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2. SCOPO DELLA TESI

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1.INTRODUZIONE

Le lesioni tumorali delle strutture vertebro-midollari ven- gono classificate in relazione al tessuto di origine e ai rap- porti che queste hanno con la dura madre e con la corda mi- dollare. Sono pertanto distinguibili in:

-vertebrali, quando originano dal rachide;

-extradurali, se si sviluppano all’ esterno del foglio durale;

-intradurali, se localizzati all’interno del foglio durale;

questi sono inoltre suddivisibili in extramidollari o intrami- dollari.

Tutti questi tumori hanno in comune segni di compressio- ne radicolare o midollare, associata spesso a sintomatologia dolorosa.

I tumori intradurali extramidollari rappresentano circa il 50%; la maggior parte di essi sono rappresentati dai tumori della guaina dei nervi periferici (neurinomi), dai meningio- mi e dagli ependimomi del filum terminale. Sono invece ra- re le metastasi,i paragangliomi e i tumori melanocitici. Con

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poche eccezioni, i tumori extramidollari sono istologica- mente benigni e soggetti a completa resezione chirurgica.

In questa tesi prenderemo in studio i neurinomi.

1.1 Incidenza ed eziologia

I tumori della guaina nervosa sono classificati come schwannomi o neurofibromi. Essi rappresentano circa il 25% dei tumori del midollo spinale negli adulti [1,2], con una incidenza annuale di 0,3-0,4/100000 abitanti [3]; mentre i primi, che rappresentano quantitativamente la maggior par- te dei casi (e sono solitamente singoli) interessano soprattut- to la radice sensitiva dorsale, i secondi colpiscono quella motoria ventrale. Il picco massimo di incidenza si ha tra la quarta e sesta decade di vita ed i due sessi ne risultano affet- ti in proporzioni circa uguali.

Diversamente dai tumori spinali considerati nel loro in- sieme, le cui frequenze di localizzazione in relazione al ra- chide dipendono dalla relativa estensione dei segmenti spi- nali, per i tumori della guiaina nervosa le sedi più comuni

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sono quelle in cui vi è una maggiore rappresentazione delle radici nervose: essi pertanto si sviluppano prevalentemente nel tratto cervicale e lombare, per l’origine rispettivamente del plesso brachiale e del plesso lombare.

1.2 Quadro istologico

Sebbene le evidenze derivate dalle colture tissutali, dalla microscopia elettronica e dalla immunoistochimica (positi- vità a S-100, proteina a basso peso molecolare espressa dal- le cellule derivate dalla cresta neurale ed avente diverse funzioni, come la regolazione della fosforilazione proteica, omeostasi del Ca2+, crescita e differenziazione cellulare) supportino una origine cellulare comune, la eterogenea mor- fologia dei neurofibromi indica la partecipazione di addi- zionali tipi cellulari come fibroblasti e cellule perineurali;

sulla base di tali caratteristiche istologiche, ma anche su dif- ferenze di incidenza e di caratteristiche biologiche, essi me- ritano pertanto considerazioni separate.

L'aspetto istologico dei neurofibromi è rappresentato da

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abbondanza di tessuto fibroso e cospicua presenza di fibre nervose nel contesto dello stroma tumorale [4]. Macroscopi- camente il tumore produce slargamenti fusiformi della guai- na nervosa e risulta impossibile distinguere tra tumore stes- so e tessuto nervoso. La presenza di neurofibromi multipli stabilisce la diagnosi di neurofibromatosi (NF), sebbene questa sindrome possa essere presente anche in pazienti con coinvolgimento singolo. Sia NF1 che NF2 sono associate con tumori della guaina nervosa; sebbene i neurofibromi prevalgano nella NF1, gli schwannomi sono più comuni nel- la NF2 [5].

Gli schwannomi appaiono macroscopicamente come una massa globosa liscia relativamenta morbida e senza calcificazioni; non dilatano il nervo ma si sviluppano ec- centricamente da esso. Sono generalmente avascolari, ad eccezione di quelli “a clessidra” i quali, seguendo la ra- dice nervosa attraverso il manicotto durale nello spazio extradurale, aderiscono alla dura e prendono irrorazio- ne da essa. Il loro aspetto istologico è rappresentato da

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cellule bipolari allungate con nuclei scuri e fusiformi di- sposte in fascicoli intrecciati e compatti che hanno la ten- denza a formare palizzate (Antoni-A). Un pattern di cre- scita meno cellulato ad aspetto stellato (Antoni-B) è me- no comune [6].

Sono sopratuttuo intradurali, sebbene il 30% si estenda attraverso il decorso della radice durale ed avendo così an- che porzioni extradurali [3]. Circa il 10% hanno localizza- zione paraspinale o epidurale. La crescita transdurale è co- mune nei tumori cervicali in quanto a questo livello la por- zione di radice intradurale è corta [3]. Una percentuale di questi tumori sono intramidollari e sorgono dalla guaina pe- rivascolare che accompagna i vasi penetranti del midollo.

La crescita centripeta di un tumore della guaina nervosa può anche portare ad una estensione subpiale, spesso con neuro- fibromi plessiformi; in questi casi appaiono sia la compo- nente intramidollare che quella extramidollare. I neurofi- bromi a carico dei plessi brachiale o lombare possono e- stendersi all’interno dello spazio intradurale lungo le multi

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ple radici nervose. Viceversa, l'estensione retrograda intra- spinale degli schwannomi paraspinali solitamente rimane

epidurale.

Circa il 2,5% dei tumori delle radici nervose intraspinali sono maligni[7] e circa la metà si hanno in pazienti con NF.

Tali tumori hanno una prognosi infausta, con una sopravvi- venza che raramente supera i 12 mesi. Questi tumori posso- no essere dei rari schwannomi che mostrano caratteristiche istologiche aggressive ma associati a prognosi migliore.

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1.3 Considerazioni anatomiche

Figura 1. Visione d’insieme del midollo spinale.

Per comprendere in maniera soddisfacente le conside- razioni che in seguito saranno fatte è necessario ricorda- re alcune basilari ma fondamentali nozioni anatomiche del midollo spinale (Fig. 1); così facendo sarà più facile comprendere alcuni aspetti come ad esempio il quadro clinico, la sintomatologia e l’approccio chirurgico.

La sostanza bianca del midollo spinale è formata da fasci di fibre mieliniche a decorso prevalentemente longitudinale;

queste porzioni vengono precocemente interessate da una

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eventuale espansione di un neurinoma in quanto, come ac- cennato precedentemente, sono in pratica tutti extramidolla- ri; la direzione di accrescimento di una massa tumorale in rapporto al midollo spinale determinerà l’insorgenza di una certa sintomatologia piuttosto che un’altra, proprio in rela- zione a quello che è il fascio interessato.

La suddivisione della sostanza bianca del midollo spinale può essere fatta seguendo sia dei criteri strettamente ana- tomici, che considerano come aspetto principale la presenza in superficie di solchi longitudinali che decorrono lungo tut- to il midollo spinale e l’insorgenza delle radici sensitive e motorie dei nervi spinali, sia dei criteri fisiologico-clinici, che considerano invece quelle che sono le connessioni di ta- li vie con le strutture cerebrali superiori. Quest’ultima clas- sificazione è per noi ben più importante, in quanto diret- tamente in relazione con i possibili quadri clinici che i pazienti possono mostrare a seconda della direzione tu- morale di espansione.

In sezione trasversale, la sostanza bianca del midollo spina-

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le può essere suddivisa in tre porzioni, denominate cordoni, che sono rispettivamente:

- cordone anteriore, localizzato tra il solco mediano anterio- re ed il solco collaterale anteriore, che rappresenta la linea di emergenza delle radici anteriori dei nervi spinali misti ( queste ultime fibre, come quelle analoghe posteriori hanno decorso orizzontale e perciò incrociano perpendicolarmente i sistemi di fibre longitudinali qui presenti); qui sono pre- senti il fascio spino-talamico anteriore, che accoglie fibre sensitive implicate nella conduzione della sensibilità tattile, il fascio piramidale diretto ed altri fasci extrapiramidali (es,

vestibolo- spinale);

- cordone posteriore, delimitato alla stessa maniera dal solco mediano posteriore e dal solco collaterale posteriore, che rappresenta la linea di emergenza delle radici posteriori dei nervi spinali misti; qui sono presenti i fascicoli gracile e cu- neato, che veicolano la sensibilità propriocettiva muscolare e articolare e la sensibilità tattile epicritica;

-cordone laterale, situato tra i precedenti due e delimitato

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dai solchi collaterali anteriore e posteriore; qui sono presenti il fascio spino-talamico laterale, il quale accoglie assoni che convogliano afferenze di natura termica e dolorifica, i fasci spino-cerebellari anteriore e posteriore, che trasportano

verso il cervelletto la sensibilità propriocettiva proveniente dai muscoli scheletrici, il fascio piramidale crociato che controlla la motilità dei muscoli, del capo, del tronco e degli arti, il fascio rubro-spinale che rientra nelle vie extrapira- midali.

Figura 2. Sezione trasversale del midollo spinale che evidenzia i di- versi cordoni longitudinali.

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Analogamente a ciò che si trova a livello encefalico, an- che il midollo spinale è avvolto dalle meningi, formazioni fibroconnettivali membranose di derivazione mesodermica che avvolgono tutto il nevrasse; a livello spinale, esse si prolungano a rivestire il primo tratto dei nervi spinali. Esse hanno importanti compiti, come la protezione meccanica, la costituzione della barriera emato-encefalica (la quale impe- disce alle sostanze tossiche, ai metabolici e ai farmaci di passare dal sangue all’ambiente perineurale) ed il controllo della produzione/riassorbimento del liquido cefalo- rachidiano.

Dall’ esterno all’ interno trovo (Fig. 3):

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Figura 3. Sezione trasversale del midollo spinale.

-la dura madre, che si presenta sottoforma di una guaina tu- bulare di connettivo lamellare (sacco durale); essa risulta separata dal periostio del canale vertebrale dallo spazio epi- durale, formato da tessuto adiposo e plessi venosi. Risulta

inoltre collegata all’endorachide dai legamenti vertebrodu- rali, distinti in anteriori, che arrivano al legamento longitu- dinale posteriore e ai dischi intervertebrali, posteriori, pre- senti soprattutto a livello cervicale, che si portano fino ai le- gamenti gialli e laterali, che si uniscono alla porzione latera- le degli archi vertebrali. La sua superficia interna appare fo- rata simmetricamente a livello dei punti di emergenza delle radici anteriori e posteriori di ciascun nervo spinale, cui for-

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nisce un involucro fino all’uscita delle stesse dal foro di co- niugazione;

-l’aracnoide, che è posta al di sotto della dura madre, dalla quale è separata dallo spazio sottodurale. E’ inoltre separata dalla pia madre da uno spazio, detto subaracnoidale, nel quale circola il liquido cefalo-rachidiano e dove si aprono gli spazi perivascolari del nevrasse. I vasi sanguigni qui pre- senti, che dalla dura si portano al midollo e che dal midollo ritornano verso la dura, sono seguiti nel loro decorso da trat- ti connettivali;

-la pia madre, la più interna delle tre meningi, che aderisce fortemente al midollo spinale. Dalla sua superficie esterna partono i legamenti denticolati, che la uniscono, secondo una direzione laterale, alla dura madre, in vicinanza dei fo- rami di uscita dei nervi spinali. In particolare, grazie a que- sta loro disposizione tipica sul piano frontale, i legamenti denticolati formano un setto di separazione tra le radici an- teriori e posteriori.

Tra i livelli segmentali del midollo spinale e dei corpi

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vertebrali ci sono alcune differenze: il midollo è infatti più corto del canale vertebrale e ciò risulta in una differenza tra i segmenti spinali e gli analoghi corpi vertebrali. Tale diffe- renza aumenta caudalmente. Questo fenomeno è ben spie- gabile ripercorrendo lo sviluppo di questo distretto anatomi- co nel corso delle prime fasi di vita: nei primi 5-6 mesi della vita embrionale, infatti, il midollo spinale decorre in senso longitudinale su tutto il canale vertebrale; ne deriva che ogni nervo spinale, per uscire dal corrispondente forame, decorre con una direzione pressoché orizzontale. Negli anni seguenti accade però che la colonna vertebrale abbia un ritmo di “al- lungamento” maggiore: il midollo spinale, di conseguenza, è come se rimanesse indietro. Ne consegue che i nervi spi- nali siano ora obbligati a compiere un percorso obliquo- discendente, che poi tende a verticalizzarsi mano a mano che ci si sposta caudalmente. Questo ritardo di crescita è quindi soprattutto presente nei tratti dorsale e lombare, e fa sì che il midollo spinale, a sviluppo ultimato, sia in prossi- mità di L2: sebbene improprio, i fenomeni appena descritti

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vengono inquadrati con la dizione di “falsa ascensione del midollo spinale” (Fig. 4).

Figura 4. La "falsa ascensione del midollo spinale" : mentre le radi- ci cervicali, per uscire dal corrispondente forame di coniugazione, hanno un decorso pressochè orizzontali, proseguendo caudalmente il tragitto iniziale diventa progressivamente sempre più discendente, fino quasi a verticalizzarsi.

L’ apporto sanguigno arterioso deriva da sorgenti diverse

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a livelli differenti [8,9,10]. In particolare a livello cervicale alto è presente l' arteria spinale anteriore (rifornita predomi- nantemente dalle porzioni intracraniche delle arterie verte- brali), coadiuvata da una grossa arteria radicolare in C6; a livello toracico, il maggior apporto arterioso si ha in T7; nei segmenti inferiori, l'afflusso predominante avviene attraver- so l'arteria di Adamkiewicz, che può penetrare nel midollo ad un livello variabile tra T9 e L2. Per tale motivo, le aree intermedie del midollo spinale hanno un apporto san- guigno marginale e se l'apporto arterioso predominante in relazione a tale meccanismo anatomico di spartiacque è compromesso dal tumore l'area ad una certa distanza dalla lesione primaria sarà la prima a soffrire. Così, ad esempio, si spiega la necrosi midollare nella regione cervi- cale inferiore a qualche distanza dai tumori della zona cer- vicale alta.

L’ancoraggio del midollo spinale alle strutture adiacenti, realizzato dai legamenti dentati, dalle radici dorsali e ventra- li, può inoltre produrre imprevedibili trazioni nelle strutture

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midollari anche a distanza dal tumore.

Infine non è da tralasciare la particolarità anatomica di al- cune fibre, come ad esempio quelle del dolore, trasportate dal tratto spino-talamico anterolaterale, che percorrono 2-3 segmenti per passare dal lato opposto prima di entrare nel tratto ascendente.

1.4 Quadro clinico e sintomatologia

Indipendentemente dalla localizzazione del tumore, i sintomi precedono la scoperta del tumore stesso in media di due anni [11,12,13,14]. La sintomatologia della maggior parte dei neurinomi (i quali sono nella stragrande maggio- ranza dei casi extramidollari) è in relazione alla lenta cresci- ta della massa intraspinale; è importante soprattutto la posi- zione longitudinale del tumore, piuttosto che coronale. Es- sendo inoltre eccentrici, e quindi localizzati lateralmente al midollo spinale, dorsalmente o ventralmente, esercitano un effetto compressivo asimmetrico. Ciò determina, ricor-

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dando quanto detto precedentemente, l'elevata incidenza della sindrome di Brown-Sequard in cui il tratto cortico- spinale e le colonne dorsali sono interessate omolateral- mente alla lesione, mentre l'interessamento del tratto spino-talamico che riceve fibre crociate, produce distur- bi sensitivi controlaterali.

Più dettagliatamente, si ha una combinazione di aspetti lo- cali (segmentali) e a distanza: l'interesse segmentale della zona di ingresso della radice dorsale, delle cellule motrici o delle radici anteriori provoca rispettivamente deficit sensiti- vi specifici e del secondo neurone di moto.

I disturbi radicolari sensitivi sono ben definibili in quanto proiettano e circoscrivono il dolore ad un ben definito der- matomero; rappresentano spesso il sintomo d’esordio, e la loro localizzazione rimane rigorosamente fissa. La sintoma- tologia dolorosa viene tipicamente esacerbato da improvvisi aumenti di pressione intraspinale, che avvengono, ad esem- pio, durante i colpi di tosse, gli starnuti, la defecazione e i rapidi movimenti del rachide. In caso di ulteriore crescita

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possono sorgere ipoestesia e disestesia. I disturbi radicolari motori sono anch’essi circoscrivibili, ed interessano i gruppi muscolari innervati dalla radice compressa; la loro com- promissione può essere variabile, potendo andare da piccoli deficit di forza fino a quadri di paresi flaccida.

I sintomi a distanza sono in relazione all'interessamento dei fasci lunghi orientati longitudinalmente, sia ascendenti che discendenti, con interruzione della funzione sotto il li- vello del tumore. Così, nell'interessamento del tratto cortico- spinale si ha deficit del neurone motore superiore, con ini- ziale paresi spastica, fino alla paralisi completa nei tumori avanzati; in quello spino-talamico si ha diminuzione delle sensazioni termiche e dolorifiche; nelle colonne dorsali, di- minuzione del senso di posizione e della sensibilità vibrato- ria. Nel caso infine delle vie discendenti autonome, situate tra i tratti corticospinale e spinotalamico, si avranno disturbi simpatici e parasimpatici sotto il livello della lesione; quan- do in quest'ultima circostanza la lesione colpisce in maniera bilaterale vengono compromesse le funzioni respiratoria, in-

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testinale, vescicale e sessuale. A livello cutaneo, i disturbi autonomi portano ad una anomala regolazione del microcir- colo, piloerezione e sudorazione.

Nell’analizzare la sintomatologia a livello distrettuale questa è variabile ed in relazione naturalmente alla localiz- zazione (ad esempio, dolore locale e segni di compressione delle adiacenti strutture nervose).

Quelli a livello della porzione cervicale alta e del forame magno sono spesso localizzati ventralmente: producono un’unica sindrome caratterizzata da una perdita sproporzio- nata del senso di posizione e della sensibilità vibratoria agli arti superiori in paragone a quelli inferiori e atrofia dei mu- scoli intrinseci delle mani [15]. La ragione di ciò non è ben chiara, ma probabilmente in relazione ad una insufficienza venosa. Producono inoltre dolore in regione suboccipitale.

L'aumento della pressione intracranica e l’idrocefalo sono raramente presenti a prescindere dalla localizzazione, ma comunque, se riscontrabili, si verificano nei tumori coinvol- genti il tratto cervicale alto [16]. Questo aspetto è probabil-

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mente in relazione all'aumento della concentrazione proteica nel liquido cefalo rachidiano, che ne compromette il flusso ed il riassorbimento. La debolezza dei segmenti motori e sintomi fascicolari sono tipiche del tratto cervicale medio ed alto. Segni e sintomi precoci di asimmetria sono tipici, in re- lazione alla predominante localizzazione laterale della mag- gior parte dei tumori intradurali. E' comune una sintomato- logia caratterizzata da disfunzione dei tratti cortico-spinale, spino-talamico e delle colonne posteriori. Nel caso l’estensione sia caudale rispetto al forame magno, viene spesso inglobato il XII nervo cranico, il quale deve essere sacrificato nell’asporazione della massa tumorale. Raramen- te, gli schwannomi si presentano con una emorragia suba- racnoidea [17].

La presentazione clinica dei tumori insorti a livello tora- cico è rappresentata da sintomi a carico dei fascicoli lunghi;

il tratto cortico-spinale sembra particolarmente colpito. Sin- tomi precoci sono intorpidimento e affaticabilità che posso- no eventualmente evolvere in spasticità. La debolezza coin-

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volge inizialmente le porzioni distali interessando soprattut- to la dorsiflessione della caviglia e dell'alluce. I tumori dor- so-mediali possono causare un andamento atassico a causa della compressione bilaterale dei cordoni posteriori. Le fun- zioni viscerali e della vescica urinaria sono compromesse solo negli stadi avanzati di malattia. Dolore forte a riposo, un importante aspetto clinico dei tumori extramidollari, è più comunente associato ai grandi tumori della cauda equi- na.

La funzionalità vescicale viene invece precocemente col- pita dai tumori localizzati a livello lombare e della cauda; i disturbi consistono in incontinenza, distensione e iscuria.

1.5 Diagnostica per immagini

Gli esami strumentali risultano utili per dare, insieme al quadro clinico sopra trattato, una più precisa indicazione diagnostica del processo patologico: Rx, RM e TAC sono

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tutte utili ed ognuna di esse fornisce delle indicazioni speci- fiche.

L’esame diretto permette di esaminare la componente os- sea: alterazioni maligne posono essere distinte da quelle be- nigne e le lesioni possono essere localizzate ad uno specifi- co segmento vertebrale. Le alterazioni litiche dell’osso sono solitamente secondarie a malattia metastatica (in particolare da carcinoma del polmone, del rene e della mammella) e mieloma; le metastasi blastiche includono quelle da carci- noma prostatico e da linfoma.

Come regola generale, gli spazi discali risultano conser- vati nelle neoplasie mentre la patologia infiammatoria ne provoca spesso un restringimento intersomatico con al- terazioni distruttive a carico delle limitanti vertebrali adiacenti.

I neurinomi intradurali provocano un allargamento dei fo- rami di coniugazione la cui grandezza aumenta, fisiologi- camente, distalmente a C2-C3; tale reperto deve essere con- validato da proiezioni oblique o confermato con la TAC e

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deve essere differenziato da una dilatazione dell’arteria ver- tebrale. Un apparente allargamento del forame di coniuga- zione causato da una ipoplasia congenita del peduncolo non dovrebbe essere confuso con un ampliamento secondario ad un tumore. Si può avere un aspetto festonato della superficie posteriore dei corpi vertebrali: in tale circostanza deve esse- re esclusa una connettivopatia.

La distanza tra i peduncoli in proiezione frontale è un se- gno indiretto del diametro trasverso del sacco durale; un al- largamento della distanza interpeduncolare che coinvolga i vari segmenti vertebrali con assottigliamento od erosione della superficie mediale dei peduncoli stessi suggerisce una lesione espansiva intramidollare presente da lungo tempo (da ricordare che l’assottigliamento dei peduncoli a livello di D12-L2 è una variante normale nel 7% della popolazione, specialmente nelle giovani donne[18]); tuttavia, sono stati descritti rari esempi di neurilemmomi interamente in- tramidollari, presumibilmente nascenti da radici nervose aberranti, con sviluppo predominante nel midollo spina-

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le [19], ma tale localizzazione è rarissima.

Le caratteristiche primarie della TAC sono molto adatte per la valutazione degli effetti del tumore sullo scheletro ra- chideo, sul sacco durale e sui tessuti molli paravertebrali, malgrado questi ultimi siano meglio esplorabili con la RM.

E’ possibile osservare infiltrazione del grasso paraspinale e dei piani muscolari, così come il coinvolgimento di organi viscerali adiacenti. Spesso possono essere determinati gli esatti rapporti anatomici di un tumore epidurale con il sacco durale [20].

Un limite significativo di questa metodica è l’incapacità di distinguere in dettaglio i tessuti parenchimali all’interno del canale spinale inferiormente alla regione cervicale superio- re. Senza introduzione di mezzo di contrasto intratecale il midollo non può essere distinto al di sotto di questo livello, né si può differenziare il cono midollare dalle radici emer- genti della cauda equina; quindi, nel caso in cui non venga introdotto mezzo di contrasto che dimostri l’ingrandimento dell’immagine midollare, tali lesioni possono essere misco-

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nosciute alla TAC.

Un processo patologico intradurale aspecifico viene dia- gnosticato con maggior accuratezza con una risonanza ma- gnetica (Fig. 5). Anormalità di segnale e dislocazioni a cari- co della cauda o del midollo spinale identificano la maggior parte delle masse extramidollari, senza richiedere l'uso del contrasto.

Figura 5. RM di un neurinoma intradurale localizzato nel tratto lombo sacrale, più precisamente a livello di L2: a) proiezione corona- le; b) proiezione sagittale.

Lipomi, cisti neurenteriche, cisti dermoidi e cisti aracnoi- dali o un processo patologico di natura vascolare possono

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anch'essi essere diagnosticati solo sulla base delle caratteri- stiche che appaiono alle risonanza magnetica. La sommini- strazione di gadolinio come contrasto aumenta di gran lunga la sensibilità della risonanza, soprattutto per le piccole mas- se tumorali.

Nelle immagini pesate in T1 i neurinomi, ma con essi la gran parte dei tumori intradurali, sono isointensi o legger- mente ipointensi rispetto al midollo; nelle immagini pesate in T2 sono significativamente iperintense ( a differenza ad esempio dei meningiomi, sebbene esistano eccezioni.) Sia nelle immagini pesate in T1 che in T2, i tumori della cauda hanno un segnale aumentato rispetto a quello del liquido ce- falo-rachidiano; comunque tali tumori, anche se di piccole dimensioni, sono facilmente riconoscibili anche nelle im-

magini senza contrasto [21].

Pressochè tutti i tumori vertebrali extramidollari dimo- strano diverse gradazioni di contasto: i meningiomi mostra- no un intenso ed omogeneo contrasto, sebbene si possano ri- scontrare calcificazioni o cisti intratumorali non impre-

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gnanti. L'enhancement dell'adiacente dura madre supporta fortemente la diagnosi di meningioma [22]. Sebbene la maggior parte dei tumori della guaina nervosa e gli ependi- momi del filum terminale dimostrino una captazione uni- forme del contrasto, sono abbastanza comuni delle variazio- ni che possono essere attribuite a zone necrotiche, emorra- giche o cistiche. Uno fine strato ipointenso peritumorale è spesso presente attorno ai meningiomi ed è in relazione ad una raccolta di liquido cefalo rachidiano [23].

La mielografia computerizzata viene raramente utilizzata per valutare processi patologici intradurali, malgrado la sua risoluzione spaziale sia superiore a quella della risonanza magnetica: così quando un tumore risulta strettamente adeso alla superficie midollare e la distinzione tra porzione inta- midollare ed extramidollare sia ambigua, la sua disposizione spaziale può essere meglio definita con una mielografia.

1.6 Diagnosi differenziale

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Numerosi processi neoplastici e non neoplastici possono occasionalmente presentarsi come una massa extramidolla- re. Dermoidi, lipomi, teratomi e cisti neurenteriche sono in- clusioni tumorali risultato di una embriogenesi anomala [24,25]. Tali lesioni possono interessare tutto il midollo spi- nale, ma sono più frequenti nei tratti toracolombare e lom- bare, e possono essere intramidollari o extramidollari. Inol- tre possono coesistere, insieme a tali lesioni, altre anomalie come ad esempio lesioni cutanee metameriche, tragitti fisto- losi e spina bifida [24,26]. Tali inclusioni tumorali e tali ci- sti si presentano spesso come una massa, ma meningiti ri- correnti e deformità genitali possono rappresentare l'aspetto clinico dominante. Nella maggior parte dei casi il trattamen- to clinico consiste nella loro asportazione, malgrado in al- cuni casi questa non sia possibile a causa della loro stretta aderenza alle strutture nervose.

I paragangliomi sono tumori rari che originano della cre- sta neurale e sorgono a livello della cauda o del filum termi- nale [27]; sono di natura benigna, non funzionanti e somi-

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glianti dal punto di vista istologico ai paragangliomi extra surrenalici. Macroscopicamente appaiono come tumori ben vascolarizzati, den delimitati, indistinguibili clinicamente e radiograficamente dagli ependimomi del filum terminale: il riscontro alla microscopia elettronica di un nucleo denso di granuli neurosecretori stabilisce la diagnosi. Solitamente la completa rescissione è possibile. Emangioblastomi e gan- glioneuromi possono coinvolgere una radice nervosa intra- durale e presentarsi come una massa extramidollare. Dal punto di vista clinico, possono manifestarsi come i tumori della guaina nervosa, con precoci sintomi radicolari. I gan- glioneuromi spesso si manifestano nei pazienti pediatrici. Il coinvolgimento della radice nervosa ne implica la sua escis- sione, sebbene nei piccoli tumori possa essere risparmiata.

Anche le lesioni non neoplastiche spesso si manifestano come una massa extramidollare, delle quali le cisti aracnoi- dee sono l'esempio più conosciuto. Sono più comuni a livel- lo toracico [28]. Gli aneurismi intraspinali sono eccezional- mente rari e spesso si verificano associati a malformazioni

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artero-venose o alla coartazione dell'aorta. Casi più isolati coinvolgono la regione del forame magno e nascono dall'ar- teria vertebrale o dalla cerebellare posteriore; spesso è de- scritto un tragitto vascolare anomalo. Sono stati riportati rari casi di aneurisma spinale ad insorgenza dall’arteria spinale anteriore. La diagnosi definitiva è fatta con una angiografia spinale. Raramente una erniazione del disco intervertebrale oltrepassa la dura e va ad occupare una posizione intradura- le [29].

Un processo infiammatorio come la sarcoidosi, un tuber- coloma o un empiema subdurale occasionalmente si manife- stano come una massa intradurale. Sebbene il coinvolgimen- to delle meningi spinali spesso complichi il cancro sistemi- co, le metastasi coinvolgenti il midollo raramente si manife- stano come una massa [29,30]. Le neoplasie intracraniche che raggiungono lo spazio subaracnoideo o i ventricoli dan- no verosimilmente metastasi attraverso la disseminazione lungo il liquido cefalo rachidiano [31]. Inoltre lesioni tumo- rali coinvolgenti altri organi possono guadagnarsi l'accesso

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allo spazio subaracnoideo attraverso la penetrazione durale delle radici nervose o, più comunemente, attraverso i plessi corioidei [32,33]. La rimozione chirurgica di un tumore me- tastatico è indicata in alcuni casi.

1.7 Trattamento chirurgico: le varie opzioni Fornito di informazioni cliniche e radiografiche, il chi-

rurgo è in grado di decidere l'esposizione che rende mi- nima la rimozione di osso ed aumenta al massimo la pos- sibilità di rimuovere i tumori benigni che colpiscono il midollo spinale [34,35]; generalmente, quanto prima si affronta il problema, allorchè il deficit neurologico è mi- nore, migliori sono la prognosi ed i risultati chirurgici. I pazienti che al contrario risultano seriamente compro- messi neurologicamente, specialmente le persone più an- ziane, è improbabile che ottengano un recupero soddi- sfacente.

Il trattamento delle forme benigne è la completa escis-

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sione chirurgica: come regola generale, bisogna preser- vare l'osso e le strutture legamentose ogniqualvolta sia possibile; questo vale anche per le radici nervose e le ar- terie radicolari. In definitiva, comunque, l'approccio chirurgico è ampiamente variabile, e deve essere perciò considerato caso per caso.

Nella maggior parte dei casi, la resezione è compiuta me- diante una laminectomia posteriore (Fig. 6), con parziale o completa asportazione della faccetta articolare se necessario [36,37].

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Figura 6. Laminectomia standard

La emilaminectomia e l’ asportazione della faccetta arti- colare sono opzioni che possono ridurre il dolore post- operatorio e preservare la stabilità della colonna [38]. Le re- cidive dopo una resezione totale sono rare.

La resezione subtotale rappresenta la scelta terapeutica nel caso in cui durante l’intervento o il tessuto tumorale sia strettamente adeso al midollo spinale rendendo quindi im- possibile l’escissione totale oppure quando, disponendo del

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monitoraggio elettrofisiologico, questo mostri compromis- sione dei parametri di conduzione. Il tasso di recidiva dopo tale intervento è del 50% [3]. La maggior parte di questi tumori sono dorsali o dorsolaterali e sono ben visualizzabili dopo che la dura madre viene aperta. I tumori situati invece ventralmente, per una loro adeguata visualizzazione, posso- no richiedere la sezione di un legamento dentato. I tumori lombari possono essere nascosti dalla cauda o dal cono mi- dollare, e le radici nervose devono perciò essere “scostate”.

E' spesso possibile trattare tali tumori da un lato della cauda piuttosto che da entrambi: ciò permette di avere un vettore di trazione per tirar via il tumore dalla cauda attraverso la parete laterale del midollo spinale.

Spesso le radici nervose aderiscono tenacemente alla su- perficie tumorale, e talora vi è interposto uno strato aracnoi- dale che avvolge separatamente ciascuna radice dorsale e ventrale all’interno dello spazio subaracnoidale [39]. Tale strato viene inciso e riflesso sulla superficie tumorale; la capsula tumorale viene cauterizzata per diminuirne la vasco-

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larizzazione e per ridurre il volume tumorale. La relativa a- sportazione implica la separazione del tumore dalle radici nervose prossimali o distali alle quali esso può aderire. Nei tumori di grandi dimensioni tale zona può non essere facil- mente identificabile. In ogni caso viene praticata una de- compressione interna con un con un laser o con un aspirato- re a ultrasuoni. Le radici nervose di origine possono essere sacrificate per rimuovere il tumore, ma occasionalmente, specie nei tumori più piccoli, alcuni fascicoli di esse posso- no essere conservate. La corrispondente porzione nervosa intradurale viene invece solitamente risparmiata grazie al ri- vestimento aracnoidale fenestrato, che permette la separa- zione tra la porzione dorsale e quella ventrale in prossimità di una zona appena distale al ganglio radicolare dorsale. Co- sì, per esempio, in un tumore insorto a livello della origine radicolare dorsale, è possibile salvare la radice ventrale, la quale è strettamente aderente alla superficie tumorale ven- trale.

L'invasione lungo la guaina della radice nervosa implica

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generalmente la resezione dell'intero nervo spinale[39]; tale resezione solo raramente provoca significativi deficit, anche a livello delle dilatazioni cervicale e lombare. E' probabile che la funzione di tale radice venga compensata da quelle adiacenti. Più in dettaglio, le radici dorsali, che spesso im- pediscono la resezione tumorale, possono essere asportate in un certo numero di segmenti nella regione toracica (e solo per questo livello midollare ciò è valido anche per le radici ventrali). A conferma, esperimenti di fisiologia hanno dimo- strato che tutte le radici posteriori, eccetto una o due, dell’arto superiore, possono essere sacrificate senza indebo- limento significativo della funzione neurologica di quell'e- stremità, compresi i movimenti fini delle dita [40]. Questo paradosso apparente esiste in quanto si sostituisce un coor- dinamento oculomotore; viceversa, la perdita di radici ante- riori del rigonfiamento cervicale o lombosacrale è associata a gravi conseguenze, che non sono compensate. Tutte queste radici devono essere quindi risparmiate, quando possibile.

Un tumore con una origine molto prossimale può essere

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parzialmente “impregnato” nel tessuto attorno la pia madre, oppure può sollevarla ed occupare così una posizione su- bpiale. In alcuni casi, l'interfaccia tra il tumore ed il midollo spinale può essere difficile da distaccare; può così essere necessario rimuovere un segmento di pia per asportare com- pletamente il tumore.

Una significativa estensione tumorale dalla regione para- spinale attraverso un forame slargato incrementa le opzioni chirurgiche; l'approccio è in relazione alla scelta del chirur- go, alle dimensioni, alla localizzazione delle componenti tumorali paraspinali e alla estensione intradurale. La delimi- tazione preoperatoria dell'estensione tumorale intradurale è particolarmente importante. Sebbene la risonanza magnetica distingua adeguatamente le varie componenti tumorali e le loro relazioni con le strutture sia intraspinali che paraspinali, la mielografia fornisce una migliore risoluzione spaziale ed una più sensibile identificazione di un coinvolgimento in- tradurale del tumore.

Un neurinoma cervicale (Fig. 7) è difficilmente accessibi-

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le anteriormente a causa degli stretti confini del collo e delle numerose strutture neurovascolari presenti come il plesso brachiale, il tragitto discendente di alcuni nervi cranici e l'arteria vertebrale. La mandibola e le inserzioni muscolo scheletriche limitano ulteriormente l'esposizione della re- gione cervicale più alta. Fortunatamente la maggior parte dei tumori cervicali può essere completamente rimossa at- traverso un largo accesso posteriore.

Figura 7. Foto intraoperatoria di un neurinoma cervicale a cles- sidra: approccio posteriore.

Una incisione mediana e la laminectomia standard per-

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mettono un sicura rimozione delle componenti tumorali sia intraspinali che epidurali. La faccectomia completa unilate- rale permette una via di ingresso posta 4 cm sopra il margi- ne laterale durale [37]. L'arteria vertebrale viene dislocata in maniera consistente in senso anteromediale ed è separata dalla capsula tumorale per mezzo del periosto. Alcuni auto- ri, comunque, preferiscono per gli schwannomi sotto C2 un approccio anterolaterale in quanto la faccetta articolare vie- ne conservata e l'arteria vertebrale può essere sorvegliata più precocemetente [41].

E' sempre importante tenere presente la stabilità spinale negli interventi su questi tumori, specialmente per quelli che sono più estesi in senso rostro-caudale. Malgrado gli effetti destabilizzanti della faccectomia unilaterale cervicale non possono essere previsti in maniera individuale, una laminec- tomia unilaterale può ridurre il rischio di instabilità [38];

quest'ultima non è comunque indicata nel caso di accesso intraspinale. Alternativamente, la fusione della faccetta arti- colare controlaterale con una placchetta laterale è una se-

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conda scelta [37]. L'estensione paraspinale dei tumori tora- cici può portare ad una grande massa nella cavità toracica stessa. L'approccio posteriore standard fornisce una adegua- ta esposizione della regione anteriore paraspinale. Una tora- cotomia anteriore transpleurica o extrapleurica permette una eccellente visualizzazione della regione paraspinale; mal- grado ciò l'accesso intraspinale è più limitato e il midollo non viene visto fino a che la maggior parte del tumore non sia stata rimossa. A causa della pressione intratoracica nega- tiva e del tubo toracico di drenaggio, nel caso in cui sia ri- chiesta una esposizione intradurale, è possibile la creazione post-operatoria di una fistola tra pleura e liquido cefalo ra- chidiano. Può essere usato un accesso sia anteriore che po- steriore in tempi successivi. Possono essere utili procedure toracoscopiche per i tumori localizzati perifericamente lun- go i nervi intercostali o per quelli che si estendono dal fo- rame nervoso al torace esternamente alla porzione intradura- le [42].

L'approccio extracavitario laterale è efficace in un'unica

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tappa nei casi che richiedono un’esposizione completa e si- multanea delle componenti sia intraspinali che paraspinali [43,44]. Questa esposizione è realizzata attraverso una inci- sione sottile e permette al chirurgo di lavorare su entrambi i lati dei muscoli paraspinali spostati. I muscoli superficiali della zona scapolare (es, il trapezio) vengono “distaccati”

dalle loro inserzioni mediali e ruotati lateralmente assieme al lembo cutaneo, così da poter visualizzare longitudinal- mente i muscoli paraspinali; anche quest' ultimi vengono

“distaccati” dagli elementi posteriori midollari e ribaltati.

Nelle lesioni toraciche viene poi applicata una bretella di nastro resistente dalle spalle ai lombi per prevenire lo stira- mento post-operatorio dell’ incisione. L'asportazione delle coste e la depressione pleurica permettono di ottenere un ampio campo visivo paraspinale extrapleurico lateralmente ai muscoli paraspinali stessi. La visualizzazione intraspinale è ottenuta grazie ad una laminectomia standard medialmente ai muscoli paraspinali. Una stabilizzazione circonferenziale, seppur raramente necessaria dopo la rimozione della mag-

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gior parte di questi tumori toracici, può essere necessaria nei casi in cui venga praticato un accesso come quello descritto per ultimo. La creazione di una fistola non rappresenta una complicanza comune, in quanto la cavità pleurica non è in- teressata. Con questo tipo di accesso è poi possibile seguire il tumore nel tragitto dal forame al muscolo psoas. I nervi possoso essere identificati a livello prossimale, così da mi- nimizzare le possibilità di un danno a loro carico. L'esten- sione tumorale sia intraspinale che intradurale può essere facilmente gestita con una laminectomia. La remota possibi- lità di rischi di instabilità dopo una faccectomia lombare u- nilaterale non giustifica una concomitante procedura di fu- sione.

I tumori lombari (Fig. 8) sono altresì ben visualizzabili at- traverso un approccio extracavitario laterale [43,44].

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Figura. 8. Foto intraoperatoria di un neurinoma lombare a livello di L2 dopo incisione della dura madre.

A questo livello la fascia toraco-dorsale viene incisa all’altezzza del taglio cutaneo e sollevata lateralmente as- sieme al lembo cutaneo stesso. Le componenti paraspinali sono “immersi” profondamente nel contesto del muscolo psoas; queste sono difficili da eliminare con certezza attra- verso un accesso retroperitoneale a causa della difficoltà nel distinguere i margini tumorali dalle sovrastanti fibre del mu- scolo psoas. Sono perciò difficili da eliminare, con possibili- tà di danneggiare nella loro asportazione l'integrità muscola- re.

I tumori del tratto sacrale generalmente richiedono un ac- cesso sia anteriore che posteriore, il quale può essere effet-

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tuato a tappe o simultaneo con il paziente in posizione late- rale [45].

1.8. Considerazioni particolari sui neurinomi “a clessidra”

Una trattazione a sé meritano i neurinomi “a clessidra”, i quali hanno la peculiarità di estendersi lateralmente attra- verso il forame intervertebrale fino a portarsi nella regione extraforaminale (Fig. 9).

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Figura 9. Classificazione dei neurinomi a clessidra secondo Asazuma.

Essi rappresentano circa il 6% di tutti i tumori spinali, e la loro localizzazione preferenziale è quella cervicale (dal 43,3% al 58,3% secondo varie casistiche).

Nel corso del tempo la mielografia cervicale è stata usata in modo esclusivo per la loro diagnosi. Ad oggi, malgrado lo sviluppo e l’introduzione di sofisticati metodi diagnostici d’immagine come la TAC e la RM, l’esame radiografico in bianco resta ancora il miglior strumento diagnostico per ri- levare la presenza di uno slargamento del forame interverte- brale. Il grado di compressione midollare è ben visto alla RM, la quale offre una ampia visibilità del distretto osserva- to per la possibilità di fare sezioni trasversali e sagittali [46]

(Fig.10).

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Figura 10. RM che evidenzia la presenza di un neurinoma cervicale a clessidra: a) proiezione coronale; b) proiezione sagittale.

L’angiografia vertebrale può dimostrare la compressione o il dislocamento dell’arteria vertebrale e la vascolarizza- zione della massa tumorale (Fig. 11).

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Figura 11. Angio-TAC dei vasi del collo che evidenzia la dislocazione dell’ arteria vertebrale a causa di un voluminoso neurinoma localizza- to all’altezza di C7.

Sono stati descritti vari approcci chirurgici per il trattamento di questi neurinomi [46]: la procedura standard per la loro rimozione è rappresentata dall’approccio posteriore, il quale non deve però essere adottato a causa dell’elevato ri- schio di danno midollare o vascolare nei casi in cui il tumo- re occupi una posizione ventrale o sia dietro al forame inter- vertebrale.

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Un intervento in due tappe successive, con approcci separati anteriore e posteriore è stato largamente accettato per esclu- dere tali complicanze: l’approccio antero-laterale transfora- minale attraverso un forame intervertebrale slargato è più sicuro e più accessibile per la rimozione della massa extra- foraminale e fornisce un accesso al midollo senza la neces- sità di praticare una fusione intersomatica [46]. Al contrario dei meningiomi intraspinali, i quali solitamente risultano strettamente adesi alla dura madre, i neurinomi spinali han- no la tendenza ad inglobare nella loro espansione la radica sensitiva dorsale e sono meno vascolarizzati. Dunque, l’approccio transforaminale è realizzabile per la totale escis- sione di un grosso neurinoma a clessidra in una sola fase.

Nel caso in cui sia rilevabile alla RM o alla TAC una marca- ta compressione midollare da parte di una piccola massa e- xtradurale, viene praticato l’approccio posteriore.

Altre vie di accesso alternative sono quella anteriore, quella trans-uncodiscale e quella obliqua transcorporea [46].

La prima, praticata tra l’arteria carotide lateralmente e la

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trachea e l’esofago medialmente, fornisce una migliore vi- sualizzazione di una massa intradurale, ma è meno consi- gliabile per il trattamento delle grandi masse cervicali che si portano fuori dal canale spinale a causa dell’eccessiva tra- zione che deve essere fatta sia sulla carotide che sulla verte- brale.

La seconda implica la rimozione del processo uncinato (uncoforaminotomia) e degli angoli postero-laterali dei cor- pi vertebrali. Il vantaggio di tale approccio è rappresentato dal fatto che una operazione in una sola tappa può essere praticata in tutta sicurezza per raggiungere la massa localiz- zata in posizione antero-laterale rispetto al midollo spinale senza esercitare su quest’ultimo alcuna trazione, perdipiù in un ampio campo operatorio. Sono comunque possibili alcu- ne complicanze, come il danneggiamento dell’arteria verte- brale, dei nervi frenico, vago, accessorio ed ipoglosso ed una instabilità post-operatoria che può richiedere la necessi- tà di una fusione.

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La terza, infine, impone una perforazione con il trapano attraverso la parte postero-laterale dei corpi vertebrali, con lo scostamento dell’arteria vertebrale in senso postero- late- rale. Viene così ottenuta una larga visuale del midollo ante- ro-laterale, con minima trazione della carotide e della giugu- lare interna.

Le possibili complicazioni per l’approccio antero-laterale transforaminale comprendono danni ai vasi sanguigni, ai nervi, al dotto toracico e alla dura madre [46]; queste sono comunque rare e possono essere evitate con meticolose tec- niche microchirurgiche e con una buona conoscenza dell’

anatomia chirurgica.

I danni vascolari possono portare ad una elevata morbilità e mortalità: l’arteria vertebrale può venire così lacerata du- rante l’asportazione del tumore, ostruita o può infine rila- sciare emboli a causa dell’eccessiva trazione esercitata su di essa. Il tamponamento a livello del sito della lesione gene- ralmente permette di monitorare l’emorragia, ma per ripara-

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re in modo definitivo il danno occorre avere una diretta e- sposizione del vaso. Quando un vaso radicolo-midollare viene identificato all’angiografia vertebrale, questo dovreb- be essere risparmiato dalla chirurgia. La presenza di un ematoma può indebolire la ferita, ma questo è raramente re- sponsabile di ostruzione delle vie aeree o di compressione nervosa. Sebbene l’elevazione della testa può evitare alcuni sanguinamenti venosi, sono consiliati l’impiego di una me- ticolosa emostasi e la collocazione di un drenaggio sottocu- taneo.

Il chirurgo dovrebbe avere familiarità con le relazioni ana- tomiche presenti tra le strutture vascolo-nervose esistenti a livello della regione cervicale alta: il nervo faciale decorre tra il muscolo stiloioideo e quello digastrico, e la carotide esterna tra lo stiloioideo e quello stiloglosso. Infine tra il muscolo stiloglosso e quello stilofaringeo decorrono la caro- tide interna, i nervi glossofaringeo, vago, accessorio, ipo- glosso e la catena del simpatico. La più comune complican- za è rappresentata dal danno a carico del ramo marginale

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della mandibola del nervo faciale a causa dell’eccessiva tra- zione sulla ghiandola parotide. La presenza di raucedine può essere la conseguenza di edema o di intubazione trache- ale, ma può rimanere permanente nel caso in cui soprag- giunga la paralisi del nervo laringeo ricorrente, frequente soprattutto quando si lavora sotto C6 sul lato destro. Il nervo ipoglosso può venire danneggiato nel processo di coagula- zione dalla branca ricorrente dell’ arteria occipitale, la quale nel portarsi verso il muscolo sternocleidomastoideo, lo “un- cina” superiormente. Una causa di danno meno comune è rappresentata dalla trazione sull’ansa cervicale. Infine, per permettere una più ampia esposizione della regione cervica- le questo nervo può anche venire resecato. Il nervo frenico generalmente origina da C4 e si adagia sulla superficie ven- trale del muscolo scaleno anteriore; attraversa il ventre infe- riore del muscolo omoioideo e poi, facendosi strada tra l’arteria e la vena succlavia, raggiunge la regione toracica.

Nel caso di asportazione di masse tumorali che coinvolgono lo scaleno anteriore, questo nervo dovrebbe essere rispar-

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miato. Il nervo accessorio attraversa il processo traverso dell’atlante ed è a sua volta incrociato dall’arteria occipitale;

esso può venire danneggiato nell’esposizione di tale regione vertebrale. La catena cervicale del simpatico è adagiata sui muscoli lunghi del collo, quindi una eccessiva trazione su questi dovrebbe essere evitata; infine, l’escissione sub- periostale è essenziale per evitare l’insorgenza della sin- drome di Bernard-Horner.

L’approccio anterolaterale sinistro può portare a danni a carico del dotto toracico; nell’eventualità in cui ciò avvenga, questo viene legato.

E’ possibile anche la “perdita” di liquido cefalo- rachidiano, la quale viene trattata con riposo a letto, profi- lassi antibiotica e drenaggi lombari per 7-10 giorni per per- mettere alla ferita di cicatrizzare.

Il rischio di deficit neurologici dopo la sezione di una ra- dice nervosa a causa del tumore è, anche per questa catego- ria di tumori, raro [46]; tuttavia, il monitoraggio intraopera-

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torio dei potenziali d’azione può essere utile per distinguere i fasci nervosi funzionanti da quelli non attivi, i quali posso- no perciò essere portati via con il tumore.

La fase di rimozione del tumore è un momento fondamen- tale per il successo chirurgico: è importante praticare una trazione solo sulla lesione e non sul tessuto nervoso. Questa viene praticata, come accennato, con l’utilizzo di un aspira- tore chirurgico ad ultrasuoni; inoltre è necessario creare una situazione relativamente avascolare in quanto, mantenendo il campo operatorio privo di sangue, si “vede” la rimozione del tumore poichè i piani anatomici e i colori del tumore e del tessuto nervoso sono mantenuti allo stato vergine, senza colorazioni dovute ad artefatti ematici.

Alla fine dell’intervento, a prescindere dalla localizzazio- ne del tumore, i muscoli paraspinali devono essere attenta- mente avvicinati, facendo attenzione che la loro sutura non sia troppo vicina alla superficie dorsale del midollo, in quanto con i movimenti del rachide si potrebbe produrre un

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effetto “a ghigliottina” sul midollo stesso. In particolare, nelle lesioni toraciche viene applicata una bretella di nastro resistente dalle spalle ai lombi per prevenire lo stiramento post-operatorio dell’incisione. I frammenti ossei ottenuti con la laminectomia vengono fissati con fili metallici o cu- citi in sede. Nei tumori intradurali, quando viene ricostituita l’integrità della dura viene spesso usato un drenaggio nello spazio epidurale, il quale viene mantenuto per un periodo di 12 ore. A volte viene utilizzato un sostituto durale. E’ di fondamentale importanza una chiusura integra ed imperme- abile, in quanto ogni sfuggita di liquor dall’area dell’operazione può portare ad infezioni disastrose, o co- munque ad infiammazione dei tessuti circostanti.

1.9 Monitoraggio intraoperatorio con PESS

Nella chirurgia dei tumori intradurali extramidollari è im- portante disporre durante l'intervento in continuità di un monitoraggio elettrofisiolgico con Potenziali Evocati Soma-

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toSensitivi (PESS).

L'importanza è dettata dalla necessità di ruotare o divari- care la corda midollare per l'asportazione del tumore e que- ste manovre sono rese non solo più sicure, ma anche più ar- dite con la verifica funzionale delle vie sensitive midollari.

Il razionale pertanto del monitoraggio con PESS nella chi- rurgia di tumori intradurali extramidollari come i neurinomi è quello non solo di avvertire il neurochirurgo di una ecces- siva trazione sulla corda midollare, ma anche di osare mag- giormente nella dissezione del tumore dalle strutture nervo- se midollari nei casi in cui l'adesione fra i differenti tessuti sia particolarmente tenace. Il neurochirurgo può quindi evi- tare di lasciare residui tumorali nel timore di provocare dan- ni midollari e completare l'asportazione.

I potenziali evocati furono descritti per la prima volta nel 1875 da Richard Caton, ma il salto di qualità nel loro uso clinico si verificò quando la loro registrazione venne facili- tata dal calcolo di risposte multiple con tecniche compute- rizzate.

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