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CAPITOLO 2 INTERNAZIONALIZZAZIONE, OUTSOURCING E COSTUMER SATISFACTION

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CAPITOLO 2

INTERNAZIONALIZZAZIONE, OUTSOURCING E COSTUMER SATISFACTION.

2.1 LA STRATEGIA DI INTERNAZIONALIZZAZIONE

2.1.1 Che cosa è l’internazionalizzazione e quali benefici può apportare.

Cos'è in realtà l'internazionalizzazione?

Una domanda che molto spesso fa fatica a trovare risposte semplici e chiare a causa dell'implicita complessità racchiusa in questo processo, che dipende, in ogni caso, dagli obiettivi che l'imprenditore individua.

Con il termine “internazionalizzazione” s’intendono quei processi (composti di fasi tra loro correlate, organizzati in iniziative e traguardi) attraverso i quali le imprese investono sui mercati esteri, con il preciso obiettivo di conquistarvi progressivamente quote di mercato.

Non si può definire un tempo standard o un costo standard per il processo d’internazionalizzazione, mentre lo si può fare per le iniziative in esso inserite, lavorando quindi per step e verifiche e “misurando” il livello di efficacia man mano che i traguardi raggiunti sortiscono effetti in termini di valore sull'impresa, sulla sua immagine e sul suo posizionamento anche in ambito nazionale.

Il processo porta l'impresa a essere diversa, più completa, capace di gestire nuove dinamiche e di cogliere spazi di mercato differenti, incontrare nuovo potere d'acquisto da parte di consumatori diversi, e quindi in grado di presentarsi al mercato come una realtà più matura.

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53 In termini più specifici, una politica tale:

- Migliora lo sfruttamento del proprio vantaggio competitivo e ne sviluppa dei nuovi, sostenibili.

- Permette l’accesso ai mercati internazionali delle risorse e competenze. - Permette l’accesso ai luoghi dove si creano e si diffondono le conoscenze. - Determina una maggiore soddisfazione delle esigenze del cliente.

- Da la possibilità di presidiare segmenti transazionali di mercato. - Migliora l’apprendimento rispondendo a strategie di concorrenti già

internazionalizzati.

In un periodo così difficile, in cui i budget sono spesso risicati e le spese corrono più rapidamente degli incassi, molte imprese si chiedono se sia opportuno

investire e guardare ai mercati esteri, oppure non sia meglio restare fermi e gestire l’ordinario.

Certamente investimenti spot non sono raccomandabili, perché si ridurrebbero né più né meno che a forme di “scommessa”.

Si deve valutare con calma l’intero contesto in cui l’impresa si trova e ragionare a medio se non lungo termine, per comprendere se sia il caso di rivedere la strategia e andare verso un “downsizing” per rimanere fermi nella posizione attuale; oppure verso una logica di “sviluppo” per costruirsi uno spazio in un contesto migliore, caratterizzato da nuove opportunità e da dinamiche

economiche differenti.

Rimanere immobili, con struttura, personale, produzione e comunicazione invariate, rischia di essere pericoloso perché il mercato non troverà nulla di “interessante” in un’azienda statica senza spunti d’innovazione o interesse che possono essere rivolti anche verso una riorganizzazione verso il basso.

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54 In tal senso, l’internazionalizzazione assume maggiore chiarezza e può fornire una risposta più semplice e più chiara, portando a vedere i benefici che possono derivare dal prendere parte a un nuovo ambiente, in cui passo dopo passo farsi conoscere e apprezzare, su cui spendere il proprio nuovo valore come realtà diversa.

2.1.2 Differenza tra internazionalizzazione e delocalizzazione.

Molto spesso il processo d’internazionalizzazione è confuso con ciò che viene definita “delocalizzazione”.

Tuttavia, queste due strategie presentano indubbie differenze, sia in termini di obiettivi che s’intende perseguire che di risorse necessarie per realizzare l’investimento.

La delocalizzazione, infatti, comporta il trasferimento delle unità produttive a basso valore aggiunto dal proprio mercato di riferimento verso quelli emergenti caratterizzati da bassi costi dei fattori della produzione.

Il trasferimento in tali mercati, però, ha il solo obiettivo di ridurre sensibilmente i costi della produzione, al fine di offrire gli stessi prodotti a prezzi più

competitivi.

La peculiarità della delocalizzazione, quindi, risiede nel fatto che il principale mercato di riferimento continua a essere quello originario, e non anche il mercato nel quale si è trasferita la produzione.

Con l’internazionalizzazione invece, s’intendono conquistare crescenti quote di mercato nei paesi nei quali si è scelto di investire, quindi, a differenza della delocalizzazione, le imprese aprono nuove attività produttive in mercati che

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55 presentano maggiori potenzialità di sviluppo economico e commerciale, con l’obiettivo, non solo di abbattere i costi di produzione, ma anche di presidiare da vicino tali nuovi mercati e di conquistarvi progressivamente rilevanti quote. Infine, il processo d’internazionalizzazione si contraddistingue dalla

delocalizzazione, giacché caratterizzato da precise strategie di entrata nei mercati esteri.

2.1.3 Le cause e gli obiettivi dell’internazionalizzazione.

Nella definizione della strategia d’internazionalizzazione vanno, innanzitutto, considerate una serie di variabili che sono alla base del processo stesso

d’internazionalizzazione.

Innanzitutto, il primo fattore che l’impresa deve considerare riguarda la scelta dei mercati o, comunque, dell’area geografica che intende penetrare

commercialmente.

Infatti, il primo step che un’impresa, che si avvia lungo il cammino

dell’internazionalizzazione, deve attentamente analizzare, riguarda la scelta circa la localizzazione dell’investimento.

Da questo punto di vista, i fattori oggetto di analisi sono soprattutto le principali variabili macroeconomiche che caratterizzano i mercati in un dato periodo:

- La crescita del prodotto interno lordo (Pil). - L’andamento dell’inflazione.

- Il trend del commercio internazionale.

Oltre a queste variabili strettamente interconnesse tra loro, e che indicano il grado di sviluppo di un paese, l’analisi dei flussi degli investimenti diretti esteri

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56 è un altro elemento che aiuta a capire quali sono le tendenze in atto

caratterizzanti il commercio internazionale.

Infatti, gli investimenti diretti esteri mostrano le capacità di un dato mercato di attrarre capitali esteri produttivi capaci di innescare un circolo virtuoso di crescita.

Negli ultimi anni, i mercati dei Pvs che hanno fatto registrare i tassi di crescita più elevati, sono, infatti, anche quei mercati che sono stati in grado di attrarre i volumi d’investimenti diretti esteri maggiori.

Oltre alle variabili macroeconomiche che caratterizzano un determinato mercato, l’impresa deve considerare quelle variabili che potrebbero incidere sull’esito dell’investimento che si appresta a realizzare.

Ci riferiamo, in particolare, alla capacità delle autorità locali di aver saputo sviluppare un ambiente favorevole agli investimenti esteri:

- Bassi livelli d’imposizione fiscale. - Ridotta burocrazia locale.

- Riconoscimento delle principali convenzioni internazionali in materia di diritto internazionale.

- Avvio di processi di liberalizzazione sia fiscale sia giuridica.

Essi sono fattori che inevitabilmente hanno ricadute sulla scelta dei mercati nei quali s’intende investire.

Infine, l’impresa non potrà prescindere da un’attenta valutazione del grado di sviluppo del segmento di mercato nel quale la sua produzione la colloca. Infatti, alcuni settori presentano un livello di saturazione maggiore in alcuni mercati rispetto che ad altri.

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57 Oppure, in un dato mercato si è sviluppata una particolare industria intorno alla quale ruota il suo indotto, che offre numerose opportunità alle imprese sub-fornitrici.

L’analisi economica e giuridica dei mercati nei quali si vuole investire, non può prescindere, inoltre, dagli obiettivi che l’impresa intende perseguire con il processo d’internazionalizzazione.

Tali obiettivi sono strettamente connessi alle finalità che l’impresa stessa si prefigge di raggiungere e, come tali, sono influenzati dalle peculiarità della struttura e della composizione dell’azienda.

Il fatto che il tessuto industriale italiano sia caratterizzato principalmente da piccole e medie imprese incide inevitabilmente sulle strategie

d’internazionalizzazione che l’impresa italiana è in grado di implementare. Molto spesso, ciò fa sì che le imprese decidano di internazionalizzarsi soltanto perché si sono presentate delle opportunità d’investimento che ritengono di dover sfruttare, senza però che vi sia stata una strategia di base di breve-medio periodo su come guidare il processo d’internazionalizzazione.

L’assenza di una precisa strategia e di un coordinamento tra le attività interne ed esterne, incide negativamente sul risultato finale che l’impresa vuole

raggiungere, infatti, comporta inevitabilmente un aumento dei costi, che a sua volta, potrebbe annullare i profitti derivanti dall’internazionalizzazione.

Inoltre, una volta che l’impresa è entrata in un determinato mercato, potrebbe trovarsi impreparata con riferimento alle strategie da perseguire nel breve periodo, e non in grado di definire le strategie necessarie per reagire agli shock che talvolta caratterizzano i mercati emergenti.

Oltre alla volontà di sfruttare le opportunità che si presentano nei mercati esteri, un’altra causa dell’internazionalizzazione è la ricerca di nuovi mercati di sbocco

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58 poiché il segmento nel quale già si opera, è troppo limitato, o comunque

presenta i primi segni di saturazione.

La ricerca di nuovi mercati di sbocco è un fattore contingente alla necessità dell’impresa di conquistare nuove quote sul mercato, fattore indispensabile alla crescita di ogni azienda.

I nuovi mercati inoltre potrebbero permettere non solo un abbattimento dei costi di produzione (materie prime e manodopera), ma soprattutto offrire grandi potenzialità, sia in termini di futuri potenziali consumatori che in termini geografici.

Molti di questi paesi potrebbero divenire in un futuro prossimo piattaforme logistiche e centri produttivi rilevanti per l’esportazione verso altri paesi. Riuscire a conquistare ora quote rilevanti del mercato nel quale l’impresa si è internazionalizzata e perfezionare il livello di flessibilità e di controllo dei costi, potrebbe quindi favorire la penetrazione oltre che nei mercati limitrofi, anche in quelli dove le aziende affrontano una concorrenza forte e intensa, come il

mercato europeo e americano.

2.1.4 Le possibili strategie di entrata nei mercati esteri.

Le strategie di entrata nei mercati esteri ruotano intorno ad una serie di elementi chiave che caratterizzano l’impresa.

Innanzitutto, la scelta della strategia da adottare dipenderà in larga misura dalla specificità del business dell’impresa stessa, nonché dalle caratteristiche del segmento di mercato nel quale opera.

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59 Ciò, inoltre, sarà strettamente connesso anche con alcuni fattori contingenti l’impresa, quali il livello di tecnologie e know-how posseduto, i vantaggi dimensionali capaci di acquisire e la natura del suo processo produttivo. Nella definizione della strategia d’internazionalizzazione, l’impresa dovrà poi, tener conto delle peculiarità dei suoi clienti attuali e di quelli potenziali, delle caratteristiche dei canali distributivi dei paesi nei quali intende

internazionalizzarsi, e della sua capacità di coordinamento tra le varie attività produttive lungo l’area geografica oggetto della sua attività.

Oltre agli elementi sopra descritti, possono essere oggetto dell’analisi d’internazionalizzazione anche altri fattori, utili per tracciare le possibili

strategie di entrata nei mercati esteri, quali la scelta se implementare la strategia autonomamente o in collaborazione con terzi, i costi che l'azienda è in grado di sostenere e il livello di coinvolgimento che vuole assumere.

Le strategie d’internazionalizzazione possono essere distinte in base al loro grado di flessibilità: quanto più l’investimento realizzato è grande, tanto più la strategia di entrata è caratterizzata da elementi di rigidità, poiché il

disinvestimento potrebbe comportare delle perdite per l’azienda, difficilmente recuperabili nel breve periodo.

Qui di seguito riassumiamo le principali strategie d’internazionalizzazione: - Esportazione.

Le esportazioni rappresentano l’estremo all’interno delle forme meno coinvolgenti e più flessibili per operare con l’estero.

Non riflette una vera e propria internazionalizzazione dell’azienda, l’impresa non ha alcuna unità produttiva nei mercati nei quali opera.

L’impresa può esportare all’estero i suoi prodotti attraverso due distinte metodologie: indiretta o diretta.

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60 Innanzitutto, l’esportazione indiretta è caratterizzata dalla presenza di società di distribuzione (trading companiese agenti), che si frappongono tra l’impresa esportatrice e il cliente finale.

Tuttavia, una tale strategia impedisce all’azienda di entrare direttamente in contatto con il mercato e con i suoi clienti.

Le esportazioni dirette, invece, si caratterizzano, per il maggiore livello di coinvolgimento richiesto, soprattutto in termini finanziari.

Nell’esportazione diretta, infatti, l’impresa deve saper coordinare

autonomamente la forza vendita impegnata sul mercato estero, e ciò richiede anche un maggiore impegno imprenditoriale, poiché in tale forma

d’internazionalizzazione è assente la figura dell’intermediario che si fa carico dei rischi connessi alla vendita del prodotto.

L’esportazione diretta presenta notevoli vantaggi rispetto a quella indiretta. Innanzitutto, attraverso l’esportazione diretta, l’impresa è in grado di

raggiungere un certo livello di flessibilità che le permette di operare sul mercato reagendo alle sue fluttuazioni.

Inoltre, le esportazioni dirette permettono all’impresa di intrattenere un rapporto diretto con la propria clientela, e di conseguenza risulta più agevole per

l’impresa comprendere e, eventualmente, anticipare le tendenze dei

consumatori, individuare quei segmenti di mercato nei quali allargare la propria attività, nonché aggiustare le proprie politiche commerciali secondo le tendenze del mercato.

- Licensing.

Rappresenta una strategia d’internazionalizzazione indiretta in quanto non necessariamente, per implementarla, l’impresa deve entrare in contatto con il mercato.

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61 Nonostante ciò, il licensing può essere, comunque, considerato una strategia d’internazionalizzazione, poiché permette all’impresa licenziante di

incominciare ad acquisire alcune informazioni di base sui mercati nei quali in futuro potrebbe incominciare a operare direttamente.

- Accordi commerciali di altra natura con aziende complementari o concorrenti.

A tale categoria appartengono diverse forme di strategie, di cui i consorzi sono le forme più rappresentative, soprattutto nelle regioni settentrionali dell’Italia. Solitamente i consorzi nascono con l’obiettivo di realizzare attività congiunte all’estero.

Inoltre, molto spesso le aziende consorziate sono concorrenti dirette o sono aziende che producono prodotti complementari tra loro.

Tuttavia, la strategia consortile, che potenzialmente offre notevoli vantaggi alle aziende che vi si riuniscono, nella pratica si rivela in non poche occasioni fonte di delusione.

Ciò è dovuto spesso al fatto che il consorzio viene costituito in conformità a obiettivi non sufficientemente definiti, e comunque, aleatori.

Infatti, molto spesso l’attività di un consorzio all’estero non è accompagnata dalla predisposizione e dalla successiva implementazione delle necessarie strategie di entrata.

In sostanza, accade che una volta giunte sui mercati esteri, con la guida del consorzio, le imprese manchino di quella spinta necessaria per portare a termine l’attività d’internazionalizzazione, e di quella struttura e di quei meccanismi necessari al corretto funzionamento dell’intero aggregato.

Inoltre, dato il numero elevato di imprese che solitamente vi partecipano, il consorzio presenta anche una notevole complessità gestionale, da cui derivano considerevoli difficoltà di coordinamento.

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62 Con tale strategia, un’impresa cede a un’altra il diritto di produrre i

prodotti/servizi conformi ai propri dietro il pagamento di un corrispettivo, il quale può essere sia fisso che variabile.

Nonostante ciò, la partecipazione a un consorzio per l’esportazione si presenta particolarmente interessante per quelle imprese che si affacciano per la prima volta sui mercati esteri, o che, comunque, non intendono stabilirvisi per lunghi periodi.

- Costituzione di proprie filiali all’estero.

Tale è la strategia nella quale l’impresa che s’internazionalizza costituisce una propria base produttiva/commerciale nei mercati nei quali intende espandersi. La costituzione di proprie filiali all’estero può essere condotta attraverso la costituzione ex novo di unità produttive, o mediante l’acquisizione d’imprese già operanti sul mercato.

La differenza risiede nelle risorse che l’impresa è in grado di investire nell’operazione.

Infatti, nel caso di acquisizione, l’investimento finanziario necessario per portare a termine l’operazione sarà inevitabilmente maggiore rispetto alla costituzione ex novo.

Tuttavia, il maggiore investimento finanziario può essere compensato in buona parte dalla semplificazione dei problemi che la costituzione ex novo di

un’impresa all’estero comporta (organizzazione delle risorse umane e conoscenza del mercato e dei clienti).

Comunque, è bene considerare che qualora l’impresa acquisisca la società estera, sono più elevati gli sforzi che deve compiere per favorire l’integrazione con la società acquisita.

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63 Ciò si traduce inevitabilmente in maggiori risorse finanziarie che devono essere destinate alla costruzione di meccanismi per favorire l’integrazione tra i due aggregati.

Dal punto di vista degli obiettivi che tale strategia si prefigge di raggiungere, di norma la costituzione di filiali all’estero rappresenta la forma più stabile e coinvolgente dell’internazionalizzazione, poiché, le imprese che decidono di presidiare direttamente i mercati esteri sono principalmente quelle che si pongono obiettivi di medio - lungo termine.

Inoltre, una tale strategia garantisce nel tempo il raggiungimento di una solida conoscenza dei mercati esteri, nonché lo sviluppo di un adeguato know-how che caratterizza l’intero processo d’internazionalizzazione.

- Joint-Venture.

La costituzione di una joint-venture rappresenta la strategia

d’internazionalizzazione che maggiormente si avvicina alla forma più estrema degli investimenti diretti.

È la tipica strategia che le imprese scelgono di implementare quando il loro obiettivo è avere una stabile presenza sui mercati esteri, oppure quando la costituzione di una joint-venture rappresenta l’unica via per superare le barriere di entrata in un dato mercato.

In alcuni mercati, infatti, permangono ancora vincoli e restrizioni di politica industriale che mirano a limitare i nuovi insediamenti produttivi di provenienza estera.

La costituzione di joint-venture rappresenta anche il mezzo per entrare nei mercati esteri, pur non avendo una conoscenza adeguata del mercato nel quale l’impresa intende internazionalizzarsi.

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64 Infatti, molto spesso la scelta di stabilire una joint-venture ha una precisa

valenza strategica, perché avere un partner locale, consente di colmare le lacune circa il radicamento sul mercato e i rapporti istituzionali.

La joint-venture si caratterizza per un maggiore coinvolgimento non solo

finanziario ma anche operativo, da cui deriva anche un investimento più stabile e duraturo.

Sebbene le tipologie di joint-venture varino secondo le normative dei singoli paesi, in linea generale, le principali forme possono essere considerate:

- Le Equity joint-venture (Ejv).

Nella maggior parte dei casi costituite come società a responsabilità limitata. - Le Contractual joint-venture (Cjv).

La quale rappresenta l’organizzazione più semplice di joint-venture poiché i soci v’instaurano un rapporto collaborativo definito contrattualmente, che molto spesso non conduce alla creazione di una persona giuridica ex novo.

Inoltre, almeno che il contratto non preveda diversamente, le parti sono

responsabili delle obbligazioni assunte dalla società, limitatamente alla quota da loro sottoscritta, e sempre individualmente.

- le Wholly Foreign-Owned Enterprise (Wfoe).

Solitamente è una società alla quale l’ordinamento riconosce propria personalità giuridica che si caratterizza rispetto alle altre forme dal fatto di essere costituita da uno o più soci stranieri e da essi direttamente gestita.

Talvolta, le autorità locali straniere riconoscono una tale società nei propri ordinamenti giuridici limitatamente al rispetto di talune condizioni.

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65 Molto spesso, infatti, accade che agli imprenditori esteri sia concessa la

possibilità di costituire una Wfoe purché vi siano impiegate tecnologie avanzate oppure che la maggior parte della sua produzione sia esportata all’estero.

2.1.5 La scelta della strategia da perseguire.

Dopo aver esaminato le diverse strategie d’internazionalizzazione, appare opportuno soffermarsi sull’analisi di quelle variabili che influenzano la scelta della strategia.

Infatti, l’impresa che si avvia lungo il cammino dell’internazionalizzazione dovrà valutare attentamente le singole strategie di entrata nei mercati esteri alla luce di fattori intrinseci ed estrinseci alla sua struttura.

Per quanto riguarda l’impresa dall’interno, da valutare in primis gli obiettivi dell’internazionalizzazione, ma anche l’ammontare dell’investimento che

s’intende realizzare, il livello di coinvolgimento che l’impresa vuole sopportare, e il grado di rischio che si è disposti ad assumere, nonché le competenze

possedute.

In seguito, l’analisi dovrà prendere in considerazione tutte quelle variabili estrinseche alla struttura dell’impresa che hanno ripercussioni sull’andamento dell’investimento e sul raggiungimento del suo risultato finale. Infatti, le

caratteristiche dell’ambiente e del mercato, il livello di maturità del segmento e la presenza di possibili barriere di entrata, sono variabili che incidono

direttamente sulla scelta della strategia.

Ne consegue, che qualora l’impresa non voglia avere una presenza stabile sui mercati esteri, o comunque voglia prima testare il mercato, la strategia più

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66 idonea è flessibile, che non richiede un elevato coinvolgimento operativo e il cui investimento finanziario non sia troppo oneroso.

In una simile fattispecie, l’esportazione o la partecipazione a un consorzio per l’esportazione, appaiono le strategie che meglio si conciliano con le variabili sopra descritte.

Inoltre, l’impresa può implementare tali strategie con l’obiettivo ultimo di conoscere il mercato più da vicino al fine di consolidarvi la sua presenza soltanto in futuro.

Dal lato opposto, invece, quando l’impresa intende presidiare i mercati esteri da vicino o la distanza geografica non le permette di avere un controllo diretto sui mercati e sui propri competitor, la costituzione di una propria filiale o di una joint-venture con un partner locale, appaiono le strategie che più sembrano in grado di garantire il raggiungimento dei suoi obiettivi.

Allo stesso modo la costituzione di una joint-venture sembra poter essere,

talvolta, l’unica strategia che permetta all’impresa estera di bypassare le barriere di entrata che caratterizzano il mercato nel quale vuole internazionalizzarsi. Tali strategie, tuttavia, comportano l’assunzione di un rischio più ampio, che può essere letto alla luce del maggiore coinvolgimento operativo richiesto all’impresa, e del maggiore ammontare d’investimento finanziario necessario per realizzare l’operazione.

La parte dedicata all’internazionalizzazione si completa di una rappresentazione grafica del processo, che fornisce una panoramica completa dei fattori chiave, dei presupposti e delle eventuali lacune con cui ci si può essere confrontare.

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67 A completare questa prima

parte del capitolo si riporta una matrice inerente ai diversi modelli

d’internazionalizzazione che una sua società può mettere in atto, in base al diverso grado di

coordinamento e configurazione dell’attività.

www.UBS.com (UBS check list. Processo per le strategie di internazionalizzazione, Jean Frey SA, Zurich) www.sanpaoloimprese.com (SAN PAOLO IMPRESE. Dossier sulle strategie di Internazionalizzazione) www.mito.org.uk (MITO International Business Development 30/11/2012)

Obiettivi dell'azienda: Vendita, produzione, approvvigionamenti, ricerca e sviluppo. Punto della situazione: Prodotto/servizio, dimensioni/capacità, finanze, cultura. Forma di internazionalizzazione: Export, licensing, franchising, alleanze, singole unità / funzioni,

affiliate. Scelta paesi Finanziamento e copertura: Garanzie, factoring, anticipi, crediti documentari, ASRE. Scelta del partner Aspetti legali. Investimenti all’estero ed elevato coordinamento delle consociate. Strategia globale pura. Strategia locale con unità in ciascun mercato. Strategie di esportazione con MKTG decentrato.

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68

2.2 L’OUTSOURCING.

L'outsourcing dell'epoca contemporanea è nato da un'idea influenzata

dall'evoluzione tecnologica, organicamente collocata all'interno della costitutiva irrefrenabile tensione umana alla crescita, la quale oggi si sostanzia nella ricerca continua e pervicace dell'efficienza.

Un'idea la quale, attraverso la valorizzazione del capitale umano, relazionale, tecnologico e conoscitivo, ha ripensato il modo di lavorare di tante aziende, concependone uno nuovo.

Infatti, sebbene non tutte le aziende deleghino in outsourcing i loro processi di business, è anche vero che, oggi, tutte quelle che offrono servizi informatici annoverano nella loro offerta per lo meno un servizio di outsourcing, sia esso riguardante la gestione fisica delle risorse (infrastrutturali, applicative, umane, relazionali, derivanti dalla conoscenza, ecc.) che allo svolgimento di specifiche attività verticali, come possono essere i processi amministrativi informatizzati quali l'elaborazione delle buste paga o l'assistenza ai clienti.

In mercati sempre più complessi, infatti, è necessario che le aziende dispongano di strutture organizzative flessibili, deverticalizzate e siano disposte a

implementare strategie di sviluppo “esterno” mediante il ricorso ad accordi di collaborazione con altri operatori e l'adozione di forme organizzative di tipo reticolare, soprattutto da parte d’imprese minori.

In questa prospettiva, il ricorso all'outsourcing garantisce alle imprese vantaggi in termini di rapidità di applicazione delle innovazioni, condivisione degli investimenti e quindi frazionamento dei rischi, elasticità dei costi e disponibilità di risorse finanziarie da destinare allo sviluppo del core business.

Occorre, tuttavia, considerare anche i rischi connessi alla perdita del controllo del know-how dei processi esternalizzati, alla perdita di sinergie tra processi

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69 aziendali, a comportamenti opportunistici dei partner, ai maggiori costi rispetto a quelli preventivati.

Gervasi S. Ballarin A., Outsourcing. I vantaggi di una scelta strategica, 2006

Pastore P. Ricciardi A., Outsourcing strategico. Tecniche di gestione, criticità, vantaggi competitivi, 2010

2.2.1 Concetto generale e definizioni.

L'outsourcing emerge come uno degli strumenti manageriali, di carattere tattico e strategico, che hanno conosciuto la maggiore espansione nel corso degli ultimi anni e che, secondo autorevoli e diffuse proiezioni, continuerà a proporsi nei suoi diversi ambiti e nelle sue varie applicazioni come un’importante possibilità per la sopravvivenza sul mercato delle imprese, senza distinzione d’industria, dimensione o missione aziendale.

Si potrebbe fornire una serie di definizioni di outsourcing, di varia provenienza e di volta in volta orientate a metterne in risalto particolari aspetti; tuttavia il

concetto generale può essere espresso in forma estremamente sintetica,

descrivendo l'outsourcing come quel processo che porta alla "acquisizione da un fornitore esterno di prodotti o servizi attualmente risultanti dalla diretta attività produttiva e di gestione interna dell'azienda".

Affinché l'outsourcing si sviluppi come tecnica di gestione aziendale è

necessario che siano soddisfatte due condizioni: la prima ha carattere oggettivo e consiste nella presenza sul mercato di operatori sufficientemente professionali e specializzati, che garantiscano un efficiente espletamento della funzione da esternalizzare; la seconda ha invece natura più soggettiva e riguarda il

superamento da parte del management societario di varie remore psicologiche, in particolare il timore di un "autoridimensionamento" professionale.

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70 L'introduzione dell'outsourcing all'interno di un'azienda è operazione non facile, che incontra resistenze di ogni genere a tutti i livelli della struttura gerarchica aziendale (si ha paura di perdere potere) oltre che sindacale.

Solamente a livello di top management si è ormai diffusa la consapevolezza del fatto che un'impresa agile e snella, la quale abbia il meno possibile di struttura fissa e acquisti all'esterno i servizi “generali” sia il modello vincente nei mercati attuali e che solo delegando tutte le funzioni ausiliarie a fornitori specializzati diviene possibile concentrarsi sulle attività per le quali si possiede un'effettiva competenza e un vantaggio competitivo.

Nonostante le difficoltà a implementare una strategia tale, per i prossimi anni il movimento verso un ruolo più rilevante dell'outsourcing è irreversibile: le grandi imprese cercheranno di decentrare tutte le attività che possono essere prodotte all'esterno in modo più competitivo, concentrandosi invece su quelle in cui vi siano competenze distintive ben evidenti e non riproducibili altrove.

È evidente che nel corso di questo processo la grande impresa si "snellirà", nel senso che avrà meno dipendenti in organico, mentre i compiti della direzione assumeranno sempre più funzioni di regia differenti da quelle tradizionali; ma non è affatto detto che la sua forza complessiva, in termini di network che essa "comanda", sia destinata a diminuire.

Oggi il business dell'impresa ha nuovi confini; outsourcing, terziarizzazione, specializzazione e internazionalizzazione sono parole d'ordine che devono essere prese seriamente in considerazione da tutte le aziende, se si vuole aumentare l'efficienza complessiva del sistema produttivo.

In quest'ottica le aziende sono obbligate a rivedere quale debba essere la propria configurazione.

Normalmente questo ripensamento porta a quattro conclusioni: - Il business è più globale di quanto non si pensi;

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71 - Il prodotto è sempre più servizio e il servizio è sempre più integrato; - Le funzioni interne che possono essere condotte da altri sono

moltissime;

- Ci sono molti nuovi business: una volta che l'azienda si sarà alleggerita delle funzioni delegabili all'esterno, si potrà perseguire anche i

business che sono potenzialmente presenti nei servizi interni. Una volta che si sia accettata l'idea di esternalizzare la maggior parte delle funzioni aziendali, la difficoltà diventa, come sempre, l'esecuzione.

Nelle aziende si riscontrano sempre forti resistenze nel momento in cui si deve diminuire la dimensione complessiva delle proprie attività; esse sono restie a privarsi della gestione diretta di alcuni servizi, quando non possano

contestualmente acquisirne la gestione di altri.

La diffusione dell'outsourcing viene dunque ostacolata dalla preoccupazione comune a molti responsabili di funzione, di perdere il controllo di una parte del sistema aziendale.

Non bisogna dimenticare che l'outsourcing, in parole semplici, è destinato a produrre successi solo se ben inserito in un piano strategico aziendale, del quale costituisca sicuramente parte fondamentale, ma allo stesso tempo subordinata al raggiungimento di obiettivi di crescita dimensionale o quanto meno di aumento di produttività nelle attività proprie dell'azienda.

La soluzione delle difficoltà deve consistere, in primo luogo, nel mettere in moto un meccanismo di riallocazione pressoché simultanea (operazione dipendente esclusivamente dalle capacità del top management interno) e, in secondo luogo, nella capacità di introdurre l'outsourcing in modo graduale, così da non

aumentare le difficoltà che inevitabilmente comporta l'impatto di questa

decisione all'interno dell'azienda (questo tipo di operazione dipende invece dalla flessibilità e professionalità del provider).

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72 2.2.2 Motivazioni alla base dell'outsourcing.

Esaminiamo ora le ragioni che fanno scegliere l'outsourcing, basandoci principalmente su una ricerca condotta dal The Outsourcing Institute su un campione di 1.200 imprese statunitensi.

Il risultato di tale ricerca porta a identificare le otto principali motivazioni che inducono all'outsourcing: le prime quattro di carattere tattico, le successive prevalentemente strategiche, tendenti a concentrare le proprie attività nelle aree in cui l'azienda costruisce il proprio vantaggio competitivo.

- Difficoltà nella gestione o nel controllo di una funzione aziendale. L'outsourcing è sicuramente un'importante possibilità per risolvere questa classe di problemi, tuttavia non bisogna considerarlo come una soluzione che porti ad abdicare alla responsabilità manageriale, né come una soluzione "tampone" che occorra per salvare le imprese in difficoltà nel breve periodo.

Secondo gli studi in precedenza citati, le imprese che si sono servite dello strumento in esame per ottenere il risultato di non perdere il controllo della propria organizzazione, hanno finito nella maggior parte dei casi per rimanere insoddisfatte dei risultati ottenuti.

Il motivo principale di questo fallimento risiede probabilmente nel fatto che, se in un'azienda si riscontrano difficoltà nella gestione o nel controllo di una funzione aziendale, l'approccio corretto a questa situazione dovrebbe consistere nel rintracciarne le cause prima di poter procedere all'implementazione di rimedi di diverso genere.

- Mancanza di professionalità specifiche all'interno dell'azienda. In questo caso l'impresa ricorre all'outsourcing perché non possiede al proprio interno le risorse necessarie in termini di capacità professionali specifiche.

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73 Sicuramente la più importante tra le ragioni di carattere tattico che inducono a ricorrere all'outsourcing è legata alla necessità di ridurre o quantomeno di tenere sotto controllo la crescita dei costi fissi aziendali o, più in generale, dei costi operativi.

Il ricorso all'outsourcing consente, infatti, da un lato, di modificare la struttura dei propri costi aziendali, aumentando l'incidenza di quelli variabili e

diminuendo l'incidenza di quelli fissi sui costi totali, dall'altro, grazie alle economie di scala e ad altri vantaggi connessi con la specializzazione del provider, permette di ridurre i costi operativi totali.

Di questa riduzione beneficerà naturalmente anche l'impresa-cliente.

Inoltre, imprese che tentano di svolgere tutte le funzioni in proprio, possono incorrere in spese eccessive e impreviste di ricerca, sviluppo o marketing, spese che dovranno necessariamente essere trasferite sul cliente finale sotto forma di aumenti di prezzo e che dunque possono rendere meno appetibili i prodotti dell'impresa sul mercato.

- Situazione di difficoltà finanziaria.

L'outsourcing talvolta comprende il trasferimento di attività dal cliente al provider: impianti, veicoli, licenze e attrezzature varie usate per l'attività da delegare.

Tutte queste attività hanno un valore e vengono, di fatto, vendute al provider. Il provider, poi, utilizza queste attrezzature per fornire servizi allo stesso cliente che le ha vendute oppure, frequentemente, anche ad altri clienti.

Secondo il valore delle attività vendute, l'azienda che decide di delegare può ottenere da subito significativi flussi positivi di cassa.

In genere le attività in questione sono cedute al loro valore d’iscrizione in bilancio.

(23)

74 Nel caso in cui il suddetto valore dovesse essere notevolmente superiore rispetto a quello effettivo di mercato, la differenza tra i due valori rappresenta un prestito effettuato dal provider al cliente, il cui rimborso sarà integrato nel prezzo del servizio di outsourcing che sarà in seguito prestato.

Questo complicato sistema può talvolta evitare all'impresa-cliente una situazione di crisi finanziaria, assicurandole maggiori liquidità che sono conseguenti non solo alla normale operazione di outsourcing, ma anche allo smobilizzo di attività e a un’autentica forma di prestito, sebbene occultata dall'apparenza del servizio prestato.

Va aggiunto che sempre più spesso il provider si fa carico di parte dei dipendenti del suo cliente.

In alcuni casi si tratta di centinaia di dipendenti. In questo modo imprese di servizi in outsourcing costituiscono alleanze strategiche con i propri clienti, finalizzate alla creazione di valore per tutti i portatori d’interesse interni ed esterni all'azienda.

Una componente spesso trascurata di questo tipo di outsourcing è legata poi alla motivazione del personale trasferito.

Di solito, infatti, ciò che per il cliente costituisce un'attività secondaria, diviene per il provider il core business, migliorando notevolmente gli aspetti

motivazionali delle persone che vi lavorano.

- Necessità di attrarre capitali e allocazione più efficiente delle risorse. L'outsourcing riduce la necessità di capitali da investire in funzioni non

direttamente legate al core-business, permettendo allo stesso tempo di attrarre più facilmente capitali dal mercato.

Decidere di investire direttamente nelle aree legate ai prodotti o servizi offerti ai clienti, consente in genere di raggiungere una maggiore redditività aziendale e

(24)

75 migliorare alcuni indici di bilancio, attraverso l'eliminazione della necessità di mostrare il Roi di capitali investiti in ambiti non attinenti al core-business. Ogni organizzazione inoltre trova dei limiti nelle risorse disponibili.

La sfida costante consiste nel far sì che tali risorse limitate siano allocate nelle aree a maggior valore aggiunto.

L'outsourcing permette all'organizzazione di deviare le sue risorse da attività ausiliarie ad attività per le quali si riscontra un maggiore ritorno in termini di qualità o di servizio al cliente.

Molto spesso le risorse in questione sono in termini di manodopera. Attraverso l'outsourcing di attività ausiliarie, l'organizzazione può trasferire il personale, in tal modo liberato, ad attività a maggior valore aggiunto.

- Riduzione dei rischi.

Agli investimenti decisi da un'organizzazione, sono sempre associati considerevoli rischi.

Tramite l'outsourcing un'azienda diviene più flessibile, più dinamica, più capace di cogliere i cambiamenti e le mutevoli opportunità offerte dal mercato.

I mercati, la competizione, le leggi e i regolamenti, le condizioni dei mercati finanziari e le tecnologie: tutto questo oggi giorno cambia in maniera

estremamente rapida.

Mantenersi in linea con questi mutamenti e prendere le giuste decisioni d’investimento sono compiti molto difficili.

L'outsourcing è uno strumento per suddividere i rischi connessi a tali decisioni tra più imprese.

Il risultato ottenibile ricorrendo all'outsourcing è che l'azienda riesce ad avvicinarsi a quella che oggi è considerata la struttura aziendale ideale.

(25)

76 - Maggiore specializzazione e approccio globale ai processi, consentito

dall’esperienza di carattere internazionale del provider.

Il fornitore di servizi in outsourcing molto spesso raggiunge un grado di

specializzazione e professionalità tale, nello svolgimento della funzione che gli viene delegata, da poter operare in maniera competitiva su diversi mercati a livello internazionale.

Questa circostanza può consentire al cliente numerosi vantaggi tra i quali l’accesso a nuove tecnologie, a strumenti e tecniche che l'organizzazione potrebbe non possedere; l’eliminazione dei costi di training associati

all'acquisizione delle abilità necessarie a gestire le suddette innovazioni; migliori opportunità di carriera per il personale, che eventualmente sia stato trasferito dall'organizzazione cliente al provider e inoltre l’accesso seppure parziale alle tecnologie, procedure e documentazioni in possesso del provider.

Infine ciò può determinare una maggiore efficienza nello svolgimento della funzione delegata e una migliore consapevolezza dei costi di gestione per il processo in questione, e l’accesso a competenze aziendali e a esperienze di processo che il fornitore ha acquisito presso precedenti clienti.

- Focalizzazione sul core-business.

L'outsourcing permette all'azienda di concentrarsi sulle questioni generali, lasciando i dettagli operativi alla definizione di un esperto esterno.

Esso è uno strumento imprenditoriale che può condurre a una maggiore

chiarezza ed efficacia nel perseguimento degli obiettivi primari, che consistono nel focalizzare e interpretare con successo i bisogni del cliente finale.

Per molte aziende vi è dunque un'unica ragione fondamentale che spiega la necessità di ricorrere all'outsourcing, ossia l'esigenza di liberarsi da tutti quei problemi che riguardano non il “cosa fare”, ma il “come farlo”, quando queste questioni riguardino funzioni aziendali ausiliarie.

(26)

77 Troppo spesso la soluzione di simili problemi ostacola il processo decisionale aziendale, lasciandolo imbrigliato in questioni definibili come di middle management, le quali assorbono un'enorme quantità di tempo e attenzione

manageriale. Tutto ciò può dar luogo a costi non solo di carattere finanziario, ma anche in termini di opportunità non sfruttate.

L'outsourcing rende possibile all'impresa di accelerare la crescita e di migliorare i risultati attraverso un'espansione degli investimenti nelle aree che le offrono maggiori vantaggi competitivi.

2.2.3 Il processo di Outsourcing.

Per quanto riguarda il processo di outsourcing, non si tratta di analizzare i processi aziendali che possono essere delegati, bensì di individuare le fasi che compongono la procedura conducente all'esternalizzazione in outsourcing di aree o funzioni aziendali.

Tale processo si articola in sei passaggi fondamentali: - L'analisi strategica iniziale.

Essa consiste nell'avere una chiara visione delle core competencies dell'azienda e del provider da ricercare in una visione strategica proiettata al futuro degli obiettivi aziendali.

Si considerano inoltre le modalità che consentono di incrementare la redditività degli investimenti, e l'individuazione dei concorrenti da selezionare per compiere una preventiva analisi di benchmarking.

- La definizione delle necessità e degli obiettivi aziendali perseguibili tramite l'outsourcing.

(27)

78 Fase che può rivelarsi molto complessa, tuttavia è d’importanza cruciale che gli obiettivi siano definiti, inequivocabili e possibilmente espressi in termini

misurabili.

Tale necessità si pone oltre che per ovvi motivi di chiarezza, anche come base, in termini di condivisione delle informazioni, per porre su solide fondamenta la collaborazione di lungo termine che s’intende avviare con il vendor da

prescegliere.

- L'identificazione dei potenziali vendor. - La conseguente selezione di questi ultimi.

Una volta terminata l'analisi strategica e la definizione degli obiettivi e delle aspettative, il successivo passo consiste nell'individuare le caratteristiche che deve possedere il candidato ideale, al fine di poter stilare una lista di potenziali partner.

Vi sono diversi fattori che contribuiscono a delineare le caratteristiche ottimali del provider da prescegliere: la capacità di fornire un servizio qualitativamente accettabile, il prezzo, le referenze e la reputazione, la flessibilità sotto l'aspetto delle condizioni contrattuali, l'ampiezza del ventaglio dei servizi offerti,

l'adattabilità alla cultura aziendale del cliente, eventuali precedenti collaborazioni e infine l'ubicazione.

- L'effettivo trasferimento delle operazioni.

In questa fase veramente critica diviene cruciale un utilizzo congiunto di tutti gli strumenti di comunicazione aziendale, al fine di promuovere una fattiva

partnership con il provider, caratterizzata sin dall'inizio da una solida collaborazione con il personale interno, che dovrà fungere da cerniera di collegamento tra le due organizzazioni.

Gli strumenti di comunicazione dovranno essere utilizzati per promuovere un doppio risultato: consentire al personale del fornitore esterno di acquisire, nel

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79 più breve tempo possibile di comprendere nel migliore dei modi la nuova cultura imprenditoriale con la quale verrà in contatto.

Il secondo, ma non meno importante obiettivo da perseguire tramite tali mezzi, dovrà consistere in un'aperta e schietta esposizione al personale interno delle cause che rendono necessario il ricorso all'outsourcing, nonché delle

conseguenze che tale operazione determinerà sull'attività aziendale. - La gestione delle relazioni con il vendor.

Non va sottovalutata la necessità di predisporre un'apposita struttura (steering committee), nell'ambito della quale vengano mantenuti i contatti a livello strategico tra le due organizzazioni.

Questa stessa struttura dovrebbe avere il compito di monitorare il livello di perseguimento degli obiettivi prestabiliti, valutandoli sulla base delle scale di misura predisposte nelle fasi iniziali del processo.

- Outsourcing e Business Process Reengineering.

L'outsourcing viene spesso accostato a un altro strumento di cambiamento nella gestione aziendale, identificato con il nome di Business Process Reengineering (BPR).

Il motivo fondamentale di tale accostamento consiste nella possibilità,

conseguibile tramite l'outsourcing, di beneficiare immediatamente dei vantaggi connessi a una riprogettazione dei processi aziendali, la quale necessita, in genere, di lunghi tempi per la sua introduzione all'interno di un'impresa, a causa della difficoltà insita nel prevedere le conseguenze ultime di un cambiamento radicale nel modo di lavorare.

(29)

80 Il BPR è una specifica modalità d’innovazione del processo che nasce a metà degli anni ottanta al MIT e consiste in un ripensamento di fondo, una

trasformazione radicale, volta a un miglioramento straordinario nei parametrici critici che determinano le difficoltà dell’azienda.

Università degli Studi di Pisa. Corso di Analisi dei processi e revisione gestionale. Il Business Process reengineering

2.2.4 Le classificazioni dell’Outsourcing.

Il complesso fenomeno dell'outsourcing comprende al proprio interno una serie di varianti nell'applicazione del generale processo di esternalizzazione che esso prevede.

Dopo aver individuato chiaramente gli obiettivi che si vogliono perseguire con l'outsourcing, il management aziendale dovrebbe individuare tra le tipologie generali la soluzione che meglio si adatta ai propositi espressi, evitando in tal modo di farsi condizionare eccessivamente in queste decisioni preliminari dal partner che sarà selezionato in seguito.

Le varianti di outsourcing prese in considerazione, possono essere considerate valide per i diversi ambiti e le diverse funzioni aziendali alle quali di volta in volta si applicano.

Possono dunque essere indicate una serie di tipologie di outsourcing: - Full Outsourcing.

Il full outsourcing richiede che l'evoluzione dalla gestione in proprio all'esternalizzazione avvenga secondo criteri e finalità comuni tra cliente e

(30)

81 in questo modo si eleva il livello operativo e strategico della collaborazione e si rende massima la condivisione degli obiettivi.

- Outsourcing di Base.

Il cliente affida al provider la totale o parziale gestione dell'area interessata, mantenendo al proprio interno le funzioni di controllo delle operazioni. È la soluzione ideale per chi desidera una gestione esterna al minimo costo mantenendo uno stretto controllo sulle operazioni delegate e allo stesso tempo riducendo al minimo i problemi connessi all'interazione tra le due

organizzazioni.

La gestione operativa viene affidata al provider, ma le procedure di controllo rimangono all'interno dell'azienda.

Il ricorso all'outsourcing di base piuttosto che al full outsourcing o viceversa non dipende tanto dal tipo di partnership che s’intende instaurare con il provider quanto dal tipo di processo che s’intende delegare.

L'outsourcing degli approvvigionamenti, poiché caratterizzato

dall'esternalizzazione di un processo prettamente interfunzionale, dovrà

necessariamente farsi rientrare nella precedente categoria del full outsourcing. Potrà viceversa rientrare nella categoria dell'outsourcing di base la

terziarizzazione di processi intrafunzionali quali, ad esempio, il servizio paghe e stipendi.

- Transformational Outsourcing.

Particolare forma di full outsourcing che si attua quando, in contemporanea all'affidamento all'esterno di una particolare area, si modifica la tradizionale struttura aziendale anche per aree correlate.

Il vendor svolge in questo caso un doppio ruolo in partnership con il cliente: da un lato, mantiene provvisoriamente la gestione dell'area da ristrutturare,

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82 evitando così rischi di blocco delle operazioni, e, dall'altro, collabora con

l'azienda in qualità di consulente nell'operazione di cambiamento.

Questo tipo di outsourcing generalmente si modifica in full outsourcing non appena sia superata la fase di transizione e trasformazione.

- Outsourcing Funzionale.

Si tratta di servizi rivolti all'outsourcing di singole funzioni aziendali o parti di esse.

Nell'ambito di quest'ultimo punto, può farsi rientrare per semplicità quella che in realtà dovrebbe essere un'altra classificazione di outsourcing, in cui l'elemento discriminante è costituito appunto dalla funzione aziendale delegata.

Il motivo della considerazione di questa classificazione come

sottoclassificazione della più ampia tassonomia delineata, è semplice e riguarda la sempre maggiore tendenza verso un outsourcing di processo, piuttosto che di funzione, in accordo con i principi guida del business process reengineering. Tra le funzioni o aree delegabili in outsourcing rientrano: sistemi informativi, ufficio legale, risorse umane, formazione e consulenza, telecomunicazioni, logistica, revisione interna, amministrazione, subfornitura di componenti intermedi.

Va aggiunta, infine, un'ulteriore distinzione tra outsourcing "puro" a terzi fornitori e altre forme, per così dire, spurie o modalità alternative, quali l'outsourcing in joint-venture con terzi o lo scorporo di attività interne e la creazione di aziende controllate.

Abravanel R., Troppe mode rischiano di distruggere la funzione strategica del management, 22.03.1997 Business Week Magazine, 15.12.1997, Outsourcing: From Vertical to Virtual - The Race to Change Business Week Magazine, 15.12.1997, Outsourcing, The New Midas Touch

Cipolletta I., L'impresa deve reinventarsi con l'outsourcing, Il Sole 24 Ore, 17.09.1997

De Maio A. - Maggiore E., Organizzare per innovare, rapporti evoluti clienti-fornitori, 1992, Etas srl Giacchino A., Le armi dell'outsourcing, Il Sole 24 Ore, 05.02.1993

Libelli M., Scelte di outsourcing, Il Sole 24 Ore, 15.03.1997

Losi - Ciamiciottoli, I servizi dividono i manager: responsabili di funzione e vertici aziendali hanno visioni diverse sull'outsourcing, Il Sole 24 Ore, 23.07.93

(32)

83

2.2 LA COSTUMER SATISFACTION.

La customer satisfaction è un parametro importante da misurare e monitorare se si punta alla qualità.

<<Il divario tra clienti soddisfatti e clienti insoddisfatti può far fallire un'azienda>> Harvard Business Review.

<<... non è sufficiente avere clienti abbastanza soddisfatti. I clienti soddisfatti se ne vanno senza alcuna buona ragione, anche solo per provare qualcosa di nuovo. Perché no?

Il profitto e la crescita di un'azienda derivano da quei clienti che sono deliziati dal vostro prodotto o dal vostro servizio, i clienti fidelizzati.

A questi clienti non serve la pubblicità e non necessitano di stimoli: vengono da

voi a comprare e portano con loro un amico>> W. Edwards Deming.

www.qualitiamo.com (Qualitiamo. La soddisfazione del cliente: appunti e riflessioni)

2.3.1 L’orientamento alla soddisfazione del cliente.

Il fenomeno ha ormai rilevanza mondiale, a partire degli anni novanta del XX secolo.

La rilevanza della customer satisfaction come obiettivo strategico è sostenuta da alcune tendenze evolutive del mercato.

(33)

84 - Il progressivo incremento della pressione concorrenziale, che aumenta

nelle imprese il bisogno di una vicinanza psicologica nei confronti del cliente.

- L’affermarsi di nuove fonti di vantaggio competitivo, connesse allo sviluppo delle risorse immateriali dell'impresa legate al valore aggiunto della marca, del prodotto, ed in generale tutte le caratteristiche che avvolgono la fisicità del prodotto/servizio. - L’aumento della complessità tecnologica dei prodotti/servizi.

Questa caratteristica comune alla quasi totalità degli odierni mercati, manifesta i suoi effetti anche sui processi d’acquisto.

Si rende, infatti, problematica per il consumatore la formulazione dei criteri di scelta chiari ed espliciti.

Alla luce di questa esigenza si richiede allora una più attenta e attiva politica di servizi, che permea e avvolge il prodotto stesso ridefinendo le sue componenti intangibili a misura di utente.

- Una dinamica evolutiva della domanda caratterizzata più che in passato da un consumatore alla ricerca di prodotti e servizi di qualità superiore, e in generale un consumatore che cerca nel consumo l’integrazione di più bisogni.

In estrema sintesi emerge chiaramente come, da un punto di vista psicologico, il consumo non sia più limitato, nelle attese del consumatore, al solo beneficio materiale.

I processi di consumo risultano allora intrisi di meccanismi di definizione di sé. Attraverso l'acquisto di un prodotto si definisce anche un'identità.

Nel momento in cui la componente del servizio diviene fondamentale, avvolge e sostiene il prodotto in tutti i processi di consumo, la misura della soddisfazione del cliente diviene un caposaldo necessario per ottenere il vantaggio

(34)

85 Con il termine customer satisfaction, che tradotto significa soddisfazione del cliente, s’indica generalmente un articolato processo volto a rilevare il grado di soddisfazione di un cliente/utente nell’ottica del miglioramento del

prodotto/servizio offerto.

Il termine racchiude un insieme di tecniche e fasi di ricerca sviluppate a partire dagli anni ‘90 soprattutto nell’ambito delle imprese private.

Il concetto di soddisfazione è strettamente collegato alle aspettative esplicite e latenti del cliente/utente e alla percezione della qualità del prodotto/servizio. Rilevare la customer satisfaction per un’azienda privata o un ente pubblico, significa quindi attivare un orientamento verso il cliente/utente e un

orientamento verso il miglioramento della qualità dei servizi/prodotti.

Busacca B.(1994). Le risorse di fiducia dell’impresa: soddisfazione del cliente, creazione del valore strategie di accrescimento. Utet,Torino

Fabris G.(1995). Consumatore e Mercato: le nuove regole. Sperling & Kupfer,Milano

Dipartimento della funzione Pubblica. Come migliorare la qualità dei servizi attraverso la rilevazione dei bisogni e della soddisfazione dei cittadini

2.3.2 Quali tipi di clienti possono essere coinvolti e i metodi per raccogliere i giudizi.

Le indagini sulla customer satisfaction possono riguardare i “clienti interni” e i “clienti esterni” dell’azienda.

Limitandoci ai “clienti esterni” le tipologie che possono essere coinvolte in un’indagine sulla customer satisfaction, possono essere diverse:

- Consumatori e/o utilizzatori finali di un prodotto o servizio.

- Rivenditori (distributori, grossisti, catene della GD e GDO, dettaglianti tradizionali) di un determinato settore.

(35)

86 - Installatori di un prodotto o strutture che si occupano dell'assistenza

tecnica per privati o imprese.

- Imprese che utilizzano nei loro processi produttivi un servizio (es. trasporto, ICT, ecc.) o un prodotto.

La prima tipologia è tipica dei mercati consumer, mentre le altre tipologie di clienti riguardano le relazioni business to business (B2B).

Quando si deve effettuare un’indagine sulla customer satisfaction in settori B2B occorre prima di tutto individuare tutte le persone (o ruoli aziendali) che sono coinvolte nella valutazione di un determinato fornitore.

Anziché intervistare soltanto chi prende la decisione di acquisto (o firma l’ordine di acquisto) è importante raccogliere le opinioni anche delle altre persone che, in un modo o nell’altro, possono contribuire alla decisione.

Secondo il tipo di settore queste persone possono essere: il direttore generale, il direttore di produzione, il responsabile acquisti, il responsabile assicurazione qualità, il reparto ricerca e sviluppo, il marketing, ecc.

Un altro aspetto molto importante da chiarire, per realizzare in maniera efficace l’analisi della customer satisfaction, è la scelta delle caratteristiche dei clienti da coinvolgere.

Si può, infatti, decidere di analizzare una o più delle seguenti categorie: - I clienti attuali (tutti? Quelli con gli acquisti più alti? Quelli con il

potenziale più alto? Quelli che hanno acquistato negli ultimi n mesi?). - I clienti persi o con acquisti in calo.

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87 Un’attenta analisi del parco clienti (ABC e altre analisi) e degli obiettivi e

strategie dell’azienda può aiutare a indirizzare nel modo giusto l’indagine sulla customer satisfaction.

Le scelte concernenti i clienti da coinvolgere hanno un impatto decisivo

sull’efficacia e sull’utilità dell’analisi della soddisfazione della clientela e vanno quindi attentamente ponderate.

Per realizzare l’analisi della customer satisfaction si può ricorrere a diverse tecniche di raccolta delle informazioni; ecco le principali:

- Interviste faccia a faccia. - Interviste telefoniche. - Questionari postali. - Questionari on-line.

Ogni tecnica ha dei vantaggi e degli svantaggi rispetto alle altre.

La scelta della soluzione ottimale non può che scaturire dall’analisi delle caratteristiche del parco clienti e dagli obiettivi specifici dell’indagine. Le interviste faccia a faccia sono indicate quando:

- Bisogna affrontare argomenti complicati, lunghi o che richiedano di far vedere o far testare qualcosa.

- Per intervistare i clienti più importanti.

- Quando i clienti sono molto concentrati a livello geografico. I vantaggi si concretizzano soprattutto nell’interazione tra intervistatore e

intervistato, nella possibilità di chiedere a quest’ultimo di auto-compilare le parti più ripetitive e in domande aperte più approfondite e complete.

(37)

88 Gli svantaggi principali riguardano i costi elevati e l’impossibilità di contenere i tempi per problemi logistici.

Normalmente le interviste faccia a faccia sono realizzate nel domicilio o sul luogo di lavoro del cliente ma, in alcuni casi, si possono condurre subito dopo l’acquisto (o l’utilizzo di un servizio) direttamente nel punto vendita o in altre sedi.

Le interviste telefoniche sono utilizzate efficacemente in moltissimi settori poiché sono caratterizzate da costi bassi, tempi di realizzazione brevi e un ottimo controllo sia del lavoro degli intervistatori sia delle caratteristiche del campione.

E’ un metodo di rilevazione particolarmente efficace anche nella customer satisfaction business to business (B2B).

Con tale metodo tuttavia non si possono mostrare materiali di stimolo, non si possono testare molti attribuiti, alcune tipologie di clienti sono difficilmente contattabili telefonicamente e infine l’abnorme utilizzo del telemarketing ha aumentato molto le percentuali di rifiuti a collaborare nelle ricerche di mercato. Anche i questionari postali possono essere utilizzati abbastanza efficacemente:

- Se c’è un grande interesse dei clienti per l’oggetto dell’indagine. - Se esiste una relazione molto forte tra l’azienda e i suoi clienti. In assenza di questi presupposti, l’indagine postale è spesso inefficace. I principali vantaggi:

- Costi bassi e facile da gestire.

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89 I principali svantaggi:

- Basse percentuali di risposta (rispondono maggiormente i clienti più soddisfatti, più insoddisfatti o con caratteristiche particolari).

- Scarsissimo contenuto nelle risposte alle domande aperte.

I questionari online, invece, possono essere utilizzati abbastanza efficacemente: - Se i clienti da coinvolgere hanno tutti la possibilità di accedere a

internet e familiarità con il computer e la rete.

- Se c’è un grande interesse dei clienti per l’oggetto dell’indagine. - Se esiste una relazione molto forte tra l’azienda e i suoi clienti. In assenza di questi presupposti, l’indagine on-line è quasi sempre inefficace, soprattutto perché la percentuale di risposte è molto bassa e perché il campione dei rispondenti spesso non è statisticamente rappresentativo del parco clienti (perché si auto-seleziona).

La customer satisfaction è il risultato del confronto tra quanto il cliente si aspettava di ricevere e quello che in realtà percepisce di ottenere.

Se il cliente ha la percezione soggettiva di aver ottenuto quello che si aspettava (o di più) è soddisfatto; se, viceversa, pensa di aver ottenuto di meno è

insoddisfatto.

Il questionario deve consentire di capire quanto sopra e può farlo con un approccio diretto o indiretto.

Si parla di “approccio diretto” quando si chiede direttamente al cliente, quanto è soddisfatto.

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90 Le metodologie utilizzate per misurare in maniera diretta il livello di

soddisfazione dei clienti, nella maggior parte dei casi, ricadono nel campo delle ricerche di mercato, adeguandole in relazione all’oggetto dell’indagine.

Si agisce mediante “approccio indiretto” quando si cerca di risalire alla

soddisfazione del cliente attraverso un percorso indiretto che mette a confronto, per ciascun attributo analizzato, le aspettative e le valutazioni delle performance aziendali.

I componenti di un sistema informativo indiretto possono essere i seguenti: - Sollecitazioni delle lamentele.

- Presenza di garanzie “soddisfatti o rimborsati”. - Indicatori di performance (standard di servizio).

- Indagini presso i dipendenti e sul servizio nell’intero mercato.

2.3.3 Capire il significato dei tassi di soddisfazione dei clienti.

Conclusa la fase di raccolta delle informazioni, il management deve scomporre gli eventuali problemi emersi in aspetti inferiori e deve, quindi, inquadrarli nel contesto specifico della sua struttura aziendale e del contesto in cui opera. L’attività d’interpretazione, in particolare, può essere limitata a una semplice classificazione delle criticità emerse o, come in genere accade, procedere a uno studio più approfondito fondato sul ricorso a strumenti interpretativi

decisamente più raffinati.

Presentiamo in particolare quello che si basa sul raffronto tra l’importanza attribuita al singolo driver di servizio ai fini della soddisfazione del cliente e il

(40)

91 livello di soddisfazione manifestata: essa è in grado di fornire utili indicazioni ai fini dell’individuazione delle aree critiche.

Ne derivano quattro aree che esprimono altrettante azioni nei confronti della soddisfazione del cliente:

L'area della competitività: è rappresentata da quegli elementi dell’offerta (sub sistemi o attributi) ritenuti molto importanti dal cliente e su cui l’impresa consegue eccellenti perfomance.

Evidentemente è questa la situazione che porta a “deliziare” i propri clienti e che con ogni probabilità rappresenta l’elemento distintivo dell’impresa.

Può essere anche pubblicizzato attraverso specifiche attività di comunicazione. L'area del miglioramento: in cui si collocano gli elementi che pur essendo ritenuti importanti dalla clientela non raggiungono le performance da loro desiderate.

In tal senso si tratta di situazioni estremamente rischiose poiché il cliente potrebbe abbandonare l’impresa e rivolgere i propri acquisti verso le offerte della concorrenza.

Richiedono pertanto un immediato intervento migliorativo da parte del management.

L'area delle illusioni: è descritta dagli elementi che si distinguono per un’eccellente performance che, tuttavia, non sono valutati particolarmente

importanti ai fini della soddisfazione complessiva; in simili situazioni l’obiettivo è di presidiare i livelli conseguiti senza necessariamente dover aspirare a dei miglioramenti.

(41)

92 L'area del monitoraggio: in cui si collocano gli elementi d’offerta che non

hanno elevata importanza per il cliente e che al tempo stesso non l’hanno particolarmente soddisfatto; rispetto alle illusioni richiedono un monitoraggio più continuo giacché le aspettative della clientela potrebbero modificarsi nel tempo e quindi trasformarsi in elementi critici.

Sull’interpretazione in generale dei risultati finali è importante ricordare che, a prescindere dal tipo di scala e metodo utilizzati, il valore interpretativo delle informazioni è limitato dalla loro natura quantitativa.

Per apportare migliorie in aree specifiche sono spesso necessarie anche informazioni qualitative.

G. Iasevoli, Il valore del cliente, Milano, Franco Angeli, 2000.

2.3.4 Come costruire la soddisfazione dei clienti e alcuni dati.

Sono molte le cose che è possibile fare per rendere i clienti più soddisfatti: - Chiedere loro di confrontare il servizio con quello della concorrenza,

ciò può essere fatto direttamente dall’azienda mettendo in atto azioni di benchmarking.

- Facilitare i contatti con i clienti, incitandoli a segnalare eventuali problemi anche se piccoli.

- Sviluppare vere e proprie partnership con i fornitori per sfruttare tutte le potenzialità della cooperazione.

- Formare le persone a contatto con la clientela, in modo che possano sempre dare delle risposte esaurienti ai clienti.

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93 - Lavorare sulla comunicazione, insegnando alle persone a comunicare

meglio con i clienti.

- Attivare una buona misurazione del grado di qualità-servizio sia a livello d’intera organizzazione che dipartimentale.

- Creare un focus group invitando dieci -venti clienti chiave dell’azienda e interrogarli regolarmente su aspetti interessanti

- Risolvere i problemi dei clienti bene e in fretta. Dare loro un follow up in poche ore

- Nel caso di nuove alleanze strategiche con fornitori o con altre

aziende, è importante assicurarsi che condividano la vostra politica di gestione dei clienti.

A tal proposito, inoltre, è interessante osservare la seguente tabella che esprime la gerarchia degli errori da evitare per un’azienda, che potrebbero generare o incrementare l’insoddisfazione del cliente:

1.Giorno di consegna sbagliato (il pacco è stato consegnato con un giorno di ritardo).

2.Consegna nel giorno giusto ma in ritardo (il pacco è stato consegnato il giorno esatto, ma dopo l’ora prestabilita).

3.Mancanza del ritiro (il pacco non è stato ritirato nel giorno stabilito). 4.Perdita del pacco.

5.Informazioni errate date ai clienti (sulle tariffe, sui tempi ecc. errate o imprecise).

6.Errori nelle fatture o nei documenti (errori nelle fatture, nel conteggio delle tariffe, mancanza di documenti che attestano la consegna).

7.Mancanze nella prestazione dei dipendenti (cortesia, reattività ecc.). 8.Danni al pacco.

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94 - Un aumento del 5% della fedeltà dei clienti può portare a un aumento

dei profitti dell'ordine del 25%.

- Un cliente veramente soddisfatto ha sei volte la probabilità di

diventare un cliente fedele e di raccomandare i vostri prodotti, rispetto a un cliente semplicemente soddisfatto.

- Solo il 4% dei clienti insoddisfatti si lamenta.

- Un cliente con un problema parlerà male dell'azienda che l'ha generato ad altre nove persone, viceversa un cliente soddisfatto parlerà del prodotto che l'ha deliziato ad altre cinque persone.

www.qualitiamo.com (Qualitiamo. La soddisfazione del cliente: appunti e riflessioni)

www.metron-online.it (METRON. Market Research. Come analizzare la Costumer Satisfaction)

AMA Management Briefing, Blueprints for Service Quality: The Federal Express Approach, New York, AMA Membership Publications Division, 1991. (tabella)

Riferimenti

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