 2 che emerge il profilo più problematico della nuova disciplina, poiché proprio il riferimento al “travisamento del fatto” da un lato getta un grave sospetto di incostituzionalità sul testo normativo, mentre dall’altro assicura la coerenza dello stesso con le indicazioni giunte dalla Corte di giustizia europea.

5.3.La clausola di salvaguardia

Il legislatore della riforma ha confermato quanto sancito dall’articolo 2 secondo comma della legge Vassalli, ovvero che “non può dar luogo a responsabilità l’attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove”.

In questi casi, alle parti è riservata esclusivamente una tutela di tipo endoprocessuale, esercitabile mediante l’impugnazione del provvedimento giurisdizionale che si assume viziato.

Ciò nondimeno, come abbiamo visto, anche l’esclusione a priori della responsabilità dello Stato per violazione del diritto europeo, seppur riconducibile ad attività di interpretazione di norme o di valutazione di fatti e prove, ha costituito un elemento di incompatibilità della normativa nazionale con quella euro-unitaria messo in risalto più volte dalla Corte di giustizia.

Pertanto, con la legge 18/2015 si è delimitato l’ambito di applicazione della clausola in esame27, escludendo dalle ipotesi di

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irresponsabilità del magistrato i casi di dolo e colpa grave, come delineati ai commi 3 e 3-bis28.

Tuttavia, così riformulata la c.d. clausola di salvaguardia si prospetta controversamente applicabile.

Invero, mentre appare opportuna l’esclusione delle ipotesi di dolo prevista dal nuovo dispositivo, il riferimento ai commi 3 e 3-bis, al contrario, determina l’inapplicabilità della riserva a tutte le ipotesi di colpa grave, e nello specifico ai casi di violazione manifesta della legge o del diritto comunitario.

Rimarrebbero, quindi, comprese tra le ipotesi salvaguardate dalla norma soltanto le violazioni della legge o del diritto Ue da non ritenersi manifeste. Ed una simile soluzione, apparentemente corretta alla luce del testo normativo, conduce però ad esiti incoerenti29: quando, infatti, l’errore di diritto non configura30 una violazione manifesta di legge, la responsabilità è già esclusa poiché si tratta di un’ipotesi estranea ai confini normativi della colpa grave; a nulla servirebbe, perciò, aggiungere la previsione della clausola di salvaguardia, poiché la violazione colposa, ma non grave, non potrebbe comunque dar luogo a responsabilità.

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Art. 2, comma 2: « Fatti salvi i commi 3 e 3-bis ed i casi di dolo, nell'esercizio delle funzioni giudiziarie non può dar luogo a responsabilità l'attività di interpretazione di norme di diritto ne' quella di valutazione del fatto e delle prove».

29 Cit. M. NISTICÒ, La nuova legge sulla responsabilità dello Stato e dei

magistrati. Inquadramenti storico-sistematico e profili problematici, reperibile sul sito www.aic.it , maggio 2015.

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Ci si domanda, di conseguenza, per quale ragione il legislatore abbia scelto di mantenere la clausola di salvaguardia, per poi svuotarla di contenuto, visto che ambito applicativo di tale tutela, resterebbe rilegato sostanzialmente alle ipotesi di denegata giustizia, che però, almeno fino a questo momento, costituisce quasi un caso di scuola31. Inoltre, l’introduzione nel corpo della legge di un simile inciso impone al giurista l’importante compito di salvaguardare quel bilanciamento tra il principio costituzionale di indipendenza della magistratura (artt. 101, 104 e 108 Cost.) e quello di responsabilità dei funzionari e dei dipendenti dello Stato (art. 28 Cost.) assicurato dalla formulazione originaria dell’articolo.

Infatti, la concezione euro-unitaria di responsabilità, essendo riferita allo Stato unitariamente inteso e non all’organo di per sé, non tiene conto delle caratteristiche peculiari della funzione giudiziaria32. Inoltre, in questo senso, col nuovo incipit “fatti salvi i commi 3 e3-bis ed i casi di dolo” si sembrerebbe voler ricomprendere nell’attività

31 Probabilmente il legislatore ha cercato di plasmare un meccanismo applicativo

simile a quello già utilizzato in sede di tipizzazione degli illeciti disciplinari del magistrato, affermando cioè la salvaguardia come regola generale e al tempo stesso individuando un sistema di eccezioni alla stessa; in questo caso la permanenza della clausola di salvaguardia nel testo della l. n. 18/15 sarebbe sostanzialmente frutto di un errore di coordinamento, o forse di una distrazione, del legislatore, che avrebbe voluto replicare la disciplina dettata in ambito disciplinare senza però rendersi conto che, attraverso il sistema di eccezioni congegnato, si finisce per svuotare di senso concreto la previsione generale. D’altro canto, si potrebbe anche ipotizzare che il legislatore abbia lasciato in vigore la clausola di salvaguardia perché la legge possa apparire ancora oggi “caratterizzata dalla costante cura di predisporre misure e cautele idonee a salvaguardare l’indipendenza dei magistrati”, pur risultando in realtà molto più restrittiva di allora. Per una puntuale ricostruzione di questo profilo controverso della normativa vedi M. NISTICÒ, Opera cit., 16 ss.

32 Vedi Corte giust. 30 settembre 2003, causa C-224/01, IV, 4 con nota di E.

SCODITTI, “Francovich” presa sul serio: la responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario derivante dal provvedimento giurisdizionale.

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di interpretazione di norme di diritto o di valutazione del fatto o delle prove anche le ipotesi tipizzate di colpa grave, suscettibili però di determinare la responsabilità civile.

È per queste ragioni che, come abbiamo anticipato, diviene oggi fondamentale il ruolo del giurista, che, conformemente a quanto sancito dalla nostra Costituzione, deve tutelare l’indipendenza del giudice nell’esercizio della sua funzione e ribadire che, nel caso di violazione manifesta del diritto dell’Unione europea, la compatibilità tra la responsabilità e l’interpretazione discende dall’assorbimento dell’illecito giudiziario in quello dello Stato. In tutti gli altri casi, al contrario, le attività di interpretazione delle norme di diritto e di valutazione dei fatti o delle prove restano sottratte alla responsabilità civile in quanto identificative della funzione giudiziaria33.

6. Il diniego di giustizia

Ai sensi dell’articolo 3 della legge 117/88, rimasto inalterato con la riforma, il magistrato è chiamato a rispondere civilmente anche in caso di “diniego di giustizia”.

Il primo comma dell’articolo descrive le caratteristiche e le connotazioni del diniego di giustizia, che si configura nel ritardo, rifiuto od omissione da parte del magistrato nel compimento di uno o più atti d’ufficio; tale fattispecie si realizza una volta che, trascorso il termine di legge per il compimento dell’atto, la parte abbia

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presentato istanza per ottenere il provvedimento e siano decorsi inutilmente, senza giustificato motivo, trenta giorni dalla data di deposito della richiesta in cancelleria.

Qualora, poi, tale ritardo od omissione riguardi direttamente la libertà personale dell’imputato, e non risulti alcun valido motivo che li giustifichi, la scadenza del termine è diminuita improrogabilmente a cinque giorni, che decorrono dal deposito dell’istanza, o coincide col giorno in cui si è verificata la situazione che rende incompatibile la prosecuzione della misura restrittiva34.

7. La domanda di risarcimento

Lo Stato, ravvisato nella persona del Presidente del Consiglio dei Ministri, è il soggetto passivo dall’azione risarcitoria individuato dall’articolo 7 della legge del 1988.

Questa, però, è esercitabile soltanto laddove siano già stati esperiti i mezzi ordinari di impugnazione o gli altri rimedi previsti contro i provvedimenti cautelari e sommari, ed in ogni caso solo se il provvedimento non è più passibile di modifica o di revoca; oppure, se tali rimedi non siano previsti, una volta che si sia concluso il grado del procedimento in cui si è verificato l’evento dannoso.

In particolare, il secondo comma dell’articolo 4, come riformato dalla l. 18/2015, specifica che l’azione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro tre anni, in luogo dei due contemplati dalla

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versione originaria del comma, che iniziano a decorrere dal momento in cui l’azione è esperibile, ovvero dopo tre anni dalla data in cui si è verificato il fatto35 o entro tre anni dalla scadenza del termine entro cui il magistrato avrebbe dovuto occuparsi dell’istanza.

In ogni caso, è stabilito che il termine non possa decorrere nei confronti di chi fosse a conoscenza del fatto a causa del segreto istruttorio.

La norma, infine, fissa che la competenza a decidere sulla domanda risarcitoria spetta al tribunale del capoluogo del distretto della Corte d’appello, che verrà determinato a norma dell’articolo 11 del codice di procedura penale e dell’articolo 1 delle disposizioni attuative al codice.

8. La soppressione del c.d. “filtro di ammissibilità”

Sebbene il dibattito intorno alla riforma della legge Vassalli si sia concentrato sulla dilatazione della nozione di colpa grave e sul ridimensionamento della portata della c.d. clausola di salvaguardia, l’abrogazione dell’art. 5 legge n. 117 del 1988, e il conseguente venir meno del c.d. “filtro di ammissibilità”, rappresentano sul piano processuale le innovazioni più discusse e controverse del recente intervento normativo36.

35 Questo nell’ipotesi in cui il grado del procedimento in cui si è verificato l’evento

dannoso non si sia ancora concluso.

36 L. LA GRECA, La responsabilità civile dei magistrati Prime riflessioni a

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In particolare, per effetto della legge n. 18 del 201537 è stata cancellata la previsione secondo cui il tribunale del distretto della corte di appello, sentite le parti, aveva il compito di dichiarare l’ammissibilità o meno della domanda e disporre l’eventuale prosecuzione del processo.

Nell’affrontare questo argomento merita di essere ricordato che tale delibazione preliminare di ammissibilità, consistente in un controllo dei presupposti, del rispetto dei termini e in una valutazione sulla manifesta infondatezza38, ha rappresentato l’elemento che più di ogni altro ha impedito al cittadino l’accesso alla tutela risarcitoria, finendo addirittura col determinare la pressoché inesistente applicazione pratica della legge sulla responsabilità civile dei magistrati.

Infatti, tale filtro giudiziale, creato con lo scopo di limitare il rischio di proliferazione delle cause risarcitorie nei confronti dei magistrati, in particolare di quelle intentate a fini ritorsivi o in modo sistematico, nella prassi era divenuto la sede in cui anticipare la decisione sul merito stesso della denuncia39. Quando, in teoria, avrebbe dovuto costituire solo la sede adibita ad accertare la sussistenza dei presupposti oggettivi o a valutare l’eventuale “manifesta infondatezza” della domanda.

37 Art. 3, comma 2. 38

Per una ricostruzione puntuale delle condizioni di ammissibilità della domanda di danni contro lo Stato, vedi A. PROTO PISANI, Il giudizio nei confronti dello Stato, in Foro it. , 1988, V, 409, part. 5.1- 5.7.

39 Vedi F. DAL CANTO, La riforma della responsabilità civile dello Stato per

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Tuttavia, vale la pena evidenziare che, nonostante l’intervento abrogativo sia stato motivato sia da esigenze egualitarie e di parità di trattamento di fronte alla legge, che da ragioni di effettività di tutela degli interessi del danneggiato, la scelta del legislatore di limitarsi a sopprimere il filtro appare piuttosto sbrigativa; e, pertanto oggi si corre effettivamente il rischio che lo strumento di tutela risarcitoria, fino a tal punto garantito al cittadino, venga abusato. Al contrario, la dottrina è concorde nel ritenere che la riforma avrebbe potuto rivelarsi l’occasione per un più cauto ripensamento del sistema.

9. L’intervento del magistrato nel giudizio risarcitorio

Nell’articolo 6 della legge 117/88, rimasto inalterato con la riforma, è contenuta la disciplina dell’intervento del magistrato nel giudizio risarcitorio, promosso contro lo Stato, per un comportamento, atto o provvedimento a lui ascrivibile.

Al primo comma si precisa che il presidente del tribunale, investito della cognizione dell’azione risarcitoria, deve, “almeno quindici giorni prima della data fissata per la prima udienza”, dare comunicazione del procedimento al magistrato il cui comportamento si assume rilevante. Tale magistrato, poi, avrà l’opportunità di decidere di intervenire volontariamente in ogni fase e grado del processo; al contrario l’attore non ha il potere di chiamarlo in giudizio.

(24)

Qualora il magistrato decida di non usufruire di questa possibilità, al comma 2 si stabilisce che nel successivo giudizio di rivalsa la decisione resa contro lo Stato non farà stato nei suoi confronti, e non potrà nemmeno essere utilizzata nel procedimento disciplinare che lo vedrà coinvolto.

Infine, rileva che, all’ultimo comma, l’articolo 6 negava che il magistrato potesse essere convocato come teste nel giudizio contro lo Stato ed addirittura estende tale divieto alla fase preliminare di ammissibilità del processo. Oggi40, vista l’abrogazione dell’articolo 5 della l. 117/88, tale previsione ovviamente deve essere letta soltanto in relazione alla fase di merito della causa contro lo Stato.

10.La rivalsa dello Stato

L’articolo 4 della legge n.18 del 2015 ha interamente sostituito l’art. 7 della legge dell’88, concernente l’azione di rivalsa dello Stato nei confronti del magistrato responsabile41.

40 Nonostante nella l. 18/2015 manchi un’esplicita conferma di quanto si assume.

Vedi C. M. BARONE, Opera cit., 2015, 2.

41 Articolo 7 l. 117/88, come modificato dalla l. 18/15: “1. Il Presidente del

Consiglio dei ministri, entro due anni dal risarcimento avvenuto sulla base di titolo giudiziale o di titolo stragiudiziale, ha l'obbligo di esercitare l'azione di rivalsa nei confronti del magistrato nel caso di diniego di giustizia, ovvero nei casi in cui la violazione manifesta della legge nonché del diritto dell'Unione europea ovvero il travisamento del fatto o delle prove, di cui all'articolo 2, commi 2, 3 e 3-bis, sono stati determinati da dolo o negligenza inescusabile. 2. In nessun caso la transazione e' opponibile al magistrato nel giudizio di rivalsa o nel giudizio disciplinare. 3. I giudici popolari rispondono soltanto in caso di dolo. I cittadini estranei alla magistratura che concorrono a formare o formano organi giudiziari collegiali rispondono in caso di dolo o negligenza inescusabile per travisamento del fatto o delle prove”.

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Innanzitutto, la nuova normativa fissa l’obbligo per Stato di esercitare l’azione di rivalsa nei confronti del magistrato in seguito all’accertamento della sua responsabilità per diniego di giustizia, violazione manifesta della legge o del diritto dell’Unione europea nonché per travisamento del fatto o delle prove, quando determinati da dolo o negligenza inescusabile.

Inoltre, il termine per esercitare la rivalsa viene esteso a due anni dal momento del risarcimento avvenuto in base a titolo giudiziale o stragiudiziale, in luogo dell’unico anno previsto dalla precedente formulazione del comma.

Infine, la legge di riforma, una volta confermata la sola responsabilità per dolo dei giudici popolari, si preoccupa di estendere quella dei cittadini estranei alla magistratura, che formano o concorrono a formare organi giudiziari collegiali, anche all’ipotesi di travisamento del fatto o delle prove, prima prevista solo per l’ipotesi di affermazione o negazione di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa o meno dagli atti del procedimento e solo in caso di dolo o colpa grave.

10.1. La competenza sull’azione e la misura della rivalsa

Innanzitutto, l’articolo 8 della Vassalli individua nel Presidente del Consiglio dei ministri il soggetto legittimato ad esperire l’azione di rivalsa.

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Successivamente, al comma 2 della medesima norma si stabilisce che l’azione de qua è promossa davanti al Tribunale del capoluogo del distretto della Corte di appello, da determinarsi a norma dell’articolo 11 del codice di procedura penale e dell’articolo 1 delle disposizioni attuative al codice stesso42, cioè secondo gli stessi criteri previsti per l’individuazione del giudice competente per l’azione di risarcimento danni contro lo Stato.

Per quel che concerne la misura della rivalsa il terzo comma dell’articolo, modificato dalla legge di riforma, dispone che la stessa “non può superare una somma pari alla metà di un’annualità dello stipendio, al netto delle trattenute fiscali, percepito dal magistrato al tempo in cui l'azione di risarcimento e' proposta, anche se dal fatto e' derivato danno a più persone e queste hanno agito con distinte azioni di responsabilità”; elevando così la soglia di un terzo prevista dalla formulazione originaria della norma43.

Si esclude, tuttavia, che tale limite possa applicarsi qualora il fatto sia stato commesso con dolo.

In merito all’esecuzione della rivalsa, si prevede che nel caso in cui questa venga effettuata mediante trattenuta sullo stipendio, non possa

42 Come previsto dalla l. 420 del 1998. 43

Art. 8, comma 3 della l. 117/88, come modificato dalla legge di riforma: “La misura della rivalsa non può superare una somma pari alla metà di una annualità dello stipendio, al netto delle trattenute fiscali, percepito dal magistrato al tempo in cui l'azione di risarcimento e' proposta, anche se dal fatto e' derivato danno a più persone e queste hanno agito con distinte azioni di responsabilità. Tale limite non si applica al fatto commesso con dolo. L'esecuzione della rivalsa, quando viene effettuata mediante trattenuta sullo stipendio, non può comportare complessivamente il pagamento per rate mensili in misura superiore ad un terzo dello stipendio netto”.

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comportare complessivamente il pagamento per rate mensili in misura superiore ad un terzo dello stipendio netto.

Infine, l’ultimo comma dell’articolo 8 puntualizza che analoghe disposizioni si applicano anche “agli estranei che partecipano all’esercizio delle funzioni giudiziarie”. Tuttavia, per costoro la misura della rivalsa è calcolata in rapporto allo stipendio iniziale annuo, al netto delle trattenute fiscali, che compete al magistrato di tribunale, ovvero, nel caso in cui il soggetto percepisca uno stipendio44 inferiore, è calcolata in rapporto allo stesso, tenuto conto del momento della proposizione dell’azione di risarcimento.

11.Responsabilità civile e responsabilità disciplinare 11.1. Uno sguardo sulla responsabilità disciplinare

Nonostante l’intento principale di questa trattazione sia quello di offrire una ricostruzione il più possibile puntuale dell’istituto della responsabilità civile del giudice, vale la pena dedicare alcuni momenti all’indagine di un’altra forma di responsabilità che investe lo stesso, quella disciplinare.

Fin da una prima osservazione emerge che la responsabilità disciplinare, rispetto a quella civile, si colloca su piani diversi in merito a natura, finalità perseguite, struttura ed organi a cui è demandato l’accertamento45.

44 Od un reddito di lavoro autonomo.

45 Cit. G.CIANI, Responsabilità civile e responsabilità disciplinare, 2015, 1, in

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Innanzitutto, pare opportuno sottolineare come attraverso l’esercizio di questo tipo di controllo lo Stato miri a garantire la correttezza, il prestigio e l’autorevolezza della funzione giurisdizionale e come, a tale scopo, si sia deciso di sanzionare sia l’attività funzionale che quella extrafunzionale del giudice, facendo derivare la responsabilità disciplinare dalla violazione degli obblighi assunti dallo stesso al momento della nomina.

Il controllo sulla deontologia del magistrato trova il suo fondamento nell’articolo 105 della Costituzione46, che devolve la competenza a decidere sulla responsabilità disciplinare dei magistrati ordinari al Consiglio superiore della magistratura47.

Di recente la legge n. 150 del 2005 ed il relativo decreto legislativo n. 109 del 2006, corretto poi dalla legge n. 269 del 2006, hanno inciso sulla regolamentazione del giudizio disciplinare, che ora risulta informata al principio della tassatività degli illeciti48.

In seguito a tali riforme i titolari dell’azione disciplinare sono il Ministro della giustizia (art. 107, comma 2 Cost.) ed il Procuratore generale della Corte di cassazione, in particolare, tuttavia, solo quest’ultimo deve esercitare l’azione obbligatoriamente49.

46 Art. 105 Cost.: “Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le

norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati”.

47 Quanto affermato vale anche per i giudici di pace, al contrario per le altre

magistrature la competenza in materia disciplinare è attribuita ad organi istituiti nel loro ambito con legge ordinaria.

48 Almeno per quanto riguarda i magistrati ordinari e quelli militari.

49 Si dispone, inoltre, le sue funzioni si estendono alla fase successiva del

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Per quel che attiene il giudizio di merito, le funzioni di pubblico ministero sono esercitate sempre dal Procuratore generale della cassazione, mentre la competenza a decidere sulla sussistenza o meno dell’illecito disciplinare è competente la Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.

Infine, si segnale che la competenza a decidere sull’eventuale successivo giudizio di impugnazione delle decisione, promosso dall’incolpato, dal Ministro guardasigilli o dal Procuratore generale, è attribuita alle Sezioni unite della Corte di cassazione50.

11.2. I rapporti tra le due tipologie di responsabilità

Una volta chiarito le differenze funzionali, strutturali e procedimentali che esistono fra le due figure di responsabilità, deve essere evidenziato il rapporto di reciproca autonomia che esiste tra le stesse51.

In particolare, il comma primo dell’articolo 20 del d.lgs. n. 109/2006 prevede che l’azione disciplinare debba essere promossa “indipendentemente dall’azione civile di risarcimento del danno”, mentre l’articolo 6 della l. n. 117/1988 sancisce che l’eventuale

fondatezza dell’accusa rivolta al magistrato e decidere se, a conclusione delle indagini, chiedere alla Sezione disciplinare del Csm la declaratoria di non luogo a procedere o la fissazione dell’udienza di dibattimento.

50

Invece, la competenza a decidere sull’impugnazione delle decisioni che coinvolgono magistrati amministrativi o contabili è devoluta ai supremi organi giurisdizionali delle magistrature di appartenenza. Vedi, G. CIANI, Opera cit., 4.

51 Vedi V. DI AMATO, La responsabilità disciplinare dei magistrati, Milano,

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“decisione pronunciata nel giudizio promosso contro lo Stato” non farà stato nel procedimento disciplinare.

A tale proposito, infine, l’articolo 9 della legge Vassalli, come novellato dalla riforma del 2015, prevede che il Procuratore generale presso la cassazione si attivi in ogni caso per l’esercizio dell’azione disciplinare, salvo che questa non sia stata già proposta, senza dover attendere la comunicazione di ammissibilità della domanda di cui al comma 5 dell’articolo, visto che oggi tale disposizione è stata abrogata.

A conclusione di questa breve parentesi si può, pertanto, concordare con quanti sostengono che la responsabilità disciplinare costituisca uno strumento di tutela ulteriore e complementare per il cittadino, visto oltretutto che nel nostro ordinamento non si rinvengono disposizioni che impediscono la coesistenza tra le due tipologie di responsabilità.

12.La responsabilità contabile

La responsabilità contabile si fonda sul rapporto di servizio intercorrente tra il magistrato, a cui è imputabile l’atto che ha determinato il danno erariale, e lo Stato52.

In linea generale, la mancanza nell’ordinamento italiano di una disciplina specifica per i magistrati ha fatto sì che, in questa materia,

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questi ultimi risultino pienamente assimilati agli altri funzionari pubblici.

Ciò premesso, rileva che sulla questione la giurisprudenza amministrativa non ha fornito un indirizzo univoco, ritenendo in taluni casi che l’estensione della disciplina comune ai magistrati si ponesse in contrasto con la loro indipendenza53.

Infatti, in un’occasione la Corte dei conti, basandosi sul presupposto che la funzione giurisdizionale è esercitata dal giudice in nome e per conto della legge54 e non nell’adempimento di obblighi di servizio, ha negato la possibilità di far valere tale forma di responsabilità nei confronti dei magistrati55. In un altro caso, invece, la Corte ha acconsentito, ma solo perché la responsabilità scaturiva da un’attività avente natura amministrativa e non giurisdizionale56.

Sull’argomento si è espressa anche la Corte costituzionale, che nella sentenza n. 385 del 1996 ha riconosciuto in linea di principio la conciliabilità tra questa forma di responsabilità ed il principio di indipendenza del giudice, senza valutare fondamentale il distinguo tra natura amministrativa e giurisdizionale delle funzioni esercitate,

53 Vedi F. BIONDI, Opera cit., 320 ss. 54 Ex art. 101, secondo comma Cost.. 55

Sent. 6 dicembre 1995 n. 394, Corte dei conti, Sez. reg. Sicilia, in Foro amm. 1996 n. 2210. La vicenda riguardava un magistrato ordinario chiamato a risarcire il danno arrecato ad un ente locale, per aver erroneamente emanato un decreto ingiuntivo per una somma maggiore a quella indicata nella fattura annessa all’ordinanza di ingiunzione.

56 Sent. 13 maggio 1996 n. 1091, Corte dei conti, Sez. reg. Lombardia, in Foro

amm. 1997, n. 326. In particolare, il caso aveva ad oggetto la responsabilità di un magistrato per la liquidazione di compensi, da lui disposti, in favore di alcuni periti.

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auspicando però, allo stesso tempo, un intervento normativo sulla questione.

L’orientamento del giudice di legittimità è stato confermato dal legislatore con due provvedimenti.

Innanzitutto, la legge n. 89 del 2001, che ha introdotto la possibilità di ottenere un’equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo, ha stabilito che l’eventuale decreto di accoglimento della domanda dovrà essere comunicato, a cura della cancelleria, oltre che alle parti, anche al Procuratore generale della Corte dei conti, in modo che quest’ultimo possa decidere di attivare il procedimento di responsabilità.

Inoltre, sempre su questo argomento, il D. P. R. n. 115 del 200257 con l’articolo 172 sancisce che “i magistrati ed i funzionari amministrativi sono responsabili delle liquidazioni e dei pagamenti da loro ordinati e sono tenuti al risarcimento del danno subito dall’erario a causa degli errori e delle irregolarità delle loro disposizioni, secondo la disciplina generale in tema di responsabilità amministrativa”. Il legislatore pare in tal modo aver fissato un punto definitivo in merito all’applicabilità della disciplina comune anche ai magistrati, nonostante non si sia chiarito quale sia la natura,

57 Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese e di

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giurisdizionale o amministrativa, dell’atto di pagamento emanato dal giudice58

Oggi, con riferimento all’azione diretta nei confronti del magistrato e dello Stato, cioè alla regolamentazione della responsabilità civile per i fatti costituenti reato compiuti dal giudice nell’esercizio delle sue funzioni, la riforma ha lasciato inalterati i primi due commi dell’articolo 13 della legge Vassalli59.

Al contrario il legislatore del 2015 ha aggiunto a quanto disposto originariamente il comma 2-bis, prevedendo la responsabilità contabile in caso di mancato esercizio dell’azione di regresso da parte dello Stato verso il magistrato60.

Infine, si stabilisce, ai fini dell’accertamento di tale responsabilità, che il Presidente del Consiglio dei ministri ed il Ministro della giustizia entro il 31 gennaio di ogni anno debbano informare la Corte dei Conti in merito alle condanne risarcitorie derivanti da fatti

58

O. FORLENZA, Magistrati: lo stretto confine della giurisdizione, in Guida al diritto-Dossier n. 7 del 2002, 154.

59 Articolo 13 l. n. 117/88: “1. Chi ha subito un danno in conseguenza di un fatto

costituente reato commesso dal magistrato nell'esercizio delle sue funzioni ha diritto al risarcimento nei confronti del magistrato e dello Stato. In tal caso l'azione civile per il risarcimento del danno ed il suo esercizio anche nei confronti dello Stato come responsabile civile sono regolati dalle norme ordinarie. 2. All'azione di regresso dello Stato che sia tenuto al risarcimento nei confronti del danneggiato si procede altresì secondo le norme ordinarie relative alla responsabilità dei pubblici dipendenti”.

60 Art. 13, comma 2-bis: “Il mancato esercizio dell'azione di regresso, di cui al

comma 2, comporta responsabilità contabile. Ai fini dell'accertamento di tale responsabilità, entro il 31 gennaio di ogni anno la Corte dei conti acquisisce informazioni dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Ministro della giustizia sulle condanne al risarcimento dei danni per fatti costituenti reato commessi dal magistrato nell'esercizio delle sue funzioni, emesse nel corso dell'anno precedente e sull'esercizio della relativa azione di regresso”.

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costituenti reato emesse nel corso dell’anno precedente ed al conseguente esercizio della conseguente azione di regresso.

13.Considerazioni conclusive

Dopo aver esaminato la riforma nei suoi tratti più significativi, si attesta che su di essa già molto è stato scritto e molto è stato detto. Questo non stupisce, in quanto non solo la legge interviene su un tema tradizionalmente considerato particolarmente delicato, sia per l’alto livello di attenzione che da anni gli riserva l’opinione pubblica che per le sue significative implicazioni costituzionali, ma, soprattutto, perché essa si va a sostituire alla legge Vassalli, che per ventisette anni ha costituito l’unica disciplina in tema di responsabilità civile dei magistrati61.

Sulla nuova normativa sono state espresse opinioni contrastanti. In particolare, mentre il Ministro della giustizia Andrea Orlando ha sottolineato come il testo approvato dal Parlamento possa essere considerato un “punto di equilibrio accettabile” sul tema della responsabilità civile dei magistrati62, dall’ANM, al contrario, sono giunti commenti critici circa il possibile impatto della nuova legge

61

Ovvero, come abbiamo visto, in tema di responsabilità civile dello Stato per fatto del magistrato.

62 Parlando ad un’Aula della Camera pressoché deserta il Ministro ha spiegato che

l’obiettivo della riforma era “tutelare i cittadini, senza mettere in discussione l’indipendenza della magistratura”, così realizzando “un vero passaggio storico”.

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sul sistema63; alcuni esponenti della dottrina, infine, hanno teso a minimizzare l’impatto innovativo della riforma64.

Volendo richiamare alcune constatazioni puntualizzate in precedenza in questa sede, si può asserire che gli aspetti ritenuti più controversi della disciplina sono sostanzialmente due.

Innanzitutto, appare poco comprensibile la scelta del legislatore del 2015 di abrogare l’articolo 5 della legge n. 117/88, il quale prevedeva un vaglio endoprocessuale di ammissibilità della domanda risarcitoria65. Nello specifico si ritiene che nonostante tale “filtro di ammissibilità” abbia costituito una delle principali cause di in applicazione della legge Vassalli, l’eliminazione pura e semplice dello stesso si riveli una soluzione sbrigativa, destinata a gettare discredito sull’attività giurisdizionale66.

In secondo luogo, è stata altrettanto discussa la decisione di confermare l’esistenza formale della c.d. clausola di salvaguardia ed allo stesso tempo di privarla del suo contenuto, visto che sostanzialmente si prevede l’impossibilità di applicare la stessa nei

63 In particolare, il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Rodolfo

Sabelli ha rimarcato come con la riforma si realizzi una “rivoluzione contro la giustizia e contro l’indipendenza dei magistrati”, vedi www.altaex.it, 25 febbraio 2015. Ed il 22 febbraio 2015 è stato addirittura deliberato lo stato di mobilitazione.

64 Tra questi V. VIGORITI, La responsabilità civile del giudice: timori esagerati,

entusiasmi eccessivi, 2015, in corso di pubblicazione

65

Secondo l’ANM “l’approvazione della legge n.18 del 2015 è un pessimo segnale, la politica approva una legge contro magistrati”; con essa “si intacca il profilo dell’indipendenza dei magistrati. Vi è un rischio di azioni strumentali” dando “la possibilità alla parte processuale più forte economicamente di liberarsi di un giudice scomodo. É una strada pericolosa verso una giustizia di classe”, da www.repubblica.it del 24 febbraio 2015.

66 Vedi R. ROMBOLI, Una riforma necessaria o una riforma punitiva?, 2015,

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casi di dolo e colpa grave, limitandola, perciò, all’unica ipotesi di diniego di giustizia.

Infine, per quel che concerne le ragioni che hanno spinto il legislatore ha rielaborare la regolamentazione dell’istituto de quo67, certo è solo che la legge attuale eviterà allo Stato ulteriori condanne a livello euro-unitario, mentre sarà possibile solo tra qualche anno valutare se la nuova normativa troverà un’applicazione più frequente e quindi potrà definirsi “effettiva”.

Tuttavia, ciò che più preoccupa è la sensazione che l’istituto della responsabilità civile, che principalmente ha natura compensativa68, finisca con l’essere utilizzato allo scopo di rinsaldare i rapporti tra l’ordine giudiziario ed i cittadini e che, in quest’ottica, tale strumento possa assumere caratteri punitivi.

In ogni caso, è probabile che i molti profili controversi della riforma verranno chiariti dalla giurisprudenza interpretativa e quindi sarà possibile fornire un giudizio più attendibile sulla stessa solo al formarsi in merito di un “diritto vivente”.

67

Ovvero il fine di “rendere effettiva la disciplina che regola la responsabilità civile dello Stato e dei magistrati, anche alla luce dell’appartenenza dell’Italia all’Unione europea”.

68 La responsabilità civile serve cioè ad evitare, nei limiti in cui è possibile, che le

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