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Benito Perez Galdos e Gloriosa: interpretazione e rappresentazione

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Academic year: 2021

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DIPARTIMENTO DI

FILOLOGIA, LETTERATURA E LINGUISTICA

CORSO DI LAUREA IN LINGUE, LETTERATURE E

FILOLOGIE EUROAMERICANE

TESI DI LAUREA

Benito Pérez Galdós e la Gloriosa: interpretazione e

rappresentazione

CANDIDATA

RELATRICE

Elena Lavoratti

Prof.ssa Daniela Pierucci

CONTRORELATRICE

Prof.ssa Selena Simonatti

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Indice

Indice ... 2

Introduzione ... 3

1. Galdós e la Gloriosa, storia di un desengaño ... 5

2. Il progetto della Spagna Liberale ... 13

2.1 Il regno di Isabel II ... 13

2.2 La Rivoluzione Gloriosa ... 19

2.3 Una monarchia inadeguata ... 21

3. Dal romanzo storico agli Episodios Nacionales ... 29

3.1 Il romanzo storico in Spagna ... 29

3.2 La Fontana de Oro ed El Audaz, il primo approccio galdosiano alla Storia ... 32

3.3 Gli Episodios Nacionales, un ciclo storico contemporaneo ... 38

4. La Rivoluzione del ‘68 negli Episodios Nacionales ... 47

4.1 La de los tristes destinos ... 47

4.2 Prim ... 57

5. La Rivoluzione del ’68 nelle Novelas Contemporáneas ... 61

5.1 I romanzi degli anni ’80 ... 61

5.2 La de Bringas ... 65

Conclusioni ... 76

Bibliografia primaria ... 79

Bibliografia secondaria ... 79

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Introduzione

Il presente studio prende in esame il rapporto che la narrativa di Benito Pérez Galdós instaura con la Storia. In particolare, si focalizza sulla rivisitazione che Galdós fa di un evento storico importante, la Rivoluzione Gloriosa del 1868. L’autore, nato nel 1843, ha solo venticinque anni quando si trova a essere testimone di questo evento e a vivere con fervore ed entusiasmo gli anni del Sessennio Rivoluzionario. Come tanti altri della sua generazione (definita, appunto, del ’68), lo scrittore canario proietta sulla Gloriosa il sogno liberale.

L’evento rivoluzionario impregna la sua vita, ma anche la sua narrativa; il Sexenio

Democrático sarà spesso oggetto di riflessione e di revisione da parte di Galdós, anche nel

momento in cui egli assumerà un atteggiamento più disincantato, verso gli inizi del Novecento.

L’itinerario della Tesi si apre con la presentazione degli episodi biografici più rilevanti che hanno caratterizzato l’esistenza e, di conseguenza, la letteratura di Galdós a partire dal 1862, anno in cui lo scrittore parte dalle Isole Canarie per avventurarsi nella caotica capitale madrilena e diventare cronista, per vari periodici, della realtà effervescente di quegli anni. Il primo capitolo tenta di ricostruire l’interpretazione che Galdós dà al ’68 attraverso due prospettive, la relazione, coeva ai fatti, del giovane cronista e il ricordo senile contenuto nelle Memorias de un desmemoriado.

Il secondo capitolo si caratterizza per una disamina storica del Sessennio Rivoluzionario: si analizzano le problematiche che caratterizzano la monarchia isabellina, le motivazioni che conducono allo scoppio della Gloriosa, la breve monarchia di Amedeo I, inadatta al contesto spagnolo, sino ad arrivare alla Restaurazione Borbonica, avvenuta nel 1874.

Illustrato l’evento storico, le sue cause e le sue conseguenze, nel terzo capitolo si comincia a esaminare la rappresentazione galdosiana dell’evento rivoluzionario, attraverso

La Fontana de Oro e El Audaz, il primo approccio di Galdós alla storia, per poi giungere

allo straordinario ciclo degli Episodios Nacionales, un corpus costituito da cinque serie di romanzi storici. In particolare, vengono selezionati due episodi, La de los tristes destinos e

Prim, che costituiscono le due facce della Rivoluzione del ’68: quella della monarchia di

Isabel II e quella del generale catalano Juan Prim y Prats, anima e verbo della Rivoluzione. L’ultima parte della Tesi è dedicata al ciclo delle Novelas españolas

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Desheredada. L’episodio cardine di quest’ultimo capitolo è La de Bringas, la cui storia è

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1. Galdós e la Gloriosa, storia di un desengaño

Declaraos revolucionarios, díscolos si os parece mejor esta palabra, contumaces en la rebeldía. En la situación a que llegaréis andando los años, el ideal revolucionario, la actitud indómita si queréis, constituirán el único síntoma de vida. […] Sed constantes en la protestas, sed viriles, románticos.

Benito Pérez Galdós, Cánovas

Benito Pérez Galdós, canario di origine ma madrileno di adozione, vive con apprensione ed entusiasmo i grandi eventi politici del Sessennio Democratico.

Giunto a Madrid nel 1862 per seguire i corsi universitari di legge, si accorge presto che laurearsi non rientra tra le sue aspirazioni. Don Benito, infatti, non sarà mai uno studente modello, anzi; è solito mancare alle lezioni universitarie per recarsi in ogni angolo di Madrid. Lo caratterizza una spiccata curiosità per il mondo che lo circonda, gli piace ammirare e contemplare il viavai della gente umile: è il popolo con tutte le sue sfaccettature ad attirare l’interesse dello scrittore canario: “El mayor gusto mío es viajar por España [...] y habitar entre la gente humilde”.1

Madrid è un potente stimolo per l’autore, il quale ama affermare “yo nací en Madrid a los veinte años”. La caotica capitale di un Paese in piena trasformazione politica, economica e sociale diventa un osservatorio di stampo balzachiano da cui Galdós attinge per la sua castiza “commedia umana”.

L’interesse di Galdós per la Storia contemporanea, che lo porta alla stesura degli

Episodios Nacionales e delle Novelas Contemporáneas, nasce alla luce di certi eventi

fatidici che costellano gli ultimi anni del regno isabellino, come la tragica “Noche de San Daniel” del 1865 e l’insurrezione dei sergenti di San Gil del 1866:

1 Benito Pérez Galdós, “Prólogo” a Emilio Bobadilla, Viajando por España: evocaciones y paisajes;

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En aquella época fecunda de graves sucesos políticos, precursores de la Revolución, presencié, confundido con la turba estudiantil, el escandaloso motín de la noche de San Daniel – 10 de abril del 65 –, y en la Puerta del Sol me alcanzaron algunos linternazos de la Guardia Veterana, y el año siguiente, el 22 de junio, memorable por la sublevación de los sargentos en el cuartel de San Gil, desde la casa de huéspedes, calle del Olivo, en que yo moraba con otros amigos, pude apreciar los tremendos lances de aquella luctuosa jornada. Los cañonazos atronaban el aire; venían de las calles próximas gemidos de víctimas, imprecaciones rabiosas, vapores de sangre, acentos de odio… Madrid era un infierno.2

Questi avvenimenti, di cui Galdós è diretto testimone, influiscono sulle sue opere, creando una straordinaria fusione di letteratura e storia contemporanea.3

Galdós comincia a collaborare con alcuni giornali quali Las Cortes, El Debate e La

Nación. In alcuni articoli presenti negli ultimi due si nota una tendenza liberale e la difesa

di tematiche quali schiavitù e separazione fra Stato e Chiesa.

Un articolo che desta la nostra attenzione è “Reuniones políticas del Madrid del ’65”; in esso vengono degradati i conservatori, definiti come degli inetti: “Inteligencias estériles y raquíticas”, “cadáveres embalsamados”, “momias animadas”, “graves como todo lo impotente, revestidos de esa cómica seriedad que caracteriza a los anticuarios”, “sus palabras, que pertenecen a un lenguaje muerto, no tienen sentido”.4

Nell’estate del 1868, don Benito sta tornando da un viaggio a Parigi assieme alla sua famiglia, ma al suo ritorno, egli non ritroverà la stessa Spagna che aveva lasciato; passando da Barcellona per fare ritorno a Madrid, si trova dinanzi alla Rivoluzione Gloriosa:

2 Benito Pérez Galdós, “Memorias de un desmemoriado”, in La Esfera, n°114, Madrid, 4 marzo 1916, p.5. 3 Raquel Sánchez García, “Galdós ante el Sexenio Democrático” in Cuadernos de Historia Contemporánea,

n° Extra 1, 2007, pp. 281-290 [p. 281].

4 Demetrio Estébanez Calderón, Evolución política de Galdós y su repercusión en la obra literaria,

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Al llegar a Barcelona me encontré de manos a boca con la revolución de España, que derribó el Trono de Isabel II. Eran los últimos días de septiembre. La escuadra, con Topete y Prim se había sublevado en Cádiz al grito de abajo los Borbones. Serrano, Caballero de Rodas y otros caudillos militares desterrados en Canarias, habían vuelto clandestinamente en el vapor Buenaventura, mandado por el valiente capitán Lagier. Toda España estaba ya en ascuas.5

La famiglia Galdós, spaventata dalle rivolte, decide di far ritorno nelle Canarie; il giovane figlio, invece, col pretesto di voler continuare gli studi presso l’Università di Madrid, ma in realtà bramando “en curiosidad por ver en Madrid los aspectos trágicos de la Revolución”6, farà ritorno nella capitale:

Del muelle corrí a la estación; poco después me metía en el tren para Madrid… a las pocas horas de llegar a la Villa y Corte tuve la inmensa dicha de presenciar, en la Puerta del Sol, la entrada Ovación estruendosa, delirante.7

L’incontro di Galdós con la Rivoluzione è cruciale sia per tracciare i punti d’interesse della sua produzione, sia per focalizzarli cronologicamente nell’epoca contemporanea; a questo proposito, Clarín afferma:

Es posibile que el propósito, al principio para el mismo Galdós oscuro, indeciso, de escribir la historia novelesca de nuestra epopeya nacional del presente siglo, fuese en parte como una derivación de aquel prurito activo del entusiasta de la revolución y del joven ensimismado… a quien se le ocurrían aquellas cosas raras. Hay también un modo de ser hombre de acción en el arte, y las novelas de Galdós revelan al artista de este género.8

Galdós è evidentemente un “figlio spirituale” della Rivoluzione di Settembre e zelante nei principi democratico-borghesi che questa incarna: difatti, egli vi coglie l’opportunità per creare un progetto liberale, che preveda il libero commercio, un’educazione laica e la libertà religiosa. Sono anni in cui Galdós si sente ancora lontano da quegli ideali repubblicani e socialisti che sposerà a partire dal 1907. In questo momento storico Don Benito è fra coloro che sostengono la rigenerazione di Spagna; la Nazione, nella sua prospettiva, deve ravvivare quella forza che nel 1812 era stata in grado di dare una

5 Benito Pérez Galdós, Memorias de un desmemoriado, p. 5. 6 Ibidem.

7 Ibidem.

8 Leopoldo Alas, Benito Pérez Galdós: estudio-crítico biográfico, Madrid, Est. Tip. de Ricardo Fé, 1889, II,

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Costituzione liberale al Paese. Purtroppo, però, queste speranze positive presto si vedono frustrate a causa della netta separazione fra il popolo e la Casa Reale: quest’ultima, infatti, mantiene un atteggiamento di forte distacco dal “sentir de la Nación”.9

La Spagna necessita un “ricambio d’aria”, come si desume da un altro passo dell’articolo, in cui l’autore ripercorre l’evento del matrimonio della figlia della Regina Isabel, avvenuto nella primavera del ’68 e continua a denigrare la famiglia reale:

¡Qué familia, santo Dios! En la fisonomía de todos ellos se observan los más claros caracteres de la degradación. Ni una mirada inteligente, ni un rasgo que exprese la dignidad, la energía, el talento. No se ven más que caras arrugadas y ridículas, deformes facciones cubiertas de una piel herpética, sonrisas y saludos afectados que indican la mala educación de los niños y el cinismo de los mayores.10

Agli inizi degli anni ’70, si verifica un avvenimento che fomenta il pessimismo di Galdós: l’instaurazione della Comune di Parigi, la prima forma di governo democratico-socialista in tutta Europa. Tra le idee principali alla base della creazione di questa nuova forma di governo comunitario vi è quella di assicurare al popolo i servizi di base e la sicurezza pubblica tanto auspicata. Vengono concesse inoltre la restituzione dei beni, dati allo Stato, nel periodo precedente alla Rivoluzione, le libertà di stampa, di pensiero e di associazione; i salari dei funzionari pubblici e dei membri del Consiglio della Comune vengono abbassati al livello di quelli degli operai. Noti sono anche i decreti che prevedono la separazione dello Stato dalla Chiesa e la conseguente laicità del sistema scolastico.

In Spagna però, l’impatto della Comune di Parigi non è positivo in quanto essa viene appoggiata solo dalle organizzazioni operaie e, come afferma Tuñón de Lara, a livello generale provoca una “psicosis de terror no sólo en los medios conservadores y de derechas, sino también en la mayoría de los medios burgueses de toda Europa”.11

La minaccia degli internazionalisti, che auspicano la cooperazione politica ed economica tra le diverse Nazioni, pesa su Galdós: egli teme che essi costituiscano un pericolo per la realizzazione del tanto anelato progetto liberale. Sagasta, dal canto suo, sostiene che lo scopo degli internazionalisti è quello di “destruir la familia, destruir la

9 Raquel Sánchez García, Galdós ante el Sexenio Democrático, p. 283.

10 Benito Pérez Galdós, “Recuerdos de una fiesta”, in La Nación, 13 ottobre 1868. Tutti gli articoli che

Galdós ha scritto per La Nación sono contenuti in William Shoemaker, Los artículos de Galdós en la Nación, Madrid, Ínsula, 1972.

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sociedad, borrar la patria, hacer desaparecer por la fuerza todos los elementos de la civilización conocidos”.12

L’altra grande minaccia al progetto liberale è, secondo Galdós, il “fanatismo religioso” dei gruppi cattolici reazionari, che includono neocattolici, carlisti e moderati. I neocattolici erano già stati oggetto della satira di Don Benito ne La Nación, tacciati di ostacolare il regime costituzionale a causa dei loro sotterfugi e quindi considerati corrotti:

Presentarse en la tribuna, hablar, defender una doctrina, resistir los ataques contrarios, eso es una sanción elocuente de la institución parlamentaria, eso es impío, francmasónico, anticatólico. El partido neo es socarrón, solapado, hipócrita, amigo de las tinieblas, amigo de los rincones.13

Per quanto concerne i carlisti, emerge dalla prospettiva di Galdós la responsabilità della Chiesa e dei suoi esponenti nel manipolare la coscienza dei fedeli attraverso il loro comportamento immorale.

I moderati, chiamati anche alfonsinos, sono bollati come “grupo impotente […], acobardado, refugiado en los tocadores y en los salones, sin poseer otra elocuencia que la murmuración […]”.14 Inoltre, essi risultano essere, secondo l’autore canario, privi di coesione, di idee ben radicate, e si fanno sostenitori di una dinastia corrotta:

Intentará la corrupción en grande escala […]; buscará apoyo en la fuerza pública; se acomodará a todo […]; se hará liberal, absolutista y hasta demócrata según convenga por el momento, con la reserva mental de ser el día del triunfo lo que siempre ha sido, el mismo partido de la arbitrariedad, célebre en las épocas más tristes y humillantes de nuestra historia, el mismo partido de 1868, cuya torpe conducta atrajo sobre España las burlas de toda Europa.15

Dunque, ancora una volta, visti gli eventi che andavano consolidandosi, Galdós vede sfuggire il sogno liberale. Svanita l’illusione, comincia a rivolgere una critica acerba nei confronti degli egoismi e delle vanità della classe politica spagnola, incapace di mantenere un regime stabile a carattere liberale.

12 Ivi, p. 174.

13 Benito Pérez Galdós, “Revista de Madrid” in La Nación, 10 dicembre 1865 in María del Pilar García

Pinacho, La prensa como fuente y subtema de los Episodios Nacionales de Benito Pérez Galdós, Universidad Complutense de Madrid, 2001, p. 93.

14 Demetrio Estébanez Calderón, Evolución política de Galdós y su repercusión en la obra literaria, p.15. 15 Ivi, p. 14.

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Tra 1871 e 1872 Galdós pubblica nella Revista de España degli articoli in cui difende l’ordine democratico rappresentato da Sagasta, fondato sull’unione di tre gruppi politici: progressisti, democratici e unionisti. A partire da questa presa di posizione, Galdós stigmatizza quei gruppi che costituiscono una minaccia per il liberalismo. Infine, con l’avvento della Prima Repubblica, nel 1873, l’autore canario l’apostrofa come “una bochornosa saturnal de algunos días”.16

In sintesi, secondo la prospettiva ideologica di Galdós, per far sì che il sistema democratico e la monarchia liberale sopravvivano è fondamentale mantenere un governo di conciliazione fra unionisti, progressisti e democratici: solamente in questo modo è possibile far fronte all’instabilità che affligge la Spagna.

Con il passare del tempo, Galdós non vedrà più gli eventi sotto la stessa luce. Agli inizi del nuovo secolo, infatti, la visione della Rivoluzione e il suo relativo progetto politico liberale lasceranno spazio a una prospettiva più oggettiva e definitivamente priva delle effervescenze giovanili che avevano animato l’autore canario.

Il pessimismo galdosiano dei primi anni del Novecento scaturisce dalla diffidenza verso la società spagnola: egli, difatti, non crede più che la sua Nazione sia in grado di disporre dei meccanismi politici necessari che la equiparino in tutto e per tutto alle altre potenze europee.

Se durante gli anni delle esuberanze giovanili era contrario alla Repubblica, adesso, assunta la nuova prospettiva, ritiene tale forma di governo l’unica soluzione possibile per combattere l’immobilismo soporifero che attanaglia il Paese: vede in questa forma di governo l’opportunità per la Spagna di modernizzarsi.

In una lettera del 6 aprile 1907, indirizzata al direttore de El Liberal, Alfredo Vicenti, Galdós dichiara i suoi principi patriottici in un programma repubblicano volto alla ristabilizzazione de “los sublimes conceptos” che si concretizzano in fede nazionale, amore per la patria e coscienza pubblica, spiegando le motivazioni che lo hanno spinto a cambiare ideologia politica:

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A los que me preguntan la razón de haberme acogido al ideal republicano, les doy esta sincera contestación: tiempo hacía que mis sentimientos monárquicos estaban amortiguados; se extinguieron absolutamente cuando la ley de Asociaciones planteó en pobres términos el capital problema español; cuando vimos claramente que el régimen se obstinaba en fundamentar su exis- tencia en la petrificación teocrática. Después de esto, que implicaba la cesión parcial de la soberanía, no quedaba ya ninguna esperanza. ¡Adiós ensueños de regeneración, adiós anhelos de laicismo y cultura! El término de aquella controversia sobre la ley Dávila fue condenarnos a vivir adormecidos en el regazo frailuno, fue añadir a las innumerables tiranías que padecemos el aterrador caciquismo eclesiástico.17

Tutte queste “inversioni di rotta” confluiranno all’interno della quinta serie degli Episodios

Nacionales composti fra 1907 e 1912. Questa serie risulta essere influenzata dal concetto

di intrahistoria, ripreso poi da Miguel de Unamuno: infatti, Galdós in questi anni si concentra maggiormente sulle problematiche sociali, su quella tradición eterna che funge da “decorazione” e da “cornice” alla storia visibile, ovvero alla storia dei fatti.18

Galdós ribadisce che l’uccisione di Prim, concepito come anima e verbo della Rivoluzione, ha privato la Spagna della possibilità di realizzare un progetto politico liberale, arrivando addirittura ad affermare, che la morte del generale è anche l’emblema della morte del vecchio progetto di emancipazione nazionale.19

Altri due elementi che nella visione galdosiana di inizio ‘900 sono stati sottoposti a un cambiamento interpretativo e che meritano di essere ricordati sono le figure di Sagasta e di Ruiz Zorrilla: il primo, progressista radicale, viene giudicato come un irresponsabile manipolatore della Restaurazione; Zorrilla, al contrario, subisce una rivalutazione e viene definito come uno dei pochi uomini politici con forza e carisma in grado di far fronte agli interessi del popolo.20

L’avversione contro i partiti moderati e i carlisti rimarrà invece permanente nel pensiero di Don Benito; infatti, essi non beneficeranno di alcuna rivalutazione ideologica e continueranno a essere degli elementi retrogradi nell’evoluzione storica del Sessennio Democratico.

17 Víctor Fuentes, Galdós demócrata y republicano (escritos y discursos 1907-1913), Cabildo Insular de

Gran Canaria, 1982, p.52.

18 Jenaro Artiles, “La intrahistoria: de Galdós a Unamuno”, in I Congreso Internacional de Estudios

Galdosianos, 2013, pp. 201-214 [p. 204].

19 Manuel Suárez Cortina, La sombra del pasado, Novela e historia en Galdós, Unamuno y Valle Inclán,

Madrid, Biblioteca Nueva, 2006, p. 124.

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Il Galdós che ritroviamo agli inizi del XX secolo è un autore radicalmente trasformato rispetto al periodo cosiddetto “giovanile”, carico di speranze e di illusioni. Alla Restaurazione, l’autore imputa la colpa più grande: le accuse rivoltele sono la onnipresenza della religione e del clero, unita ad una stabilità politica apparente della quale risente tutta la Nazione spagnola.21

La responsabilità di questa situazione deriva dall’incapacità del liberalismo stesso di collocare l’interesse per lo Stato al di sopra di quello della Chiesa; ecco perché, la Restaurazione si prefigura come una sconfitta delle libertà:

Las debilidades del liberalismo, motivadas en un excesivo temor a la autoridad roma na, las estamos pagando ahora, y henos en pleno siglo XX con el mal en aterrador aumento, la muchedumbre eclesiástica cada día más dominadora y absorbente, el carlismo amenazando con nuevas tentativas. ¡Triste situación la de España por no decidirse a poner mano varonil en ese conflicto, afrontando las amenazas del absolutismo con el firme propósito de tenerlo a raya, que medios le sobran para ello, y de enterrar definitivamente ese espantable muerto en forma tal que sea su resurrección imposible.22

21 Ivi, pp. 281-290.

22 Benito Pérez Galdós, “La España de hoy”, in La Publicidad, 11 aprile 1901, in Laureano Bonet, Benito

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2. Il progetto della Spagna Liberale

2.1 Il regno di Isabel II

Isabel II è stata regina di Spagna tra il 1833 e il 1868, anno in cui viene detronizzata in seguito alla Rivoluzione Gloriosa. Nel momento in cui sale al trono, Isabel II si pone come fulcro di due posizioni contrapposte: da un lato, il suo governo è motivo di gioia e speranza, considerando l’assolutismo feroce che aveva caratterizzato il precedente regno di Fernando VII; dall’altro lato, però, la presa di potere di Isabel II è anche causa di sanguinose guerre civili, le note guerre carliste che si concluderanno solo con l’avvento della Restaurazione.

Nominata regina di Spagna a soli tre anni, Isabel viene affiancata da due reggenze: quella della madre Maria Cristina fino al 1840 e quella del generale Espartero fino al 1843. Quando sale al potere ai tredici anni, Isabel II mostra sin dal principio del suo mandato una predilezione per gli ideali di moderatismo, tagliando fuori il partito progressista; quest’ultimo, dal canto suo, opta per il ritiro dalla vita pubblica, rifiutando di partecipare, ad esempio, alle consulte elettorali che risultavano essere manipolate e truccate dal partito dell’opposizione.23

A partire dal 1844, il partito moderato capeggiato dal generale Narváez domina il panorama politico per dieci anni; da ciò deriva il nome di “Década Moderada” per gli anni che vanno dal 1844 al 1854. I moderati adottano, durante questi anni, alcune riforme quali quella del sistema fiscale del 1845, che inaugura un nuovo sistema opposto a quello vigente nell’Antiguo Régimen, e anche la legge elettorale del 1846 che definisce un regime oligarchico. In questo periodo si elabora anche la Costituzione del 1845 che riconosce alla Corona un ruolo più attivo nella conduzione politica, sminuendo la carica del Parlamento;

23 Grazie alla circolare del 13 agosto 1863, il ministro del Governo Rodríguez Bahamonde (del gabinetto

Miraflores) limitó il diritto di riunione per la propaganda elettorale (poteva assistere alle riunioni preparatorie solo chi dimostrasse di essere elettore). Nel manifesto dell’8 settembre 1863 (Proclama “A la nación” redatto da Olózaga, e firmato da Prim, Aguirre, Madoz, Sagasta y Ruiz Zorrilla, e altri) il partito progressista spiegò il motivo del ritiro dalla vita pubblica. Cfr Isabel Alvarez Villamil, Rodolfo Llopis Ferrándiz, Cartas de conspiradores. La revolución de Septiembre. De la emigración al poder, Madrid, Espasa Calpe, 1929, pp. 96-99.

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non è da sottovalutare nemmeno che il Senato è praticamente nelle mani della regina Isabel che può nominarne i componenti a suo piacimento. Con questa stessa Costituzione, viene approntato, inoltre, il quadro del Concordato con la Chiesa Cattolica del 1851 che permette al clero spagnolo di recuperare l’influenza sulle scelte politiche, venuta meno nell’epoca liberale. Insomma, la Costituzione di Cadice del 1812 sembra oramai “caduta nel dimenticatoio” a favore di un moderatismo monarchico che ricorda la vicina Restaurazione francese.

Il concordato si profila come un provvedimento unificatore dei poteri, nella misura in cui, costituisce le basi affinché la Chiesa entri a pieno titolo nella gestione amministrativa del Regno. È fondamentale sottolineare che prima della stipulazione del Concordato del ‘51, le relazioni fra Stato e Chiesa non erano buone: il legame, infatti, si era indebolito al punto tale da far pensare che non ci sarebbero mai più stati compromessi fra le suddette istituzioni. Nel 1844 però, anno successivo alla effettiva presa di potere di Isabel II, avviene un cambiamento: in seguito alla Guerra Carlista e ai conflitti relativi alla successione dinastica di Fernando VII, i sostenitori di Isabel le suggeriscono che, con buone probabilità, un accordo stipulato con la Santa Sede, avrebbe potuto legittimare a tutti gli effetti il suo riconoscimento come Regina di Spagna.

Siamo nel 1854 e le problematiche derivanti dalla corruzione e dal governo della

Camarilla24, unite al malcontento generale dei progressisti esclusi dalla scena politica, favoriscono il contesto rivoluzionario: alla fine di giugno si verifica il pronunciamento militare dei generali O’Donnell e Dulce, i quali auspicano un cambio di governo che però mantenga intatti i presupposti moderati. Dall’altro lato, i progressisti non sono d’accordo con l’opposizione e per questo, il 7 luglio 1854 viene pubblicato il “Manifiesto de Manzanares”25, stilato da Antonio Cánovas del Castillo. Il manifesto pretende che le Corti Costituenti si facciano carico della creazione di un progetto volto a una vera e propria rigenerazione liberale: con queste premesse si inaugura una nuova fase progressista che durerà fino al 1856 e che verrà inaugurata con il nome di “Bienio Progresista”. A questo

24 Nel Primer Diccionario General Etimológico de la Lengua Española, del 1880, si definisce il significato

del termine come “la reunión de varios dependientes íntimos de palacio, que por inmediación a las personas reales suelen influir en la resolución de los negocios del Estado”.

25 Il manifesto di Manzanares costituisce una sorta di esortazione affinchè vi sia la continuazione del Trono

“pero sin camarilla que lo deshonre”. Allo stesso tempo il manifesto include anche alcuni ideali cari ai progressisti quali il miglioramento della legge elettorale e di stampa e il ribasso delle tasse.

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punto, il potere viene assunto dai due esponenti della coalizione: Espartero dalla parte dei progressisti e O’Donnell da quella dei moderati. Durante questo breve periodo, si redige una costituzione a carattere progressista, purtroppo mai messa in atto, e si prendono delle misure che favoriscono la modernizzazione economica del Paese, come la legge sui trasporti ferroviari del 1855.

La difficoltà di portare avanti un governo capeggiato da due rappresentanti di ideologia contrapposta e la crescente agitazione sociale provocano la rottura dell’alleanza fra Espartero e O’Donnell a favore di quest’ultimo: O’Donnell, infatti, viene nominato leader dell’Unione Liberale e Presidente del Governo nel 1856. Nonostante ciò, sarà il generale Narváez a essere nominato capo del governo tra 1856 e 1858, e proprio grazie a costui si ristabiliranno i parametri politici della precedente fase moderata della Costituzione del 1845. Si apre in questi anni un periodo di alternanza fra i moderati di Narváez e il partito dell’Unione Liberale di O’Donnell che vede nuovamente protagonista quest’ultimo sino al 1863. In generale, questi cinque anni si caratterizzano per una certa “calma” politica e per una prosperità economica incalzata dal boom dei trasporti ferroviari. Sono interessanti in questo periodo anche i rapporti con la politica estera, in particolar modo per gli eventi legati alla Guerra D’Africa (1859-1860) o alla spedizione in Messico (1861-1862). Il ritorno al potere di Narváez nel 1863 segna l’inizio della fine per il partito moderato: l’instabilità politica e l’autorità dei governi aprono un periodo di crisi economica che culminerà nel 1864.

Quest’ultima tappa del governo isabellino si contraddistingue per il disfacimento del sistema politico e la delegittimazione della Corona. La regina Isabel passa dall’essere concepita, dal popolo, come il simbolo della liberalità, contrapposta all’assolutismo, all’essere condannata e ripudiata dallo stesso popolo, che la taccerà di frivolezza e crudeltà. Nel 1864 l’opinione pubblica si rende conto che le decisioni del Trono sono in

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mano a una camarilla teocratica, che l’opposizione incarna nelle figure di Sor Patrocinio26, denominata anche “monja de las llagas”27 e Monsignor Claret28.

Il 27 ottobre del 1864, il governo capeggiato dal generale Narváez emette un decreto che proibisce l’istruzione libera nelle università: più precisamente, si vieta che vengano indotti quegli insegnamenti che vadano contro ai principi sanciti dal Concordato del 1851. Questo accordo si basa su un pensiero fortemente conservatore: legifera il ripristino delle antiche relazioni fra le due istituzioni di Stato e Chiesa. In seguito a questo decreto proibitivo che limita i diritti di educazione e istruzione, il rettore Emilio Castelar, docente di Storia e membro del Partito Democratico, fa una dichiarazione in cui asserisce che questa decisione imposta lede le libertà di espressione e di insegnamento, andando contro gli obiettivi e i doveri dei docenti.29

Allo stesso tempo, la crisi economica vissuta dalla Spagna negli anni precedenti alla Rivoluzione, non fa che acuirsi e la Regina, forse per attenuare i rigidi attacchi subiti e per mostrare la propria magnanimità, decide di cedere il 75% dei beni del Patrimonio Reale alla Nazione spagnola, alimentando ancora di più i conflitti. Difatti, Castelar, di fronte a questa “beffa” nei confronti della popolazione, non rimarrà in silenzio: pubblica un articolo intitolato “¿De quién es el Patrimonio Real?” nel quale dichiara, a buon diritto, che il Patrimonio Reale appartiene già alla Nazione e che quindi Isabel II non stava restituendo niente che già non spettasse al popolo; anzi, è la stessa regina a guadagnarne, intascandosi il restante 25% del Patrimonio:

26 È stata una religiosa dell’Ordine dell’Immacolata Concezione nella seconda metà del XIX secolo. Sor

Patrocinio ha avuto un ruolo molto influente nella vita sociale e politica dell’epoca, soprattutto nei confronti di Isabella II e di Francisco de Asís.

27 Rosa Ana Gutiérrez Lloret, Biografía de Isabel II de Borbón (1843-1868),

http://www.cervantesvirtual.com/portales/reyes_y_reinas_espana_contemporanea/isabel_ii_biografia/. Il nomignolo, “monja de llagas”, le viene attribuito nel momento in cui le sue esperienze mistiche presero il sopravvento: Sor Patrocinio iniziò a dichiarare che sul suo corpo, le si erano sviluppate tutte le stimmate di Cristo. Nonostante ciò, sembra che queste llagas fossero procurate appositamente per rafforzare ancora di più il legame con la Chiesa e, di conseguenza, il rapporto con la regina Isabel II, da sempre accondiscendente con le ideologie tradizionaliste e conservatrici.

28 Antonio María Claret y Clará, conosciuto come Padre Claret, è stato confessore di Isabel II dal 1857 al

1869.

29 Eamonn Rodgers, Galdós, Castelar y “La noche de San Daniel”, in Biblioteca Virtual Miguel de

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Los bienes que se reserva el Patrimonio son inmensos: el veinticinco por ciento, desproporcionado; la Comisión que ha de hacer las divisiones y el deslinde de las tierras, tan tarda como las que deslindan de los bienes del Clero; y en último resultado, lo que reste del botín que acapara sin derecho el Patrimonio vendrá a engordar a una docena de traficantes, de usureros, en vez de ceder en beneficio del pueblo. Véase, pues, si tenemos razón; véase si tenemos derechos para protestar contra ese proyecto de Ley, que, desde el punto de vista político, es una engaño; desde el punto de vista legal, un gran desacato a la ley; desde el punto de vista popular, una amenaza a los intereses del pueblo, y desde todos los puntos de vista uno de esos amaños de que el partido moderado se vale para sostenerse en un Poder que la voluntad de la nación rechaza; que la conciencia de la nación maldice.30

Come è possibile immaginare, a ogni azione corrisponde una reazione, soprattutto se l’azione mina l’operato della regina di Spagna: l’8 marzo del ‘65, Emilio Castelar viene destituito e allontanato dalla Cattedra che occupava dal 1857 e González Bravo, ministro del governo, dichiara lo Stato di Guerra per precauzione ad eventuali inconvenienti e la sospensione dei diritti costituzionali31. A seguito dell’allontanamento di Castelar e alla nomina del neocattolico Diego Miguel y Bahamonde come rettore, una manifestazione di studenti universitari si rivolta, dando vita all’evento che segnerà la coscienza di molti, fra cui quella di Galdós: la “Noche de San Daniel”.

Pérez Galdós ricorderà questo evento in più occasioni, fra cui in un articolo pubblicato su La Nación:

La semana que acaba de pasar ha sido una de las más fecundas en acontecimientos que nos ha presentado el turbulento año 65. Una alteración de la tranquilidad pública, una descomunal batalla, que convirtió en campo de Agramente la Puerta del Sol, liza desigual entre el inofensivo pito y la bayoneta, sangrienta broma o simulacro serio que ha levantado densa polvareda en las regiones oficiales, inauguró la semana que el mundo cristiano ha bautizado con el nombre de Santa.32

Da questo momento in poi, si accelera il deterioramento politico del moderatismo e del regime monarchico di Isabel II e i sollevamenti militari diventano più frequenti; l’anno

30 Emilio Castelar, “¿De quién es el Patrimonio Real?”, in La Democracia, 25 febbraio 1865.

31 Juan Francisco Fuentes, El fin del Antiguo Régimen (1808-1868). Política y sociedad, Madrid, Síntesis,

2007, pp. 225-226.

32 María Ascensión Andrades Ruiz, Los artículos costumbristas de Benito Pérez Galdós en “La Nación” y la

influencia de los mismos en sus Novelas de la Primera Época: (Retrato de la sociedad madrileña del siglo XIX), Biblioteca Virtual Miguel de Cervantes, Alicante, 2003.

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successivo, infatti, si verifica la fucilazione dei sergenti di San Gil, che provoca altre morti. L’opinione pubblica è d’accordo nell’affermare che Isabel non ha fatto niente per impedire l’uccisione di tutti quegli innocenti e comprende che la Regina nutre un completo disinteresse nei confronti del suo popolo. Questi avvenimenti daranno una spinta decisiva alla imminente Rivoluzione e resteranno un ricordo vivo in molte persone, come vedremo anche in Galdós il quale, testimone della vicenda, nella quarta serie dei suoi Episodios

Nacionales ricorderà questo momento tragico. L’idea generale, agli albori della

Rivoluzione di Settembre, è che il Trono sia un’istituzione che si contrappone agli interessi del popolo spagnolo e che sia nemico delle idee liberali, a causa delle continue pressioni ricevute da parte dei neocattolici. I liberali, inoltre, sono d’accordo nell’affermare che la monarchia ostenta un falso cattolicesimo, visto l’atteggiamento adultero della stessa Regina.33

La situazione di malcontento generale si fa sempre più evidente, accompagnata da un progressivo esaurirsi delle risorse del governo: i supporti del sistema, quali Corona, Esercito e classi alte della società, si trovano sempre più in difficoltà nell’affrontare il disordine generale. La politica ufficiale, inoltre, non fa che alimentare le repressioni, limitando i diritti e costituendo vari gruppi elitari attorno alla regina, anziché tentare di riorganizzare le forze del sistema e ricostituire ordine e integrità.

Siamo nel 1866 quando i progressisti e i democratici firmano il Pacto de Ostende, che prevede un accordo volto alla distruzione del potere della regina e l’istituzione di un’assemblea costituente eletta a suffragio universale diretto. Tuttavia, nonostante non vi aderiscano i più sviluppati gruppi democratici a carattere repubblicano, nel giugno del ’67 viene raggiunto un ulteriore accordo che ingloba anche i non aderenti e persegue la sospensione della forma di governo.

L’organizzazione politica delle opposizioni, progressista, democratica e repubblicana, si vede contrassegnata da ulteriori pronunciamenti militari, falliti nel 1867, e da un altro evento: la morte di O’Donnell, avvenuta nel novembre dello stesso anno. In seguito alla morte del politico unionista, si verifica un’importante migrazione di simpatizzanti dell’Unione Liberale, partito che propugna la destituzione di Isabel II e la sua sostituzione con un governo più favorevole alle loro posizioni – erano contrari alla monarchia assolutista e favorevoli al concetto di “soberanía compartida” –.

33 Jorge Vilches, “La propaganda republicana: la monarquía contra el pueblo. El caso de Isabel II

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Nel settembre 1868, la sorte della corona è già decisa. Unionisti, progressisti e democratici, nonostante perseguano fra loro ideali differenti, si trovano d’accordo su una questione: destituire il potere della regina Isabel e abbattere lo stesso regime monarchico34. Tuttavia, se il primo obiettivo viene raggiunto il 28 settembre del 1868 quando Isabel II viene esiliata in Francia, segnando la vittoria dei rivoluzionari, il destino della monarchia rimane invece in sospeso sino a che la maggioranza filomonarchica delle nuove Cortes Costituenti delibererà la conservazione dell’istituto monarchico anche nella Costituzione del 1869.35

2.2 La Rivoluzione Gloriosa

Il 19 settembre del 1868, le forze navali, con base a Cádiz, comandate da Topete y Carballo, insorgono – con ventuno cannonate – contro il governo della Regina. Inizialmente sembra che si tratti di una insurrezione, come le tante altre che si erano precedentemente verificate, ma non è così, la rivolta di Cádiz ha una natura differente. L’obiettivo della rivolta non è distruggere un governo corrotto, ma far cadere la sua stessa regina appartenente a una “dinastía de miserables y traidores”36. Il regime borbonico è visto come un’istituzione che non va incontro agli interessi del popolo; il Trono appare il nemico delle idee liberali e la regina Isabel l’“obstáculo tradicional”37 al trionfo della libertà:

34 Rosa Ana Gutiérrez Lloret, Biografía de Isabel II de Borbón (1843-1868),

http://www.cervantesvirtual.com/portales/reyes_y_reinas_espana_contemporanea/isabel_ii_biografia/.

35 Pasquale Costanzo, Un Savoia sul trono di Spagna, http://www.giurcost.org/cronache/memoria9.pdf. 36 “Las Novedades”, 29 settembre 1868, in Jorge Vilches García, “Los Republicanos e Isabel II: El mito del

trono contra el pueblo (1854-1931)”, in Historia y política: Ideas, procesos y movimientos sociales, 2007, p. 241.

37 José Miguel Delgado Idarreta, “Salustiano de Olózaga: Coetáneos, prensa y opinión”, in Brocar:

Cuadernos de Investigación Histórica, n°34, 2010, pp. 49-76 [p. 55]. Il termine “obstáculos tradicionales” viene spiegato all’interno dell’ultimo episodio della quarta serie degli Episodios Nacionales, Prim, mediante il personaggio di Maltrana che, attribuendo l’appartenenza del termine a Salustiano de Olózaga, ne spiega il significato a Santiago Ibero: “Pues esos obstáculos son... que en Palacio no quieren a los progresistas, y se ha determinado que no sean jamás poder... Ser poder quiere decir subir al gobierno, mandar..”.

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Españoles: La ciudad de Cádiz, puesta en armas con toda su provincia, con la armada anclada en su puerto, y con todo el departamento marítimo de la Carraca, declara solemnemente que niega su obediencia al gobierno que reside en Madrid, segura de que es leal intérprete de todos los ciudadanos que, en el dilatado ejercicio de la paciencia, no hayan perdido el sentimiento de la dignidad, y resuelta a no deponer las armas hasta que la Nación recobre su soberanía, manifieste su voluntad y se cumpla.[...] Queremos que un gobierno provisional, que represente todas las fuerzas vivas del país, asegure el orden, en tanto que el sufragio universal echa los cimientos de nuestra regeneración social y política. ¡Viva España con honra!38

Il 21 settembre, Madrid diviene uno scenario caotico che vede la costituzione di gruppi di ammutinamento per tutta la città e, di conseguenza, le autorità del regime monarchico cercano, inutilmente, di contrastare il caos, placando e reprimendo i rivoltosi con il vano obiettivo di bloccare l’espansione della rivolta in altre province. Finalmente avviene il primo cambiamento: la proposta politica che porta con sé il pronunciamento militare viene appoggiata; difatti, viene eletta un’Assemblea Costituente attraverso il suffragio universale, che avrebbe dovuto decidere la forma di governo della Nazione.

Da Cádiz, la sommossa si estende progressivamente, arrivando a comprendere Sevilla, Málaga, Córdoba e Huelva; inizialmente, le rivolte sono prettamente militari, successivamente assumono un carattere civile.

In seguito alla sconfitta delle truppe militari sovrane, avvenuta ad Alcolea, la vittoria dei rivoltosi sembra avvicinarsi. Isabel II abbandona la Spagna e non vi farà mai più ritorno come regina.

La storiografia ha messo in luce non solo i diversi aspetti, sociali e politici, che hanno caratterizzato la Rivoluzione del ’68, ma è anche d’accordo nell’affermare che l’obiettivo principale delle insurrezioni rivoluzionarie fosse quello di realizzare una società borghese basata su un sistema capitalista in grado di funzionare in modo obiettivo e razionale39: questo sarebbe stato possibile solo se si eliminavano gli ostacoli che impedivano questo processo, dunque la Corona, la politica elitaria e le decisioni economiche e politiche prese fino a quel momento.

Nonostante il forte spirito rivoluzionario sia riuscito a destituire il potere monarchico spagnolo, il paese manca in concreto di un chiaro indirizzo politico. Difatti, l’8 ottobre del 1868, viene costituito il Gobierno Provisional, che durerà sino al 1871, capeggiato dal

38 Cádiz, 19 settembre 1868.

39 Manuel Suárez Cortina, La España Liberal (1868-1917). Política y Sociedad, Síntesis, Madrid, 2006, p.

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generale Serrano. Questo potere esecutivo transitorio si pone come obiettivi il conseguimento dell’appoggio dell’esercito, l’eliminazione del potere autonomo delle Giunte e la regolamentazione dei principi basilari che avevano caratterizzato il sollevamento di Cádiz. Tuttavia, il Gobierno Provisional rappresenta il trionfo della Rivoluzione delle sole classi agiate: infatti, il suo carattere liberale e democratico si caratterizza per la difesa dell’ordine sociale conservatore a carattere borghese, all’interno del quale non vi è spazio per le aspirazioni delle classi popolari, che hanno visto nella Rivoluzione un’esperienza di progresso democratico e sociale. Successivamente, alla costituzione del Governo ad interim, viene organizzato un comizio nella capitale; a Madrid, José Maria Orense stabilisce che la miglior forma di governo democratico è costituita dalla Repubblica Federale. Le corti si mostrano inizialmente contrarie al concetto di Repubblica Federale e Serrano viene momentaneamente nominato reggente, nell’attesa di trovare un monarca adeguato a incarnare il nuovo spirito del paese.

Al contempo, si va scrivendo la “Constitución Liberal”, che verrà promulgata il 6 giugno del 1869 e che riconosce il suffragio universale maschile, la libertà religiosa, la libertà di espressione e associazione e la libertà di istruzione. Stabiliti questi presupposti, rimane un problema di fondo: alla Costituzione manca un sovrano che ne faccia rispettare i principi. Trovare un monarca che sia “consonante” con i principi democratici della nuova Costituzione è un’impresa molto difficile anche dalla prospettiva di Juan Prim y Prats il quale, a questo proposito, ritiene che “¡Encontrar a un rey democrático en Europa es tan difícil como encontrar un ateo en el cielo!”.40

2.3 Una monarchia inadeguata

Sì, trovare un candidato idoneo al trono di Spagna è senz’altro un’impresa ardua. Da una parte i repubblicani sono inclini ad accettare un monarca capace e rispettoso della Costituzione, dall’altra vi è chi propone di eleggere re il figlio minore di Isabel II – che poi diverrà Alfonso XII – ma questa idea non viene condivisa dalla maggioranza in quanto il timore che possa ripetere gli errori della madre è molto forte, come ci ricorda la famosa affermazione del generale Juan Prim y Prats pronunciata dinanzi alle Cortes: "la dinastía caída no volverá jamás jamás jamás".41

40 César Cervera Moreno, Los Borbones y sus locuras, La esfera de los libros, Madrid, 2020. 41 22 marzo 1870.

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Anche i partiti monarchici, rimasti uniti per difendere la forma di governo, trovano difficoltà nel mettersi d’accordo sulla persona che occupi il trono. Infine, sarà Amedeo I di Savoia (1870-1873) a occupare il posto di sovrano di Spagna, grazie all’avanzamento della sua candidatura da parte del Presidente del Governo Juan Prim, il quale sostiene politicamente il nuovo re per il trascorso anticlericale e antiborbonico della dinastia dei Savoia.

Alla fine del 1870, la tensione sociale e politica si fa più forte a causa dell’assassinio dello stesso generale Prim, avvenuto a Madrid il 27 dicembre. Questo evento, com’è inevitabile, getta la nascente monarchia in una situazione di profonda precarietà, tanto che l’accoglienza del nuovo re sarà piuttosto fredda soprattutto da parte dei repubblicani, come mostra il leader Castelar: “visto el estado de la opinión, Vuestra Majestad debe irse (...), no sea que tenga un fin parecido al de Maximiliano I de México”.42

Amedeo I di Savoia sale al trono il 30 dicembre, mettendo in atto il primo esperimento di monarchia democratica nella storia della Spagna. Tuttavia, le classi alte della società non ripongono fiducia nei confronti della nascente monarchia democratica e sostengono che essa manchi di legittimazione in quanto nata dall’appoggio delle sole classi medie e da un progressismo che, in seguito alla morte di Prim, appare diviso internamente. In generale, il regno di Amedeo I si caratterizza per la instabilità politica; repubblicani, democratici, isabellini e carlisti manifestano, sin dal principio del suo mandato, la loro opposizione al neo-monarca.

Perciò, il re rinuncerà al trono tre anni dopo l’inizio della sua carica, a causa dei pochi appoggi politici ricevuti e dichiarando le sue dimissioni irrevocabili come frutto dell’ingovernabilità della Nazione spagnola:

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Dos años largos ha que ciño la corona y la España vive en constante lucha, viendo cada día más lejana la era de paz y de ventura que tan ardientemente anhelo…todos los que con la espada, con la pluma, con la palabra agravan y perpetúan los males de la nación son españoles; todos invocan el dulce nombre de la patria; todos pelean y se agitan por su bien, y entre el fragor del combate, entre el confuso, atronador y contradictorio clamor de los partidos, entre tantas y tan opuestas manifestaciones de la opinión pública, es imposible afirmar cuál es la verdadera, y más imposible todavía hallar remedio para tamaños males. Los he buscado ávidamente dentro de la ley y no lo he hallado. Fuera de la ley no ha de buscarlo quien ha prometido observarla.43

Con l’abbandono di Amedeo I il 10 febbraio 1873 anche la monarchia lascia la scena, come dimostra l’immediata proclamazione della Prima Repubblica, destinata anch’essa a trasformarsi in una Repubblica presidenziale autoritaria fino al 31 dicembre 1874 quando, con il colpo di Stato filo-alfonsino del generale Martínez Campos si pone fine al sessennio democratico (1868-1874). Con la rinuncia di Amedeo fallisce anche il progetto di una Costituzione repubblicana federativa che si propone di riprodurre il titolo I della Costituzione del ’69 dedicata ai diritti spagnoli e che include la netta separazione fra Stato e Chiesa e diritti quali la libertà di culto e l’abolizione dei titoli di nobiltà.44

La Rivoluzione del 1868 non è riuscita a portare a termine il progetto di un sistema democratico in Spagna per i più svariati motivi. Uno di essi è sicuramente il contesto, da sempre influenzato dai due atteggiamenti costanti nel panorama sociale e politico spagnolo: il tradizionalismo e il clericalismo. La presenza di questi due scogli mise la Spagna nella condizione di delineare i repubblicani come gli unici in grado di creare un paese libero, basato sull’uguaglianza e che seguisse i modelli dei vicini paesi europei, quali quello francese, inglese e americano.

In generale, si può affermare che i movimenti liberali che animarono la Rivoluzione dimostrarono di avere diverse difficoltà nel mettere in pratica i progetti politici da loro stessi designati. Il progetto principale, da parte dei rivoluzionari, era quello di rinvigorire il sistema parlamentare attraverso la creazione di costituzioni in grado di rispecchiare la fetta più grande della società. Perciò, più che la realizzazione di uno stato democratico, i rivoluzionari aspiravano a creare una realtà il più vicina possibile agli ideali di liberalismo. Si proponevano, pertanto, diverse soluzioni possibili volte alla realizzazione di un nuovo

43 Carmen Bolaños Mejías, El reinado de Amadeo de Saboya y la monarquía constitucional, Madrid, Uned,

1999, p. 238.

44 Constitución democrática de la Nación española, promulgata il 6 giugno 1869,

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stato liberale moderno, che fosse lontano anni luce dalle strutture politiche, economiche e sociali vigenti nell’Ancien Régime.45

Con la promulgazione della Costituzione del 1869 ci si avvicinò a una sorta di sistema democratico nella misura in cui, il riconoscimento del diritto al suffragio universale maschile e le libertà di stampa, di organizzazione politica e di associazione costituivano un’importante innovazione per i diritti fondamentali.46

La Rivoluzione Gloriosa ha costituito senza ombra di dubbio una svolta nella storia della Spagna: ha rotto il cordone con la tradizione storica che sino ad allora non era mai stato spezzato, e ha portato in auge la questione democratica. Ma tra teorizzare un cambiamento e metterlo in pratica c’è molta differenza; per dare vita a un sistema democratico, infatti, sono fondamentali, più di altri, due elementi: il tempo e la partecipazione del popolo affinché tale processo si realizzi.47

Per quanto concerne il primo fattore, esso è necessario affinché un determinato processo si irrobustisca, in quanto, se la democrazia non è ben consolidata, i cittadini non vi ripongono fiducia tale da poterla sostenere a tutti gli effetti e ciò provoca che il sistema democratico si converta in un insuccesso totale.48 E in effetti, la Gloriosa ha preteso un cambiamento immediato, a corto raggio; il suo obiettivo, eliminare tutto ciò che concerneva le sfere del potere, non è stato affatto costruttivo.

45 Eduardo Higueras Castañeda, Manuel Ruiz Zorrilla. Con los Borbones, jamás, Madrid, Marcial Pons,

2016, p.99 in Unai Belaustegi, “Ilustremos a nuestros conciudadanos: La Gloriosa democratización del proceso revolucionario vista desde Vasconia”, in Investigaciones Históricas, época moderna y contemporánea, n° 37, 2017, pp. 69-97 [p. 72].

46 A testimonianza del fatto che la libertà di stampa costituisce uno degli aspetti fondamentali dei processi

liberali, è interessante vedere la prima mozione della Costituzione degli Stati Uniti, che relativamente alle libertà afferma:“Congress shall make no law respecting an establishment of religion, or prohibition the free exercise thereof; or abridging the freedom of speech, or of the press; or the right of the people peaceably to assemble, and to petition the Government for a redress of grievances”, Constitution of the United States, Amendments, https://www.senate.gov/civics/constitution_item/constitution.htm#amendments, in Unai Belaustegi, “Ilustremos a nuestros conciudadanos: La Gloriosa democratización del proceso revolucionario vista desde Vasconia”, p. 72.

47 Unai Belaustegi, “Ilustremos a nuestros conciudadanos: La Gloriosa democratización del proceso

revolucionario vista desde Vasconia”, p. 73.

48 Teresa Arbat Carnero, “La (im)posible transición de primera oleada del liberalismo a la democracia en

España (1860-1936)”, in Bosh, Aurora, Carnero, Teresa y Valero, Sergio (eds.), Entre la reforma y la revolución. La construcción de la democracia desde la izquierda, Granada, Editorial Comares, pp. 11-12.

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Il secondo aspetto da tenere in considerazione è il pueblo. Anche se la Rivoluzione ha nutrito molte speranze di riuscire nel suo intento, non vi sono mai state le condizioni adatte a perseguire gli ideali proposti, non solo perché i politici non erano materialmente preparati, ma soprattutto perché il popolo non si è mai integrato nella vita politica affinché il progetto teorico fosse messo in pratica, anzi, fungeva da spettatore indifferente.

In sintesi, la Rivoluzione ha portato via con sé le illusioni e le speranze di una Spagna migliore, come ricorda anche Navarrete in un discorso alle Corti:

Los obreros (...) pensaron que la república federal les traía no la igualación absurda de las fortunas (...), no las demás calumnias, que en sus lenguas ponen los exploradores, pero sí la alegría en sus pobres viviendas (...), la justicia en el trabajo (...), la evidencia de que ninguna tarde verían ya hundirse el sol (...) sin tener para sus hijos el pan que tantas veces les pidieron (...) en balde.49

La storiografia, attorno al 1970, si è dedicata allo studio della genesi e dei fattori scatenanti che hanno condotto alla Rivoluzione di Settembre, arrivando a molteplici conclusioni.

Tendenzialmente, la storiografia tradizionale spiega la genesi della Gloriosa servendosi di un’analisi prettamente politica: la Rivoluzione, secondo la prospettiva di questi studiosi, fra i quali Marcello Benedicto, non è altro che un evento nato da un conflitto fra differenti élite politiche.50

Altri autori, al contrario, sostengono l’importanza del fattore sociale nello sviluppo dell’evento rivoluzionario, ritenendo che la genesi di esso sia il frutto di due conflitti: il primo, derivante ancora dagli strascichi del vecchio sistema di produzione feudale; il secondo include invece i residui scaturiti dal neo-sistema capitalista. In questo modo, i contadini, la piccola borghesia e il neonato proletariato, si ergerebbero a soggetto storico

49 Mikel Urquijo Goitia, Liberales y carlistas. Revolución y fueros vascos en el preludio de la última guerra

carlista, UPV/EHU, Leioa, 1994, p. 151, in Unai Belaustegi, “Ilustremos a nuestros conciudadanos: La Gloriosa democratización del proceso revolucionario vista desde Vasconia”, p. 72.

50 Juan Ignacio Marcuello Benedicto, “La práctica del poder moderador de la Corona en la época de Isabel

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alternativo51 alla borghesia, originando una rivoluzione democratico-borghese mediante l’appoggio dei partiti progressista e repubblicano-federale.52

Negli anni precedenti allo scoppio della Rivoluzione Gloriosa, gli spagnoli stavano progressivamente prendendo atto che vivevano in un contesto critico, sia dal punto di vista politico, sia da quello economico e sociale. Tuttavia, era chiaro a tutti ciò di cui la Spagna aveva bisogno: la Nazione necessitava di ricostruzione, rigenerazione e resurrezione.53 Questi tre concetti erano tutto ciò che la Revolución Gloriosa avrebbe dovuto incarnare.

Il XIX secolo ha rappresentato per la Spagna il passaggio dall’Ancien Régime a un sistema liberale attraverso una rivoluzione borghese e una lenta rivoluzione industriale. Come ci si aspetta, il percorso non è stato affatto lineare; il panorama spagnolo, difatti, vide il susseguirsi di numerose evoluzioni, senza dubbio, ma talvolta anche di molti contraccolpi che condussero a forti recessioni. L’andamento verso il progresso, che come ho specificato, è stato caratterizzato da alti e bassi, condusse gli spagnoli a procedere sempre più verso la consapevolezza di non essere all’altezza di poter raggiungere lo stesso grado di progresso delle altre potenze europee. Pertanto, la Spagna era sin da subito al corrente del proprio stato di arretratezza.

Negli anni ’60, gli stessi liberali che avevano sostenuto la nomina della nuova regina, cospirarono per la sua rovina.54 Il desiderio di rompere completamente i rapporti con la dinastia dei Borbone nasce dall’ennesima delusione sofferta dal popolo spagnolo, di

51 Rafael Serrano García, “La historiografía en torno al Sexenio 1868-1874: entre el fulgor del centenario y el

despliegue sobre lo local”, in Ayer, n° 44, 2001, pp. 11-32 [p. 15].

52 Marc Baldó Lacomba, Las raíces sociales de la revolución gloriosa. Reflexiones para un debate, in Javier

Maria Donézar, Manuel Pérez Ledesma, Antiguo Régimen y Liberalismo. Homenaje a Miguel Artola, 2, Madrid, Alianza, 1995, pp. 399-412.

53 Nicolás Díaz Benjumea, La cuestión del día, diálogo entre un español y un extranjero, Madrid, Imprenta

del indicador de los caminos de hierro, 1868, p. 10, in Unai Belaustegi, “Ilustremos a nuestros conciudadanos: La Gloriosa democratización del proceso revolucionario vista desde Vasconia”, p. 37.

54 “El partido progresista español es monárquico desde su origen, era Isabelino antes que la Providencia

enviase al mundo la excelsa hija de cien reyes. El fue quien hallándose la nación sin rey colocó el trono en la cumbre de todos los poderes; el fue quien por la abrogación de la ley sálica juró a Isabel dieciocho años antes que naciese; el fue quien a costa de su sangre defendió la regia huérfana de su ambicioso rival. [... El partido progresista] ha protestado enérgicamente contra toda infracción, y entre tantas inconsecuencias ha mantenido ilesos sus princi- pios, sin menguar en un solo punto su acatamiento a la sublime institución que levantó, y a la augusta princesa que la personifica. [...] Nada tiene, pues, que temer de nuestro partido ni la monarquía ni el orden público”. Programma de La Nación, Madrid, agosto 1848 in Miguel Artola, Partidos y programas políticos, 1808-1936, Madrid, Aguilar, 1975, tomo II, p. 33.1975, tomo II, p. 33.

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aver creduto e sperato in una possibile evoluzione per la Nazione. Perciò, è da questo ulteriore fallimento che inizia a farsi largo l’idea di una possibile rivoluzione che sovverta il regime politico vigente.

Da quel momento, i cospiratori nel 1868 daranno il via a quella Rivoluzione che nelle parole di Artola viene definita come una “revolución liberal democrática pre-proletaria, en la que se persiguió la preponderancia de las clases burguesas”.55

La Rivoluzione si basa su un preciso modello politico e sociale, quello liberale borghese: ma perché questo progetto liberale fallisce? I motivi sono vari. Uno di essi è che entrambi i partiti, quello progressista e quello democratico, si preoccuparono molto della teoria di questo progetto, e poco della pratica, procedendo “a palos de ciego”.56 I protagonisti della Rivoluzione agirono in modo rischioso, “caminando en la oscuridad”.57 e tralasciando quale forma di governo fosse la scelta migliore da adottare, una volta ottenuta la vittoria.

Per concludere, è possibile affermare che alla base del problema sta sicuramente il fatto che è mancato un accordo unificatore volto a stabilire il futuro della Spagna, visto e considerato che nessuno dei protagonisti coinvolti aveva elaborato concretamente un programma politico futuro al quale i partiti in questione aderissero in maniera unanime.

Si potrebbe, dunque, definire il Sessennio Democratico come “un periodo de tentativas”58: il primo tentativo è stato quello di creare una monarchia democratica, che com’è noto, ha visto come re Amedeo I; il secondo tentativo, anch’esso fallito, è stato la proclamazione della Repubblica Federale e infine, l’ultimo esperimento, che ha fallito totalmente, è senza ombra di dubbio il sistema liberale che, alla fine dei giochi, è stato nuovamente soppiantato dal sistema reazionario.59 Un’altra interessante definizione del Sessennio è offerta da Jover: “es un breve período dotado de una viva originalidad en el

55 Miguel M. Cuadrado, “El horizonte político de la Revolución española de 1868”, in Revista de Occidente,

n° 67, 1968, pp. 19-37 [pp. 30-31].

56 Isabel Pascual Sastre, La Italia del Resorgimiento y la España del Sexenio Democrático (1868-1874),

Universidad Complutense de Madrid, Madrid, 2002, Tomo I, p. 14.

57 Questa espressione appartiene a Juan Valera, testimone dell’abdicazione di Amadeo I e della

proclamazione della Repubblica: “Entonces nos dimos cuenta de la gravedad de las circunstancias y de que en aquellos momentos no sabíamos lo que iba á ser del país”, in Carlos Cambronero, Las Cortes de la revolución, Madrid, La España Moderna, 1898, p. 222.

58 Isabel Pascual Sastre, La Italia del Resorgimiento y la España del Sexenio Democrático (1868-1874), p.

15.

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contexto de nuestra historia contemporánea”.60 Questa affermazione è largamente condivisibile, basti pensare al fatto che durante quei sei anni di innovazioni e recessioni, sono stati numerosi gli esperimenti di realizzazione degli ideali politici, che però, nella pratica, rimarranno esclusivamente tentativi non riusciti.

Sinora abbiamo affermato che il Sessennio Democratico è stato un periodo di transizione, caratterizzato da progetti e iniziative volte alla trasformazione della Spagna. In questo processo è possibile scorgere il desiderio di cambiare la Nazione spagnola nella stessa ottica europea: più precisamente, il modello da imitare, in quel preciso momento storico, era quello italiano. L’idea che si faceva strada fra i partiti monarchici spagnoli era che in Italia erano stati eliminati i sistemi non liberali e non costituzionali pur mantenendo la corona; fra i democratico-repubblicani, invece, l’idea era scendere a compromessi con un re che fosse rispettoso del potere legislativo ed esecutivo, proprio come aveva fatto Garibaldi: queste notizie, quindi, non potevano non attirare l’attenzione dei rivoltosi spagnoli.

Negli anni ‘60, dunque, gli spagnoli intravidero nell’Italia la speranza di ottenere lo stesso risultato, e questo perché l’Italia di quegli anni si era prefigurata come una realtà possibile perfino per gli spagnoli. Pertanto, non è da sottovalutare, nel contesto di sfiducia causato dal fallimento della Rivoluzione, il modello dell’Italia unificata solo pochi anni prima (1861) sotto la guida della monarchia sabauda, che aveva fatto ben sperare la vicina Spagna, illudendo i liberali spagnoli di poter ottenere lo stesso progresso.61

Ad una disamina conclusiva, sulla situazione storica vissuta dalla Spagna a partire dallo scoppio della Gloriosa, si evince che essa non ha fatto altro che far ripiombare nell’instabilità la nazione spagnola: calza alla perfezione, quindi, la scelta di Galdós di utilizzare per la regina Isabel l’appellativo di “la de los tristes destinos”, come vedremo nell’omonimo episodio che termina la quarta serie degli Episodios Nacionales, in quanto questa Rivoluzione ha determinato per la Spagna solo l’illusione di un regime politico basato sulla democrazia, volto al progresso sociale ed economico che, tuttavia, come la storia ci dimostra, si è rivelato effimero.62

60 José María Jover, “1868, balance de una Revolución”, in Cuadernos para el diálogo, n° 59-60, 1968, pp.

11-32 [p. 15].

61 Isabel Pascual Sastre, La Italia del Resorgimiento y la España del Sexenio Democrático (1868-1874), pp.

466- 478.

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3. Dal romanzo storico agli Episodios Nacionales

3.1 Il romanzo storico in Spagna

Il romanzo storico nasce nel contesto del movimento romantico, grazie all’inglese Walter Scott. Egli pubblica una serie di romanzi ambientati nell’epoca medioevale, tra i più celebri Waverley (1814) e Ivanhoe (1819).

Questo genere, che riscuote molto successo nel panorama europeo dell’epoca, risponde al desiderio di nazionalismo e di esaltazione del passato, elementi caratteristici della corrente romantica. Molti autori europei e americani dell’Ottocento scriveranno romanzi storici: fra gli autori più significativi conviene citare il francese Victor Hugo, l’italiano Alessandro Manzoni, il tedesco Theodor Fontane, i russi Aleksandr Pushkin e Lev Tolstoj ma anche il nordamericano James Fenimore Cooper o il polacco Henryk Sienkievicz.

Se il modello di romanzo storico tedesco non riscuote molto successo in Spagna, non accade così per i modelli francesi e inglesi; più precisamente, l’opera di Walter Scott ha un forte impatto nella Penisola a partire dagli anni ’30; da allora la diffusione del romanzo storico spagnolo è enorme, sino a divenire il prodotto più caratteristico della cultura popolare. È possibile delineare tre tappe ben distinte che hanno contribuito alla diffusione della novela histórica spagnola: la prima fase è parallela alla fine dell’Antiguo

Régimen, in quanto il genere inizia a prendere forma e al contempo si verifica il

disfacimento della società tradizionale; in questa tappa, i modelli più imitati sono quelli di Scott, Chateaubriand e Victor Hugo. Non è da sottovalutare nemmeno il Manzoni nel panorama letterario italiano, la cui presenza influenza la prima fase del romanzo storico romantico in Spagna. La seconda fase si può collocare verso la metà degli anni ’30, momento in cui si verifica la vera e propria esplosione del romanzo storico spagnolo, considerando che nel 1834 vengono pubblicate Sancho Saldaña o el castellano de Cuéllar di Espronceda, El doncel de Don Enrique el Doliente di Mariano José de Larra e molte altre. La terza e ultima tappa che possiamo identificare è quella che si verifica attorno alla metà degli anni ’40, quando la storia narrata incorpora anche elementi eruditi che sino ad

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